Applicazioni sui differenziali

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APPLICAZIONI SUI DIFFERENZIALI
Umberto Marconi
Dipartimento di Matematica Pura e Applicata – Padova
1
Il vettore tangente
Consideriamo una curva cartesiana in forma esplicita y = f (x), con f derivabile in ogni
punto. In questo contesto, quando scriviamo y, intendiamo che y è il valore di f in x. La
variabile y è detta dipendente, la variabile x è detta indipendente.
Sia
~
R(x)
= x~ı + y~
il vettore condotto dall’origine con la punta in P = (x, y) = (x, f (x)).
Per ogni incremento ∆x della variabile indipendente, sia
~ + ∆x) = (x + ∆x)~ı + (y + ∆y)~
R(x
il vettore spiccato dall’origine con la punta in Q = (x + ∆x, y + ∆y), ove
∆y = f (x + ∆x) − f (x)
(1)
per cui Q = (x + ∆x, f (x + ∆x)).
Chiamiamo
~ = R(x
~ + ∆x) − R(x)
~
∆R
= ∆x~ı + ∆y ~
l’incremento vettoriale da P a Q, corrispondente all’incremento ∆x della variabile indi~ rappresenta il vettore corda
pendente (fare un disegno). Al variare di ∆x, il vettore ∆R
da P a Q.
Consideriamo il rapporto incrementale vettoriale
~
∆R
∆y
= ~ı +
~
∆x
∆x
~
Definiamo derivata del vettore R(x)
la grandezza vettoriale:
~
~
~t = dR = lim ∆R = ~ı + f 0 (x)~
∆x→0 ∆x
dx
Il vettore ottenuto si chiama vettore tangente alla curva nel punto P = (x, y), perché
dimostreremo che la retta passante per P con direzione ~t ha un contatto di ordine superiore
al primo con la curva y = f (x).
L’incremento (1) rappresenta l’incremento della variabile dipendente lungo la curva. Vogliamo trovare ora l’incremento della variabile dipendente lungo la retta tangente.
Un punto (X, Y ) appartiene alla retta passante per (x, y) con direzione ~t quando il vettore
(X − x)~ı + (Y − y)~ è proporzionale al vettore ~t = ~ı + f 0 (x)~, ovvero
X − x Y − y =0
1
f 0 (x) 2
ottenendo:
Y − y = f 0 (x)(X − x)
L’equazione della retta tangente è dunque
Y = y + f 0 (x)(X − x)
(2)
ove naturalmente y = f (x). Ponendo:
X=x
otteniamo Y = y
X = x + ∆x otteniamo Y = y + f 0 (x)∆x
Quindi l’incremento lungo la retta tangente è f 0 (x)∆x, cioè la pendenza per l’incremento
della variabile indipendente. Dopo aver disegnato l’incremento ∆y e l’incremento f 0 (x)∆x,
vogliamo trovare qual è la relazione fra i due incrementi.
∆y
Ponendo σ = ∆x
− f 0 (x), si ha che σ → 0 e inoltre:
∆y = f 0 (x)∆x + σ∆x
(3)
Quindi la differenza fra i due incrementi è un infinitesimo di ordine superiore a ∆x (la
retta e la curva hanno un contatto di ordine superiore al primo). In simboli:
∆y ' f 0 (x)∆x
dove ' significa che i due termini differiscono di un o piccolo di ∆x. Nel caso in cui
f 0 (x) 6= 0 possiamo dire che ∆y e f 0 (x)∆x sono asintotici, cioè:
∆y ∼ f 0 (x)∆x
se f 0 (x) 6= 0
Ebbene, si chiama differenziale di f nell’ascissa x proprio l’incremento della variabile
dipendente lungo la retta tangente, come funzione dell’incremento ∆x della variabile
indipendente e si scrive:
dy = f 0 (x)∆x
(4)
Poiché dx = 1∆x, si ha che il differenziale della funzione y = x è l’incremento stesso e
quindi possiamo scrivere1 :
dy = f 0 (x)dx
(5)
cioè il differenziale di y è quella funzione dell’incremento dx che si ottiene moltiplicando
l’incremento dx per la derivata prima, calcolata nel punto fissato x. Dall’espressione (5)
possiamo scrivere formalmente la derivata prima come rapporto di differenziali:
f 0 (x) =
dy
dx
Con queste convenzioni possiamo anche scrivere:
dy =
dy
dx
dx
dy
Infine, poiché ~ı + dx
~ è un vettore tangente2 , anche moltiplicandolo per l’incremento dx
otteniamo un vettore tangente e dunque:
~ = dx~ı + dy ~
dR
1
2
D’ora in poi consideriamo infinitesimo l’incremento dx.
Abbiamo appena dimostrato che la retta ha un contatto di ordine superiore al primo con la curva.
2. ATTENZIONE
3
rappresenta un vettore tangente alla curva y = f (x) nel punto (x, y).
Poiché dx = ∆x, si ha
~ = ∆x~ı + f 0 (x)∆x ~ = ∆x ~t
dR
~ rappresenta l’incremento vettoriale lungo la retta tangente, come funzione
Il vettore dR
~ = ∆x~ı + ∆y ~ rapdell’incremento ∆x della variabile indipendente; il vettore corda ∆R
presenta invece l’incremento vettoriale lungo la curva (ricordare la (1)). Fare un disegno
della curva e dei due vettori applicati al punto P = (x, y). La differenza fra il vettore
~ e il vettore corda ∆R
~ è un infinitesimo di ordine superiore a ∆x:
tangente dR
~ − ∆R
~ = ∆x~ı + f 0 (x)∆x ~ − (∆x~ı + ∆y ~) = (f 0 (x)∆x − ∆y) ~ = (−σ∆x) ~
dR
ove l’ultima uguaglianza segue da (3). Poiché σ è infinitesimo, abbiamo che la differenza
è un infinitesimo di ordine superiore all’incremento della variabile indipendente. Inoltre le
lunghezze dei due vettori sono asintotiche, nel senso che il loro rapporto tende a 1:
~ − |∆R|
~ ≤ |dR
~ − ∆R|
~ ≤ |σ∆x| ≤ |σ| |∆R|
~
|dR|
Quando definiremo l’ascissa curvilinea, dimostreremo che anche la lunghezza ∆s dell’arco
di curva tra x e x + ∆x ha lo stesso carattere di asintoticità.
La puntata continua in [S, 5.1, 5.2]
Esercizio. Sia P = (x, y) un punto fissato sulla curva y = f (x) e sia Q = (x + ∆x, y + ∆y)
un punto variabile sulla stessa curva. Dimostrare che una retta r passante per P è la retta
tangente alla curva se e solo se:
lim
Q→P
2
dist(Q, r)
=0
PQ
Attenzione
• dx2 significa (dx)2 , cioè (dx)(dx).
• d(x2 ) è invece il differenziale di x2 , che è 2x dx.
dy
dx
•
è il rapporto fra il differenziale di y e il differenziale di x e coindice con la derivata
prima della variabile dipendente y rispetto alla variabile indipendente x.
•
d2 y
dx2
non è un rapporto di differenziali ma il simbolo per la derivata seconda della
variabile dipendente y rispetto alla variabile indipendente x.
d2 y
d d
Il simbolo dx
2 è un’abbreviazione del simbolo dx dx .
