2 T ONINA PABA 1 Canzoniere ispano-sardo SCRITTORI SARDI 2 T ONINA PABA 3 Canzoniere ispano-sardo A mia madre 4 T ONINA PABA 5 Canzoniere ispano-sardo CANZONIERE ISPANO-SARDO DELLA BIBLIOTECA BRAIDENSE Edizione Studio introduttivo e commento di Tonina Paba Commento ai testi in sardo di Andrea Deplano CUEC EDITRICE T ONINA PABA 6 SCRITTORI SARDI Collana diretta da Giuseppe Marci ISBN 88-87088-03-9 CUEC Editrice © 1996 Prima edizione dicembre 1996 Ufficio editoriale: Via Is Mirrionis, 1 - 09123 Cagliari Tel. e Fax 070-271573 email: [email protected] Grafica: Biplano 7 Canzoniere ispano-sardo PARTE PRIMA TESTI IN LINGUA SPAGNOLA 8 T ONINA PABA 9 Canzoniere ispano-sardo Introduzione È al gesuita Miquel Batllori che si deve la segnalazione dell’esistenza, presso il Fondo Manoscritti della Biblioteca milanese di Brera, del codice AC VIII 7 di cui si dà ora, per la prima volta e integralmente, l’edizione. Già nel 1934, in una ricognizione dei fondi di interesse ispanistico delle Biblioteche d’Italia, lo studioso catalano ebbe modo di consultare la raccolta e, successivamente, vari studiosi di Università americane vi ricorsero per collazionare i testi in comune con altri manoscritti1. Nel 1967 se ne occupò Cesare Acutis nell’ambito di una più vasta ricerca finalizzata ad attestare la presenza della romanza spagnola in Italia nel Cinque e Seicento2. È lui che offre la prima descrizione del canzoniere, del quale vengono presentati, limitatamente al genere oggetto della ricerca, venti testi inediti3. Recentemente, l’interesse attorno ad esso si è rinnovato grazie allo studio di Giovanni Caravaggi4 sui codici spagnoli custoditi presso le Biblioteche lombarde, nel quale viene ribadita la necessità di un’edizione totale dei testi contenuti, nella raccolta in modo da poter far luce sulla genesi di quest’operazione antologica così peculiare. Il titolo, infatti, di Canzoniere ispano-sardo, con cui il codice viene indicato dagli studiosi con riferimento alle lingue che vi compaiono, gli è stato attribuito proprio in virtù di questo insolito bilinguismo che lo caratterizza. 1 Come risulta dalle note vergate sullo schedone di accompagnamento dello stesso. 2 Ricerca condotta da G.M. Bertini., C. Acutis e P. Luis Avila e confluita nel volume: La romanza spagnola in Italia, Torino, Giappicchelli Editore, 1970. 3 Nella breve descrizione del manoscritto e del suo contenuto, Acutis elenca tra i vari tipi di componimento anche le loas. La classificazione del materiale testuale da noi operata non conferma tale indicazione. Inoltre, il curatore della ricerca indica in 26 il numero dei romances, tralasciando di annotarne uno di Alonso de Ledesma, Después que la negra muerte, f.143r. 4 Cancioneros spagnoli a Milano, a cura di G. Caravaggi, Firenze, La Nuova Italia Editrice, 1989. 10 T ONINA PABA Descrizione del manoscritto Si tratta di un manoscritto cartaceo, di piccolo formato (160 mm. x 110), rilegato in pergamena, di complessive 253 carte, scritte apparentemente dalla stessa mano anche se in alcuni punti la grafia presenta leggere differenze. Oltre il foglio di guardia del rilegatore, una mano moderna, a matita, ha numerato a piè di pagina le carte (in numeri arabi). Fino al f.28 la numerazione è doppia, in quanto compare anche in alto a destra, poi continua in maniera alterna, ora solo in basso ora doppia, fino a ricomparire doppia ogni dieci fogli circa. In un punto il codice mostra in maniera evidente che alcuni fogli sono stati tagliati, per cui due testi risultano incompleti [verranno segnalati nella trattazione delle poesie] nonostante il copista li abbia trascritti, come lascia intuire il richiamo al foglio successivo (ff. 240v; 242v). La numerazione delle pagine non registra questa recisione e ciò significa che è posteriore ad essa. La trascrizione, tranne che in qualche caso, non ha presentato particolari problemi. Il copista ricorre a poche abbreviazioni [xpto, xptiano per Christo, Christiano] che abbiamo sciolto. In certi punti il passaggio dell’inchiostro da una pagina all’altra, la presenza di macchie d’umidità e la legatura, che riduce il margine interno, hanno reso disagevole la lettura del testo. L’acquisizione del manoscritto da parte della Biblioteca Braidense è avvenuta tramite acquisto, effettuato nel 1914 nella libreria della vedova del libraio Calligaris, attivo a Milano in quegli anni. Le ricerche da noi condotte tese a ricostruire, per quanto possibile, la storia materiale del codice e risalire, in tal modo, ai suoi antichi proprietari e alla sua provenienza originaria, sono risultate infruttuose. Datazione e contenuto Il manoscritto appartiene alla seconda metà del XVII secolo. Contiene, infatti, due riferimenti cronologici espliciti. Il primo è un’annotazione di carattere redazionale: “Se trasladaron estas cansiones en la Virgen de Lugar santo por el mes de majo a’11 de 1683", l’altro riguarda, invece, un appunto di viaggio del raccoglitore/trascrittore del codice: “El año 1684 a’ 26 de febrero me enbarcé de Cáller para Madrid y de Cáller partimos primer día de março, día martes y desembarqué (en) en Málaga a los del... y a los de dicho mes partí para la Corte y entré en ella a los ...”. Vi compaiono esclusivamente componimenti poetici, di vario metro, in castigliano e in lingua sarda. In latino figurano delle litanie alla Vergine (ff. 90r-91v) e a Sant’Antonio da Padova (ff.147r-149r). In prosa è da segnalare un brevissimo testo che accenna alla leggenda dell’unicorno (f.118r), un appunto curioso sui verbi latini (f.110v) che rimanda alla Canzoniere ispano-sardo 11 tradizione mnemotecnica scolastica e quella che parrebbe la riflessione di un innamorato (f.172v)5. Il manoscritto si presenta in una veste ordinata e curata. Non ha segni di cancellature o di ripensamenti del dettato poetico che possano essere letti come testimonianze di una creazione sofferta o di un esercizio di continua rielaborazione dei testi da parte dell’autore. Le uniche aggiunte sono da imputare a dimenticanze, inserite poi nello spazio interlineare o richiamate in margine, o palesi errori di copiatura nell’ordine dei versi, chiaro segno che il trascrittore attingeva anche a testi scritti. Quando questi erano pliegos sueltos o un volume a stampa, la trascrizione appare più omogenea in quanto ai grafemi adottati. Il Canzis6 non presenta alcun tipo di fregio o di ornamento nelle lettere iniziali. Siamo in presenza di uno di quei quadernetti (in origine fogli sciolti sovrapposti e successivamente cuciti) dove un appassionato di poesia ha copiato una serie di testi che lo interessavano. L’antologista non pare animato da intenti classificatori o dal desiderio di raccogliere l’opera di qualche autore in particolare. Tuttavia è avvertibile una volontà organizzatrice del materiale raccolto, nel senso che la copiatura non è frutto del caso e la disposizione dei testi ubbidisce a impulsi di aggregazione molto precisi. Altre volte, la loro successione riflette la collocazione di provenienza. È il caso, per esempio, delle poesie che apparivano in appendice al libro di Nieremberg, Sobre lo temporal y eterno, che abbiamo riscontrato, nello stesso ordine, in altri manoscritti o canzonieri. Per quanto attiene al contenuto il Canzis si configura come una raccolta di testi di autori diversi, varia sia per i temi trattati che per le forme strofiche adottate. Pur essendo buona parte delle poesie di carattere religioso, ne figurano altre che sviluppano tematiche amorose e profane, qualcuna persino irriverente nei confronti di certi comportamenti ipocriti della vita conventuale [Qué discretas que anduvisteis, f.226v]. Questo non esclude, tuttavia, l’ipotesi che l’antologista o l’autore stesso appartenesse a un ordine religioso, o fosse comunque una persona di cultura, buon conoscitore della poesia spagnola della propria epoca e sensibile alla produzione poetica in lingua sarda. 5 Trascriviamo tutte e tre le annotazioni: Volo ves está henojado / con fero fers su cuñado / porque le quitó el supino / de quien está enamorado. (f.110r); Ruyno seronte, este es un animal / que se cria en las Indias y es tan feros / que rinde quantos animales/ hay en el mundo, asta el elefante / y à el le coxe una donsella / donsella con enseñarle los pechos / y en esto vienen los casadores y / le coxen. (f.118r); Buelue, buelue / que as hecho mayor mi cariño / con tu ausencia / porque [es] espanto en los amantes / hazer de un desdén fineza... (f.172v). 6 Indicheremo, d’ora in poi, il Canzoniere ispano-sardo con questa forma contratta. 12 T ONINA PABA Il numero poco significativo di composizioni “colte” a favore dei metri più popolari o tradizionali (romances, seguidillas, villancicos, redondillas, quintillas, coplas...) riflette l’inclinazione del raccoglitore verso uno stile più basso e colloquiale, prodotto e fruito spesso negli ambienti conventuali, come illustri esempi (si pensi anche solo a Santa Teresa d’Avila) possono confermare. Diamo di seguito la tavola dell’assetto metrico dei componimenti: - romances II, VIII, IX, XII, XIV, XXVI, XXVII, XXXI, XXXIII, XLIX, LXI, LXIV, LXV, LXVII, LXVIII, LXXI, LXXIV, LXXVIII, LXXXIV, XCII, CIV, CVI, CVIII, CIX, CXI, CXII, CXVI - redondillas III, X, XI, XIII, XV, XXII, XXIII, XXVIII, XXIX, XXXII, XXXIV, XXXV, LXXXIII, LXXXVIII, XC - romancillos LX, C, CII, CVII - décima espinela LXII - décimas (glosas) XLII, XLIII, XLIV, XLVII, XCVI, CV - octavas reales (glosas) XXXVI, XXXVII, XXXVIII, XXXIX - octavas XLV, XLVI, LXXXVI - coplas LV, LVI, LVII, LVIII, LIX, LXIX, LXXIII, LXXXIX - quintillas XVI, XXX - sonetos LXXXVII, XCI, XCV - endechas XIX - letrillas XCIX - gozos LI, LII - villancicos V, VI, XL, XLI, LXVI, LXXV, LXXVI, CXVII - seguidillas IV, XVII, XVIII, XX, XXI, XXIV - seguidilla chamberga L - coplas castellanas LXXVII, LXXXV, XCVII Canzoniere ispano-sardo 13 - liras LXXIX, CXIV - cuartetas asonantadas VII, XXV, XLVIII, LIV, LXXII, LXXXI, LXXXII, CI, CXIX, CXX - estrofas polimétricas I, LIII, LXIII, LXX, LXXX, XCIII, XCVIII, CIII, CIV, CX, CXIII, CXVIII. Trascrittore Il Canzis è anonimo. L’annotazione che figura nel f.118r, solo parzialmente leggibile a causa dell’inchiostro svanito [“El año 1684 à 26 de febrero me embarcé de Cáller para Madrid y de Cáller partimos primer día de Março día martes y desembarqué en (en) Málaga a los del .. y a los de dicho mes partí para la Corte y entré en ella à los...”] scritta dalla stessa mano che trascrive i testi, consente di abbozzare dei tratti utili a delineare la figura del copista. Le ricerche condotte presso i vari archivi di Cagliari, l’Archivo Histórico Nacional di Simancas e l’Archivo de la Corona de Aragón di Barcellona sui movimenti delle galere, sulla quale trovavano posto anche i passeggeri che partivano o toccavano il porto del capoluogo sardo dirette in Spagna, non hanno messo in luce elementi utili all’identificazione del personaggio che dice di essersi imbarcato a Cagliari diretto a Madrid7. Si può tuttavia supporre verosimilmente, dato il riferimento alla Corte, che si trattasse di una persona appartenente a ceto sociale elevato, forse un nobile, un diplomatico o un funzionario dell’amministrazione viceregia8. Dimostra una buona padronanza dei due codici linguistici allora in uso in Sardegna, il castigliano e il sardo, per cui riteniamo si tratti di un 7 Non esistono liste di passeggeri fino al XVIII secolo inoltrato. Infatti l’isola, durante la dominazione spagnola, non solo non era dotata di un regolare servizio di trasporto di passeggeri e merci ma non disponeva nemmeno di una flotta militare propria; solamente vi era un battello che assicurava il servizio postale con Barcellona. Le persone che intendevano imbarcarsi per la costa italiana o spagnola dovevano attendere per lungo tempo l’opportunità di un passaggio su una galera. Cfr. a questo proposito, anche se si riferisce a un secolo prima, quanto scrive R. Turtas in Alcuni rilievi sulle comunicazioni della Sardegna col mondo esterno durante la seconda metà del Cinquecento in La Sardegna nel mondo Mediterraneo, Atti del II Convegno di Studi geografico-storici, Università di Sassari, Edizioni Gallizzi, Sassari, 1984; G. Sorgia, La Sardegna spagnola, Sassari, Chiarella, 1982 e F. Corridore, Storia documentata della marina sarda dal periodo spagnolo al savoino, Bologna, 1900. 8 Cfr. B. Anatra, Corona e ceti privilegiati nella Sardegna spagnola in Problemi di storia della Sardegna spagnola, Cagliari, 1975 e Chiesa e società della Sardegna barocca , “Istituto di Studi Storici”, Facoltà di Magistero, Università di Cagliari, 1985. 14 T ONINA PABA sardo bilingue9, ipotesi più probabile rispetto a quella di uno spagnolo (un predicatore?) che dovesse, per urgenze comunicative, conoscere la lingua locale, la più diffusa a livello popolare e a volte l’unica posseduta dai ceti sociali più umili10. Più difficile appare il giudizio sull’adeguatezza o “correttezza” della trascrizione grafica condotta dal copista, in quanto egli operava in assenza di precise norme che ne sancissero l’ortografia11. Tale osservazione, valida per la lingua spagnola, è quanto mai estendibile al sardo. Nella scrittura del sardo del Seicento, infatti, l’aspetto più significativo è l’aderenza al sistema grafico dello spagnolo, in quel secolo il codice scritto maggiormente alla portata dei lettori sardi. È del tutto giustificata, pertanto, l’interferenza che sul piano grafico questo esercita sulla lingua sarda, priva di una codificazione e il cui uso era prevalentemente orale12. La presenza dei grafemi spagnoli nel sardo scritto non sono da ritenersi una mar9 “La cultura de las ciudades sardas en los siglos XVI y XVII era principalmente española; españoles eran los usos y costumbres y, sobre todo, la moda” scrive M.L. Wagner, España y Cerdeña, “Arbor”, 90, 1953, e riguardo alla diffusione dello spagnolo nell’isola fa notare che “sigue hablándose y usándose durante todo el siglo XVIII, sobre todo en las iglesias, como se infiere de los numerosísimos sermones y oraciones fúnebres redactados en español hasta 1797. En las escuelas y los tribunales el español quedó como lengua oficial hasta 1764”. E J. Arce, (España en Cerdeña, CSIC, Madrid, 1960, p.123) precisa che “los sardos de los núcleos de población más frecuentados eran bilingües, dependiendo el uso mayor o menor de una u otra lengua, de la clase social”. 10 Sulla situazione linguistica della Sardegna e sulle difficoltà di comunicazione tra la popolazione locale e gli evangelizzatori che provenivano da fuori dell’isola ha indagato in maniera approfondita Raimondo Turtas. Si vedano in particolare La questione linguistica nei collegi gesuitici in Sardegna durante la seconda metà del Cinquecento, “Quaderni sardi di Storia”, 2, gennaio-giugno, 1981 e Breve storia della Chiesa in Sardegna in AA.VV., La Sardegna, Cagliari, 1982. 11 “El concepto de corrección linguística era más amplio que en los períodos posteriores, y entre el vulgarismo y las expresiones admitidas no mediaban límites tajantes” osserva R. Lapesa, Historia de la lengua española, cap: Cambios lingüísticos en el Siglo de oro, Madrid, Gredos, 1967, p. 367. Si veda anche A. Rosenblat, La ortografía castellana en el siglo XVII in “Prólogo” a Andrés Bello, Estudios gramaticales, Ministerio de Educación, Caracas, 1951. 12 La bibliografia sulla lingua e sulla linguistica sarda non annovera contributi recenti riguardo allo studio diacronico del sardo per cui rimane valido l’autorevole saggio di M.L. Wagner, La lingua sarda. Storia, spirito e forma, Casa Editrice A. Francke S.A., Berna. Si veda anche E. Blasco i Ferrer, Storia linguistica della Sardegna, Max Niemeyer Verlag, Tubingen, 1984 e, limitatamente al periodo che ci interessa, i lavori di G. Mura, Aspetti linguistici e letterari delle fonti scritte per lo studio dell’età barocca in Sardegna, in T. Kirova (a cura di), Arte e cultura del ‘600 e ‘700 in Sardegna, Napoli, 1984 e di G. Mancini, “Lo spagnolo in Sardegna nei secoli XVIII e XIX”, Studi Sardi, anno VIII, Fasc.I-III, 1948. Canzoniere ispano-sardo 15 ca a favore della tesi di un copista non sardo ma vanno letti, invece, come prestiti dal sistema grafico della lingua iberica tant’è che nel secolo successivo sarà la lingua italiana ad assolvere la stessa funzione13. Un indizio della preminenza del codice scritto spagnolo, o comunque della sua prevalenza nell’ordine delle competenze linguistiche del trascrittore, se si esclude che debbano intendersi in funzione dell’eventuale destinatario/comittente del canzoniere, è dato dai titoli dei componimenti che sono sempre in spagnolo, anche nel caso dei testi sardi e del fatto che le poche annotazioni in prosa di carattere redazionale che vi figurano sono anch’esse in lingua spagnola. Autori I testi in lingua spagnola che abbiamo potuto identificare rimandano ad autori noti del Siglo de Oro e ad alcuni cancioneros del Seicento. Figurano tra essi Alonso de Ledesma, Luis de Góngora, con varie romanze e alcune letrillas satiriche, Lope de Vega e Calderón de la Barca. Altre poesie provengono dai pliegos sueltos, la cui massiccia esistenza e circolazione negli ambienti religiosi e culturali del capoluogo dell’isola e del suo circondario sono attestate da una cospicua raccolta della Biblioteca Universitaria di Cagliari14. Inoltre, lo studio dei manoscritti custoditi presso le Biblioteche Universitarie e Municipali di Cagliari e Sassari ha permesso di individuare alcuni testi, o frammenti di essi, inseriti nei contesti più vari15. Non compaiono, infatti, in antologie poetiche bensì in raccolte di sermoni, novene, agiografie, panegirici, ecc. Ciò può essere indizio che si tratta di poesie 13 Molti lessemi sardi, pur mantenendo inalterata l’esecuzione fonetica, assumeranno una veste grafica prossima all’italiano, adottandone i grafemi propri come, per esempio: guerra/gherra; oñi/ogni; desdichadu/desdiciadu; cumpañia/cumpagnia; paciencia/pasiensia; ecc... 14 La Biblioteca Universitaria di Cagliari dispone di un ricco fondo di interesse ispanistico recensito e catalogato. Si veda il Catalogo degli antichi fondi spagnoli della Biblioteca Universitaria di Cagliari, (a cura di M. Romero Frias e G. Ornelli, introduzione di G. Ledda), Giardini Stampatori, Pisa, 1982-84; il Repertorio delle “Relaciones de comedia” esistenti nell’antico fondo della Biblioteca Universitaria di Cagliari, Cagliari, Università degli Studi, 1980 a cura di P. Ledda e Catalogo dei Pliegos sueltos poéticos della Biblioteca Universitaria di Cagliari, Giardini Editori e Stampatori, Pisa, 1985 (a cura di P. Ledda e M. Romero Frias). 15 Riguardo ai manoscritti e ai testi a stampa consultati presso gli Archivi e le Biblioteche pubbliche e private dell’isola si rimanda alle voci specifiche della Bibliografia finale. Ci piace qui segnalare che il manoscritto del XVIII secolo, contenente versi in latino e in spagnolo, descritto da P. Tola, (Dizionario biografico degli 16 T ONINA PABA che godevano di una certa popolarità, conosciute a memoria dai fruitori di quei testi, (principalmente religiosi dei vari ordini, stando alle frequenti note di possesso che vi figurano) i quali le ricopiavano a mo’ di ritornello. È il caso, per esempio, delle Coplas à la Muerte: “Yo para que naci? para saluarme”, massicciamente diffuse in Sardegna e attestate nel Ramillete de diuinas flores para el desengaño de la vida umana (1629) e nel Romancero espiritual para reglarse el alma con Dios di Lope de Vega (1622, 1625). Altre composizioni ancora, di autore anonimo, fanno parte del ricco corpus della lirica tradizionale, a sua volta raccolta in vari cancioneros, dove le abbiamo riscontrate, e già oggetto di approfonditi studi16. Le testimonianze, e le relative varianti, verranno segnalate testo per testo. Data l’ingente mole del materiale esistente, e la conseguente impossibilità di una verifica esaustiva, non si può affermare con certezza che tutte le composizioni non identificate, che qui si presentano, siano inedite o di autore ignoto17. Un autore sardo? Tuttavia l’aspetto più interessante del manoscritto ispano-sardo è rappresentato da un folto numero di componimenti posti dal compilatore in apertura della silloge. Essi costituiscono un vero e proprio corpus che vale la pena di esaminare con attenzione. Questi testi, infatti, presentano tra loro caratteristiche comuni e affinità tali da imporsi come un blocco compatto e quasi autonomo. Si tratta delle poesie comprese nei ff.1r-45r (35 componimenti) che presentano le seguenti peculiarità esterne: uomini illustri di Sardegna, a.v. Sebastiano Suñer, Torino, 1837-38) che ne era proprietario e da E. Toda y Güell, (Bibliografía española de Cerdeña, Madrid, 1890) che l’aveva potuto consultare, e della cui scomparsa si dolevano autori più recenti come F. Alziator, (Storia della letteratura di Sardegna, Cagliari, 1956), è “ricomparso” e fa parte del Lascito Cosme Tola dei fondi antichi della Biblioteca Comunale di Sassari, presso la quale ho potuto consultarlo con la seguente segnatura: Miscellanea Variarum Rerum scripta a Frate Sebastiano à S. Joseph Calaritano, Romae, die viii Dece.bris 1662, Mss.D. IV.C.31. 16 Cfr. M. Frenk, Corpus de la antigua lírica popular hispánica, (siglos XV a XVIII), Madrid, Castalia, 1987. 17 Solo i repertori dei manoscritti della Biblioteca de Catalunya di Barcellona contengono 3880 schede mentre lo spoglio delle opere manoscritte della Biblioteca Nacional di Madrid, che ammontano a circa 30.000, è ancora in fase di attuazione. Si rimanda alla Bibliografia finale per l’indicazione dei repertori e degli schedari consultati. Canzoniere ispano-sardo 17 - 30 sono di chiaro argomento religioso e le restanti cinque sono ad esso correlate; - 7 sono indirizzate a santi e martiri sardi (o venerati in Sardegna) o muovono da avvenimenti verificatisi nell’isola; - 7 sono dedicate a santi della Compagnia di Gesù; - 4 citano espressamente i nomi di alti prelati e funzionari del Viceregno di Sardegna. Queste caratteristiche hanno fatto supporre a Cesare Acutis che la composizione del manoscritto fosse avvenuta in Sardegna e che il suo autore fosse legato all’ambiente dei gesuiti isolani18. La prima ipotesi, alla luce dei numerosi riscontri interni al codice e all’approfondimento dello studio dell’ambiente culturale sardo in cui poté maturare l’opera, è da ritenersi veritiera mentre va relativizzata l’influenza diretta esercitata dai seguaci di Sant’Ignazio di Loyola sulla sua genesi. Che la raccolta del materiale sia avvenuta in terra di Sardegna trova conferma in un’esplicita indicazione di carattere cronotopologico redatta dal compilatore stesso: “Se trasladaron estas cansiones en la Virgen de Lugar santo por el mes de majo a’11 de 1683", che situa l’opera di trascrizione, limitatamente ai testi in sardo, nella località di Luogo Santo, presso Tempio, nella Sardegna settentrionale. La seconda ipotesi, vale a dire la maturazione della silloge nell’ambiente della Compagnia di Gesù andrebbe sostenuta con argomentazioni più probanti: non basta il solo riscontro della presenza nel Canzis di testi dedicati ai santi gesuiti. Abbiamo potuto verificare infatti, sia in opere coeve al manoscritto sia in altre del secolo successivo, come il culto per questi santi fosse nell’isola molto vivo, fatto che risulta attestato anche da moltissimi “gosos” in sardo e in spagnolo e da numerose opere che hanno per oggetto la venerazione dei santi in Sardegna19. 18 C. Acutis, Presenza del Romancero in Italia nei secoli XVI, XVII e XVIII in La romanza spagnola..., op cit., p.313. 19 La bibliografia a questo riguardo è davvero copiosa. Cito solo alcuni autori: Juan Francisco Carmona, Santuario de Sardeña, ossia Alabanças de los Santos de Sardeña, 1631 Ms BU di Cagliari; Dimas Serpi, Cronica de los Santos de Sardeña, Barcelona, Carmellas, 1600; Dionisio Bonfant, Triumpho de los santos de Cerdeña, Caller, en la Emprenta del Doctor Antonio Galcerin, por Bartholomeo Gobetti, MDCXXXV. Per quanto riguarda, invece, il versante poetico, si veda G. Sechi, Goggius. Raccolta completa delle lodi sacre sardo-logudorese-campidanese per le solennità e le feste dei santi della Chiesa cattolica celebrantesi in tutta la Sardegna, Oristano, Tipografia Pascuttini, 1934. 18 T ONINA PABA Indubbiamente la genesi del Canzis è da collocare a stretto contatto con gli ambienti religiosi in quanto, come più studiosi hanno fatto notare, non è pensabile immaginare, nella Sardegna di fine Seicento, la produzione di qualsiasi opera svincolata dall’influenza che gli ordini religiosi nell’isola esercitavano in maniera ampia e profonda20. La letteratura ispano-sarda è ricca di testimonianze dell’impegno personale di vari religiosi nell’ambito letterario e storico21, impegno documentato da numerose opere, molte delle quali permangono ancora manoscritte nelle biblioteche dell’isola. Un chiaro esempio della religiosità e della forte componente spirituale della personalità dell’uomo barocco si può leggere nell’opera di José Delitala y Castelví, Cima del Monte Parnaso Español, pubblicata a Cagliari nel 167222. 20 Molto utili a dare un quadro approfondito e articolato della realtà sarda in epoca spagnola sono i volumi di AA.VV., La società sarda in età spagnola, a cura di Francesco Manconi, Consiglio Regionale della Sardegna, 1992, 1993. Si veda, in particolare, il contributo di G. Pirodda, La letteratura del Seicento, vol.II, pp.66-75. Sul ruolo quasi monopolistico della Compagnia di Gesù nel campo dell’istruzione e dell’editoria in generale informa Raffa Garzia ne La cultura in Sardegna e la letteratura nel Seicento e nel Settecento in Un poeta latino del Settecento: Francesco Carboni, Cagliari, 1900. 21 Ricordo, fra i numerosissimi casi, Fray Maria de Estercili, “sacerdote capuchino en Sellury”, (Libro de comedias), il gesuita Antioco del Arca, (El saco imaginado), Francisco Vico, arcivescovo di Cagliari, (Historia General de la Isla y Reyno de Sardeña, Barcelona, MDCXXXIX) e il predicatore capuccino Jorge Aleo (Historia cronologica y verdadera de todos los sucessos y casos particulares sucedidos en la isla y reyno de Cerdeña del año 1637 al año 1672..). 22 José Delitala y Castelví è considerato dalla critica (Joaquín Arce, Francesco Alziator, Siotto-Pintor ed altri) la figura più rilevante del panorama letterario ispanosardo del Seicento. Oltre al volume di versi, è autore di una Loa, pubblicata in appendice alla Cima... in cui celebra il compleanno di Carlo II nel 1666 e che venne rappresentata nel palazzo del Vicerè Marchese di Camarassa. Durante le nostre ricerche presso i fondi antichi delle Biblioteche isolane abbiamo rinvenuto un’altra opera finora sconosciuta di José Delitala. Ne ignora l’esistenza anche il suo maggior studioso Louis Saraceno che al Delitala ha dedicato una monografia, Vida y obra de José Delitala y Castelví Poeta hispano-sardo, Cagliari, 1976 (trad. it. di Luigi Spanu: Vita e opera di José Delitala y Castelví, Ed. Castello, Cagliari, 1994). Il titolo dell’opera è Loa en la Comedia que en el salon de Su Casa representó el Illustre Don Artal de Alagon y Pimentel, Marques de Villasor, Conde de Monte santo, etc... festejando la celebridad del felis parto de la Excellentissima Señora Doña María Antioga de Alagon y Pimentel su hermana, princesa de Pomblin y de Venosa, escrita por Don Ioseph delitala y Castelví... en Caller, en la Estampa del Dr. Don Hilario Galcerin, Por Nicolas Pisà, año 1670. Tale loa è custodita presso la Biblioteca della Facoltà Teologica di Cagliari. 19 Canzoniere ispano-sardo Non è azzardato osservare che se quest’opera fosse stata anonima, più di uno studioso nella ricerca della paternità di essa si sarebbe interrogato sul ruolo dei religiosi e in special modo dei gesuiti e per alcuni aspetti ciò può risultare illuminante riguardo all’origine del Canzis. La Cima del Monte Parnaso presenta, infatti, straordinarie affinità non solo d’ordine tematico ma anche, e soprattutto, di carattere stilistico con la prima parte del nostro manoscritto. Si tratta di una raccolta di poesie in lingua spagnola, di vario metro e tripartita per tema, epico, amoroso e funebre, secondo il canto delle tre Muse Calliope, Euterpe e Urania23. Diamo di seguito i titoli dei componimenti del Delitala affiancati dalle corrispondenti trattazioni nel Canzis, non nell’ordine con cui compaiono nel volume ma raggruppate per soggetto per meglio evidenziarne le affinità. Cima Canzis Al Duque de San Germán, Virrey de Cerdeña Romance para el Duque de San Germán que uino a Cerdeña por la Pasqua de Navidad y juró primer día de año. A Don Artal de Alagón, Marqués de Villasor. Redondillas que se cantaron al fin del opulento combite que dio el S. Don Pedro de Alagón Arçobispo de Oristán en la consagración del Obispo de Alg[u]er don Francisco Roger. En la consagración del P.D. Pedro de Alagón, Obispo de Ampurias. 23 Per uno studio dell’opera rimandiamo al saggio di L. Saraceno cit. Vogliamo qui segnalare solamente una discordanza (non rilevata, stranamente, né da questo né da altri studiosi) tra quanto appare nel frontespizio dell’opera del Delitala (pubblicata nel 1672) e un documento originale conservato presso l’Archivio Storico del Comune di Cagliari. Tra i vari titoli di cui l’autore si fregia, com’era consuetudine in quel tempi, figura anche quello di “Gouernador del Cabo de Caller y Gallura”. Dal documento [facente parte della “Rubrica de privilegios, patentes y demas despachos que se registran en el officio del ... al presente año 1677 por Miguel Pirella notario T ONINA PABA 20 Relación de las fiestas que se celebraron en la ciudad de Cáller al casamiento del Príncipe de Pomblín con la señora Doña María de Alagón y Pimentel, dama de la reyna Nuestra Señora y Hija de los Marqueses de Villasor. A San Francisco de Borja en la fiesta de Villasor. A la Señora doña Isabel de Alagón y Pimentel en día que tomó el hábito de monja en el Convento de Santa Luzia de frailes franciscos que fue el del Niño Perdido. Para una dama que tomó el hábito de monja. A una dama a quien quitaron la vida violentamente. Décimas a una dama a quien mató su marido con un puñal. A San Francisco Xavier Apóstol de las Indias. A San Francisco Xavier. A San Francisco Xavier. Romance. Al mismo santo. A San Ignacio de Loyola. Al san Ignacio. A San Francisco de Borja. A S.Fr.co de Borja. A la Assumpción de Nuestra Señora en alusión de el ave feniz. A la Assumpción de la Virgen. A la Natividad de Nuestra Señora. A la Presentación de la Virgen. A la Purissima Concepción de Nuestra Señora. A la Purificación de la Virgen. publico, ciudadano desta ... y magnifica ciudad de Caller”, f.88r/v] risulta che la concessione del titolo suddetto “es merçed de cortes del año 1677”. La concessione della carica di Governatore del Capo di Cagliari e Gallura avvenne con carta reale del 31 agosto 1677, con la quale il Sovrano spagnolo distribuì le ricompense a favore di coloro che si erano distinti nei lavori del Parlamento, celebrato dal marchese de las Navas, Conte di Santo Stefano, conclusisi il 9 novembre 1677 e iniziati il primo aprile dello stesso anno. Cfr. G. Pillito, Memorie tratte dall’Archivio di Stato in Cagliari, riguardanti i Regi Rappresentanti che sotto diversi titoli governarono l’isola di Sardegna dal 1610 al 1720, Cagliari, Tip. del Commercio, 1874 e J. Mateu Ibars, Los virreyes de Cerdeña, Padova, 1962-68. Canzoniere ispano-sardo 21 Alcuni titoli dei componimenti del Canzis lasciano supporre l’appartenenza del loro autore al ceto nobiliare sardo. In particolar modo implicano la frequentazione e l’amicizia con il Marchese di Villasor (nipote di Pedro de Alagón, Vescovo di Oristano) e con l’ambiente della Corte vicereale. Questi dati biografici coincidono con la figura dell’autore della Cima del Monte Parnaso, José Delitala y Castelví, grande amico degli Alagón e intimo dei vari vicerè che si sono avvicendati nell’isola, governatore del Capo di Cagliari e Gallura e vicerè egli stesso in un periodo di interregno24. Gli insistiti riferimenti ai santi gesuiti presenti nel Canzis, inoltre, potrebbero essere letti come indizio dei rapporti esistenti fra l’autore dei testi e la Compagnia di Gesù o come attestazione della provenienza da uno stesso contesto e ambiente culturale. A questo proposito segnaliamo come nel caso di José Delitala questo rapporto sia esplicito, oltre che nei testi, nei vari “nulla osta” all’imprimatur concessi in larga misura dai gesuiti25. Le affinità finora evidenziate, tutte di carattere esterno alla trattazione dei temi, pur se degne di essere considerate, non provano la paternità di José Delitala riguardo al microcorpus che apre il canzoniere e che potrebbe essere opera di un unico autore. Le corrispondenze di carattere stilistico che si presentano in entrambe le raccolte, certi stilemi e certi topici letterari,26 benchè alcuni comuni ad altre raccolte attribuite a religiosi, ci pare possano essere ricondotti a un’unica matrice in quanto connotatori di uno stile personale. Vediamone alcuni: 24 Nonostante per nascita fosse un membro del casato dei Castelví, Marchesi di Laconi (ai quali apparteneva don Agustín de Castelví, il rappresentante inviato dagli Stamenti sardi a trattare col Sovrano spagnolo una serie di richieste), rivali dell’altra nobile e potente famiglia degli Alagon, marchesi di Villasor, José Delitala fa una scelta di campo a favore di quest’ultimi e del Vicerè. Sui motivi di tensione tra le due famiglie, che si fronteggiarono aspramente, (e a causa delle quali don José Delitala dovette trascorrere un periodo a Madrid, sotto la protezione del Re) e sulle circostanze che portarono all’uccisione di don Agustín di Castelví prima e del Vicerè poi, gli storici si dimostrano discordi. Cfr. D. Scano, “Donna Francesca Zatrillas, Marchesa di Laconi e di Siete Fuentes”, Archivio Storico Sardo, vol.XXIII, 1942. 25 Le “aprobaciones” sono infatti di Joseph de Villamayor, Provincial de la Compañia de Jesus, 1 de octubre de 1672 e di Padre Juan Garcia Marin de la C. de J., Predicador de su Majestad, 6 de octubre de 1672. 26 È il caso, per esempio, dell’affettazione di modestia “diffusissimo in tutte le letterature e ritenuto psicologicamente efficace nell’oratoria” come ricorda B. Mortara Garavelli, Manuale di retorica, Bompiani, Milano, 19959, p.66. 22 T ONINA PABA - presenza massiccia dell’io poetante. Molti componimenti sia nella Cima del Monte Parnaso che nel Canzis sono in prima persona; in particolare viene enfatizzata la contrapposizione yo/los demás. - in vari testi viene ribadita l’inadeguatezza del poeta ad affrontare certi temi, considerati ineffabili o molto al disopra dei suoi mezzi espressivi e delle sue possibilità. Pur trattandosi di un topos molto diffuso, la frequenza, il tono e gli argomenti addotti lo rendono molto personale: Cima “[...] es mi albogue baxissimo instrumento” (A San Ignacio de Loyola) “Cancion, si ruda emprendes / sus alabanças, tanto mas le ofendes / que pues desnuda vas de ciencia, mira / que mal tu tosca lyra / podra acertar à ponderar sus glorias / si por pobres no admite estas memorias” (A santo Thomas de Villa Nueva) “[...] mas para cantar tus glorias / es corto numen mi ingenio” (Al Beato Saluador de Horta) “ [...] y pues peligra el discurso / en mi pluma, solo abone / mi obsequioso rendimiento / lo rudo de estos borrones” (Relación de las fiestas que se celebraron en la ciudad de Cáller, al casamiento del Príncipe de Pomblín con la Señora Doña María de Alagón...) Canzis “[...] dudaua cantar / por no errar en cosa tan delicada” (A la Presentación de la Virgen) “[...] para hablar de sus cosas / falta el discurso” (A San Francisco Xavier) “[...] en cosas tan profundas / yo no me meto” (A San Saturnino Mártir). “[...] callo lo demás que es mengua / no hablar dello como deuo” (Redondillas que se cantaron al fin del opulento combite que dio el S. Don Pedro de Alagón) “[...] callo al fin porque alcanzar / no puedo cosas tan altas / pues no tiene belo aunque / tenga passos la garganta” (A la Assumpción de la Virgen) [...] Aquí es fuerza que desista / de mi canto arrebatado” (A lo mismo) Canzoniere ispano-sardo 23 - è da notare, in entrambe le opere, un ricorso massiccio a congiunzioni di tipo concessivo e a strutture sintattiche ascrivibili a un registro linguistico colloquiale/parlato: Cima: No es mucho que la veneren / pues... Y pues .../ no hay duda que Que triumpho antes de nacer / no se duda pues... Que es perfecta, no ignora... Y pues... / no hay duda que... No es mucho ciñan tu frente / pues ... Aunque ... / yo sé ... Hoy dizen que ... Canzis: No lo duden que es cosa clara... Y no duden que este niño... esto ninguno lo dude... no es dudable que... Dizen que...; Muchos dizen que... Aunque es cosa manifiesta... Por mas que ...; pues que...; pues aun...; pues por. “Salga en vozes la fama desatada / rompa en canora trompa el dulce accento” (Cima A S. Ignacio de Loyola) “Rompa sonora mi voz / el silencio tan profundo” (Canzis, Al Nacimiento de Christo) “Salga mi trabaxada voz y rompa” (Canzis, Canciones Castellanas) “En graves acentos mueva / mi sonora voz su tono” (Canzis, A la Assumpción de la Virgen) “Pues de Francisco Xavier / quereis saber los prodigios / atended a tantos ciegos / que os cantarán lo que han visto” (Cima, A San Francisco Xavier) “Oigan, sepan, entendan, / miren atentos / lo que de Xavier dizen / hasta los ciegos” (Canzis, A San Francisco Xavier. Quintillas de un ciego) “Para ver del amor los prodigios / atended estas raras finezas” (Canzis, A Santa Teresa de Jesús) 24 T ONINA PABA - nei componimenti dedicati a esponenti del ceto nobiliare sardo, Delitala scinde nella trattazione i due cognomi su cui poi realizzare la interpretatio nominis: A la desgraciada muerte de don Francisco Sarmiento y Luna, Marqués de Camarassa, en alusión de los dos apellidos. A Don Christóval Crespi de Valdaura, Vicecanciller de Aragón, en alusión de los dos apellidos. Nel Canzis la romanza dedicata al Duque de San Germán termina con questi versi: “Tu mismo nombre en efecto / está al reyno assegurando / si como Duque grandeças / como san Germán milagros”. Il raffronto tra le grafie del Canzis e alcune lettere autografe di José Delitala y Castelví27 porterebbe a escludere che egli sia stato il raccoglitore materiale e il trascrittore dei testi. Avanziamo, pertanto, l’ipotesi che possa trattarsi di una persona facente parte del suo ambiente sociale, culturale o familiare che poteva con una certa facilità accedere a una produzione poetica destinata, per chissà quali motivi, a non essere pubblicata. Il Canzis si apre, infatti, con un corpus di testi chiaramente d’ispirazione sarda, omogeneo per stile, trattazione, tematica e riferimenti alla società politico-mondana del tempo, e che costituiva, forse, la parte espunta dal più ponderoso materiale testuale confluito nella Cima del Monte Parnaso nel 1672. Si sa che J. Delitala, oltre al figlio Mathia, anch’egli poeta28, aveva un fratello maggiore, Jerónimo, che si dedicò alla vita ecclesiastica e divenne canonico teologale della Cattedrale cagliaritana29. La figura di questo religioso ben si attaglia a quella del trascrittore che dice di aver copiato 27 Dobbiamo la possibilità della collazione alla cortese disponibilità di L. Saraceno che ci ha inviato dagli Stati Uniti copia di questi documenti. È da notare come leggere differenze nella scrittura siano presenti anche in queste lettere, a meno che non si consideri l’ipotesi che qualcuna sia stata redatta da un segretario personale di Castelví e da questi solo firmata. 28 Un suo sonetto compare tra le composizioni preliminari della Cima del Monte Parnaso. Secondo i biografi (P. Tola, Dizionario biografico..., op. cit.) non sopravvisse al padre. V. Floris S. Serra, Storia della nobiltà in Sardegna, Edizioni della Torre, Cagliari, 1986 e F. Loddo-Canepa, Cavalierato e nobiltà in Sardegna, Arnaldo Forni, 1985. 29 Anche di lui si conserva, in prosa, una Funesta declamacion contra la Muerte. En la del Illustrissimo y Reuerendissimo Señor Don Pedro Vico, Arçobispo de Caller, Presidente y Capitán General que fue de este reino de Sardeña, Caller, en la Emprenta del Doct. D. Hylario Galcerin, por Nicolas Pisà, 1676. Canzoniere ispano-sardo 25 i testi in sardo “en la Virgen de Lugar Santo”. Infatti è storicamente attestato, e si mantiene vivo tuttora, il culto per la Madonna di Luogosanto, che confluiva in solenni celebrazioni presso il santuario omonimo30. Per l’occasione, l’Arcivescovo di Ampurias si spostava con tutto il Capitolo e un ampio seguito di ospiti e pellegrini e prendeva alloggio nelle casette costruite tutt’intorno al Santuario dove si tenevano i festeggiamenti in onore della Madonna31. Il repertorio profano copiato dal nostro antologista non deve sembrare stridente rispetto alla circostanza che li dettò. Già Sigismondo Arquer, un secolo prima, scriveva, riguardo ai costumi dell’isola, come in Sardegna si fosse soliti far seguire ai festeggiamenti religiosi, all’interno della stessa chiesa, canti e balli profani e banchetti a base di carne32. Va, tuttavia, sottolineato che accanto a questa congettura trovano plausibilità altre ipotesi, come quella che il Canzis raccolga nella parte iniziale l’opera di più autori che sancivano coralmente e pubblicamente l’appartenenza a uno stesso ambiente, omogeneo dal punto di vista sociale e culturale. La cornice, infatti, in cui la maggior parte di questi componimenti di circostanza venivano “eseguiti” (fossero cantati come esplicitamente indicano a volte le rubriche o semplicemente recitati) era quella delle “fiestas” per la canonizzazione di Santi o per la consacrazione di alti prelati a vescovi. Tali feste, in cui convivevano il sentimento religioso e il gusto per lo sfarzo mondano33, avevano spesso per scenario l’interno delle chiese sontuosamente addobbate, dove, in seno a un fitto programma veniva ritagliato lo spazio per una justa poética o certamen, ossia per una competizione in versi dinanzi a un folto auditorio34. Ciò spiegherebbe, per esempio, la presenza di vari testi (di metro diverso) su uno 30 Vedi A. Pirredda, Luogo santo in Gallura, Tempio, 1988; G. Doneddu, Tempio in La Sardegna, op. cit., pp.290-294; G. Piras, Storia del culto mariano in Sardegna, Cagliari, 1961 e A. Casu, I frati minori in Sardegna. Notizie storiche, Cagliari, 1927. 31 Pare che queste feste fossero il momento d’incontro delle popolazioni galluresi che “contemporaneamente alle manifestazioni religiose, onoravano la Madonna con festeggiamenti civili: corse di cavalli, gare di canto a chitarra, poesia dialettale, fuochi d’artificio” in A. Pirredda, op. cit., p.48. 32 Cfr. M. Cocco, Sigismondo Arquer. Dagli studi giovanili all’Auto de Fe, Cagliari, Editore Castello, 1987, p.414 (Sardiniae brevis Historia et Descriptio) e G. Mele, La musica in AA.VV., La società sarda in età spagnola, op. cit. 33 Cfr. a questo proposito J. Díez María Borque, Teatro y fiesta en el Barroco, Ediciones del Serbal, Barcelona, 1988. 34 “La poesía se hace pública en las fiestas que, cuando son abiertas, ofrecen a un amplísimo auditorio la oferta de voces y música en la palestra. De ahí que la mayor parte de los discursos y hasta de los mismos poemas, serios o jocosos, esté escrita con el pensamiento puesto en el auditorio al que va dirigida y ante el que va a ser recitada, cantada o leída” scrive A. Egido in “Literatura efímera. Oralidad y escritura en los certámenes y academias del Siglo de Oro”, Edad de oro, VII, 1988, p.70. 26 T ONINA PABA stesso soggetto35, come il caso dei componimenti dedicati a Sant’ Ignazio di Loyola, a San Francesco Saverio, a Sant’Efisio, a Santa Caterina, ecc. Non cessa di sorprendere, però, l’omogeneità stilistica di questo corpus che apre il canzoniere, caratterizzato da una marcata predilezione per i giochi retorici basati sull’equivoco. Le fitte allusioni, le antanaclasi, i calembours, le dilogie e le anfibologie che li sorreggono mettono in luce la manipolazione linguistica a cui vengono sottoposti, che, più che un espediente di maniera, parrebbe un tratto connotante uno stile personale. Criteri dell’edizione Nel rendere pubblico questo lavoro ci guida soprattutto il desiderio di far conoscere il contenuto del canzoniere e non quello di dare l’edizione critica (quando possibile) dei suoi testi. Trattandosi, pertanto, di un’edizione il cui scopo principale risiede nella descrizione del codice, abbiamo optato per la pubblicazione integrale di esso. Le poesie di autore noto, quelle che abbiamo potuto individuare e che sono già edite, rappresentano una parte esigua del corpus testuale del Canzis. Si è ritenuto di non estrometterle per offrire una visione completa del gusto del compilatore. I testi del canzoniere vengono proposti nell’ordine originario, fatta eccezione per quelli in lingua sarda, accorpati e studiati separatamente nella seconda parte del volume. Per quanto riguarda gli interventi editoriali è opportuno segnalare che: - sono nostri la punteggiatura, l’uso delle maiuscole, l’accentuazione, la numerazione delle poesie e dei versi; - sono stati sistematicamente ripristinati i segni diacritici nei grafemi ñ e ç (+ a ed o) non sempre apposti dal copista; - gli emendamenti al testo si limitano agli interventi di espunzione, indicati entro parentesi tonde, e di integrazione, segnalati da parentesi quadre. L'emendamento di interi versi o strofe viene segnalato in corsivo tra parentesi quadre. I puntini di sospensione racchiusi in parentesi quadre segnalano una lacuna; - in presenza di chiaro errore del copista si apporta la correzione in carattere corsivo nel testo dando in nota la lezione errata. Verranno indicate le eventuali varianti sia interne al codice, nel caso di versioni ripetu- 35 Si vedano, a questo proposito, i numerosi lavori di A.Egido, alcuni dei quali compendiati in Fronteras de la poesía en el Barroco, Ed. Crítica, Barcelona, 1990. Canzoniere ispano-sardo 27 te dello stesso testo, che relative ad altri manoscritti o testi a stampa antichi. - vengono sciolti i pochi segni tachigrafici (Xpto, xptiano) Per quanto riguarda la veste grafica, si è optato per una riproduzione fedele del testo del manoscritto considerando che tale operazione può risultare di maggiore utilità a chi voglia intraprendere uno studio di carattere più specificamente linguistico dell’opera e per documentare le peculiarità dello spagnolo scritto in Sardegna. A questo proposito è da notare che: - nella maggior parte dei casi (e in maniera sistematica nei testi di soggetto “sardo” che lasciano suppore una composizione in loco) a livello di grafema non c’è distinzione tra la sibilante sorda /s/ [grafia: s e ss] e la interdentale fricativa /z/ [grafia: ce, ci , ze, zi, ç]: (alegrarce, ocacion, ocasiones, llorozo, siertos, vos, esperança, perçona) - il copista usa alternativamente y e j per indicare la /i/ con valore di semiconsonante (desmajado e desmayo, jelo, cuydado, arrojo e arroyo) - in numerosi casi rende ancora con x il fonema /x/, (successivamente indicato con la j) (paxas, madexa, muxer, dixo,...) - scrive n o m indifferentemente davanti a esplosiva labiale (tanbien, inpossible, emperatriz, compañia) - permane l’alternanza, puramente grafica, tra la v iniziale di parola o in posizione interna, resa con u (nueua, conserua, viuir, hauiendo, gouernaua) - il ricorso alla h è del tutto asistematico. Eccettuati i casi in cui esprime derivazione etimologica (hilo, hambre) la sua presenza è arbitraria (henbidia, hesta, hodio, hocio, herizar) - il verbo haber, alla terza persona singolare, non è mai reso con la h ma con un accento sulla vocale. Allo stesso modo la preposizione a, per cui viene a cadere la funzione grammaticale del segno; - persiste la derivazione etimologica nei grafemi qua, que, qui, quo (qual, quanto, quaresma, quenta). Segnaliamo, infine, come una particolarità, il ricorso del copista a un segno di apostrofo sulla lettera g. Escludiamo che debba essere inteso come un segno diacritico convenzionale in funzione di un destinatario non ispanofono in quanto appare anche nei testi in sardo e la sua presenza, che ha i tratti dell’incoerenza, non svolge funzione di discriminante fonologica (larg’a, dilig’encia, ang’el, reneg’ado, rog’aua, og’era, g’erra). Si dà di seguito la siglatura delle Biblioteche mentre per i manoscritti consultati si rinvia alla voce specifica della bibliografia finale. 28 ACA ACC ACO AHS ASC AVA BBC BBM BCA BCAC BCB BCC BCO BCS BCR BNM BSS BFT BSAC BSAO BUB BUC BUS T ONINA PABA Archivo Corona de Aragón Barcellona Archivio Storico Comunale Cagliari Archivio del Capitolo della Cattedrale di Oristano Archivo Histórico Simancas Archivio di Stato Cagliari Archivio Vescovile Alghero Biblioteca Convento Nostra Signora di Bonaria Cagliari Biblioteca Braidense Milano Biblioteca Comunale Alghero Biblioteca dei Padri Cappuccini Cagliari Biblioteca de Catalunya Barcellona Biblioteca Comunale Cagliari Biblioteca Comunale Oristano Biblioteca Comunale Sassari Biblioteca Consiglio Regionale della Sardegna Biblioteca Nacional Madrid Biblioteca Francescana “S. Pietro in Silki” Sassari Biblioteca Pontificia Facoltà Teologica della Sardegna Biblioteca Seminario Arcivescovile Cagliari Biblioteca Seminario Arcivescovile Oristano Biblioteca Universitaria Barcellona Biblioteca Universitaria Cagliari Biblioteca Universitaria Sassari Canzoniere ispano-sardo 29 30 T ONINA PABA 31 Canzoniere ispano-sardo I (f.1r-v) [...] y que su luz sombras no ofusq [...] no lo duden que es cosa clara. 5 10 15 Eres la tuna más agraceada y eres lo grande que hay que admirar que aunque a la luna [h]oy te comparan nunca vió tu pureza lunar. Eres la palma que más descuella que plantaron manos más santas tierno pinpollo te ve la tierra pero al cielo víctores canta. Eres ciprés nada funesto cuyo verdor a todos combida, a cuyo tronco, por muy derecho naïde dize cosa torcida. f.1v Eres d[el] valle blanca azuz(u)ena cuyo puro candor admira y la fragançia que nos consuela nunca muere si bien espira. 20 25 Eres cristal diáfano y terzo en quien el sol an[h]ela luzir y en que reçibas muchos reflexos no hay más dudar ni más refletir. Eres la torre Plaza de Paz a quien nada da que temer, y assí las mismas armas están ya colgadas de mucho vençer. Componimento acefalo. Serie di cuartetas di decasillabi. Schema rimico: ABCB. Dedicato alla Vergine, introduce questo corpus di testi di carattere religioso composto con molta probabilità da autore sardo. Al v.15 naïde,(“vulgarismo” per il LAPESA) già notato da ACUTIS, per nadie caratterizza questo blocco di testi redatti nell’isola. T ONINA PABA 32 II (ff.2r-3r) AL NACIMIENTO DE CRISTO Romance Atended que va de historia, si bien no es historia larga, pues toda ella si se atiende es cosa de una palabra. 5 10 15 20 Un niño parió María, y aunque de Gran Dios le aplaudan, yo le aseguro a su madre que ya tiene un [h]ombre en casa. Naze el chico en un portal, raro fauor, dicha estraña que tanbién se nos venga hasta las puertas de casa. Y no duden que este niño es cosa muy señalada, pues aun a la media noche a luz su madre le saca. Aunque inmensamente sabio en todas siencias le llaman la [h]umanidad solamente esta noche saca a plaza. Entre el ajre del deciembre nace conque no me espanta que los ángeles le canten con ajre mil alabanzas. 25 30 Ni el deciembre solamente le maltrata con escarchas, pues con él tanbién mostraron grande sequedad las pajas. Aun el llorar este niño lo haze con muy linda gracia, pues que de perlas le caen las lágrimas que derrama. f.2v 33 Canzoniere ispano-sardo 35 40 Sol le llaman de justicia y de verdad no se engañan, de justicia está, pues él de pedir pechos no se [h]arta. Ni el ver que pide a su madre los pechos con tanta instancia quita que muchos le tengan por perçona muy humana. f.3r Bien se ve que diligencia el bien del mundo con ancia, pues por remediar al mundo se nos vino en cuerpo y alma. 45 Y esto ninguno lo dude siendo cosa aueriguada que por saluarnos a todos empeñó Dios su palabra. Romance, con assonanza a-a, già in ACUTIS. III (ff.3r-4v) AL MISMO Redondillas Rompa sonora mi voz el silencio tan profundo, lleg[u]e de una vez al mundo ya la palabra de Dios. 5 10 El cielo miel desti(l)laua y aunque quiso serenarce la tierra, en vez de alegrarce, [h]echa una noche se estaua. Teníala assí su malicia pues rezelosa del sol dixo, al tapar su arrebol: “en casa está la justicia”. Pero, aunque a primera faz tema la tierra, ya [h]a oydo f.3v T ONINA PABA 34 15 20 dezir del que a ella ha uenido que es [h]ombre de buena paz. Tanbién su Padre le abona pues si es el que hoyó nombrar, de los que hay en el lugar es la primera persona. Su madre es muy conocida y ella professa a(f)fición, porque ella en esta ocación es quien le [h]a dado la uida. 25 30 35 40 Joseph muy tierno de amor llorozo de agradecido dize que quanto en él uido toda es cosa superior. f.4r Mas por guardar el estilo hilo a hilo el niño llora y si preguntan la [h]ora fue a media noche por hilo. Dormían entre unos abrojos incautos siertos pastorez y al dar un ángel clamores él les hizo abrir los (h)ojos. Despertaron con cuidado, dones al niño ofrecieron y [h]asta entonces no supieron que tenían mucho ganado. Era este el gozo major que [h]ambreauan ver los mortales pues hasta los animales dauan al cielo calor. 45 No tiene ya que temer el hombre si bien lo mira, ya de sus males respira pues le uino Dios a ver. Redondillas. Schema: abba. v.2 Ms. en v.41 este, aggiunto in interlinea. f.4v 35 Canzoniere ispano-sardo IV (ff. 4v-5r) AL MISMO Seguidillas Buenas noches señores vengan albricias que les traigo unas nueuas recién salidas. 5 10 15 20 No son vanas las nueuas pues tengo cartas y el que escriue lo afirma en su palabra. Sucedió que en Betlem, un lugarsito donde todos parecen unos judíos, ha parido una virgen quedando intacta y el lugar (h)está alegre como una pasqua. f.5r Fue su parto feliz y el tierno infante, sin que añadan ni quiten, todo es su padre. Esta en suma es la nueua, yo no la inuento vean las cartas que cantan el euangilio. Seguidillas, con assonanza, sempre diversa, nei pentasillabi. Il tono del linguaggio, volutamente basso e colloquiale, riproduce il registro di un umile, secondo la tradizionale presentazione dei pastori. v.24 evangilio, per evangelio. T ONINA PABA 36 V (ff.5r-7v) LOS PASTORES DEL NACIMIENTO Corre, Gil, verás un rico tesoro, a Dios chiquito que está como un oro. 5 10 15 20 25 30 35 Sus labios parezen más que fina grana, sus dos carrillitos qual roxa mançana, tiene forma [h]umana diuino decoro nuestro Dios chiquito que está como un oro. f.5v Luego que lleg[u]é oy que lloraua, porque el fiero çierço mucho le aquexaua, la alma me robaua sólo oyr su lloro aunque está llorando está como un oro. Un cielo es su frente, rayos sus cabellos, sus ojos dos soles más que este sol bellos, hay no sé qué en ellos conque me enamoro de Dios chiquitico que está como un oro. Aunque en duras paxas le vi reclinado, parecióme un cielo todo arrebolado, vide despojado mas con tal decoro a Dios chiquitico que está como un oro. f.6r 37 Canzoniere ispano-sardo 40 45 50 55 60 65 70 75 Arroba las almas sólo su llorar y sus lagrimillas hazen descansar, cosa singular que es risa su lloro y aunque está llorando está como un oro. Le estaua arrullando su Madre y dezía “vida de mi vida, duerme vida mía, fuente de alegría templa un poco el lloro”, duerme Dios chiquito que está como un oro. f.6v “Dexa, niño, el llanto, que tiempo tendrás quando en duro (l)leño la vida darás, quando dexarás el primer desdoro, duerme agora niño mi madexa de oro”. “Dime, fiero çierço, porque se embrauese tu furia que tanto a mi niño empece, que es causa que crece más y más su lloro, no ves como es bello que está como un oro”. “Y tú, sueño, que eres del mundo reposo, vence aquí a mi niño más que el sol hermoso, seas con él piadoso y aplaca su lloro, no ves como es bello que está como un oro”. “Calle, agora, calle todo lo criado, f.7r T ONINA PABA 38 80 85 90 95 100 105 que empieza a dormirse mi niño dorado, que ja de cansado dio fin a su lloro, pues velle durmiendo que está como un oro”. “Mas, (h)ay si supiesse lo que está soñando, mi niño dormido que duerme velando; vendrá tiempo quando sepa esto que ignoro, dirámelo el niño que está como un oro”. f.7v “Dirame este sueño, dirá su soltura quando otra ves duerma en cama más dura: ya sin hermosura sin lustre y decoro, el que a[h]ora es niño y está como un oro.” Llorando su madre assí le aclamaua, esto y más dezía mientras descansaua, más y más gustaua oyendo su lloro porque quando llora está como un oro. Fin. Villancico. Cabeza di quattro senari, seguita da sestine di esasillabi con un distico per ritornello. Schema rimico: xyzx / abcbbxex. Testo delicatissimo e particolarmente vivace per il continuo inserimento del discorso diretto della Madre che si rivolge agli elementi (il sonno, il vento e l’intero creato) per conciliare il sonno al suo bambino. Lo stesso testo, con varianti imputabili alla trasmissione orale, è stato segnalato da due autori (PALOMBA, 1911; SCANU, 1964) nell’area catalana di Alghero come 39 Canzoniere ispano-sardo influenza della lingua e della cultura castigliana. Sono canti natalizi, raccolti dalla viva voce di un cantore e di un vecchio banditore algheresi. “Il professor Pellegrini crede di poter ascrivere questo componimento al primo ‘400 perchè esso conserva la forma metrica delle laudi antiche” (SCANU). Joaquín Arce allude a un piccolo manoscritto in lingua spagnola (attualmente introvabile) che ha potuto consultare presso il Convento delle Suore Cappuccine di Cagliari, contenente in maggior parte villancicos. Secondo l’autore sono poesie, attribuibili alle religiose, non anteriori al XVIII secolo. Una delle strofe che cita nel suo studio riecheggia il tono e alcuni versi sparsi di questa composizione: Duerme, duerme chiquitico,/ duerme que estás como un oro/ duerme, duerme vida mía/ mi Rey, mi rico tesoro. (ARCE, trad. it., 369-370) Un componimento di sole tre strofe, che parrebbe derivare da un testo più esteso, si riscontra anche in lingua sarda, nella variante gallurese di Aggius, col titolo L’anninna di lu Puppu bellu. Sono, rispettivamente, le strofe 4, 6 e 7 del testo del Canzis (RTPI, 1893). v.83 velle per verle, agglutinazione. v.89 vendrá, ms. verna VI (f. 8r-v) AL NIÑO JESÚS 5 10 15 Niño delicado diuino Cupido vos sois mi querido y mi enamorado, el alma os he dado porque la abrazéis en llamas de amor en que vos ardéis. Por amaros muero y uiuo de amores dos indicios claros de amor verdadero, muero porque quiero que vos me abrazéis en llamas de amor en que vos ardéis. T ONINA PABA 40 20 25 30 [H]auer sido un jelo mi Jesús no niego, pero en vos ya fuego sólo aspiro al cielo, todo mi consuelo es que me abrazéis en llamas de amor en que vos ardéis. f.8v Essos (h)ojos bellos en sus arreboles representan soles, rayos los cabellos, a mi alma en ellos quiero que abrazéis en llamas de amor en que vos ardéis. Altro villancico, privo di cabeza. Schema rimico:abbaacdc. Il contenuto del testo, una sorta di riflessione sul “matrimonio mistico”, implica una voce femminile e potrebbe situarne la genesi in un convento femminile. VII (ff. 8v-9v) A LA PRE[SE]NTACIÓN DE LA VIRGEN Por ser tan niño el objeto de mi música dudaua cantar por no errar en cosa tan delicada. 5 10 Es tan donosa y plausible, es tan airosa su entrada en el templo que a fe mía que toda es gracia. Son tan medidos sus passos sin que ella tropiece en nada que es milagro el verla andar desenfadada. f.9r 41 Canzoniere ispano-sardo 15 20 En el dexar a sus padres, en darse a Dios no repara quando en ella solamente todos reparan. No es nouedad el retiro, ni el biuir tan apartado quando no se [h]alla con su esposo muy bien hallada. Fue de mucha conueniencia al cielo y tierra su entrada pues ella uino a ver a Dios hasta su casa. 25 f.9v Desta su presentación huélgase el uerbo pues [h]alla para redimir al hombre muy buena grada. Estrib[illo] 30 Venid serafines velda y veneralda que es por vuestra Reina de Dios consagrada. Serie di cuartetas asonantadas, di versi de pie quebrado, (tre ottonari e un pentasillabo). VIII (ff. 9v-10r) A LA PURIFICACIÓN DE LA VIRGEN 5 Passados quarenta días obseruante del preceto, si es muxer de buena ley María no falta en el templo. Que murmurar de su vida no haurá si ella, muy a tienpo por que no la noten, trata de purificarse luego. f.10r T ONINA PABA 42 10 15 20 Tal admiración al vella María dio que, en juramento, el sacerdote depone que lleua un Dios en el pecho. Un niño que en brazos lleua dio y, al tomalle, el buen viejo tal gozo tuuo que piença luego morir de contento. “Jesús parece este niño”, la dixo,”y Dios en efecto, y al passo que tú le adoras te dará sus sentimientos”. Blancas palomas ofrece por rescate de su dueño porque en sus tiernos arru(l)los dan a entender sus estremos. Romance, con assonanza e-o, già edito da ACUTIS. v.9 vella per verla, agglutinazione. v.14 tomalle per tomarle, agglutinazione. IX (ff. 10v-11v) A LA ASSUMPCIÓN DE LA VIRGEN Romance 5 10 15 [H]oy muriendo burla al mundo la más hermosa zagala, y naïde dude que fue la burla más coronada. Dizen que es lleuada al cielo por la perfe[c]ción y gracia que tiene, mas yo sé que es por el ajre lleuada. Dizen que con reuerencia los ángeles la agazajan, mas yo he sabido que al uerla todos del suelo se alçan. Yo no sé como a su hijo puede amar mucho esta dama, pues por él [h]asta este día 43 Canzoniere ispano-sardo 20 25 30 35 40 45 jamás se le arrancó el alma. Aun no acabo de entender porque su pobresa alaban, si [h]oy por ella tiene el cielo una lindíssima entrada. Y aunque la entrada es tan buena, tiene el cielo dicha tanta que la [h]a logrado cantando: vean si le viene barata. Aunque con mucho cariño siempre a los hombres amaua, sé de cierto que [h]oy el cielo se le lleuó toda el alma. Y por más que su retiro con admiración aplaudan, yo sé que no fue de aquellas que están siempre sepultadas. Si otros santos en su uida como difuntos se tratan, en su muerte esta señora hurta al cuerpo la mortaja. Muchos dizen que está en pie junto a Dios aquesta dama, pero yo la otra opinión tengo por más assentada. Dios le o(f)frece una corona y es (de) della tan apreciada, que la tiene y tendrá siempre sobre su cabesa santa. Callo al fin, porque alcanzar no puedo cosas tan altas, pues no tiene belo aunque tenga passos la garganta. f.11r f.11v Estrib[illo] Miren con qué donaire y con qué gracia llega al cielo María como a su casa. Romance con assonanza a-a, già in ACUTIS. v.48 pasos de garganta, “inflexión de la voz o gorjeo en el canto” (MOLINER) T ONINA PABA 44 X (f. 12 r-v) A LO MISMO Redondillas En graues acentos mueua mi sonora vos su tono, que cuanto canto y pregono todo el aire se lo lleua. 5 10 15 20 Pero no tengan cuidado que el ayre lo lleue todo, porque jusgo que el modo del cantar será pesado. [...] graue homicida de nuestra Reyna su amor, rindióse mas su ualor supo dar a Dios la uida. Si pagó lo suyo al hado Dios nos la dio Reyna nuestra, pues poniéndola a su diestra la tuuo en muy buen estado. Pero no me de[sa]grada el puesto que allí la dieron, pues por Reyna no pudieron ponella en más alta grada. Aquí es fuerza que desista de mi canto arrebatado, que si más sube de grado la perderemos de vista. f.12v Redondillas, schema rimico: abba. L’ultima strofa, come nel romance precedente, ripete il topos della modestia e dell’inadeguatezza dell’io poetante a trattare certe esperienze e situazioni ineffabili. v.3 Ms. preguno v.9 illeggibile v.20 ponella per ponerla, agglutinazione 45 Canzoniere ispano-sardo XI (ff.12v-13v) A LA VIRGEN DEL ROSARIO Redondillas Si canto a mil maravillas no os paresca estraordinario que en las cuentas del Rosario hallé lindas redondillas. 5 10 15 20 Pero puedo assegurar hablando muy a lo serio que ensierran misterio y nos dan que meditar. Con el Rosario el blasón aumentan los más luzidos y hasta los más desualidos perçonas de quenta son. Y aunque la (h)enbidia lo sienta viéndoles assi realçarse sepa que esto es leuantarse pero no caer en la quenta. Queden pues asseguradas las perçonas que le tienen que si a cuentas con Dios uienen traen sus cuentas ajustadas. Y no dude el menos diestro (de) que las podrán ajustar pues las sabrá decorar como el mismo Padre Nuestro. 25 30 Conque a muy poca costa gran bien logra toda gente pues con rezar solamente se va al Cielo por la posta. Y assí de feliz se abona nuestra fortuna estos días si en pocas aue marías se nos da mucha corona. f.13r T ONINA PABA 46 Estrib[illo] 35 Zagaleja que alegre vienes y aún por el otubre tienes entre manos rosas bellas, franquéalas, pues que ellas encierran del cielo las gracias y bienes. f.13v Serie di redondillas, schema rimico: abba con estribillo finale polimetrico di cinque versi, aabba. Testo ricco di allusioni e giochi linguistici derivanti dalla polisemia del lessema cuenta e dalle sue varie combinazioni in espressioni idiomatiche. v.7 ipometro XII (ff.13v-14v) A LA VIRGEN DEL PILAR [H]oy el río Ebro dará toda la obra a la alabança, que pues alabo a María ha de ser a lengua de agua. 5 10 15 Templo de Dios es María y aunque es fábrica tan alta en un pilar solamente toda por milagro carga. Si nunca la derribó ni aun [h]oy podrá derribarla el ayre de los aplausos porque la halla bien fundada. Si en essa columna estriba es cosa muy asentada que todos los que la aplauden con fundamento [h]ablan. f.14r 47 Canzoniere ispano-sardo 20 Tanta deuoción influye con su vida soberana que [h]asta las mismas piedras quedan muy edificadas. No es mucho que este prodigio del pilar el mundo aplauda, si él es una de las cosas más constantes y más raras. 25 30 35 40 Antes de morir María este fauor hizo a España conque pudo su patrón muy a lo biuo mirarla. Ni fue en vano este fauor, agradecimientos halla: porque en Santiago halló un hombre que leuantase su casa. f.14v Con su patrón agradeçe este fauor toda España y aunque el fauor es tan alto por alto no se le passa. Y pues en esta columna non plus nuestras dichas hallan si ella es non plus a la dicha sea non plus a la alabança. Estrib[illo] Qué lindas que son aquellas dos plantas, que aunque en una piedra estriben fructos dan con linda gracia. Romance, con assonanza a-a, già edito da ACUTIS. È chiaro il riferimento al Santuario del Pilar di Saragozza. Come nel testo precedente con rosario, l’autore attua una sorta di divertissement sulla bisemia del termine pilar e sulle metafore legate all’edificazione. T ONINA PABA 48 XIII (ff.15r-16r) AL SAN IGNACIO Redondillas De Ignacio la santidad examinar es forçoso, mas será examen ocioso si él no admite diñidad. 5 10 15 20 No sé como un dilgado que en todos halló cabida si no [h]uuo quien en su uida le viesse ni aun pintado. Quien me dirá que son raras sus prendas, pues he sabido que fue de un pintor tenido por hombre de muchas caras. Y por más que su pureza pregonan por singular, yo sé que le hizo coxear de Francia una buena pieça. En el templo de María castidad votó una vez aunque se buscó después una buena compañía. En su coraçón enojos dizen que no conseruó mas yo sé que miró a naïde con buenos ojos. 25 30 De su condición sé más y lo pudiera jurar que no se pudo ajustar con el mismo Satanás. Que tuuo en letras gran luz quieren muchos presumir, mas yo sé llegó a morir sin saber más que el Jesús. f.15v 49 Canzoniere ispano-sardo 35 40 45 En su hablar bien se bosquexa que Ignacio soldado [h]a sido si aún después de conuertido el botar a Dios no dexa. A los de su religión tratar de canto vedó desde que le maltrató un canto en cierta ocación. Cómo puede ser criada su virtud yo no lo entiendo si el Papa sacó en muriendo los procesos de su vida. f.16r Finalmente, aunque quisiera viendo en su sepulcro estrellas no puedo negar al vellas que es santo de mucha esfera. Serie di redondillas, schema abba, dedicate a Sant’Ignazio di Loyola, fondatore della Compagnia di Gesù, canonizzato nel 1622. Il testo contiene numerosi riferimenti alla biografia del santo, tra cui l’episodio di Pamplona. Durante l’assedio dei Francesi, Ignazio rimase ferito a una gamba da una palla di cannone (v.15) che lo rese zoppo tutta la vita. Continua, da parte dell’autore, il dispiego dei giochi linguistici fondati sulle dilogie (vv.38-40) e sulle antitesi (vv.18-20). v.42 Ms. y v.47 vellas per verlas, agglutinazione. XIV (ff.16r-17r) ROMANCE AL MISMO Con el papel en la mano cantaré a Ignacio eloquios porque dizen que en su Iglecia naïde sabe [h]ablar de coro. 5 Que fue santo de gran nombre no sé como dizen todos T ONINA PABA 50 pues dexó tan poco dél a sus mismos religiosos. 10 ¿Cómo me podrán prouar que fue Ignacio hombre muy docto si en el libro de Jesús se sifran todos sus tomos? 15 Aunque fue soldado Ignacio y alientos mostró no pocos quedándose una ves helado al topar con cierto mozo. 20 f.16v Que fue Ignacio muy prudente en sus obras no lo ignoro, mas que fue un arrebatado en Manresa dizen todos. ¿Quién dize que dirigió a gloria de Dios sus tomos, si en Loreto hay otra suia dirigida a los demonios? 25 Dizen a los moribundos daua consejos deuotos pero ajudando a un ahorcado le trata de desa[h]ogos. 30 Porque en un juego salió de un letrado vittorioso intentó quitarle en pago su alma en todo y por todo. 35 Aunque al seruicio de Dios acude Ignacio gustoso yo sé que el rezo le cuesta las lágrimas de los ojos. 40 f.17r Esto he dicho y por agora no le quiero dezir otro porque en su casa no es justo hablar a Ignacio con tono. Romance con assonanza o-o, già edito in ACUTIS. Allude a vari momenti della vita del santo, in particolare a quando per allontanare dal peccato un lussurioso si gettò in uno stagno d’acqua gelata (v.15) e al periodo di 51 Canzoniere ispano-sardo preghiera e penitenza che trascorse a Manresa. Il possessivo su, che apre e chiude il testo (vv.3 e 39,) sembrerebbe contestualizzare la circostanza della creazione del romance in ambito gesuitico. v.16 y al topar Acutis v.30 vittorioso, italianismo grafico v.39 su aggiunto nello spazio d’interlinea XV (ff.17r-18v) EN LA FIESTA QUE EL DOCTOR JULIÁN MURO DEDICÓ A S. IGNACIO Redondillas Todos dan por assentado que Ignacio es santo de tomo aunque yo no entiendo el como pues [h]oy busca un abogado. 5 10 15 20 f.17v Porque es muy justo argüio si Ignacio abogado toma porque me dizen que en Roma hay mucho processo suio. Bien haze si no resela Ignacio en fiar mucho dél, que le hará muy buen papel a costa de mucha vela. Y assí puede estar seguro Ignacio con tal Doctor que [h]a jurado de su honor será costantíssimo Muro. Si su cara un ingenioso pintor no pudo copiarla, [h]oy de Ignacio esta muralla es lienço muy primoroso. Si de Pamplona una vez su pierna el muro quebranta quien hoy tanto le leuanta un Muro altíssimo es. f.18r T ONINA PABA 52 25 30 En fin se [h]a cansado tanto el doctor porque lusiesse que no hay jues que no confiesse que es Ignacio un hombre santo. Mas tengo por cosa resia que aunque el doctor [h]a prouado que es un santo Ignacio [h]a dado en no salir de la Iglecia. Estribillo 35 40 Oy[g]an como festeja al gran Ignacio un Doctor sin que sea mal de su grado. Siempre fue grande Ignacio pero esta vez se lleua los aplausos a toda ley. Por más que se pregone siempre su zelo [h]oy le dan alabanças con más derecho. f.18v Serie di redondillas (abba) con estribillo finale formato da tre seguidillas (settenari e pentasillabi, abab) assonanzate. La rubrica contiene il riferimento a Julián Muro y Sahoni, che fu “Fiscal del Reyno”, “Abogado del Estamento Real” e membro del “Consejo de Aragón”. Ottenne il titolo di caballero dal Re di Spagna per essersi distinto nelle sedute del Parlamento presieduto dal Vicerè Marchese de las Navas, Conte di Santo Stefano, conclusosi nel 1677 (v. PILLITO, MATEU-IBARS e Origen del caballerato y de la nobleza, ms. BUC). Anche questo testo è costruito sul continuo riferimento al cognome MURO e ai giochi linguistici che ne derivano e sulle allusioni alla professione di avvocato dello stesso (Doctor, processo, ley, derecho...). 53 Canzoniere ispano-sardo XVI (ff.18v-20r) A SAN FRANCISCO XAVIER Quintillas de un ciego Estrib[illo] Oigan, sepan, entiendan miren atentos lo que de Xavier dizen hasta los ciegos. Coplas 5 Ardiendo en piadoso fuego cantó alegre un cierto día, no sé si serio o por juego, estas quintillas un ciego sin mirar lo que decía. 10 “Ciego”, dixo a un hombre siego, “no hay miedo que me pierda, que si es de siegos amigo y lleua cuerda consigo él me dará cuerda. 15 Hasta lo que se soñava era en Xavier maravilla, soñó que en hombros lleuaua a un judío y cómo pesaua jusgó que era pesadilla. 20 Un poder omnipotente dizen que su brazo encierra, y esto que llama la gente obrar milagrosamente lo haze por mar y por tierra. 25 Al bonço más atreuido su virtud encoleriza y el negocio anda perdido que si Xavier lo ha aduertido Xavier te le catequiza. f.19r f.19v T ONINA PABA 54 30 Dize un Indio que le vio una vez en una mesquita y aunque un millón bauptizó dize que dello se salió Xavier con (h)agua bendita. 35 De sus sermones hablara mas quien en esso se mete siendo que es cosa muy clara que tuuo savia tan rara que él solo hablaua por siete. 40 Que muera de amor diuino y en viernes yo no me espanto, pero lo más peregrino es dezir que el año vino en deziembre el viernes santo. 45 No quiero aquí encareçer lo que mis ojos no han uisto, mas sé que muerto Xavier si otro como él ha de hazer que sudará Jesuchristo. 50 Su cuerpo entero se [h]a hallado, dé la razón quien quiziere, con lo poco que he estudiado digo que assí se ha quedado porque Dios assí lo quiere. 55 Lo que obró difunto ja pide mejor cronista, todo por milagros va y a mí harta pena me da perderme tan linda vista. 60 Pero mientras biuo assí, sólo me queda un consuelo y es que, aunque jamás le ví, yo le digo desde aquí a más vernos en el cielo”. f.20r Serie di quintillas (abaab), con seguidilla assonanzata come estribillo iniziale, dedicate a San Francesco Saverio, altro santo gesuita, del quale si magnificano le vicende in vita e i miracoli post mortem. 55 Canzoniere ispano-sardo v.5 l’incipit, qui a lo divino, è attestato in altri mss. come Ardiendo en rauioso cielo /saltó de la cama Orlando (ms. 3168 BNM, III, f.18v). v.24 Ms. le v.26 Ms. encoloriza v.29 Ms. categiza v.33 Ms. diz v.36 Ms. me v.38 Ms. labia v.56 Ms. coronista XVII (ff.20v-22r) AL MISMO SANTO Estrib[illo] 5 Escuchad las cosas más lindas de un apóstol nueuo de (h)allá de las Indias, dexad que dél hable cosas peregrinas y aunque de passo sus passos os diga. Seguidillas 10 15 Con raçón todo el orbe se regosija porque si a Xavier tiene tiene la India. Para hablar de sus cosas falta el discurso porque es hablar de cosas del otro mundo. Si en dos partes le vieron a un mismo instante no es dudable que es hombre de muchas partes. 20 Aunque espanta lo mucho que [h]a caminado f.21r T ONINA PABA 56 el caminar es cosa que hizo de passo. 25 30 35 40 45 50 55 Hablar de sus sermones yo no quisiera porque esso fuera hablaros en varias lenguas. Aunque es tan aplaudida su penitencia jamás a los rigores suelta la cuerda. Con lo que les predica son más de quatro los que salen del templo muy bien lauados. Aunque a muchos dio vida no he de [h]ablar dello que esso es cosa que saben hasta los muertos. Su pureza es tan clara que Xavier mismo podrá bien defenderla aunque dormido. f.21v Callo que al mar salado puede endulçarle, que en sus cosas no pienço [h]oy engolfarme. El entrar en la China tanto apetece que por entrar en ella Xavier se muere. Aun después de difunto cuesta un milagro que otro alguno le quiera tomar la mano. Al tra(h)er su cuerpo a Goa publican todos que no se ha hallado en Indias igual tesoro. f.22r 57 Canzoniere ispano-sardo 60 Buscar achaque al viernes ya no es gran culpa pues de Xavier los viernes achaques curan. Serie di seguidillas assonanzate nei versi pari, precedute da un estribillo polimetrico con assonanza i-a che trova prolungamento solo nella prima strofa. Anche questo testo illustra vari episodi della vita di San Francesco Saverio, che svolse buona parte del suo apostolato in Oriente, per dove si imbarcò nel 1541. Visse in India, Giappone e nelle Molucche, paesi dei quali imparò anche le lingue. Morì a Sancian, di fronte alla Cina, dove sognava di entrare. Venne canonizzato insieme a Sant’Ignazio di Loyola e Santa Teresa di Gesù nel 1671. Si noti la struttura semplice e ripetitiva della strofa, organizzata in due distici del quale il secondo rappresenta la conclusione di una premessa enunciata nel primo, e a essa raccordato con pues, porque, que... XVIII (ff.22r-23r) PARA SAN MIG[U]EL Seguidillas Si a San Mig[u]el retrato será prodigio pues Angel retratado jamás se [h]a visto. 5 Aunque de Mig[u]el dicen por muy constante que si no es retratado no le vio naïde. 10 15 Feruoroso nouicio parece cierto pues sabe hollar al diablo con tal denuedo. Si espiritual le atiendo poco me admira f.22v T ONINA PABA 58 pues entre los novicios gustoso [h]abita. 20 25 Dechado es al novicio más penitente pues jamás de las llamas sus plantas mueue. No argüían por sus alas que es muy ligero, que siempre haze las cosas con mucho peso. Espíritus discierne con tanta gracia que dirán que los pesa con la balança. 30 35 40 45 Pero, aunque está entre gente tan feruorosa, yo sé que muchas alas Mig[u]el se toma. f.23r Que es de Dios gran priuado tengo por cierto pues Dios puso en sus manos cosas de peso. Aunque Dios le dé silla junto a su trono, aquí con mal estribo le vemos todos. Pues aunque una gran fiesta [h]oy le dedican no hay diablo a quien agrade ver su tarima. En fin afirmar puedo, sin engañarme, que él entre los novicios parece un ángel. Ancora una serie di seguidillas assonanzate. Anche questo testo pare rimandare, come circostanza che ne motiva la 59 Canzoniere ispano-sardo creazione o l’esecuzione, a una festa in onore di San Michele. A Cagliari esisteva il Noviziato di San Michele, che i gesuiti gestivano dal 1572 e il cui edificio dalla bella facciata barocca, convertito in Ospedale Militare nel 1848, si conserva tuttora a fianco della chiesa omonima. v.12 hollar, nel senso di humillar v.13 denuedo, lit. valor. Nel libro della Rivelazione è uno dei protagonisti della santa battaglia contro il diavolo. vv.25-28 Allude alla tradizione iconografica che lo rappresenta come “giudice” del destino delle anime (con la bilancia della giustizia). XIX (ff.23v-24v) A SAN FRANCISCO DE ASSÍS Endechas Permítanme todos que aunque hay gran fiesta a un pobre llagado cante unas endechas. 5 10 15 20 [H]oy con nouedades no esperéis que venga si es Francisco amigo de las cosas viejas. De su [h]ábito menos diré sutilesas que es cierto que fue cosa muy grosera. Dél pregonan todos por cosa muy cierta que sabía dar alma a las cosas muertas. Aunque por devoto el pueblo le tenga en sus pies y manos desgarros obstenta. Y assí es cosa rara si el mundo le aprecia siendo que ser hombre entero no muestra. f.24r T ONINA PABA 60 25 30 35 40 De entender no acabo como en él se auenga ser tan manirroto con tanta pobresa. Por más que orden sacro Francisco no quiera con quatro menores él no se contenta. Tal vez el demonio bate su pureza mas él se defiende con una fiera. No sé porque todos su piedad veneran si de vertir sangre sus manos se precian. f.24v Los enfermos cura con mucha destresa y aunque él tiene llagas no se cura dellas. 45 Su cuerpo incorrupto dizen se conserua que en cuerpos llagados es cosa bien nueua. Estribillo 50 Alegres instrumentos clarín del cielo sean y a sus sonoras vozes el ayre se suspenda, porque de San Francisco la fiesta se celebra. Endecha, come dichiarato nella rubrica, in forma di romancillo esasillabico, con estribillo finale di settenari assonanzati nei versi pari. Motivo ispiratore, anche qui, è la celebrazione della festa del Santo. 61 Canzoniere ispano-sardo v.12 Allusione ai poveri abiti di cui Francesco si vestì dopo aver rinunciato alla ricca eredità paterna. v.20 Ms.descarros. Si riferisce alle stimmate. v.22 Ms. mando se v.27 Ms. miniroto; si noti, ancora una volta, il ricorso alle dilogie (le stimmate e la facilità di scialacquare). XX (ff.25r-26r) A SANTA TERESA DE JESÚS Seguidillas Jesús a hablar me ayude pues en el orbe por Jesús fue Teresa santa de nombre. 5 10 15 20 Lo que dentro del pecho siente Teresa si no son serafines no lo penetran. Si ella su vida escriue no es muy dichoso que hayan sido sus obras obras de tomo. Y assí por más que algunos malean su vida ella dize sus cosas con buena tinta. De muy pobre la alaban pero es bien claro que en [h]ábito andava muy renouado. Aunque es planta escogida del gran Carmelo sólo an[h]ela Teresa ser su renueuo. f.25v T ONINA PABA 62 25 30 35 40 No admiro si sus hijas mucho la aman siendo ella tan humilde que las descalça. Aunque tuuo al scilicio por compañero por él no pocas vezes se vio en aprieto. Por más que siempre al cielo Teresa an[h]ela de ordinario descansa sobre la tierra. De Dios en la milicia cosa es bien clara que es Teresa perçona disciplinada. f.26r Exemplos da bien grandes de santa vida pues a los mis(mos) muertos Teresa abiua. 45 50 Si enfermos en su muerte sana, no dudo que de verla ya muerta se curan muchos. Estribillo Para ver del amor los prodigios atended estas raras finezas de Jesús y de Teresa en que entrambos estremados amantes se muestran, pues Teresa de Jesús es toda y Jesús es todo de Teresa. Seguidillas con estribillo finale di sei versi polimetrici, (decasillabi ed endecasillabi), assonanzati nei versi pari. Sviluppano il tema della vita di Santa Teresa d’Avila (1515-1582) con riferimento alle regole dell’ordine delle Carmelitane scalze, da lei fondato. Fu canonizzata nel 1622. v.14 Il contesto della strofa accoglierebbe, forse, mal lean. 63 Canzoniere ispano-sardo XXI (ff.26v-27v) A SAN SATURNINO MÁRTIR Estribillo Pues [h]oy a Saturnino queréis que alabe, mucha atención os pido: de coplas va: señores, escuchadme. Seguidillas 5 Ya que a un moço mis versos [h]oy se endereçan naïde diga que vengo con cosas viejas. 10 Pero si he de dezirle ciertas verdades concluimos la historia con mucha sangre. 15 Saturnino es su nombre, su sangre callo, pues por toda tierra se [h]a derramado. 20 En la noblesa a todos ventajas lleua pues ven que hasta el cielo su sangre aprecia. Pues si Dios le corona ya todos saben que se ha merecido su illustre sangre. 25 30 Por Christo su amor obra finesas raras, pero su amor por Christo nunca idolatra. Por reir de los gentiles pierde la vida, y por sus sacrificios muere de risa. f.27r T ONINA PABA 64 35 40 Aunque su gran martirio todos placean es cosa que él se saca de su cabesa. f.27v No estraño si en su fiesta se le dedican, si él es patrón tan grande, velas tan lindas. Y assí en Santa Cecilia preuiene Cáller, para este patrón suio, tres lindas naues. 45 No sé porque en un pozo a él le sepultan porque esta es una cosa harto profunda. 50 Auerigüe quien quiere la causa desto que en cosas tan profundas yo no me meto. 55 Vea quien quiere sus cosas en el santuario que allí le hallarán todo bien trasladado. Seguidillas, questa volta precedute da un estribillo, (costituito da una seguidilla anomala, con assonanza in tutti e quattro i versi, l’ultimo dei quali endecasillabo), ispirate a San Saturnino, patrono di Cagliari. L’”arca” contenente i resti del martire venne ritrovata il 4 ottobre 1621 (CARMONA, f.66r) nella basilica a lui intitolata, dove anni prima furono rinvenute molte reliquie di altri supposti martiri. Vi fu una solenne traslazione di queste reliquie al nuovo Santuario fatto costruire nella Cattedrale cagliaritana dall’arcivescovo Francisco D’Esquivel. I vv.4346 fanno riferimento ai festeggiamenti organizzati nella chiesa di Santa Cecilia, vale a dire la cattedrale. v.25 ipometro v.34 placean: hacer pública una cosa (AUTS) v.42 Ms. callar v.48 Ms. harta 65 Canzoniere ispano-sardo XXII (ff.28r-30r) REDONDILLAS QUE SE CANTARON AL FIN DEL OPULENTO COMBITE QUE DIO EL S.DON PEDRO DE ALAGÓN ARÇOBISPO DE ORISTÁN EN LA CONSAGRACIÓN DEL OBISPO DE ALGUER DON FRANCISCO ROGER dedicadas a algunas cosas que entre otras hauía en el aparato de la mesa que son un carro triunfal, cuyas riendas tiraua la fama, una ág[u]ila, las estatuas de Hércules, Adán y Eua, el mançano, quatro perfumeras, y unos ángeles que mantenían en sus manos las armas de los prelados y dos estatuas suias todo artificiosamente labrado de açúcar. Puedo esperar con raçón dar buen fin a lo empeçado pues donde [h]ay tanto prelado empieço con bendición. 5 10 15 20 f.28v Que me entiendan es muy justo pues no los pienço enfadar, y quanto vengo a tratar todo es materia de gusto. No es la materia tan poca que a muchos callar no hiziera, pero ella es tal que qualquiera puede tomarla en la boca. En dezir lo peregrino del aparato no miento, dirélo como lo siento pan por pan, bino por bino. Naturaleza no suele formar águila tan bella: hablo aquí primero della que temo no se me buele. Del carro triunfal la hechura y la materia publica que en lo que assí se fabrica siempre triunfa la dulçura. f.29r T ONINA PABA 66 25 30 35 40 De la verdad tan ageno parece el triumfo a nombrarle que la fama al pregonarle es bien que vaia con freno. Con corteses agasajos a deçir [H]ércules viene que en estos prelados tiene [h]oy por dulçes sus trabaxos. Con obsequios cortesanos a los dos grandes prelados que veo de açúcar formados yo les besaré las manos. No es possible que me quadre formar de açúcar a Adán, pues tanta rabia me dan que me comiere a mi padre. Eua, tú [h]as hallado quien cumpla tu an[h]elo y querer, que si an[h]elas saber [h]oy Eua sabes muy bien. 45 50 55 60 El que con deuida (h)estima querrá al mançano llegar, podrá de sí pregonar que a muy buen árbol se arrima. Las perfumeras, blaçón son de aparatos tan sumos, y no es mucho tengan humos si cosa soberuia son. Aunque de armas pertrechados a unos ángeles veo, si al reñir llegamos, creo me los comería a bocados. Mas no está puesto en razón que trate de riñas quando lo que aquí estamos tratando es de buena digestión. f .29v 67 Canzoniere ispano-sardo Callo lo demás que es meng[u]a no hablar dello como deuo, ni es oluido, pues lo lleuo en la punta de la lengua. 65 70 f.30r Todo esto es cosa que espanta, y con todo yo estoy tal que, aunque dello habla tan mal, no passa de mi garganta. En finis, mi voz cançada, de sagrado perdón pido que si yo lo huuiera comido fuera mi voz regalada. Laus Deo Serie di redondillas, schema rimico: abba. L’estesa rubrica si diffonde ampiamente sulla circostanza che ha motivato tale componimento: si tratta quasi sicuramente di versi estemporanei, cantati alla fine di un lauto banchetto offerto dal vescovo di Oristano, Pedro de Alagón, tra i cui invitati sedeva con una certa probabilità l’autore di essi. Va rilevata, tuttavia, un’imprecisione, forse un lapsus calami. Non fu Francisco Roger, che era Procurador Real, ma il fratello Luxorio, che venne innalzato al soglio vescovile di Alghero lo stesso giorno del vescovo di Oristano, il 15 gennaio 1672. (v. TOLA, BONU, ALEO, ms.BUC, f.217) L’abilità dell’anonimo autore ha modo di dispiegarsi attraverso il riferimento alla dolcezza e agli attributi correlati, da intendere qui non metaforicamente ma in senso referenziale, trattandosi di oggetti di pasta di zucchero. vv.43-44 l’autore gioca sulla bisemia del verbo saber, riferito sia all’ansia di conoscenza sia al gusto. T ONINA PABA 68 XXIII (ff.30r-32r) EN LA CONSAGRACIÓN DEL P.D.PEDRO DE ALAGÓN OBISPO DE AMPURIAS Redondillas Cosa me mandan bien recia por rematado me doy si a un prelado he de hablar [h]oy en alta voz y en la Iglecia. 5 10 15 20 Pero con sinceridad protesto para mi abono, que es forçoso hablar con tono pues que he de hablar la verdad. Blasonan que un gran fauor el Papa le [h]a concedido, mas yo sé que sólo ha sido admitirle a ser pastor. Con festiuos aparatos muchos por sí se desuelan, y otros a quitarle an[h]elan hasta los mismos sapatos. Pero bien claro se ve que (h)esto no le da cuidado, pues [h]oy sapato [h]a topado muy ajustado a su pie. Voz ha sido general que el (h)adorno le (h)está bien, pues juran quantos le ven que (h)está de pontifical. 25 30 f.30v No dudo que ha de mostrar con todos mucha piedad pues con tal publicidad las manos se dexa untar. Pero que es santo prelado naïde me podrá negar, pues assistir al altar le ven [h]oy tan inclinado. f.31r 69 Canzoniere ispano-sardo 35 40 Su virtud tan (h)estremada, ¿a quién, señores, no admira? pues [h]oy el mundo le mira como cosa consagrada. Yo de su prudencia siento con muchíssima certeza que [h]oy la mitra en su cabeça ha de hallar muy lindo asiento. Aunque en edad no es anciano tal cargo es el que le han dado que el hombre se vio obligado a traer báculo en su mano. 45 50 55 60 Naïde diga que se holgó con el báculo dorado, porque quando se le han dado sé que mucho le pesó. Pero, ¿quién no ha de estrañar que hauiendo bien respondido quando interrogado ha sido, le quieran hoy maniatar? Ni enbargan estas prisiones a su gran piedad porque a quien le hata y mira sé que [h]a de dar mil bendiciones. Los dedos que (h)están (h)atados en tan público teatro a su tiempo a más quatro harán (h)ir bien ordenados. Caso es por Dios peregrino que inquietara al más [...]yente maniatar a un inocente aunque a la Iglecia se uino. 65 f.31v Pero su piedad se abona de muy grande a todas luzes, pues con hazerles mil cruzes beniño a todos perdona. f.32r T ONINA PABA 70 70 Si a su sangre los blasones [h]oy con su virtud aumenta, aunque es prelado, consienta que le (h)echemos bendiciones. Estrib[illo] 75 En festiuos aplausos todos repitan: ¡biva el nueuo Prelado, mil siglos biva! Serie di redondillas, (abba) con redondilla assonanzata finale come estribillo. Qui la rubrica mantiene un fondo di ambiguità riguardo la circostanza che ha dettato il componimento. Non è chiaro, infatti se si allude alla consacrazione di Pedro de Alagón a Vescovo di Ampurias, Civita e Tempio (1669) o di Oristano (1672) (TOLA; BONU; ALEO). Pedro de Alagón apparteneva a una delle famiglie più nobili del viceregno di Sardegna, gli Alagón, signori del Marchesato di Villasor, che si distinsero storicamente per la fedeltà alla Corona spagnola (ALEO; LODDOCANEPA; SCANU). Se, come sembra più probabile, si riferisce alla consacrazione del 1669, la collocazione di questa poesia nel canzoniere non segue un ordine cronologico, essendo questo avvenimento anteriore a quello del testo che lo precede. L’incipit indica che l’esecuzione dei versi (cantati o recitati) avveniva all’interno della stessa chiesa in cui aveva luogo la cerimonia sacra, mentre l’estribillo finale pare sollecitare, come nella maggior parte dei testi finora esaminati, la partecipazione corale dei presenti al rito. XXIV (ff.32v-33v) A SAN FRANCISCO DE BORJA EN LA FIESTA DE VILLASOR Si canto a Borja en nota aqueste día es por darme él sus obras a mi letrilla. 5 Cantaré con lindo ayre, muy estremado, que un estremo a Francisco le paró santo. 71 Canzoniere ispano-sardo 10 15 20 De ver la emperatriz muerta, tal susto le dio que luego exclama “Ya no hay más mundo”. Si murió la Duquesa, se halló mi santo con esta compañía muy bien hallado. Y aunque en ella uiuió como en su centro, yo sé que tuvo en ella sus sentimientos. Fue jesuita y capelos dexó, por tanto sale hoy Borja por santo canonizado. 25 30 f.33r Santo es y gran fiesta con mucho aplauso le dan, y él repaga de aquesse halago. Si alumbró a la marquesa de un parto estraño no es mucho lo venere santo alumbrado. Estribillo 35 40 Venid todos, bolad que un santo veréis que en luzes hermosas que en nuevo esplendor de nueuo [h]a venido más claro que el sol. Pero si mirar queréis en Francisco todo un sol corred llegad que preuiene mucho ardor su devoto en tantas luzes luzes en tanto esplendor. f.33v T ONINA PABA 72 Seguidillas, assonanzate nei versi pari, con estribillo finale composto da due sestine polimetriche. La circostanza ispiratrice della poesia è la festa per la canonizzazione di Francesco Borgia, altro santo gesuita, avvenuta il 12 aprile 1671 sotto il pontificato di Clemente X. La località in cui avvengono i festeggiamenti, Villasor, situa tali celebrazioni sotto il patrocinio della famiglia Alagón, a cui apparteneva il Marchese di Villasor, nipote di Pedro de Alagón, arcivescovo di Ampurias prima (1669) e di Oristano poi (1672). XXV (ff.33v-34v) AL MISMO SANTO EN LA FIESTA DEL P.D.PEDRO DE ALAGÓN ARÇOBISPO DE ORISTÁN. Estribillo 5 Para aplaudir a un santo nuevo se nos uienen a pares las fiestas, unas tras otras se vienen, vienen, festejan, aplauden, celebran, y si un prelado le festeja se nos viene la fiesta de perlas. Letra 10 15 De deziros no me arredro no es mucho, quiero aplaudir Pedro aplaudan de circumspectas cosa es cierta que sus ojos poco miramiento ostentan. Por más que al tratar con Dios tan dulces lágrimas vierte, naïde lo estrañe por raro si son tan corrientes ellas. Por raro lo confesaron los Ángeles en pureza, dándole la comuni(on)ón los mismos que le confiessan. f.34r 73 Canzoniere ispano-sardo 20 25 30 35 Por apassible le aplauden aunque es cosa manifiesta que su pecho al comulgar de muy fogoso da muestras. Aunque a diez meses cabales de su nouiciado muera, las obras destos diez meses veo que han entrado en dozena. Muere en fin de amor de Dios, vean si es rara pobreza querer que aun la misma muerte por amor de Dios le venga. f.34v Y siendo tal su virtud naïde estrañe que meresca, aunque es hermano nouicio, que le demos reuerencia. Estribillo Atiéndanme todos porque en esta fiesta de un santo nouicio diré cosas nuevas. Serie di cuartetas asonantadas (e-a) nei versi pari, con due estribillos, uno in apertura e uno in chiusura del componimento, motivate ancora una volta dalla festa per la canonizzazione di Francesco Borgia (1671). Il componimento precedente e questo sono da ascrivere con certezza allo stesso autore, per quanto si evince dai vv.2-3. La rubrica fa riferimento a Pedro de Alagón, arcivescovo di Oristano, al cui soglio accedette nel 1672; pertanto o la rubrica è successiva alla composizione del testo o esso ha come termine post quem il 1672. T ONINA PABA 74 XXVI (ff.35r-36r) PARA UNA DAMA QUE TOMO’ EL HÁBITO DE MONJA Romance Señora, pues que de bodas tratais con Dios, mucho admiro ver para obra tan seria con tal gracia hauéis venido. 5 10 15 20 Y no es lo menos que estraño el veros con tanto aliño, sabiendo que vuestro esposo es el hombre más bendito. Pues aunque de su hermosura os hayan dicho prodigios, con verdad deciros puedo que está como un crucifixo. Pero que es rico no niego, siendo caso muy sabido que a no ser señor de estados no os diera (h)estado tan lindo. Y por más que del silencio vuestro esposo es muy amigo, luego que lleg[u]éis al coro os da el hablar por officio. Además que esto del rezo no es un trabaxo excessiuo, pues es officio que todos cantando pueden cumplirlo. 25 30 Aunque quiere vuestro esposo ser con fineza seruido, en el hábito no gusta que andéis con él a lo fino. Si os señís este cordón que allá os tienen preuenido f.35v 75 Canzoniere ispano-sardo yo juraré que tenéis mucho de cuerda por Cristo. 35 40 Si vuestro hermoso cabello es libre, aunque bien prendido, en esta ocación por Dios romper con él es preciso. Quando os [h]able vuestro esposo de gran virtud preuenios, que aunque es muy manzo, tal uez llegan al alma sus dichos. Ni dudéis que es esta casa de uirtud exemplo biuo, aunque naïde entrando en ella buena salida ha tenido. 45 f.36r Pero con mucha razón larga vida os pronostico, que siempre viuieron mucho los que con regla han biuido. Estribillo Ved desta dama el alentado brío pues le lleuó la palma al mismo Cristo. Romance (assonanza i-o) scritto in occasione della monacazione di una dama, già edito da ACUTIS. L’estribillo finale (una quartina di settenari e pentasillabi, con assonanza alterna) nel Ms. è disposto come un distico di endecasillabi (così lo trascrive ACUTIS). v.4 Ms. heveis v.41 Ms. cosa T ONINA PABA 76 XXVII (f.36r-v) DE OTRA MONJA En algún lançe apretado jusgo (h)esta muger se vido, pues sin reparar en nada se está dando a Cristo. 5 10 15 20 Dexa el mundo y sus riquezas, su casa pone en oluido, conque muger tan dexada como ella ver no imagino. f.36v Y con dexar essas galas y tan costosos vestidos da a entender que lo que dexa no es más que un poco de aliño. ¡Jesús! ¡cómo a essa cabeça essas obras de oro fino quita, como si quitara solo(s) cabellos! ¿Han uisto? No puede llegar a más [h]oy su más noble delirio, pues huyendo de sí misma consigo entra en el retiro. Y no pudiendo atinar a cosa, sólo les digo que su discurso y mis verços juntamente han fenecido. Altro romance, ispirato da una circostanza analoga, già in ACUTIS. v.2 Ms. jusjo v.8 Ms. alla v.14 probabilmente è da intendere [h]ebras [de oro], metafora ricorrente per indicare i capelli biondi, presente anche in XXVIII, v.14 77 Canzoniere ispano-sardo XXVIII (f.37r-v) A LO MISMO Redondillas Señora, naïde se iguala a tu discurrir profundo, con que burlas todo un mundo y esso con muy linda gala. 5 10 15 20 Tal vez a los entendidos el mundo puso en cuidado, mas tú lo dexas burlado con sólo mudar vestidos. Si el mundo te enseñó danças todo fue para su mal pues a ti naïde es igual en hazer buenas mudanzas. Quando despojas tu cuello desse oro hilado, asseguras que del mundo y sus locuras no se te da ni un cabello. Burlado el mundo se [h]a visto, con hecho tan ingenioso y él, del lançe pesaroso te está dando a Jesucristo. f.37v Y si gustoso [h]a quedado con lo que gustosa dexas, ni se quexa ni te q[u]exas y mal haya el engañado. Redondillas (abba) ancora sullo stesso tema della rinuncia al mondo da parte di una dama. T ONINA PABA 78 XXIX (ff.37v-38v) A SAN LORENÇO MÁRTIR Redondillas Atención que hablo de veras pues si canto, según pienço, la muerte de San Lorenço no dirán que hablo frïezas. 5 10 15 20 Por gran santo es alabado sin seruirle de desdoro distribuir tanto tesoro por andar de un Papa al lado. Dízenme que de repente mucho tesoro allegó y es el caso que burló a no sé qué presidente. f.38r Bien mereçe todo honor pues claramente se ha visto que hizo la causa de Cristo con muchíssimo calor. Fue su aliento denodado, si he de dezir lo que siento, pues en su mayor tormento de miedo no quedó helado. Por más que apassiblemente viuiendo a todos trató, en su muerte declaró ser Lorenço muy ardiente. 25 30 Para dar a ciegos luz no necessitaua ruegos, pues daua vista a los ciegos en sólo un hazer de cruz. Y aunque la gente deuota dize que a muchos curó a otros sí que les dexó los pies no con poca gota. f.38v 79 Canzoniere ispano-sardo 35 40 En fin, tengo aueriguado que estando a morir cercano combidó a cierto tirano para comer a su lado. Que estaua immoble no niego, padeçiendo contento aunque (h)estaua en el tormento como entre brasas de fuego. Redondillas, per illustrare la vita di un altro santo, San Lorenzo. Contiene, nel rispetto del modulo già sperimentato nelle composizioni precedenti, numerosi rimandi a episodi biografici del martire tra i quali la burla giocata all’imperatore Valeriano che si vide presentare come tesori della Chiesa, affidati a San Lorenzo dal papa Sisto II, tutti i ciechi e gli zoppi che aveva incontrato per strada. Non mancano, inoltre, nel solco di una consolidata tradizione, le allusioni al terribile martirio della graticola cui, si suppone, il santo venne sottoposto. XXX (ff.38v-40r) A SAN BARTOLOMÉ Quintillas 5 A Bartolomé esta uez pintar possible no es aunque lo quiera intentar, que no es possible pintar a quien careçe de tez. 10 Pero esto no estorua nada que aunque es cosa aueriguada que toda su tez perdió, sé que después le quedó la color muy encarnada. 15 Por más que alabarle quiero mal sus alientos infiero, pues le dan mortal desmayo las heridas de los rayos que llegan sólo al cuero. f.39r T ONINA PABA 80 20 Desde que a Christo sig[u]ió, pobre y desnudo se vio de toda humana riquesa, y aunque fue tal su pobreza sé que en cueros no murió. 25 Dióle Dios prerrogatiuas a toda luz exessiuas, pues he sabido de cierto que su cuerpo (h)estando muerto se ha quedado en carnes biuas. 30 Con verdad puedo dezir que no llegó a consumir vestido, y porque perdió el mismo con que nació, de pena llegó a morir. 35 Su aliento es tan excessiuo que no se [h]allará motiuo conque nieg[u]e el ser christiano, aunque le amenaçe el tirano que le desollará biuo. 40 Algunos han diuulgado que murió crucificado y otros que murió sin piel, yo sólo sé dezir dél que en santa cruz le he mirado. 45 No ando fuera de camino si le trato, le imagino viéndole en este co(l)legio, y si buscan priuilegio trae muy lindo pergamino. 50 Pero a dezir lo que siento su pobreza no es portento, porque sé de un aut(h)or fiel que por quitarle una piel se murió de sentimiento. f.39v f.40r Quintillas, schema rimico: aabba, dedicate a San Bartolomeo. Il martirologio romano gli attribuisce un apostolato in India e in America, dove si dice sia stato scorticato vivo prima di venir decapitato. Il riferimento al colegio del v.43 getta luce sul contesto in cui tali poesie venivano composte o fruite, un ambiente religioso connotato dalla presenza della Compagnia di Gesù. 81 Canzoniere ispano-sardo XXXI (ff.40r-41r) PARA SAN AGUSTÍN Romance No sé como retrat(r)ar de Agustino los prodigios, pues sus cosas naïde puede retratarlas sino él mismo. 5 10 15 20 Sus grandes letras no canto que es escusado capricho querer en una letrilla letras grandes descriuiros. No es milagro si un prelado en su Bautismo es padrino, si después el mismo Papa ha confirmado sus hijos. Todos águila le llaman pero con raçón me admiro de ver que buele tan alto con una pluma Agustino. Muchos le tienen por docto mas yo digo por Dios trino que en llegando a disputar le hará callar [h]asta a un niño. Habló de todos muy bien, de palabra y por escrito, pero la vez que [h]abla mal ni la perdona a si mismo. 25 30 Por más que digan que fue de donaires enemigo, sé que en materias de gracia escriuió no pocos libros. Aunque por él [h]a logrado la Iglecia fructos crecidos pero que son más las [h]ojas de sus libros lo coligo. f.40v T ONINA PABA 82 Estribillo 35 Quien en virtud y letras busca milagros con mirar a Agustín los verá raros. Continua la serie di poesie sui santi. Anche in questo romance, (assonanza i-o), già pubblicato in ACUTIS, dedicato a Agostino di Ippona, vescovo e padre della Chiesa, si possono riscontrare le numerose dilogie (letra/ letrilla, pluma [penna-piuma], volar alto) e giochi linguistici (fructos/hojas [foglie e fogli dei libri] che caratterizzano il linguaggio poetico di questi componimenti iniziali del manoscritto. v.20 a un, aggiunto nell’interlinea superiore XXXII (ff.41r-42v) A SANTA CATELINA VIRGEN Y MÁRTIR Redondillas Cantar linda letra es justo a santa tan peregrina que si es docta Catelina le darán las letras gusto. 5 10 15 Mas no me podré seruir de equíuocos este día, que con philosophía me los sabrá distinguir. Referiré pues su vida si me la escucháis con gana, que aunque ella no es cosa llana es cosa muy entendida. Desde chiquilla mostraua mucha apassibi[li]dad, pero creciendo en edad siempre en disputas andaua. f.41v 83 Canzoniere ispano-sardo 20 Ni es mucho si con rasón defendió su candidez, que si filósofa es defenderá su opinión. Asunpto será muy vano negar que Christo es su esposo, pues de fauor tan glorioso tiene la prueua a la mano. 25 30 35 40 Vençer la fa(l)lacia vana de la más gentil doctrina, cosa es que hizo Catelina con la doctrina christiana. En vano el tirano trata de atarla a la rueda un día, porque la philosophía es la que enredos desata. f.42r Pero la acción más errada del tirano fue querer que una tan docta muger muriesse descabeçada. Y aunque a un mar de penas la heche pençar hundirla es delirio que ella el mar de su martirio hizo se parasse en leche. Que su sepulcro descriua cosa inpossible será, que si él en un monte está se me haze muy cuesta arriba. 45 Aquí quiero interrumpir porque es incurrir en nota si hablo a perçona tan docta el tratar de concluir. Estribillo 50 Oygan, señores, y atiendan las más raras marauillas conque en santidad y en letras resplandeçe Catalina. f.42v T ONINA PABA 84 55 Esté pues todo hombre atento que con su philo[so]phía da Catelina este día a mi letrilla argumento. Serie di redondillas (abba) dedicate a Santa Caterina. L’estribillo finale è formato da due quartine unite, la prima con assonanza alternata, la seconda con rima completa abba. Nonostante quanto dichiara nella seconda redondilla, che ben evidenzia la consapevolezza del poeta riguardo all’impiego di una raffinata strumentazione retorica, l’autore dei versi non rinuncia agli usuali giochi di parole, alle dilogie e anfibologie che caratterizzano il suo stile. Da segnalare le numerose allusioni ad episodi della vita della santa: alla disputa (v.15) sostenuta con cinquanta filosofi chiamati a convincerla degli errori della dottrina cristiana, alle stimmate (v.24), alla tortura della ruota che durante l’esecuzione si ruppe andando a colpire i presenti, alla decollazione (v.36) e al latte che sgorgò dalla testa mozzata (v.40) e, infine, alla credenza che il suo sepolcro si trovi sul Monte Sinai, dove gli angeli ne avrebbero trasportato il corpo (vv.43-44). Si noti come, eccetto che nel v.52, scrive sempre Catelina, forse per pressione dell’italiano. v.39 Ms. al XXXIII (ff.42v-43v) A LA MISMA SANTA Romance Aunque tanta gala ostente [h]oy esta dama luzida, muchos juran que es una santa Catalina. 5 10 Que es grande doctora muy bien lo publica su doctrina, pues aquel por quien aboga tiene segura su dicha. Y no dudo que sus letras deuen de ser peregrinas, f.43r 85 Canzoniere ispano-sardo pues la busca por su esposa la misma sabiduría. 15 20 Su esposo le da un anillo y en essa prenda publica que aun el cielo jusga que es muy de prendas Catalina. Para que dexe a su esposo el cruel tirano la insta, mas no hay instancia que valga contra su philosophía. Su cuello en lugar de sangre vierte leche de la herida, y assí en fe de su constancia ser toda pechos publica. 25 El premio que le da el Cielo por azañas tan luzidas lo callo porque me diçen que es cosa de la otra vida. Estribillo 30 35 f.43v Si el Cielo en (h)esta fiesta se regosija muestre tanbién la tierra mucha alegría y el orbe todo a Catalina aplauda con mil elogios y todos digan ¡vivan vivan las glorias de Catalina! Romance (assonanza i-a) con estribillo finale formato da una seguidilla composta (settenari e pentasillabi), anomala per quanto riguarda lo schema rimico. Già pubblicato in ACUTIS. v.16 Ms. calanina v.35 Ms. elegios T ONINA PABA 86 XXXIV (ff.43v-45r) A SAN EPHISIO MÁRTIR Redondillas Para que con mucha luz al grande Ephisio alabemos será bien que comencemos con la señal de la cruz. 5 10 15 20 Pues si con ella el christiano se arma en todas ocaciones, ésta Ephisio en sus acciones la tuuo más a la mano. f.44r Y si de todas las penas es la cruz compendio breue, su pecho a tanto se atreue que las tiene a manos llenas. Si toda riquesa y don viene en la cruz a esconderse tiene Ephis de enriqueserse entre manos la ocasión. Mas se endereza essa traça para que esté siempre dando, y esperamos mucho quando todo por su mano passa. Y porque el bien que assegura naïde piençe que es en vano, si le miráis a la mano por esa cruz os lo jura. 25 30 Si con atención se aduierte digo yo, sin ser gitano, que en dos líneas de su mano le pronostico su suerte. Ni falta quien diga al vello que si una cruz van a hazer esas líneas han de hauer en él un grande degüello. f.44v 87 Canzoniere ispano-sardo 35 40 Y no me den por aut(h)or de lo que aquí queda dicho, pues no pareçe capricho quando lo dice un doctor. Ni es passión en el sujeto querer a Ephisio alabar sino que llego a formar del santo mucho concepto. Ni estriba si bien se apura su affecto sólo en hablar, pues ya lo puede prouar con muchíssima escritura. 45 Esto es quanto hizo Jesús por Ephis, y ha sido tanto que admirado el mismo santo se queda haçiendo la cruz. f.45r Serie di redondillas (abba) nelle quali si illustra la vita di Sant’Efisio, particolarmente venerato a Cagliari, a cui vengono tributati solenni processioni e pellegrinaggi dal 1656, per aver liberato la città dalla peste. Viene diffusamente sviluppato il riferimento al segno della croce sul palmo della mano che gli lasciò la visione notturna di Cristo. XXXV (ff.45r-46r) OTRAS Oygan la insigne victoria del más heroico valor y no me den por aut(h)or si para en sangre la historia. 