4
3
Misura degli errori
Quando si misura una grandezza variabile x, si compie un errore assoluto ∆x. Sappiamo
che l’attendibiltà
della rilevazione x non dipende dall’errore assoluto ∆x, bensı̀ dall’er
rore relativo ∆x
x , cioè dal modulo del rapporto fra l’errore assoluto e il valore della
grandezza misurata. Se una seconda grandezza y è definita dall’equazione y = f (x), l’errore ∆x comporterà un errore ∆y. Per valori piccoli di ∆x, l’errore
∆y viene sostituito
dal differenziale dy, per cui l’errore relativo su y si esprime come dy
y .
Esercizio.
formula:
Usando una bussola delle tangenti, l’intensità di una corrente ı è data dalla
ı = c tan ϕ
ove ϕ è l’angolo di deviazione della bussola.
Troviamo l’errore relativo dell’intensità corrispondente a un errore dϕ nella misura dell’angolo.
Si ha:
c
dı =
dϕ
cos2 ϕ
per cui:
dı
c 1 cos ϕ
2
=
dϕ =
dϕ
2
i
cos ϕ c ϕ
sin 2ϕ
Da qui si vede che l’errore relativo è minimo quando ϕ = π4 .
Esercizio. Dimostrare che l’errore relativo di un prodotto o di un rapporto è maggiorato
dalla somma degli errori relativi, cioè:
d(uv) du dv uv ≤ u + v e analogamente:
u d v du dv ≤ + u u v v
Esercizio. Calcolare l’errore relativo che si può avere calcolando l’area di un cerchio,
assumendo di aver commesso un errore dr nella misura del raggio.
4
Equazioni differenziali
Quando rimpiazziamo l’incremento della funzione nell’intervallo (x, x+dx) con il suo differenziale noi applichiamo la legge di proporzionalità diretta (lineare) fra gli incrementi della
funzione e quelli della variabile indipendente con un certo coefficiente di proporzionalità;
questa sostituzione genera un errore che è un infinitesimo di ordine superiore a dx, che
sparisce passando dagli incrementi ai differenziali (per semplicità indichiamo incrementi e
differenziali con lo stesso simbolo).
Per questo, osservando un processo, lo dividiamo in elementi piccoli e applichiamo a ciascuno di essi la legge di proporzionalità diretta. Passando ai differenziali otteniamo un’equazione che rappresenta una relazione fra la variabile indipendente, la variabile dipendente
e i loro differenziali. Questa equazione si chiama equazione differenziale.
Ottenere la funzione a partire dall’equazione differenziale significa integrare l’equazione
differenziale.
4. EQUAZIONI DIFFERENZIALI
5
Esempi
Formula barometrica. La pressione atmosferica p, calcolata per unità di superficie, è
evidentemente funzione della quota h sul livello del mare. Essa è il peso della colonna d’aria
cilindrica verticale che sta sopra una certa sezione unitaria ad altezza h. Consideriamo
due sezioni della colonna cilindrica, definite rispettivamente dalle altezze h e h + dh, con
dh > 0. Quando si passa dalla prima sezione alla seconda, la pressione p varia di una
grandezza negativa dp uguale all’opposto del peso dell’aria contenuta nella parte di cilindro
fra h e h + dh. Siccome dh è piccolo, possiamo supporre che la densità d’aria ρ sia costante
in questo cilindretto. Poiché la sezione è unitaria, il volume è dh e il peso è ρ dh. Otteniamo
allora l’equazione differenziale:
dp = −ρ dh
ove ora ρ è esattamente la densità ad altezza h.
La legge di Boyle-Mariotte assicura che la densità è proporzionale alla pressione p:
ρ = cp
c costante
e sostituendo otteniamo:
dp = −cp dh
ovvero:
dp
= −c dh
p
che è la stessa equazione del decadimento radioattivo. Quindi la pressione diminuisce in
modo esponenziale al crescere dell’altezza.
Reazioni chimiche del primo ordine Supponiamo di avere una sostanza di massa a
che entra in una reazione chimica. Sia x la massa che è già entrata in reazione all’istante t.
Per certe reazioni si può considerare approssimativamente che la quantità di materia dx
che entra in reazione fra gli istanti t e t + dt, per dt piccolo, sia proporzionale a dt e alla
quantità di materia che non ha ancora reagito all’istante t:
dx = c(a − x) dt
Se facciamo il cambiamento di variabile y = a − x, dove y rappresenta la massa che non
ha ancora reagito all’istante t, tenendo conto che a è costante, differenziando otteniamo
dy = −dx e dunque l’equazione diventa:
dy = −cy dt
ovvero ancora una volta:
dy
= −c dt
y
Il prossimo esempio è tratto da [S1].
6
2. Réactions chimiques du 2e ordre. Soit deux substances se trouvant dans
une solution, dont les quantités au début de la réaction ont pour expression
en molécules-grammes a et b. Admettons qu'au moment t entrent en réaction
des quantités égales de chaque substance, que nous désignerons par x, de sorte
que les quantités de substances qui restent sont a — a; et b — x.
D'après la loi fondamentale des réactions chimiques du deuxième ordre
la vitesse de la réaction est proportionnelle aux produits de ces quantités
restantes, c'est-à-dire :
dx
—— = k (a — x) (b — x),
dt
Il faut intégrer cette équation avec la condition initiale
*[f=0=°Séparant les variables, nous avons :
dx
• = k dt,
(a — x) (b — x)
ou, en intégrant
p
dx
•-kt + Cit
J (a — x)(b — x)
(26)
où Ci est une constante arbitraire.
Pour le calcul de l'intégrale du premier membre, nous appliquerons la
méthode de la décomposition en fractions simples (exemple 6) [III-1-7]:
1
_
A
B
(a — x) (b — x)
a—x
b—x '
i = A (b — x)+B(a — x)=—(A + B)x + (Ab-irBa),
qui donne :
— (A + B) = 0;
Ab-\-Ba=U
d'où
1
•A=—
B =
—-
de sorte que :
p
dx
_
1
r p dx
p dx 1 _
j (a — x) (b — x)
b — a L j a, — x
j b — x\
Substituant dans (26) nous avons :
In
h
_X
1
b—a
= ( 6 — a)kt + {b~ a) C 1;
b
~
x
.
=
Ce{b-a)htì
a—x
où C =
e(
b—a c
) i . La fonction cherchée x s'en déduit sans aucune difficulté.
4. EQUAZIONI DIFFERENZIALI
7
Il prossimo esempio, tratto da [S1], illustra la proprietà fondamentale della spirale logaritmica.
236
CH. III. NOTION D'INTÉGRALE ET APPLICATIONS
Nous proposons au lecteur d'analyser le cas particulier où a = b, quand
les formules précédentes perdent leur sens.
3. Trouver toutes les courbes, coupant sous un angle Constant donne les
rayons vecteurs, issus de Vorigine des coordonnées * (fig. 121). Soit M (x, y)
un point de la courbe cherchée. D'après la
figure nous avons :
co = a — 8,
'-JL
t.cr ri. — tor f)
tgco = t g ( a — 0):
T
1 + tg a tg (
i+y'v
Désignant pour la commodité du calcul
1
tg <B =
6
a
et, en supprimant les denominateurs, écrivons
l'équation différentielle obtenue sous la forme :
x + yy' = a(y'x — y)
Fig. 121
ou, multipliant
"
les deux membres par dx :
x dx-L- y dy = a (x dy — y dx).