5 10 A Ephisio mi musa aclama cuya sangre conocida con la fama de su vida por el lugar se derrama. Dan a su nombre gran luz los hechos en que campea T ONINA PABA 88 y aunque de hábito no sea es cauallero de cruz. 15 20 Pero aunque tanto luzió su nombre no le ha valido pues llegó a verse caído por una voz que salió. f.45v Y aun el verse derribado no ha sido mucho desaire mas fue que por cosas de ayre se viesse bien santiguado. Por auiso soberano tuuo (h)esto y mudando atajo [...] luego dio en ser buen christiano. 25 Mostróse la (h)ira aplacada con tan nueua mutaçión, mas como (h)obra la passión él la tiene señalada. 30 Y como el que gouernaua era un tira[no] gentil trató ser affecto de vil pues por él no idolatraua. 35 40 45 Quiso salir con su intento, echa a Ephisio entre prisiones y haziendo él más confessiones él le daua más tormento. En ellas tan poco visto estuuo que quando entró un hombre a velle, pensó ver al mismo Jesuchristo. Y aunque sentencia tan necia le da castigos muy malos, a Ephisio aquello de palos se le hizo cosa muy recia. No huuo sossiego en el pecho del tirano [h]asta matarle, y matarle y coronarle todo de un golpe se [h]a hecho. f.46r 89 Canzoniere ispano-sardo Ancora redondillas dedicate a sant’Efisio. Vari i riferimenti alla vita del santo e alla sua conversione da persecutore di cristiani a martire della nuova fede, sotto l’imperatore Diocleziano. v.41 Jesu, aggiunto nell’interlinea superiore. XXXVI (ff.46r-48r) COPLAS A LA MUERTE 5 ¿Yo para qué nací? para saluarme, que tengo de morir es infalible, dexar de ver a Dios y condenarme f.46v triste cosa será, pero possible. Possible, duermo, río, y quiero holgarme possible, y tengo amor a lo visible, ¿qué hago? ¿en qué me ocupo? ¿en qué me encanto? loco deuo de ser pues no soy santo. GLOSA 10 15 20 25 ¿Yo cómo vine al mundo? condenado. ¿Dios cómo me libró? dando su vida. ¿Yo cómo le perdí? por un bocado que fue del mundo todo un homicida. ¿Dios qué me pide a mí? lo que me [h]a dado. ¿Yo qué le pido a él? la eterna vida. ¿Dios para qué murió? para librarme. ¿Yo para qué nací? para saluarme. De tierra soy, y a tierra he [de] boluerme y a siete pies de tierra reduzido y una pobre mortaja en que enboluerme tendré del mundo el pago mereçido. No puedo deste passo defenderme ni el rezar puede ni el [...] temido miseria eternal, cosa terrible, que tengo de morir es infalible. Allí de los amigos más amados, del alma tiernamente más queridos, f.47r T ONINA PABA 90 30 35 40 45 50 55 60 65 los últimos abraços regalados recibirán con llantos y gemidos. Allí será el mayor de mis cuidados, los deleites y viçios cometidos, pues puedo por ellos no saluarme dexar de ver a Dios y condenarme. Pues, como de la emienda y penitencia tan descuidado uiuo en esta vida ¿cómo no limpio y curo la consciencia antes que lleg[u]e al fin desta partida? porque si llega y falta diligencia daré en los infiernos una cayda hasta el centro profundo más horrible triste cosa será, pero possible. f.47v Dispuesto con cuidado y preuenido conuiene estar al tránsito forçoso, que si me coge desapercebido tendré el castigo como perezoso. ¡O’ loco, torpe, necio endurecido falso, liuiano, desleal, vicioso! que puede ser venir a condenarme possible, duermo, río y quiero holgarme. En este paso mil esclamaciones con lágrimas, sollozos y alaridos harán sin dar aliuio a mis passiones Padres, hermanos, deudos, conocidos. ¿qué ancias? ¿qué congoxas? ¿qué afliciones turbarán mis potencias y sentidos? [esto tengo de ver y esto es possible] possible, y tengo amor a lo visible. f.48r Agonizando para dar la vida el cuerpo flaco con la amarga muerte, el alma triste teme la partida el diuorcio penoso y dura suerte. Amargo cáliz de mortal bebida pues que tengo de passarte y de beuerte ¿cómo de la uirtud me oluido tanto? ¿qué [h]ago? ¿en qué me ocupo? ¿en qué me encanto? Allí me assombrará la cuenta larga las uisiones horrendas infernales. 91 Canzoniere ispano-sardo 70 la memoria terrible tan amarga del falso que condena y otros males. Pues, ¿cómo, [h]oy ciego, grande carga de angustias y tormentos tan desiguales, no tiemblo, no me emiendo, no me espanto? loco deuo de ser, pues no soy santo. Glosa in ottave di endecasillabi (ABABABCC) della copla ¿Yo para qué nací? para salvarme, che Lope de Vega attribuisce a Fray Pedro de los Reyes e della quale esistono “infinidad de ediciones y copias manuscritas, así del texto solo como de las glosas que se le hicieron. La paternidad no está fijada aún con certeza” (RODRÍGUEZ MOÑINO 1976). Testimonianze: Ms. 192 BUC, ff.204v-205r; BBM Ms AD XI 57 ff.22r23r; RAMILLETE 1629, f.87; Ms. D. IV C. 31 BCS, f.228 (solo l’ottava da glossare). v.11 le, la Ms.192 v.17 a tierra en tierra RAMILLETE v.22 rezar cesar RAMILLETE v.23 eternal, cosa general, caso Ms 192 v.28 recibiran recibiré RAMILLETE v.30 deleites, pecados Ms.192 v.31 pues pues que Ms.192, RAMILLETE v.47 ser venir seruirome Ms.192 v.49 paso caso Ms.192 v.55 esto tengo de ver? Esto es posible ms.192, RAMILLETE v.66 terrible horrible Ms. D. IV C.31 v.67 falso fallo Ms. D.IV C.31 XXXVII (ff.48v-50v) OTRAS 5 Oy’, palpé, gusté, vi y tuue olfato, viuí con carne, sangre, y sentimiento tuue, aunque estoy agora en tal retrato, memoria voluntad y entendimiento. Juntas aquestas cosas que relato, con otras infinitas que no cuento, todas las consumió la sepultura dexándome qual ves en tal figura. T ONINA PABA 92 Glosa 10 15 20 25 30 35 40 45 Si quieres ver el fin triste que espera a todas nuestras vanas fantasías, abre los ojos, mira y considera el miserable fin de nuestros días. Mira en este retrato y calauera en que paran los gustos y alegrías, mira que, aunque me ves en tal retrato, oy’, palpé, gusté, vi y tuue olfato. f.49r Contempla en el cristal de aqueste espejo el desengaño de la vida humana, el Papa, el Rey, el grande, el Niño, el viejo el que peina la barba negra y cana, el ignorante y el que da consejo el que uiste sayal, púrpura o grana que yo en algún tiempo, aunque no siento viuí con carne, sangre y sentimiento. Imagina que soy un Rey, un Papa un señor titulado, un grande, un chico un bizarro galán, uno sin capa, un mercader famoso, un pobre, un rico porque si bien lo miras soy un mapa de todas estas cosas que publico, pues los bienes y males de que trato tuue, aunque estoy agora en tal retrato. Estos áridos huessos fríos y secos, esta funesta sombra, esta figura, estas quijadas secas, cuyos huecos ocupan los dientes que en blancura excedían las perlas, ya son secos. De la miseria humana acerba y dura todo me falta, vida y sentimiento memoria, voluntad, y entendimiento. No viuas sólo un punto descuidado, huie el (h)ocio, siencia y mentiras del des[h]onesto vicio azibarado, el (h)odio, las venganças y las iras la soberuia y el tiempo mal gastado que serán contra ti, si no lo miras, testigos que condenen su mal trato juntas aquestas cosas que relato. f.49v 93 Canzoniere ispano-sardo 50 55 60 65 70 Ajusta bien la cuenta que es forçosa y ten por cierto no te escandalize que te la han de tomar tan rigurosa que de temor el pelo se te (h)erize, porque será tan triste y espantosa que el más constante más se entemorize, siendo tus culpas puestas por assiento con otras infinitas que no cuento. f.50r ¿Qué siruió el pelo a oro semejante, frente, ceja, nariz, menudo diente de blanca nieue y púrpura brillante, ni los ojos de sol puesto en oriente, los labios de coral si en un instante dientes, labios, nariz, ojos y frente cabellos, cejas, púrpura y blancura todo lo consumió la sepultura? Quando por el camino desta vida al parecer segura caminando rica, lozana, hermosa y guarnecida de perlas, plata y oro, no pençando me asaltó la muerte que atreuida al camino salió y me fue quitando vestidos, perlas, plata, y hermosura dexándome qual ves en tal figura. f.50v Glosa in ottave reali (ABABABCC) della copla Oy’, palpé, gusté, vi y tuue olfato. Testmonianze: Ms.192 BUC, ff.207r-v; BBM, Ms.AD XI.57 f.17v; RAMILLETE 1629, ff.94-95. Rubrica De la Muerte, Ms. 192. v.8 dexandome quedandome RAMILLETE v.11, los, tus Ms.192 v.17 contempla contempleen RAMILLETE v.26 grande, un chico, un gran rico Ms.192 v.35, huecos, huesos Ms.192 v.37 secos ecos RAMILLETE v.42, siencia, licencia Ms.142, lisonjas RAMILLETE v.55 siendo viendo RAMILLETE v.58 brillante el semblante RAMILLETE v.66 hermosa y guarnecida yua la hermosura guarnecida RAMILLETE v.67 no pençando imaginando RAMILLETE v.68 asaltó salteó RAMILLETE v.70 y hermosura oro y hermosura Ms.192, RAMILLETE T ONINA PABA 94 XXXVIII (ff.50v-51v) A LA VANIDAD DEL MUNDO Aprendet flores de mí lo que va de ayer a [h]oy, que ayer marauilla fuy y [h]oy sombra mía aún no soy. Glosa 5 10 15 20 25 30 35 Gentes que nacistes flores en los campos de la vida, ¿qué importan vuestros verdores, si no tenéis quien impida de la muerte los rigores? Yo era flor, fragante fui ayer naçí, y [h]oy morí, y pues al mismo fin vais porque no os desuanezcáis aprended flores de mí. f.51r Era yo quando viuía pomposa, altiua y lozana y aunque cada instante veía morir la flor más ufana mil siglos me prometía, mas ya escarmentada estoy pues la flor que fui no soy, desde ayer acá de suerte que está enseñando mi muerte lo que va de ayer a [h]oy. Esta vida que gozáis dulçe, agradable y sabrosa, y como tanto la amáis aunque pasa presurosa que no pasa imagináis. Mas sabed que no es assí y tened flores de mí un espejo y un dechado, pues bien sabe todo el prado que ayer marauilla fui. El brio y la gentileza que la uanidad alaba f.51v 95 Canzoniere ispano-sardo 40 de vuestra naturaleza mañana a viuir acaba porque [h]oy a morir empieza; en mí el exemplar os doy, mil flores dixeron [h]oy que era yo ayer muy hermosa, muy bella, alegre y ayrosa y [h]oy sombra mía aún no soy. Glosa in decime, schema rimico:ABABACCDDC. La cabeza da glossare è la letrilla V, del 1621, di Luis de Góngora, “en persona del Marqués de Flores de Avila, estando enfermo” (JAMMES). Testimonianze: Ms.192 BUC f.205r (solo la letrilla), Ms.3884 BNM, f.320; RAMILLETE 1629, f.82; Rubrica: A la muerte temprana de un ingenio ilustre, RAMILLETE; v.1 aprendet, catalanismo? v.42 hermosa pomposa Ms.3884 v.43 ayrosa hermosa Ms.3884 XXXIX (ff.52r-54r) A LA LARGA CUENTA QUE HA DE DAR DE SU VIDA EL HOMBRE A DIOS Octauas 5 Larga cuenta que dar de tiempo largo término breue, tránsito forçoso terrible tribunal, juizio amargo aun a los mismos santos espantoso; muchas las culpas, débil el descargo, recto el juez y entonces riguroso, pleito en que va [a] gosar de Dios eterno o’ penar para siempre en el infierno. Glosa 10 Si por obra, palabra o pensamiento, en una vida de peligros llena puede el hombre pecar en un momento, al infierno un pecado le condena. Si son sus enemigos tan sin cuento f.52v T ONINA PABA 96 15 20 25 30 35 40 45 50 tan fuertes, y él tan flaco, ¿con qué pena aurá de estar teniendo con tal cargo larga cuenta que dar de tiempo largo? Si desta estrecha cuenta algún culpado, se pudiera escapar humanamente, o’ a lo menos viuiera asegurado de vida, penitencia suficiente, pudiera su dolor ser aliuiado. Mas da Dios por castigo al negligente en un caso tan arduo y peligroso término breue, tránsito forçoso. Así como con suaue melodía llama Dios en el mundo al más perdido, haziendo mil milagros cada día con aquellos que más le han ofendido, assí como es de pecadores guía [assí con sólo verle embrauecido] los ha de ser al tiempo del descargo terrible tribunal, juizio amargo. f.53r Auierta el pecador más engolfado en medio de las olas deste suelo, si fuesse de repente presentado delante del señor de tierra y cielo: de breues pensamientos acusado, ¿quién le podrá ayudar a dar consuelo, puesto en un tribunal tan riguroso aun a los mismos santos espantoso? Si tiene en sus obras confiança, que son las que aseguran su partida, pese bien su justicia en fiel balança pues lo ha de hazer por ella compelido: que si quiere mirar si Dios le alcança según lo que ha pagado y recebido verá que son de su proceso largo muchas las culpas, débil el descargo. Mírese de sus yerros acusado y acusado con furia inex(h)orable, según recta justicia condenado a fuego eterno y pena perdurable. Verá que para un hombre tan culpado f.53v 97 Canzoniere ispano-sardo 55 60 65 70 cosa no puede hauer más miserable que tener en un pleito tan dudoso: recto el juez y entonces riguroso. Y pues que Dios le da lugar bastante, agradéscale humilde su ventura, considere este mundo un solo instante verá que cieno quanto en él procura. Procure de enmendarse en adelante porque no puede hauer mayor locura que perder por un bien que es casi infierno pleito en que gozar de Dios eterno. f.54r Y pues que Dios el aluedrío le ha dado para que escoger pueda libremente, pues a su semejança le ha criado dándole natural tan exelente; mire a quál de los dos se ve inclinado, quál le parece es más conueniente: gozar de vida eterna y bien eterno, o’ penar para siempre en el infierno. Glosa in ottave reali, schema rimico: ABABABCC. Testimonianze: Ms.192 BUC., solo l’ottava da glossare; RAMILLETE 1629, f.82. Rubrica: Del juizio final, Ms.192 v.7 gosar el gozar RAMILLETE v.21 aliuiado escusado RAMILLETE v.25 asi como y como RAMILLETE v.30 assi con solo verle embrauecido RAMILLETE v.31 ser hazer RAMILLETE v.34 olas cosas RAMILLETE v.42 partida partido RAMILLETE v.54 cosa caso RAMILLETE v.60 cieno es cieno RAMILLETE v.63 gozar el va gozar T ONINA PABA 98 XL (ff.54v-64r) DEL DOLOROSO ARREPENTIMIENTO Y LASTIMOSA DESPEDIDA QUE HAZE LA ALMA DEL CUERPO AL PUNTO DE LA MUERTE Dize el autor 5 Cristianos y redemidos por Jesús suma clemencia, los que en uicios estáis metidos dispertad uestros sentidos y examinad la conciencia. 10 Mirad que la muerte uiene muy a menudo y essenta, que punto no se detiene y que Jesuchristo tiene de pedir estrecha cuenta. 15 Y tan presto llamará al moço jouen temprano como al viejo más anciano. Y quien (h)esto dudará será su juicio vano. 20 Los reies y emperadores, los papas y cardenales, caualleros de primores, Grandes, Medianos, Menores todos han de ser iguales. 25 Assí no uale tener faustos, riq[u]esas ni galas iguales hemos de ser ante Dios do se han de uer las obras buenas y malas. 30 Y pues con tan alta voz llama nuestro presidente, note la cristiana gente la despidida feroz que el alma del cuerpo siente. f.55r 99 Canzoniere ispano-sardo Habla el cuerpo 35 Recuerda alma dormida de uicios mundanos [h]arta que ya es la [h]ora venida de dar fin a nuestra vida pues la muerte nos aguarda. 40 Los deleites muy gustosos alma ya son acabados, y aquellos faustos pomposos y los días festejosos con los regalos sobrados. 45 Las joyas y gran tesoro de baxillas y ducados y los anillos dorados y las cadenas de oro con eslauones doblados. 50 El vestido guarnecido de terciopelo y brocado, y el cauallo ensalçado, las armas y arnés lucido y puñal sobre dorado. 55 Aquel caçar por oteros con devaneos y risa, corriendo como troteros con perros y ballesteros los domingos mientras missa. 60 Cuenta darás desta caça y quando andauas jugando por los cantones y plazas parlando como picaça lo que en el naipe ba pintado. 65 En esto te exercitauas y era tu deleytación: alma ¿por qué no cuidauas más de la missa, y rezauas y oyas algún sermón? El eterno mayoral que es la diuina Justicia f.55v f.56r T ONINA PABA 100 70 en la corte celestial de todo bien y mal tiene cumplida notiçia. 75 Y pues la [h]ora es llegada de mi fin y de tu g[u]erra tu serás de Dios juzgada y mi carne sepultada en mi madre que es la tierra. Responde el alma 80 O cuerpo crüel peruerso, causa de todos mis daños, autor de cien mil engaños, ¿a[h]ora me eres aduerso al cabo de tantos años? 85 Desconosido crüel pestífero cenegal so color de panal y hiel, duro, desleal y infiel, causa de todo mi mal. 90 Yo por tu boca me[n]tí, comí tanbién demasiado, con tus orejas oí, con anbos tus pies corrí a lo que me fue vedado. 95 Y con tus manos así, cosas susias y dañadas, tanbién con tus ojos vi las partes do me perdí por seguir yo tus pisadas. 100 De contino rebuscaua apeti[to]sos manjares, siempre el comer te sobraua y tus tristesas quitaua con músicas de juglares. 105 Mientras te daua más uicios me ordenauas más traición cuerpo no tienes razón en pago de buen servicio, darme tan mal galardón. f.56v f.57r Canzoniere ispano-sardo 101 [H]abla el cuerpo 110 Esto de comidas ciertas con las viandas sobradas, fueran muy bien empleadas quando llega a tus puertas el pobre dando aldauadas. 115 Dístele la capa al tru[h]án por dezirte un cantarcito, y al mísero pobresito nunca le distes del pan estando [h]ambriento y aflito. 120 Descuidáuaste a ti de toda gracia diuina, y con música maliña me gorgeauas a mí que soy hedionda piçina. 125 Dizes que yo te engañaua, por cierto tú te engañaste y de ti misma burlaste: alma yo no te dañava que tú misma te dañaste. 130 Yo, ánima, tierra soy y pesada como plomo, por do me lleuas me voy a donde tú estás estoy quanto me das tanto tomo. 135 Tu como g[u]ía g[u]iaste y como señora hisiste: si pequé tú consentiste, si mal hize tú otorgaste, si erré tú lo quisiste. 140 Si ayunaras, yo ayunara y si fueras al desierto alma yo te acompañara, y no te huyera la cara, esto tenlo por muy cierto. Pues en deleites te uiste, gusta de la hiel amarga, f.57v f.58r T ONINA PABA 102 145 y pues no te arrepentiste ni penitencia hiziste lléuate toda la carga. Responde el alma 150 O pestífera pissina, cieno susio atossegado, al (h)erizo comparado, que esconde el rostro y espina con su cuerpo enerizado. 155 Todos los bienes del cielo me encubriste y apartaste, y con vicios me mostraste los deleites deste suelo, con los quales me [e]spantaste. 160 ¡Ay de mí que me cubrí con tan engañosa dama! mas compararte he yo a ti al estiércol que entre sí se quema sin salir llama. 165 Si los fuegos barruntara, que tan encendidos son, yo triste los apagara con lágrimas que llorara salidas del coraçón. 170 ¡Ay cómo siento mi pena y se me acerca el morir! o[h], ¿quién pudiera viuir tan sola una quarentena para llorar y gemir? 175 Cuerpo, pues te acompañé en este mundo cien años, no te vaias, déxame sólo un año para que llore mis vicios y daños. f.58v f.59r Canzoniere ispano-sardo 103 Dize el cuerpo 180 Tarde acuerdas alma triste, tus obras han sido varias, mil jubileos tuuiste y hartas quarantenas viste y indulgencias plenarias. 185 Perdiste, como perdida, aquel tesoro sagrado de Jesuchristo embïado; a[h]ora, al fin de la vida lloras el bien que [h]as passado. 190 Deuieras considerar como tu madre murió y el padre que te engendró, y pues hauías de passar lo que por ellos passó. 195 Y que yo que soy mortal y que mis herencias son una pala y açadón, en mi fausto un esportón te siruirá liberal. 200 Y que de tela muy baxa o de sávana podrida que me será proueyda, una mísera mortaja en acabando la vida. 205 Tú, ánima, bien pudieras heredar el bien supremo si penitencia tú hizieras; mas por tus maldades fieras (h)arderás en el infierno. f.59v Responde el alma 210 Fantasma espantable y fiera, visión hecha de dos caras descompassada cimera, si acusadores no huuiera tu peruerso me acusaras. f.60r T ONINA PABA 104 215 Ya que yo [h]aya ofendido a la Magestad Gloriosa como ingrata y aleuosa en algo le hauré serbido, aunque muy pequeña cosa. 220 A mis amigos y hermanos, e hijos aministré, doctrina les enseñé con auisos soberanos de Dios y su santa Fe. 225 Quando alguno le ofensaua al diuino Redentor, y el santo nombre juraua sus vicios luego reptaua con doctrina del Señor. Habla el cuerpo 230 Has viuido comparada a tablilla de ventero que combida con posada, y ella se queda colgada al graniso y ventisquero. 235 Deste modo hiziste tú, que a muchos administrauas y para ti no guardauas sólo un grano de virtud y en tinieblas te quedauas. 240 Si tuuiste por costumbre de dar doctrina assí, de la soberana cumbre ¿por qué como dauas lumbre no guardauas para ti? 245 Si el pecado venial del próximo reprendías, alma, ¿por qué no veías el gran pecado mortal en que tú siempre assestías? f.60v f.61r Canzoniere ispano-sardo 250 Jusgauas la culpa agena de tu próximo y hermano, y no jusgauas tu pena: que estás de ponsoña llena, vana por tu viuir vano. 255 Delante Dios verdadero, será acusado tu mal, do verás tu daño entero, no por espejo de azero, ni por un claro cristal. 105 [Allí no valdrá la hacienda ni número de ducados ni vale volver la rienda pues te engolfaste en la senda de los malaventurados.] 260 Allí pagarás tu culpa de quantos males hiziste, pues tanto tiempo tuuiste de penitencia y disculpa en cien años que viuiste. Responde el alma 265 Si cien años he viuido, sepultada siempre en ti, mejor fuera para mí que te huuiera aborrecido desde que te conocí. 270 ¡Ay de mí, quán lastimada me siento y quán afligida! de vicios acompañada, de buenas obras priuada y del cuerpo repr[h]endida. 275 Con que verguença iré delante del Jues diuino, pues ofendido le he. ¿A qué santo llamaré que quiera ser mi padrino? f.61v T ONINA PABA 106 280 Mi viuir ha sido vario, que a ningún santo ayuné, llorando pongo mi fe en Vos, Virgen del Rosario, pues la corona os rezé. 285 Soberana Emperadora, Virgen y Madre [de] Dios, a[h]ora es tiempo, Señora, que seais mi intercesora y que rog[u]éis por mí Vos; 290 Suplico[o]s Virgen y Madre, preciosa flor de las flores, rog[u]éis a vuestros amores, Jesús mi diuino Padre que perdone mis errores. 295 Y que me quiera aguardar algún tiempo limitado, para que pueda llorar, gemir y penitenciar mi graue error y pecado. f.62r Habla la Virgen 300 Hijo mío y mi Señor, el ánima pecadora me llama con gran feruor pidiéndome por mi amor que sea su intercessora. 305 Suplico[o]s con humildad, soberano Rey Eterno, que della hayáis piedad y que Vuestra Magestad no la condene al infierno. Responde Christo 310 Madre, harto tiempo le di de vida y no se enmendó, y pues de mí le apartó no la quiero para mí pues penitencia no obró. f.62v Canzoniere ispano-sardo 315 Mis tesoros celestiales quiero para mis hijitos, que en seruirme son leales, y sus bienes temporales parten con los pobresitos. 320 La vida le di, sobrada salud y mucha hazienda, y al pobre no le dio nada; no quizo ser adornada de penitencia ni enmienda. 107 f.63r Dize la Virgen 325 Dulcíssimo Emperador, pues estoy yo de por medio cesse vuestro gran rigor y suplicoos por mi amor que le deis todo remedio. 330 Pues me demanda fauores, perdonadla, dulce Padre, sus delitos y errores que yo por los pecadores he de rogar como madre. 335 Muchas vezes me rezó mi rosario esclarecido, con viua fe me llamó y siempre me suplicó le huuiesse fauorecido. 340 Por la leche que mamastes Hijo de mi santos pechos, y este vientre do encarnastes, y la passión que passastes por su salud y prouechos. 345 Que la queráis esperar a que laue su conciencia, y sane de su dolencia con oración y ayunar, y limosna y penitencia. f.63v T ONINA PABA 108 Responde Christo 350 Clemente Madre piadosa, pues que Vos me lo rogáis [h]ágase lo que mandáis, pues jamás os neg[u]é cosa de quanto me demandáis. 355 Pues que siente su gran daño, y assí lo publicáis Vos, gimiendo su ierro estraño, si de plaço pide un año yo, madre, le otorgo dos. f.64.r Dize el Autor 360 Gózate, alma christiana, con tan grande regosijo, pues la Virgen soberana continuamente nos gana perdón de su santo Hijo. 365 Christiano, buelue la rienda, dexa el mundo, que es escoria, y camina por la senda de la verdadera emienda por que Dios te dé su gloria. Serie di quintillas di ottonari. Schema rimico: abaab. Testimonianze: Pliego suelto BNM (V.E. 129-40), Apartamiento del cuerpo y del alma compuesto por Mateo Sánchez de la Cruz, s.a.; Pliego suelto BUC, Diálogo entre el cuerpo y el alma, s.a., compuesto por el Bachiller Don Joseph de Bascones, en Madrid; CHIS, V, 302; CCVIII; DE SANCHA (Anónimo, Pliego Suelto, en Madrid, por Luis Siges, sin año de impresión). v.2 suma nuestra BNM v.18 de primores y señores BNM, BUC v.21 assi allí BNM, BUC v.35 aguarda aparta BNM, BUC v.36 muy mas BNM v.39 festejosos mas sabrosos BNM, y los dias festejosos de tantos dias gozosos BUC v.43 dorados preciados BNM Canzoniere ispano-sardo 109 v.48 ensalçado enjaezadoBNM, BUC v.50 puñal espadin BNM,BUC v.55 los domingos mientras las Fiestas mientra la Missa BUC, las fiestas sin oir BNM v.60 lo que en el naipe ba pintado lo que el naype yba pintando BNM [vv.5160 non figurano BUC] v.61 exercitauas deleitavas BNM v.63 alma ¿por qué no cuidauas? mas de la misa y sermon BNM v.64 mas de las misa y rezauas alma ¿por que no cuidabas, BNM, v.65 y oyas algun sermon? que es senda de salvacion? BNM, BUC [vv.66-70 non figurano BUC] v.72 tu mi BNM v.75 mi madre que es el centro de BNM, BUC v.77 causa de todos mis daños autor de todos los daños BNM v.78 autor de cien mil causa de tantos BNM [vv.81-85 non figurano BUC] v.86 metí mentí BNM v.87 comí tanbién y con mi amor BUC v.95 seguir imitar BUC v.96 rebuscaua te buscava BUC v.102 ordenauas adornabas BNM v.106 Esto esso BUC v.108 muy mas BNM v.109 llega llegaba BNM [vv.111-115 non figurano BUC] v.115 aflito astio BNM v.116 descuidauaste desnudabaste BNM, te desnudabas BUC v.121 engañaua engañé BNM, BUC v.124 dañaua cegué BUC, engañé BNM v.125 dañaste cegaste BUC, engañaste BNM v.131 g[u]ia norte BNM, Norte BUC v.134 hize dixe BNM v.140 tenlo por muy tuuieras por BNM, BUC v.141 en deleites te uiste el deleite tuviste BNM v.149 el rostro cuerpo BNM v.152 me encubriste y apartaste me cubriste y guardaste BUC, apartaste me tapaste BNM v.153 mostraste enseñaste BNM v.154 suelo sucio BNM v.155 spantaste engañaste BNM v.157 dama rama BNM v.158 compararte he yo compárente BNM v.161 los tus BNM v.162 encendidos encubiertos BNM, BUC v.163 apagara atajara BNM v.172 cien tantos BUC v.175 llore dexe BNM v.178 tuuiste perdiste BUC v.179 quarantenas viste quaresmas tuuiste BUC v.202 supremo sempiterno BNM v.205 harderas heredaras BNM v.221 le ofensaua pecaba BNM T ONINA PABA 110 v.222 al diuino contra el sacro BNM v.245 assestias vivias BNM [vv.246-250 non figurano BUC] v.255 ni por un claro mas de muy fino BNM [vv.256-260 figurano solo nel pliego della BNM] v.261 cien años tanto tiempo BNM, BUC [vv.266-270 non figurano BUC] v.274 llamaré nombraré BNM v.281 emperadora y bella Aurora, BNM, BUC v.285 Vos a Dios, BNM v.289 diuino piadoso BNM v.291 aguardar otorgar BNM v.295 error culpa BNM, BUC v.303 della hayais tengais de ella BNM, BUC v.308 le se BNM v.312 mis hijitos los contritos BNM, BUC v.319 adornada dotrinada BNM v.335 le huuiese fauorecido que no la tengo en olvido BNM, que no la tenga en olvido BUC v.337 santos pechos casto pecho BNM, BUC v.340 su salud nuestro bien BNM v.352 publicais suplica a BNM, BUC v.353 ierro daño BNM v.357 grande santo BNM, BUC v.365 por que Dios te de su que es camino de la BNM, BUC XLI (ff.64v-65v) VILLANCICO Ya haze el diuino Amor gente contra los pecados; sus a la g[u]erra, soldados, que tocan el atambor. 5 10 Es amor el capitán, voluntad es el sargento, memoria y entendimiento cabos de esquadra serán. Ea que a enbarcarse van a la tierra de dulçor, sus a la g[u]erra, soldados, que tocan el atambor. Confesión y penitencia se ponen en delantera, Canzoniere ispano-sardo 15 20 25 30 35 40 45 50 la Fe lleua la bandera, y la munición paciencia, y el vagage prouidencia, diligencia gastador; sus a la g[u]erra, soldados, que tocan el atambor. 111 f.65r Los suspiros son espías, las lágrimas corredores, limosnas exploradores, las velas son obras pías, los remos auemarías y el comitre es el temor, sus a la g[u]erra, soldados, que tocan el atambor. Contra la culpa y pecado se leuanta aquesta g[u]erra, vana conquista la tierra del hombre desacordado: con el bien que Dios [h]a (h)obrado sueltan los tiros mejor, sus a la g[u]erra, soldados, que tocan el atambor. A la isla de esperança el patrón la naue guía, nauegando todo el día que en la noche no hay bonança. Y si la tormenta alcança ay, triste del pecador, sus a la g[u]erra, soldados, que tocan el atambor. f.65v El temor suelta cañones del castigo y de la pena, quando el alma viene llena de infinitas tentaciones; ea, pues, fuertes varones, muera Luzífer traidor: sus a la g[u]erra, soldados, que tocan el atambor. Villancico di ottonari con una redondilla (xyyx) como cabeza. Schema rimico:abbaaxyx. T ONINA PABA 112 Testimonianze: Pliego suelto BUC: Aquí se contienen dos romances..., con dos villancicos muy sentidos, en la imprenta de F.co Sanz, en la calle de la Paz, s.a. v.6 Ms. sergento v.10 de del BUC v.24 velas valas BUC v.31 vana conquista van à conquistar BUC XLII (ff.66r-67r) DÉCIMAS Al fin tráxome mi suerte al más benturoso puerto, pues quiero ser cuerpo muerto antes que lleg[u]e la muerte. Glosa 5 10 15 20 De las banderas de Marte y de los tercios de amor, a tu diuino estandarte bengo perdido, Señor, por si pudiera ganarte, sin armas llego a tu fuerte de la cruz en donde bierte tu costado auierto amores, que a ti, porque me mejores, al fin tráxome mi suerte. Corrí benturosas lanças en el mundo licencioso, pero al son de sus mudanças hallé por lançe forçoso frustradas mis esperanças. Mas pues hallo campo abierto en tu pecho descubierto, aunque vengo derrotado entraré por tu costado al más benturoso puerto. f.66v 113 Canzoniere ispano-sardo 25 30 35 40 En una ocasión tan grande en que del mundo me alexo, pues he ganado la llabe de tu pecho en Mar Bermejo, es bien ancorar la nabe al mar de tu sangre apuerto y en tus penas me diuierto, que si te gano por justo es que a tus penas me ajusto pues quiero ser cuerpo muerto. Alumbrado de tu luz ganancioso al mundo muero, pues que ganándote en [la] cruz y muriendo en ella espero ser al biuo otro Jesús. Al mundo por no perderte muero en que biue mi suerte, porque solamente bibe el que muerto se concibe antes que lleg[u]e la muerte. Glosa in décimas di una redondilla. XLIII (ff.67v-68v) OTRA A LO MISMO Al fin tráxome mi suerte al más benturoso puerto, pues quiero ser cuerpo muerto antes que lleg[u]e la muerte. Glosa 5 10 La experiencia en pocos años pareçe me quizo hazer, con sucessos tan estraños, exemplo en el padecer y blanco en los desengaños. Con desengaños me aduierte f.67r T ONINA PABA 114 que quando más moço y fuerte, en la tierra y en la mar mil bezes para acabar al fin tráxome mi suerte. 15 20 25 30 35 40 Mas pues mi suerte atreuida quiera porque quize yo, no llegó a ser mi homicida la vida que me dexó quiero yo que muera en bida. Esto tengo por acierto, tenerme en bida por muerto, porque quien muere biuiendo llega sin duda, muriendo, al más benturoso puerto. f.68r En esta vida mortal una muerte es cada instante la misma bida es neutral caduca en lo más constante en los principios, final. Todo bibir es incierto y el más seguro concierto con mi bida, mientras dura, bibir, como en sepultura, pues quiero ser cuerpo muerto. Bien sé que menester es al que quiere bien biuir y bien acabar después, más de mil vezes morir por acertar una bez, pues, porque a biuir acierte y a morir, que es trançe fuerte, biuir quiero de manera que, teniendo bida, muera antes que lleg[u]e la muerte. f.68v Un’altra glosa alla stessa redondilla. Entrambi i componimenti sviluppano il tema del trascorrere del tempo e dei giorni come graduale avvicinamento alla morte. Il sentimento del desengaño e l’onnipresenza della morte caratterizzano questa riflessione tipicamente barocca sulla vita umana. La sequenza dei testi mette in evidenza come il materiale di cui il raccoglitore dispone ubbidisca a determinati criteri dispositivi, sia di carattere tematico che d’ordine metrico. 115 Canzoniere ispano-sardo XLIV (ff.68v-70v) DÉCIMAS A LA MUERTE Omnia vincit Mors No [h]ay poder contra la muerte, estas insignias lo digan; míralas, que aunque fatigan, es lo que mejor le aduierte. 5 10 15 20 25 30 35 Quien viue para morir halla la vida en la muerte mas ¡ay del que se diuierte el instante del biuir! Nacer y espirar es yr a la muerte por la vida o, como siempre mentida, su duraçión siempre haçe que lo que caduco naçe tiene entrada por salida. f.69r Mitras, coronas, tiaras, te ponen aquí delante para que en tu semejarte puedas ver en lo que paras. No la mires con dos caras si al naçer vieres la Muerte, porque verla y detenerte, en no jusgarte mortal, es tener (¡oh graue mal!) muchos ojos y no verte. Esto fue, y por hauer sido ya no es de tu consejo; has la Muerte, que es espejo en que se ve lo mentido más curioso que aduertido. Naïde a (h)esta imagen se lleg[u]e, que puede ser que se çieg[u]e su vana curiosidad, para no ver la verdad quando a su fuerça se entreg[u]e. Es un sepulcro, un cristal donde te imprimas y mires f.69v T ONINA PABA 116 40 45 50 55 60 65 70 75 porque primero que esperes mueras de verte mortal. Obre en ti lo raçional más prudente y aduertido, y tan atento el sentido se fixe: que oygan los ojos lo que en aquestos despojos esté mirando el oído. Es[cu]cha en un momento un cadáuer que te aduierte, que para esperar la muerte es la uida un pensamiento. No viuas tan desatento pues del naçer a morir si el tiempo se [h]a de medir no tiene medida el tiempo: porque nunca tuuo tiempo la certesa del viuir. f.70r Muerto estás de aduertido: si no te despierta (h)esto buelue en ti, y buelue presto que ha mucho que estás dormido. Un instante el tiempo ha sido mas como viues de suerte que jusgas lejos la muerte sin tener cierta la vida, pareçe que se te oluida de lo que aquí se te aduierte. Lo imperioso en el reynado de la [h]ermosura, el hechizo, ¿quán dura? ¿qué se hizo? ¿Adónde está? sepultado, pues ¿cómo tan descuidado viues tú, no siendo más? Falto de discurso estás, pues no te miras ceniza, de una vida que agoniza como ciego asido vas. Mira en este desengaño tu confiança des[h]echa, tanto auiso ¿qué aprouecha, si se está ciego el engaño? f.70v 117 Canzoniere ispano-sardo 80 No lo mires como estraño, esto has de ser, sin que esperes otro fin, seas quien fueres; esto fue ayer, ya no es [h]oy, mire yo pues lo que soy, jusga tú pues lo que eres. Coplas reales con redondilla iniziale (abba) non glossata, che pare rimandare a una illustrazione raffigurante la Morte. Continua la riflessione poetica su uno dei temi su cui si impernia il manoscritto, quello della vanità della vita terrena e della imprevedibilità della sua fine, che deve trovare il buon cristiano preparato in ogni momento della propria esistenza. XLV (ff.71r-75r) MEDITACIONES DE LA PASSIÓN DE NUESTRO SEÑOR JESUCHRISTO REPARTIDAS POR LAS SIETE HORAS CANÓNICAS JUNTO CON LA UIRTUD DE QUE EN CADA UNA DELLAS SE HAN DE HAZER ACTOS Compuestas en esta forma por vn religioso descalço. Aduierta el lector que cada uno de los versos comiença en las letras de la virtud de aquella hora; que por esto se pusieron frontero de cada renglón. A maytines se ha de meditar la presión del Señor. No son menester cadenas Para prender al Señor. Palmas me dan de dolor. 5 10 Luego que el Saluador huuo acabado Aquella misteriosa y santa çena, Figura del cordero inmaculado En el qual libró el Padre nuestra pena, Vase a Getsemani huerto sagrado Y su oraçión al Padre Eterno ordena. Viendo a Judas con tanta gente junta Amigo,”¿a qué veniste?”, le pregunta. f.71v T ONINA PABA 118 A laudes meditarás al Señor presentado ante los pontífices. Dan palma de honra al que vence. Y a mí, vençido de amor Palmas me dan de dolor. 15 20 25 30 Sal fuera ánima mía de tu nido, Pregunta dónde está tu enamorado: En casa de Cayfas está afligido Reparando los daños del pecado. Allí su lindo rostro es mal herido, Ninguno allí verás tan maltratado, anZelos de tu remedio se hazen g[u]erra, ¡Ay, ingrata, cruel y seca tierra! f.72r A prima meditarás como fue el Señor açotado en la coluna. f.72v Mis yerros fueron las plumas y vuestro cuerpo el papel y el notario el pueblo infiel. Con llanto amargo y voz muy dolorosa Habla la esposa y dize a su querido: ¡Ay, rostro de color y fina rosa, Rosa de aquel jardín siempre florido! ¿Y quién, mi dulce esposo, es el que osa Deslustrar esse sol esclarecido? ¿A quién se da licencia para que ate Tu cuerpo a la coluna, y le maltrate? A tercia meditarás como fue el Señor coronado de espinas. 35 40 En vuestro cuerpo y cabeça la púrpura y las espinas son brocado y clauellinas. Humana presunción ¿a do has llegado? Vilíssima soberuia ¿a do has venido? Mira a tu Dios de púrpura vestido Y de agudas espinas coronado. Las manos le verás atrás atado, De todos despreciado y abatido ¡Ay alma, si con esto no se cura De tus torres de viento la locura! f.73r Canzoniere ispano-sardo 119 A sexta meditarás como lleuó el Señor la cruz a cuestas. 45 50 55 La carga de tus pecados Me lleuan muy fatigado A ser por ti ajusticiado. f.73v Con una cruz a cuestas muy pesada Al caluario camina el Rey del Cielo, Sus ojos baxos puestos en el suelo, Toda su hermosura ya eclipsada. Y a la afligida Madre tan amada Dexa en graue dolor y desconsuelo, A ti su ingrata (h)esposa va buscando De solos tus descuidos quexas dando. A nona meditarás como fue el Señor enclauado en la cruz Tus duros yerros, oh ingrata, me traspasan vida y alma que essotros sola la palma. 60 65 Oh sol, oh luna, estrellas o elementos BEnid a ver el rostro y la figura Del que os excede en gracia y hermosura, Y la suya borrando con tormentos. EN este punto estad un poco atentos Con la afligida Madre Virgen pura, Y veréis como enclauan en la cruz A las manos que os dieron Vuestra luz. A vísperas meditarás la muerte del Señor. La Muerte y Amor trocaron sus flechas en esta hora: él mata y ella enamora. 70 75 f.74r Ponga luto la tierra, llore el cielo, Oluiden sus efectos en un punto. Bístase de tristeza y desconsuelo, Rebiente de dolor el mundo junto: En el caluario monte con gran duelo Zelebren las obsequias de un difunto, A quien despedaçó la bestia fiera Della embidia sangrienta y carnicera. f.74v T ONINA PABA 120 A completas meditarás la soledad de la Virgen. 80 85 f.75r El sol y la luna están juntos al pie de la cruz, él muerto y ella sin luz. Sola queda la Madre sin consuelo, Y de graue dolor acompañada, Los ojos leuantados en el cielo En las llagas del hijo sepultada. No admite gusto deste baxo suelo, Con sólo el recién Muerto abraçada, Y al cuerpo que en sus braços muerto v[e]ía “Oh lumbre de mis ojos”, le dezía. Serie di ottave intercalate da terzine di ottonari che la rubrica attribuisce a un religioso “descalço”. Ciascuna terzina è scritta attorno alla figura geometrica di un rettangolo che richiude all’interno i versi dell’ottava. Il motivo della meditazione, in corrispondenza di ogni ora canonica, precede la terzina. Si noti come gli acrostici, messi in risalto nel manoscritto dalle lettere maiuscole più scure, rimandino alle virtù che regolano la vita monacale: Fede, Speranza, Carità, Umiltà, Castità, Obbedienza, Povertà e Silenzio. XLVI (ff.76r-89v) LA DISPIDIDA QUE HIZO JESUCHRISTO SEÑOR NUESTRO DE SU SANTÍSSIMA MADRE MARÍA SACRATÍSSIMA 5 Dize Christo Señor nuestro “Madre mía quiero partir para ser crucificado”. Su Madre santíssima: “Hijo mío muy amado yo con Vos quiero morir”. Glosa “Madre mía aquí he uiuido mucho tiempo a vuestro lado, ya mi plaso se ha acabado Canzoniere ispano-sardo 10 15 20 25 30 35 40 45 de cumplir lo prometido; no cunple (h)echar en oluido lo que está profetisado, pues Madre quiero partir para ser crucificado”. 121 f.76v “Hijo mío, está mi uida pues de la vuestra colgada, estando Vos enclauado estará con Vos herida. Quedaré tan afligida que más valdrá no viuir, pues hijo mío muy amado yo con Vos quiero morir”. “Madre mía desconsolada más de quantas [h]an parido, yo siempre os he obedeçido [h]asta el fin desta jornada. Manda [h]oy mi Padre, oh mi amada, que cumpla lo començado, pues Madre quiero partir para ser crucificado”. “Hijo mío, en este día Vos me tomastes por Madre, yo os offreçí a Vuestro Padre con gran contento y alegría; ¡ay qué gran pena es la mía, que en tal fiesta os queréis (h)ir! Oh hijo mío muy amado yo con Vos quiero morir”. “Madre mía, es gran cordura querer lo que quiere Dios, y pues Él quiere de Vos que trag[u]éis esta amargura, passat por esta estrechura que será más acertado de que me dexéis partir para ser crucificado”. “Hijo mío, mi plazer, mi bien, mi paz y mi gozo, mi regalo y mi reposo f.77r T ONINA PABA 122 50 55 60 65 70 75 80 85 Vos, hijo, soliades ser; y pues todo he de perder con este vuestro partir, hijo mío muy amado yo con Vos quiero morir”. f.77v “Madre mía, gran dolor siento con esso que me acordáis, pues, oh Madre, no queráis ser mi primero tormento, reglat vuestro pensamiento con lo que Dios [h]a ordenado. Madre dejatme partir para ser crucificado”. “Hijo mío, ¿por qué queréis morir en tan verde edad? A la vejes aguardad si compassión me tenéis, y si Vos por mí no hazéis lo que os acabo a pedir, hijo mío muy amado yo con Vos quiero morir”. “Madre mía, quedarían los profetas mentirosos, los del limbo congoxosos y en Dios mudança pondrían; y muchos sospecharían que muriesse de cançado, pues madre quiero partir para ser crucificado”. “Hijo mío, si no es razón dilatar tanto la muerte, tenga yo tan buena suerte que en esta triste sazón que muera mi coraçón antes de veros partir, que si no, hijo muy amado, yo con Vos quiero morir”. “Madre, a mí mucho pesa no poderos contentar, pues Vos hauéis de quedar f.78r Canzoniere ispano-sardo 90 95 100 105 110 115 120 125 por columna de firmesa, por amparo y fortalesa deste pobre apostolado, (h)ea, que es ora de partir para ser crucificado”. 123 f.78v “Hijo mío, si he de quedar desamparada de Vos, ¿cómo podré tener voz de poderos consolar? ¡Ay! ¿cómo podré tragar lo que no puedo dezir? Hijo mío muy amado yo con Vos quiero morir”. “Madre mía, Dios siempre [h]a(s)sido nuestro firme y fuerte amparo, y Vos seréis el reparo del que estuuiere caído; pues Madre de graçia os pido, ante Vos arrodillado, de que me dejéis partir para ser crucificado”. “Hijo mío, ¿qué es lo que hazéis en estar arrodillado? Vos de mí ser adorado y ser seruido deuéis, hojos míos ¿cómo podéis ver esto y no derretir? O[h] hijo mío muy amado yo con Vos quiero morir”. “Madre mía yo he venido por seruir y obedecer, y assí a mí conuiene ser muy humilde y comedido, esto mi Padre ha querido y desto me he contentado, pues Madre quiero partir para ser crucificado”. “Hijo mío, sola vna cosa pido, pues morir queréis, y es que hijo no toméis f.79r T ONINA PABA 124 130 135 140 145 150 155 160 165 una Muerte tan penosa, tan vil y tan afrentosa como os queréis sufrir, que si no, hijo muy amado, yo con Vos quiero morir”. f.79v “Madre mía, grande amor no sufre essos pensamientos, quiere que sufra tormentos con grandíssimo dolor; oh Madre, tened valor y un coraçón esforçado, pues lo tengo en partir para ser crucificado”. “Hijo mío, es muy terrible este passo en que me ueo, y pues en vano dezeo lo que no ha de ser fatible, ¿cómo podrá ser possible siendo Vos muerto, yo viuir? Oh hijo mío muy amado yo con Vos quiero morir”. “Madre mía, de rodillas vuestra bendición os pido y del todo me despido que he de andar algunas millas, estas amargas mancillas me tiene[n] muy congojado. Madre, dexatme partir para ser crucificado”. “Hijo, la bendición Vos a mí la deuéis dar, pues que tengo de quedar con tan amarga afliçión; rómpase hoy mi coraçón que más no pueda sufrir, oh hijo mío muy amado yo con Vos quiero morir”. “Madre mía, Vos lo mandáis, yo de mi parte os bendigo: Dios sea siempre vuestro abrigo f.80r Canzoniere ispano-sardo 170 175 180 185 190 195 200 205 como Vos lo dezeáis, os dé fuerças a que sufráis este pesar tan pesado deste mi amargo partir para ser crucificado”. 125 f.80v “Hijo mío y mi Señor, Dios igual a vuestro Padre, muy major que vuestra Madre del cielo y tierra criador, el esfuerço y el valor de Vos lo he de recebir, aunque flaco al parecer pues que os vais para morir. Con todo pues Madre soy, aunque triste y afligida, mandándolo Vos en vida yo mi bendición os doy, y pues muy segura estoy de todo lo por venir, hijo mío tened esfuerço pues que os vais para morir. Y aunque veo que es menester, con todo, es cosa muy fuerte consentir en vuestra Muerte y que yo la haya de ver, pues mirad si puede ser cosa más reçia que es sufrir que yo haya de querer que Vos andéis a morir. Y no a morir solamente sino para ser matado, para ser crucificado tan injusta y cruelmente; y pues he de ser presente a lo que hauéis de sufrir hijo mío, tened esfuerço pues que Vos queréis morir. Hijo mío, bendito os sea lo que Vos de mí escogistes, la sangre con que fuistes f.81r T ONINA PABA 126 210 215 220 225 230 235 240 245 250 concebido en Galilea, la leche que os di en Judea en el portal de Betlem y las lágrimas que he de (h)echar por Vos en Jerusalem. f.81v Hijo, os doy mi bendición por lo que empecé a tragar cuando os vi circuncidar con tan amarga passión; rómpase hoy mi coraçón, pues más sangre hauéis de (h)echar y en tantas llagas abierta[s] más pena hauéis de passar. Todo os bendigo hijo mío lo que por Vos he passado, los trabaxos que he tomado con contento y sin astío, sufriendo calor y frío [h]anbre y sed y escasesa, passando toda la vida con una estrema pobresa. Los seruicios que os he hecho en façiar y desfaçiar, el comer y el mamar que hisisteis Vos a mi pecho, todo el jus y el derecho que tengo en vuestro viuir hijo mío muy amado os lo bueluo a bendezir. Los regalos que yo os dy siendo Vos, mi bien, chiquito, quando os lleuaua en Egito os sean benditos de my, todo lo que padeçy por Vos en aquel huir de coraçón os bendigo en este vuestro partir. Os bendigo los dolores que proué quando os perdy, quando el tercer día os vy disputar con los doctores, f.82r Canzoniere ispano-sardo hoy mis penas son majores y mi dolor es doblado, pues que os tengo de perder muriendo Vos enclauado. 255 260 265 270 275 280 285 290 127 f.82v Hijo mío muy amado, pues que os tengo de perder dexadme Vos padeçer y morir a vuestro lado; perdonadme si os he hablado con poco acato y razón que por ser mi dolor tanto se me rompe el coraçón. Y si yo no asierto a hablar ni a trataros como deuo por seros Madre me mueuo con Vos hijo a porfiar, no me queráis Vos dexar pues todo pierdo con Vos, yo con Vos quiero morir mi bien, mi goso y mi Dios. Ab[r]assadme, no os partáis sin mí, pues queréis morir hijo, yo quiero venir con Vos do quiera que vais; a Vuestra Madre dexáis y a otros vais a buscar, con Vos quiero ser atada junto a Vos quiero espirar. f.83r Vos en vuestra compañía acoxéis buenos y malos, y les hazéis mil regalos con amor y cortesía, ¡ay, qué gran pena es la mía pues sin mí os queréis partir! Y si Vos andáis con tantos, ¿yo por qué no he de venir? Con todos sois amoroso, dándoles bezo de pas conmigo, a quien deuéis más, ¿por qué no seréis piadoso? Rostro diuino y [h]ermoso f.83v T ONINA PABA 128 a quien todos deçean ver, pues otros le han de gosar ¿yo por qué lo he de perder? 295 300 305 310 315 La sangre que derramar Vos, hijo, queréis sin mí, acordaos que yo os la di y conmigo se [h]a de dar, yo con Vos quiero pagar lo que Vos por mí pagáis, por Vos quiero dar mi vida pues que Vos por mí la dais. ¿Dónde estáis, oh Madalena? o vos Marta ¿qué haçéis? Mirad que el tiempo perdéis en aparejar la çena, ayudadme en esta pena y rogadle vos tanbién, detened vuestro Maestro mi Dios, mi goso, mi bien. Vos, apóstoles sagrados, estoruad vuestra partida, preocupad la salida, tened los passos serrados; hijos míos muy amados ayudadme en este caso, [h]aued de mí compassión que en dolor y amor me abraso”. f.84r Habla la Madalena 320 325 “Mi Señor, Maestro y Dios liberal en perdonar ¿no lo seréis en quedar? pues en todo lo sois Vos; escuchad la triste boz de Vuestra Madre afligida, contentalda Vos Señor mi bien, mi paz y mi vida”. Santa Marta “Huésped sagrado y Diuino, consuelo desta posada, f.84v Canzoniere ispano-sardo 330 129 conçolad a Vuestra Madre no toméis esse camino; si a serviros yo no atino os seruirá Vuestra Madre, contentalda Vos pues siempre contenta ella a Vuestro Padre”. San Pedro 335 340 “Yo no meresco Señor lo que a pediros me atreuo, pero hago lo que deuo conuencido del dolor de Vuestra Madre; el amor es tan grande, tal y tanto, que mereçe la otorg[u]éis lo que os pide con su llanto”. San Andrés 345 350 “Vos, mi bien, Dios encubierto, de la turba os apiadastes quando allí la regalastes con milagro en el desierto; pues ¿cómo no será abierto Vuestro tesoro por una a quien, por ser Vuestra Madre, adora el sol y la luna”? f.85r San Jacobo Major 355 “Si vuestra Madre y mi tía de Vos no alcança, o’ Señor, lo que os pide con dolor, ¿qué esperança es hoy la mía? Será grande mi osadía con todo os quiero pedir que quedéis aquí esta Pasqua antes que andéis a morir”. San Juan 360 “Vos, mi maestro Diuino, a mí, Juan, a vuestro amado, siempre me hauéis regalado f.85v T ONINA PABA 130 365 con amor muy peregrino; hoy me [h]allo el más mesquino por vuestra Madre y mi tía: contentalda pues, Señor, que su pena es vuestra y mía”. Santo Thomé 370 “Ya de mi parte, Señor, estoy muy pronto do quiera que queráis (h)ir y morir por vuestro amor; mas este grande dolor de vuestra Madre me mueue a deziros que quedemos pues tantas lágrimas llueue”. San Jacobo Menor 375 380 “Mi cara y mi coraçón siempre fue conforme a Vos por ser mi maestro y Dios, y muy conforme a razón; mas agora, en tal sazón, a vuestra Madre me inclino, por ella os ruego, Señor, no toméis esse camino”. f.86r San Felipe 305 390 “Yo, con Vos, por los gentiles pude tanto que alcanzaron todo lo que decearon aunque eran perçonas viles, y por los ruegos siuiles de vuestra Madre llorosa, ¿no podré tanto con Vos de alcançar alguna cosa”? San Bartholomé 395 “Yo, Señor, aunque viejo algo flaco y no muy fuerte, no re[h]úso (h)ir a la muerte y dar por Vos mi pellejo; pero pláseme el consejo f.86v Canzoniere ispano-sardo 131 de vuestra Madre, pues vemos que si no quedáis aquí a Vos y a ella perdemos”. San Mateo 400 405 “Si el hauer dexado todo a vuestra sola y simple vos, mostrádmelo en este modo: que no pisemos más lodo por esta Pascua, oh Señor, quedemos con vuestra Madre que aquí estaremos mejor”. San Simón 410 “Si yo, conforme a mi nombre, el sí os suplico esta ves, no lo [h]ago por vejés que del padeçer se assombre; es una muger y un hombre y es un hombre por muger que os suplica que quedéis esta Pascua aquí a comer”. f.87r San Judas Tadeo 415 420 “Señor mío, a lo que veo no gustáis que yo os enpida vuestra muerte, ni que os pida lo que yo mucho dezeo. Yo siempre he creído y creo que lo que hazéis es razón, pero ved que a vuestra Madre se le rompe el coraçón”. Judas Escariotes 425 “Rabí, si os queréis quedar quedaos en hora buena, pero mirad que la çena muy a punto deue estar y no conuiene tardar, pues que aquel hombre de bien deue de estar aguardando que andéis a Jerusalén”. f.87v T ONINA PABA 132 Jesuchristo Nuestro Señor 430 435 440 445 450 455 460 465 “¡(h)Ay, mi Dios, en qué estrechura entre dos hombres me veo! Pues (h)ir y quedar dezeo y el hazerlo es cosa dura. Vos criador y ella criatura, Padre y Madre, yo, hijo vuestro querría a todos contentar aunque a todos no lo muestro. Madre mía, si yo me mueuo a cumplir lo prometido es porque yo me he ofrecido a pagar lo que no deuo; pero aquí más dolor prueuo [en] veros tan afligida que por subir a la c(h)ruz perdiendo en ella mi vida. f.88r Sossegados, Madre mía, no queráis Vos impedir mi voluntario morir que dello daño os vendrá, y pues ya se acaba el día no me puedo detener. Madre mía, quedad en paz que otro día me podréis ver. A vos Marta y Madalena mi pobre Madre encomiendo, ved que llorando y gimiendo se le acresienta su pena. Llamalda con vos a çena que yo tanbién voy a cenar, tened cuenta de mi Madre pues yo no puedo quedar. Vos, apóstoles amados, no reparéis en venir pues yo solo he de morir y vos no seréis atados, hijos míos desconçolados acompañad a vuestro Padre, y pues yo muero por vos tened cuenta de mi Madre. f.88v Canzoniere ispano-sardo 470 475 133 Mirad, Juan, no la dexéis aunque yo he de ser dexado, estalde siempre a su lado seruilda en lo que podréis, y quando vos me veréis (h)ir callando y padeciendo tened cuenta de mi Madre que mi Madre os encomiendo”. La S.S. Virgen María 480 485 490 495 500 “Hijo mío, no os curéis tanto de mí pues que os oluidáis de Vos, tanto que trocáis vuestra sangre por mi llanto. ¡Oh mi Dios y Padre Santo, Padre eterno y soberano, con otro medio más fácil librad el linage humano! f.89r Que este medio es muy terrible, muy [h]orrendo y espantoso, y aunque sea tan provechoso le tengo por insufrible. ¡(h)Ay, mi Dios! ¿será possible que por viles pecadores queráis que muera nuestro hijo con tan estremos dolores? A vos colegio sagrado, pues que veo que assí ha de ser, quando le veréis prender os encomiendo mi amado; quando le tendrán atado los sayones con estruendo, a vos, señaladamente, a vos Judas le encomiendo. FINIS LAUS DEO Estos versos son sesenta y dos según los años que biuió en este mundo la Madre de Dios la Virgen María Nuestra Señora. f.89v T ONINA PABA 134 Estesissima composizione in ottave, quasi sicuramente concepita per la drammatizzazione durante i riti della Settimana Santa. Notevole la vivacità dei toni e la freschezza dei dialoghi che unitamente alle argomentazioni, così umane, che i vari personaggi adducono per fermare l’ineluttabile destino di Cristo, rendono molto sofferto e credibile questo commiato tra Madre e Figlio. A testimonianza degli scambi e delle mutue influenze che intercorrevano tra le culture sarda e spagnola, si possono riscontrare varie composizioni in sardo logudorese costruite su una struttura dialogica analoga, limitatamente però alle figure principali, il Cristo e la Madre. Una di esse, intitolata Beata Vergine Addolorata Commiato di Gesù alla Madre, viene da qualche autore (SECHI) attribuita al gesuita Bonaventura Licheri vissuto nel XVIII secolo, parroco di Ardauli, in provincia di Oristano. Si compone di 15 sestine, di cui otto (in una progressione diversa) compaiono anche nel Canzis. Testi analoghi vengono raccolti da CARIA, (scheda n°46 e n°53) e una strofa compare anche in MELE. La conoscenza del componimento è attestata a tutt’oggi nella Sardegna centrale dove i fedeli continuano a cantarle nei riti della Settimana Santa. Citiamo solo le due trofe di apertura: Su partire m’est forzadu / E fagher de te ausenzia / O Mamma dammi lassenzia / Ch’ando a morre inclavadu (Gesù); Già chi non potto negare / Fizzu, su chi mi domandas / Eo benzo si tue andas / A morrer ambos impare (Maria). v.43 passat, v.59 reglat, v.61 e v.155 dexatme, catalanismi? v.63 Ms. quieres v.97 Ms.vos XLVII (ff.92r-97r) DÉZIMAS A LA MUERTE COMPUESTAS POR VN LASTIMADO CORAÇÓN 5 10 Piensa que te has de morir, piensa que hay gloria y infierno, bien y mal y todo eterno y que a cuyzio has de venir; ponte luego a discurrir tu vida y modo de obrar, y que agora, sin pensar, si te diesse vn acidente que muriesses de repente ¿dónde irías a parar? Canzoniere ispano-sardo 15 20 25 30 35 40 45 50 Piensa bien lo que te digo, trata de emendarte fïel: mira que aun este papel será contra ti testigo. A que no oluides te obligo muerte, juizio, infierno y gloria, dexa toda vana gloria y con cristiano talento no hagas loco pensamiento de vna tan cuerda memoria. 135 f.92v Si tener has presumido en la postrera ocasión con un acto de contrisión, muy pocos lo han conseg[u]ido; y aunque algunos le han tenido ¿quién, di, tan loco será que en tal riesgo se pondrá y cosa tan importante dexará para un instante que no hay otro si se va? Si de vna gran cantidad con cuenta errada te hallaras, para ajustarla ¿aguardaras a estar con enfermedad? Pues como tu voluntad mal entendida se aduierte, y de vn negocio tan fuerte que te importa eterna vida, ¿quieres la mayor partida dexarla para la Muerte? f.93r Tu no deues de saber la ocupación del morir, harto harás en resistir sin que tengas más que hazer; en un momento has de ver un libro todo verdad escrita tu corta edad entre una y otra congoja, donde, al boluer de la hoja, verás una eternidad. El tacto, el gusto, el oído, olfato, vista y conciencia f.93v T ONINA PABA 136 55 60 65 70 75 80 85 90 anda, en hauiendo dolencia, su exercicio confundido; inobediente el sentido, torpe le hallarás y vano pues, ¿cómo quieres, cristiano, estando en la enfermedad, mouer a vna voluntad si no puedes una mano? ¿Qué importará que te den el Sacramento y la Unción y que hagas tu confessión, si no te confiessas bien? ¿Quántos serán los que estén con tus mismos pensamientos en los eternos tormentos? ¿Quántos, quántos haurán sido los que al infierno se han ido con todos los sacramentos? Aprisa no se han de hazer cosas que importantes son, y una buena confessión tiempo, tiempo [h]a menester. Sobrado tendrás que hazer, quando enfermo hayas caydo, en cuydar de tu sentido sin que más viuo tu amor ande a buscar vn dolor que en su vida le ha tenido. f.94r Que loco engaño recibes, quando mucha vida quieres, en el tiempo que te mueres aun muriendo lo que biues; en tal ocasión no estriues, buelue en ti y en lo que obraste, y pues sin susto pec(c)aste, a Dios le da sin çoçobra contra un olvido que sobra una memoria que baste. Si a la hora de la muerte aun sin pecado mortal lo que diuierte haze mal f.94v Canzoniere ispano-sardo 95 100 105 110 115 120 no más de porque diuierte; como quando el daño es fuerte has de buscar la uirtud, ¿cómo podrá tu inquietud sossegando la violencia tomarse con la conciencia que no se atreuió en salud? Ofender a Dios viuiendo, y morir a Dios amando si lo estás assegurando mira que es juizio tremendo, porque [h]as de estar conociendo que sobre nunca quererle, toda una vida ofenderle y un solo instante buscarle, más que en su bondad amarle será en tu reisgo temerle. Aquel que llega a biuir como si piedad no huuiera, jamás la justicia espera quando se pone a morir. No hay aquí que discurrir porque a la uerdad entiendo que aquel que temió viuiendo ha de morir confïado, y [h]a de morir reçelando el que no viuió temiendo. 130 Tus culpas se han de saber, no las quieras encubrir, o tu las has de dezir o en público se han de le[e]r, y si se leen han de ser en vniuersal gouierno para tu castigo eterno, pues no es mejor con vitoria dezirlas para la gloria que oyrlas para el infierno. 135 La justicia y la razón según fuere tu conciencia, te han de (h)echar una sentencia que no tiene apelación, eterna resolución 125 137 f.95r f.95v T ONINA PABA 138 140 145 150 155 160 165 170 175 tomarán de tu pecado; hombre que estás bauptizado por las entrañas de Dios, que meditemos los dos la eternidad de vn cuidado. Eterna no hay cosa buena en podiendo mejorarse; pues, ¿cómo podrá lleuarse vna eternidad de pena? Quanto en tu gusto se ordena, aunque si más sensible, lo hará el deçeo insufrible si durasse eternamente, que el ver a Dios solamente haze a lo eterno apasible. ¿Es fáçil allí un dolor, propósito y confessarse, y luego al punto passarçe desde un oluido a un amor? No es fácil, que aunque el fauor de la graçia es tan valiente, aun está de ti pendiente; mira que es neçia ignorançia negocio de tal sustancia fïarle de un accidente. f.96r Una sentencia, una muerte [h]aurá sola, el jues es Dios que desto no [ha de] hauer dos, donde se emiende tu suerte. ¡Jesús, qué lançe tan fuerte! Mira que es para temblar, que remedio no has de hallar en el cielo ni en la tierra si sola una vez se yerra y que esta se puede errar. Mira que has perdido el juizio, pues de ti propio homicida te vas quitando la vida con uno y con otro uicio; por que del loco artificio temporalmente te ves lleno de humano interés: f.96v Canzoniere ispano-sardo 180 185 190 195 200 139 agora estás muy ufano, pero repara christiano que esto es agora: ¿y después? Este después considera que este agora [h]a de faltar, y el después [h]a de durar eternamente a qualquiera; este después que se espera es el que cuydado da, que este agora claro está que es ligero mouimiento, nacido de un corto aliento que quando viene se va. Dispón tu cuenta ajustada, que aun assí quando informases del tiempo que allí encontrares aun no ha de sobrarte nada. Mira que desta jornada no se ha de boluer jamás, mira el pasage en que estás, que es cosa para aturdir el saber que has de partir sin saber adónde vas. f.97r Ancora décimas sul tema del desengaño e sullo svilimento dei beni terreni che situa il Canzis tra le opere barocche di matrice controriformista. Questo blocco di poesie di tipo penitenziale si fa veicolo di un continuo memento mori sulla fugacità della vita terrena e sulla fallacia dei suoi valori. Il testo, che si inserisce in quel filone di poesia ascetica composta da frati e monaci “en las soledades del claustro”, [DE CASTRO] e che circolava in pliegos sueltos, figura col titolo di Décimas en donde están resumidos los sermones que predican en sus misiones por toda España, con orden de su Santidad, los Padres Predicadores Apostólicos, de la Orden de Nuestro Padre San Francisco nel volume Poetas líricos de los siglos XVI y XVII, XLII, B.A.E. v.4 cuyzio per juicio T ONINA PABA 140 XLVIII (ff.98r-99r) DESENGAÑOS DE UN ALMA Esdrúxulos A mí, Jesús hermosíssimo, displiega tus dulces párpados, no precipites colérico a quien te espera flemático. 5 10 15 20 Ya me aquexan melancólicas mil ancias con [h]orror trágico, no me diuierten los módulos de los más sonoros pájaros. Sin ti, Jesús, lloro huérfano, sin ti, Jesús, quando páruulo sin ti suspiro a lo tímido en aqueste triste páramo. No me agrada lo mañífico ni me alegra lo mecánico, quisiera viuir paupérrimo por lograr tu tabernáculo. Empeçaré nueba fábrica siendo tú mi diestro bájulo, más fuerte que todo el lybaro más lebantado que un plátano. Con esto el alma cultíssima desprecia los gustos bárbaros, reduzida a estrecha clúsula refrene su curso rápido. 25 30 De culpas horrible número la precipitan al báratro, siendo sus acciones díscolas el perseg[u]idor themático. No la engañe lo político del mundo con tal vil tráfago, tenga por sus más domésticos del cielo sagrados aúlicos. f.98v 141 Canzoniere ispano-sardo 35 40 No más gustos(os) que ya próuido me pesa hauer sido Tántalo; oh, ¿y quién con saber cherúbico logrará un amor seráfico? Dexatme esperanças trémulas, indiñas de nobles ánimas que no me pasman coléricos de la vanidad relámpagos. f.99r Assistit, celeste médico, en este sagrado tránsito, por que accidentes frenéticos no me den mortales tártagos. 45 Soltad ya plazeres rústicos que en la apariença aromáticos sin señas de bondad sólida me engañastes por fantásticos. Serie di cuartetas di ottonari sdruccioli, assonanzati in a-o. Questo tipo di esercizio poetico era molto in uso nel “Siglo de Oro”, accanto ad altre prove di abilità versificatoria (tra cui la glosa e le rime con eco) nelle quali si cimentavano, in occasione di certámenes e justas poéticas, tutti i poeti, grandi e piccoli, dell’età barocca (BAHER, NAVARRO TOMÁS). v.17 Ms. frabica v.35 cherubico, non va considerato un italianismo ma un cultismo (ROSENBLAT) v.37 dexat, v.41 assistit, catalanismi? XLIX (f.99v) 5 10 Aquella tórtola amante que en el ast(r)il de una hiedra seloza canta sus males que en bes de aliuiar (h)aumenta: “¡(h)Ay, qué de beçes tenía amor segura la prenda, y la possesión turbaua sólo el temor de perderla! Era tu lecho mis plumas, y tú, mal hallada en ellas, T ONINA PABA 142 15 para buscar otro nido arrullos y plumas dexa[s]. ¿De qué me dexes? no gimo, ¿que a otro busques? es mi pena, en tu mano está mi aliuio, mas en poca firmesa no te harán co[n]stante los arrullos de la nueua.” Romance di soggetto amoroso, con assonanza: e-a, già edito da ACUTIS. La brevità del testo e il fatto che il tema si discosti dal contesto in cui è inserito, lasciano supporre che sia stato scritto in un secondo tempo nel foglio rimasto in bianco. L’inchiostro è più tenue rispetto agli altri testi, anche se la mano è la stessa. L (ff.100r-104r) EL AVE MARÍA A LA CHAMBERGA 5 A Madril [h]a uenido para que note lo que en el mes [de] enero passó en la Corte; Cupido, abre bien el sentido, atento, porque no tiene cuento. 15 Atención que mi pluma sin temor buela, para escriuir el verso de la Chamberga, pronta, mi pluma se remonta tanto que pareçe encanto. 20 Atención que [h]a salido la luna clara, desterrando tinieblas, dando esperanças. Lo dice 10 f.100v f.101r Canzoniere ispano-sardo 25 30 35 40 45 50 55 60 143 la librea que viste, la gala saque por la mañana, de día Dios te salue María. Aunque de madrugada bien os conosco; aunque os pongáis la toca con el emboso, Princesa soys de grande clemencia, descalça eres llena de gracia. f.101v En el mundo no he uisto tal disimulo, la suprema belleza y espexo puro, y digo el Señor es contigo. Asusena fragante muy [h]olorosa, es la Virgen María de Dios espoça; más pura que toda criatura, y excedes a todas las mugeres. Castillo de uirtudes muy bien sercado, a todas luzes grande(s) santo y sagrado; la [h]oja, clauellina y hermosa que güele a todo lo que quiere, soys luz de tu vientre, Jesús. Alma que de nonada fuistes crïada, alabes la Belleça tan soberana f.102r f.102v T ONINA PABA 144 65 70 75 80 85 90 95 que adora a Jesús enamora su rostro y tan beniño y hermoso mis ojos ruégale por nosotros. Bandera I[n]maculada llena de dones, ruégale al Soberano que nos perdone; me llego, a su clemencia apelo, corona a su misericordia candores y por los pecadores. Perdonadme, Señora, mi corta pluma, siendo mi amparadora buena fortuna tendremos; si con Vos nos haçemos a[h]ora esperamos Señora remedio y en la muerte consuelo. f.103r f.103v f.104r Si he errado algunos puntos de mi chamberga, pretendió mi desuelo que fuera buena, por esso para dar fin al verso (h)iréme porque ya lalua viene con luz Digo amén Jesús. FINIS LAUS DEO Seguidilla chamberga, costituita da una seguidilla semplice seguita da tre distici (un trisillabo e un settenario) legato ciascuno da assonanza diversa. Le prime due strofe sono prive di un distico. 145 Canzoniere ispano-sardo LI (ff.104v-107r) GOSOS A LA VIRGEN DEL CARMEN Pues soys de nuestro consuelo el medio más poderoso, sed nuestro amparo amoroso Madre de Dios del Carmelo. 5 10 15 20 25 30 Desde que en la nubesilla que morena os figuró, de Virgen Madre adoró Elïas la marauilla, a vuestro culto capilla erigió en primer modelo. f.105r Tan primeros para Vos los hijos de Elïas fueron, que por timbre merecieron ser de la Madre [de] Dios título (y) este que Dios les dio a su heredad an[h]elo. Por esso, Vos, honras tantas, Señora, al Carmelo distes, que viuiendo les assististes mil vezes con vuestras plantas, con vuestras pláticas santas doblaste su antigo zelo. f.105v Del Carmelo defendieron de Elïas los sucessores, y en la Iglesia con Autores de los Apóstoles fueron, del Evangelio esparzieron la Verdad por todo el suelo. A San Simón General el escapulario distes, señal que Vos nos pusistes de hijos para señal; contra el incendio infernal es defensiuo consuelo. f.106r T ONINA PABA 146 35 40 45 50 55 Vuestro escapulario Santo escudo es tan verdadero que no hay plomo ni azero de quien reciba quebranto; puede, aunque es de lana, tanto que mata el fuego y el hielo. Quien bien viuiere y muriere con tal señal, es notorio que por Vos del Purgatorio saldrá presto si allá fuere; el primer sábado espere tomar a la gloria buelo. f.106v De vuestro Carmelo flores son la variedad de Santos, Prophetas, Mártires Santos, Vírgines y Confessores, Patrïarcas y Doctores que haçen vuestro Monte Cielo. Pues soys de nuestro consuelo el medio más poderoso, sed nuestro amparo amoroso Madre de Dios del Carmelo. f.107r Gozos, formati da sestine di ottonari. Ogni strofe si conclude con la ripresa, nel verso finale, dell’ultima rima della redondilla (xyyx) che apre e chiude il componimento, secondo lo schema rimico seguente: abbaax. LII (ff.107r-109r) OTROS GOSOS DE LA VIRGEN DEL CARMEN Al eterno preseruada para ser Madre de Dios, Señora, rogad por nos, Virgen del Carmen sagrada. 5 Con aquel grande contento que vuestra alma recebía f.107v Canzoniere ispano-sardo 10 15 20 25 30 35 40 45 147 quando os dixo Ave María Grabiel en vuestro aposento, y luego en aquel momento fue la encarnasión obrada. Por aquel sumo plazer que recebistes, Señora, en aquella santa hora que vistes de Vos naçer aquel que os pudo haçer su Madre sin ser tocada. Por la exelente alegría que vistes, Virgen Prudente, quando vinieron de Oriente los Reyes en romería, y cada qual le ofrecía una toga sublimada. f.108r Por aquel júbilo tal de la glorificación, quando en la ressurreción le vistes hecho i[n]mortal, vistes con Dios hecha igual vuestra I[n]maculada. Por el goso que sentistes, Vírgen Santa [del Carmelo] quando vistes (h)ir al çielo al mismo que Vos paristes, allá vuestra carne vistes de ángeles reuerenciada. f.108v Por aquel jucundo día en que vuestro amado hijo y el Padre con regosijo el paráclito os embía, y en lenguas se aparecía del fuego que os inflamaua. Por la Diuina canción que los ángeles cantaron quando al Padre os presentaron en vuestra santa asunción, con grande jubilación y prossesión consertada. f.109r T ONINA PABA 148 Señora, rogad por nos, Virgen del Carmen sagrada. Por siempre seais alabada Amén Jesús Altri gozos con lo stesso schema dei precedenti. LIII (ff.109v-110r) SALUE GLOSADA 5 10 15 20 A la Aurora del sol de la gracia, de rayos sitiada y de estrellas prendida [h]oy humilde saludan los hombres y cantan alegres con dulce armonía. Salue Regina Mater Misericordie Mariae Eres vita dulcedo de todas y assi nayde estraña (galán vida mía) que te canten et spes nostra si en ti tienen todos goso y alegría. Salue Regina Mater Misericordie Mariae Solos somos gementes et flentes de nuestra tarea la triste fatiga in hac valle dolor lacrimarum donde (h)Eua fue causa de tanta ruina. Salue Regina Mater Misericordie Mariae Essa prenda Jesum Beneditum fructum ventris tui o(h) árbol de vida, nobis post hoc exilium ostende para que en el Cielo se gose mi dicha. Salue Regina Mater Misericordie Mariae f.110r 149 Canzoniere ispano-sardo 25 Cordial regosijo del alma o[h] nétar suaue, o[h] clemens, o[h] pía o[h] cordera que a Dios nos amantas o[h] Mulier Virgo, o[h] dulcis Maria. Salue Regina Mater Misericordie Mariae Glosa a la Salve Regina, composta di quartine dalla struttura polimetrica, con assonanza i-a nei versi pari e un distico come estribillo. Testimonianze: Ms. 52 BCB, ff.11-12; Ms.78 BCB, f.103 r-v; CHIS, Poesías varias, XXXIII, n°55, f.54v. Rubrica: Salue muy curioso Ms.78; Salve a la Virgen María Santíssima sin pecado concebida CHIS. v.7 vita dulcedo vita, dulcado Ms.52 v.10 goso y alegria el gozo y la mira Ms.52 v.13 solos somos sollozamos Ms.52, Ad te suspiramus Ms.78 v.15 dolor que es lacrimarum Ms.52 v.16 ruina desdicha Ms.78 v.20 o’ que es Ms.52 v.22 se te Ms.52, le Ms.78 v.25 Cordial O cordial Ms.78 v.27 amantas amanças Ms.52, amanyas Ms.78 v.28 O Mulier Virgo O Mater, o Virgo Ms.52, O clemens, o dulcis Ms.78 LIV a (ff.111r-112r) Dulçe encanto de mis ojos, hechizo del alma mía en quien lo lindo y discreto se compiten y litigan. 5 10 En el ara de tu frente de nueuo se sacrifica mi amor a tus bellos ojos y es una vista diuina. Dos almas, mi dueño, tienes con la que yo posseía, no es mucho pues que tanta alma te haga parezer tan biua. Que yo idolatre en tu rostro es lo más que en mí se admira, f.111v T ONINA PABA 150 15 20 mostrándome, tan sangrientas, con mis ojos tus mexillas. Vn simulacro animado de cristal, por ser tan limpia, pareçes, aunque tus labios son de fina cochinilla. Como el papel son tus manos, y la mayor marauilla es que, siendo tales, nayde puede hauer que los descriua. 25 30 35 Todo te pareçe poco quanto con tus plantas pisas, y es que son tus pies tan breues que en un punto casi estriban. No me meto en más dibuxos que fuera empresa atreuida querer ver lo que en tu cielo ocultan castas cortinas. Supla mi bien el afecto de tu beldad esta sifra, ya que es como tu hermosura mi voluntad: infinita. LIV b (ff.112v-113r) Hauéis visto quán alegres sus dos soles peregrinos amaneçen en la frente del hermoso dueño mío. 5 10 A fe que el verlos es gloria bien que de luto vestidos, porque en ellos el matar y el dar la gloria es lo mismo. Arcos forma de su[s] sejas esse rapás Dios Cupido, f.112r 151 Canzoniere ispano-sardo y con essas flechas rayos con que logra qualquier tiro. 15 20 Dándoles a todos muerte de ninguno son mal vistos, porque ellos dan uida al passo que cometen homicidios. ¿Negros son? mas en sus tiros muestran que son bien nacidos, que lo hidalgo de lo hermoso se vincula lo beniño. f.113r En sus luzes fino amante siempre yo me sacrifico, y estas mis ofrendas pagan con mostrárseme propicios. 25 Biuan, pues, ojos tan bellos porque en afectos crecidos sepa el mundo los adora quien los confiessa divinos. LIV c (ff.113v-115r) ¡Ay, amor, muriendo estoy! Ved, pues, amor, por qué muero y veis que muero bien: ¡amor, matadme más presto! 5 10 Mátame una calentura que la causó, a lo que creo, el sereno de una frente con el sol de tez. Y sobre un sereno, un sol por peligroso lo tengo, que si se juntan contrarios es major el crecimiento. Si no aprouáis este achaque esso es mi mal, sin remedio, f.114r T ONINA PABA 152 15 20 pero más cierto es ser ojos que me [h]an mirado y me [h]an muerto. Y pençáis que me jacto de que me matan por bello: que matan más unos ojos si está la beldad en ellos. Mi infierno son essos ojos, siendo sus niñas mi cielo, mas mi infierno y gloria son de que goso y por quien muero. 25 30 35 40 De entre dos arcos de luzes publican discretos zelos, luzes traen con que me alumbro y los zelos por que veo. f.114v Pero si será mi mal nieue de un diuino puerto, que [h]elándome con sus llamas todo me abraza con hielos. Si ponsoñoso carmín que creçe en un prado ameno, áspid nacido en mexilas, veneno en flores enbuelto. ¡Ay amor! (y) si no me matan las dolencias que he propuesto, ¿qué puede matarme, amor, si no me matan los zelos? f.115r Si me matáis vos, amor esto jusgo que es más cierto, queda quien a ciegas cura muerte en ves de dar remedio. 45 Mas a ciegas me curáis mas no os pese amor de [...] que muero tan dulcemente que ya quisiera hauer muerto. Serie di quartine di ottonari con assonanza i-a (fino al v.36). Le prime nove strofe presentano gli stessi moduli stilistici delle poesie che com- 153 Canzoniere ispano-sardo pongono il corpus iniziale del Canzis, unitamente al topos della modestia (vv.29-32) riscontrato in quei testi. Nel secondo blocco cambia l’assonanza (i-o), oltre alla persona grammaticale, e così pure nell’ultimo (e-o). Si tratta, pertanto, di un ciclo di testi diversi pur se tematicamente affini, accomunati dalla descrizione delle sofferenze amorose in rapporto allo sguardo. Benchè non fornisca indicazioni che li identifichino come testi autonomi, il raccoglitore ha fatto coincidere l’incipit di ogni blocco con un nuovo foglio. LV (f.129r) COPLAS De vn olmo graue y soberuio se vengaua el sol de otubre de que por mayo sus hojas no dieron passo a sus luzes. 5 10 Los pájaros en el viento ni se peinan ni se pulen que [h]asta los irracionales de la vil pobresa [h]uien. Con su fragancia las flores seden al campo perfumes y los humos contra el tiempo de la uil pobresa [h]uien. Tre cuartetas asonantadas, u-e nei versi pari. Testimonianze: Ms.4103 BNM, ff.54-55. v.5 los pajaros en el viento las Aues en sus pimpollos Ms.4103 v.6 ni se pulen sí se pulen Ms.4103 v.7 Ms. inracionales v.9 su fragancia sus fragancias Ms.4103 v.10 Ms. se dan al campo, dan al campo sus Ms.4103 v.11 los sus ms.4103 v.12 de la vil pobresa uien a las narices se suben Ms.4103 T ONINA PABA 154 LVI (f.129v) COPLAS Majo se [h]a buelto deciembre en competencias de abril, visten claueles los campos calçan los vales jasmín. 5 10 15 Despéñanse de los montes en consonancia sutil copos de nieue, cristal almas de hielo, marfil. Las más apressiadas flores despreciando su carmín no aspiran [a] ser estrellas pero a ser coturno sí. Que mucho si Clori [h]ermoso baxó a su campo gentil que regonosca la reina recatos del fardellín. Serie di cuartetas asonantadas, con assonanza ossitona -i- nei versi pari. Testimonianze: Ms.3914 BNM, f.346v, (contiene una “vuelta a lo divino” del testo). v.1 deciembre el deciembre Ms.3914 v.2 en y en Ms. 3914 v.5 montes Cielos Ms.3914 v.6 en a Ms.3914 v.7 copos de nieue espiritus de Ms.3914 v.8 almas de hielo en serafies Ms.3914 v.9 apressiadas estimadas Ms.3914 v.12 pero a ser coturno pajas de un pesebre Ms.3914 v.13 Clori ermoso Dios inmenso Ms. 3914 v.14 baxo a su campo gentil cubriendo su carmesí Ms.3914 v.15 que regonosca la reina de nuestro hermano sayal Ms.3914 v.16 recatos del fardellin naçe en figura infantil Ms.3914 155 Canzoniere ispano-sardo LVII (f.130r-v) COPLAS De un pan de escollo pendiente cítara corre un arroyo, cuyas cuerdas en la roca el sol [h]iló copo a copo. 5 10 15 A quien las doradas g[u]igas traste(te)s son del mar sonoro, instrumento que [h]a pulsado el séphiro soplo a soplo. Llorando canto mis males y con mis gemidos roncos tan sentida es la armonía que desata escollo a escollo. Este, pues, dulce instrumento, quando canto y quando lloro la ingratitud me repite y me mata poco a poco. f.130v Cuartetas asonantadas, con assonanza o-o- nei versi pari. Testimonianze: Ms.4103 BNM, ff.65-66, che lo presenta come testo unico, senza la suddivisione in strofe, come fosse un romance. v.1 pan de pardo Ms.4103 v.3 roca rocas Ms.4103 v.6 mar más Ms.4103 v.10 y con mis gemidos roncos con mis gemidos dolorosos Ms.4103 LVIII (ff.130v-131v) COPLAS Enamorado y zeloso, dos desdichas [h]arto grandes, de vna ventana soberuia a Laura [h]ablaua Don Pablo. T ONINA PABA 156 5 10 15 20 “Laura que lauros y palmas tu vencimiento y valor se tributa de los pechos a quien Cupido abrassó. Escucha de amor las quexas ablanda un poco el rigor: que quien amante se quexa bien se mereçe atención. f.131r Dime Laura, no te ofendas, ¿qué ley, justicia o raçón, la luz de tus bellos (h)ojos pudo negar a mi amor? El cabrero en la montaña, la roca, risco o peñón, aunque inassibles substancias logran la luz de tu sol. Y a quien tan argos se obstenta por contemplar tu primor, se niega la claridad del sol que a tantos se dio. 25 30 35 No más quexas por mi amor que dicen suelen sejar aquel solo segado que niega la luz del sol. f.131v En medallas esculpido el sol de tu cara está, pero es un sol retratado que ni luz tiene ni da. A tu deidad se consagra desta medalla el metal, toma Laura, que el retrato busca su original”. Ancora cuartetas asonantadas, con assonanze varie. Nella prima e nella settima strofa manca l’assonanza. Testimonianze: SEGUNDA PARTE RG 1605, f.75. v.26 Sejar per Cegar v.27 Ms. Segaio 157 Canzoniere ispano-sardo LIX (f.132r-v) COPLAS El [...] a un nobio Dime Blas por qué te [h]uies, Dime Blas por qué te vas. Ay, que te sig[u]en los cuernos y entre las cabras cabrás. 5 10 15 20 Quando veas en tu frente, abiertas de par en par, los alcornoches enzinas que [h]ablo de veras verás. Mira Blas, mira tu Gila, a tu esposa mira ya: que en la montaña y la selua [h]arto poco onesta está. Y tú, Gila, dizen que tu amor con Juanillo va y con palabras fingidas dizen que tú [h]ablas a Blas. f.132v Ni le faltan tus requiebros, pues en donaires rompió y en concertados assentos a tu dulce encanto cantó. Perdonadme Blas, Gila si con enfado conté, y si lo que passa en metro muy poco agra[da]ble [h]ablé. Serie di cuartetas asonantadas in -a (le prime quattro) nei versi pari tronchi, arricchite dal ricorso, nel verso quarto, alla rima ad eco con spostamento dell’accento (da piana a tronca). Nella penultima e ultima strofa l'assonanza cambia, rispettivamente, in o ed e. Il tono burlesco veicola uno dei motivi ricorrenti della poesia satirica, enunciato nel v.3: "los cuernos". v.14 Ms. conduanillo T ONINA PABA 158 LX (f.133r-v) COPLAS Gigante cristalino que al cielo se oponía el mar en blancas torres de espumas fugitivas. 5 10 15 20 Era de tronco inútil cuyas ramas solían [h]aser dosel a un prado que fue de un majo embidia. Pescaua yo corales y como se corrían, de verlos en sus labios más finos paresían. De mi cabaña pobre las paredes sospiran en donde yo gosaua mi dulce compañía. f.133v Baxa fortuna (y) corre y en poco la vida estima quien todo lo desprecia su muerte solicita. Romancillo, con assonanza i-a nei versi pari, privo di alcune strofe. Testimonianze: Ms.4103 BNM, ff.245-46; MARAVILLAS DEL PARNASO 1637, ff.57r-58v; f.66r-v. DURÁN lo attribuisce a Lope de Vega (La barquilla, n°1784) v.2 se oponia te oponias Ms.4103 v.3 el mar en del mar con Ms.4103, MARAVILLAS, el mar con DURAN v.5 era de quando un MARAVILLAS, quando de un DURAN v.8 majo rayo MARAVILLAS, DURAN v.9 pescaua cogia Ms.4103, sacava MARAVILLAS, DURAN v.10 corrian cojian Ms.4103 v.11 de verlos en sus al verse entre tus Ms.4103, al verse con tus MARAVILLAS, de verse con tus DURAN v.13 pobre humilde MARAVILLAS, DURAN v.15 en donde adonde DURAN v.16 mi tu MARAVILLAS, su DURAN v.17 fortuna y corre fortuna corre Ms.4103 v.18 y en poco la vida poco la vida Ms.4103, DURAN v.20 su muerte solicita y al campo se retira Ms.4103, y a todo se retira MARAVILLAS 159 Canzoniere ispano-sardo LXI (ff.133v-134v) A UN DIESTRO ARTILLERO A QUIEN POR UN TIRO CONDENARON A [A]ÇOTES Romançe 5 10 15 20 25 Va de prólogo al lector en que le aduierto que aduierta que es el sujeto muy [h]onrado aunque esta ues mal [h]uela. Digan si es cosa aun oída que con un soplo no pueda ponerse a cauallo bien presto sin estribo desde tierra. Algunos niegan que el tiro asestó a que naide [h]iriera, siendo que los que se [h]allaron en la narís aún les queda. A naide la uida aseguro, viuan todos muy alerta que al más amigo dispara por un soplo si se altera. Cogióle por las espaldas la tempestad bien des[h]echa de açotes pero ¿qué mucho que después de un tr[u]eno llueua? Ni me imaginen tan cruel, pues que sola es digna pena por disparar al más cauto morir en [h]orca o galera. Señores, ya por su [h]onor naide a ofenderle se atreua, pues podrá [h]aser un mal tiro si se empeña a qualquiera. f.134r f.134v Romance con assonanza e-a, già edito in ACUTIS. Questo testo e il seguente potrebbero essere dello stesso autore, per affinità di stile e di costrutto. L’uso di naide per nadie, accomuna i due testi al corpus iniziale del manoscritto. v.23 Ms. cauta T ONINA PABA 160 LXII (ff.134v-137v) DÉCIMAS A UNA DAMA A QUIEN MATÓ SU MARIDO CON UN PUÑAL 5 10 15 20 25 30 35 Va de prólogo al letor en que le aduierto que aduierta que ni [h]ablo mal de la muerta ni menos del matador; motivóme mi buen [h]umor [h]ablar, entre bien y mal, un rato con el puñal que con fieresa atreuida fue riguroso [h]omicida de una beldad sin igual. f.135r “Puñal, di lo que [h]a passado, que murió María escucho, esso para dicho es mucho y mucho para callado. ¿Fue a caso rigor del [h]ado o de la Parca osadía, la que la lus de María apagó? Di puñal, dy ¿quién pudo eclipsar assí los resplandores del día? Relata, puñal, el hecho en una breue resunta, pues te franqueó la difunta lo más secreto del pecho. ¿Murió María en su lecho? ¿Allá murió? mas ¿de qué? Esso no sé, sólo sé que algunos [h]an presumido que su muerte el yerro [h]a(s)sido y otros que el asero fue. ¿[H]aurá sido opilación su mal? Fatible es que sea, que achaques desta realea achaques de dama son. Y el seg[u]ir esta opinión no es porque assí me lo quiero, de los remedios lo infiero, f.135v Canzoniere ispano-sardo 40 45 50 55 60 65 70 75 161 pues es cosa aueriguada que a toda dama opilada suele aplicarse el azero. ¿Algún dolor de costado le quitó acaso la uida, o fue dolencia escondida que ninguno [h]a penetrado? ¿Mal de madre le [h]a apretado o algún mal de suegra [h]a sido? No hay tal, ni en lo referido hay achaque que me quadre: no murió de mal [de] madre sino de mal de marido. f.136r Di, puñal, la verdad pura, si procedió esta dolencia de la común influencia que padece la hermosura. No sé tal, mas si se apura conosceráse sin duda toda la verdad desnuda, y es que el mal que la mató no fue mal tanto sino una enfermedad aguda. ¿Fiebre fue? Yo no sé tal, ni lo niego ni lo digo pues siendo el puñal testigo no me lo ha dicho el puñal. ¿Y no sabremos el mal de que padece María, si es gota o apopexlía, si es susto o dolor ve[he]mente? No lo sé, sé solamente que murió de una sangría. Ya se acabó esta bellesa, y por más que se acabó no he de [h]ablar del caso yo que no lo sé con certesa. El puñal con su agudesa diga en esto lo que siente, y pues se halló tan presente con raçón [h]ablar le toca, que aunque carece de boca f.136v f.137r T ONINA PABA 162 80 85 90 95 100 [h]abla agudisamente. El puñal [h]abla, ¡atención! Naide escuse el escuchar, pues tiene un modo de [h]ablar que penetra el coraçón. A las damas va el sermón, que pues no se [h]azen mejores con los fructuosos sudores del púlpito, podrá ser que pueda un puñal [h]azer más de mil predicadores. Sabed que assí se marchita, o[h] damas, toda beldad, sabed que su enfermedad no la cura la visita, tened en el alma escrita esta lición aunque agena, en su cama sana y buena sangran a ésta, naide duerma, que a la que hallaren enferma quisás picaran la vena. f.137v Serie di décimas espinelas. Schema rimico: abbaaccddc. Entrambi i componimenti sembrano ispirarsi a fatti di cronaca e presentano forme linguistiche e lessicali già riscontrate nelle poesie collocate in apertura del Canzis, con le quali hanno in comune anche le allusioni di carattere dilogico. Le due ultime strofe veicolano la morale, in questo caso rivolta alle donne e resa ancor più marcata dal tono monitorio e didattico che lascia supporre un autore religioso. v.9 Ms. rigurosa v.15 Ms. de lado v.18 Ms. de v.19 Ms. exilisar v.22 Ms. resumta v.39 Ms. opolida v.54 Ms. parece 163 Canzoniere ispano-sardo LXIII (ff.137v-138v) COPLAS Paxarillo que vas por [las] seluas y cantas alegre con dulce primor, huie, buela, te ausenta y resulta adonde tus siluos la selua escuchó. 5 10 15 20 Si te quexas porque te enamoro, pues tus (h)oxos me dan la ocación, quéxate de tus (h)oxos Anarda, tus (h)oxos son flechas que el alma me hirió. f.138r Descuidado a la selua baxaua quando entre las ramas vide un arrebol que dorando las [h]ojas las flores sol nueuo del prado mi voz le llamó. Murmuraua un arroyo que perlas bañaua en cristales quando se rompió una vos que con dulçes encantos al bello arroyuelo luego adormeció. Quiso dar por bisarra a tus passos por la selua y la rústica flor, desmayada, a tus plantas se postra pidiendo la abiue su roxa color. f.138v Girasoles conuierte las plantas que miran alegres este nueuo sol, que dexándose el prado y la selua de negro capús luego los vistió. Cuartetas polimetriche (decasillabi e dodecasillabi) con assonanza ossitona in -o- nei versi pari tronchi. La stessa poesia viene trascritta nel f.149v (LXIX) e nel f.156r (LXXIII). v.1 por las seluas, LXIX, LXXIII v.3 ausenta y suelta, LXIX, LXXIII v.10 miré, LXIX, LXXIII v.17 sus, LXIX v.18 Ms. rística T ONINA PABA 164 LXIV (ff.138v-141r) ROMANCE 5 10 15 20 25 30 35 40 En la naue de San Pedro, que por otro nombre llaman, el galeón Santa Fe famosa y real capitana. En la cámara de popa que es la religión christiana va en busca del nuevo esposo Doña Margarita de Austria. Las Indias de la gloria haze su felís jornada que en el nombre de Dios tiene todo su bien y esperanza. Tal prissa le dio el Amor de la Naue do se enbarca que aun no se aguardó a calçar y assí se enbarcó descalça. No de tres emperadores ser hija nieta y [h]ermana, ni sobrina de Felipe, señor de las dos Españas. Hace que carg[u]e el nauío de pompa soberuia y uana, que este vagaje del mundo pessa mucho y mal se passa. Ni por adquirir riquesas de las nuestra[s] haçe carga, que más en lo que se dexan que en lo que lleuan se gana. Antes, como ya nauega por mar de tantas borrascas, vi[s]to que son obras muertas con tiempo las (h)echa al agua. Que aunque a las cosas de acá las llaman todas liuianas como son hechas de tierra es fuerça que sean pesadas. Embarcóse a la ligera, porque no la estorue nada, que en la naue de la Igleçia lo demaciado enbaraça. Es Dios Patrón desta naue, f.139r f.139v f.140r Canzoniere ispano-sardo 45 50 55 60 65 70 75 80 y va tan bien artillada que en vez de tiros, la puso los açotes y la lança. Con los clauos de la Cruz por más firmesa la c[l]aua y con su sangre la brea porque no pueda haçer agua. En el [h]orno del amor, donde jamás fuego falta, del grano de trigo Christo cozió el viscocho que enbarca. La carta del marear es nuestra ley sacrosanta, que descubre los bagíos los grados y las distancias. De velas sirue la Fe, de áncoras la Esperança, de farol la Caridad, la Cruz de mastil y gauia. La [h]Umildad y Pacencia, la Obediencia y la Templança van por [l]astre del nauío que es la más segura carga. Es lastre y es mercancía, y aunque se compre barata en las Indias de la gloria vale un ojo de la cara. El ayre es blando y sutil, que para que mejor vaya sopla el Espíritu Santo, ved si promete bonança. En tal naue y con tal viento, vos, Sereníssima Infanta llegaréis a Puerto Rico sin [h]auer tormenta o calma. Que, aunque es muy largo el viaje y la mar inquieta y braua, en la naue de San Pedro quien no quiera no se salua. 165 f.140v f.141r Romance di Alonso de Ledesma, (Conceptos espirituales, 1605), già edito in ACUTIS. v.24 Ms.passa v.54 Ms. socro santa v.66 Ms. so T ONINA PABA 166 LXV (ff.141v-142r) A LA VIRGEN DE LOS MÁRTIRES Romance 5 10 15 20 El sufrimiento es preciso, si desta Señora hoy trato, pues es Señora que a todos nos tiene martirizados. Cierto que es cosa que pasma haya deuoto encontrado la que sólo a fuego y sangre admite gente a su amparo. Su condición es estraña, pues dizen tiene ordenado que solas roxas libreas vista su gente en el año. Viste sagrados ropages, a rubias perlas sembrados, que a los sanguíneos de mártir tanto engastaron. De piedad, hoy, el blazón darle sin duda reparo, pues que de gente sangrienta haçe en verdad hoy más caso. Hoy los de su valía son los más descabesados, y aquellos más ella aprecia que son los más desgarrados. f.142r Romance, con assonanza a- o, già edito in ACUTIS; dallo stile si potrebbe considerare opera dello stesso autore a cui appartengono i testi del corpus che apre il canzoniere. LXVI (f.142v) VILLANCICO Como buen soldado viejo diuino Bartolomé(o), peleastes por la fe [h]asta dexar el pellejo. 167 Canzoniere ispano-sardo 5 10 15 20 No os amedranta ni espanta ser el enemigo fuerte, ni el uer al ojo la Muerte ni el cuchillo a la garganta. Que como soldado viejo, veiendo el premio cual se ve peleastes por la fe hasta dexar el pellejo. El cielo [h]auéis escalado a pura fuerça y valor, que en el peligro major se conoçe el buen soldado. Y como en el Real Consejo todo se sabe y se ve peleastes por la fe, hasta dexar el pellejo. Villancico di Alonso de Ledesma, (Conceptos espirituales, Lisboa 1605). v.2 Bartolomeo: italianismo. LXVII (ff.143r-144r) 5 10 15 Después que la negra muerte, triste y oscuro nublado, cubrió del sol de justicia sus hermosíssimos rayos. Después de aquel torbellino, estando el cielo cerrado, descargando el agua y piedra sobre la lana del manso. Después del último trueno, tal que puso al mundo espanto, pues hisieron sentimiento los insensibles peñascos. En las empinadas torres y edificios leuantados, de major grandeza y pompa cajó un fortíssimo rajo. Sois rajo, diuino Amor, f.143v T ONINA PABA 168 20 25 30 35 40 pues con vuestro fuego santo abraçáis los coraçones dexando los cuerpos sanos. Sois [h]orno donde se cuezen unos quebradizos barros, haziendo dellos ladrillos para torreones altos. Y adonde las culebrinas y los tiros reforçados, vazía el artífice diestro para dar un nueuo assalto. Sois fragua do (se) forja espadas de dulces filos, y amargos para el enemigo cuello del poderoso contrario. Petos fuertes y sensillos con tal destreza templados que no fueran petos fuertes si fueran petos doblados. Sois la[s] lenguas con que oran, en este [h]umano teatro, en defença de la fe los retór[i]cos más sabios. Sois la paloma que muestra, con su pacífico ramo, que después de tal diluuio, [hay ya para el cielo paso]. [...] después que Dios subió al cielo está en el lugar más alto. f.144r A la venida del Espíritu Santo, romance di Alonso de Ledesma, (Conceptos espirituales, Lisboa, 1605). Il testo non è completo, mancano infatti i vv.4465. Gli ultimi due versi trascritti dal copista sono quelli conclusivi del romance. La composizione è sfuggita a C. Acutis, in quanto inglobata, senza soluzione di continuità, nel testo che lo precede. L’integrazione (v.44) è stata apportata sulla base dell’edizione di D’ORS. v.8 Ms. mayo 169 Canzoniere ispano-sardo LXVIII (ff.144v-146r) ROMANCE 5 10 15 20 25 30 35 40 Aquel peregrino Rey que a nuestra Señora uino, a sólo cumplir el uoto que ante su Santidad hizo, después de hauer uisitado, con grandíssimo peligro, las deuotas estaçiones que por más devoción quiso, hoy buelue a su Reyno y Corte en trage de peregrino, que de la romería se queda con el vestido. Cinco ueneras que lleva pueden seruir de testigos de los passos en que [ha] andado y si cumplió con su oficio. No están blancas sino roxas, señal de que en el camino [h]a uertido sangre Real pues las tiñó todas cinco. El bordón se dexa acá para que sirua de aliuio, en tan larga romería, al passagero mendigo. Por aquesta Crus de Dios que es bordón y estoque fino, bordón para caminar, [y] arma contra el enemigo. Es espada de dos manos y tales las [h]a tenido, que en un monte con él solo un vandolero [h]a rendido. Cortó su infame cabeça y quitóle mil cautiuos, que en una masmorra obscura tuuo gran tiempo metidos. Eran grandes de su Corte que, muertos y no uencidos, pelearon por su Rey con noble corage y brio. Con este acompañamiento, f.145r f.145v T ONINA PABA 170 45 50 bien a su grandeza diño, entra en la Corte triunfando lleno de despojos ricos. Como a su rey natural, desde el mayor al más chico, le salen a recebir con fiesta[s] y rigosigos. El Cielo y tierra se alegra y el Padre abraça [a] su Hijo dándole cetro y corona y sentándole consigo. f.146r A la Ascensión de Christo Nuestro Señor, romance di Alonso de Ledesma, (Conceptos espirituales, Lisboa, 1605), già edito in ACUTIS. v.51 Ms. donde el LXIX (ff.149v-150r) Vedi LXIII LXX (f.150v) 5 10 Respira ira mi pecho y en pechos se tributa, de lágrimas des[h]echo todo se uierte en rabia por uer Fuente[r]rabia teatro de amores hecho. Una llama ama que brilla mi coraçón y no ue(e) que le quema la llama a(f)fé. Brama por amar continuo, rabia porque amores ue(e) y al fin llora un no sé qué. Conque brama y ama [a] mí y bramar y amar es una 171 Canzoniere ispano-sardo 15 la causa de mi duelo. Gemidos, idos de aquí, suspiros, iros conuiene que uiene mi amor florido. Tre sestine di settenari, di cui solo la prima ha uno schema rimico preciso: abacca. Composizione particolarmente ricca di rime interne e a eco. LXXI (ff.151r-152v) ROMANCE PARA EL DUQUE DE SAN GERMÁN QUE VINO A CERDEÑA POR LA PASQUA DE NAUEDAD, Y JURÓ PRIMER DÍA DE AÑO. 5 10 15 20 25 Se principia tu gouierno ultimado el año infausto, hoy enbuelto en buenos fines tendrá su principio el año. Tu uenida y la [de] Christo con razón se combinaron, y siendo uno y otro numen uenís entrambos humanos. Dizen que apa(us)sible Christo está en el orbe jugando, y es uerdad, pues [h]echo hombre lindamente [h]abrá triunfado. Imitador tú [de] Christo, deponiendo lo soldado sin que jueg[u]es la espadilla uienes al hombre ganando. Si la gala está en uencer con los triunfos ordinarios, esclúiga los matadores tu gouierno en todo caso. Elije el triumfo luzido, que no es el Reyno tan uasto que el oro de su nobleza pida que reynen los palos. Espero uer tu gouierno con tal arte barajado, f.151v f.152r T ONINA PABA 172 30 35 40 45 50 que respondiendo a tu gusto ninguno se [h]alle con fallo. No piençe contigo naide que, después de [h]auer robado, para excluirse de juego han de ualerle los passos. No harán uasa las mal(l)illas contigo, siendo tan sabio, y para mostrar lo discreto excluie tanbién los ganzos. Para este juego, ta[h]úres, en cada consejo hay quatro, mas si contigo es sinquillo el hombre será ayudado. Desde el principio del juego no dudes salir triumfando, pues los triumfos asseguran sólo tener tú la mano. Lo liberal de tu nombre quien no lo atiende zifrado, pues aun quando lo comprimen a todos les enseña franco. Tu mismo nombre, en efecto, está al Reyno assegurando si como Duque grandeças como san Germán milagros. f.152v Romance, assonanza in a-o già edito in ACUTIS. Appartiene allo stesso corpus di componimenti ispirati a eventi e personaggi della società sarda della seconda metà del XVII secolo, opera forse di uno stesso autore. La rubrica fa riferimento al duca di San Germano Francesco di Tutavilla, già generale d’esercito e vicerè di Navarra, che venne inviato come vicerè in Sardegna nel 1669 dopo la morte del Marchese di Camarassa, assassinato un anno prima per mano di ignoti. “Duro e intransigente fino alla ferocia” (LODDO CANEPA), per il suo operato, e soprattutto per come condusse l’inchiesta su quel fatto criminoso e per i suoi esiti, lasciò fama di uomo crudele (ALEO, SCANO, BULFERETTI, MATEU IBARS). Le cronache manoscritte coeve agli avvenimenti e i documenti dell’Archivio di Stato di Cagliari discordano rispetto a questo romance sulla data del giuramento come vicerè. Secondo l’ALEO e gli altri storici, il duca di San Germán giurò il giorno dopo esser giunto in Sardegna, il 26 dicembre, e non “primer dia de año” come recita il nostro testo. 173 Canzoniere ispano-sardo José Delitala y Castelví gli dedica un componimento nel suo Cima del Monte Parnaso Español (1672). Il romance è costruito sulle allusioni al gioco con le carte denominato juego del hombre, “juego de reflexión, con reglas harto complicadas” (ETIENVRE), passatempo a cui erano dediti in particolar modo esponenti del clero e dell’aristocrazia. Esiste una discreta testimonianza (in versi e in prosa) della passione nel Siglo de Oro per il linguaggio cifrato dei giocatori di carte, vero e proprio topos letterario (ETIENVRE). v.1 Ms. si v.15 espadilla: “as de espadas en la baraja de naipes” (AUTS) v.16 hombre: “el que en ciertos juegos de naipes dice que entra y juega contra los demás” (D.R.A.E) v.18 triumpho: “en el juego de naipes se llama la carta de palo, que ha salido, o se ha elegido, para jugar dél, la qual es privilegiada, y vence a qualquiera de los otros palos” (AUTS) v.19 matadores: “en el juego de baraja del hombre, cualquiera de las cartas del estuche” (D.R.A.E.) vv.22-23, basto, oro, con espadas e copas costituiscono i palos, cioè i semi delle carte v.28 fallar “en el juego del hombre es tomar con triunfo el rey o carta de otro palo que uno salió jugando” (AUTS) v.32 passos: allude all’espressione “paso” con cui il giocatore rinuncia al suo turno di gioco per opportunità o perchè non favorito dalle carte 33 malilla: “término del juego del hombre. La segunda carta del estuche, superior a todas, menos a la espadilla” (AUTS) v.33 uasa (Acutis legge nada) per baza: “la junta de dos, tres o mas cartas qua uno ha cogido y ganado en el juego de los naipes con la suya [...]” (AUTS) v.37 ta[h]úres: giocatori v.48 si riferisce a Franc.o, forma abbreviata di Francisco LXXII (ff.153r-156r) BUENAS PASQUAS AL NIÑO JESÚS Aunque [h]aya de negar nombre de perdido y de [...] quiero uer si en este lançe podré hazer primera o flux. 5 Mas cierto que no me mueue solamente el Dinguindux, que a mí no me hazen cosquillas los dixes ni el aluxú. T ONINA PABA 174 10 15 20 Ni aunque en premios prometieron quantos en sus [h]ombros el Gur trassiega con ricas flotas a san Lucas del Pirú. Ni quando algún tiempo en Lebia apremió el rico baul de Cresso, ni lo que se merca el mercadante en Ormuz. f.153v Recabaron de mi musa que al cojer almoradux fuera al Pindo y que allí hiziera al señor Apolo el buf. Que ya con mi diestra mano tengo hecha una larga crus, por [h]auerme tantas ueçes dado en certamen capús. 25 30 35 40 Ya tengo razón bastante de estar enojado aún, por pençar que no entendieron de mi canto llano el ut. Con todo, porque no digan, mi amado niño Jesús, si no os doy la buen uenida que soy de Calatayud. Y que mi ta(r)taragüelo fue antenado de Abiud y guardamos sus nietos las leyes de Salamud. Digo que Felices Pasquas tengáis, que ya en su laúd gloriosamente os lo canta el más gallardo Cherub. Y de Vos a boca llena pas, año bueno y quietud promete el Cielo y lo entona y en cítara ya en Adús. 45 f.154r Pas porque nació el caudillo que con la espada de luz f.154v Canzoniere ispano-sardo 175 ha de segar la cauessa al pérfido Bersebú. 50 55 60 Año bueno, pues, a todos daréis colmado el alm(a)ut del trigo que nuestros Padres llamaron mana manaú. Y no será necesario (de) hoy con tal pan que algún ángel trayga de un cabello por los ayres al bachur. Ni que de pobres espigas haga su regoso Ruth, o se compren mayorasgos por lentejas a Esaú. f.155r Pues, aunque todos tengamos estómago de avestrús, bastará a matar el hambre tal es su fuerça y virtud. 65 70 75 80 Mas que dicen de otras graçias que por uos, como arc(h)adús, ha querido que nos vengan uuestro celestial Jesú. Pues tras toda esta abundancia [h]aurá tan grande salud que se [h]aurá de estar ocioso de la muerte el ataúd. Y aunque tuuiesse más flechas su carcax y arcabús, más balas que tiene un fuerte todos le harán figa y bus. Por esto uendrán a ueros de la Arabia y Malipur, tres Reyes para ofreceros las parias de mancomún. Para recebir en torno de tesoros un Pirú, f.155v T ONINA PABA 176 de ricos dones un Nilo y de gracias un Asud. 85 90 Mas yo que ofrecer no puedo como soberano Asur y de mi caudal no alcanço aun para quatro de Atur bastárame [h]aueros dado, en señal de gratitud, Buenas Pasquas aunque diga[n] “habló el buey y dixo mu(r). f.156r Cuartetas asonantadas con assonanza ú nei versi pari, fitte di riferimenti a personaggi e luoghi del mondo biblico, quasi sicuramente opera dello stesso autore del romance precedente. v.4 hacer flux:”en ciertos juegos, la circunstancia de ser de un mismo palo todas las cartas de un jugador” (COROMINAS) v.18 Ms. el moradux, “hierba que por otro nombre se llama mayorana” (AUTS) v.20 buf: “modo de interjección, que significa enfado u disgusto de alguna cosa, imitando al sonido que hacen algunos animales quando se enojan” (AUTS) v.62 Ms. yvestrus v.76 hacer figa: “se llama la acción que se hace con la mano cerrado el puño, mostrando el dedo pulgar por entre el dedo índice y el de enmedio, con la qual se señalaba a las personas infames y torpes o se hacía burla y desprecio de ellas. También se usa contra el aojo quando se alababa o se miraba con atención alguna cosa” (AUTS); buz:”el beso de reverencia y reconocimiento que da uno a otro”(AUTS) v.80 parias:”tributo que paga un principe a otro en reconocimiento de superioridad” (AUTS) v.92 Ms. buus; il verso riproduce un proverbio “que se dixo por el hombre que siendo ignorante calla continuamente; y si le acontece hablar alguna vez, dice alguna necedad u disparate” (AUTS) LXXIII (ff.156r-157r) Vedi LXIII Canzoniere ispano-sardo 177 LXXIV (ff.157r-158v) A UNA CABEÇA O SELUA DE PEOJOS 5 10 15 20 25 30 35 40 En unos bosques frondosos, tan espessos de [h]ojarasca, que sólo[s] para cassar los dedos tienen entrada; y si del fértil ganado talués crecen la manada ad sumum, por su arboleda, el perro los dientes passa. Son estas fieras de letras, son Argos en su mirada, pues que todos, y aun ojos, a boca llena los llaman. Ansí talués se lastiman dellos las matas preñadas, que en sólo tocando a vna a mil a mil della saltan. No tanto niño mató del fiero Herodes la rabia, quantos deste bosque caen en una sola matança. Ni tanto del firmamento tachonan astros la falda ni el ponto en sus brauesas estupetan muchas hauas. Deste animal tan saluaje la mançedumbre es bien rara, pues su candor bien diestro con las manos los agarra. Dizen que su cassador no se cura desta cassa, mas yo sé que es lo que a él más por la cabessa le passa. La estima que [h]a desta fiera su cassador, más espanta, pues que sobre su cabeça tiene siempre esta cassa. En los dedos hallan quiebra tus memorias, con raçón, que en paz no saben biuir afuera del coraçón. f.157v f.158r f.158v T ONINA PABA 178 Romance con assonanza e-a, già edito in ACUTIS. v.7 Ms. alboleda v.22 Ms. tochonan LXXV (f.158v) Tu madre te casó y tu obedeçer quisiste, que mueras o biuas triste ¿qué culpa le tengo yo? 5 Coraçón, pues tú no quisiste amar a quien te perdió, que mueras o biuas triste ¿qué culpa te tengo yo? Due quartine di taglio popolare; schema rimico abba baba. LXXVI (ff.159r-160r) Madre, la mi madre, guardas me ponéis: que si yo no me guardo mal me guardaréis. 5 10 15 Dizen que está escrito, y con gran raçón, ser la privación causa de apetito; crece en infinito el ençerrado amor, por esso es mejor que no me encerréis: que si yo no me guardo mal me guardaréis. Si la uoluntad por sí no se guarda, Canzoniere ispano-sardo 20 25 30 35 40 no la harán guarda miedo ni calidad. Romperá en verdad por la misma muerte, hasta hallar la suerte que uos entendéis: que si yo no me guardo mal me guardaréis. 179 f.159v Quien tiene costumbre de ser amorosa, como mariposa irá tras su lumbre; y aunque muchedumbre de guardas le pongan, por más que propongan de hazer lo que hazéis, que si yo no me guardo mal me guardaréis. Es de tal manera la fuerça amorosa que a la más hermosa la buelue en quimera, el pecho de cera, de fuego la gana, las manos de lana, de fieltro los pies: que si yo no me guardo mal me guardaréis. f.160r Coplillas o cantar. Testimonianze: la prima strofa figura nel ROMANCERO MUSICAL di Torino, ff.23v-24r. Le cita Miguel de Cervantes ne El Celoso extremeño (1613) e nell’ultimo atto de La Entretenida. Un confronto tra le numerose versioni esistenti lo offre CANAVAGGIO. T ONINA PABA 180 LXXVII (ff.160r-161v) A UNA DAMA MELINDROSA 5 10 15 20 25 30 35 No quiero, no quiero nada, sólo quiero mantequillas, párdulas, sí quesadillas, y por postre una granada, no quiero no quiero nada Ni la cáscara de las nueçes, ni de las (h)uvas el gajo, ni de la quajada el agua, ni de los vinos las hezes, menos gusto de entremeses ni de comedia fingida, quisiera sólo en comida lo que cubre una empanada, no quiero no quiero nada. f.160v No quiero de amor lo[s] zelos, ni lo que los amadores padeçen con sus amores y encendidos monjibelos, quiero sólo lacayuelos que con pollos y capones, ricos tordos y gamones, me frequentan la posada, no quiero no quiero nada. Del pollo la pechug[u]illa, de las aues la perdís, de los confites anís, de la uaca la ternerilla; quiero quiero almondiguilla, gallinas, pauos, halcones, del carnero los riñones, quiero al fin capirotada, no quiero no quiero nada. Pan y queço y rabanillo, con empanadas flamencas, de los cardos quiero pencas, y del Dios Baco el uinillo; f.161r Canzoniere ispano-sardo 40 45 50 55 181 mas no quiero el tabardillo, ni calenturas tercianas, quiero sí por las mañanas confites y naranjada, y no quiero no quiero nada. Comiera por la mañana, sin que falte el apetito, los sesitos del cabrito; por almuerço a la mañana una perilla u mansana, tres palmos de longanisa, un pollo comido aprissa sin que tenga camarada, no quiero no quiero nada. f.161v Quisiera en una comida quanto comestible encierra selba, cielo, mar y t[i]erra dispuesto en olla podrida, y después de digerida, boluiéndose a renouar, lo daré a mi paladar como cosa consagrada, y no quiero no quiero nada. Strofe di otto versi di ottonari, l’ultimo ripreso dall’estribillo; schema rimico: abbaaccd + d. Il tono giocoso, quasi un divertissement, rimanda per stile e arguzia di linguaggio al corpus testuale del probabile autore sardo. Una chiara spia della sua composizione in Sardegna è il termine párdulas (v.3), che rimanda a un dolce di formaggio tipico della Sardegna. v.18 riferimento al vulcano Mongibello v.21 forse per jamones v.28 Ms. almondongilla, per almondeguilla “voces corrompidas de albondiguilla, guisado compuesto de carne picada, huevos y especias con que se sazona” (AUTS) v.47 Ms. langonisa T ONINA PABA 182 LXXVIII (ff.162r-163r) QUEXAS DE UN DESVALIDO 5 10 15 20 25 30 35 40 Desmenusado un arroyo, entre g[u]ijas de marfil, quexándose de su suerte en alta uos dixo ansí: “De la cumbre de más garbo tube el principio feliz, mas quien tiene malos medios desgarbado tiene el fin. En mis niñezes y cunas, hechiso del risco fuy, que hechisan fuentes de plata al risco más infelís. Texióme la [h]ermosa Clori, con flor de rosa y jasmín, las faxas y mantillinas y ricas telas de abril. Adormecían mi llanto con su ayroso gardín las cítharas de las aues en consonancia(s) sutil. Al uerme sierpe de plata, enamorada y gentil, armóme lazos de flores la campaña más feliz. Mas mi fortuna de uidr[i]o, con ser cristal mi luzir, me dio luego a conocer estar mi suerte en un triz. Porque pelado el agosto, más sediento que aguazil, me chupó viuo las uenas en lo mejor del viuir. Y uengo a ser despreciado el que ayer marauilla fuy de la campaña y la selba, del prado, risco y jardín. Desmayándose el arroyo hizo fin y punto aquí, y bostezando la tierra se le acabó de engullir. f.162v f.163r 183 Canzoniere ispano-sardo Romance, con assonanza ossitona in í, già edito in ACUTIS. Il v.34 evoca il v.3 (que ayer maravilla fui) della letrilla V di Luis de Góngora, Aprended flores de mí, glossata nel manoscritto, ff.50-51 (v. XXXVIII). LXXIX (f.163v) 5 10 Si para uer mis males me dio los ojos la naturaleza, siruirán de cristales porque se uean con mayor uiuesa las lágrimas que vierten en raudales. Si con llorar alibio siente mi pena por llorar será el llorar más tibio, más flojo mi quebranto porque cresca mi lloro con el llanto. Finis. Strofa polimetrica di dieci versi, composta di settenari, ottonari, novenari e endecasillabi. Schema rimico: ababacdcee. LXXX (f.164r) 5 10 15 Los sercados de Betulia cantan al salir del sol, y en las tiendas de [H]olofernes llora el confuzo esquadrón, y la casta y uiuda Judid, con ánimo de varón, puesta encima el alto muro assí dixo en alta vos: “Llorat cobardes, llorat a vuestro señor, que este feminio braço os le mató”. Y ellos llorando ar[r]astran las banderas, alçan el campo y marchan las [h]ileras. T ONINA PABA 184 Composizione formata da un romance e due seguidillas (pentasillabi e settenari), caratterizzata fino al v.12 dall’assonanza in ó nei versi pari. Nell’ultima seguidilla i versi dispari sono assonanzati, mentre i pari hanno rima. Il testo viene ripetuto nel f.231, CIV, con poche varianti e seguendo una distribuzione in cuartetas. Rientra nel ciclo romanceril di tema biblico e riferisce l’epilogo dell’assedio di Oloferne alla città di Betulia, grazie all’audace azione di Giuditta che penetrata nel campo nemico decapita Oloferne nel sonno. v.1 Ms. Butulia; CIV v.5 ipermetro; judia, CIV vv.9-10 llorad CIV LXXXI (ff.164v-165v) COPLAS AL SANTÍSSIMO SACRAMENTO Aquí que nayde nos oye, sino todo el mundo y Dios, murmuremos un poquito, uaya de murmuración. 