(27)
Cette équation s'intègre très simplement, en passant des coordonnées reetangulaires x, y aux polaires r, 6 en prenant l'axe OX comme axe polaire et l'origine des coordonnées 0 comme pòle. Nous avons [II-5-13] :
xz
+ y2 = r2, G = a r c t g -
ce qui donne :
x dy — ydx
x dx-^y dy = r dr, dQ :
1+^
L'équation (27) s'écrit par suite sous la forme :
rdr — ar2dQ
ou
= adQ.
r
En intégrant, nous en déduisons :
l n r = o6 + C 1 , c.-à-d. r = CeaQ, où C=eCl.
Les courbes obtenues s'appellent spirales logarithmiques.
I I I - 2 . Propriétés des intégrales définies
III-2-1. Propriétés fondamentales des intégrales définies.
a v o n s v u que l ' i n t é g r a l e définie
I — \ f (x) dx,
a-
Nous
(1)
VCL
* D'une facon generale, par angle entre deux courbes on désigne l'angle
entre leurs tangentes, issues au point d'intersection des courbes.
8
5
Il differenziale formale
Calcolando il differenziale della funzione di due variabili
F (x, y) = x2 y 3 + x − 2y
otteniamo:
d(x2 y 3 + x − 2y) = (2x dx)y 3 + x2 (3y 2 dy) + 1dx − 2dy
Raccogliendo dx e dy si ha:
dF = (2xy 3 + 1)dx + (3x2 y 2 − 2)dy
(6)
Sono doverose alcune precisazioni.
• Il fattore complessivo di dx è la derivata parziale ∂F
∂x ottenuta derivando l’espressione
rispetto a x, cioè pensando costante la variabile y; il fattore complessivo di dy è
la derivata parziale ∂F
∂y ottenuta derivando l’espressione rispetto a y, cioè tenendo
costante la variabile x.
• Cosa significa (2xy 3 + 1)dx + (3x2 y 2 − 2)dy? Semplicemente il differenziale ottenuto
pensando x e y come funzioni di una terza variabile indipendente; in particolare:
– se y, per qualche motivo, è funzione di x, allora
(F (x, y))y=y(x) = F (x, y(x))
è una funzione di x e la sua derivata totale rispetto a x si ottiene dividendo
per dx il differenziale formale (6):
dF
dy
= 2xy 3 + 1 + (3x2 y 2 − 2)
dx
dx
ove naturalmente ci ricordiamo che y è funzione di x.
– se, per qualche motivo, x e y sono funzioni di una terza variabile t, allora
(F (x, y))
x = x(t)
y = y(t)
= F (x(t), y(t))
è una funzione di t e la sua derivata totale rispetto a t si ottiene dividendo
per dt il differenziale formale (6):
dF
dx
dy
= (2xy 3 + 1)
+ (3x2 y 2 − 2)
dt
dt
dt
ove ci ricordiamo che x e y sono funzioni di t.
∂F
Poiché i coefficienti (2xy 3 + 1) e (3x2 y 2 − 2) sono le derivate parziali ∂F
∂x e ∂y ,
otteniamo la regola della catena per la derivata totale rispetto a una terza variabile:
dF
∂F dx ∂F dy
=
+
dt
∂x dt
∂y dt
Se t = x si torna al caso in cui y è funzione di x e la regola diventa:
∂F
∂F dy
dF
=
+
dx
∂x
∂y dx
(7)
5. IL DIFFERENZIALE FORMALE
5.1
9
Esempio in fluidodinamica
dF
La differenza fra la derivazione parziale ∂F
∂x e la derivata totale dx è chiarita dal seguente
esempio.
Nella dinamica dei fluidi secondo il punto di vista euleriano si fissano i punti P = (x, y, z)
dello spazio e ad ogni punto P e ad ogni istante t si fa corrispondere il campo di velocità
~v (P, t) = ~v (x, y, z, t)
che considera la velocità ~v della particella che sta passando per il punto P all’istante t.
Naturalmente il vettore ~v ha tre componenti:
~v = X~ı + Y ~ + Z~k
che sono funzioni di P e t, cioè:


X = X(x, y, z, t)
Y = Y (x, y, z, t)


Z = Z(x, y, z, t)
Vogliamo esprimere il fatto che il fluido è incomprimibile.
Supponiamo che ci sia uno strato di olio che scorre su uno strato di acqua, con entrambi i
fluidi incomprimibili. La densità non è costante attraverso il fluido, quello che è costante
è la densità del fluido in un’assegnata particella, non importa dove essa si muove.
Se ρ(P, t) = ρ(x, y, z, t) è la densità della particella che sta passando per il punto P
all’istante t, cosa significa che
∂ρ
=0
∂t
identicamente per ogni P e ogni t?
Significa che, in ogni punto assegnato, scorre sempre olio oppure scorre sempre acqua e
quindi la densità in ogni punto è costante nel tempo, ma può cambiare da punto a punto.
Se ora consideriamo la legge oraria x(t)~ı + y(t)~ + z(t)~k della particella che sta passando
per P all’istante t, cosa significa invece che
dρ
=0
dt
identicamente per ogni P e ogni t?
Facciamo il calcolo, usando la (7):
dρ(x, y, z, t)
∂ρ dx ∂ρ dy ∂ρ dz ∂ρ
=
+
+
+
=0
dt
∂x dt
∂y dt
∂z dt
∂t
dy dz
,
,
ovvero, poiché dx
dt dt dt = (X, Y, Z) è il campo delle velocità:
∂ρ
∂ρ
∂ρ
∂ρ
X+
Y +
Z+
=0
∂x
∂y
∂z
∂t
Quest’ultima formula tiene conto della variazione dovuta alla velocità della particella e si
chiama differenziazione di particella. In essa si tiene conto, ad esempio, non solo dell’arrivo
∂ρ
∂ρ
∂ρ
dell’olio ( ∂ρ
∂t < 0) ma anche dell’acqua che se ne va ( ∂x X + ∂y Y + ∂z Z > 0).
Dire che un fluido è incomprimibile significa che la differenziazione di particella è 0 e
questo è un concetto diverso rispetto a dire che la densità è costante.
10
Se ~v = (X, Y, Z) è un campo vettoriale funzione della posizione (x, y, z) e del tempo t,
definiamo la divergenza di ~v rispetto alla posizione:
div ~v =
∂X
∂Y
∂Z
+
+
∂x
∂y
∂z
La differenziazione di particella, cioè la derivata totale dρ
dt permette di scrivere l’equazione
di continuità per un fluido che scorre in assenza di sorgenti e inghiottitoi:
dρ
+ ρ div ~v = 0
dt
Dall’equazione di continuità si ha che l’annullarsi della divergenza è condizione equivalente
all’incomprimibilità del fluido.
6
Curve piane in forma implicita
Prima di studiare questo paragrafo si legga il paragrafo [S, §3.5, pag. 302]
Una curva piana può essere rappresentata in forma implicita, cioè mediante un’equazione
del tipo:
F (x, y) = 0
(8)
Essa appare come il luogo dei punti P le cui coordinate (x, y) sono soluzione di (8), o
equivalentemente come curva di livello della funzione F .
Se F (x, y) = 0 è un’equazione di secondo grado in x, y, cioè se rappresenta una conica, il
legame che sussiste fra la rappresentazione implicita ed esplicita si può mettere in evidenza
risolvendo l’equazione rispetto a una variabile (esplicitando una variabile rispetto all’altra),
purché ciò si possa fare in un intorno completo del punto (x, y).
Ad esempio, dall’equazione del circolo
x2 + y 2 − r 2 = 0
(9)
si ricava:
y=
p
r2 − x2 se y > 0
e
p
y = − r2 − x2 se y < 0.