5 10 15 20 Ya saben que el Pueblo Hebreo por el maná murmuró, figura del sacramento aunque no tubo razón. Murmuremos un poquito, uaya de murmuración. Desían que empalagina y era manjar sin sabor, mas eran unos judíos vayan con la maldición. Murmuremos un poquito, uaya de murmuración. Pero que hoy guste de darnos, y diga que es gran sabor, pan que de quantos le comen nayde substancia le halló. Murmuremos un poquito, uaya de murmuración. f.165r Canzoniere ispano-sardo 25 30 35 40 45 50 185 Diz que quien le come biue, mas yo digo y con razón que a muchos que le comieron después se los lleuó Dios. Murmuremos un poquito, uaya de murmuración. Que tal deue ser el pan a que Dios nos combidó, pues aún antes de comido da dolor de coraçón. Murmuremos un poquito, uaya de murmuración. A nuestra salud nos brinda de un soberano licor, que no es vino y lo pareçe y hemos de hazer la raçón. Murmuremos un poquito, uaya de murmuración. f.165v Ello es berdad que del cielo dizen que este pan baxó, pero de que allá le coman mucho lo dudo Señor. Murmuremos un poquito, uaya de murmuración. Si los Angeles dezían mirarle con atención, miren muy en [h]ora buena pero probarle, esso no. Murmuremos un poquito, uaya de murmuración. Serie di cuartetas asonantadas nei versi pari, tronchi, con vuelta di due versi (quelli finali dell’estribillo), sulla discesa della manna. Il tono ironico-giocoso rimanda al corpus del presunto autore sardo, come pure alcuni stilemi e l’impiego di nayde per nadie. T ONINA PABA 186 LXXXII (f.166r-166v) EXEQUIAS DE UN DESESPERADO 5 10 15 20 Del sepulcro de mis penas, en donde muerto me tiene una perdida esperança, quiero entonar las exequias. Mas no sé por do’ comiençe si el comienço bien no uiene, a un muerto desesperado que ni en su muerte halla el requie. Y si dexando a una parte el reposo, tomar quiero lo que sig[u]e, siendo eternam no puede ser sino pena. Si de un desesperado uiene a ser la pena eterna la priuación de su lux que será sino perpetua? Si miran iniquitates antíphona de mi pena me sacará la justicia del profundis de mi muerte. Mas como éstas se obseruan por hauer quien las sobstenga, me dexan a[d] portas infery de donde la pas se ausenta. f.166v Cuartetas asonantadas nei versi pari, con assonanza e-a. v.12 Ms.pueda LXXXIII (ff.166v-167v) A UN PEOJOSO Por no estar a toma y daca, por no deçir daca y toma entiendan que soy perçona a quien sirue gente blanca. f.167r 187 Canzoniere ispano-sardo 5 10 15 20 25 Los que quizieren sauer las astucias de mi gente, quien no lo cree lo experimente que le sabrán bien comer. La gente de mi milicia es gente justificada, pues donde le dan entrada pareçe que entra justicia. Son doctos en el argüir, yo muy bien lo [he] experimentado, si al hombre más graduado te le harán bien rebullir. Tal respeto me [h]a cobrado del lugar toda la gente, que con uerme solamente todos huyen de mi lado. Y si algún atreuido se me quisiera açercar, él tendrá bien que rascar y reiremos al sonido. Es corriente la opinión, y no muy mal fundados, que qualquier de mis soldados come más que un sabañón. f.167v Redondillas, schema rimico: abba, con rima imperfetta nella prima strofa. Un caso di ipermetria al v.14 e di ipometria al v.21. LXXXIV (ff.168r-172v) ROMANCE 5 Grande Emperador de [E]spaña en cuyo[s] [h]ombros la Igleçia, como segundo pilar, sus edificios sustenta; uencedor famoso en Tuñes, de las árabes banderas, y de Zelís solimán temido, junto a Binea; si queréis saber mis males, T ONINA PABA 188 10 15 20 25 30 35 40 45 50 que bienes diuinos truecan, la Virgen de Guadalupe, que el cielo llama su Reyna, preste a mis breues discursos las imperiales orejas que bienes tiene mi [h]istoria, pues procuráis de saberla. Yo naçí de padres nobles en las islas de Serdeña, casé en llegando a tre[i]nta años, que de industria lleg[u]é a tre[i]nta. Deste primer matrimonio dexó mi esposa dos prendas, entonces entrambas dulces mas después no fueron buenas; un hijo hermoso fue el uno, la otra una hija bella; del parto murió la madre, fue la querida Isabela, y quando su hermano ingrato de dies y seis años era salió temerario al Cielo y aborrecible a la tierra, y a sus deudos afrentoso y escándalo de Serdeña. No inuentó uicio el infierno que no supo en su experiencia, el mucho amor en los hijos es causa que los enferma. Pues, preguntándole un día, fue tanta su in(s)obediencia que en estas canas humildes puso sus manos soberuias. De mi casa entonces huió y con una bandolera quadrilla de monte en monte andaua, alborotaua la tierra. Determinóse una noche de entrar por mis anchas quintas con dos o tres de los suios y otras tantas escopetas, y a mi pequeña infanta tiranamente me lleuan, que de los braços de una ama a boçes llora su afrenta. f.168v f.169r f.169v Canzoniere ispano-sardo 55 60 65 70 75 80 85 90 95 Dio con ella en un nauío dándole uiento a las uelas, y a un cosario berberisco por cinco marcos la feria vendióla al fin; supe el caso, y como animosa sierua que (h)echa menos a su hijuelo animéme y fuy tras (h)ella muchas provincias del mundo, nunca de mí descubierta. Pelegriné nueue años [h]asta que di en las riberas de Argel, donde me prendieron dos cosarias carauelas. Entré en la ciudat a tiempo que se hacían grandes fiestas por [h]onras de un renegado, que [h]onran mucho al que reniega. Entré en la plaza enemiga donde uide entrar por ella dos o tres quadrillas moras caualgados en las ieguas que al ruido de los cauallos [...] bolaua por ir a uerlos con las narizes abiertas. Mirélo con sobresalto porque a su mano derecha me pareció uer un hombre que toda el alma me lleua: barba rubia y el pelo riso, y adereçado de telas azul al uso africano, lleno de laurel y perlas y el mozo que me lleuaua me dixo desta manera: “[H]onra el rey a un renegado que aquí uino de Serdeña”. Apenas me dixo el moro estas palabras postreras, quando conocí a mi hijo que he hallado en tan alta ausencia. Consideré en la ocación y faltándome las fuerças cay al suelo desmajado, 189 f.170r f.170v f.171r T ONINA PABA 190 100 105 110 115 120 125 130 que puede mucho una pena; y boluiendo del desmayo entré en una sala cubierta de ricos doseles de oro, do’ me hallé rico de afrentas. Quando mi enemigo hijo, que ufano estaua a la mesa, alçó los ojos, miróme a la luz de mucha sera que aunque en [h]ábito de cautiuo, si el [h]ábito diferencia, conoció a su padre triste. ¡Pluguiera Dios no me uiera! Hízome llamar, mandóme que le siruiera a la mesa y con un zelo christiano le quité de la cabeça aquella infame corona, tirana contra la Iglecia. Condenáronme a quemar y, estando ardiendo la [h]og[u]era, por mí sin fruto rogaua una morisca donzella que era hermana del alcajde, tan hermosa como bella, que por llamarme su padre la amé como si lo fuera; y encomendé a la Virgen de Guadalupe y llaméla, rompió la cárçel, libróme y me traxo a su presencia. Esta es, gran Carlos de [E]spaña, la lastimosa tragedia que mis funerales triunfos su fortuna representan. f.171v f.172r f.172v Romance, con assonanza e-a, già pubblicato in ACUTIS. Notevole la introductio fino al v.16, nella quale viene evocata la figura del narratario. E’ un esempio di romance di genere misto, essendo sia di carattere storico che personale-narrativo e sviluppa entrambi i temi del bandolero e del cautiverio, sui quali esiste un’abbondante produzione romanceril (MENÉNDEZ PIDAL). Trova i motivi ispiratori in personaggi e avvenimenti legati alla Sardegna, con riferimenti a fatti storici del XVI secolo. Testimonia uno dei problemi delle popolazioni costiere sarde in epoca 191 Canzoniere ispano-sardo spagnola, le incursioni barbaresche e il triste destino dei prigionieri. La descrizione fisica del rinnegato (v.85) rimanda al leggendario Barbarossa, ma si hanno notizie di rinnegati di origine sarda come l’Hascen-Aga “fatto schiavo da Barbarossa, e da questo iniziato nel piratico mestiere; dopo abiurata la religione avita, cotanto si rendette caro a quel suo capitano ed alla corte imperiale di Costantinopoli, che fu elevato a governatore di Algeri” (MARTINI). v.6 Ms. en las alarbes v.69 ciudat, catalanismo? v.112 Ms. pruuiera v.125 Ms. llamar LXXXVI (f.187r) CANCIONES CASTELLANAS 5 Salga mi trabaxada voz y rompa el son confuso y mísero lamento, con eficasia y fuerça que interrompa el celeste y ter[r]estre mouimiento; la fama, con sonora y clara trompa, dando más furia a mi cansado aliento, derrame en todo el orbe de la tierra las armas, el furor y nueua g[u]erra. Ottava. Schema rimico: ABABABCC. Più che una composizione finita si direbbe l’incipit di una serie di strofe, come lascia intendere anche il plurale della rubrica. LXXXVII (f.187v) SONETO Mísera Francia que sustentas gentes apóstatas, heréticas, viciosas, que machinando fraudes cautelosas perturban infinitos inocentes. T ONINA PABA 192 5 10 Predicando doctrinas diferentes, falças, imundas, leues, perniciosas, cauta(la)mente alegando fabulosas historias, peregrinas, aparentes, ¡quántas angustias, quántas turbaciones causas, dando tan pérf(ed)idas personas que contra puras ánimas sinceras sacrílegas inuenten opiniones! Si, Francia, tales príncipes coronas, ¿quáles fines de gente(s) insana esperas? Sonetto. Schema rimico: ABBA ABBA CDE CDE. Allude, con molta probabilità, a una delle tante alleanze tra Francesi e Turchi in funzione antispagnola. Si noti l’abbondanza di attributi (vv.2,6,8) e, sul piano formale, i frequenti enjambements e l’iperbato (v.12). LXXXVIII (f.188r) REDONDILLAS 5 Aunque agora el uiento espira de la bienauenturança, en medio de la bonança buelue el cielo su ira. Y en esta n[av]egación, donde el mar es el mundo, en no lleuando el timón se ua la naue al profundo. Coppia di redondillas; schema rimico: abba cdcd. v.1 Ms aspira 193 Canzoniere ispano-sardo LXXXIX (f.188r) 5 Quan presto passa el plazer como después de (h)acordado da dolor, como a nuestro parecer qualquiera tiempo passado fue mejor. Frammento della copla 49, Recuerde el alma dormida, di Jorge Manrique (Coplas para la muerte de su padre, ed. ALDA TESAN). E’la seconda delle due sestine, rigorosamente simmetriche, che formano la copla de pie quebrado o estrofa manriqueña. XC (ff.188v-189v) ESTACIONES DE LA VERA CRUZ Considera, alma perdida, que en aqueste passo fuerte se dio sentencia de muerte al Re(m)demptor de la vida. 5 10 15 20 Por ser tu culpa infinita, la crus a Christo [h]as cargado, y es tan graue tu pecado que tu perdón facilita. Pecador ¿quién te disculpa? Mira, aduierte, considera que en esta estación tercera me inclinó a tierra tu culpa. Con un exessiuo amor, buscando a Christo, María aquí saltó quien traya las armas del Redemptor. Por cumplir su mal deçeo, aquella peruersa gente dan al cordero inocente, por su alivio, un cirineo. f.189r T ONINA PABA 194 Con un exessiuo llanto, la Verónica buscó a Christo, de quien sacó en premio su Rostro Santo. 25 30 35 40 45 La grauedad de su esfera, segunda vez con exsesso, rindió a tierra con el peso a la Magestad imensa. Abrasado en caridad, aquí dexo el sumo bien. ¡Hijas de Jerusalém, sobre nosotras llorad! Pecador, anda aduertido, pues lleuando tu pecado ¡Mira como me [h]as cargado, que tres vezes he caydo! f.189v Aquí, desnudo y sangriento, Christo la mirra prouó, y el beberla re[h]usó por no aliuiar su tormento. Después que a Christo clauaron para remediar la gente, como diuina serpiente en ello le leuantaron. Pecador, mira tu empleo, considera a Christo aquí: crucificado por ti, siendo tú el culpado y reo. Serie di dodici redondillas, schema rimico: abba. Fanno parte del Romancero espiritual para reglarse el alma con Dios, con las estaciones del Via Crucis, di Lope de Vega. 195 Canzoniere ispano-sardo XCI (f.190r) RETRATO A LA MUERTE Retrato biuo, que entre sombras muertas nos dises a la fin en qué paramos, triste cadáuer, que si te miramos eres espexo de uerdades siertas. 5 10 ¿De qué te siruen, di, tus pieças yertas que de tanto valor las respetamos? ¿qué es de los gustos? pues si reparamos se hui[e]ron quando vieron tus rejertas. ¿Qué es de tu talle? pues si considero, [y contemplo despacio tu figura], [h]as quedado tan feo que yo infiero que si el que más amaua tu hermosura viesse retratos de tu rostro fiero, ni aun mirarlos quisiera en la pintura. Sonetto, ripetuto nel f.220r, XCV; schema rimico: ABBA ABBA CDC DCD. Testimonianze: Ms.229 BUS, [Rubrica: Sonetto a’ la Muerte]. Le correzioni sono state apportate sulla base delle varianti del f.220 che coincidono col Ms. 229 BUS. v.5 Ms. rejertas v.6 Ms. dolor v.11 Ms. frio XCII (f.190r) Admirado encanto mío, que con inuincible llama hisisteis bolcar mi pecho y con él abrasá(ste)is mi alma. 5 Baste el estrago que lloro, y aunque de tan noble causa, déualo yo al sentimiemto mas que deuí a la esperanza. f.190v T ONINA PABA 196 10 15 20 Que eres rigor lo conosco en cuyo mar no hay bonança, que eres fuego ya lo siento que eres piedad lo jusgaua. Quanto persuade un deçeo, o quanto miente y [h]alaga, pues, exepción de dichosos, ¿quién [h]a podido lograrla? O[h], quánto se solicita (h)un desengaño que mata, y él me mata primero lo mismo que desengaña. Si no fueres impossible aún mas lo si(e)ntiera el Alma, pues quitara a la finesa méritos de confianza. 25 f.191r Ya me niega el sol sus rajos, que possibles los [h]allaua, y para quedar sin vista mi propia sequedad basta. Romance, con assonanza a-a, già edito in ACUTIS. XCIII (ff.191r-193r) ANCIAS AMOROSAS DE UNA ALMA CONTRITA A UN CHRISTO 5 Dulce Jesús y que ley, mi Rey o[h] qué bárbaro homicida, mi Vida os tiene tan lastimoso, mi Esposo ai[h], querido dueño hermoso, yo soy aquel delinquente que aquí te puso pendiente mi Rey, mi Vida, mi Esposo. Quién [te] puso esas diuinas espinas y ésta que tu amor pregona corona f.191v Canzoniere ispano-sardo 10 no oluidando, mi Jesús, la cruz yo, que perdiendo la luz de la gracia te offendí, y tú sufristes por mí espinas, corona y cruz. 15 No es verdad, dixistes uos, mi Dios que oluidaréis los enojos, mis (h)ojos si llegare con dolor, mi amor a pediros, Redemptor, clemencia; pues ya la pido, dexadme con uos unido mi Dios, mis (h)ojos, mi amor. 20 25 30 35 40 45 Quando tu imagen adoro, lloro quando tu retrato miro, suspiro de ueros todo sangriento, lamento con notable sentimiento admirando estoy tu muerte, pues solamente de verte lloro, suspiro, lamento. 197 f.192r Quando os miro sin aliento, sangriento con essa cruz, Jesús mío, frío donde estáis por mi pecado, [h]elado el coraçón desmajado llora, lamenta y suspira, porque a su Redemptor mira sangriento, frío, [h]elado. Passan los clauos tiranos manos y la lanza de un soldado el costado un hierro que mío es, los pies generoso seréis pues os ostentáis, si lo noto, liberal y manirroto de manos, costado y pies. Quando os miro en esse leño, mi dueño derramar sangre abundante, mi amante estoy confuso conmigo mi amigo. Pero desde agora os digo que si no me perdonáis uuestra sangre no lográis, mi dueño, mi amante, mi amigo. f.192v T ONINA PABA 198 50 55 60 65 70 Lo que me aflige tanbién, mi bien es lo mal que os he seruido, querido mas ya estoy desengañado, mi amado supuesto hauéis derramado la sangre por mi provecho, mirad que el gasto ya está hecho mi bien, querido y amado. Dadme Dios por tanto amor, fauor que me daréis no reparo, amparo y por vuestra prouidencia, clemencia rigurosa mi sentencia oir espero mi Dios, si no recibo de vos fauor, amparo y clemencia. f.193r Conceded para mi alma, palma y, pues, ya que en uos blasona, corona para que cante en la gloria, vitoria que, aunque soy del mundo escoria, vuestra sangre lograréis mi rey, si me concedéis palma, corona y vitoria. Strofe di ottonari. Sono sestine più un verso finale che raccoglie le parole in eco dei primi tre versi di ogni strofa. Schema rimico: abccddc. Testimonianze: Ms. 52, ff. 69-70-71, BCB; Ms. 229, ff.43-44, BUS v.5 Ms. diligente v.8 Ms. quien puso v.40 Ms. teneis XCIV (ff.193r-219v) INUECTIVA CONTRA EL FAUORECIDO DESENGAÑO EN FAUOR DE LA DESUALIDA MODESTIA 5 Dama hermosa que pretendes con tus ojos cristalinos atraer las voluntades de los jóuenes lassiuos, tú, que con boca de nácar, Canzoniere ispano-sardo 10 15 20 25 30 35 40 45 50 aunque de color fingido, imaginas ablandar los diamantes más finos; tú, que adornas la cabeça con lasos, trenças y rizos, las mexillas con color, las orejas con zarcillos, el cuello con alabastro, los dedos con los anillos, con agua de olor las manos, y finalmente el uestido con el oro, con la plata, con la seda y ámbar fino para detener al jouen a tu uoluntad cautiuo, atiende humanado ángel, ángel he dicho, ¿qué digo? Demonio, fiera crüel, espantoso basilisco, que sólo con un mirar de tus ojos, de improuiso, sin que lleg[u]es a tocar con lança, espada ni tiro, matas, destruies, sujetas al Aquilis más temido, sirena siempre engañosa que con solapados siluos atraes los nauegantes rendidos a tus suspiros. Dragón, rajo, trueno y áspid, sierpe ferós, precipicio, tigre que nos despedasas, hidra del horrendo abismo, atiende, repara, escucha, mira, aduierte que te digo eres del major mal causa que Elena al trojano hiso. ¿Quántos jóuenes bisa[r]ros están en llamas [h]undidos, sin remedio en el infierno, porque miraron tu aliño? ¿Quántos Reies, qué Monarcas, quantos Príncipes altiuos, Priuados, Duques y Condes Valientes, Pobres y Ricos 199 f.194r f.194v T ONINA PABA 200 55 60 65 70 75 80 85 90 95 Eclesiásticos, Seglares, medianos, grandes y chicos, pueden ser desta verdad por experiencia testigos? Dirás que se condenaron porque siempre inaduertidos anduuieron en mirar lo que desear no es lícito. Está bien, pero, ¿quién duda que quien fue de un gran delito causa, no esté por la ley sujeto al mesmo suplicio? No te mueue esta razón por euitar el peligro en que tantos tropeçaron pues tiene un justo castigo. Y si aquesto no te uence, aduierte que [h]abla contigo quien esto experimentó no en otro sino en sí mesmo. Yo sé bien que muchas veces -Dios es desto buen testigono reparara en tu cara ni huuiera a Dios ofendido si no incitara el color de tu rostro y tu aliño, de la cabeça atauiada con uarios lazos y rizos. Yo sé bien, pero más uale callar labios, que aun desirlo no podréis sin offensión de los honestos oydos. Si, acaso, alegar pretendes que lleuarlas es preciso porque tu sublime estado no pierda de su puntillo. ¿Quién más que Isabel de [H]ungría y otras Reynas que [h]an viuido [h]onestamente, pudiendo rosar uestidos muy ricos? O si no dime, ¿hay más gala ni noblesa nunca oyda como la uirtud? ¿Qué dizes? Ea, muda ya de estilo: y que para que mejor ueas f.195r f.195v f.196r Canzoniere ispano-sardo 100 105 110 115 120 125 130 135 140 como por los mesmos filos te convenço, estáme atenta y uerás que con el mismo argumento que me hazes uendrá a quedar conuencido tu entendimiento, si ya no está del todo rendido. Dizes que por ser noble es fuerça, pero yo digo que por ser tan noble estás obligada a resistirlo. Ya deues saber, sin duda, el uso que [h]an adquirido las ilustres catedrales de poner muy poco aliño quando hay más celebridad; y la razón de mi arbitrio es porque en qualquier parte llenan un día festiuo el altar de variedad y pareçe un auanico. Agora, pues, ya me entiendes, la moralidad aplico. Por lo mesmo que eres noble, uiendo que todo el bullicio de la gente popular está llena deste uicio deuías ser singular lleuando honesto el uestido. Y si quisieres saber con quanta raçón lo digo, atiende y uerás bien claro quantas nobles lo han seg[u]ido. Y primero te propongo el gran Monarca Filipo el Quarto, de quien refieren sus historias cosas dignas de eterna e imortal memoria. Este, pues, Rey sabio y pío, y con razón el prudente, una premática hizo en que reformó las galas començando de sí mismo. Tácito emperador siempre, aun después que fue elegido, 201 f.196v f.197r T ONINA PABA 202 145 150 155 160 165 170 175 180 185 constante perseueró sin querer mudar uestido. Teodosio, Arcadio y Honorio, Césares todos inuictos, uedaron con el rigor de un decreto executivo la seda, el oro y la plata; y los Romanos lo mismo en la ley uestiaria hisieron, todo lo qual es indicio de que los nobles sig[u]ieron el traje llano y sensillo. Tanbién Alisandro Rey, a quien el gran Deonisio, de Sicilia Rey tirano, presentó ropajes lindos para adorno de sus hijas, jamás admitirlos quiso dando por satisfación que, antes, aquellos uestidos a sus hijas priuarían de su gentilesa y brío, pues con ellos perderían lo que hauían adquirido, que era la opinión de honesta[s]. Y Clemente Alejandrino, con la eloquencia que siempre suele, dize en sus escritos que los de Lacedemonia sólo hauían permitido a las mugeres infames el lleuar tales aliños. Finalmente Julio César, estándose en su retiro, le entró a visitar su hija, bizarra y con grande aliño, y quando imaginó hallar agrado en su padre, vido que con mostrarse seuero apenas hablarla quizo. Ella, prudente, entendió la ocasión deste desuío, y assí en el día sig[u]iente, dexando el traxe lusido y bisarro, boluió a ver f.197v f.198r f.198v Canzoniere ispano-sardo 190 195 200 205 210 215 220 225 230 a su padre, el qual, beniño, mostrando el rostro risueño, con grande agrado le dixo: “¡O[h], quánto mejor le está aqueste honesto atavío a la hija natural del emperador!” Y uisto por Julia el deceo y gusto de su padre, jamás quiso, por no darle más pesar, ponerse tales uestidos. Considera agora, pues, los exemplos referidos y uerás como es de nobles lleuar uestidos sensillos. No puedo, dirás, que soy casada y a mi marido he de obedecer que quiere vaya bisarra, y Dios quizo que la muger agradasse a su esposo, y el aliño me parece ser buen medio para ganar sus cariños. ¡Cómo ciega la passión, ay Dios, a quién el oydo cierra [a] la raçón del todo! Tú mesma, señora, [h]as sido la que tu duda conuences, y de tu argumento mismo saco la razón más fuerte para roborar el mío. Si tú dices que Dios quiere agrades a tu marido, ¿cómo, pues, estando en casa -seas tú mesma el testigoteniendo siempre presente a quien dices que [h]as querido agradar, jamás reparas en estar sin esse aliño, sin color, sintas y galas, sin balona y aun anillos? Y ¡quántas ueçes se ofreçe ir al baile, prado o río comedia, sarao o otra fiesta y passeo nociuo, 203 f.199r f.199v T ONINA PABA 204 235 240 245 250 255 260 265 270 275 donde jamás apareçe otro que el galán laciuo, el que te escriuió la carta, el que te habló con cariño, el que te solicitó donde todo es precipicios, donde todo es decear, donde [h]ablar es permitido al laciuo con su Dama, y a la Dama con su amigo! Allí pones tu cuydado en imitar al armiño, en teñirte los cabellos, en haçer trenças y risos, en acomodar los lazos, en apretar el justillo, en componer el color, y acomodar el uestido a un cuerpo que en breue tiempo quando esté más diuertido, quando esté más bien [h]allado, quando más puesta en oluido tenga la cuenta que Dios le [h]a de pedir ofendido, le cogerá un graue mal, quedará todo tendido en el potro de una cama, donde lleno de suspiros, de angustias y de temores, perdiendo todo el sentido quedará como una piedra. El color amortecido, sin olfato, sin el tato, sin uista, gusto ni oydo, arrojáranle de casa a toda prissa, y metido en una asquerosa hoya de siette palmos medidos, dexarán al desdichado parientes, padres y amigos, sin acordarse jamás, como si no fuera amigo, como si no fueran padres, ni para los padres hijo. Y quando tu cuerpo triste f.200r f.200v f.201r Canzoniere ispano-sardo 280 285 290 295 300 305 310 315 320 será todo consumido del poluo y de la polilla, de la podre y gusanillos, quedando todo des[h]echo feo, orrendo y podrecido, se irán a casa tus padres, y llorando un poquitico en breue se alegrarán, oluidado ya el tendido. Considera esto despacio, mira quien tiene rendido tu coraçón, tu prudencia, tu razón, alma y sentidos, mira si es justa raçón, que por un cuerpo abatido sujetar quieras el alma a arder siempre en el abismo. Basta ya, dexemos esto, uamos a coxer el hilo, donde pueda conuencer la raçón que me [h]as traído disiéndome gusta dello tu esposo. ¿Cómo desillo puede tu esposo y gustar de aquesto? Quando es preciso que en estas uistas se pierda una de dos: o el cariño a tu consorte y esposo o el más precioso uestido y gala de uuestro honor, frágil como el débil uidr[i]o. Pero la mejor raçón y el más eficás motiuo, dexando muchos aparte, sea tu prouecho mismo. Dexo a parte que tendrán más dote tus hijas y hijos; tanpoco meterme quiero, que entiendo es capricho mío, pero quizás te hallarás al año con menos uicios, con menos remordimientos en la conciencia, y afirmo con menos quenta que dar a Dios uno, sumo y trino. 205 f.201v f.202r T ONINA PABA 206 325 330 335 340 345 350 355 360 365 Dexo tanbién que serás, -perdóname si me expliconotada y muy murmurada, siendo blanco del uil uicio de la murmuración, peste deste y de todos los siglos. Sólo pretendo que atiendas a tu prouecho y no mío, a tu quietud, tu descanço, y de tu cuerpo el aliuio, Dime ¿es major el tormento que padece un capuchino, un cartuxo, un hermitaño y un mártir en el martirio? Un capuchino, si duerme en duras tablas de pino, tú, aún de día desuelada, lleuas tu cuerpo çeñido de costillas de ballena, horrendo animal marino. Si el cartuxo rodeado está todo de un cilicio, yo entiendo atormenta más a tu pie el calçado mismo. Si el eremita con yeruas satisface a su apetito a fin de (h)estar más hermoso delante de Jesuchristo, tu presumes ser más blanca comiendo barro cosido. Y si los mártires todos padecieron un martirio, tú sola padeçes tantos y tan grandes que me admiro, mas con esta diferencia: que ya aquellos han tenido su galardón en el cielo, pero temo que el abismo no te espere con el premio que tú mesma has merecido. Aduierte que no pretendo dezir en esto que he dicho que sólo precisamente por lleuar aquesse aliño se cometa culpa graue, f.202v f.203r f.203v Canzoniere ispano-sardo 370 375 380 385 390 395 400 405 410 que esso toca desidillo al theólogo prudente. Sólo digo es precipicio y causa de muchos males, que a quien, como leal hijo, ama a Dios, su tierno padre, basta sólo este motiuo, a más de que, aunque no sea pecado, está tan unido con otros muchos que causan estas galas, que me admiro como hay muxer que se atreua lleuarlas nunca consigo. Y porque ueas mejor si es uerdad lo que te digo, quiero que sepas lo que sucedió a Santo Domingo, el qual, pasando una calle, del espíritu mouido, leuantó al cielo los ojos y encima (h)una casa vido muchos ángeles que alegres, placenteros y jarifos se ocupauan en guardar muy atentos aquel sitio. Entró pues el santo en ella para saber qué prodigio o misterio contenía, y [h]alló que, con gran retiro, tres donzellas se ocupauan cada qual en su exercicio; a pocos lanzes halló toda su vida hauía sido muy exemplar y tan santa, que le hauía confundido. Alabó a Dios y entendiendo que eran muy pobres, las hizo socorrer con breuedad, que los santos son muy ricos. Boluiendo de allí a tres días, en lugar de paranimphos halló assistida la casa y texados de maliños demonios, lo qual causó admiración en Domingo. 207 f.204r f.204v T ONINA PABA 208 415 420 425 430 435 440 445 450 455 Entró dentro por saber la ocasión, y halló motiuos de dolor y sentimiento, pues en lugar de cilicios y disciplinas, topó que ya con uestidos ricos, muy bisarros, que mercaron con aquel socorro mismo que les dio muy liberal un cauallero, mouido de Domingo, se adornauan, oluidadas de su antigo y más que feliz estado las donzellas que antes vido de los ángeles seruidas, de lo qual compadecido más lloroso que enojado les dio un eficaz auiso, referiéndoles al punto lo que entrando [h]auía visto. Mira tú si será daño de quien no sólo uestidos bizarros lleua, sino tantos sainetes laciuos. Y assí, prudente señora, por las lágrimas de Christo, por sus dolores y clauos, por los piadosos suspiros que en su passión arrojó, por tu amor y por el mío, por sus açotes, espinas, por sus sudores, caminos, trabajos, cançancio, sed, ayunos, desprecios uiuos, y por el ardiente amor en que siempre de continuo se abrasaua deseando lleuarnos al Paraíso. Por los raudales de penas, y dolores exeçiuos que a María, pura y virgen, en la muerte de su Hijo cercaron y atormentaron, sin hallar en algo aliuio, te suplico eficásmente f.205r f.205v f.206r Canzoniere ispano-sardo 460 465 470 475 480 485 490 495 500 y humildemente te pido que no seas ocasión que no quieras ser motiuo de tanta ofença de Dios, ni de tanto precipicio. Y si sientes repugnancia en uencer esse apetito de lleuar galas y afeites con ostentosos uestidos, recójete a la oración, fixa los ojos en Christo, considera sus libreas, contempla sus atauíos. Mira, mira si está bien que estando todo uestido de sangre, açotes y clauos, de penas y de martirios, de desprecios, bofetadas, burlado y escarnecido, tu Dios, tu Criador, tu Padre tu Redemptor compasiuo, tu esposo, tu Rey, Maestro, tu señor y tu caudillo, esté adornado de rosas el uil crïado y el Hijo. ¡Ea, que no está bien! Rompe de una uez el hilo con que te tiene cautiua tu passión y tu delirio. Imita en algo a Isabel, Reyna de [H]ungría, que [h]a sido exemplo de hermosas Damas qual el mundo haya tenido. Esta, pues, prudente Reyna, estando un día festiuo en templo, toda llena de galas y adornos ricos, leuantó acaso los ojos, mira atenta un Crucifixo y contemplando despacio, en aquel retrato uiuo de dolores y de penas, otro diuerso atauío del que sus terrenas carnes y güessos (h)iuan uestidos, 209 f.206v f.207r T ONINA PABA 210 505 510 515 520 525 530 535 540 545 herido su coraçón de un inmenso dolor dixo: “Vos de espinas coronado, mi Dios, y a mí, gusanillo, rodean coronas de oro, perlas, lazos, rubíes finos, la cabeça vana y loca. ¡Oh, qué grande desatino! Vos, en vez de anillos, clauos, yo, en vez de clauos, anillos, vos açotes y yo [h]olanda, vos, de vergüença vestido, de oprobios y bofetadas, el pecho medio partido, y finalmente de sangre, sudor y poluo teñido, y yo, poluo miserable, no sé si podré desillo, cubierta de vanidad, de joyeles y zafiros, de ricas telas de plata, de aromas y de ámbar fino. ¡Ea, que no! ¡Vayan fuera, fuera, fuera desatinos! Desta suerte estaua hablando esta señora consigo, y estendiendo entre ambas manos el coraçón encendido de amor de su dulce esposo, arroja guantes, anillos, perlas, lazos, diamantes, corona, joyas y hizo a la tierra donación de todo; mas su encendido espíritu, ya descargado de tanto peso, hizo nido volando en el coraçón de su amado Jesuchristo, y el cuerpo, con un desmayo, cayó en el suelo tendido, que la fuerça del amor le quitó todo el sentido. Pregunto agora, ¿es major tu entendimiento, y más uiuo que el desta prudente Reyna, f.207v f.208r f.208v Canzoniere ispano-sardo 550 555 560 565 570 575 580 585 590 y de otras sabias que ha hauido qual fue Isabel de Bois, de hermosuras un prodig[i]o, que uiendo que su beldad y galas eran deslizo de muchos, se sugetó quarenta años a un ritiro, donde no fue jamás uista de ningún hombre naçido? Saco, pues, la conclusión: si estas muxeres han sido, y otras muchas que no cuento, exemplo de lo que digo, pregunto por uida tuya si confessar no has querido ser más sabia ni prudente que estas Damas, no es indicio de que aquellas anduuieron por el más cierto camino. Y assí más, para que entiendas quán justo sea y preciso, para cuitar tantos daños como tengo referidos, el quitarles la ocación y apartar este deslizo, te propongo un raro exemplo de honestidad y un prodigio de ualor, que en duro bronze merece estar esculpido. Contempla atenta aquel jouen Espurina, en quien beniño el Cielo depositó sus gracias, de que fue indicio su eloquencia en el orar, el acierto en su juicio, la agudesa de su ingenio, su ualor, nobleza y brío. Este bello jouen, pues, de memoria eterna digno, conociendo que dotado de su autor hauía sido de una tan rara beldad y gracia, que era el hechiso de todas quantas mugeres su rostro y talle fue uisto, 211 f.209r f.209v T ONINA PABA 212 595 600 605 610 615 620 625 630 635 para euitar este daño tomó brioso un cuchillo con el qual cicatrizó su bella faz, que más quiso, por no ser causa de mal, ser del todo aborreçido. Esto, señora, hizo un hombre siendo menor el peligro que en su rostro considero que no el que en tu cara miro. Y tú, aún no satisfecha de agradar con tu natiuo y hermoso rostro, procuras otros muchos artificios indignos de un pecho noble, casto, cuerdo y entendido, y lo que más dolor causa, y me corro de dezillo, escotar tanto el jubón como si el uil apetito necesita de saynetes para darse por rendido. ¿No es un público pregón esse tu cuello, e indicio del ardor con que se abraza, pues necesita de aliuio? O si no dime, Señora, el pan y ramo ¿no es signo puesto a la puerta, de que se uende allí pan y uino? ¡Oh, Dios mío, y qué dolor, hazed, Señor, que dos ríos de sangre mis (h)ojos lloren semejantes desatinos! ¿Dónde (h)está vuestra justicia, que con los cortantes filos de su espada, no reprime desacato tan iniquo? ¡Cómo vuestra Magestad, desde lo alto de su citio, no arroja rajos que abrasen a los que tan atreuidos se oponen tan claramente a vuestros nobles desinios! ¡0h, cómo no concentís f.210r f.210v f.211r Canzoniere ispano-sardo 640 645 650 655 660 665 670 675 680 se abra la tierra y que viuos los sepulte en las cauernas más ínfimas del abismo! Pero, qué digo, Señor, ¿castigos os he pedido? ¿Vuestra justicia he inuocado? De dolor perdí el juycio. No, mi Dios, misericordia, clemencia y perdón os pido, y juntamente, Señor, a vuestra bondad suplico les comunique su luz y gracia, como confío, para que de hoy conoscan el peligro en que han biuido, el mal que han hecho a las almas y el agrauio que a vos mismo. Y tú, señora, repara el daño que ha seg[u]ido, si no es que quieras prouar qué cosa es Dios ofendido. El qual si ha dissimulado, si tanto tiempo ha sufrido, mira que [se] cançará: teme un [h]orrendo castigo. El amor, que en pechos nobles es eficás atratiuo, dime, Dama sabia y cuerda, ¿no tendrías por indigno de la vida al hombre que hiziesse del benefiçio armas contra el bienhechor, de quien fue fauorecido? ¿No fuera merecedor de infame y atroz suplicio? No jusgas deuiera ser de todos aborrecido? No hay duda, dirás, pues ¿cómo no arroja el pecho suspiros, no brotan agua los ojos hechos dos fuentes o ríos, como la lengua y labios no han del todo enmudecido, y como entrambos a dos no lloramos y gemimos 213 f.211v f.212r T ONINA PABA 214 685 690 695 700 705 710 715 720 725 amargamente con sangre de las uenas si hemos sido los que contra al bienhechor esta crueldad hizimos? Yo soy el primero que ... mas callo, porque dezillo sin perder la vida fuera dos vezes major delito. Voy a prouar la otra parte, porque veas quán benigno, quán clemente y amoroso se [h]a mostrado Dios contigo. Pregunto, agora, señora, responde: ¿no es beneficio essa hermosura que gozas, esse talle y esse brío, essas galas, joyas, perlas de que [h]asta aquí te [h]as seruido? ¿No es fauor essa salud, esse entendimiento viuo, essa açertada eloquencia y essas gracias que el Diuino, y sumo Dios colocó en ti, porque fuesse indicio de su poder y bondad, de su amor y su cariño, y desta suerte lo amasses qual buen hijo agradecido, valiéndote de essas prendas para ganar premios ricos de gloria, conque le gozes por los siglos de los siglos? Y tú -oh igratitud- te sirues dellas en lugar de tiros, açotes, espinas, clauos, lança crüel y martillos conque a tu Padre y Señor causas segundo martirio, pues te sirue la hermosura, esta riqueza y aliño, esse caudal y talento para que el jouen laciuo traído con el reclamo de tu compuesto atauío, con tantos risos y lazos f.212v f.213r f.213v Canzoniere ispano-sardo 730 735 740 745 750 755 760 765 770 se quede preso y cautiuo. ¿No son don de Dios las hijas a las quales con ahinco procuras dar a beuer con la leche este apetito? Quando deuieras haçer que aprendiessen exercicios de virtud y deuoción, la Doctrina y el retiro, la deuoción con la Virgen, socorrer los pobrecitos y frequentar las Igleçias. Cierto que ya no me admiro se vean tan desdichados fines, quando los principios suelen ser tan mal fundados con el viento de los vicios. ¿Qué quenta darás a Dios, en el día del juycio, de las prendas que te dio, quando sólo te han seruido para despeñar las almas en la centina del uicio? ¿Quántos hombres clamarán a Dios del infierno mismo contra ti que fuiste causa de su tormento excessiuo? Pues si la sentencia en contra te diesse el jues infinito -aquí quisiera tener el espíritu encendido de un San Pablo- ¿qué sintieras, dama hermosa, de los lindos y largos ratos en que empleaste(s) los sentidos para el adorno del cuerpo? ¿Qué de los lazos y rizos? ¿Qué de los guantes, holandas, frangones de oro y zarzillos? ¿Que [de] las galas, joyeles, espejos, perlas, vestidos, balonas, cadenas de oro, rubíes, diamantes y anillos? ¿Qué de aquellos albayaldes, color y afeites que han sido 215 f.214r f.214v f.215r T ONINA PABA 216 775 780 785 790 795 800 805 810 815 todo tu Dios en la vida? ¿Qué de los ambares finos, peuetes, aguas de olor, y almiscles, en que [h]a viuido esse cuerpo enbalsamado? ¿Qué de tanto desperdicio de brocados que rozaste? ¿Qué de los bayles nociuos? ¿Qué de las muchas comedias? ¿Qué de los cantos laciuos? ¿Qué sintirás finalmente de tanto tiempo perdido? ¡Oh, cómo si te dexaran, si te fuera concedido boluer a aqueste emispherio, no sólo huuieras querido no hauerlo vsado jamás pero ni (h)aún conocido! ¡Cómo muy de voluntad arrojaras esse aliño en el suelo, le pisaras y pusieras en oluido! Pues ¿qué sería si luego, cogiéndote, los ministros infernales començassen a ponerte a los pies grillos y manillas en las manos de yerro, que conuertido en fuego te atormentasse? ¿Qué, si en lugar de sintillo, te cercassen con cadenas, y diessen luego contigo en el lugar preparado para tu eterno martirio? Pues, ¿qué, si luego empeçasen a descargar sus martillos en essa cabeça que antes no sufría un dolorçillo? ¿Qué, si luego te metiessen en algún horno encendido, con cujo ardor comparado es el de acá aun fingido? ¿Qué, si después te arrojassen en medio del yelo frío, de dónde en saliendo luego f.215v f.216r Canzoniere ispano-sardo 820 825 830 835 840 845 850 855 860 estuuiesse preuenido un açador con el qual te açasen como a cabrito? Y a la fin ¿qué sintirías de las cosas deste siglo si uiesses que [h]a de durar por los siglos de los siglos? ¿Qué remedio no intentaras? ¿Quál suficiente peligro fuera para reprimirte? Pues, Dama hermosa, lo mismo deues agora sentir, y haçer que huuieras sentido, y hecho entonces si te hallaras en semejante peligro. Considera atentamente lo que en una ocaçión dixo fray Jordán a un cauallero que estaua todo metido en galas y passatiempos, sin que pudiessen auisos, premios, amor, ni amenaças a sacarle de sus uiçios. Díxole: “Señor, si quisiera, pience los ratos perdidos, quánta lástima será que su hermoso talle y brío se uea después cercado de llamas, tan denegrido y feo como el Demonio, de todos aborrecido”. Hísolo sólo una uez y quedó tan conuencido y mouido que dexó sus padres, deudos y amigos, galas, riquesas y quanto el mundo tiene y se hiço religioso en cuyo estado halló muy seguro asilo. Esto mesmo te aconsejo, que si lo hisieres confío quedarás desengañada, y acertarás el camino. Y si acaso me concedes ser uerdad quanto te he dicho, 217 f.216v f.217r f.217v T ONINA PABA 218 865 870 875 880 885 890 895 900 905 y (h)aún con todo no hazes caso tratando de diferillo, dime, dime, ¿le abo[r]reces? ¿Quieres a un perpetuo oluido sugetarte por querer parecer bien un poquito? Buelue, buelue sobre ti, muestra tu ualor y brío en uencer essa afición y uerás en ti cumplido el gozo que te prometo, la paz y quietud que he dicho. A más que Dios obliga[do], desta acción agradecido, no sólo lo pagará en este presente siglo, con dichas y bienes grandes y colmados beneficios, sino que en el uenidero, en el constante y macizo, en aquella eterna gloria, y abundante parayso, donde el gozo siempre dura, donde el uiuir es continuo, donde cada qual pareçe un astro bello, un sol biuo, donde todos en su Reyno reynan sin algún peligro, donde nunca se conose la enfermedad, el fastidio, la sed, el calor, la [h]ambre, el sueño, cansancio y frío, donde el temor no amedranta, ni el dolor es conocido, ni tiene lugar la Muerte ni hay allí ningún peligro. Todo es ya seguridad, todo gozo, todo aliuio, todo gloria, todo fiesta, [todo sumo regozijo] todo descanso, alegría, plazer, [h]ermosura, aliño, donde el séfiro recrea, donde se pisa el safiro, la esmeralda y el diamante, f.218r f.218v f.219r Canzoniere ispano-sardo 910 915 920 y finalmente el uestido es gloria, luz, claridad. En este, pues, gran retiro, en este eterno descanso, en aqueste ameno sitio te lo pagará Dios todo, y en lugar del atauío de que en uida te priuaste, por su amor y su cariño, te uistirá el Rey de gala tan rica que [ni] aun desillo puede alguna humana lengua, y puesta en un alto citio, de oro, rubíes y estrellas, gozarás eternos siglos de la dicha que, priuándote desse adorno, [h]as merecido. 219 f.219v Estesissimo romance, con assonanza i-o, già pubblicato in ACUTIS. Per contenuto, stile e abbondanza di exempla didattici, trova collocazione nel repertorio che i predicatori riservavano alle donne. Testimonianze: Ms. 229 BUS, rubrica: Corrección contra las mujeres inmodestas por sus atavios. Tale manoscritto, datato 1738 e recante nel f.1 la firma di Juan Nabarro, presenta in comune col Canzis, oltre a questo, altri due testi. Questo microcorpus nel manoscritto della Biblioteca Universitaria di Sassari reca la seguente attribuzione “Nieremberg, temporal y eterno” . Delle varie edizioni dell’opera De la diferencia entre lo temporal y eterno di Eusebio de Nieremberg, della Compagnia di Gesù, né quella di Barcellona del 1643, né quelle di Madrid del 1659 e del 1675 contengono versi, mentre sì appaiono corredate di un’appendice poetica le edizioni del 1670 di Barcellona e del 1685 di Valencia. Con molta probabilità il trascrittore del Canzis ha potuto maneggiare l’edizione del 1670 che presenta gli stessi testi del Canzis, nell’ordine e coi titoli seguenti: Invectiva contra el fauorecido desahogo en fauor de la desvalida modestia, Soneto a la Muerte, Ansias amorosas de un alma contrita a un Crucifixo. Il CERIELLO cita un’edizione barcellonese dell’opera di Nieremberg (presso lo stampatore Cormelles) del 1620, non rinvenuta nelle nostre ricerche, mentre il PALAU fa riferimento solo a una prima edizione madrilegna del 1640. Degna di essere rilevata, per gli studiosi di musicologia, è l’annotazione contenuta nel ms.229 BUS accanto a un pentagramma e relativa al testo che qui commentiamo: “Tono para cantar canciones à la española: y se prosigue siempre con este tono alternando y mudando siempre la voz no mudando la llave en la vigüela”(f.62r). T ONINA PABA 220 v.6 Ms.dolor v.21 humano ms 229 v.30 Aquiles ms.229 v.85 Ms. siblime v.102 Ms.vendido v.103 dizesme ms.229 v.132 casos dignos ms.229 v.133 Ms.y mortal v.137 Ms. el v.159 donde ms. 229 v.166 Ms. Alegrandino v.215 salió ms.229 v.216 Ms. reborar vv.220, 322, 713 e 755-757 sono tra parentesi nel Ms. v.256 rendido ms.229 v.307 mayor ms.229 v.311 dexa ms.229 v.366 el dezillo ms.229 v.371 Ms. eterno v.532 Ms. joyes v.697 Ms. jogas v.788 Ms. concedido, conocido ms.229 XCV (f.220r) RETRATO A LA MUERTE Soneto a la Muerte Vedi XCI XCVI (ff.220v-224v) AL DESENGAÑO DE LA VIDA de Lope de Vega Dézimas 5 O[h] tú que estás sepultado en el sueño del oluido, si para tu bien dormido para tu mal desuelado: dexa el letargo pesado, Canzoniere ispano-sardo 10 15 20 25 30 35 40 45 221 dispierta un poco y aduierte que no es bien que dessa suerte duerma, y [h]aga lo que haze quien está desde que naçe en los brasos de la Muerte. Da lugar al pensamiento, para que discurra y veas que lo más que aquí deseas, es todo un poco de uiento; no labres sin fundamento máchinas de uanidad, pues la mayor magestad en un sepulcro se encierra, donde dise, siendo tierra, “aquí biue la uerdad”. f.221r Pues te auisa la memoria del próximo en essas calles, mira en ella, porque [h]alles méritos para la gloria. Pues la muerte es tan notoria, en el jouen más ualiente como sagaz y prudente, te aparta de qualquier uiçio, mira que por justo juisio de Dios uendrá de repente. Mira cómo passó ayer, veloz como tantos años, euidentes desengaños del limitado poder. Lo que fue dexó de ser, y no quedó dello más, desto [h]a sido, tú que uas por este mundo inconstante, mira que el que ua delante auisa al que ua detrás. La corona y la tiara, que tanto el mundo estimó, ¿qué se hizo? ¿En qué paró? si no en lo que todo passa. ¡O[h], mano del mundo auara! Pues tanto el bien nos limitas, f.221v T ONINA PABA 222 50 55 60 65 70 75 80 85 ¿para qué, di, nos incitas a aspirar [a] más y más si lo que despaçio das tan de prissa nos lo quitas? Si te engaña el propio amor, para que no ueas tu daño, la muerte, que es desengaño, sirua de despertador. Hoy naçe la tierna flor y hoy su curso se termina, todo a la muerte camina; la estatu(r)a del más bizarro, como está fundada en barro, la des[h]ase qualquier china. f.222r ¿En qué piensas, o [a] qué aspiras, quando tras tu gusto uas, pues dél no te queda más que enemigos que conspiras? Si es que adelante no miras, mira la uida passada, que si en tan corta jornada lo más passó desta suerte, [h]asta llegar a la muerte que te queda poco o nada. Desde el naser al morir casi se puede dudar si el partir es el parar o el parar es el partir. Tu carrera [h]as de seguir, y pues con tal breuedad passa la más larga edad, ¿cómo duermes y no ues que lo que acá un soplo es, es allá una eternidad? Mira el tiempo uolador cómo passa, y considera cómo uan tras la carrera desde el mayor al menor; el esclauo y el señor corren parejas (h)iguales, que como nasen mortales (h)iguales uan a la hoya, f.222v Canzoniere ispano-sardo 90 95 100 105 110 115 120 125 130 223 de cuya des[h]echa Troya aun no quedan los señales. La juuentud más losana ¿en qué paró? ¿qué se hizo? Todo el tiempo lo dess[h]iso y anochesió su mañana. La muerte siempre es temprana y no perdona a ninguno, goza el tiempo oportuno, grangea con tu talento que acá dan uno por siento y allá dan çiento por uno. ¿Qué eternidades te ofrese la más dilatada uida, pues apenas es uenida quando se desaparese? [H]oy piensas que te amanese y es el día de tu [o]caso, término breue y escasso más que mucho si uolando te ua la muerte buscando, [y] quando tú uas passo a passo. f.223r f.223v A la dama más celebrada, lazo en que tantos caieron, ella, y ellos, di, ¿qué fueron si no tierra, poluo y nada? ¡Oh, limitada jornada! ¡Oh, frágil naturalesa! La humildad y la grandesa todo en nada se resuelue, es de tierra y a ella buelue, y assí acaba en lo que empiesa. ¿De qué te sirue anhelar, por tener y más tener, si esto en tu muerte [h]a de ser fiscal que te [h]a de acusar? Todo acá se [h]a de quedar, y pues no [h]ay que adquirir en la uida que el morir la tuia rige de modo, pues está en tu mano todo, que mueras para uiuir. f.224r T ONINA PABA 224 Décimas di ottonari. Schema rimico: abbaaccddc. L’attribuzione a Lope de Vega è dovuta a J.E. Nieremberg, che inserisce questi e altri versi in appendice al suo libro Diferencia entre lo temporal y eterno, al quale ha attinto con molta probabilità il raccoglitore del Canzis. Tuttavia “la fecha en que debió de imprimirse por vez primera la obra de aquel docto jesuita, ni el estilo y lenguaje de esta composición, hacen creible que sea de Lope” (ROSELL, p.285). v.37 Ms. acido en XCVII (f.226v) 5 ¡Qué discretas que anduuisteis en el himno que cantasteis! El ser de Madre tomasteis y el virgo a los frailes les disteis; ¿qué inporta al recato uuestro que serréis, schola mía, la puerta a la ave María si la abrís al Padre nuestro? Copla castellana. Schema rimico:abbacddc. Sembrerebbe alludere a certe forme di ipocrisia nel comportamento delle monache. XCVIII (ff.226v-227r) 5 10 Pajarillo que esplicas alegre con dulçe armonía festejas tu amor, deja el canto, que causas tormento a quien por amarte sus penas lloró. Llorar esso sy: cantar esso no. El que canta sus males aujenta, oluida sus ansias, su fiero dolor, pero ¿quándo un amante adorando, sus penas, sus ansias, su mal oluidó? Llorar esso sy: cantar esso no. Que me causas enbidia te juro mirando que esplicas tu afecto interior, pero, ¡hay de my! que lo oculto callando; ¿qué haré? que no puedo templar mi pauor. f.227r 225 Canzoniere ispano-sardo 15 20 25 Llorar esso sy: cantar esso no. Despeñado un arrojo bajaua risueño y alegre por (h)oír tu voz, pero son arroyuelos mis ojos que lágrimas vierten por una atençión. [Llorar esso sí: cantar esso no.] A tus voses el alma despierta, vistiendo de perlas la rústica flor, y a mis eccos la noche se aserca vistiendo de luto lo que el sol doró. [Llorar esso sí: cantar esso no.] La alegría que gosas ostentas, pues ya de tu dicha llegó la ocasión; ¡hay de aquel que en continua fatiga que ni una esperanza jamás mereció! Llorar esso sy: cantar esso no. Serie di strofe polimetriche di quattro versi (decasillabi i versi dispari e dodecasillabi quelli pari) più uno di ritornello, con assonanza nei versi pari in o. Testimonianze: Ms. 78 BCB, rubrica: Otra [marisapula] con retintin. Dal contenuto, il testo sembra essere pensato per il canto; ciò spiegherebbe, anche, la relativa irregolarità metrica. v.1 explicas al ayre Ms.78 v.2 tu festiuo amor Ms.78 v.3 que no cantes te pido pues matas Ms.78 v.6 males espanta Ms.78 v.7 su pena y dolor Ms.78 v.8 pero ay que estoy desgraciada Ms.78 v.9 ¿qué haré que no puedo templar su rigor? Ms.78 v.13 ipermetro v.19 por una passión Ms.78 XCIX (f.229r-v) OTRA BURLESCA Da bienes fortuna que no están escritos, quando pitos flautas quando flautas pitos. 5 ¡Quán diversas sendas se suelen seg[u]ir, T ONINA PABA 226 10 15 20 25 en el repartir [h]onras y [h]asiendas! A unos da encomiendas, a otros sanbenitos. Quando pitos flautas quando flautas pitos. A ues[es] despoja de chosa y apero al mayor cabrero, y a quien se le antoja la cabra más coja parió dos cabritos. Quando pitos flautas quando flautas pitos. Porque en una aldea un pobre mancebo [h]urtó sólo un huevo, al sol uanuonea, y otro se passea con cien mil delitos. Quando pitos flautas quando flautas pitos. f.229v Letrilla di Luis de Góngora. Gli emendamenti al testo sono stati apportati sulla base dell’edizione di JAMMES. v.5 Ms. diverses v.13 Ms. ayero v.14 Ms. el v.24 Ms. passa C (ff.229v-231v) OTRA 5 Llorava la niña y tenía rasón la prolija ausencia de su dulce amor. Dexóla tan niña que apenas creo yo Canzoniere ispano-sardo 10 15 20 25 30 35 40 45 50 que tenía los años que aquel la dejó. Llorando la ausencia del galán traidor, la dexa la luna y la halla el sol. Añadiendo siempre passión a passión memoria a memoria dolor a dolor. Llorad coraçon que tenéis raçón. Dísele su madre: “Hija, por mi amor, que cesse el llanto o me acabe yo”. Llorad coraçón que tenéis raçón. Ella le responde: “No es possible no, las causas son muchas los ojos son dos”. Llorad coraçón que tenéis raçón. “Satisfagan, Madre tanta sinrasón y lágrimas lloren en esta ocasión”. Llorad coraçón que tenéis raçón. “Tantas como dellas un tiempo tiró flec[h]as amorosas el arquero Dios”. Llorad coraçón que tenéis raçón “Yo no canto Madre y si canto yo muy tristes endechas mis cansiones son”. Llorad coraçon que tenéis raçón. “Porque el que se fue con lo que llevó 227 f.230r f.231v T ONINA PABA 228 dexóme el silencio lleuóse la uos”. Llorad coraçón que tenéis raçón. Romancillo di Luis de Góngora. Gli emendamenti al testo sono stati apportati sulla base dell'edizione di DÁMASO ALONSO. v.3 Ms. proliga v.6 Ms. creió v.38 Ms. en CI (f.230v) OTRA Ya se murió mi muger, Dios en el cielo la tenga y téngala tan tenida que nunca más acá buelua. 5 10 15 Muriósse en quinçe de março, en mitad de la quaresma pues quiso Dios en un año darme dos carnestolendas. Todos desían que era un ángel quando me casé con ella y siendo un demonio viua parecióme un ángel muerta. Murmura la uesindad que muy bien puesto me dexa, y no pude quedar mejor pues he quedado sin ella. Cuartetas asonantadas di ottonari, assonanza e-a nei versi pari. Il tono giocoso permette al poeta di sviluppare con arguzia uno dei tópoi della letteratura burlesca: il rapporto tra marito e moglie. 229 Canzoniere ispano-sardo CII (f.231r) OTRA Entre essas aguas turbias del sacro Guadalete que las del mar de España se mesclan en el Vetis, 5 10 15 sabed, Lisarda mía, que desque estuue ausente, se uieron en mis ojos dos caudalosas fuentes. Enternecía mi llanto a la roca más fuerte, al toro más robusto y al árbol más siluestre. El pastor más grosero, quando me [h]ablaua, siempre gentil me parecía agudo y eloquente. Romancillo, disposto in cuartetas con assonanza e-e. CIII (f.231r) OTRAS Atambié atambié Fernandico me llamo y naide me toque porque me callo. Strofa di versi anisosillabici (quinari e settenari). Si tratta, forse, di una strofetta popolaresca. Ricompare naide per nadie. v.3 Ms. toce T ONINA PABA 230 CIV (f.231v) vedi LXXX CV (ff.232r-233r) OTRAS 5 10 15 20 25 30 Apurar, cielos, pretendo, pues que me tratáis ansí, que delitos cometí contra uosotros naciendo. Y si nací ya entiendo que delito he cometido; bastante causa [h]a tenido uuestra justicia y rigor, pues el delito mayor del hombre es [h]auer naçido. Pero quisiera saber para apurar mis desuelos, dexando a una parte, cielos, el delito del naçer, ¿qué más os pude ofender para castigarme más? ¿No nascieron los demás? y si los demás nascieron, ¿qué priuilegio[s] tuuieron que yo no gosé jamás? Nace el bruto, y con la piel que dibuxan manchas bellas, apenas si[g]no es de estrellas graçias al docto pinzel, quando tirana y cruel la humana necessidad le enseña(ua) a tener crueldad, monstruo de su labirinto; ¿ yo, con major istinto tengo menos libertad? Naçe el aue y con las [g]alas que le dan bellesa suma apenas es flor de pluma o ramillete con galas f.232v Canzoniere ispano-sardo 35 40 45 50 55 60 65 quando las etéreas salas rompe con uelocidad, negándose a la piedad del nido que dexa en calma; ¿y teniendo yo más alma tengo menos libertad? Nace el arroio, culebro que entre flores se desata apenas, sierpe de plata, entre la g[u]ijas se quiebra quando músico celebra (con corona magestad del campo la amenidad) [de las flores la piedad que le dan la majestad del campo abierto a su huida] ¿y teniendo yo más vida tengo menos libertad? Nace el pes, que no respira aborto de ovas y lamas apenas, vajel de escamas, entre las olas se mira quando a todas partes g(u)ira midiendo la imencidad de tanta capaçidad que le da su cerebro frío ¿y yo, con más aluedrío tengo menos libertad? En llegando a esta sasón un bolcán, un Etna hecho, quisiera arrancar del pecho pedaços del coraçón; ¿qué ley, justicia o raçón a los hombres negar sabe priuilegio tan suaue, exception tan principal, que [h]a dado Dios a un cristal a un bruto, a un pez, a un aue? 231 f.233r Decime. Schema rimico: abbaaccddc. Si tratta del monologo di Segismundo (I, 2) de La vida es sueño di Calderón de la Barca, la cui prima edizione apparve nel 1636. Gli emendamenti sono stati apportati sulla base di VALVERDE. v.52 Ms. ocas y ramas T ONINA PABA 232 CVI (ff.233r-234v) ROMANCE 5 10 15 20 25 30 35 40 En el baile del exido, -nunca Menga fuera al baileperdió sus corales Menga un día santo por la tarde. Diçen que se los dio en ferias tres o quatro días antes el [Piramo] de su aldea el sobrino del alcalde. Los corales no tenían los estremos que ella haze y porque de cristal fuessen lloró Meng[u]illa cristales. ¿Quién oyó, sagales, desprecios tales que derrame perlas quien busca corales? Veinte los buscan perdidos y no es mucho en casos tales que un perdido [h]aga ueinte pues un loco ciento hase. En el exido los buscan que (h)iendo Menga a lauarse se los dexó en la juncia del arrojo de los sauçes. Do en pago de su blancura menosprecian arrogantes sus blancas espumas que orlan el uerde y florido margen . Que la nieue es sombra obscura y el marfil negro azabache con la garganta de Menga coluna de leche y sangre. ¿Quién oyó, sagales, desprecios tales que derrame perlas quien busca corales? Ya el cura se preuenía de los antojos que saben en rubricas coloradas hazer las letras más grandes. Quando albricias pidió a uoses Barcolillo con donaire f.233v f.234r 233 Canzoniere ispano-sardo 45 50 55 por [h]auer [h]allado Menga en sus labios sus corales. Los ojos fueron de Antón los que descubrieron antes en la juncia los jaueles en la arena los granates. Y uiendo purpurear las roxas prendas del Ángel al son dix del salterio que tenía Gil Perales. ¿Quién oyó, sagales, desprecios tales que derrame perlas quien busca corales? f.234v Romance di Luis de Góngora. Gli emendamenti al testo sono stati apportati sulla base dell’edizione di DÁMASO ALONSO. v.24 Ms. suaçes v.42 Ms. pariolillo v.45 Ms. de antojos v.48 Ms. granales CVII (ff.234v-235v) OTRO ROMANCE 5 10 15 La más bella niña de nuestro lugar [h]oy viuda y sola ayer por asar. Viendo que sus ojos a la g[u]erra uan a su madre diçe que escucha su mal: “dexadme llorar orillas del mar. Pues me diste, madre, en tan tierna edad tan corto el plazer tan largo el pesar. Y me cautiuastes de quien hoy se ua f.235r T ONINA PABA 234 20 25 30 35 40 45 50 55 60 y lleua las llaues de mi libertad. Dexadme llorar orillas del mar. En llorar conuiertan mis ojos de hoy mas el sabroso oficio del dulce mirar. Dexadme llorar orillas del mar. Pues que no se pueden mejor ocupar yéndose a la g[u]erra quien era mi paz. Dexadme llorar orillas del mar. No me pongáis freno, ni queráis culpar que lo uno es justo y lo otro por demás. Si me queréis bien no me [h]agáis mal [h]arto peor fuera morir y callar. Dexadme llorar orillas del mar. Dulçe Madre mía, quien no llorará aunque tengo el pecho como un pedernal. Y no dará voses uiendo marchitar los más verdes años de mi mosedad. Dexadme llorar orillas del mar. Váianse las noches, pues ido se han los ojos que hazían los míos velar. Váianse y no uean tanta soledad después que [en] mi lecho sobra la mitad. Dexadme llorar orillas del mar”. f.235v 235 Canzoniere ispano-sardo Romancillo di Luis de Góngora. L’integrazione del v.58 è stata apportata sulla base dell’edizione di DÁMASO ALONSO. V.8 Ms. escuche CVIII (ff.236r-237r) ROMANCE 5 10 15 20 25 30 35 En los pinares de Xúcar ui bailar unas serranas al son de la agua en las piedras y al son del uiento en las ramas. No es blanco coro de ninfas, de las que aposenta el agua, o las que uenera el bosque seg[u]idoras [d]e Dïana. Serranas eran de Cuenca, honor de aquella montaña, cuyo pie besan dos ríos por besar dellas las plantas. Alegres coros tañían, dánse las manos blancas de amistad, quisá temiendo no la truequen las mudanças. ¡Qué bien bailan las serranas! ¡Qué bien bailan las serranas! El cabello en crespos nudos luz da al sol, oro a la Arabia qual de flores impedido qual de cordones de plata. Del color uisten del Cielo, si no son de la esperança, palmillas que menosprecian al safiro y la esmeralda. El pie, quando lo permite la brúxula de la falda, lazos calsa y mirar dexa pedaços de nieue y nácar. Ellas, cujo mouimiento honestamente leuanta el cristal de la coluna sobre la pequeña uasa, ¡Qué bien bailan las serranas! f.236v T ONINA PABA 236 40 45 50 55 ¡Qué bien bailan las serranas! Una, entre los blancos dedos hiriendo g[u]icas bizarras, instrumento de marfil que las Musas lo embidiaron, las aues enmudeció y enfrenó el curso del agua; no se mouieron las [h]ojas por no impedir lo que canta: “Serranas de Cuenca iuan al pinar, unas por piñones y otras por bailar. Bailando y partiendo, las serranas bellas, un piñón con otro, si ya no es con perlas, de Amor las saetas huelgan de trocar unas por piñones otras por bailar”. f.237r Romance di Luis de Góngora. Gli emendamenti al testo sono stati apportati sulla base dell’edizione di DAMASO ALONSO. v.25 Ms. por millas v.29 Ms. cassa v.53 Ms. de CIX (ff.237r-238v) ROMANCE 5 10 Según buelan por el agua tres galeotas de Argel un Aquilón africano las engendró a todas tres. Y según los uientos pisa(n) un bergantín genoués si no uiste el temor alas de plumas tiene los pies. Mortal casa uienen dando al fugitiuo vaxel f.237v Canzoniere ispano-sardo 15 20 25 30 35 40 45 50 55 en que a Nápoles passaua en conserua del virrei. Un español con dos hijas una sol y otra clauel que tuuieron a León por Oriente y por uerjel. Derrotóle un temporal y la que no dió al traués a vista dio de Morato, renegado calabrés. El tagarote africano que la española garça ue(e), en su noble sangre piença esmaltar el cascabel. Peinando le ua las plumas mas el uiento burla dél, interpuesto entre las alas y entre la garra (el) cruel. Ya surcan el mar de Denia ya sus altas torres ue(e)n, grandesa del Duque a[h]ora, título ya del Marqués. De sus torres los descubren y en distinguiendo después la cruz en el tafetán, la luna en el alquizel, ocho y dies pieças disparan que en ocho globos o dies embueluen de negro humo al cossario su interés. Los braços del puerto ocupa con fatiga y con plaser el bergantín destrosado desde la (a)quilla al garçés. El leonés agradecido al cielo de tanto bien, de libertad coronado dize, si no de laurel: “O[h] puerto, templo del Mar, cuya húmida pared, antes faltara que tablas señas de naufragios den. Fortaleza imperiosa, terror de Africa y desdén, yugo fuerte y Real espada que reprime y que da ley. 237 f.238r f.238v T ONINA PABA 238 60 65 70 Defensa(s) os deuo y abrigo, mi libertad vuestra es, y mi lengua desatada en alabanças tanbién. Con tus altos muros viua tu ínclito dueño, a quien, como a ti el Mediterráneo la embidia le bese el pie. Immortal sea su memoria en la gracia de su Rey por galardón protegida si començó por merçed. Que seruicios tan [h]onrados y de Acates tan fiel immortalidad mereçen si no de uida, de fe”. Romance di Luis de Góngora. Gli emendamenti al testo sono stati apportati sulla base dell’edizione di DAMASO ALONSO. v.3 Ms. aquilán v.32 de CX (f.239r) Es un rapasillo ingrato que no llega a mereçer ni a mi sapato su madre, ni él. 5 10 De la viña uino Antón enamoradito aier y con razón que [h]a uisto a Inés. Y el triste sus ojos uió que [...] no dudaré porque sé yo que son para uer. Combinazione di ottonari, quinari e senari in strofe di taglio popolare. Schema rimico:abab. 239 Canzoniere ispano-sardo CXI (ff.239r-240v) ROMANCE 5 10 15 20 25 30 35 40 Funestos y altos çipresses, frondosas y uerdes ramas cercan un campo cubierto de abrojos y [h]ieruas largas. En medio estaua un sepulcro, al pie de una palma ingrata, que, cómo da el fruto tarde, con la muerte se compara. La noche estaua en silencio, medrosa, fría y [h]elada, y la siniestra cornexa [h]echa sentinela y guarda. Quando, al rajo de la luna que baxaua entre unas ramas, uide quatro bultos negros que lleuauan unas andas. Al uno llaman oluido, al otro desconfïança, los otros dos se desían el engaño y la mudança. Alumbrauan en sus manos quatro funerales achas, negras ellas, y el (es)pabilo (y) negro el [h]umo y las llamas. [H]asta la luz era negra, porque en su región tirana con su obscuridad se alumbran, porque siempre a escuras andan. Entrados que fueron dentro, al pie del sepulcro paran, dando, de los firmes [h]ombros, al suelo la inútil carga. Y con manos liberales, de las funerales andas, sacaron un muerto viuo que gemía y suspiraua. Señido estaua de cadenas y en la boca una mordaça, que quien muere de su mal muere y por su honra calla. Metiéronle en el sepulcro f.239v f.240r T ONINA PABA 240 45 50 55 donde otros muertos le guardan, que, en son triste, al huésped nueuo con gemidos saludauan. Confuso yo, y codicioso de saber a quién lleuauan, llegándome hasia el sepulcro que solo y desierto estaua, vi unas letras que desían en la piedra figuradas: “Aquí se entierran los muertos de perdidas esperanças. Entre éstos yase Menalio, enterrándole, sin causa, los zelos, muerte de viuos, que ésta es su propia morada”. f.240v Romance di Luis de Góngora. Sviluppa, attraverso la metafora funebre, il motivo della gelosia, “morte dei vivi”. v.2 Ms. frondosos CXII (f.240v) OTRAS 5 10 Con el retrato de Adonis Venus dormida se queda, y, embidioso de sus dichas, Amor quitárselo intenta. Mucho aduentura quien duerme pues que de sí se enagena, y, por más que esté presente, de quien le adora se ausenta. Menos deue a su cuidado, quando más la lisongea, pues que a uistas del peligro del sueño uençer se dexa. “¡Dispierta, dispierta! Que quien ama no es justo que duerma”. Romance, già edito in ACUTIS, con assonanza e-a presente anche nei vv. 13 e 15, anisosillabici. Gli ultimi due versi, disposti nel manoscritto come 241 Canzoniere ispano-sardo fossero uno, segnano, insieme al v.13, il passaggio dal tono impersonale della descrizione al coinvolgimento emotivo del poeta, espresso dalla voce verbale in seconda persona e dal tono monitorio della conclusione. CXIII (f.240v) OTRAS Diuina y [h]ermosa Casandra, pues que ignoras que es amor que sólo ignorarlo tú [...] Frammento di una strofa di ottonari. Nel canzoniere è stato trascritto come l’inizio del componimento successivo, indizio di distrazione del copista e del fatto che, forse, questi attingeva a dei fogli scritti. CXIV (f.241r-v) 5 10 15 [Siéntome a la ribera de los ríos donde estoy desterrado y lloro tanto] que los [h]asen creser los ojos míos; si alguna ues, por consolarme canto, es cosa para mí de grande pena que tengo por mejor boluerme al llanto. Unos, por se alegrar, buscan floridos prados y sombríos, mas yo, para llorar los tristes males míos, siéntome a la ribera de los ríos. Más ásperos que abrojos son para mí estos árboles y cantos, mas, ¿qué podrán mis ojos mirar que no sea llanto? donde estoy desterrado y lloro tanto. Testigos de mis males son estas peñas y peñascos fríos, T ONINA PABA 242 20 25 30 35 los fieros animales, testigos son los ríos que los [h]asen creser los ojos míos. Testigos son las peñas que continuo risuenan a mi llanto, también las duras peñas, cuyo rigor quebranto si alguna ues por consolarme canto. El verme triste, ausente, tan lejos de mi luz clara y serena, el uerme claramente que biuo en tierra agena, es cosa para mí de grande pena. Y si en el gran tormento mis miembros se adormesen algún tanto, [tantas congojas siento], tan triste me leuanto, que tengo por mejor boluerme al llanto. Lira garcilasiana. Glosa di un sestetto acefalo. Schema rimico: aBabB. Testimonianze: Ms. 52 BCB; VERGEL, solo la “cabeza” della glosa, [Rubrica: Tercetos à la Santa Cruz]. L’integrazione (v.34) è stata apportata sulla base della lezione del Ms. 52 BCB. v.1 destos VERGEL v.5 tanta VERGEL v.18 estas breñas Ms.52 v.20 son las breñas Ms.52 v.28 tan ciego Ms. 52 v.29 y el ver tan Ms. 52 v.31 tanta pena Ms.52 v.34 tantas congojas siento, Ms. 52 CXV (ff.241v-242v) OTRA BURLESCA ¡Asoluamos el sufrir, deseemos el callar, mucho tengo que llorar poco tengo que reír! Canzoniere ispano-sardo 5 10 15 20 25 30 35 40 45 Deseado he desde niño, y antes, si puede ser antes, ver un médico sin guantes y un abogado lampiño, un poeta sin aliño, un romance sin orillas, un saión sin pantorrillas y unas ferias sin prestar. ¡Mucho tengo que llorar poco tengo que reír! 243 f.242r Al [h]umo le deue cejas la que al sepulcro cabellos, de ojos graues, porque dellos aun las dos niñas son viejas; este miro de sus rejas, y de los muchac[h]os juego, a[h]ogado aier de un çiego hoy se nos quiere morir. Mucho tengo que llorar poco tengo que reír. Con la gala el interés indignada han descubierto, que no se dé perro muerto sin ella aun en Leganés, quanta uerdad esto es Madrit, que es grande, lo digo, aunque diga cierto amigo que es mejor gala pagar. Mucho tengo que llorar poco tengo que reír. Médico [ha]y, aunque lego que la mejor calentura se cura, no siendo cura, da el olio y entierra luego y aunque la çiencia le niego le considero de grado a un [pergamino] arrullado y un engastado azafir. Mucho tengo que llorar poco tengo que reír. Truxo en dote un seraphín cassa de jardín gallardo, unos alanes al Pardo f.242v T ONINA PABA 244 50 y un postigo al Balsaín mientras pisan el jardín visita el maridón, [espejo hecho el balcón, sus canas ve pardear]. Mucho tengo que llorar poco tengo que reír. Letrilla XXIII di Luis de Góngora (1625) di argomento satirico (nei confronti di una vecchia), priva della sesta strofa. Vari manoscritti e edizioni a stampa danno come strofa iniziale la stessa riportata qui, che è di Francisco de Quevedo. La confusione era già stata segnalata nel 1648 dall’editore dell’opera quevediana (JAMMES). v.2 desatemos JAMMES v 4. mucho tengo que reír JAMMES v.9 con aliño JAMMES v.10 con pantorrillas JAMMES v.16 Ms al se puso v.18 Ms las demás v.27 se dio JAMMES v.30 lo diga JAMMES v.31 bien que juzga cierta amiga JAMMES v.36 a la menor JAMMES v.37 Ms si, su JAMMES v.41 integrazione JAMMES v.50 Ms maradir vv.51-52 integrazione JAMMES CXVI (f.242v) OTRA 5 “¿Quién es aquel cauallero que a mi puerta dixo:¡abrid!?” ‘Cauallero soy, señora cauallero de Motril. Nieto soy de quatro grandes de a tres uaras de medir, tan deudo del Conde Claros que me aquesto sin candil. Mi hasienda es un escudo [orlado de treinta mil]’” ... 245 Canzoniere ispano-sardo Frammento di un romance di Luis de Góngora, di argomento satirico. Il richiamo in calce al foglio indica: orlado, ma è privo di seguito. Il manoscritto presenta chiari segni che sono stati recisi dei fogli. v.4 Moclín DÁMASO ALONSO CXVII (ff.243r-244r) DEL PECADOR A CRISTO JESÚS Coplas Soy gran pecador mi misero ei Christo soberano misere mei. 5 10 15 20 25 He sido traidor, confiéssome Dios, ofendiendo a vos que sois mi Señor, dadme gran dolor mi misero ei. Christo soberano misere mei. Yo maluado he sido, siendo uos tan bueno, pues sin tassa y freno tanto os he ofendido conque he tran[s]gredido vuestra Santa Ley. Christo soberano misere mei. Luzbel, que es engaño, mi Dios, me engañó conque me apartó de vuestro rebaño, a llorar mi daño vengo a vuestra grei. Christo soberano misere mei. f.243v T ONINA PABA 246 30 35 40 45 50 55 Con tanto pecado, neçio pecador, (h)ay, mi Redentor, que os he dexado, pues he quebrantado sic mandata Dey Christo soberano misere mei. Con grande dolor de mi coraçón, os pido perdón Christo Redentor, perdonat Señor mi Dios y mi Rey. Christo soberano misere mei. La oueja soy yo que andaua perdida, soy la que dejó la senda de mi uida, bueluo arrepentida [h]eme aquí a tu grei. Christo soberano misere mei. f.244r Pues, para alcançar diuina clemencia, plenaria indulgencia vengo con pesar, prometo guardar siempre vuestra Ley. Christo soberano misere mei. Estribillo tetrastico, seguito da sette mudanzas che lo riprendono secondo la struttura del villancico. Schema rimico: abbaac (fa eccezione la strofa n° 7: ababbac). Parrebbe far parte di quella abbondante produzione di carattere penitenziale che i fedeli mandavano a memoria. Da notare nel v. 50, riferito alla Divinità, il passaggio dalla seconda persona plurale a quella singolare, che rimane però isolato. v. 41 perdonat, catalanismo o italianismo Canzoniere ispano-sardo 247 CXVIII (ff.244r-246v) A LA VIRGEN RESIÉN PARIDA 5 10 15 20 25 30 35 La aldeana graciosa resién parida, visitándola Reies no les da sillas. Una obscura noche del sol embidia, parió la aldeana de nuestra villa. Fuimos sus parientes a uella un día de riquesas pobre[s] claros eni[g]mas. [H]allámosla sola pero tan linda, que baja[ba] el cielo todo a seruilla. Mas aunque su Madre fue un tiempo rica, ella estaua pobre mas siempre limpia. No tuuo en la cama ricas cortinas que el suelo era Cielo que la cubría. La cuna fue pajas, y las mantillas lirios, azuzenas y clauellinas. Eran los cristales y selosías pedaços del Cielo por donde mira. Reies de Oriente también caminan, oro le presentan, incienso y mirra. Cómo [no] las tenía la [h]ermosa niña, visitándola Reies f.244v f.245r T ONINA PABA 248 40 45 50 55 60 65 70 75 80 no les da sillas. Colunas y palazes, ricas cortinas, de antiguo edificio rotas ruinas. Y así os descubren donde fabrican de nieue los uientos paredes frías. Para las paredes donde se arrima[n] en tapices que andan figuras biuas. Esta casa tiene, y esta familia que en este aparato Reies reçiba. Reies que cubiertos de oro de Síbar arrastran(do) brocados que el mundo estima. Silla[s] le [h]an dado, naide las pida adonde los Cielos ven de rodillas. Y aunque las promete para otro día visitándola Reies no les da sillas. Dauid era esto, Dios lo confirma, sabio Salomón, buen[o] Ezequías. Mas no fue la causa no [h]auer quien sirua sillas a los Reies en la uisita. Pajes hay que buelan y sillas ricas en otros palacios que tiene arriba. Ser Reino tan grande será por dicha, pues es la gloria f.245v f.246r Canzoniere ispano-sardo 85 90 95 100 del que le mira. No se sientan Reies donde él [h]abita, que alguno que quiso perdió la silla. Desde su soberuia se están vacías, que las [h]vmildades a Dios obligan. María lo sabe que es bendita, por los que en su alma los Cielos miran. Como el ser [h]vmilde tanto lo estima, visitándola Reies no les da sillas. 249 f.246v Testo appartenente a Pastores de Belén, (Madrid, 1612), opera non teatrale di Lope de Vega che ha avuto il maggior numero di edizioni. Si tratta di una composizione “en verso fluctuante de fondo de seguidilla [...] pero con asonancia sostenida de romances, en las que los versos impares son hexasílabos [...] y los pares son pentasílabos” (NAVARRO TOMÁS). Non figura la rubrica. v.59 Ms. bracados v.69 Ms. Divid v.77 Ms. buelen v.85 Ms. sienten v.93 Ms. no v.94 Ms. pues es T ONINA PABA 250 CXIX (ff.246v-247v) COPLAS A LA VIRGEN DEL CARMEN La risa de nuestra aurora en el Carmelo se ve, donde la alegría es flor y fruto de todo plaser. 5 10 15 20 Llora Lusbel por sus risas el [h]vmo de su altiués, es que en el cielo rendidos quedan su soberuia y ser. Ciego el hombre de ignorancia por el ancia de saber, quedó allá del paraíso fuera, priuado de bien. Llore, pues, una mansana, llore su mal proçeder, pero en el Cielo a Elías ríe que se alegra el bien. Aquesa aurora es María en quien encarnó el Clauel, que es sol que nasce de Madre tan pura como dize. Pura quando se concibe, quando aurora nascis[t]es, que de su primer instante de luzes luzero es. 25 f.247r Rabia Luzbel por sus luzes, que en este cielo Carmén si el hombre perdió la graçia mejora todo su ser. Cuartetas asonantadas; assonanza ossitona in e, nei versi pari. v.20 Ms. pero v.26 Ms. Carmelo f.247v 251 Canzoniere ispano-sardo CXX (f.254r-v) Tórtola que amante gimes, solitaria, en tu recámara, si me anhelas por consorte, ¿hasta quándo lo dilatas? 5 10 15 20 Heche tu fogosidad desperesas de tardansas, que tendrás mucho de fuego si es amor el que te abrasa. f.254v Que me quieres, dises, alma, mas mi congoxa no aplacas, pues me atormentas más resio quando quieres y no abraças. No puede tu amor ser fino, quando tu querer no basta a resoluerse en obrar si el de tu padre se aparta. Riscos de inpossibles halla quien con amores se enlaza, y sabe bolar los montes quien se uistió de sus alas. No te nieg[u]es al consorcio (h)aliento de mi esperança, ni dudes de mi querer pues todo biue en tus llamas. 25 Yo, Yoseph, y tú, María, ¿qué unión más acertada? Pues el Cielo se empeñó un tiempo por recabarla. Cuartetas asonantadas, assonanza a-a. Lo sviluppo del tema sembra orientato a scuotere l’indecisione di un amante, mentre l’ultima strofa lo situa chiaramente in ambito sacro. Si tratta, forse, di un’unione mistica (v.9) tra l’anima e Dio. v.3 Ms. conserte v.17 Ms. huella v.26 Ms. asortada 252 T ONINA PABA 253 Canzoniere ispano-sardo I NDICE DEI PRIMI VERSI A Bartolomé esta uez Admirado encanto mío A la aurora del sol de la gracia Al eterno preseruada Al fin tráxome mi suerte Al fin tráxome mi suerte A Madrid a uenido para que A mí Jesús hermosíssimo Aprendet flores de mí Apurar cielos pretendo Aquel peregrino rey Aquella tórtola amante Aquí que nayde nos oye Ardiendo en piadoso fuego Atambié atambié Atención que hablo de ueras Atended que va de historia Aunque agora el uiento espira Aunque haya de negar nombre Aunque tanta gala ostente f.38v f.190r f.109v f.108r f.66r f.67v f.100r f.98r f.50v f.232r f.143v f.99v f.164v f.18v f.231r f.37v f.2r f.188r f.153r f.42v Buenas noches señores f.4v Cantar linda letra es justo Como buen soldado viejo Con el papel en la mano Con el retrato de Adonis Con raçón todo el orbe Considera alma perdida Corre Gil verás Cosa me mandan bien recia Cristianos y redemidos f.41r f.142v f.15v f.240v f.20v f.188r f.52r f.30r f.54v Da bienes Fortuna Dama hermosa que pretendes De deziros no me arredro De Ignacio la santidad De las banderas de Marte De un olmo graue y soberuio De un pan de escollo pendiente Del sepulcro de mis penas Desmenusado un arroyo f.229r f.193r f.33v f.15v f.66r f.129r f.130r f.166r f.162r 254 T ONINA PABA Dime Blas porque te uies Dize Christo señor nuestro Diuina y [h]ermosa Casandra Dulce encanto de mis ojos Dulce Jesús y que ley mi rey f.132r f.76r f.241r f.111r f.191v El sufrimiento es preciso En algún lance apretado En el baile del exido En graues acentos mueva En la naue de san Pedro En unos bosques frondosos Enamorado y zeloso Entre essas aguas turbias Es un rapasillo ingrato f.141v f.36r f.233r f.12r f.138v f.157r f.130v f.230v f.239r Funestos y altos cipresses f.239r Gigante cristalino Grande Emperador de España Haze el diuino Amor Jesús a hablar me ayude La aldeana graciosa La experiencia en pocos años La más bella niña La risa de nuestra aurora Larga cuenta que dar de tiempo largo Los pájaros en el uiento Los sercados de Betulia Luego que el Saluador huvo acabado f.133r f.168r f.64v f.25r f.244r f.67v f.234v f.246v f. 52r Lloraua la niña f.229v Madre la mi madre Majo se a buelto deciembre Mísera Francia que sustentas gentes f.159r f.129v f.187v No hay poder contra la muerte No quiero no quiero nada No sé como retratar f.68v f.160r f.40r Oh tú que estas sepultado Oygan la insigne victoria [H]oy el río Ebro dará [H]oy muriendo burla al mundo Oí, palpé, gusté, ui y tuue olfato f.219v f.45r f.13v f.10v f.48v f.231v f.71r Canzoniere ispano-sardo 255 Pajarillo que esplicas alegre Para aplaudir a’ un santo nuevo Para que con mucha luz Paxarillo que vas por selua Paxarillo que vas por las selvas Pasados quarenta dias Permítanme todos Pescaua yo corales Piensa que te has de morir Por no estar a toma y daca Por ser tan niño el objeto Puedo esperar con raçón Pues oy a Saturnino Pues soys de nuestro consuelo f.226v f.33v f.43v f.137v f.149v f.9v f.23v f.156r f.92r f.166v f.8v f.28r f.26v f.104v Quán presto passa el plazer Quién es aquel cauallero f.188r f.242v Respira ira mi pecho Retrato uiuo que entre sombras muertas Rompa sonora mi voz f.150v f.220r f.3r Salga mi trabaxada voz y rompa Señora naide se iguala Señora pues que de bodas Según buelan por el agua Se principia tu gouierno Si a San Mig[u]el retrato Si canto a Borja en nota Si canto a mil marauillas Siéntome a la ribera de los ríos Si para ver mis males Si por obra, palabra o pensamiento Soy gran pecador f.187r f.37r f.35r f.237r f.151r f.22r f.32v f.13r f.241r f.163v f.52r f.243r Todos dan por assentado Tórtola que amante gimes Tu madre te casó f.17v f.254r f.158v Va de prólogo al letor Va de prólogo al letor f.133v f.134v [...] y que su luz Ya se murió mi muger ¿Yo para que nací? para saluarme f.1r f.230v f.46v 256 T ONINA PABA 257 Canzoniere ispano-sardo BIBLIOGRAFIA CONSULTATA I. Manoscritti Manoscritti Biblioteca Nacional Madrid 1132; 3168; 3657, 3665; 3667; 3670; 3671; 3673; 3674; 3675; 3721; 3736; 3741; 3746; 3771, 3772; 3785; 3798; 3884; 3889; 3904; 3907; 3914; 3937; 3950; 4049; 4052; 4062; 4103; 4141; 4271; 5829; 6620; 6880; 6886; 7746; 7749; 8427; 8489; 10756; 19537; 11976; 13424; 13751; 14838; 17556; 17717; 17556; 18667; Manoscritti Biblioteca de Catalunya Barcellona 3, Cançoner de vides de Sants. 52, Cançons de Nadal y altres (en català i castellà). 78, Recull de poesies diverses, originals i copies d’altres autors, recopilat per Josep Bori i Santinyà (1706). 111, Cançoner de Nadal. 995, Cartas de su Magestad Felipe V escritas al Ill.mo Señor Don Pedro Martinez Rubio durante la visita general que hizo en el Reyno de Cerdeña el año 1649 hasta el 1655. 1130, Cançoneta al Naixament de Christo. 1191, Goigs catalans. 1223, Desperdicios del Parnaso. Poesies en català i castellà, s.XVII, recopilat per Emanuel Mas y Soldevila. 1358, Recreo y jardi del Parnas y Musas catalanas, recopilat per Batista Miranbell, s.XVII. 1495, Cançons de Nadal i lletres per esser cantades. En castellà. S.XVII. 3521, Recull de poesies castellanes, s.XVIII. 3982, Recull factici de poesies de tema nadalenc. Manoscritti Biblioteca Universitaria Barcellona 161, Cancionero castellano: I, 25, 147-49. 166, Silva de varias flores que huelen a lo divino: I, 215, 6. 828, Poesias de varios autores, ss. XVII-XVIII, II, 361. 888, Sermones y platicas espirituales, s.XVIII. 1113, Antologia poetica, III, 166. 258 T ONINA PABA 1136, Poesias religiosas, III, 186. 1146, Florilegio poetico, III, 193. 1151, Poesias religiosas, III, 198. 1207, Acto de contricion de un pecador, III, 258. Coleccion de poesias religiosas, I, 206, 7. Poesias diversas, II, 401, 468. Coplas a lo divino, decimas y loas, II, 428. Glosa poetica, III, 168. Poesia religiosa, III, 186. Poesias varias, III, 305. Manuscritos con poesias, III, 11, 14, 106, 107, 186, 193. Manoscritti Biblioteca Braidense Milano Ms. Ad. XI. 57 Manoscritti Biblioteche Sarde 1. Alabanças de los santos de Sardeña por el Doctor Iuan Francisco Carmona, sardo calaritano, conpuestas y ofresidas a honrra y gloria de Dios y de sus Santos, año 1631 [ BUC]. 2. Obra poetica, sermon y novenario con otras sagradas noticias y milagros del prodigioso Beato Salvador de Horta, religioso Liego Observante de N.s.p.s. Francisco, Oriundo de la Ciudad de Caller e hijo de la Santa provincia de San Saturnino, Martir calaritano, en Sardeña.... por el R.P.F. Juan Maria Contu [BUC]. 3. Libro de Comedias escripto por Fray Antonio Maria de Estercily, sacerdote capuchino en Selluri, año 1688 [BUC]. 4. Vida, martirio y milagros de San Antiogo - sulcitano-, patron de la isla de Sardegna..., conpuesta, escrita y recopilada de la historia y oficio antigo del dicho santo por el R.do P. Fray Salvados Vidal... [BUC]. 5. Libro de varios exenplos collegidos y varios auctores anno 1669. [Ms. 192 BUC]. 6.Historia cronologica y verdadera de todos los sucessos y casos particulares sucedidos en la isla y reyno de Cerdeña del año 1637 al año 1672 por el padre Jorge ALEO Predicador Capuchino de la Provincia de Sardeña y natural de la ciudad de Caller. [BUC, BCS]. 7. Carta o consulta para la Señora Reyna Nuestra del Consejero don Juan de Herrera dando quenta de todo lo que obro en el reyno de Cerdeña en la Comision que se encargo de la averiguacion de la muerte del Marques de Camarassa Virrey de dicho reyno y de todo lo que se obro en esta ocurrencia sobre este caso, en Caller, 15 de julio de 1669 [BUC]. Canzoniere ispano-sardo 259 8. Varios canticos sacros in sardu idioma de su sacerdote Joanne Baptista Madeddu benefiziadu de sa primaziale calaritana e in ateru tempus Rectore de sa parrochia de Tadasuni, [contenente una] Comedia sacra a sa Resurrezione de Jesu Christu, in sesta-lyra sarda pro recreazione de sos seminaristas tridentinos [inizio sec. XIX, BUC]. 9.[Memorie del padre Antonio Sisco, contenente versi in lingua spagnola tra cui] Composiciones de la Madre Clara Maria Escoto, Monja Capuchina del Monasterio de Sacer [ms. n°45 BUS]. 10. [Manoscritto opera del padre Antonio Sisco contenente le Coplas para bien morir [ ms. n°177 BUS]. 11. Manoscritto di “canzonette e varietà” contenente versi in lingua spagnola. Opera di Juan Nabarro [XVIII sec., ms. n°229 BUS]. 12. Historia de la vida y hechos del nobilissimo cauallero calaritano Apostol del Reyno de Sardeña e invicto Martyr San Luxorio compuesta, de quanto se halla escripto en varios codices, kalendarios, Martyrologios y Autores sardos y forasteros, por el R. Juan Pedro Quessa Cappay, Doctor en ambos derechos, Rector de las Villas de Borore y Noragugume y Examinador Synodal del obispado de Alguer dedicada à la Soberana Magestad de la reyna de los Cielos Maria Santissima, Madre Virgen del mismo Dios Humanado Jesu Christo nuestro Señor, año 1551 [BCS]. 13. Ensalada de papeles varios [contenente versi in spagnolo e in sardo, ms. n°161 BUS] 14. Vida y milagros de los Santos Martires Gavino Proto y Januario , [opera del gesuita Simon Soggiu , BCS] 15. Miscellanea Variarum Rerum, scripta a Frate Sebastiano à S. Joseph, Calaritano, Romae, die viii Decebris 1662 [opera di Sebastiano Suñer contenente versi in spagnolo tra cui il] Romance a la Soledad de Maria Nuestra Señora, Villansicos à varios Santos y al Nasimiento de Christo, Al Nasimiento de la Virgen Maria Nuestra Señora Soneto, Sobre Santa Chaterina Virgen y Flor de Siena, Quintillas; De San Migel Arcangel, Quintillas; Octava; Otra coplilla a la muerte; ecc. [BCS]. 16. Meditaciones para los ordinarios exercicios espirituales annuos por 8 dias entresacadas del Libro del Temporal y Eterno y otras meditaciones. Para uso de los religiosos de las escuelas Pias y estos entresacados el P. Bernardo de la Madre de Dios Provincial en este Reyno en 8bre año 1696 [ms. n°237 BUC] 17. Crisol de Virtudes Christianas y Avisos de la Perfecion Religiosa del Admirable Siervo de Jesu Christo el Venerable Padre Josef Calasanz de la Madre de Dios, dividido en tres tomos y comentado por el Padre Nicolas de la Concepcion Sacerdote de la misma religion, año de 1720, 260 T ONINA PABA [contenente il] Catalogo de los Varones Ilustres de los Clerigos Regulares Pobres de la Madre de Dios de las Escuelas Pias que florecieron en la primera edad de la religion y fueron del Venerable Padre Fundador el Padre Josef Calasanz de la Madre de Dios contemporaneos [ms.46-48 BUC] II. Opere a stampa ACORRA Andres de, El Fenix de Sardeña renace de sus cenizas. Oraciones postumas que dixo el muy R.P.M. Fr...., hijo de la ciudad de Caller y de su real Combento de N. Señora de Buenayre..., Tomo I. Sacalo a luz el P. Lector fr. Matheo Contini, Hijo de la misma ciudad y combento..., dedicalo a don Saluador Zatrilla Vico Dedoni y Manca, año 1702, en Caller en la Emprenta de Onofrio Martini. ACUTIS = ACUTIS Cesare, Presenza del Romancero in Italia nei secoli XVI, XVII e XVIII, in La romanza spagnola in Italia, a cura di BERTINI Giovanni Maria, Torino, Giapichelli, 1970. AGENO Fridericus, Librorum saec. XV impressorum qui in Bibliotheca Universitatis Studiorum Sassarensis adservantur Catalogus, Florentiae, Leo S. OLSHKI - Bibliopola, MCMXXIII. ALDA TESÁN = ALDA TESÁN Jesús Manuel, (ed.) Jorge Manrique Coplas para la muerte de su padre, Madrid, Cátedra, 1982. ALEO = ALEO Giorgio, Storia cronologica di Sardegna (1637-1672), traduzione di Padre Attanasio da Quartu, Cagliari, Editrice Cattolica Sarda, 1926. ALÍN José María, El cancionero español de tipo tradicional, Madrid, Taurus, 1968. ALMAGRO Francisco (ed.), A. De Ledesma, Conceptos espirituales y morales, Madrid, Editora Nacional, 1978. ALONSO = ALONSO Dámaso, (ed.) Luis de Góngora, Obras en verso del Homero español, que recogió Juan López de Vicuña, Madrid, CSIC, MCMLXIII. ALONSO Dámaso, BLECUA José María, Antología de la poesía española. Poesía de tipo tradicional, Madrid, 1956. ALZIATOR Francesco, Storia della cultura in Sardegna nel secolo XVII, in “Atti del 3° Convegno Internazionale di Studi Sardi”, Cagliari, 1952. ALZIATOR Francesco, La Passion de Christo di Francisco Carmona, “Studi Sardi”, anno VIII, 1948. Canzoniere ispano-sardo 261 ALZIATOR Francesco, Storia della letteratura di Sardegna, Cagliari, 1956. ANATRA Bruno., Corona e ceti privilegiati nella Sardegna spagnola, in “Problemi di storia della Sardegna spagnola”, Cagliari, 1975. ANATRA Bruno, Editoria e pubblico in Sardegna tra Cinque e Seicento in CERINA G., LAVINIO C. E MULAS L. (a cura di), Oralità e scrittura nel sistema letterario, Roma, 1982. ANATRA Bruno, Chiesa e società della Sardegna barocca, “Istituto di Studi Storici”, Facoltà di Magistero, Università di Cagliari, 1985. ARAGÓN Juan de, Sermon para la soledad de la Virgen Maria Señora Nuestra, Caller, en la Emprenta del Doctor Antonio Galcerin, 1632. ARAOLLA Hieronimu, Rimas diversas spirituales de su Dottore in Calaris, per Joanne Maria Galcerin, 1597. ARAOLLA Hieronimu., Sa vida, su martiriu et morte dessos gloriosos martires Gavinu, Brotu e Gianuari, in Mondovi, appresso Gio. Tomaso de’ Rossi, MDCXV. ARAMU Angelo, Storia della Compagnia di Gesù in Sardegna, Genova, Ediz. S.I.G.L.A., Pellas e Pala, 1939. ARCE = ARCE Joaquín, España en Cerdeña, Madrid, Instituo Jerónimo Zurita, 1960, (trad. it.: La Spagna in Sardegna, a cura di Luigi Spanu, Editrice T.E.A., Cagliari, 1982). ARELLANO Ignacio, CAÑEDO Jesús, Observaciones provisionales sobre la edición y anotación de textos del Siglo de Oro, en Edición y anotación de textos del Siglo de Oro, Ed. Universidad de Navarra, 1987. ARNAL DE BOLEA Jacinto, El Forastero, en Caller por Bartholomé Gobetti, MDCXXXVI. ARNAL DE BOLEA Jacinto, Encomio en octavas al torneo que defendio el Illustrissimo y Excellentissimo Señor D. Geronymo Pimentel, Marques de Vayona, Virrey y capitan General en el Reyno de Cerdeña, en Caller, en la Emprenta del Doctor Antonio Galcerin, por Bartholome Gobetti, MDCXXVII. ARULLANI Vittorio Amedeo, Echi dei poeti d’Italia e rimatori sardi dal 500 ai dì nostri, “Archivio Storico Sardo”, vol.VI, 1910. ATZORI Luxorio, Sermon de la purissima Concepcion de Maria Santissima Señora nuestra, Caller, 1670. AUBRUN Charles V., Chansonniers espagnols du XVIIe siècle. II. Les recueils de Modène, “Bulletin Hispanique”, LII, 1959. 262 T ONINA PABA AUTS = Diccionario de la lengua castellana (de “Autoridades”, Madrid, Hierro, 1727-1739, 6 voll.; ed. facsimile Madrid, Gredos, 3 voll., 1964. AVENOZA G., Repertori dels manuscrits en llengues romaniques conservats en biblioteques barcelonines, Barcelona, Universitat de Barcelona, 1991. AVISOS = AVISOS PARA LA MUERTE, escrito por varios ingenios de españa, Lisboa, 1659. BALBINO Marcos, Literatura religiosa en el Siglo de Oro español in Historia de la Iglesia en España, Madrid, La Editorial Católica, 1980. BALSAMO Luigi, La stampa in Sardegna nei secoli XV e XVI, Firenze, 1968. BASCONES Jose de, Aqui se contienen dos obras maravillosas: la primera, un Dialogo entre el cuerpo y el alma: la segunda un juego de esgrima a lo Divino. Compuestas por el Bachiller Don Joseph de Bascones, Madrid, por Francisco Sanz (s.a.). BATLLORI Miquel, La cultura sardo-catalana nel Rinascimento in I Catalani in Sardegna (a cura di Jordi Carbonell e Francesco Manconi), Consiglio Regionale della Sardegna, 1985. BECCARIA Gian Luigi, Spagnolo e spagnoli in Italia. Riflessi ispanici sulla lingua italiana del Cinque e del Seicento, Torino, Giapichelli, 1968. BELLORINI Egidio, Saggio di canti popolari nuoresi, Bergamo, 1893. BELLORINI Egidio, Canti amorosi raccolti a Nuoro, Bologna, 1968. Bibliotheca Scriptorum Ordinis Minorum S.Francisci Capuccinorum, Retexta et extensa a F. Bernardo a Bononia, Venetiis, MDCCXLVII, apud Sebastianum Coleti. BLECUA José Manuel, Poesía de la edad de oro, Madrid, Castalia, I (Renacimiento),1982; II (Barroco), 1984. BOI DESSI Antonio, Poesie profane e sacre del M.R.P. Giovanni Pietro Luca Cubeddu, (raccolte e commentate a cura di), Cagliari, Tipografia Unione Sarda, 1905. BONFANT Dionisio, Triumpho de los Santos del Reyno de Cerdeña, en Caller, en la Emprenta del Doctor Antonio Galcerin, MDCXXXV. BONILLA Alonso de, Peregrinos pensamientos, de mysterios diuinos, en varios versos, y Glosas dificultosas, Baeza, 1614. BONILLA Y SAN MARTÍN Alfonso., Flores de poetas ilustres de los siglos XVI y XVII, Madrid, Ruiz Hermanos, 1917. BONU RAIMONDO, Serie cronologica degli arivescovi di Oristano, Sassari, Gallizzi, 1959. Canzoniere ispano-sardo 263 BORJA Francisco de (Principe de Esquilache), Obras en verso del Principe de Esquilache. Las obras en verso de don Francisco de Borja. Edicion segunda, reuista y muy añadida, Amberes, 1654. BOSCH Rafael, Vida y milagros del Beato Salvador de Horta de la Orden del glorioso P.S. Francisco. Recopilada de su processo y de otros autores, Barcelona, en la Emprenta de Iayme Romeu, a costa de Juan Sapera, 1639. BOVER I FONT August, I goigs sardi, in I Catalani in Sardegna a cura di Jordi Carbonell e Francesco Manconi, Consiglio Regionale della Sardegna, 1985. BRAVO-VILLASANTE Carmen, Villancicos del siglo XVII y XVIII, Madrid, E.M.E.S.A, 1978. BRIGAGLIA Manlio, Intellettuali e produzione letteraria dal Cinquecento alla fine dell’Ottocento, in, La Sardegna, Cagliari, 1982, 3 vol. l. BRONDO Antioco, Parte primera del libro llamado historia y milagros de N. Señora de Buenayre de la Ciudad de Caller de la isla de Cerdeña, 1596. BULFERETTI L., La Sardegna nell’Archivio Generale di Simancas, “Archivio Storico Sardo”, vol.XXV, 1-2, Padova, 1957. BULLEGAS Sergio, Il teatro in Sardegna da Sigismondo Arquer ad Antioco del Arca, Cagliari, 1976. BULLEGAS Sergio, L’effimero barocco. Festa e spettacolo nella Sardegna del XVII secolo, Cagliari, CUEC, 1996. BVRAÑA Jvan Bauptista, Ramillete espiritual...(compuesto por el doctor), en Nápoles, 1662. CALLEJA Diego, Poema español en que las Musas Castellanas cantan la conversion de San Francisco de Borja, a vista del cadaber de la señora Emperatriz D. Isabel, in FOMPEROSA y QUINTANA Ambrosio, Dias sagrados y geniales... celebrados en la Canonizacion de S. F. de Borja, Madrid, 1672. CANAVAGGIO = CANAVAGGIO Jean, “Madre, la mi madre” Textes et contextes, “Bulletin Hispanique”, 92, 1990. CANCIONERO ANTEQUERANO. Recogido por los años de 1627-1628 por Ignacio de Toledo y Godoy y publicado por D. Alonso y Rafael Ferreres, Madrid, CSIC, 1950. CANCIONERO de 1628, edición y estudio del Canc.250-2 de la Biblioteca Universitaria de Zaragoza por J.M. Blecua, Madrid, CSIC, 1945. CANCIONERO de Nuestra Señora: en el qual ay muy buenos Romances, Canciones y Villancicos..., Barcelona, 1591 (ed. di A. Pérez Gómez, Valencia, 1952). 264 T ONINA PABA CANCIONERO de poesias varias, ms. n°617 de la Biblioteca Real de Madrid, (ed., prólogo y notas de J. Labrador, A. Zurita e R. Di Franco), Madrid, Ed. El Crotalón, 1986. CANCIONERO del Bachiller Jhoan Lopez, ms. 3168 de la BN de Madrid, ed. por R. J. Gabin, The Catholic University of America, José Porrua Turanzos, 1980. CANCIONERO General recopilado por Hernando del Castillo (Valencia, 1511), ed. facsímil por la Real Academia Española, (introducción bibliográfica, índices y apéndices de A. Rodriguez Moñino), Madrid, 1958. CANCIONEIRO DE CORTE e de magnates, ms. CXIC/2-2 da Biblioteca Pública e Arquivo Distrital de Evora, (Ediçao e Notas por A.Lee-Francis Askins), University of California Publications in Modern Philology, Berkeley, 1968. CANNAVERA Juan Bauptista (fray), Vida de San Antonio Abbad, en octavas, en Caller, en la Imprenta de Santo Domingo, 1700. Canzoneddas e sentimentus spiritualis a usu de is missionis de sa Cumpangia de Gesusu in Sardigna - Tradusius po sa maggiori parti e parafrasaus de s’italianu, Casteddu, 1843, de sa Tipografia Arcibiospali. CARAVAGGI Giovanni (a cura di), Poeti cancioneriles del secolo XV, L’Aquila-Roma, Japadre Editore, 1986. CARAVAGGI Giovanni (a cura di), Cancioneros spagnoli a Milano, Firenze, La Nuova Italia Editrice, 1989. CARIA = CARIA Clemente, Canto sacro-popolare in Sardegna, Oristano, Editrice S’Alvure, 1981. CARREÑO Antonio, El romancero lírico de Lope de Vega, Madrid, Gredos, 1979. CARRILLO Martin, Relacion del reyno de Sardeña al rey don Phelipe Nuestro Señor del nombre, sitio, planta, conquistas, christiandad, fertilidad, ciudades, lugares y gouierno del reyno de Sardeña por el Doctor ..., Canonigo de la Santa Iglesia de la Seo de Caragoça, Visitador general y Real del dicho Reyno, en el año 1611, impressa en Barcelona, en casa de Sebastian Matheuad, año MDCXII. CARRUS Maurizio, Sa Passione et morte de nostru Signore Jesu Christu segundu sos battor Evangelistas, Firenze, 1882. CASTILLA Gabriel de, Discurso sobre la vida de el B.P.Francisco de Borja, Xerez de la Frontera, 1625. CASTRO Adolfo de, Poetas líricos de los siglos XVI y XVII, Madrid, Atlas, B.A.E. XXXII, XLII, 1950-1951. Canzoniere ispano-sardo 265 CASTRO Manuel de, Manuscritos franciscanos de la BN de Madrid, Ministerio de Educación y Ciencias, 1973. CASU Alfonso, I frati minori in Sardegna, Cagliari, 1927. CATÁLOGO de Villancicos de la Biblioteca Nacional, Siglo XVII, Ministerio de Cultura, Madrid, 1992. CEBRIÁN José, El mito de Adonis en la poesía de la Edad de Oro, PPU, Barcelona, 1988. CERIELLO = CERIELLO G.R., Carte e manoscritti spagnoli e portoghesi della R. Biblioteca Universitaria di Sassari, “Revista de Archivos, Bibliotecas y Museos”, XXXII, 1916. CHERCHI Luigi, Devozionario poetico sardo, Cagliari, 1897. CHERCHI Luigi, Gli arcivescovi di Cagliari (314-1983), Cagliari, 1983. CHEVALIER Maxime, Los temas ariostescos en el Romancero y la poesía española del Siglo de Oro, Ed. Castalia, Madrid, 1968. CHIS = RODRIGUEZ MOÑINO Antonio, BREY DE MOÑINO María, Catálogo de los manuscritos poéticos castellanos existentes en la Biblioteca de “The Hispanic Society of America”(siglos XV, XVI y XVII), New York, The Hispanic Society of America, 1965-1966, 3 vol. l. CIRESE Alberto Maria, Poesia sarda e poesia popolare nella storia degli studi, Cagliari, Edizioni 3T, 1977 (ristampa anastatica 1961). CIRESE Alberto Maria, Alcune questioni terminologiche in materia di poesia popolare sarda: “mutu, mutettu, battorina, taja”, Edizioni 3 T, Cagliari, 1977 (ristampa anastatica 1959). COCCO Marcello, Sigismondo Arquer. Dagli studi giovanili all’auto da fe, (con edizione critica delle Lettere e delle Coplas al imagen del Crucifixo), Cagliari, Edizioni Castello, 1987. COCCO-ANGIOY Marisa, La poesia spagnola in Sardegna nei secoli XVI e XVII, (edizione a cura dell’Autrice). COLOMA Juan, Decada de la passion de Nuestro Señor Iesy Christo, Cagliari, Sembenino editore, Tipografo di Nicolas Canyelles, 1576. CORONA POETICA en alabanza de la Virgen Nuestra Señora (Pliegos de los siglos XVI y XVII), intr. de V. Castañeda y Alcover, Madrid, 1956. CORRIDORE Francesco, Storia documentata della marina sarda dal periodo spagnolo al savoino, Bologna, 1900. COSME DE VILLIERS, Biblioteca carmelitana, Aurelianis, 1752. 266 T ONINA PABA CROCE Benedetto, Illustrazione di un canzoniere manoscritto italo-spagnuolo del secolo XVII, Napoli, 1900. COVARRUBIAS Sebastián de, Tesoro de la lengua Castellana o Española, según la impresión de 1611, con las adiciones de Benito Remigio Noydens publicadas en la de 1674, ed. Martín de Riquer, Barcelona, 1943. CUBEDDU Gian Pietro (Padre Luca), Cantones e versos, Cagliari, 1982. CUGIA Vincenzo, Nuovo itinerario dell’isola di Sardegna, Ravenna, 1892. DEL PILAR PALOMO María, La poesía de la Edad Barroca, Madrid, Sociedad General Española de Librería, 1975. DE SANCHA = ROMANCERO Y CANCIONERO sagrados, colección de poesías sagradas morales y divinas, sacadas de las obras de los mejores ingenios españoles por don J. de Sancha, Madrid, B.A.E., 1950. DEL ARCA Antioco, El saco imaginado, comedia famosa del M.R.P. ..., de la Compañia de Iesus, Aguila de los laureados y primer Lope Sardo, compuesta a honor de los Illustrissimos Martyres y Patrones deste reyno de Cerdeña..., en Sacer, en la imprenta de Hieronymo de Castelví y Logu, por Antonio Seque, año 1658. DELEITO Y PIÑUELA José, La vida religiosa española bajo el cuarto Felipe. Santos y pecadores, Madrid, Espasa-Calpe, 1952. DELICIAS de Apolo, recreaciones del Parnaso, por las tres Musas Urania, Euterpe y Caliope. Hechas de varias poesias de los mejores ingenios de España, Zaragoza, Juan de Ybar, 1670. DELITALA Pietro, Rime diverse, Cagliari, per Giouanne Maria Galcerino, 1596. DE LITALA Y CASTELVÍ Joseph, Loa con que se introduxo la Celebridad de los felicissimos años que cumplio a 6 de noviembre de 1666 la Real y Catholica Magestad de D. Carlos segundo deste nombre N. Rey y Señor en la comedia que represento en el Palacio del ... Marques de Camarassa, Virrey del Reyno de Cerdeña, el illustre Don Artal de Alagon Pimentel, Arborea,... Marques de Villasor,..., en Caller, en la emprenta de don A. Galcerin, por Nicolas Pisa, año 1666. DELITALA Y CASTELVÍ don Ioseph, Loa en la comedia que en el Salon de Su casa represento el ilustre D. Artal de Alagon y Pimentel, Marques de Villasor, conde de Monte Santo... festejando la celebridad del feliz parto de la excellentissima señora Doña Maria Antioga de Alagon y Pimentel, su hermana, princesa de Pomblin y de Venosa, escrita por ..., Cauallero de la Orden de Calatraua y Caualleriço de Su Magestad en este Reyno de Cerdeña, en Caller en la Estampa del Dr. Hylario Galçerin, por Nicolas Pisà, con licencia, Año 1670. Canzoniere ispano-sardo 267 DELITALA Y CASTELVÍ Ioseph, Cima del Monte Parnaso español con las tres musas castellanas, Caliope, Urania y Euterpe, de ..., Cauallero de la Orden de Calatraua, Cauallerizo de Su Magestad en el Reyno de Cerdeña, Pregonero Mayor de El y Gouernador de los Cabos de Caller y Gallura ..., en Caller, por Honofrio Martin, 1672. DEPLANO Andrea, Tenores. Canto e comunicazione sociale in Sardegna, AM&D Edizioni, Cagliari, 1994. DEVILLA Costantino, I frati minori claustrali o conventuali in Sardegna, Sassari, 1942. DICCIONARIO de Historia Eclesiástica de España, dirigido por Q. Aldea Vaquero, T. Marín Martínez, J. Vives Gatell, Madrid, Instituo Enrique Florez, 1972. DIEZ BORQUE José María (dirigido por), Teatro y fiesta en el Barroco, Barcelona, Ediciones del Serbal, 1986. DI STEFANO Giuseppe, “Introducción” a Pliegos poéticos españoles de la Biblioteca Universitaria de Pisa, (ed. de M. C. De Enterría), Madrid, 1974. DI STEFANO Giuseppe, El Romancero, (estudio, notas y comentario de texto), Madrid, Narcea, 19 DI TUCCI Raffaele, Librai e tipografi in Sardegna nel Cinquecento e nei primi anni del Seicento, “Archivio Storico Sardo”, vol. XXIV, Cagliari, 1954. DOMÍNGUEZ ORTIZ Antonio, La crisis del siglo XVII. La población. La economía. La sociedad in Historia de España, dirigida por J.M. Jover Zamora, Madrid, Espasa-Calpe, 1989. DORE Giovanni, Gosos e ternuras. Testi e musiche religiose popolari sarde, Nuoro, Istituto Superiore Regionale Etnografico, 1983. DURÁN = DURÁN Agustín, Romancero General o Colección de romances anteriores al siglo XVIII, Madrid, Atlas, B.A.E., Tomo X, XVI, 1945. EGIDO Aurora, Fronteras de la poesía en el barroco, Barcelona, Editorial Crítica, 1990. ELIAS DE TEJADA F., Cerdeña hispánica, Madrid, Ed. Montejurra, 1960. ELIZALDE Ignacio, San Francisco Xavier en la literatura española, Madrid, CSIC, 1961. ELIZALDE Ignacio, San Ignacio en la literatura, Madrid, Universidad Pontificia de Salamanca, 1983. ERA A., Tre secoli di vita cittadina - 1479/1720- dai documenti dell’Archivio Civico di Oristano, Cagliari, 1937. 268 T ONINA PABA ESQUIRRO Juan Efis, Sacra invocacion de Apolo en la fiesta que se celebro en la Primacial Calaritana por la nueba construcion del templo hecha por el Illustrissimo Don Pedro Vico, Arçobispo de Caller..., en Caller, en la emprenta del Doctor Hylario Galçerin por Nicolas Pisà, año 1674. ESQUIRRO Juan Ephis, Loa en la Comedia que se represento en el salon de Palacio del Excellentissimo Señor don Phelipe Conde de Egmont..., Virrey del Reyno de Cerdeña, en Caller en la estampa del Doct. D. Hylario Galçerin por Nicolas Pisà, 1681. ETIENVRE Jean-Pierre, Márgenes literarios del juego. Una poética del naipe. Siglos XVI-XVII, Londond, Támesis Books Limited, 1990. FALCONI Juan, Obras espirituales, Zaragoça, 1631. FALCHI E., Gli ebrei nella storia e nella poesia popolare dei Sardi, Sassari, 1935. FERRARO Giuseppe (a cura di), Canti popolari in dialetto logudorese, Torino, Ermanno Loescher, 1891. FILIA Damiano, La Sardegna cristiana, Sassari, 1913. Flor de romances, glosas, canciones y villancicos, Zaragoza, 1578 (ed. di A. Rodríguez Moñino, Valencia, 1954). FLORESTA de varios romances, (Valencia, 1652) ed. de A. Rodríguez Moñino, Madrid, Castalia, 1970. FOMPERANA y QUINTANA Ambrosio, Dias sagrados y geniales celebrados en la Canonizacion de San Francisco de Borja por el Colegio Imperial de la C. de I. de Madrid..., en Madrid, año de 1672. FRENK ALATORRE Margit, Estudios sobre lírica antigua, Madrid, Castalia, 1978. FRENK ALATORRE Margit, Corpus de la antigua lírica popular hispánica (siglos XV a XVII), Madrid, Castalia, 1987. GALLARDO = GALLARDO José Bartolomé, Ensayo de una biblioteca española de libros raros y curiosos, Madrid, 1863-89, 4 voll. (ed. facsímil, Madrid, 1968). GARCÍA Francisco, Vida, virtudes y milagros de San Ignacio de Loyola, Madrid, 1685. GARCÍA DE ENTERRÍA María Cruz, Catálogo de los pliegos poéticos españoles del siglo XVII en el British Museum de Londres, Pisa, 1977. GARCÍA DE ENTERRÍA María Cruz, Pliegos poéticos españoles de la Biblioteca Universitaria de Pisa, (ed. facsímil precedida de una Introducción por G. Di Stefano), Madrid, 1974. Canzoniere ispano-sardo 269 GARZIA Raffa, La cultura in Sardegna e la letteratura nel Seicento e nel Settecento, in Un poeta latino del settecento. Francesco Carboni, Cagliari, 1900. GÓNGORA Y ARGOTE Luis de, Letrillas, (ed. R. Jammes), Paris, Ediciones Hispano-Americanas, 1963. GÓNGORA Y ARGOTE Luis de, Obras en verso del Homero español que recogió Juan López de Vicuña, (ed. facsimile a cura di D. Alonso), Madrid, CSIC, 1963. GUGLIERI NAVARRO Araceli, Inventario de los documentos de la Compañía de Jesús en el Archivo Histórico Nacional, Madrid, Ed. Razón y Fe, 1967. INVENTARIO GENERAL de manuscritos de la Biblioteca Nacional de Madrid, Ministerio de Cultura, Dirección general del Libro y Bibliotecas, Madrid. JAMMES = GÓNGORA Y ARGOTE Luis de, Letrillas, ed. di Robert Jammes, Paris, Ediciones Hispano-Americanas, 1963. JARDIN DE APOLO, Academia celebrada por diferentes ingenios. Recogida por don Melchor de Fonseca y Almeida..., en Madrid, por Julian de Paredes, 1655. JAURALDE Pablo, El público y la realidad histórica de la literatura española de los siglos XVI y XVII , “Edad de Oro”, I, Universidad Autónoma de Madrid, Departamento de Literatura Española, 1982. JAURALDE Pablo, NOGUERA D., REY A., La edición de textos. Actas del Primer Congreso Internacional de Hispanistas del Siglo de Oro, London, Thamesis Books United, 1990. JENNER Hans, La glosa española, estudio histórico de su métrica y de sus temas, “Revista de Filología Española”, XXVII, 1943. LABERINTO AMOROSO de los mejores y mas nuevos romances... recopilado por Juan de Chen, Barcelona, 1618 (ed. di J.M. Blecua, Valencia, 1953). LAISECA ARTECHE María Teresa, Un cancionero sacro español del siglo XVII. El manuscrito 4.154 de la Biblioteca Nacional de Madrid, Barcelona, 1964. LAPESA = LAPESA Rafael, Historia de la lengua española, Madrid, Ed. Gredos, 1968. Laudi sacre del Bambino Gesù, a cura del Canonico Teologo Federico Saddi, Cagliari, Tipografia Commerciale, 1898. LEDDA Giuseppina, “Introduzione” al Catalogo degli antichi fondi spagnoli della Biblioteca Universitaria di Cagliari a cura di Marina Romero Frias e Gabriella Ornelli, Giardini stampatori, Pisa, 1982-84. 