Se y = 0, per esempio siamo nel punto (r, 0), in nessun intorno rettangolare di questo
punto il tratto di curva è funzione della variabile x; in questo caso, però, la x si può
esplicitare in funzione di y ottenendo:
p
x = r2 − y2
In ogni caso lavoriamo su archi di linea su cui una variabile si può esplicitare in funzione
dell’altra; supponiamo ad esempio che y sia funzione di x. Allora la funzione y è tale che
l’identità x2 + y 2 − r2 = 0 è identicamente soddisfatta. Poiché tutto è funzione di x, sarà
nulla anche la derivata
d(x2 + y 2 − r2 )
=0
dx
e quindi il differenziale al numeratore sarà identicamente nullo, cioè:
2x dx + 2y dy = 0
(10)
Siccome y è variabile dipendente, dobbiamo tener presente che in (10) è dy = y 0 (x) dx. Se
fossimo in un arco in cui la variabile dipendente è x, si avrebbe invece dx = x0 (y) dy. La
6. CURVE PIANE IN FORMA IMPLICITA
11
cosa simpatica della formula (10) è che essa contempla entrambe le possibilità. Dividendo
(10) per dx otteniamo la derivata di y come variabile dipendente:
2x + 2y
dy
=0
dx
Poiché siamo in un archetto in cui y 6= 0, otteniamo:
dy
x
=−
dx
y
Si osservi che, sostituendo la rappresentazione
esplicita di y in funzione di x, si ottiene la
√
vecchia formula per la derivata di ± r2 − x2 . Analogamente si procede se cerchiamo dx
dy .
Più in generale, se abbiamo l’equazione implicita (8), differenziando formalmente otteniamo l’equazione:
∂F
∂F
dx +
dy = 0
(11)
∂x
∂y
Il teorema della funzione implicita [S, 19.10, pag. 710] assicura che se in un punto della
curva la derivata parziale ∂F
∂y è diversa da 0 allora l’archetto di curva contenuto in un
opportuno intorno rettangolare di questo punto ha la variabile y che è esplicitabile in
dy
funzione della variabile x. In tal caso dx
si ricava algebricamente dall’equazione (11)
ottenendo:
dy
∂F −1 ∂F
=−
(12)
dx
∂y
∂x
Un risultato analogo vale per gli archetti in cui ∂F
∂x 6= 0.
∂F
Supponiamo ∂y 6= 0. In tal caso sappiamo che un vettore tangente alla curva esplicitata
dy
nel punto (x, y) è ~ı + dx
~, oppure un qualsiasi vettore ad esso proporzionale. Allora anche
(dx)~ı + (dy)~ è un vettore tangente alla curva data, ma quest’ultima scrittura è svincolata
dalla scelta della variabile dipendente.
Siano ora (X, Y ) le coordinate di un punto della retta tangente in (x, y). Poiché (dx)~ı +
(dy)~ rappresenta l’incremento vettoriale differenziale lungo la retta tangente, ogni altro
incremento (X − x)~ı + (Y − y)~ sarà proporzionale a (dx)~ı + (dy)~.
Ora l’equazione (11) si può scrivere nella forma
∂F
∂F
~ı +
~ · (dx)~ı + (dy)~ = 0
(13)
∂x
∂y
e quindi è soddisfatta anche dall’incremento proporzionale lungo la retta tangente, che è
dato da
(X − x)~ı + (Y − y)~:
∂F
∂F
~ı +
~ · ((X − x)~ı + (Y − y)~) = 0
∂x
∂y
Otteniamo cioè:
∂F
∂x
(X − x) +
∂F
∂y
(Y − y) = 0
(14)
L’equazione (14) è l’equazione della retta tangente alla curva (8) in un suo punto (x, y),
tenendo presente che le derivate parziali sono calcolate in (x, y).
Esercizio. Dimostrare che l’equazione della retta tangente all’ellisse (o all’iperbole)
x2 y 2
± 2 =1
a2
b
12
in un suo punto (x1 , y1 ) è:
x 1 x y1 y
± 2 =1
a2
b
Dimostrare che la retta tangente alla parabola
y 2 = 2px
in un suo punto (x1 , y1 ) è:
y1 y = p(x1 + x)
Osservazione importante. Se F è una funzione scalare, il vettore
∇F = grad F =
∂F
∂F
~ı +
~
∂x
∂y
si chiama gradiente di F . Il gradiente è il vettore che ha per componenti le derivate parziali
prime.
L’equazione (13) mostra che ∇F calcolato in un punto (x, y) della curva è un vettore
ortogonale al vettore tangente. Per questo il gradiente rappresenta un vettore normale
alla curva (8), nel punto della curva in cui è calcolato.
Esercizio. Si consideri il folium di Cartesio:
x3 + y 3 − 3axy = 0
Determinare i punti in cui la retta tangente è ortogonale agli assi e alla prima bisettrice.
Osservazione. L’equazione (11) è un’equazione del tipo
A dx + B dy = 0
ove A = A(x, y) e B = B(x, y) sono funzioni del punto (x, y).
Si tratta di un’equazione differenziale. Integrare questa equazione differenziale significa
trovare tutte le curve che sono ortogonali al campo vettoriale A(x, y)~ı + B(x, y)~. Se il
campo è gradiente di una funzione F , sappiamo da (11) che tutte le curve del tipo
F (x, y) = c
sono soluzioni dell’equazione differenziale.
Nella curva (8) tutto funziona, pur di trovarsi in un intorno di un punto semplice o
regolare, cioè un punto in cui una delle derivate parziali è diversa da 0. Se si annullano
entrambe le derivate parziali possiamo avere due rette tangenti, una cuspide, un punto
isolato. . . Presenteremo più avanti degli esempi tratti da [S1]. Un punto in cui si annullano
entrambe le derivate parziali si chiama punto critico o singolare.
La curva (8) si chiama curva algebrica nel caso in cui F (x, y) è un polinomio. Nel caso in
cui l’origine appartenga alla curva e sia un punto singolare, le rette tangenti nell’origine
si ottengono annullando la somma dei termini di grado minimo.
Esercizio. Trovare le tangenti nell’origine alla lemniscata di Bernoulli:
(x2 + y 2 )2 − 2a2 (x2 − y 2 ) = 0
6. CURVE PIANE IN FORMA IMPLICITA
13
Studiare una curva algebrica conoscendone l’equazione non è compito facile. Si cerca allora
una parametrizzazione, di solito considerando l’intersezione con un fascio di rette passanti
per un punto (singolare, se c’è) o di circoli tangenti alla curva in un punto.
La parametrizzazione della curva ha equazioni del tipo:
(
x = x(t)
y = y(t)
In tal caso si parla di curva parametrica e la punta del raggio vettore
~
R(t)
= x(t)~ı + y(t)~
descrive la curva al variare del parametro t.
Chiediamoci cosa si può dire del vettore derivata prima (velocità):
~
dR
dx
dy
= ~ı + ~
dt
dt
dt
Ci aspettiamo che esso sia un vettore tangente alla curva nel punto (x(t), y(t)).
Se nell’equazione (8) pensiamo alle variabili x, y come funzioni di t nella parametrizzazione
otteniamo:
F (x(t), y(t)) = 0 identicamente in t.
Allora è identicamente nulla anche la derivata prima, che calcoliamo con la regola della
catena:
∂F dx ∂F dy
+
=0
∂x dt
∂y dt
o equivalentemente:
∂F
∂F
dx
dy
~ı +
~ ·
~ı + ~ = 0
∂x
∂y
dt
dt
Di conseguenza il vettore
alla curva.