270 T ONINA PABA LEDDA Paola, (a cura di), Repertorio delle “Relaciones de comedia” esistenti nell’antico fondo della Biblioteca Universitaria di Cagliari, Cagliari, Università degli Studi, 1980. LEDDA Paola, ROMERO FRIAS Marina, (a cura di), Catalogo dei Pliegos sueltos poéticos della Biblioteca Universitaria di Cagliari, Giardini Editori e Stampatori, Pisa, 1985. LEDESMA BUITRAGO Alonso de, Tercera parte de Conceptos espirituales, con las obras hechas a la Beatificacón del glorioso patriarca Ignacio de Loyola, Fundador de la C. de J., Madrid, por Juan de la Cuesta, año de 1612. LEYES SYNODALES del Arçobispado Arborense estatuydas y promulgadas en la synodo que en su Santa Metropolitana Yglesia celebro el Illustrissimo y Reverendissimo Señor Don Pedro de Alagon, Arçobispo de Oristan y sus uniones en el año 1680, en Caller, en la Emprenta del Doctor Don Hylario Galçerin, año 1684. LODDO CANEPA Francesco, La Sardegna dal 1478 al 1793, vol. I. Gli anni 1478-1720, Sassari, Gallizzi, 1974. LODDO CANEPA Francesco, Cavalierato e nobiltà in Sardegna. Le prove nobiliari di Sardegna, Bologna, Arnaldo Forni Editore, (ristampa anastatica 1931). LO FRASSO Antonio de, Los mil y dozientos conseios y avisos discretos sobre los siete grados y estamentos de nuestra humana vida, para uiuir en servicio de Dios y honra del mundo, (compuesto por...), Militar sardo de la ciudad de Lalguer, en Barcelona, en la Emprenta de Pablo Corte y Pedro Malo, a costa del Autor y con licencia del Ordinario, 1572. LOPEZ DE UBEDA Juan, Cancionero general de la doctrina cristiana, Alcalá de Henares, Juan Iñiguez de Lequerica, 1579. LOPEZ DE UBEDA Juan, Vergel de flores divinas, Alcalá de Henares, Juan Iñiguez de Lequerica, 1582. LOPEZ DE UBEDA Juan, Romances de Nuestra Señora y de Santiago patron de España, Cuenca, Cornelio Bodan, 1602. MACHÍN DE AQUENA Ambrosio, Sermon predicado en la Beatificacion de San F. de Borja, Sacer, 1624. MADAU Matteo, Saggio di un’opera intitolata il Ripulimento della lingua sarda, Cagliari, 1782. MADAU Matteo, Le armonie dei Sardi, Cagliari, Stamperia Reale, 1787. MANCINI Guido, Un romanzo sardo-ispanico del secolo XVII, “Annali della Facoltà di Lettere dell’Università di Cagliari”, XV, 1948. Canzoniere ispano-sardo 271 MANCINI Guido, Lo spagnolo in Sardegna nei secoli XVIII e XIX, “Studi Sardi”, anno VIII, fass. I-III, 1948. MANCONI Gavino, Sermon predicado en la Fiesta de la Canonizacion de San Ignacio, Sacer, 1623. MANRIQUE Jorge, Coplas para la muerte de su padre, (ed. di Jesús Manuel ALDA TESÁN), Madrid, Cátedra, 1982. Manual bibliográfico de Cancioneros y Romanceros impresos durante el siglo XVII, por A. Rodríguez Moñino, Madrid, Castalia, 1978. MARAVALL José Antonio, La cultura del Barroco, Barcelona, Ariel, 1975. MARTÍNEZ FERRANDO J.E., Influencia hispánica en la literatura sarda, “San Jorge”, n°46, abril 1962, Barcelona. MARTINI = MARTINI Pietro, Storia ecclesiastica di Sardegna, Cagliari, 1840. MARTIS Antonio, La vida y milagros de las B.B. Virgines Iusta, Iustina y Enedin, sacada del Archivo de la S. Yglesia de Oristan..., en Sacer, en la Emprenta del Ill.mo y Rev.mo Señor Don Ant. Canopolo, Arçobispo de Oristan, por Bartolomeo Gobetti, año MDCXVI. MATEU IBARS = MATEU IBARS Josefina, Los virreyes de Cerdeña, 2 voll., Padova, 1962-68. MATEU IBARS Josefina, Las bibliotecas de Cáller, “Boletín de la Dirección General de Archivos y Bibliotecas”, Madrid, XI, 1962. MATEU IBARS Josefina, Los manuscritos de los siglos XVII y XVIII de la Biblioteca Provincial y Universitaria de Barcelona, estratto da “Biblioteconomia”, any XXXIII, n°80, 1976. MAZZOCCHI Giuseppe, Comendador Román. Coplas de la Pasión con La Resurrección, (edizione critica, studio introduttivo e commento di), Firenze, La Nuova Italia Editrice, 1990. MELE Eugenio, BONILLA Y SAN MARTÍN Alfonso, Cancionero de Mathias Duque de Estrada, “Revista de Archivos, Bibliotecas y Museos”, 6, 1902. MELE Eugenio, BONILLA Y SAN MARTÍN Alfonso, Dos cancioneros españoles (descritos por), “Revista de Archivos, Bibliotecas y Museos”, 1904. MELE Giampaolo, Un manoscritto di canto liturgico contenente “Gozos” e una passione inedita in sardo logudorese, “Biblioteca francescana sarda”, I, 1987. MELE = MELE Giampaolo, La passione di Nostro Signore Gesù Cristo. (Testi liturgici, paraliturgici e musicali in un manoscritto sardo del Settecento), Oristano, Editrice S’Alvure, 1989. 272 T ONINA PABA MENÉNDEZ PIDAL Ramón, Romancero hispánico, Madrid, EspasaCalpe, 1953, 2 voll. MEREGALLI Franco, Presenza della letteratura spagnola in Italia, Firenze, Sansoni, 1974. MOLINER = MOLINER María, Diccionario de uso del español, Madrid, Gredos, 1977, 2 voll. MURA Giovanni Antonio, Aspetti linguistici e letterari delle fonti scritte per lo studio dell’Età barocca in Sardegna, in KIROVA Tatiana, (a cura di ), Arte e cultura del ‘600 e ‘700 in Sardegna, Napoli, 1984. NAVARRO TOMÁS = NAVARRO TOMÁS Tomás, Métrica española, Syracuse-New York, Syracuse University Press, 1956. NAVIDAD y Corpus Christi, festejados por los mejores ingenios de España, en Diez y seis autos a lo divino y diez y seis Loas, y diez y seis Entremeses ... Recogidos por Isidro de Robles, Madrid, 1664. Novena del glorioso San Francisco de Borja, Quarto Duque de Gandia y despues Tercero General de la Compañia de Jesus, Sacer, en la emprenta de Joseph Centolani y Simon Polo, con licencia. NURRA Pietro, La poesia popolare in Sardegna, Sassari, 1893. Ociosidad entretenida en varios entremeses, bailes, loas y jacaras. Escogidos de los mejores ingenios de España, Madrid, 1668. d’ORS Miguel, Vida y poesía de Alonso de Ledesma. Contribución al estudio del conceptismo español, Pamplona, 1974. PALOMBA = PALOMBA Giovanni, Tradizioni, usi, costumi di Alghero, “Archivio Storico Sardo”, VII, 1911. PAULIS Giulio, L’influsso linguistico spagnolo in La società sarda in età spagnola, a cura di F. Manconi, Cagliari, Consiglio Regionale della Sardegna, 1992. PES Gavino, Tutti li canzoni, Cagliari, 1981. PILLITO = PILLITO Giovanni, Memorie tratte dall’Archivio di Stato di Cagliari riguardanti i regi rappresentanti che sotto diversi titoli governarono l’isola di Sardegna dal 1620 al 1720, Cagliari, 1874. PINNA Girolamo, Storia del culto mariano in Sardegna, Cagliari, 1961. PINTUS Sebastiano, Vescovi e arcivescovi di Ottana e Alghero, “Archivio Storico Sardo”, voll.IV-V, 1907-08. PIRODDA Giovanni, La Sardegna in Letteratura italiana. Storia e geografia. III: L’età contemporanea, Torino, Einaudi, 1989. Canzoniere ispano-sardo 273 PIRODDA Giovanni, Sardegna, Brescia, Editrice la Scuola, 1992. PIRODDA Giovanni, La letteratura del Seicento in La società sarda in età spagnola, (a cura di F. Manconi), Cagliari, Consiglio Regionale della Sardegna, 1993. PISANU L., La presenza francescana in Sardegna, Frati minori d’Italia, Città di Castello, 1981. POESIAS VARIAS de grandes ingenios españoles recogidas por Josef Alfay y dedicadas a don Francisco de la Torre, Caballero del Habito de Calatraua, con licencia, en Zaragoza, por Juan de Ybar, año 1654. PONCE Bartholome, Primera parte del libro intitulado Puerta Real de la Inescusable Muerte, Caller, 1584. PREGÓN GENERAL que manda publicar el Señor don F. Tuta Vila..., Caller, 1669. PRIMAVERA Y FLOR de los mejores romances,(Zaragoza 1629), de Francisco de Segura, ed. de A. Rodríguez Moñino, Madrid, Castalia, 1972. PUTZULU E., Carte reali aragonesi e spagnole dell’Archivio Comunale di Cagliari, Padova, 1959. QUEVEDO Francisco de, Obras completas, I. Poesía original, (ed. J.M.Blecua), Barcelona, 1963. RAFFAELE DA SANTA GIUSTA (padre), I frati cappuccini in Sardegna, 1590-1946, Milano, ed. Lux de Cruce, 1958. RAMILLETE 1629 = RAMILLETE de divinas flores para el desengaño de la vida humana, recopiladas con deligencia de los mejores y mas famosos poetas de nuestros tiempos, por P.F.G.C.D., en Amberes, por Cesar Ioachim Trognesius, MDCXXIX. REDONDO DE FELDMAN Susana, Apuntes sobre la evolución del romance en el Siglo de Oro, “Revista Hispánica Moderna”, XXIV, 1968. Reglas de sa Congregazioni de sa Natividadi de Maria Virgini fundada in su Colleggiu de Gesus de custa ciutadi e ultimamenti cambiada a sa domu de Santu Micheli gia noviziadu de is Gesuitas, cun is precis e orazionis chi solinti narriri is congregantis e is Indulgenzias chi podinti godangiai, tradusidas de s’idioma Spagnolu in su quali si fianta imprimidas in Calaris s’annu 1724, in su sardu nostu calaritanu, po utilidadi de tottus..., Calaris, 1797, in sa Stamperia Reali. RIBADENEYRA Pedro, Flos Sanctorum, Venezia, 1651. RODRÍGUEZ MOÑINO Antonio, BREY DE MOÑINO María, Catálogo de los manuscritos poéticos castellanos existentes en la Biblioteca de “The 274 T ONINA PABA Hispanic Society of America”(siglos XV, XVI y XVII), New York, The Hispanic Society of America, 1965-1966, 3 voll. RODRÍGUEZ MOÑINO Antonio, Flor de romances, glosas, canciones y villancicos, Zaragoza, 1578 (ed. facsímil). RODRÍGUEZ MOÑINO Antonio, Cancionero General recopilado por Hernando del Castillo (Valencia, 1511). Sale nuevamente a luz reproducido en facsímil por acuerdo de la Real Academia Española, con una introducción bibliográfica, índices y apéndices, por ..., Madrid, 1958. RODRÍGUEZ MOÑINO Antonio, Tres cancioneros manuscritos. (Poesía religiosa de los siglos de oro), “Abaco”, 2, 1969; 3, 1970. RODRÍGUEZ MOÑINO Antonio, Diccionario bibliográfico de pliegos sueltos poéticos (siglo XV), Madrid, 1970. RODRÍGUEZ MOÑINO Antonio, La transmisión de la poesía española en los Siglos de Oro, Barcelona, Ariel, 1976. ROGIO Y FIGONI Quirigo, Relacion verdadera de las cosas marauillosas que sucedieron en la ilustre y noble ciudad de Sacer en el año 1648. ROMANCERO ESPIRITUAL para reglarse el alma con Dios, y redencion del genero humano, con las estaciones de la via Crucis compuesto por Lope de Vega Carpio, a devocion de los Hermanos de la Tercera Orden del Serafico Padre S. Francisco, con Licencia, en Madrid, por Andres Garcia. ROMANCERO Y CANCIONERO sagrados, colección de poesías sagradas morales y divinas, sacadas de las obras de los mejores ingenios españoles por don J. de Sancha, Madrid, B.A.E., 1950. ROMERO FRIAS Marina, Una polémica sobre la edición de “las tres musas” de Quevedo, “Annali della Facoltà di Magistero”, 7, 1979. ROMERO FRIAS Marina, Note sulla situazione linguistica a Cagliari nel periodo 1598-1615, “Estudis universitaris catalans”, XXV, 1983. ROMERO FRIAS Marina, GABRIELLI Ornella, Catalogo degli antichi fondi spagnoli della Biblioteca Universitaria di Cagliari, Pisa, Giardini Stampatori, 1982-84. RONQUILLO Juan, Duelo espiritual. Combate entre la Carne y el Espiritu, Sevilla, 1678. ROSELL = ROSELL Cayetano, Colección escogida de obras no dramáticas de Frey Lope de Vega Carpio, Madrid, B.A.E. Tomo XXXVIII, 1950. ROSSEL MIQUEL Francisco, Inventario General de Manuscritos de la Biblioteca Universitaria de Barcelona, Madrid, Direcciones Generales de Enseñanza Universitaria y Archivos y Bibliotecas, 1958-69. Canzoniere ispano-sardo 275 RTPI = “Rivista delle Tradizioni Popolari Italiane, (diretta da Angelo de Gubernatis), Anno I, fascicolo 2°, Roma, Tipografia Forzani, 1893. SACRO MONTE PARNASO de las Musas Católicas de los reynos de España .... en elogio del Prodigio de dos mundos y sol del Oriente san F. Xavier de la C. de J., en Valencia, por F.co Mestre, año 1687. SARACENO = SARACENO Louis, Vida y obra de José Delitala y Castelví, poeta hispano-sardo, Cagliari, Tip. Editoria Grapfical, 1976. SCANO = SCANO Dionigi, Donna Francesca Zatrillas, marchesa di Laconi e di Siete Fuentes, “Archivio Storico Sardo”, XXIII, fasc. 1-4, Cagliari, 1942. SCANO E., Saggio critico-storico sulla poesia dialettale sarda, CagliariSassari, 1901. SCANU = SCANU Pasquale, Alghero e la Catalogna, Cagliari, Fossataro Editrice, 1964. SECHI = SECHI Giovanni, Goggius. Raccolta completa delle lodi sacre sardo-logudorese-campidanese per le solennità e le feste dei Santi della Chiesa Cattolica celebrantesi in tutta la Sardegna corretta sulla scorta di numerosi manoscritti e stampe e ordinata secondo la disposizione del Messale Romano, Oristano, Tip. Pascuttini, 1934. SIMON Francesco, Origine e genealogia delle famiglie nobili di Sardegna, Cagliari. SIMÓN DÍAZ José, Bibliografía de la literatura hispánica Siglos de Oro, Madrid, C.S.I.C., Tomo XII, XIII, XIV 1984; XV 1992; XVI 1994. SIMÓN PALMER María del C., Manuscritos dramáticos del Siglo de Oro de la Biblioteca del Instituto del Teatro de Barcelona, Madrid, CSIC, 1977. SIOTTO PINTOR Giovanni, Storia letteraria di Sardegna, Cagliari, Tipografia Timon, 1843. SOLSONA CLIMENT Francisco, Documentos referentes a Cerdeña en la sección de manuscritos de la Biblioteca Nacional de Madrid, Madrid, 1959. SORGIA = SORGIA Giancarlo, La Sardegna spagnola, Sassari, Chiarella, 1982. SPANU Luigi, Antonio Lo Frasso. Poeta romanziere sardo-ispanico del Cinquecento, Cagliari, 1973. STERZI Mario, Una sacra rappresentazione in logudorese, Dresden, 1906 (ediz. mod. di DELOGU IBBA G., Tragedia in su Isclavamentu de su sacrosantu corpu de nostru sennore Iesu Christu). 276 T ONINA PABA TABLA de los principios de la poesía española, siglos XVI-XVII, preparada por José Labrador y Ralph A. Di Franco, Cleveland State, University Cleveland, 1993. TODA Y GÜELL Eduart, Bibliografia espanyola d’Italia dels origens de la imprempta fins a l’any 1900, voll.5, Castell de Sant Miquel d’Escornalbou, 1927. TODA Y GÜELL Eduart, Bibliografía española de Cerdeña, Madrid, Tipografía de los Huérfanos, 1890. TOLA Agustin, La corona de los triumphos de los Santos de Sardeña, Roma, 1658. TOLA = TOLA Pasquale, Dizionario biografico degli uomini illustri di Sardegna, Torino, Chirio e Mina, 1837-38. TURTAS Raimondo, La questione linguistica nei Collegi gesuitici in Sardegna durante la seconda metà del Cinquecento, “Quaderni sardi di Storia”, 2, 1981. TURTAS Raimondo, Breve storia della Chiesa in Sardegna in La Sardegna, (a cura di Manlio Brigaglia), Cagliari, 1982. ULLOA Y PEREIRA Luis, Obras de... Prosas y versos añadidas en esta ultima impression, recogidas y dadas a la estampa por Don Juan Antonio de Ulloa Pereira, su hijo..., dedicado al Serenissimo Señor Don Juan de Austrias, en Madrid, por Francisco Sanz, año 1674. URIARTE Eugenio P.J. de, Catálogo razonado de obras anónimas y seudónimas de Autores de la Compañia de Jesus pertenecientes à la antigua Asistencia española: con una apéndice de otras de los mismos dignas de especial estudio bibliográfico, 5 vols, Madrid, Establecimiento Tipográfico “Sucesores de Rivadeneyra” Impresores de la Real Casa, Paseo de San Vicente n°20, 1904. VALDIVIELSO José de, Romancero espiritual en gracia de los esclauos del Santissimo Sacramento, para cantar quando se muestra descubierto. Por el maestro Iosef de Valdiuielso su Capellan, y de la Capilla Muzarabe en su Santa Iglesia de Toledo. Añadida y enmendada en esta impression por el mismo autor, Madrid, 1648 (ed. J.M.Aguirre, Madrid, Castalia, 1984). VASSALLO Juanne Baptista, Su parrocu in s’altare promotore de sa devocione de Maria SS.ma, ( discursos familiares compostos dae su celebri Missioneri), et traductos dà idioma italianu in sardu po ateru sacerdote amigu sou, adjuntas in fine algunas laudes devotas, Tatari, Annu 1777, in s’imprenta de Simone Polo. VEGA CARPIO Lope de, Los pastores de Belén, (ed. S. FERNANDEZ RAMIREZ), Madrid, Renacimiento, 1930. Canzoniere ispano-sardo 277 VEGA CARPIO Lope de, Romancero espiritual, (ed. Luis GUARNER), Valencia, Jesús Barnés, 1931. VEGA CARPIO Lope de, Obras escogidas, (ed. F. Carlos Sainz de Robles), Madrid, Aguilar, 1961, tomo II. VEGA CARPIO Lope de, Obras poéticas, (ed. J.M.Blecua), Barcelona, Planeta, 1969. VERGEL = VERGEL DE FLORES DIVINAS. Compuesto y recopilado por el Licenciado Iuan Lopez de Ubeda, natural de Toledo... impresso en Alcala de Henares, año 1582. Vestigia vetustatum. Documenti manoscritti e libri a stampa in Sardegna dal XIV al XVI secolo. Fonti d’archivio: testimonianze ed ipotesi. Catalogo pubblicato in occasione della mostra tenutasi a Cagliari, Cittadella dei Musei, 1 aprile/31 maggio 1984, Cagliari, Ed. Democratica Sarda, 1984. VICO Francisco, Historia General de la Isla y Reyno de Sardeña, Barcelona, MDCXXXIX. VILLANCIOSA Sebastian de, Loa del SS. Sacramento, Madrid, 1668. VILLEGAS Alfonso de, Flos sanctorum, I e II parte (trad. it.: Leggendario dei Santi, 1594). VIRDIS Antonio, Sos battudos, movimenti religiosi penitenziali in Logudoro, Sassari, L’Asfodelo Editore, 1987. XIRRONIS Miguel Angel (traduttore), Espejo espiritual. Del principio y fin de la vida, Caller, 1631. ZATRILLAS Y VICO DEDONI Y MANCA José, Engaños y desengaños del profano amor, Napoles, 1687-88. ZATRILLAS Y VICO DEDONI Y MANCA José, Poema heroico al merecido plauso del unico oraculo de las Musas, ..., Soror Juana Ines de la Cruz..., escriviole el Conde de Villasalto..., Cauallero de la Orden de Alcantara, Barcelona, en casa Cormellas por Thomas Loriente, año 1696. ZESPEDES Ignacio Bernardo de, Pensamientos christianos para todos los dias del mes, escrito en lengua francesa por el P. Domingo Bours de la Compañia de Jesus (y traducidos por), en Saçer por Ioseph Centolani, con licencia, Año 1740. T ONINA PABA 278 INDICE DEI NOMI E DEI LUOGHI DEL CANZONIERE Agostino (sant’) Alagon Pedro de, Algeri Alghero Ampurias Arabia d’Assisi Francesco (san) Balsaín Bartolomeo (san) Borgia Francesco (san) Cagliari Calatayud Calderón de la Barca Caterina (santa) Cecilia (santa) Cervantes Miguel de, Cina Cuenca Duca di san Germano El Pardo Efisio (sant’) Francia Gao Góngora Luis de, Guadalete Indie Isabella di Bois Isabella d’Ungheria Ledesma Alonso de, Leganés di Loyola Ignazio (sant’) Lorenzo (san) Luca del Perù(san) Luogosanto Madrid Malaga Malipur Manrique Jorge Margherita d’Austria Michele (san) Motril 81 65, 68, 72 189, 236 65 68 175 59, 60 244 79, 164 70, 72 10, 64, 174 231 82, 83, 84, 85 64 179 56 235 171 243 86, 87 91, 192 56 95,183, 226, 228, 233, 235, 236, 238, 240, 244, 245 229 55, 56 211 200, 209 165, 167, 168, 170 243 51, 52 78 174 10, 17 10, 142 10 175 193 164 57, 58 244 279 Canzoniere ispano-sardo Muro Julián Napoli Oristano Ormuz Pedro de los Reyes fray Porto Rico Quevedo Francisco de, Roger Francesco Sardegna Saturnino (san) Saverio Francesco (san) Teresa di Gesù (santa) Tunisi Villasor Vega Carpio Lope de, Zenis Solimano 51 237 65, 72 174 91 165 244 65 171, 188, 189 63 53, 54, 55, 56, 57 61, 62 187 70 91, 158, 194, 220, 221, 224, 249 187 280 T ONINA PABA 281 Canzoniere ispano-sardo PARTE SECONDA TESTI IN SARDO a cura di Andrea Deplano 282 ANDREA DEPLANO Canzoniere ispano-sardo 283 Canzones anticas Nel vedere questi componimenti per la prima volta ho pensato a quale favolosa ricchezza era contenuta nel Canzoniere e al significato che questi documenti rappresentano per la poesia, per la lingua e per la cultura della Sardegna. Nei diciassette componimenti sono attestate strutture poetiche - su Trintases a retroga doppia e su Chimbantachimbe, le forme dei Gosos - e forme metriche - sa Quintiglia, sa Sesta Lira - quasi scomparse nella versificazione contemporanea. La forma grafica utilizzata nei versi mi aveva spinto a ritenere che la persona che ce li trasmetteva avesse progettato di darci delle grafie differenti per indicare la provenienza dei compositori delle poesie. Un esame approfondito della scrittura fu sufficiente a distogliermi da quella convinzione e si delineò presto l’idea che si trattasse di poesie diverse, di tanti autori differenti, scritte in momenti distinti. A volte vergate sotto dettatura del compositore o di un cantore che perpetuava e divulgava il testo, altre trascritte da documenti pre-esistenti. Non si giustificherebbe in altro modo la presenza di tante esclamazioni (he) o di voci fonosimboliche (anina anina), in inizio di versi perfettamente eseguibili in forma di canto, e in coda agli stessi componimenti. Né è possibile la trascrizione a memoria di poemi tanto estesi come la Rima elegiaca por la muerte de un amigo o taluni Gosos, o ancora, su Chimbantachimbe in lingua gallurese. Solo nell’analisi particolareggiata di ognuno dei diciassette testi al momento di abbozzarne il commento mi sono reso conto che si trattava di una raccolta antologica tesa a illustrare i vari generi della produzione poetica isolana del periodo. Stilistica Le diciassette poesie differiscono: - per codice linguistico (lingua logudorese e lingua gallurese), - per strutture metriche (Quartine e Battorinas, Quimbinas o Quintillas, Sestinas e Sestas Liras, Ottave), - per dimensione dei componimenti (Ottava, Cantones, Gosos, Trintases, Leonorodia), - per lunghezza dei versi (Senario, Settenario, Ottonario, Novenario, Decasillabo, Endecasillabo, Dodecasillabo), - per i temi che le caratterizzano (Amore, Amicizia, Dolore, Morte, Religione, Satira), - per la differente estrazione culturale dei poeti (popolare, colto, ecclesiastico, uomini e donne). ANDREA DEPLANO 284 La lingua Non è ancora chiara la ragione per cui nel Canzoniere sono state utilizzate diverse forme grafiche per esprimere i medesimi suoni all’interno degli stessi vocaboli. Segni (l’apostrofo) e grafemi (i più varii) sono stati impiegati in maniera differente spesso per scrivere gli stessi suoni o le stesse parole. Capita così che la semiconsonante italiana i /j/ (come in ieri), palatalizzata nel logudorese del Marghine e del Montiferru, venga espressa talvolta con il grafema y (poyos) e altre con j (hojos). Il fonema /i/ nei poemi galluresi viene reso sia con i che con y (meni e teny). Il suono velare sordo /k/ con c + i oppure + e (circes) oppure con qu + vocale (cerfisi e querfisi). Spesso g seguito da apostrofo indica suono velare /k/ sordo (spagnolo) oppure sonoro /g/ (logudorese) -ang’ela - ma anche suono medio palatale - leg’g’e - che nel verso successivo diventa - legge -. Altrove il grafema g seguito da i ha suono velare (segides, pronuncia italiana seghides), ma nel verso successivo (segis) ha suono interdentale /sezis/. I nessi cl e ps risultano in certi componimenti e scompaiono in altri: eclipsada > elisada. Il suono nasale che precede bi-labiale sorda o sonora /p/ o /b/ è quasi sempre n. La preposizione a viene spesso seguita da un apostrofo per indicare raddoppiamento della consonante iniziale che segue: a’ tanta /attanta/. I suoni dentali /d/ e /t/ si scambiano sovente e il verbo dovere è sia tes che des. Normare tutto questo -e tant’altro-, avrebbe significato alterare la valenza del documento e questa convinzione mi ha spinto a preferire la scelta grafica operata nel manoscritto. Parimenti, non si è attuato nessun intervento di tipo editoriale optando per il rispetto totale del dettato originario, anche quand’esso presenta incongruenze semantiche o metriche. Il mio intervento si limita al commento delle forme e delle strutture strofiche e metriche di ognuno dei componimenti con un approccio di tipo linguistico e non interpretativo, in modo da lasciare al lettore il gusto della decodifica personale dei versi. I (ff.115v-117v) Il presente componimento consta di 71 w totali distribuiti in nove strofe. La prima di queste risulta assai diversa dalle altre, per il numero dei versi che la compongono (sette) e per la lunghezza del sesto verso. Questo, a differenza di tutti gli altri del poema è un senario sul piano sonoro mentre graficamente è articolato su otto sillabe. Poiché non esiste nella Canzoniere ispano-sardo 285 produzione poetica sarda siffatta strofa se ne deduce che ci sia giunta una versione incompleta nel sesto verso e mancante del settimo. Le altre strofe sono delle Ottave ottavas serradas di schema ABABABCC. Il metro dei restanti versi è endecasillabo. Sul piano del contenuto si distinguono due segmenti: una prima parte di Invocazione fino al verso 23°, e una parte di Svolgimento su tema di natura amorosa dal verso 24° fino alla fine. Il poeta, culturalmente dotato, come si può evincere dal vocabolario e dalle figure retoriche che utilizza, descrive le struggenti pene d’amore perché un’altra persona si dice innamorata della sua Diosa. La narrazione ha tre fruitori: le Muse, alle quali il poeta si invoca per ottenerne il favore; il destinatore che è anche primo destinatario, evidenziato nel pronome personale Tue più volte espresso nelle ultime due strofe anche attraverso pressanti imperativi Nara, Respondemi e Remedia; e un pubblico di lettori al quale racconta in modo apparentemente sintetico la relazione vissuta. Il tema proposto si riscontra spesso nella produzione poetica logudorese di epoche a noi più vicine. Due titoli per esempio sono S’amore cambiadu in odiu di B. Serra e Littera perdìda di G. Pinna. Sul piano linguistico si segnala la particolare ricchezza di aggettivi adoperata per descrivere stati d’animo e sentimenti. 5 10 15 Muza de sos cantares deleitosa qui eternale isfera as ilustradu aliuia sos tristes dolorosos ya que varia fortuna as perturbadu concedimi sos versos pius curiosos prestami in custa ora [...] [...] sa musica suave tua serena. O suprema Caliope eterna et pia de sas musas felice inperadora isculta custa aflita boge mia ya qui ses de sos tristes protetora apuntas a celeste cumpañia qui favore mi dian in custa ora et pro qui megus reste fauoridu procura qui bi vengat deus cupidu. Proponilis qui uengo cun justicia pedendolis consiju uniuersale pro tantu qui mi mustren amicitia reparare mi quergan tantu male f.116r ANDREA DEPLANO 286 20 25 30 35 40 45 50 55 pretendo no tratare cun malixia ne nexunu mi tenet pro su tale antis lis quergo dare si es bisong’u su quelu terra et mare in testimong’u. Su pletu meu est lite eterna Diosa restat qui mi cerfisi inamorare de una celeste isfera luminosa in virtudes et gracia singulare issa cun cudda cara g’enerosa pro amante mi querfisit acetare acudende doñi ora note et die heo a vider a issa et issa a’ mie. Meda tempus restemus cunsertadus sensa bi haer algunu impedimentu de sa amorosa flecha traspasados cun gloria de ambas partes et cuntentu sos coros penso fin incadenados non pensende faltare unu momentu cuntu qui ispant’a doñi perçone de videre tanta intrinseca aficione f.116v Istende in su mejus cunfiadu sa roda mi voltesit sa fortuna su sole si mustresit eclipsadu sa lug’e mi neg’esit sa alta luna vidisi de Cupidu ja sicadu su artu cantu amorosu totu in una et currende sa flicha disuariada si restesit in ater asentada. Subitu custu amigu traspasadu de sa venerea flicha incontinente mi naresit qui mi esser apartadu cun unu astutu modu inpertinente narende qui fit issu sa acetadu de te bianca columba preminente ja qui cun tegus faeddo a tie mi volto pro qui figuras pius dare non poto Custu est nara columba et biancu nie su pagu qui mi tenes preparadu et proite nara et proite mas gasie ultimadu sa vida disgraciadu f.117r 287 Canzoniere ispano-sardo 60 65 70 pro ite tantos tormentos nara a’ mie respondemi alta ninfa tan amada tantu graciosa bela et rabicunda qui iguale non conosces nen segunda Respondemi lugente et charu norte et remedia si queres tanta pena pius prestu ti suplico qui sa morte tue e’ totu mi la dias Diosa amena resta cale disigno a’ bona note et soltami ja qui podes sa cadena et si criada ti istesi in su passadu resto pius de presente aparichadu f.117v Finis coronat opus II (f.118v) Spesso nei piccoli componimenti di sapore popolare sono racchiusi quadretti deliziosi, affrescati con eccezionale sintesi, la cui decodificazione è lasciata alla fantasia del lettore. Il presente poema è composto di soli otto versi che strutturano una ottava. Il metro alquanto irregolare (la divisione in sillabe grafiche non corrisponde alle sillabe sonore: otto nei primi sette versi) farebbe pensare all’unione di due quartine, ma la mancanza di uno schema strofico lineare (ABCBDEFE) anche per un’ottava, fa intuire che i versi siano stati composti per l’aspetto contenutistico più che per cure stilistiche. La narrazione è assai scarna, priva di quell’aggettivazione pesante dell’Arcadia che caratterizza buona parte della produzione poetica sarda passata e presente. I due soli aggettivi esistenti nel testo, “fioriddu” e “mia”, servono a: delineare un paesaggio pieno di vita - la fiorescenza primaverile simbolo del perpetuarsi del ciclo della vita e della fecondità - e a indicare una donna comune, nient’affatto eterea o irraggiungibile. Una donna, infine, che dorme, ride, parla, ama. Nei canti popolari galluresi a chitarra (e particolarmente nel canto in Re) sopravvivono strofette di questa natura mentre nelle altre varianti linguistiche sono riscontrabili nelle differenti misure dei Muttos e dei Muttettus. Suta un arboru fioriddu si dormia la donna mia et tantera adormentada que isicillar no si podia 8 8 8 8 ANDREA DEPLANO 288 et yo li tocay lu pedi et issa mi disse a’a’ et amuri si mi uoy bene un altru pocu piu en goba ua. 8 8 8 10 III (ff. 119r-120r) Il componimento, formato da un totale di 57 w distribuiti in nove sestine e una terzina di effetto sonoro per la chiusura, attesta il primo esempio di Trintases nella poesia sarda logudorese. Ogni strofa (costituita da sei versi settenari con rima baciata AA BB CC) risulta composta da quattro w di contenuto e due di retroga: 1 2 3 5 4 6 Sa die de mesu martu Pinone de mare artu ando pro mi imbarcare [...] a portu de Longone [...] Pinone de artu mare [...] de mare artu Pinone C1 C2 C3 C4 retroga retroga L’estensione del metro (versi settenarii) e la scelta della struttura strofica (sestine) più i tre versi di chiusura accodati alla nona sestina, fanno ipotizzare che il testo fosse cantato, e non già scritto, nella forma di ballo (Ballu Seriu o Passu Torradu), oppure anche nella forma di Muttos. Di sicuro non si può parlare di improvvisazione del testo, questo esisteva già. Ma la presenza di “he” in inizio di molti versi, che sarebbero altrimenti senarii oppure settenarii, ci porta a immaginare che la regolarità del canto richiedesse l’omologazione metrica attraverso l’assunzione di questa forma di protesi assai diffusa nel canto popolare sardo-logudorese. L’esecuzione nella forma di Ballu Seriu (solitamente in verso ottonario) giustifica la presenza dei tre versi finali usati spesso in chiusura di danza con dei non-sens (anina anina) più la ripetizione del primo verso del componimento come suggello del poema. La trasposizione canora in forma di Muttos è tuttavia maggiormente attendibile poiché il metro di questa forma di canto tradizionale è sempre rigorosamente quello settenario. 289 Canzoniere ispano-sardo L’ipotesi che questo poema fosse cantato nella forma di Muttos, oltre che sul piano sonoro, si avvalora anche per la particolare confezione del contenuto che nei Muttos ha una parte non significante che si completa nelle strofe successive. Il messaggio autenticamente significante è custodito nei w 1°, 3° e 5° di ogni sesta: 1 Sa die de mesu martu 3 ando pro mi imbarcare 5 a portu de Longone. Il secondo verso di ogni sesta sembrerebbe pertanto un verso riempitivo che non completa il valore semantico dei versi predetti. In realtà esso nasconde un significato allegorico lanciato verso l’oggetto del proprio amore che di volta in volta è: 2 8 14 20 26 32 38 44 50 Pinone de mare artu señora posta in mantu ojos belos de amare juges su meu coro bela ses et cumplida faeddu friscu sanu sempre portada in mente cara que oro hiu masinas que arancu Albero maestro nobile di alto lignaggio occhi belli da amare possiedi il mio cuore sei bella e completa di favella chiara e assennata sempre presente in mente il viso color oro vivo guance color arancio Insomma il poeta fa il ritratto della sua señora e ne cela i tratti nelle varie sestine depistando non poco il fruitore dei versi. Sul secondo verso di ogni sesta si articolano i giochi di virtuosismo del rimatore, il quale, inverte la posizione dei lessemi nel seguente modo: 2 /A//B//C/ 4 /A//C//B/ 6 /C//B//A/ ottenendo nuove rime da intrecciare coi versi terzo e quinto di contenuto. La regola della versificazione vorrebbe che le rime ottenute fossero sempre esatte e combacianti con le terminazioni dei versi di contenuto, ma il gioco della composizione non sempre rispetta le leggi. Questo produce delle assonanze e delle consonanze, quando non delle imprecisioni, particolarmente nella rima alla seconda retroga. La lettura del testo riserva altre sorprese. Se spostiamo l’attenzione dalle romantiche immagini usate per descrivere la donna amata, rimane un testo di racconti di viaggio non senza un intrigante attacco a un castello. 1 2 3 Sa die de mesu martu Pinone de mare artu ando pro mi imbarcare C1 C2 C3 ANDREA DEPLANO 290 4 5 6 Pinone de artu mare a portu de Longone de mare artu Pinone retroga C4 retroga 7 8 9 10 11 12 he canxo a’ Logu santu señora posta in mantu qui bi at cente nostra señora in mantu posta he mi tratenco una ora posta in mantu señora C5 C6 C7 retroga C8 retroga 13 14 15 16 17 18 he mi ponco a’ bustare ojos belos de amare petas de una istela ojos de amare bela he bisi abba de mojos de amare belos ojos C9 C 10 C 11 retroga C 12 retroga 19 20 21 22 23 24 he mi peso he ma adoro juges su meu coro he mi incumando a’ Deu juges su coro meu he mi fato sa ruge su coro meu juges C 13 C 14 C 15 retroga C 16 retroga 25 26 27 28 29 30 duminiga a’ sa essida bela ses et cumplida vidimus cudda istela cumplida ses et bela qui fidi in grande artesa bela e cumplida ses C 17 C 18 C 19 retroga C 20 retroga 31 32 33 34 35 36 Marti die mancanu faeddu friscu sanu fatemus cuddu ariscu faeddu sanu friscu a’ tener su casteddu sanu friscu faeddu C 21 C 22 C 23 retroga C 24 retroga 37 38 39 40 41 42 qui fimos meda cente sempre portada in mente fimos una brigada sempre in mente portada qui intramos in unu ortu sempre in mente ti porto C 25 C 26 C 27 retroga C 28 retroga f.119v 291 Canzoniere ispano-sardo 43 44 45 46 47 48 in s’ortu fit su riu cara que oro hiu in s’oru su mare que oro hiu cara bi apo tentu unu moro cara hia que oro C 29 C 30 C 31 retroga C 32 retroga 49 50 51 52 53 54 he bi lanpo una cantu massinas que arancu e bi tenco una ambina que arancos massinas he ne dono unu cartu sa die de mesu martu C 33 C 34 C 35 retroga C 36 ripetuto 55 56 57 anina anina sa die de mesu martu anina anina FIORE ripetuto ripetuto f.120r IV (ff.120v-122v) Il presente componimento consta di 92 w totali distribuiti in undici Sestas Serradas il cui refrain è espresso nei versi 3° e 4° della quartina iniziale di schema ABBA. Un gioco di alternanze saggiamente calcolate, fra significato e significante, struttura l’incipit del poema. La quartina iniziale ha un forte effetto semantico nella scelta in forma contrastiva : a) del pronome del destinatario Tu - ti opposto all’io narrante Ameni, b) del movimento di Andesti che contrasta con la staticità di Lassadu, c) delle significazioni legate a Fiori e a Lagrimi, d) dell’opposizione del gerundio Ridendi con Li Lagrimi Falendi. Il refrain raggiungerà la forma definitiva nella chiusura della prima sestina passando da ameni lay lassadu a qui may a’ cussi lassadu come per rafforzare lo stato di abbandono. Il metro è ottonario regolare mentre lo schema delle rime risulta assai variegato nell’alternanza fra ABBCCD DE, ABABBC CD, ABBAAC CD, ABCBBD DE, ABCAAD ED, ABCBBD ED. Il contenuto, che rientra nel filone della produzione amorosa, non colpisce l’odierno lettore per originalità: i temi proposti si riscontrano, per forma e stile, nella produzione di quasi tutti i poeti classici galluresi. ANDREA DEPLANO 292 CANCIÓN COMPUESTA À LA AUSENCIA DE UNA SEÑORA Tu ti nandesti ridendi lu me fiori dilicaddu ameni lay lassadu cun li lagrimi falendi. Tu andesti alegru fiori penonditi a’ ridiny he a’ meni mi fichisti ixini lagrimi di lu me cory par pag di tantu amory qui may ta aessi amadu qui may a’ cussi lassadu cun li lagrimi falendi. Par pag di tanta istima ca apu auuddu sempri a’ teni mi lassesti cun tanta crima cun tanti tormenti he peni no na hay di parmeni Di tarrul a’ doñi laddu qui may a’ cussi lassadu cun li lagrimi falendi. No naia di parmeni di sicaria he di g’ay qui ancora tu mi ni day istimendi tantu a’ teny ancu par fino li angeny ag’u a esser tribuladdu qui may a’ cussi lassadu cun li lagrimi falendi. No naia di rigory di sicaria he di susti qui mi day tanti tiry in log’u di darmi gusty donosa par qui non mustry comu hay cominchaddu qui may a’ cussi lassadu cun li lagrimi falendi. f.121r Canzoniere ispano-sardo Amustrati cun lu amory comu cominchatu a’ hey ta amenti qui mi dichy tu se solu lu me cory he hogy incarnatu fiory se tu la piu qui ma ofendy qui may a’ cussi lassadu cun li lagrimi falendi. 293 f.121v He hog’y fiori incarnatu sey tu la qui mi atormenty tenendimi cory amaddu in meçu di fiami ardenty sensa apartassi nienti si non continu bruxendy qui may a’ cussi lassadu cun li lagrimi falendi. Candu da me ti ispicasti tu ti ponisti a’ cantany he a’ me ti lasasti sensa pode faenany non ti podisi mustrany un siñu determinadu qui may a’ cussi lassadu cun li lagrimi falendi. Fu tantu lu qui pensesi qui si mi imprimisi in lalma qui uidisti bianca palma qui mancu lochi ta alcesi si no qui mi dismag’esi cun un dolori stremadu qui may a’ cussi lassadu cun li lagrimi falendi. Cunu stremadu dolori mi g’unsi un certu dismayu qui mi passi que era un rayu qui mi passaua lu cory he cussi a’ toti lo ory mi vay riginciendy qui may a’ cussi lassadu cun li lagrimi falendi. f.122r ANDREA DEPLANO 294 Cussini di tantu in tantu mi veni biancu g’asminu un dismayu qui mi spantu comu andu par lu caminu cussi ma ag’abu he mi finu comu he log’u suleurendy qui may a’ cussi lassadu cun li lagrimi falendi. f.122v A’ Dios uia g’oj atendi a’ regalaty ha vieng’o par vita toia carci uolta a faenaty he mantinimi li paty comu hay cominchatu qui may a’ cussi lassadu cun li lagrimi falendi. V (ff.123r-124v) Gli 85 w che seguono sono difficilmente definibili per il differente numero racchiuso nelle otto unità strofiche che compongono questo terzo poema in lingua Gallurese. L’autore ha usato un gioco di progressione e diminuzione matematica per dare movimento e dimensione vitale alle strofe e, la creazione dei contenuti è il risultato più evidente di questa invenzione. Il gioco della dilatazione testuale ha inizio negli ultimi tre dei cinque versi (Quimbina o Quintiglia) di Istèrrida che forniranno la Serrada alle strofe successive, ed esattamente nell’enjambement fra il terzo e il quarto verso - tu sey la qui catiuadu / ma hay - riproposto fra il quarto e il quinto verso: he lu cory arrobatu / di li me intrañi donosa. La costruzione del poema attraverso Retrogas, versi Ripetuti e Fiores (versi che ripropongono con minime variazioni versi già espressi in precedenza) farebbe pensare al tentativo di composizione dei Modellos e in particolare alla Leonorodia o LV (benché la strutturazione del presente componimento sia lontana dall’esempio storicizzato in Ortografia Sarda II di G. Spano). Cinquantacinque sono comunque i versi di contenuto escludendo i primi cinque di Istèrrida. Le strofe risultano essere, tranne la prima e l’ultima, Serradas dai tre versi di refrain già indicati. Tutte queste particolarità stilistiche denotano la sicura abilità del compositore. 295 Canzoniere ispano-sardo Il metro è ottonario mentre lo schema delle rime è il seguente: ABCBA, ABBBAAC CDE, ABBBCAAD DEF, ABBBAAAAC CDE, ABBBAAAC CDE, ABBBAAACD DEF, ABBBBAAAAC CDE, ABBBAAACDEE. Il contenuto rientra nel filone della produzione amorosa e, in qualche misura arcadica. Non si discosta molto dal componimento precedente se non sul piano formale e stilistico. 1 2 3 4 5 Cara di incarnata rosa cintu belu perfilatu tu sey la qui catiuadu ma hay he lu cory arrobatu di li me intrañi donosa 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 Donosa da li intrañy lu cory arrobadu ma hay a’ la tempu ca tu say li me tormenti he li g’ay he tu di ca so lan’gi tu dormi e discansi he mañi et heiu sempri in cuidadu tu sey la qui catiuadu ma hay he lu cory arrobatu de li me intrañi donosa retroga retroga C1 C2 C3 C4 C5 ripetuto ripetuto ripetuto 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 Par te cara da alegria so’gu sempri in pensamentu qui no hag’u lu sustentu que era lu tretenimentu cori qui da te hay cun afani he agonia par te passu vita mia cun cadeni incaddenadu tu sey la qui catiuadu ma hay he lu cory arrobatu de li me intrañi donosa C1 C2 C3 C4 C5 C6 C7 C8 ripetuto ripetuto ripetuto Par te incarnatu fiory vivu sempri cun dispetu in tarra sia o’ in letu sog’u sempri cun suspetu si ma hay o’ no ma hay in cory tuti li momenti he lory ag’u intessu un gran calory qui mi bruxa cun rig’ory FIORE C1 C2 C3 C4 C5 C6 C7 1 2 3 4 5 6 7 8 f.123v ANDREA DEPLANO 296 9 10 11 12 qui in tutu ma ag’abadu tu sey la qui catiuadu ma hay he lu cory arrobatu de li me intrañi donosa C8 ripetuto ripetuto ripetuto 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 Un gran calori agu intensu incarnata alegru lig’u qui vali lu me disigu si a’ me incontivig’u mi lassi sempri suspensu a quidu tempu ca pensu da dami lu to cunsensu ma hagatu disamparadu tu sey la qui catiuadu ma hay he lu cory arrobatu de li me intrañi donosa retroga FIORE C1 C2 C3 C4 C5 C6 ripetuto ripetuto ripetuto 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 Di dami la to lisencia asetu friscu g’asminu di intra in lu to g’ardinu por vig’u di continu qui mi trati di passiencia di me non fa ausencia di perdi la to presencia fadi modu qui non sentia cistu tempu tribuladu tu sey la qui catiuadu ma hay he lu cory arrobatu de li me intrañi donosa C1 C2 C3 C4 C5 C6 C7 C8 C9 ripetuto ripetuto ripetuto 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 Cistu tempu di margura apraca belu Narcisu he mandami di improuisu qui vinerag’u a’ la auisu g’ulcu belu que na angisu par videti cun gran cura bela non ti mustrà dura mustra la to hermosura par burrà la me tristura qui sario consoladu tu sey la qui catiuadu ma hay he lu cory arrobatu de li me intrañi donosa C1 C2 C3 C4 C5 C6 C7 C8 C9 C 10 ripetuto ripetuto ripetuto Par burrà la me tristesa salu cissu discreta FIORE C1 1 2 f.124r f.124v 297 Canzoniere ispano-sardo 3 4 5 6 7 8 9 10 11 in doña modu perfeta incarnata violeta damilu di gran prestesa mustrami la to finesa par vide la to grandesa da la tantu ta amadu turrendi lu la arrobatu ma hay dame g’raciosa cara di incarnata rosa. C2 C3 C4 C5 C6 C7 C8 C9 ripetuto SE TRASLADARON ESTAS CANSIONES EN LA VIRGEN DE LUGAR SANTO ... EL MES DE MAJO À ... 1685 VI (ff.125r-128v) Un interrogativo martellante e ossessivo regge l’impianto del contenuto del seguente componimento. La domanda “hue ses?” viene usata in modo strumentale per poter attribuire tutti gli aggettivi possibili a quell’angela humana. Viene così espressa una interminabile sequela di comparazioni, che va da “belu Narcisu” all’esaltazione di tutte le qualità fisiche e morali, estesa dalla quartina iniziale e lungo tutte le 23 sestine che compongono il poema in versi ottonarii. Il poeta crea raramente sulla lunghezza totale del verso ottosillabico. Egli ha costruito un’Istèrrida di senso e di non senso di tre sillabe (hu / e / ses /) alla quale aggiunge, in un facile gioco compositivo di addizione, solo cinque sillabe. Questa cifra si raggiunge senza difficoltà con la scelta di un aggettivo e di un sostantivo (lu / ghen / te / so / le) o viceversa (ca / sted / du / pin / tu). Solo quando la coppia formata da aggettivo e sostantivo lo richiede, il poeta dilata nel verso successivo la accezione aggiungendo la comparazione, la lamentazione, il rimprovero: hue ses serenu Mare / qui non curas custa piaga, a motivare la scelta del sintagma serenu Mare. L’interrogativo sul quale è imperniata la struttura testuale si ritrova (con uso moderato) in Paolo Mossa (“Ue est Dori mia?” da A Dori lontana, “Ue ses? a ue mi ses dada” da Elegia A un’ingrata) e in Melchiorre Murenu (“Ue ses fidelissima cumpagna” da S’amoradu abbandonadu). La monotonia della ripetizione dei contenuti è felicemente alternata dal ricco variegare dello schema delle rime. Talvolta la creatività difetta e i contenuti vengono riproposti con varianti minime nei versi iniziali delle ANDREA DEPLANO 298 Seste o nell’uso di similitudini. Ma si arriva perfino a riprodurre con varianti ininfluenti la quarta sesta nella 23ma strofa di chiusura: Hue ses qui in biuu piantu a’ doñi ora mi disfato non poto isplicare tantu sa pena qui pro te pato pro sa isperanca mi agato de di uer prenda amada. A B A B B C Hue ses qui in biuu piantu a doñi ora mi disfato non poto assistire tantu sas penas qui pro te pato pro sa isperanca mi agato de di vider coro Amadu A B A B B C Sul piano lessicale si registra il cambiamento grafico di elisada (3° verso) rispetto a eclipsada del 1° poema della presente raccolta. Sul piano ortografico è utile sottolineare l’uso del grafema j per indicare il suono medio palatale della j (jour francese) nel sostantivo jogu, 4° v della 17ma sesta “ de hue totu es risu et jogu”. Mentre si può solo ipotizzare che nel 2° verso della 10ma sesta, nel vocabolo “hojos”, lo stesso grafema potesse avere valore di semiconsonante (j come in italiano ieri). Hue ses ange’la humana hue ses hue ses dada hue ses queste elisada pro me si stela diana. A B B A 1 Hue ses qui non ti miro nen ti bido in sa g’ana hue ses qui a’ boge mana ti chamo piang’o et suspiro? hue ses quinde regiro de tanta pena sobrada. A B B A A C 2 Hue ses qui ti ando infatu sempre cun su pensamentu hue ses visu da arg’entu qui ti circo et non ti agato hue ses qui mi disfato cale et candela alumada. A B B A A C 3 Hue ses cando que hae bolende pro ti circare hue ses serenu Mare qui non curas custa piaga A B B C f.125v 299 Canzoniere ispano-sardo de custu coro sa chrae cun tegus ti las portada. A D 4 Hue ses qui in biuu piantu a’ doñi ora mi disfato non poto isplicare tantu sa pena qui pro te pato pro sa isperanca mi agato de di uer prenda amada. A B A B B C 5 Hue ses qui no intendes bog’es mias ne lamentos hue sun cuddos cuntentos sos qui istaia g’osende hue ses quisto passende sa vida disisperadu. A B B A A C 6 Hue ses qui solu solu biuo cun tanta ag’onia lassadu gloria mia mi as in mesu a’ tantu dolu hue ses qui pro consulu no mandas carci inbaxada. A B B A A C 7 Hue ses casteddu pintu hue ses lug’ente istela hue ses in totu bela bela in biancu et bela in tintu hue ses sutile in quintu donosa bela in colana. A B B A A C 8 Hue ses rugu g’rauelu hue ses biancu g’asminu hue es cuddu ru’gu belu qui mirao de continu hue ses ricu g’ardinu pianta bela preciada. A B A B B C 9 Hue ses lug’ente sole hue ses lug’ente luna A B f.126r ANDREA DEPLANO 300 hue es cuddu resplandore relaxadu in una in una sa bonanca in sa fortuna pro me prestu ses passada. C B B D 10 Hue es dadu su mirare de cuddos hojos lug’entes qui paren in su g’irare duos soles resplandentes cuddas cristalinas dentes de cudda buca incarnada. A B A B B C 11 Hue es dadu cuddu risu de cudda huca donosa qui g’osas in doñi cosa g’loria de su paradisu hue ses belu Narcisu cun sa cara plateada. A B B A A C 12 Hue ses qui non ti amentas de qui morit pro ti amare hue ses qui det torrare creo qui non ti cuntentas hue ses qui non sustentas sa paraula impiñada. A B B A A C 13 Hue ses qui non ti vido de lagrimas formo rios hue ses qui consumidu mi tenen sos dolos mios hue son dados sos brios de cudda g’alera armada. A B C-A B B A 14 Hue ses qui non ti vido g’og’ende peri sa piata qui mi oluides benefata no inno no lu cunfido hue ses pro qui mi isquido sempre cun tegu abracada. A B B A A C f.126v f.127r 301 Canzoniere ispano-sardo 15 Hue ses qui in g’raue pena passo su note et su die hue qui huna cadena iuto qui non vido a’ tie hue ses candidu nie de su log’u capitana. A B A B B C 16 Hue ses qui mi as lassadu in tanta confusione cando comente et pug’one qui su nidu li an leadu hue es cussu log’u biada qui abitas rosa incarnada. A B B A C C 17 Dichosu et biadu su log’u su qui coro abitende istas cada a’ g’osare huna vista de hue totu es risu et jogu et heo so in su fog’u que anima cundenada. A B B A A C 18 Mandami a’ narrer a’ mie a’ bener a’ ti leare pro qui no tepo faltare a’ denote, o’ a’ dedie cun meg’us cara de nie tes esser asseg’urada. A B B A A C 19 Ci heo so in su inferru su dolu mi est alimentu pro me tet esser eternu si non torras cun cuntentu ponedi in su pensamentu de tin dener coro amadu. A B C-A B B C-D 20 Hue ses reale portu hue ses campu de fiore ca non ti vido so mortu de tristura et de dolore A B A B f.127v f.128r ANDREA DEPLANO 302 hue es dadu cuddu amore qui mi auias dilicada. B C 21 Hue ses qui cun lamentos non mi intendes si ti adoro hue ses qui sende ausente ti yuto sempre in su coro hue ses mag’ine doro in custa alma retratada. A B C B B D 22 Hue ses qui biuo in calma que barca qui no a’ bentu hue ses qui su tormentu non aplasas de custa alma tantu prestu bianca palma de me ti ses oluidada. A B B A A C 23 Hue ses qui in biuu piantu a doñi ora mi disfato non poto assistire tantu sas penas qui pro te pato pro sa isperanca mi agato de di vider coro Amadu. A B A B B C f.128v VII (ff.173r-180v) La poesia è per i sardi la massima forma letteraria se non l’unica. Colui che volesse cercare bene nella produzione di ogni epoca troverebbe, oltre alla semplice versificazione, delle vere e proprie forme di teatro o di romanzo, con numerosi attori dai ruoli differenti guidati da un io narrante spesso coinvolto in prima persona nella narrazione e nella realtà dei fatti esposti. La confusione che si crea nella mente del lettore, nella decodifica di questo poema, è generata proprio da questa particolare articolazione della struttura narrativa. La linearità della narrazione scompare improvvisamente e non si riesce più a individuare l’interlocutore fra i tanti che presumibilmente sono entrati nell’intreccio: un io poetante che dovrebbe rispondere al nome 303 Canzoniere ispano-sardo di Don Filigu Cabudoro (strofa 18ma), un moribondo Don Pedru del Arca (15ma strofa e segg.) e uno stuolo di familiari fra i quali la madre di Don Pedru e la dama dello stesso. Questo ci fa pensare che il poema non ci sia pervenuto nella sua interezza e globalità. Il componimento consta di 216 versi distribuiti in 27 ottave di versi endecasillabi. La narrazione è strutturata attraverso uno schema lineare di rime, sempre uguale (ABABABCC), per non far scemare il senso di tragico legato all’assunto: la morte di un amico. Più che alle ottavas, la struttura strofica utilizzata somiglia a un collage di distici in cui si riconosce un’Introduzione (1° e 2° v.), lo sviluppo con l’accentuazione della gravità del contenuto dell’introduzione (3° e 4° v), un’iperbole (5° e 6° v) che conduce alla Conclusione o Serrada (7° e 8° v). Le prime quattro ottave servono di Introduzione al pathos. La crudele morte contro una giovane vita: di fronte al volere del destino non è facile trovare parole. Nella quinta strofa viene individuato un destinatario, la Parca sambinosa, su cui sfogare il dolore, e alla quale si chiede “non fures”. Questa negazione nelle ottave sesta e settima ripropone il gioco compositivo visto nel poema precedente. Alla ripetitività delle forme e dei contenuti seguono esempi di involuzione che sanno di artifizio o forzatura come nell’ottava strofa: fina quili cobergian de arg’entu sa testa uenturosa pilos canos. Il poema continua caratterizzato da un uso fortemente ridondante di aggettivi per descrivere il dolore degli Attori, l’ineludibilità della morte, l’obbligo alla rassegnazione, il consiglio alla pazienza. Fino a uno sconcertante finale in cui è ormai perso di vista il locutore che chiede sa matessi sepoltura dopo aver condiviso con il morto “una domo, unu letu, una uentura”. Forte immedesimazione causata da reale dolore o imperizia nel poetare? L’abbondanza di aggettivi, sintagmi, metafore e di tante figure retoriche ci permette di rilevare il senso del teatro e della teatralità dei sardi. RIMA ELEGÍACA A LA MUERTE DE UN AMIGO 1 Su coro si mi istracat de dolore su sanben si mi sicat in sas venas in su dossu si mi isfritat su sudore, qui dad signale a’ sas mortales penas peri sos membros sento unu tremore peri sos ojos mios funtanas pienas 5 ANDREA DEPLANO 304 turbadu su colore, isto de sorte qui sumbra so de sa matessi morte. 2 Sa limba muda, o miseru parente, queret, pero non poded faeddare lig’ada de unu subitu acidente qui su alenu mi queret afog’are. Pero ja qui non podet su dolente limba su sentimentu declarare, contare ti lu tet sa uoluntade de Amigu, de Parente, et pius de frade 3 cun bogue lastimosa et baxu istilu ti pregunto, crude ingrata sorte orpiladu de ispantu dogni pilu pro uiderty castigu de sa morte et prite dessa vida a’ mesu filu tantu prestu as segadu a su pius forte senza ponner sa manu dessa fama a’ pius anos de vida imensa trama 4 vida fuit cussa, o’ maleditu fadu de acabaresi tantu in una in una vida digna de uiuer in su istadu qui tenet sende prospera sa luna: o’ jovanu in su uiuer desdichadu, o’ furiosa roda de fortuna? comente sende tue tantu lizera, a su mezus li acurtas sa carrera? 5 Vida fuit cussa (o sambinosa Parca) de furare a’ su mundu in tanta gloria vida fuit de passare in cudda barca qui portat a’ oluidu ogni memoria. Non fures cussa ispada a’ sos del Arca no fures tantos fatos a’ sa historia non fures tale pignus a sa mama non fures tantas pinnas a’ sa fama 6 Non fures unu amigu a’ sa amistade dessos menzus qui at uistu su ualore 10 f.173v 15 20 25 f.174r 30 35 40 f.174v 305 Canzoniere ispano-sardo non lases tantos frades sensa frade non lasses tantas damas sensa amore non fures tantos anos a’ sa edade non fures a’ sos fiores custu fiore non fures a’ sos campos custu lizu non fures a’ su babu tale fizu. 7 Non fures a’ sa terra unu diamante non fures unu Marte a’ sa alta isfera a’ su mare una perla rutilante a’ sos uentos una agila lizera non fures a’ sas fiamas unu amante non fures a’ su tempu sa carrera non fures su consig’u a’ sos antigos non fures custu amigu a’ sos amigos 8 vida digna de biuer anos quentu lassala yomper morte a’ sos ancianos fina quili cobergian de arg’entu sa testa uenturosa pilos canos. Pero deite mi seruit su lamentu videnti su sanben in sas manos ite importat su piantu, o morte ingrata si non ualet penetu a’ cosa fata? 9 O’ Morte sensa tempus rigurosa de cale ispantu furia de su Inferru sa uida pius g’allarda, et amorosa o’ ispietade condenas a’ disterru. Sensa qui crescat sa incarnada rosa la truncas cun mortale acutu ferru sensa istare su fiore abutonadu suta terra lu pones isfossadu. 10 Prite sa ingrata sambinosa manu at burradu sa legge a’ sa natura, qui a su jovanu forte, friscu et sanu vida promittit longa et depius dura: sensa poner in testa pilu canu unu teracu as mortu, o morte dura qui sende su mundu sapius leg’g’e non si agatat pro te fide, nen legge 45 50 55 f.175r 60 65 f.175v 70 75 80 ANDREA DEPLANO 306 11 non ti mouen, crudele, a’ cumpassione sos pag’os anos de sa teraquia sa zentilesa in totu a perfexione, su sanben, sa riquesa, et ualentia uolta sos ojos, Morte, a’ sa naxione no nos priues a’ totus de alegria uoltalos a’ sa domo qui est restada de su menzus puntelu abandonada. 12 Uoltalos a’ sa aflita iscura mama, qui mouet unu marmuru a’ piedade uoltalos a’ sos ojos dessa dama qui pianget sa amorosa soledade aplaca, morte, s’homicida fiama cun lagrimas, amigu, babu et frade et si custu non bastat, ojos mios, de sanben bos fag’ide largos rios. 13 Pero prite mi istraco cun su uentu prite in uanu peleo cun su Mare si non piantu, non boge, non lamentu sa morte surda queret iscultare: si pro uider su anzenu sentimentu ojos non tenet pius de mirare fager non li podimus resistencia su pius forte remidiu es sa paciencia. 14 Paciencia, amigos, frades et parentes paciencia, aflita mama in sa ocasione paciencia, babu, et sorres qui ausentes den hauer de su mortu relacione, paciencia bracos fortes et ualentes rendidos a’ sa humana oblig’acione paciencia juventude sa pius forte, qui fuire non g’alet a’ sa Morte. 15 E’ tue paciencia amadu frade meu qui non tenes remediu ateramente dispedire ti podes cale reu de totus sos empleos, uida et gente: f.176r 85 90 95 f.176v 100 105 f.177r 110 115 307 Canzoniere ispano-sardo Don Pedru qui ti morzas, queret Deu, et ualer non ti podene niente sos qui dent querrer dare uida restan aparizare sa partida. 16 Aparizadi a’ morrer miserinu ca de uiuer non tenes pius isetu mira qui est longu meda su caminu asperu, estrintu, nou, et non deretu; ya si acabat Don Pedru, su destinu ya sa morte si acostat a’ su letu ya su alenu ti queret afog’are pero iscultami inantis de ispirare. 17 O’... mesu de custa anima afligida non mi naras niente in tantu dolu non mi das unu abracu in sa partida videndimi restare tantu solu: mira qui a’ su partire dessa uida est in sa morte sultimu consolu declarare a’ su amigu in libertade su hultimu testamentu et uoluntade. 18 Ite lassas, Don Pedru in testamentu a’ sos amigos tuos ite tesoro, ite pingus de amigu, ite contentu lassas a’ Don filigu Cabudoro: hay’, risponded cun graue tormentu cun ambas manos postas in su coro: custu lis lasso in sa partida mia a’ sos caros amigos qui tenia. 19 Ya sa alenu pius debile et sutile (cun suspiru mi nait meda profundu) sensa uider mi morzo unu fradile su pius caru qui apo apidu in su mundu. Morte tarda su passu in su janile detene cussu bracu furibundu lassa qui a’ Don filigu inantis bida et isolue su nodu a’ custa uida. 120 f.177v 125 130 135 f.178r 140 145 150 f.178v ANDREA DEPLANO 308 20 Tantu tempus impare in sa prexone tantu tempus impare in su patire sempre de una matessi condixione unidos in sa mesa, in su dormire; pero como a’ sa mezus ocaxione istende de sa uida pro partire, comente no ti uido frade amadu? pro morrer a’ su macu consoladu. 21 De una cosa mi alegro in custu tratu qui mi indulcat custa ora transitoria qui si Don Pedru morit fadu ingratu, non morit de Don Pedru sa memoria. In Don filigu lasso unu retratu dessu qui como passat a’ sa gloria biue tue Don filigu in logu meu pero menzus uentura ti det Deu. 22 Cando penzo qui de issu ya mi ausento mi cresquet de sa morte su dolore, mas ay! miseru me, qui non mi amento qui sensa uider parto a’ mi señore custa es sa cosa humana qui pius sento, si conosquies, o amore, ite este amore! a’ mi señore lassa mi abraçare, et cando queres beni a’ mi leare. 23 Lassa, li nait, su piantu lastimosu, lassa de suspirare tantu a’ ispissu et si babu disizas, amorosu uoltadi a’ cuddu santu crucifixu; mira qui in cudda sedia de roposu ti mirat cun sas culpas qui as comissu, pro ti dare sos bracos istirados generale perdonu de pecados. 24 Lassa, ya non est hora de quircare babos, frades, amigos, non parentes, quirca Don Pedru meu de ti saluare qui de custu, est raxone qui ti amentes 155 160 f.179r 165 170 175 f.179v 180 185 309 Canzoniere ispano-sardo Ya de sa Morte in su alteradu mare ti afogan sos mortales acidentes: abraca custa ruge pro sustentu sin de queres bessire in saluamentu. 25 Ya qui custu iscultait su moribundu su Cristu abraçat sa trementu manu et cun suspiru debile et profundu custu li nait cun animu cristianu: eternu Redemtore de su mundu diuinu preciu de su rescatu humanu custa anima riscata de sas penas, qui su sanben ti costat de sas uenas. 26 Et cun custu acabende boge et piantu ya difuntos lasseit sos membros sanos cobertos de mortale et nieddu mantu dessa Morte in sos bracos inhumanos: su sentimentu meu istessit tantu serrendeli sos ojos custas manos, qui mi pensare sa alma mia pro fagerli in sa morte cumpañia. 27 Pero prite mi has quersidu lassare viuer sensa Don Pedru, ingrata sorte, lassa milu a’ su mancu acumpañare si queres qui in custa hora mi aconorte qui sa uida passa sempre impare rexone fit tener sa matexi morte una domo, unu letu, una uentura ambos una matessi sepultura. 190 f.180r 195 200 205 f.180v 210 215 Die 23 Aug’. 1682. VIII (f.181r-v) Il metro congeniale alla creazione della danza nella rima sarda costruisce questi tre brevi ma intensi poemi strutturati sull’alternanza di un verso settenario con un verso endecasillabo. ANDREA DEPLANO 310 Le sedici Sestas così formate sono di facile ascolto, dirette, immediate, benché il significato sia serio fin dall’iniziale sintagma Ranquidos pensamentos, amari pensieri, che apre la prima serie di sei sestas con schema aBaBcC. Il genere di alcuni aggettivi: desdichada, poverita, privada, sola, trista, adolorida e solitaria, riferiti all’io narrante, ci permette di indicare in una donna l’autore delle prime sei strofe. È il canto accorato di una persona costretta al silenzio e alla clausura (forse una suora?) che esprime la disperazione per una condizione di vita non determinata dalla sua volontà. Tuttavia non chiede vendette, non avanza pretese né rivendica nulla. C’è tanta obbedienza e rassegnazione in quei versi chiusi da un auspicio che suona però come chimera: mi accontenterei di vivere solitaria nei boschi, dove canterei agli uccelli tante pene varie. Forse la poesia era l’unico strumento che, in qualche misura, permettesse alla poverina di assaporare la libertà. Il canonico G. Spano pubblicò questa poesia in Sesta Lira (Canzoni popolari inedite in sardo centrale, ossia logudorese, Cagliari 1865 pagg. 91/93 n° XXX.) commentando: Una giovinetta abbandonata che piange la sua solitudine. SEXTAS SARDAS 1 Ranquidos pensamentos qui custa alma tenides amargada fantasticos intentos lassade pianger a’ una desdichada permitide a’ sos ojos, qui de lagrimas feten largos poyos 2 Lassademi qui isfog’e sa pena qui in su petus alimento qui timo no mi afog’e custa burrasca, qui mischina sento in custu tristu mare hue por horas isto pro acabare 3 In sa mezus edade primauera fiorida de sos anos et sensa libertade mi uido pouerita in tantos daños 5 10 15 311 Canzoniere ispano-sardo priuada de omñi cuntentu tenende pro prexone unu aposentu 4 Non conosco ite est g’ente oluidadu si mi est su cunuersare oñi caru parente sola totu mi lassan lamentare pro qui in logus de dolu nexunu si bi acostat pro consolu 5 Trista, et adolorida sensa humanu cumerciu de persone passo sa triste uida quexendemi a’ sos muros et matones ma comente son muros no tenen compassione ca son duros 6 Mi tio cuntentare de biuer in sos buscos solitaria hue tia contare a sos pug’ones tanta pena uaria et cun sos ruising’olos cantare bog’e a’ bog’e tantos dolos. f.181v 20 25 30 35 IX (f.182r-v) La prima strofa sembrerebbe stabilire un continuum con le sei seste precedenti per l’invocazione del verso iniziale e per i contenuti dei restanti cinque versi. Il soggetto è comunque assai diverso, come differente è lo stile nel comporre. L’autore ci ripropone quel tipo di pianto per pene d’amore fatto di luoghi comuni (lassendi a qui adoro / sensa anima mi parto e sensa coro), di similitudini e aggettivi abusati (prenda amada) e di un nome (Diana) che proietta nell’Arcadia queste quattro sestas sardas precorrendo la nascita stessa di quel movimento (Roma 1690). Lo schema delle rime è quello già trovato in precedenza, ma qui sembra diventare un ostacolo: l’approssimazione fa combaciare abitacione con persone (seconda strofa) amante con cuntentu (quarta strofa). Si confondono i generi e amada rima con disisperadu, oppure si banalizza tanto da ANDREA DEPLANO 312 far rimare due opposti semantici: dolore con amore. Anche il metro è pesante, poco scorrevole, inesatto: la quarta strofa termina con un dodecasillabo. OTRAS Lastimade o’ quelos ca mi est forza mudare abitacione qui sa ausencia et zelos consumire mi ten custa persone ca lassendi a’ qui adoro sensa animu mi parto et sensa coro. Lasso sa prenda amada, lassendemi cun issa oñi consolu g’asi disisperadu sa anima trista in mesu a’ tantu dolu pro podersi aneg’are non necesitat abas de su mare. Adoresi a’ Diana macari may la aen adorada pro qui ancus qui est humana pro diuina la teng’o idolatrada et timo hay dolore qui in cussa oluidet tantu amore. Timo qui ateru amante pius dichosu de me ti get g’osare ancus qui pius cuntentu de custu desdichadu no tes agatare et est casu prouadu qui quie pius seruit mancu es premiadu. 5 10 15 f.182v 20 X (f.182v; f.184r-v) Tornano a scorrere fluidi i versi in una rima più che corretta. Non più pene d’amore, non più lamentazione per le condizioni di vita ma poesia intesa come esercizio di virtuosismo attraverso citazioni di figure mitologiche (salamandra, tantalu, basiliscu), e di strumenti musicali per accompagnare il verso poetico in civiltà diverse da quella sarda (citaras, liras). L’autore è colto, di quell’erudizione acquisita sui testi dei classici greci. 313 Canzoniere ispano-sardo OTRAS Fine cando pesares mi dilatades custa uida amarga sos ojos fatos mares piangide sorte infausta et pena larga o’ fagide mudanca 5 o’ dademi pro biuer ispaerança. Non firmo su lamentu cun bog’e ya gustosa et reg’alada in citaras de arg’entu no cun hatera lira he reparada quie cantat males graues solicitat cunsertu cun sas aues. 10 Soledades gustosas riscos campos funtanas amenas aplacade amorosas15 cun aplausu su oydu a’ tantas penas pero no mi intendides pro qui alma racionale non tenides Non agatan reposu su coro apasionadu meu in log’u qui su animu amorosu portet sempre cun isse ardente fogu et cun vida penada est salamandra ya dissimulada. Hay passadas glorias et canto mi afligides si mi amento de filias memorias Inuanu piang’o tristu et mi lamento ya so tantalu biuu in abas et in autos fug’itivu Una deidade aparte ya iscultat tantos males mios o’ crudele ane.arte qui das morte inutiles pius impios sensa intimare g’erra sirena in mare et basiliscu in terra. f.184r 20 25 30 f.184v 35 ANDREA DEPLANO 314 XI (f.183r-v) Il componimento è strutturato su due momenti narrativi. In apertura è giudizio critico definitivo, sicuro, maturato attraverso dolorosa esperienza vissuta (si custu lu naro proadu la hia) che fa affermare all’autore no pius amore no pius amistade, poiché totu este ing’anu totu es farcidade. L’uso del quarto verso come ritornello sembra non lasciare dubbi sulla conclusione dell’io narrante: s’amore es continu cuidadu. Più che poesia sembrerebbe una raccolta di dicios (proverbi) o di concentrati di sapere popolare. Ma si può sfuggire all’amore? La consecutio temporum della quarta strofa - cando la vio cando la vidia - in cui passato e presente si mescolano, ci permette di capire che è facile ricadere vittima di questo forte sentimento: cun sas trichas suas ligadu ma haiat / qui custu coro queren traspasare. La mancanza di forti aggettivazioni, la ripetizione di versi, la semplicità del vocabolario e l’immediatezza delle immagini utilizzate non lasciano dubbi sull’estrazione popolare del cantore di queste quartine. Sul piano formale la prima strofa è solo apparentemente una Quimbina (la ripetizione serve per entrare in tema). Le rimanenti strofe sono delle Battorinas Serradas dal verso di refrain. La creazione è tutta di contenuti e questo giustifica l’assenza della rima che su questo tipo di versi avrebbe potuto essere o baciata (AABB) oppure incrociata nella parte di Invenzione (ABA + verso fisso). Invece, nella maggior parte delle strofe il terzo verso propone come terminazione un infinito presente: sonare, traspasare, retirare, deportare, sul quale la rima in -ade non può che risultare approssimata. Nella strofa di chiusura viene perfino proposto un aggettivo (singulare) come terminazione rima. L’irregolarità caratterizza anche il metro costituito da endecasillabi e dodecasillabi. No pius amore no pius amistade no pius amore no pius amore no tenet firmesa no tenet feruore totu este ing’anu totu es farcidade no pius amore no pius amistade in finiis su amore es continu cuidadu custu lu naro qui lapo proadu priuadu ma haiat de sa libertade no pius amore no pius amistade si custu lu naro proadu la hia si fuy in letu acusu dormia 315 Canzoniere ispano-sardo sempre in su amore mi tia sonare no pius amore no pius amistade cando la vio cando la vidia cun sas trichas suas ligadu ma haiat qui custu coro queren traspasare no pius amore no pius amistade f.183v sa amore mia fit de custa sorte cando la uido cun ancias forte su sanben sento si mi retirare no pius amore no pius amistade Pare qui sias sa luna su sole [...] hite belu fiore in manu deportare no pius amore no pius amistade hite belu fiore deportare in manu vido su istentu de su inamoradu su faidu humanu he meda singulare, no pius amore no pius amistade. XII (ff.184v/185r-v) Gli aggettivi aflita (4° strofa) e poverita (5° strofa) ci indicano che autore di questi altri versi è una donna. Le dieci sestine che seguono sono assai vicine per contenuti e parallelismi al poema VIII già analizzato. Perfino il verso iniziale (Amigos ya qui isquides) del presente componimento sembra volerci ricordare che già conosciamo quest’esperienza. La nuova narrazione parte da due strofe di Introduzione in cui l’autrice richiama l’attenzione sui suoi guai con una Serrada (Mouidos a piedade / iscultademi amigos iscultade) che ha valore di captatio. La terza strofa introduce un elemento di novità rispetto al poema n° VIII: felice mi vivia, ben presto ridimensionato con carci tantu. Il sintagma fiorida edade (4° strofa) ripropone il contenuto dei primi due versi della 3° strofa (In sa mezus edade / primauera fiorida de sos anos). Anche i versi finali della quarta sesta (et pro abitacione / mi desin bator muros pro prexone) ripropongono la chiusura della terza strofa del precedente poema : tenende pro prexone unu aposentu. ANDREA DEPLANO 316 Ci resta un grande mistero per quella sentencia maledita che non permette di capire la professione di questa poetessa. Tanti sono i punti in comune con il testo n° VIII nei contenuti, come nel dialogo con su pugione, oltre che con gli aspetti formali di questo nuovo testo in versi settenarii alternati a versi endecasillabi. OTRA Amigos ya qui isquides qui sa alegria et gustu mi at lassadu et tale mi vidides qui apenas alimento custu fiadu Mouidos a piedade iscultademi amigos iscultade Ya qui ogñi consolu qui recreat sa conca anima mia uoltadu si est in dolu [...] Mouidos a piedade iscultademi amigos iscurtade Felice mi uiuia in sos tempos passados carci tantu et como mi vidia in continu lamentu pena et piantu ya uariat sa fortuna amarg’at su cuntentu in huna in huna. Apenas conosquia sas primas luges de fiorida edade cando aflita vidia qui nascisi sensa haer libertade et pro abitacione mi desin bator muros pro prexone Qui inocente ispetesi daremi libertade hay pouerita pero pius pena ape si intender sa sentencia maledita Inog’e tes lassare sos anos cun sa vida totu umpare. Ojos mios piangide ya mi an sensa pecadu castigadu f.185r 317 Canzoniere ispano-sardo ea, penas cresquide forci det de pena acabare custu fiadu ca in tantu male et dolu mortu tet esser su ultimu consolu. f.186v Nade qui at de sufrire quie tet esser sa pena o’ su pecadu qui no at a’ pedire Iusticia contra unu apassionadu qui in capa de amistade mi priuat de oñi humana libertade Si in sampaña miro et a doñi unu vido cunuersare milli uoltas suspiro et naro poueritu delirende gasi aiat esser andada sa fortuna corsareda non fui nada. O’ dichosu pugione qui biues in sa g’abia aprexionadu de piangere no as raxone ya tue pius de me ses istimadu et podes iscapare pero eo in sa prexone apo acabare. Ancus sa compañia naran seruit de aliuiu a’ sa persone pero sa qui tenia cun megus este aflita et cun raxone ca sas duas patimos dolencias meda manas et non morimos. XIII (ff.224r-226r) La lingua sarda abbonda di vocaboli di cui è perso ormai l’etimo, e si conservano in forma di non-sens o di giochi sonori, distribuiti nei più diversi campi semantici, dalla toponomastica al canto popolare. Cosa significa A s’andìra nel canto a Tenore? Ogni ricostruzione filologica è ardua e frutto di ipotesi facilmente opinabile. Cosa racchiude dunque quel tabur che in modo imperativo non deve essere detto da quie portat isprones? ANDREA DEPLANO 318 Forse è solo (ancora un altro) non-sens utilizzato per poter fare un affresco ironico della società del periodo nelle varie componenti. Caualleris, Barones, sacerdotes, cunziceris, su regidore, sos principales, sos piscayolos, sos pastores, entrano nel gioco insieme a sos de Sassare, de Otiane, de ‘Essude, de Monte Agudu: tutti tranne sos de Oristanis e campidanesos. L’uso del non-sens determina la dilatazione del jeu de mots fino a isprones: indicano sproni di cavalleria, quarti di nobiltà o simbolo di virilità? Il poeta è abilissimo nel mascherare il significato che di volta in volta assume accezioni diverse per non far mai perdere il sorriso. Le Battorinas a rima baciata AABB così composte, strutturano il messaggio (in suspu) nei due versi iniziali mentre il terzo è sempre strumentale alla chiusura (Serrada) di significato e significante. La frattura fra i primi due versi e i restanti si avverte anche nel metro che trova irregolarità quasi sempre nel terzo verso (spesso dodecasillabo) mentre i restanti sono endecasillabi. No neret tabur quie portat isprones no neret tabur quie portat isprone. Quie isprones portat no neret tabur nen gente istracada passet in suru, ca beydet Sassare sos pendericones, no neret tabur quie portat isprones. Ancoras qui andet unu homine in presse, et sos isprones esseren de quesse et lu sigeren bandidos ladrones no neret tabur quie portat isprones. Penas han postu custos conziceris et sun a’ instancia de sos Caualleris, et las confirman totus sos Barones no neret tabur quie portat isprones. Sas penas timen sos de Monte agudu passende rios et pistende ludu, qui los coberit fina a sos arzones no neret tabur quie portat isprones. Sos de Otiane ruen in sa pena qui sinde folgan de una tisapiena et non si inpachan de tantas rajones no neret tabur quie portat isprones. f.224v Canzoniere ispano-sardo 319 Oy viuan a fe, uivan sos de essude may naran tabur, peri a’ sebba rude ancoras qui curcan fatu de macones no neret tabur quie portat isprones. A quie at isprones et iuget isfrunza naret tabur, deget una Munza a ragas faladas et sensa carzones no neret tabur quie portat isprones. Si sas penas pagan sos pastores totu lis den piñorare su casu et regotu, aiscos et musorzoa cun sos malinzones no neret tabur quie portat isprones. f.225r A fide mia si su regidore sas penas rutas quircat cun vigore qui bey sun rutos fina a sos bajones no neret tabur quie portat isprones. Et si miramus a’ sos principales qui de vaqueta portan istiuales fatun dan paricos de custos burrones no neret tabur quie portat isprones. Sos qui portan soma et caddigan boe sian perdonados fina a’ dies de hoe, dae innoge innantis perdan sos sacones no neret tabur quie portat isprones. Sos sacerdotes puru pagan pena A caddu istracu pungende in sa arena in sa plorigina, matas et murcones no neret tabur quie portat isprones. Sos qui han isprones in tempus de friscu non pagan pena a’ corte ne fiscu carcanzi quebrados de sos pirinjones no neret tabur quie portat isprones. Sos sacerdotes naro viazantes cun sos piscayolos sun meda galantes tabur narana forte a’ caddu et persones no neret tabur quie portat isprones. f.225v ANDREA DEPLANO 320 Pretenden custos qui tenen patente pro qui hunu isprones porten solamente cun sateru pee pungun sos talones no neret tabur quie portat isprones. In custa pena no bi son compresos sos de oristanis nen campidanesos A cambas nudas et sensa carzones no neret tabur quie portat isprones. Andan in carros o a’ caddu nudu o’ veru iscurzos pistende su ludu sas armas suas sun unos furcones no neret tabur quie portat isprones. f.226r Sattera gente cisquir caddigare rutos in sa pena la han como pagare et nexunu fidet de intercessiones no neret tabur quie portat isprones. Bandu a trumbita su missu at betadu qui tabur cun isprones siat disterradu como si apicigan sos sedulones no neret tabur quie portat isprones. XIV (f.247v-248r) Le strofe che qui vengono indicate come coplas sardas sono dei Gosos nel modello più lineare e classico della tradizione. Il componimento che segue ricalca esattamente la struttura di base dei Gosos: un’Istèrrida di quattro versi in cui si afferma un enunciato, solitamente una verità o dogma (Cristo è luce divina / cammino di verità), in forza del quale (senza connessione avverbiale) si esprime un invito o un imperativo ai fedeli: acudide a’ sa dotrina / manos minores de edade che diventa il refrain con cui si chiude ognuna delle successive strofe. Lo schema della rima delle Istèrridas di apertura è di due tipi: ABBA oppure ABAB. Il primo tipo è costruito in modo tale che solo la seconda parte dei quattro versi possa essere utilizzata come refrain e pertanto i versi terzo e quarto saranno semplici e facili da capire e da ricordare. Il secondo schema è invece caratterizzato dalla possibilità di interscambiare l’ordine dei distici a seconda che il poeta voglia privilegiare il dogma o l’imperativo nella comunicazione al popolo dei fedeli. 321 Canzoniere ispano-sardo Le unità strofiche caratteristiche dei Gosos sono le sestine alle quali si accodano i due versi appena descritti in forma di Torràda. La ripetizione del messaggio contenuto in quei due versi favoriva l’affermazione e assimilazione della comunicazione. In questo modo la Chiesa è riuscita nell’opera di penetrazione religiosa e culturale presso popolazioni poco inclini alle innovazioni soprattutto se provenienti dall’esterno. L’obiettivo si realizzava per il particolare modo di diffondere il messaggio attraverso l’utilizzazione, non già della diffusione del testo scritto, ma bensì del canto popolare, nelle formazioni maschili del canto a Tenore, a Cuncordu e a Tasja, e nel canto delle donne. Sia i versi di Istèrrida che i versi delle sestine (alle quali viene aggiunto il refrain) sono degli ottonarii. Lo schema delle rime è ABBAAC DC. Il contenuto del poema è già esplicitato nei due versi del refrain e riproposto nel corso del poema (vedi terza strofa). Sul piano linguistico, Segides (5° strofa), dovrebbe leggersi come seguide (seguite) in cui g + i traducono un suono velare /gi/ (= ghi italiano) mentre la s finale è gratuita rispetto alla rima con il quarto verso. Per incongruenza dell'inquadernatore il poema risulta articolato con la seguente successione: ff.247v, 249r-249v, 250r-250v, 248r. COPLAS SARDAS Xptos est luge diuina caminu de veridade acudide a’ sa dotrina manos minores de edade. Cop. Iscamos sos Christianos de qui semus obligados a’ sos precetos sagrados. obedire meda ufanos in parende a’ sos paganos et Gentiles Cristiandade acudide a’ sa dotrina manos minores de edade. In campaña sas Banderas bogat Jesus Capitanu combidende oñi cristianu a qui lu sigat de veras foras cosas faineras in custu bos ocupade f.249r ANDREA DEPLANO 322 acudide a sa dotrina manos minores de edade. Venide gente venide a’ sa doctrina Cristiana venide de bona gana in fatu nostru ponide et pro no la isquire isquide pena biat de eternidade. acudide a’ sa dotrina manos minores de edade. O’ cantos tenet su inferru presos cun fortes cadenas in miles males de penas penende pro sempiternu pro pagu tentu et guuernu et pro meda libertade acudide a’ sa dotrina manos minores de edade. Babos et mamas segides de qui segis obligados a’ figios, figias, criados imparare lis sa fide ca si no la isquin credide mortalamente pecades. Acudide a’ sa doctrina manos minores de edade. O’ cantos in dotrina iscultande sos exemplos si conuertin, et sun templos de sa alta gracia diuina cirquende meigina de sos males iscurtade acudide a’ sa dotrina manos minores de edade. Nexunu intrat in Celu sensa sa doctrina Santa custu su euangelia cantat cun amore et bonu zelu mas su demoniu cum imbelu negat cus[ta] ueridade f.249v 323 Canzoniere ispano-sardo acudide a’ sa doctrina manos minores de edade. Est sa doctrina sagrada arma poderosa et forte contra su Demoniu et morte de oñi anima tentada restat salua, et libertada cum vitoria et santidade acudide a’ sa doctrina manos minores de edade. f.250r E qui sa morte est segura bos amentade, aduertide cando da a’ esser no isquides ne mancu de sepultura o’ morte o’ morte o’ paura o’ mortale segedade acudide a’ sa doctrina manos minores de edade. Si sa morte is preuenidos bos agatat de doctrina in perditione et ruina bos vegis uider sumidos o gustos, gustos finidos penade tando penade acudide a’ sa doctrina manos minores de edade. In su judiciu finale inantis de judicare xptos nos det dimandare sa dotrina generale quie la isquit bene o’ male cun profitu o’ vanidade acudide a’ sa doctrina manos minores de edade. O’ animas riscatadas cun su sanben preciosu de xptus babu amorosu non bos restedes burlados a’ su inferru condenados pro preitia o’ tontedade f.250v ANDREA DEPLANO 324 acudide a’ sa doctrina manos minores de edade. Sa dotrina in generale importat a’ cunfessare su rosariu a’ cuntemplare cun sa fide universale sos misterios principales qui sun de necessidade acudide a’ sa doctrina manos minores de edade. Prendas de sa eterna gloria den tener pro sa dotrina si cun issa si incaminan desa uida transitoria cun palmas et cun vitoria de sa eterna libertade acudide a’ sa doctrina manos minores de edade. f.248r XV (f.248r-248v; 251r) Altri Gosos sono presentati in questo poema per il quale valgono gran parte delle cose dette per il precedente. È identico il metro utilizzato - versi ottonarii compongono delle Sestinas Torradas da un distico di refrain - come lo schema delle rime: ABBAAC DC. Anche attraverso quest’altro componimento si intendeva comunicare, in modo semplice e facilmente fruibile, a una moltitudine di persone un messaggio di indottrinamento. La strategia comunicativa è quella interattiva. L’uditorio veniva coinvolto in una illusoria - benché attiva - partecipazione alla creazione del messaggio, perché era affidato alla folla il compito di rispondere, alle parole del concelebrante la funzione religiosa, con un distico che rima con le ultime parole dell’oratore. Il metodo era ampiamente collaudato nella storia del canto liturgico e identificato sotto il nome di canto responsoriale. Che la forma di composizione del presente componimento fosse proprio questa si deduce dalla lunghezza dei versi (ottonarii) delle sestine, contrapposta a quella del primo dei due versi del distico (novenario). La presenza di un novenario nel distico-refrain non agevola la trasposizione canora e rimarca l’interruzione fra colui che lancia il messaggio e coloro che con quella risposta dimostrano di averlo ricevuto. 325 Canzoniere ispano-sardo Il messaggio vale per tutti e il compositore si rivolge con la medesima gravità ai mortales inganados. Sia che essi siano al vertice della piramide della società ecclesiastica (Prelados et señores sacerdotes, 3° strofa), ai vertici della società civile (Cavalleris e señores Principales - 4° strofa - damas ermosas / sas poderosas et ricas - 5° strofa) che alla base (gente ordinaria, 6° strofa). L’uso di un pronome che personalizza il testo nella settima strofa fa pensare che autore di questi Gosos fosse uno studente di seminario che si interrogava sulla capacità di divulgare e trasmettere (participamus) i contenuti appresi a sua volta (sas cosas qui imparamus) a sos rudes ignorantes. Una testimonianza preziosa della cura con cui i religiosi vivevano la missione dell’evangelizzazione. Per incongruenza dell'inquadernatore il poema risulta articolato con la seguente successione: ff.248r-248v, 251r. OTRAS Custu est su caminu diuinu caminu de saluacione 9 8 1 O’ mortales inganados istadenos como atentos sos gustos, sos uanos ventos sos tesoros sun sumados o’ gosos imaginados pienos de tribulacione Custu est su caminu diuinu caminu de saluacione. 8 8 8 8 8 8 9 8 2 O’ nadenos pecadores si pensades in su inferru qui est unu triste disterru pienu de uarios dolores hue in flamas et ardores penat sanima et persone Custu es su caminu diuinu caminu de saluacione. 3 O nadenos sos Prelados et señores sacerdotes si den esser meda fortes f.248v ANDREA DEPLANO 326 sos contos examinados o’ quantos quantos danados in su oficiu et obligacione. Custu est su caminu diuinu caminu de saluacione. 4 O’ nade sos Caualleris et señores Principales si pensades in sos males qui fingides de ligeris poderosos hoe, et eris, ispetade danacione. Custu est su caminu diuinu caminu de saluacione. 5 O’ nade damas ermosas sas poderosas et ricas si agis uidu qui sun sicas sas qui inantis friscas rosas certamente custas cosas torran a’ incorrucione. Custu est su caminu diuinu caminu de saluacione. 6 O’ nade gente ordinaria si isquides cussa Dotrina est pro totus meigina de doñi gracia sumaria a’ dognu unu necessaria in sa perigrinacione. Custu est su caminu diuinu caminu de saluacione. 7 O’ nades istudiantes si sas cosas qui inparamus nois las participamus a’ sos rudos ignorantes qui sun puntos inportantes a’ doñi istadu et persone. Custu est su caminu diuinu caminu de saluacione. f.251r 327 Canzoniere ispano-sardo 8 O’ nade nos totu cantos sos qui iscurtades presentes si segis veros disquientes de xptos et de sos santos o’ pensan qui sun ispantos sas cosas de obligacione. Custu est su caminu diuinu caminu de saluacione. XVI (ff.251v-252v) Nei Gosos si esprimevano quasi esclusivamente contenuti seri. In misura preponderante erano produzioni agiografiche. La gravità della penitenza e del pentimento ispirano questo componimento per il Memento homo. Ciò determina l’abbandono della trasposizione canora del testo che viene divulgato attraverso la recitazione. La struttura strofica della sestina (1° strofa con rima ABABCD ED) viene subito sostituita dall’ottava (con rima ABABBCBC DC) nelle restanti strofe serradas dai versi 3° e 4° della quartina di Istèrrida: regorda qui ses de piuer / et quisina de niente. La recitazione del testo teneva conto di due accenti tonici, uno naturale nella settima sillaba per rendere ininfluente la terminazione rima (si confrontino in proposito le terminazioni dei versi 2° e 3°, BB, dell’Istèrrida), mentre il ritmo è scandito sulla terza sillaba di ogni verso. Il modello fonetico castigliano imponeva una norma grafica che nell’esempio del suono velare /g/ dispiageres sembra già superata. Sicuramente il grafema g esprimeva il suono velare sonoro (come in italiano ghiro) e non il suono sordo /k/ (come in italiano cane). Quest’ultimo suono, nel terzo verso della sesta strofa, viene reso graficamente in modo curioso (no circes /kirkes/), non con grafia castigliana (a rigore: quirques), né con grafia italiana. Lo stesso grafema c nel terzo verso della prima strofa (recisti) viene proposto nella forma del passato remoto del verbo rezìre (ricevere, cast. recebir) ma non traduce certamente il suono velare. Il compositore del poema era certamente logudorese da quel che la grafia attesta: i suoni bi-labiali sono di preferenza quelli sonori /b/ rispetto alla norma nuorese del suono sordo /p/: suberbu anziché superbu. Il presente componimento è attestato a Ottana come canto della tradizione religiosa. Versione molto simile si trova in A. Corsi (vd. bibliografia) ANDREA DEPLANO 328 POR MEMENTO HOMO O’ suberbu inpertinente qui sensa isquire te rues regorda qui ses de piuer et qui si nade niente. 1 Regordadi qui istetisti de limu et terra formadu et sos donos qui recisti de cuddu qui tat criadu lassa lassa su pecadu et su biuer malamente et pensa qui se piuer et qui si nade niente. 2 Lassa sa pompa mundana et cuddos torpes regalos pro qui a’ sa anima si dana milli dispiageres malos como qui has tempus reparalos in biuir honestamente sos pecados cunfessalos contritu et humilemente. Regorda qui ses de piuer et qui si ni nade niente. 3 Et a’ sa confessione anda bene aparichadu cun firma contricione de lassare su pecadu et de su tempus passadu repassa minudamente pro qui sias acetadu de xptos omnipotente. Regordadi qui ses de piuer et qui si nade niente. 4 Sos benes male adquiridos procura restituire pro qui meda si sun uidos f.252r 329 Canzoniere ispano-sardo in su inferru sepelire custu est tempus de gemire et de biuer santamente pro qui potas ga[ud]ire de cuddu bene exelente regordadi qui ses de piuer et qui si nade niente. f.252v 5 Dade manu a’ sos recreos aplicadi a sa abstinencia et non seruas tantos deos ca danan sa conciencia conuertidi a’ penitencia qui su tempus ti est presente aco qui sa alta clemencia ti rechat alegramente. Regordadi qui ses piuer et qui si nade niente. 6 Lassa sa murmuracione sa auarisia sa luxuria no circes ocasione de uendicare sa inguria non curras a’ tanta furia qui tes biuer breuemente no faltas sa anima espuria de ueras que es resplandente. Regordadi qui ses piuer et qui si nade niente. XVII (f.253r-254r) La strofa di cinque versi è assai rara nel sistema di versificazione sarda. Compare in apertura di componimento come Introduzione al testo che seguirà e spesso contiene al suo interno versi doppi oppure che ripetono in misura di poco differente contenuti già esposti in altri versi. Solitamente la Quimbina o Quintiglia è composta da versi endecasillabi oppure ottonarii e lo schema della rima è assai vario. L’ultimo poema di questa raccolta è strutturato in Quimbinas che sembrano formate più sulla forma delle sestine già incontrate in vari componimenti. La lunghezza dei versi alternati, settenarii e endecasillabi, e lo stesso schema della ANDREA DEPLANO 330 rima aBabB, ricalcano la composizione in sestine. Che la forma non sia originale si denota anche da alcune imprecisioni nella rima all’interno della prima strofa dove il poeta si dice atristadu, disisperadu, mischina. Ma è nella quinta strofa che il metro si perde e il quarto verso diventa endecasillabo anziché settenario. Il tema è sempre quello della lamentazione, anche i tropi sono quelli già trovati in tanti altri poemi. 1 Isto tantu atristadu qui de pianger misfato de continu Ando disisperadu cun lagrimas misquina Qui nen mancu reparo in su caminu. 2 Cantan sas cardellinas et bidende a mie cessan su cantu timende sas misquinas si consumin de piantu pro sa desdicha mia cruda tantu. 3 Sos ateros pugiones si mi viden passare incontinente que qui esseren persones piangen amargamente et ruen desmaiados de repente. 4 Contemplende su quelu istesi pro mirare sas istelas in su argentadu uelu adornadu de perlas pero no sun que atie tan bellas. 5 In totu consumire mi depo si non queres remidiare non quergio pius seruire homines ne feminas non amare pro cantu depo biuer es durare. 6 Mi quergio dispedire restadi anima mia cun cuntentu ando pro mi finire in su tristu aposentu duplicende su piantu cun tormentu. f.253v f.254r Canzoniere ispano-sardo 331 332 ANDREA DEPLANO 333 Canzoniere ispano-sardo BIBLIOGRAFIA ANONIMO, Sos amores de Paris e Vienna, Tip. Mulas, Cagliari, s.d. ANONIMO, Poesia sarda .. pro .. Samuele Stocchino , La tipografica di Solinas, Nuoro, s.d. ANONIMO, La canzona di Mastru Juanni. Introduzione di Salvatore M. Sechi, Ed. Della Torre, Cagliari, 1982. ANONIMO (a cura di Antonello Satta), Sa scomuniga de Predi Antiogu arrettori de Masuddas, “I libri dell'identità”, Ed. Della Torre, Cagliari, 1983. AA.VV. (a cura di A. Colombo), Guida all'educazione linguistica, Zanichelli, Bologna, 1982. AA.VV. (a cura di Costante Istrina), Cantones Antigas de diversos autores, Sassari 1986 AA.VV. Il meglio della grande poesia in lingua sarda, Introduz. di M. Pira, Ed. Della Torre, Cagliari, 1975. AA.VV. (a cura di A. Liori), Il meglio della grande poesia campidanese, Ed. Della Torre, Cagliari, 1991. AA.VV. (a cura di Giulio Cossu e Franco Fresi), I Poeti popolari di Gallura, Ed. Della Torre, Cagliari, 1988. AA.VV. (a cura di M. Brigaglia), La Sardegna - Enciclopedia in 3 vol., Ed. Della Torre, Cagliari, 1988. AA.VV. (a cura della scuola media “S.Fancello”), L'infanzia nell'antica società dorgalese, Dorgali, s.d. AA.VV. I canti, le fiabe, le feste nella tradizione popolare - Sardegna, Lato Side edit., Roma, 1921. AA.VV. (a cura di Conte M. E.), La Linguistica Testuale , Feltrinelli, Milano, 1981. AA.VV. Poesia Orunese e Storia Locale, a c. dell'Ammin. Comun. di Orune, 1987. 334 ANDREA DEPLANO AA.VV. (a cura di P.G. Sedda e P. Maoddi), Crobbes poesie del '700 dalla tradizione orale, Introduzione di Natalino Piras, Coop. Grafica Nuorese, Nuoro, 1987. AA.VV. Antologia del Premio ROMANGIA 1978-1982, Traduzione e note di A. M. Rubattu, Prefazione di Nicola Tanda, Ed. 3 T, Cagliari, 1984. AA.VV. (a cura di G. Mele e P. Sassu), Liturgia e Paraliturgia nella tradizione orale, Editrice Universitas, Cagliari, 1992. AA.VV. (a cura della segreteria del premio), Antologia del Premio ROMANGIA 1993-1994, Stampa TAS, Sassari, 1994. AA.VV. Quartu Cuncursu de poesia “Sa Madonna de su nibe”, Teti 1993, Ed. S'ideaeletronica de C. Ortu, Tonara, 1994. AA.VV. S'Idea 1991 1° e 2° Periodicu de poesia e prosa sarda, Ed. S'ideaeletronica de C. Ortu, Tonara, s.d. AA.VV. S'Idea voll. 3° e 4° Periodicu de poesia e prosa sarda, Ed. S'ideaeletronica de C. Ortu, Tonara, s.d. AA.VV. (a cura di Roberto Favaro), Suono e cultura CERM materiali di ricerca 1990-92, Mucchi editore, Modena, 1994. AA.VV. (a cura di Paolo Pillonca), Ammajos, Soter Editr., Sassari, 1992. AA.VV. (a cura di Francesco Manconi), La Società sarda in età spagnola*, Consiglio Reg. della Sardegna, 1992. AGOSTI Stefano, Il testo poetico, Rizzoli, Milano, 1972. ALZIATOR Francesco, Storia della letteratura di Sardegna, Ed. 3T, Cagliari, 1982. BALDRY H.C., I Greci a teatro, Laterza, Bari, 1987. BECHI Giulio “MILES”, Caccia grossa scene e figure del banditismo sardo, Arnaldo Forni ed., 1981. BLASCO FERRER Edoardo, Storia linguistica della Sardegna, Niemeyer, Tubingen, 1984. BLASCO FERRER Edoardo, Passato prossimo contro passato remoto nelle lingue romanze laterali, Pubblicaz. dell'Ist. di Lingue e Letter. Romanze dell'Università di Sassari, 1984. BLASCO FERRER Edoardo, La lingua sarda contemporanea. Grammatica del Logudorese e del Campidanese, Ed. Della Torre, Cagliari, 1986. BOSCOLO Alberto,I viaggiatori dell'ottocento in Sardegna, Editrice Sarda Fossataro, Cagliari, 1973. Canzoniere ispano-sardo 335 BOTTIGLIONI Gino, (a cura di G. Paulis e M. Atzori), Vita sarda , Ed. Libreria Dessì, Sassari, 1978. BOUILLIER Auguste, Canti popolari della Sardegna, Multigrafica Ed., Roma, 1974. BRESCIANI Antonio, Dei costumi dell'isola di Sardegna, Arnaldo Forni Editore, 1983. BYNON Theodore, Linguistica storica, Il Mulino, Bologna, 1980. CARBONELL Sebastiano, Vocabolario Spagnolo-Italiano, Ulrico Hoepli, Milano, 1983. CARIA Clemente, Canto sacro-popolare in Sardegna, Editrice S'Alvure, Oristano, 1981. CARIA Pietro, Il bacino del Tirso e altri componimenti, nessuna indicaz. bibliogr. CARPITELLA Diego, SASSU Pietro, SOLE Leonardo, Musica sarda Canti e Danze popolari, Antologia e documenti Collana Albatros, VPA 8150, VPA 8151, VPA 8152. CARTA Michela, Baronia de Galtellì y encontrada de Orosey, Arti grafiche “Su Craminu”, Dorgali, 1985. CASU Pietro, (a cura di Giuseppe Ruju), Due poemetti: Su resuscitadu e Sa cantada de sa cuba, Ed. Della Torre, 1994. CIAN Vittorio e NURRA Pietro, Canti popolari sardi, Arnaldo Forni ed., Sala Bolognese, 1986. CIRESE Alberto Maria, Introduzione allo studio della poesia popolare in Sardegna, Cagliari, Anno Accademico 1958-59. CIRESE Alberto Maria, Poesia sarda e poesia popolare nella storia degli studi, Ed. 3T, Cagliari, 1977. CIRESE Alberto Maria, Struttura e origine morfologica dei muttos e mutettus sardi, Cagliari, 1964. CIRESE Alberto Maria, L'antropologia culturale e lo studio delle tradizioni popolari ..., Estratto da DE HOMINE nn 17/18. CIRESE Alberto Maria, G. Pitré fra storia locale e antropologia, Estratto da Pitré e Salomone Marino, S.F. Flaccovio Editore, Palermo. CONTINI Gavino, Poesie Sarde, Tip. TEA, Cagliari. s.d. CORDA Francesco, Grammatica moderna del sardo-logudorese, Ed. Della Torre, Cagliari, 1994. 336 ANDREA DEPLANO CORSI Anna, A groria e a lauda de Deus. Raccolta di preghiere, canti delle confraternite, Sos orgosos de sa chida santa, Ottana, Edizione Artigianarte, Cagliari, 1996. CUBEDDU “P. LUCA”, Cantones e versos, Intr. di M. Pira a cura di S. Tola, Ed. Della Torre, Cagliari, 1982. CUBEDDU “P. LUCA”, Poesie, Introd. di R. Carta-Raspi, Tip. TEA, Cagliari, s.d. CUCCA Pantaleo, Sutta sa ruche 'e Monte Bardia, Edizioni Ziriziri, Dorgali, 1962. DELEDDA Grazia, Tradizioni popolari di Nuoro, Edizione anastatica da “Rivista delle tradizioni popolari italiane”, Diretta da Angelo De Gubernatis, Ed. 3T, Cagliari 1972. DELUSSU Pietro Andrea, Poesia Sarda, La Tipografica di Solinas, Nuoro, 1978. DEPLANO Andrea, Tenores, Am&D Edizioni, Cagliari, 1994. DEPLANO Andrea, Etnia e folklore, Artigianarte, Cagliari, 1996. DEPLANO Andrea, Rimas. Suoni versi strutture della poesia tradizionale sarda, in corso di stampa presso Artigianarte, Cagliari. DESSI Giovanni e TANDA Nicola, Narratori di Sardegna, Ed. Mursia, Milano, 1988. DETTORI Angelo, Rizolos Cristallinos, Ed. 3T, Cagliari, 1977. DETTORI Giovanni, Amarante, Il Maestrale, Nuoro, 1993. DORE Giovanni, Gli strumenti della musica popolare della Sardegna, Ed. 3T, Cagliari, 1976. DORE Giovanni, Gosos e ternuras, Ist. Superiore Reg. Etnografico Nuoro, 1983. EDOUARD VINCENT, La passione di Orgosolo, Ed. Sarda Fossataro, Cagliari, 1970. EDOUARD VINCENT, Il paese. Taccuino di Orgosolo (1963/1984), Edes, Cagliari, 1985. FARA Giulio, L'anima della Sardegna: Musica tradizionale, Udine, 1940. FARA Giulio, Canti di Sardegna: L'Anima del popolo sardo, Ed. Ricordi, Milano. FARINA Luigi, Bocabolariu, Gallizzi, Sassari, 1987. Canzoniere ispano-sardo 337 FERRARO Giuseppe, Canti popolari in Logudorese, GIA Editrice, ed. Anast. Cagliari, 1988. FONTANIER Pierre, Les figures du discours, Flammarion, Paris, 1977. FRONGIA Enrico N., Cultura etnica, lingua e poesia in Sardegna, Editrice SA PORTA, Oristano, 1984. FUOS Josef, La Sardegna nel 1773 descritta da un contemporaneo, Cagliari 1898. Trad. dal tedesco dell'avv. GASTALDI-MILLELIRE P. GABRIEL Gavino., Canti di Sardegna, Milano, 1923. GABRIEL Gavino, Cardi sardi, Fossataro, Cagliari s.d. GABRIEL Gavino, La Sardegna di sempre, Fossataro, Cagliari, 1971. GALLINI Clara, I rituali dell'argia, Cedam, Padova, 1967. GALLINI Clara, Tradizioni sarde e miti d'oggi, Edes. Sassari, 1977. GENETTE Gérard, Figure III, Einaudi, Torino, 1976. GHISELLI Alfredo, CONCIALINI Gabriella., Lingua e comunicazione, Sansoni edit., Firenze, 1981. GUARNERIO Pietro Enea, Fonologia romanza, Hoepli, Milano, 1978. HAMON Philippe, Semiologia lessico leggibilità del testo narrativo, Pratiche, s.d. ILIESCHI Lorenzo, (a cura e con introd. di Paolo Pillonca), Campanas a repiccu, Ed. Della Torre, Cagliari, 1994. LEYDI Roberto, Musica popolare e musica primitiva, Edizioni RAI. LOBINA Benvenuto, Po cantu Biddanoa, 2D Editrice Mediterranea, 1987. LYONS John, Introduzione alla linguistica teorica, I - Il Linguaggio, Laterza, 1978. LYONS John, Introduzione alla linguistica teorica, II - La Grammatica, Laterza, 1978. LYONS John, Introduzione alla linguistica teorica, III - La Semantica, Laterza, 1978. MADAO Matteo, Le Armonie dei sardi, Reale Stamperia, Cagliari, 1787. MALMBERG Bertil, Manuale di fonetica generale, Il Mulino, Bologna, 1977. MARCHI Raffaello, Lettere dalla Barbagia, Edes. MASALA Francesco, Poesias in duas limbas, Vanni Scheiwiller, Milano, MCMLXXXI. 338 ANDREA DEPLANO MAZALEYRAT Jean, Eléments de métrique française, Librairie Armand Colin, Paris, 1974. MELE Diego, (a cura di S. Tola), Satiras, Ed. Della Torre, Cagliari, 1984. MEREU Antonio CARTA Michele, La poesia popolare in un metro campione della Barbagia di Ollolai, Fonni, Leoni ed., Quartu S.E., 1982. MEREU Peppino, Poesias, con Pref. di F. Masala, Ed. Della Torre, Cagliari, 1978. MEREU Peppino, Poesie, Introd. di R. Carta-Raspi, Tip. Mulas, Cagliari, s.d. MEREU Peppino, Sas Poesias isconnotas e mai istampadas, Introd. di Antoni Canu, Tip. Mulas, Cagliari ,1978. MIGHELI Antonio Domenico, (a cura di Mimmo Bua e Nino Pericu e con saggio introduttivo di Mimmo Bua), Sa briga 'e sos santos, Ed. Della Torre, Cagliari, 1986. MIMAUT J.F., Histoire de Sardaigne, ou la Sardaigne ancienne et moderne considérée dans ses lois, sa topographie, ses productions et ses moeurs, Paris, 1825. MONTANARU, Poesias, I vol. Pref. di Elena Casula, II vol. Pref. di Luigi Falchi, III vol. Pref. di F. Pilia e G. Porcu, Ed. 3 T, Cagliari, 1978. MORETTI Filomena, La chitarra e la musica popolare nel Monte Acuto, Il Torchietto editrice, Ozieri, 1993. MORETTI Sebastiano, Su Parnasu sardu, Litotipografia TEA, Cagliari, s.d. MORO Graziano, Poesie, La Tipografica Solinas, Nuoro, s.d. MOSSA Paolo, Tutte le poesie e altri scritti, Introd. di M. Pira, Ed. Della Torre, Cagliari, 1978. MOSSA Paolo, Tutte le poesie e altri scritti, scritti di M. Pira e di P. Pillonca, Ed. Della Torre, Cagliari, 1994. MOSSA Paolo, Poesie, Introd. di R. Carta-Raspi, Celt, Cagliari, ristampa 1982. MOSSA Paolo, (a cura di Tore Tedde), A sos chent'annos de sa morte, Tip. Eurografical, Macomer, 1992. MULAS Giovanni, Riflessos, Tip. A. Coppola, Roma, 1962. MURENU Melchiorre, Vita e composizione del poeta, Tip. TEA, Cagliari, s.d. MURRU CORRIGA Giannetta, Etnia lingua cultura, Edes, 1977. Canzoniere ispano-sardo 339 MURTAS Salvatore, Diana in logu santu, Tip. Sofia Fadda, Cagliari, s.d. NURRA Pietro, Antologia dialettale dei classici poeti sardi, Ed. Della Torre, 1980. ONETO Nicola, Memoria sopra le cose musicali della Sardegna, Tip. Monteverde, Cagliari, 1841. PAIS Ettore, Storia della Sardegna e della Corsica durante il dominio romano, Edizioni Anastatiche 3T, Cagliari, s.d. PES Gavino, Don Baignu Tutti li canzoni, Introduzione di Giulio Cossu, Ed. Della Torre, Cagliari, 1981. PILLAI Carlo, Il tempo dei santi, Am&D, Cagliari, 1994. PILLONCA Paolo, Narat su diciu, Ed. Della Torre, Cagliari, 1987. PILLONCA Paolo, Chent'annos, Soter Ed., 1996. PINNA Giorgio, Littera perdida, Tip. Graphical, Cagliari, s.d. PINNA Giorgio, Cantigos de ajania, Ed. 3 T, Cagliari, 1978. PIRA Michelangelo, La rivolta dell'oggetto, Giuffré, Milano, 1978. PIRA Michelangelo, Sos sinnos, Ed. Della Torre, Cagliari, 1983. PIRA Michelangelo, Sardegna tra due lingue, Ed. Della Torre, Cagliari, 1984. PIRAS Raimondo, (a cura di P. Pillonca), Misteriu, Ed. Della Torre, Cagliari, 1979. PIRAS Raimondo, (a cura di P. Pillonca), Bonas noas, Ed. Della Torre, Cagliari, 1981. PIRAS Raimondo, (a cura di P. Pillonca), Sas modas, Ed. Della Torre, Cagliari, 1984 PIRAS Raimondo, (a cura di P. Pillonca), A bolu, Ed. Della Torre, Cagliari, 1985. PIRAS Raimondo, Ammentos de su poeta, Soter ed., Sassari, 1990. PISURZI Pietro, (a cura di S. Tola), Cantones, Ed. Della Torre, Cagliari, 1990. PITTANO Giuseppe, La comunicazione linguistica, Mondadori, Milano, 1983. PITTAU Massimo, Lingua e civiltà di Sardegna, Fossataro, Cagliari, 1970. PITTAU Massimo, Grammatica del sardo-nuorese, Patron, Bologna, 1972. 340 ANDREA DEPLANO PITTAU Massimo, Pronunzia e scrittura del sardo-logudorese, Ed. Dessì, Sassari, 1978. PODDIGHE S., Sa creazione de sa terra e de s'omine, Tip. Mulas, Cagliari, s.d. PODDIGHE Salvatore, Sa mundana cummedia e su Deu sutta processu, La Tipografica. di Solinas, Nuoro, s.d. PODDIGHE Salvatore, S'omini giustu, s'omini falsu, s'omini veridadosu, s'omini faularzu, su bene operare, Tip. Il Torchio, Cagliari, s.d. PODDIGHE Salvatore, Sa betzesa de tziu Nanna, nessuna indicazione. PORRU Matteo, Poeti Sardi, Edizioni Castello, s.d. RENZI Lorenzo, Introduzione alla filologia romanza, Il Mulino, Bologna, 1978. ROUSSET Jean, Forma e significato, Piccola Biblioteca Einaudi, Torino, 1976. RUBATTU Antonino, Lagrimas e isperas, Ed. 3 T, Cagliari, 1982. SALIS Aldo, Adiu a li fori, Il Torchietto, Ozieri, 1983. SANNA Antonio, Introduzione agli studi di linguistica sarda, Cagliari, 1957. SCHMIDT Siegfrid., Teoria del testo, Il Mulino, Bologna, 1982. SERRA Bartolomeo, S'amore cambiadu in odiu, Tip. La Centrale, Oristano, s.d. SERRA Ignazio, Rosas d'atonzu. Canti sardi della Barbagia orientale, TipoLitografia Gallardi, Vercelli, 1923. SLOBIN D.J., Psicolinguistica, La Nuova Italia, Firenze, 1975. SOLINAS Giulio, Storia de sa Cantàda campidanesa, Ed. Castello, Cagliari, 1993. SORGIA Gian Carlo, La Sardegna Spagnola, Chiarella, Sassari, 1982. SORO Giovanni, Cantos de Othana, La Tipografica di Solinas, Nuoro, 1979. SPANO Giovanni, Vocabolariu sardu-italianu, Ed. 3 T, Cagliari, 1972. SPANO Giovanni, Canzoni popolari inedite..., Arnaldo Forni Editore, 1985. SPANO Giovanni, Ortografia sarda, Ed. 3 T, Cagliari, 1974. SULIS Bachisio, Poesias, Presentazione di F. Pilia, Ed. 3 T, Cagliari, 1979. SUSINI Giuseppe, Antologia lirica di Montanaru, con traduzione e saggio introdutttivo, G. Trois Ed., Cagliari, s.d. Canzoniere ispano-sardo 341 TAGLIAVINI Carlo, Le origini delle lingue neolatine, Patron, Bologna, 1969. TOSCHI Paolo, Invito al folklore italiano, Editrice Studium, Roma, 1963. ÜBERSFIELD Anne, Lire le théâtre, Editions sociales, Paris, 1978. VARVARO Alberto, La lingua e la società, Guida editori, Napoli, 1978. VISCARDI Antonio, La letteratura d'oc e d'oil, Sansoni, Accademia, Milano, 1967. WAGNER Max Leopold, La lingua sarda, Francke Tubingen et Basel, 1993. WAGNER Max Leopold, La vita rustica della Sardegna rispecchiata nella sua lingua, Editorial Cosma, Quartu S.E., 1983. WAGNER Max Leopold, Fonetica storica del sardo, G. Trois Ed., Cagliari, 1984. WAGNER Max Leopold, Dizionario etimologico sardo, G. Trois Ed., Cagliari, 1989. WAGNER Max Leopold, Gli elementi del lessico sardo, in “Archivio storico sardo” III, fasc. 3-4 pg 370-419 WOLF Heinz Jurgen, Studi Barbaricini, Ed. della Torre, Cagliari, 1992. ANDREA DEPLANO 342 INDICE Amigos ya qui isquides f.184v Cara di incarnata rosa f.123r Custu est su caminu diuinu f.182v Fine cando pesares f.182v Isto tantu atristadu f.253r Hue ses ange’la humana f.125r Lastimade o’ quelos f.182r Muza de sos cantares deleitosa f.115v No neret tabur quie portat isprones f.224r No pius amore no pius amistade f.183r O' suberbu inpertinente f.116v Ranquidos pensamentos f.181r Sa die de mesu martu f.119r Su coro si mi istracat de dolore f.173r Suta un arbore fioriddu f.118v Tu ti nandesti ridendi f.120r Xptos est luge diuina f.247v 343 Canzoniere ispano-sardo I NDICE ONOMASTICO DEI TESTI IN SARDO Caliope 285. Cupidu 285, 286. del Arca 304. Deu 307, 308. Diosa 286, 287. Don Filigu Cabudoro 307, 308. Don Pedru del Arca 307, 308, 309. Marte 305. Narcisu 300. Parca 304. Xptos 321. ANDREA DEPLANO 344 INDICE TOPONOMASTICO DEI TESTI IN SARDO 'Essude 319. Longone 290. Lugar santo 290. Monte Agudu 318. Oristanis 320. Otiane 318. Sassare 318. Canzoniere ispano-sardo 345 346 ANDREA DEPLANO 347 Canzoniere ispano-sardo INDICE GENERALE PARTE PRIMA Testi in Spagnolo 7 PARTE SECONDA Testi in Sardo 281 348 ANDREA DEPLANO