~
dR
dt
è perpendicolare al vettore normale ∇F ed è dunque tangente
Ecco alcuni esempi tratti da [S1].
Molti altri esempi si trovano in [S].
Comme exemple prenons la courbe représentative de l'équation
x3+ys~3axy = 0 (o>0),
qui est appelée « folium de Descartes ».
Introduisons le paramètre variable t tei que
y = tx,
(16)
(17)
et examinons les points d'intersection de la droite (17) dont le coefficient angulaire t est variable avec la courbe (16). En remplacant y par tx dans (16), après
simplification par x2, il vient :
_ 3af
x
~ l + <3 '
et (17) nous donne alors :
y
~
1 + ts •
14
CH. II. NOTION DE BERIVÉE. APPLICATIONS
188
On a ainsi Féquation paramétrique du folium de Descartes. Calculons
les dérivées de x et y par rapport à t :
x't = 3 a
6a
(l + ta)—3tH
(l + t3)2
'-
s
a-)
(1 + ^3)2
2
'
(18)
2t (1 + t ) — 3tH _3at(2 — fi)
Vt = 3a
(1 + i 3 ) 2
(l + t»)2
Pour étudier les variations de x et de y divisons l'intervalle (— oo, -j- oo)
dans lequel t varie en parties telles que xt et yt gardent un signe Constant dans
chaque partie et ne deviennent pas infinis. Pour cela il faut considérer les
valeurs :
' = - 1 . 0,^=- et f 2 ,
pour lesquelles ces dérivées s'annulent ou deviennent infinies. Les signes de
x't et yt dans ces intervalles s'obtiennent facilement à l'aide des formules (18) ;
en calculant les valeurs de x et y aux bornes des intervalles nous obtenons la
table ci-dessous :
Intervalle t
x't
vi
x
V
(-co, - 1 )
+
—
croìt de 0 à + c o
décroìt de 0 à —oo
( - 1 , 0)
+
—
croit de —co à 0
décroìt de + c o à 0
+
+
croit de 0 à >/~4a
croìt de 0 à \f2a
(IT- **)
—
+
décroìt de \/~Aa
à \/~2a
(V2, +ao)
—
—
(«• I T )
décroìt de \fla
à 0
croìt de yr2a
à |^4o
décroìt de y"4a" à 0
D'où la courbe représentée sur la fig. 85.
Pour calculer le coefficient angulaire de la tangente nous avons la formule :
yt
yx
L
t
t(2—&)
2
(i-) '
(19)
6. CURVE PIANE IN FORMA IMPLICITA
15
11-5. APPLICATIONS GÉOMÉTRIQUES DE DÉRIYÉE
189
Notons que x et y s'annulent pour t = 0 et t = oo et, comme on voit
d'après la représentation, la courbe se coupé elle-mème à l'origine des coordonnées.
La formule (19) nous donne
y'x=0
..
pour
t(2-(3)
= (-+00
lira —r-,
Hi
t = 0,
,.
— = lim
2
oo,
= oo pour t c'est-à-dire que les deux branches qui se
coupent mutuellement à l'origine sont tangentes Fune à l'axe OX, l'autre à OY.
Lorsque t tend vers (—1), x et y tendent
vers F infini et la courbe a une branche infinie.
Déterminons l'asymptote: le coefficient angulaire de l'asymptote est égal à
3a* 2 (l + /3)
lim — = lim
,-»_! 3at(i + tS) = - 1 ,
3ai2 + 3a*
H-3o
= lim (y-rx)=-- lim
= lim •
1 + *3
,Z-i
3*2
t-*—i
c'est-à-dire que l'équation de l'asymptote sera :
y= —x — a ou
x-\-y-\-a = Q.
Vogliamo descrivere un metodo per calcolare l’area del cappio.
Sia x la massima ascissa del cappio (la minima ascissa è 0). Nell’intervallo [0, x] la curva
si
R xspezza in
R xdue funzioni
R 0 espliciteRyx1 e y2 , con y2 > y1 . Come al solito l’area è: A =
0 y2 dx − 0 y1 dx = x (−y2 )dx + 0 (−y1 )dx, cioè:
Z
A=
x
Z
(−y1 )dx +
0
(−y2 )dx
(15)
x
0
Si osservi che abbiamo integrato (−y) da 0 a x per le ordinate più basse e da x a 0
3at
per le ordinate più alte. Operando il cambiamento di variabile x = x(t) = 1+t
3 risulta
2
3at
y = y(t) = 1+t
3 . Dallo studio precedente risulta che il cappio è percorso in senso antiorario
quando t varia da 0 a +∞, e questa volta y è funzione effettiva di t. Sia t tale che x(t) = x;
allora y = y1 nell’intervallo [0, t] e y = y2 nell’intervallo [0, +∞). Da (15) si ottiene:
Rt
R +∞
R +∞
A = 0 (−y(t))x0 (t)dt + t (−y(t))x0 (t)dt = 0 (−y(t))x0 (t)dt.
Il risultato ottenuto si scrive come la circuitazione di una forma differenziale:
I
A=
(−y)dx
γ
ove γ denota la curva percorsa dal parametro
H in modo da lasciareH a sinistra l’area racchiusa3 . Analogamente si dimostra che A = γ x dy e quindi A = 21 γ −y dx + x dy. Si lascia
il calcolo per esercizio.
3
Vuol dire che il vettore tangente derivata prima e il vettore normale interna formano una coppia
orientata come (~ı, ~).
16
192
CH. II. NOTION DE D É R I V É E .
APPLICATIONS
«n ce point y ont des tangentes distinctes: pour Fune des branches la tangente
est OX tandis que pour l'autre e'est OY.
On appelle point nodal d'une courbe un point singulier où les différentes
branches de la courbe qui se coupent ont des tangentes distinctes.
De la sorte l'origine des coordoimées est un point nodal pour le folium de
Descartes.
Montrons sur des exemples quelques types de points singuliers des courbes
algébriques.
1. Examinons la courbe
i/2 — ax3 = 0 ( a > 0 ) ,
qui porte le nom de parabole semi-cubi que.
Il est facile de voir que les coordonnées (0, 0) annulent le premier membre
de cette relation et ses dérivées partielles par rapport à x et y. Il en résulte
que l'origine des coordonnées est un point singulier pour cette courbe. Pour
étudier la forme de la courbe au voisinage de ce point singulier construisons
«ette courbe. Son équation sous forme explicite sera :
y= ±
yax3.
Pour construire la courbe il suffit d'étudier la partie qui correspond au
signe (-)-) car la partie correspondant au signe (—) sera symétrique à la première
partie par rapport à l'axe OX. Il résulte de l'équation que x ne peut étre négatif
et que lorsque x croit de 0 à (-j- oo), y croìt aussi de 0 à (-f- oo).
Déterminons les deux premières dérivées :
,
3 -, / —
y=TVax,
ù
„ 3 "]/a
y" = - * .
4 y x
Pour i = 0 o n a aussi y' = 0; si on tient compte aussi de ce que x ne peut
tendre vers zero que par valeurs positives, on peut dire que l'axe OX sera tangent
à la courbe à droite à l'origine de coordonnées. De plus on voit que pour la
partie étudiée de la courbe y" garde un signe Constant ( + ) dans l'intervalle
{0, +oo), c'est-à-dire que la concavité de la partie de la courbe étudiée est
tournée vers les ordonnées positives.
Sur la fig. 87 on a représenté la courbe étudiée (pour a = 1). A l'origine on
a deux branches de courbe; elles ont une méme tangente au point de tangence
et sont situées de part et d'autre de leur tangente commune au voisinage du point
singulier (dans le cas examiné, partout). Un tei point singulier s'appelle point
de rebroussement de premiere espece.
2. Examinons la courbe:
(y — X*)* — £5 = 0 .
Il est facile de vérifier que l'origine des coordonnées est un point singulier
de la courbe. L'équation de la courbe sous forme explicite sera:
y = x2 ±
yxb.
On voit que x peut varier de 0 à (-f- °°). Calculons les deux premières dérivées:
v'=2x ± 1 y s , y"=2±^ y~x,
et étudions séparément les deux branches correspondant respectivement aux
signes (-{-) et (—).
6. CURVE PIANE IN FORMA IMPLICITA
17
II-5. APPLICATIONS GEOMETRIQUES DE DfiRIVEE
193
Notons tout d'abord que dans les deux cas pour x = 0' et y' = 0, comme
dans l'exemple précédent, l'axe OX sera tangent aux deux branches de la courbe
à droite.
En étudiant les deux branches de la courbe de la manière habituelle, on
obtient les résultats suivants : sur la première branche y croìt de 0 à (-)- oo)
lorsque x croit de 0 à ( + ° ° ) et la courbe est concave; la deuxième branche
a un sommet (maximum) pour x = — , un point d'inflexion pour x =
25'
225
et la courbe coupé l'axe OX pour x = 1.
Ceci étant, on peut tracer la courbe représentée sur la fig.
*~X
Fig. 87
Fig.
A l'origine des coordonnées se rencontrent sans se continuer deux branches
de la courbe, elles ont en ce point une tangente commune et sont situées du méme
coté de la tangente au voisinage du point singulier. On appelle un tei point un
point de rebroussement de deuxième espece.
3. Etudions la courbe
-0.
y
L'origine est un point singulier de la courbe. Sous forme explicite l'équation
de la courbe sera :
y = ± x* V i — x*.
L'équation sous forme implicite ne contient que des puissances paires de x
et y, e'est pourquoi les axes de coordonnées seront des axes de symétrie de la
courbe et il suffit d'étudier la partie de la courbe correspondant aux valeurs
positives de x et de y. Il résulte de l'équation de la courbe sous forme explicite
que x peut varier de (—1) à (+1). Bornons-nous à calculer la dérivée première :
x(2 — ìx^)
V' =
yi—x*
Pour x = 0 on a y = y' = 0, c'est-à-dire qu'à l'origine la tangente coincide
avec l'axe OX, et pour x = 1 on a y = 0 et y' = e», c'est-à-dire qu'au point
(1, 0) la tangente est parallèle à l'axe OY. Avec les méthodes habituellds on
trouvera que la courbe a un sommet pour x = 1 / — . En tenant compte de ce
13-281
18
194
CH. I I . NOTION DE DÉRIVÉE. APPLICATIONS
qui a déjà été dit et en particulier de la symétrie de la courbe, on aura la courbe
représentée sur la fig. 89. A l'origine les deux hranches de la courbe correspondant
Fig. 89
aux signes (-(-) et (—) devant le radicai sont tangentes Vune à Vautre. Un tei
point singulier s'appelle point de tangence.
4. Examinons la courbe
y2_x2(a;_i) =
o.
L'origine est un point singulier. L'équation esplicite de la courbe sera
j/ = ± V z 2 ( * - l ) .
En remarquant que le terme sous le radicai ne peut pas étre négatif, on en déduit
que soit x — 0, soit x ^ 1. Pour x <= 0 on a y •= 0. Examinons la branche de
5
3
Z
1
,
' il
-f
ir '
0 <-*i 2
-/
-2
-3
-4
'
3
'>
« '
-
Fig. 91
Fig. 90
la courbe qui correspond au signe ( + ) . Lorsque x croìt de 1 à (+°o) y croìt
de 0 à (-J-°o). On voit d'après l'expression de la dérivée première
3x—2
y =
— ,
2TA-1
que pour x = 1, y' devient infini, c'est-à-dire qu'au point (1, 0) la tangente
est parallèle à l'axe OY. La deuxième branche de la courbe correspondant au
signe (—) sera symétrique de la branche étudiée par rapport à l'axe OX. On obtient ainsi la courbe représentée sur la fig. 90. Dans le cas considéré les coordon-
6. CURVE PIANE IN FORMA IMPLICITA
II-5. APPLICATIONS GEOMÉTRIQUES DE DERIVEE
19
195
nées de l'origine 0 (0, 0) vérifient l'équation de la courbe, mais dans son voisinage, il n'y a pas d'autres points de la courbe. Dans ce cas le point singulier
est un point isole.
Avec les types de points singuliers que nous venons d'examiner nous avons
épuisé tous les cas possibles de points singuliers de courbes algébriques, mais
il peut arriver qu'en un certain point d'une courbe algébrique co'incident plusieurs types de points singuliers, de méme type ou de types différents.
Les courbes non algébriques sont dites transcendantes.
Nous proposons au lecteur de montrer qu'à l'équation
y = x In x
correspond la courbe representée sur la fig. 91. L'origine des coordonnées est
un point d'arrét de la courbe.
II-5-16. Ovale de Cassini et lemniscate. L'ovale de Cassini est le lieu géométrìque des points M dont le produit des distances à deux points fixes Fi et
F2 est Constant :
F~[M-F2M = b2.
Soit 2a = FiF2 ; orientons l'axe polaire suivant FtF2 et placons le pòle O
au milieu du segment FiF2. On voit sur les triangles OMFÌ et OMF2 (fig. 112)
que :
FtM2 = r 2 + a2 + 2ar cos 9, F2M2 = '•2 + cfl — 2ar cos 0.
En portant ces valeurs dans l'équation des ovales, en en l'élevant au carré,
il vient après simplification :
r* —2a 2 r 2 cos29 + a 4 —6* = 0,
d'où
r 2 = a2 cos 2G ± Yai cos 2 2G — (a* — 6*).
Les cas correspondant à a2 < 62 et a2 > 62 sont représentés sur la fig. 112.
Si a2 > è 2 , la courbe est formée de deux courbes fermées. Nous examinerons
* En [II-5-11] ces deux droitesétaient désignéespar KM et ON1 (v. fig. 99).
14-281
20
210
CH. II. NOTION DE DSRIYÉE, APPLICATIONS
plus en détail le cas important où a2 = b2. La courbe correspondante est la
lemniscate dont l'equation sera
r 2 = 2a 2 cos20.
Cette équation ne donne pour r des valeurs réelles que si cos 20 ;> 0, c'està-dire lorsque 8 est dans l'un des intervalles:
et r est nul pour
(*T) •(¥•?) • ( $ • * ) •
re
3it
5it
7JI
T ' T* T ' T •
Il est facile alors de construire la courbe (fig. 113).
Au point 0 la courbe se coupé elle-raème et les droites pointillées sont les
tangentes aux deux branches de la courbe se coupant au point O. En dérivant
Fig. 112
Fig. 113
les deux membres do l'equation de la lemniscate par rapport à 0, il vient:
2rr'=—4a2sin20,
soit
r'
2a 2 sin 20
d'où
t
r2
gf* = p - = - 2a 2 sin20~
2<z2 cos 20
= - c o t g 2 9 = t g ( - J + 2e) ,
2a 2 sin 29
H=
si
T
+ 26.
Passant des coordonnées polaires aux coordonnées cartésiennes, on a (39) :
r 2 = a:2-f !/2, COS0 = — , sin 9 = — .
L'equation de ìa lemniscate peut s'écrire ainsi :
V;
r 2 = 2a 2 (cos 2 0 — sin 2 9),
en y portant les expressions précédentes, on aura l'equation de la lemniscate en coordonnées orthogonales :
2
2
+ j/ 2 = 2a2 ( " 5 ^ - ) '
soit
(*2 + 2/2)2 = 2 a 2 ( z 2 - 2 , 2 ) ,
d'où il résulte que la lemniscate est une courbe algébrique de quatrièmcr
degré.
7
Applicazione dell’integrale definito
Per determinare un campo o un potenziale gravitazionale o elettrostatico dovuto a una
distribuzione continua di massa o di carica è utile usare l’idea dell’integrale definito come
limite delle somme di Riemann.
7. APPLICAZIONE DELL’INTEGRALE DEFINITO
21
Ricordiamo anzitutto che se abbiamo una grandezza vettoriale
F~ = X~ı + Y ~ + Z~k
(16)
la grandezza scalare, cioè il suo modulo, è data da:
p
1
F = (F~ · F~ ) 2 = X 2 + Y 2 + Z 2
~
Se la grandezza è non nulla, poiché F~ = F FF , si ha:
!
!
"
~
~
F
F
·~ı ~ı +
· ~ ~ +
F~ = F
F
F
! #
F~ ~ ~
·k k
F
(17)
~
Poiché FF è un versore, i prodotti scalari che compaiono in (17) sono i coseni direttori della
grandezza vettoriale F~ , cioè i coseni degli angoli che F~ forma con le direzioni orientate
degli assi cartesiani. Possiamo scrivere:
F~ = F cos(F~ ,~ı)~ı + F cos(F~ , ~)~ + F cos(F~ , ~k)~k
(18)
La formula (18) è utile per determinare le componenti X, Y , Z della grandezza vettoriale F~ . Confrontando con (16) si ha:
X = F cos(F~ ,~ı),
Y = F cos(F~ , ~),
Z = F cos(F~ , ~k)
Prima di riportare alcuni esempi di calcolo tratti da [K], ricordiamo la legge di gravitazione
universale e una sua generalizzazione a distribuzioni continue di materia.
Ogni particella di materia nell’universo attrae ogni altra particella con una
forza la cui direzione è quella della linea che le congiunge, e la cui grandezza è direttamente proporzionale al prodotto delle loro masse e inversamente
proporzionale al quadrato della distanza di una dall’altra.
La grandezza scalare della forza fra due particelle una di massa m1 situata in P = (x, y, z)
e l’altra di massa m2 situata in Q = (ξ, η, ζ) è data da:
m1 m2
F =γ 2
r
ove:
p
r = QP = (x − ξ)2 + (y − η)2 + (z − ζ)2
Se vogliamo la grandezza vettoriale della forza con cui la massa m1 in P è attratta dalla
massa m2 in Q, indicando con ~r il raggio vettore da Q a P , cioè ~r = P − Q, si ha:
m1 m2 ~r
m1 m2
F~ = −γ 2
= −γ 3 ~r
r
r
r
Le componenti sono:
m1 m2 (ξ − x)
m1 m2 (η − y)
m1 m2 (ζ − z)
,
Y =γ
,
Z=γ
3
3
r
r
r3
Enunciamo ora un principio per le distribuzioni continue di massa.
X=γ
Dati due corpi, li dividiamo in elementi alla maniera del calcolo integrale, in
modo che la massa di ogni elemento può essere pensata concentrata in un punto
dell’elemento stesso. L’attrazione che un corpo esercita sull’altro è il limite
dell’attrazione che il corrispondente sistema di particelle esercita sul secondo
sistema di particelle, quando il massimo diametro di ogni elemento tende a 0.
Negli esempi riportati si assume che l’unità di misura della forza sia tale che la costante
di gravitazione universale sia γ = 1.
22
The Force of Gravitv.
4
4. Forces Due to Special Bodies.
Because of their use in other problems of potential theory, because
of the generalizations which they illustrate, and because of the practice
which they give in dealing with Newtonian forces, the attractions due
to special bodies are well worth study.
\Vhile each of two bodies attracts the other, the forces exerted are
not equal vectors. Their magnitudes are equal, but they are oppositely
directed. In order to avoid ambiguity it will be convenient to speak
of one body as the attracting, and the other as the attracted body. This
merely means that we are specifying the body the force on which we
are determining. We shall also confine ourselves for the present to the
case in which the attracted body is a unit particle. It will appear in § 11
(page 27) that the results are of wider significance than is at first evident.
This section will be devoted to some illustrative examples.
Straight komogeneous segment. Let us consider a straight line segment,
which we regard as having mass, so distributed that the mass on any
interval is proportional to the length of the interval. The Constant factor
of proportionality À is called the linear density. We have here an idealization of a straight wire, which is a better apprdximation the smaller
the diameter of the wire relatively to its length and the distance away
of the attracted particle.
Let axes be chosen so that the ends of the wire are the points (0, 0, 0)
and (l, 0, 0). As a first case, let the attracted particle be in line with the
wire, at (x, 0, 0), x > l. Let the wire be divided into intervals by the
points | 0 = 0, | x , | 2 , . . . | „ = l (fig. 1). Then the interval (f&, £j.+1) carries
a mass XAljk, which, by our physical law, is to be regarded as concentrated at some point | 7 ' of the interval. The force due to the particle
thus constructed will lie along the #-axis, and will be given, in attraction
units, by
SA-
o
è/c
IKH
P
l
x
n
^k—
AYk = 0,
K*I.
\x_^>
AZk = 0.
The force due to the whole segment will be the limit of the sum of the
forces due to the system of particles, or
i
* =-JV^P
y = o, z = o,
o
or
X=
ìi
T^K,
x (x — l)
Y = 0,
Z=0.
The result may be given a more suggestive form by introducing the
total mass M = Xl, and considering a t w h a t point of the segment a
7. APPLICAZIONE DELL’INTEGRALE DEFINITO
23
Forces Due to Special Bodies.
5
particle of that mass should be placed in order to yield the same attraetion on a unit particle at P (x, 0,0). li e is the coordinate of this point,
X = - — ^ ~
= -^r
and
e=
i ^ ^ x ) .
Thus the wire attraets a unit particle at P as if the mass of the wire were
concentrateci at a point of the wire whose distance front P is the geometrie
mean of the distances from P of the ends of the wire.
As P approaches the nearer end of the wire, the force becomes infinite, but only like the inverse first power of the distance of P from
this end, although a particle would produce a force which became infinite like the inverse square of the distance. The difference is that in
the case of the particle, P draws near to the whole mass, whereas in the
case of the wire the mass is distributed over a segment to only one of
whose points does P draw arbitrarily near.
As P recedes farther and farther away, the equivalent particle (as
we shall cali the particle with the same mass as the wire, and with the
same attraction on a unit particle at P) moves toward the mid-point
of the wire, and the attraction of the wire becomes more and more
nearly that of a fixed particle at its mid-point. An examination of such
characteristics of the attraction frequently gives a satisfactory check
on the computation of the force.
Let us now consider a second position of the attracted particle,
namely a point P (-^, y, OJ on the perpendicular bisector of the material
segment (fig. 2). The distance r of the attracted particle from a point
(!A, 0, 0) of the inte'rval (fA, £ m ) is given by
r*=(H
•r
and the magnitude of the force at P, due to a particle at this point,
whose mass is that on the interval (£k, | ft+1 ) is
AF* =
ti-{) +y2
This force has the direction cosines
S'--
Ì>K è/i
and therefore the components
;.
AZ*
AX* =
K«-iM
^r* = -
-lyMk
tt~-
AZh = 0.
24
The Force of Gravity.
6
The limits of the sums of these components give the components of the
attractìon of the segment
* - 2 «
X =X
[(<
+ y
-,
Y=-yX
z = o.
2
The first integrai vanishes, since the integrand has equal and opposite
values at points equidistant from è = -% • The second integrai is easily
evaluated, and gives
y ^
M
M
•i<
=
+ y*
if e is the geometrie mean of the distances from P of the nearest and
farthest points of the wire. The equivalent particle, is thus seen to lie
beyond the wire as viewed from P. This fact is significant, as it shows
that there does not always exist in a body a point at which its mass can
be concentrated without altering its attraction for a second body.
Our physical law does not assert that such a point exists, but only that
if one be assumed in each of the parts into which a body is divided,
the errors thereby introduced vanish as the maximum chord of the parts
approaches 0.
Spherical shell. Let us take as a second illustration the surface
of a sphere with center at 0 and radius a, regarding it as spread with
mass such that the mass on any part of the surface
is proportional to the area of that part. The Constant factor of proportionality a is called the
surface density. We have here the situation
usually assumed for a charge of electricity in equilibrium on the surface of a spherical conductor 1 .
Let the attracted particle be at P (0,0, z), z =(= a
(fig. 3). Let A Sk denote a typical element
Fi
e- 3.
the surface, containing a point Qk with
0f
spherical coòrdinates (a, <p'k, i%). Then the magnitude of the element
of the force at P due to the mass a A Sk of the element of surface A Sk,
regarded as concentrated at Qk is
AFk =
aASk=-
oASk
By symmetry, the force due to the spherical shell will have no component perpendicular to the z-axis, so that we may confine ourselves
1
See Chapter VII (page 176).
7. APPLICAZIONE DELL’INTEGRALE DEFINITO
25
7
Forces Due to Special Bodies.
lo the components of the elements of force in the direction of the z-axis.
The cosine of the angle between the element of force and this axis is
a cos PI — z
so that
AZU =
a (a cos •&'/. — z) A Sh
2
[a + z2 - 2 az cos•&£]*
and the total force is given by the doublé integrai over the surface of
the sphere
(a cos $ — z) dS
Z = a
2
[a + z2 - 2 a z cos #]"s
This is equivalent to the iterated integrai
7t
2?T
(a cos p — z) dtp sin # di
[a2 + z2 — 2az
cosp]i
(a cos fi — z) sin & d p
= 2nacP
[a2 -f- z2 — 2 a z cos i
0
In evaluating this last integrai (which may be done by introducing r
as the variable of integration), it must be kept in mind that
r = ]/«2 + zz — 2 a z cos •&
is a distance, and so essentially positive. Thus, its value for •& = 0 is
\a — z|, that is a — z or z — a according as a > z or z> a. The result is
4 n a2 a
„
Z
=
Z= 0
^2
M
=
~
-0
r
f0 r
Z
>
a
•
forO<[z<«.
That is, a homogeneous spherical shell attracts a particle at an exterior
point as if the mass of the shell were concentrateci at its center, and exercises
no force on a particle in its interior.
Homogeneous solid sphere. If a homogeneous solid sphere be thought
of as made up of concentric spherical shells, it is a plausible inference
that the whole attracts a particle as if the sphere were concentrated at
its center. That this is so, we verify by setting up the integrai for the
attraction. Let x denote the Constant ratio of the mass of any part of
the sphere to the volume of the part, that is, the density. The mass
xAV in the element AV, regarded as concentrated at the point
Confrontare con [F, 13.9].
26
Material Surfaces, or Laminas.
11
ori a conductor, the force at any point will be that due to a surface
distribution.
As an illustration of the determination of the attractìon due to a
material surface, let us take a homogeneous circular disk, and a particle
at a point P of its axis. Let the (y,'%)-piane coincide with that of the
disk, the origin being at the center. Then Y and Z vanish, by symmetry.
Instead of the coòrdinates r\ and J, let us use polar coòrdinates, Q and cp.
li a denotes the Constant density, the element A Sk of the disk, containing the point Qt {qk, <pk) will have a mass a A Sk ; if this mass be regarded as concentrated at Qk, it will exert on a unit particle at P (#,0,0)
a force whose magnitude is
^* = ^
('* = •?&= Ve!+ *
and which makes with the «-axis an angle whose cosine is
—.x
Hence
is
h
h
s
2 TI a
Q d Q dcp
0
0
La2 +_1_ x«2T5]
The integrai is easily evaluated, and yields
X = — 2nax\
-.—r
i\x\
= =
c«2 +
The absolute value sign is important, for }x2 is not necessarily x.
— M
As x becomes infinite, the ratio of the force to —^— approaches 1,
as the reader may verify. At any two points on the axis and equidistant
from the disk, the forces are equal and opposite. As P approaches the
disk, the force does not become infinite, as it does in the cases of particle
and wire. We can account for this, at least qualitatively, by noticing
that a given amount of mass is no longer concentrated at a point, or
on a segment of a curve, but over an area. The force does, however,
have a sudden reversai of direction on passing through the disk; the
component of the force in the direction of the x-axis has a sudden
decrease of 4jtcr as P passes through the disk in the direction of increasing x.
Exercises.
1. Write as a simple integrai the expression for the force, at a point of its
axis, due to a disk whose density is any continuous function a = /(g) of the dis-
7. APPLICAZIONE DELL’INTEGRALE DEFINITO
27
Nell’integrale a pag. 24 è utile tener presente che:
Z
b dx
x
3 =
1
(b + x2 ) 2
(b + x2 ) 2
Infatti:
Z
b + x2 − x2
(b + x2 )
3
2
Z
dx =
Z
dx
(b + x2 )
1
2
−
x
x dx
3
(b + x2 ) 2
Integrando per parti il secondo addendo di destra si ottiene:
Z
Z
x dx
−1
dx
x
3 = x
1 +
1
2
2
(b + x ) 2
(b + x ) 2
(b + x2 ) 2
Eseguendo la sottrazione si ottiene il risultato voluto.
Nello studio delle traiettorie e dei moti è molto importante il concetto di circolo osculatore.
Per imparare a trovarlo, riportiamo due pagine da [M]. Nel seguito si tenga presente che
la curva C citata come (230) ha equazione y = f (x); inoltre contatto tripunto significa
contatto di ordine superiore al secondo.
28
Il reciproco del raggio ρ di curvatura
c=
1
ρ
dicesi invece curvatura della C in P0 . Nel caso in cui sia y 00 = f 00 (x0 ) = 0, si conviene di
assumere come circolo osculatore il circolo degenere di raggio infinito che si spezza nella
retta tangente a C in P0 e nella retta impropria. In tal caso la curvatura risulta nulla.
7. APPLICAZIONE DELL’INTEGRALE DEFINITO
29
BIBLIOGRAFIA
[F] R. P.—Feynman, Lectures on Physics - Mainly Mechanics, Radiation, and Heat,
Addison-Wesley, USA (1966).
[K] O. D. Kellogg, Fundations of Potential Theory, Julius Springer, Berlin (1929).
[M] U. Morin, Lezioni di Geometria, curve piane, CEDAM, Padova (1959).
[S] G F. Simmons, Calculus with Analytic Geometry, McGraw-Hill, New York (1996).
[S1] V. Smirnov, Cours de mathématiques supérieures, Tome I, MIR, Moscow (1969).
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