SPAZIO TESI TESI DI LAUREA: L’AUTONOMIA STATUTARIA NELL’ESPERIENZA ITALIANA E SPAGNOLA: DUE MODELLI DI “COSTITUZIONI” REGIONALI ANNA M ARGHERITA RUSSO ([email protected]), Università degli Studi della Calabria, Corso di Laurea in Scienze Politiche, Prof. Guerino D’Ignazio Nel dibattito dottrinario precedente le recenti novelle costituzionali si è guardato con molto interesse oltre i confini dell’ordinamento italiano, in particolar modo all’esperienza spagnola, esempio tra i più singolari di Stato unitario tendenzialmente federale caratterizzato da uno spiccato “non-accentramento”1 , nel quale convivono diciassette ordinamenti infrastatali dotati di un forte status autonomico. La scelta metodologica di comparare l’ordinamento autonomico spagnolo, risponde all’esigenza di analizzare la possibile convivenza tra le sfide che si aprono in questa fase all’ordinamento italiano, in un sistema che coniuga, perlomeno sul piano formale, i due diversi principi – eguaglianza ed autonomia – in un quadro unitario ma funzionalmente caratterizzato da un regionalismo forte. Pur se il regionalismo rappresenta il primigenio modus organizzativo in entrambi gli ordinamenti, l’incisiva influenza delle variabili “extraistituzionali” ha trasformato lo stesso “capitale” istituzionale iniziale in un assetto a tendenze differenziate. Di conseguenza il rapporto, inizio tempore, tra “sentimento regionalista” e creazione istituzionale dell’ente regionale risulta diversamente articolato nelle esperienze costituzionali in esame. Se le Regioni italiane si configurano, inizialmente, come creazione intermedia ed originale del costituente tra le esperienze federali e l’assetto tradizionale dello Stato centralizzato con 1 S. FABBRINI, Quale democrazia? L’Italia e gli altri, ed. Laterza, Roma-Bari, 1994, p. 85 ss. federalismi.it numero 9/2004 deboli autonomie amministrative, al contrario, l’articolazione territoriale delineata dalla Costituzione spagnola si limita “semplicemente” a recepire il sistema pre-autonomico antecedente alla stessa. Ugualmente il consenso, effettivo collante delle divergenze partitiche e sociali presenti nel dibattito costituente tanto spagnolo quanto italiano, ha svolto un ruolo differente. In Spagna si realizza mediante soluzioni molto pragmatiche e “aperte”; in Italia, invece, attraverso la fissazione non solo dei principi fondamentali dell’ordinamento statale ma anche dello “spazio vitale” delle entità regionali. Da qui la diversa natura dell’intervento statale nel processo costitutivo dello Statuto regionale. Lo Statuto di autonomia delle CCAA – “norma institucional básica” attraverso cui ogni istituzione territoriale viene ad esistenza e si integra nell’ordinamento generale dello Stato – pur costituendo la “norma de cabecera”2 dell’ordinamento giuridico territoriale (art. 147, 1° c., CE), non è frutto di un potere costituente proprio, originario ed illimitato della CA. Esso, infatti, corrisponde expresis verbis al popolo spagnolo (art. 2 CE)3 . In tal senso lo Statuto è, giuridicamente, una fonte eteronoma4 , poiché approvato mediante legge organica come decisione formalmente incondizionata delle Cortes Generali. Ciò non significa che l’esigenza di partecipazione della CA5 sia meramente politica, al contrario, l’intervento della stessa nell’elaborazione, approvazione e riforma dello Statuto indica che il contenuto normativo non è imposto “dall’alto” ma determinato dalla partecipazione della Comunità medesima. In un’ottica fortemente partecipativa e decentralizzatrice l’iniziativa e la redazione dello Statuto corrisponde, infatti, ad organi particolarmente relazionati con il territorio e la popolazione che pretende dotarsi di uno status autonomico (artt. 143.2 e 151.1 e DD.TT. 1ª e 2ª e artt. 146 e 151.2.1° CE). A chiusura del procedimento, l’intervento statale diviene conditio sine qua non dell’esistenza stessa della norma statutaria, garantendo la supremazia politico-giuridica dello Stato centrale 6 . L’intervento dello Stato nel processo formativo della norma statutaria regionale italiana segue un’evoluzione singolare dovuta alla trasformazione radicale della filosofia di fondo dell’organizzazione statale, tradizionalmente centralista, ora orientata ad una logica prossima al federalismo. Da qui il rinnovato processo di formazione dell’atto statutario, in precedenza 2 J. J. SOLOZÁBAL ECHAVARRIA, Las bases constitucionales del Estrado autonómico, Mc Graw Hill ed., Madrid, 1998, p. 138. 3 J. J. SOLOZÁBAL ECHAVARRIA, “Nacionalismo vasco y autodeterminación”, in Claves de Razón Práctica, n. 70. 4 Così si è espresso anche il TC nella Sentenza 56/1990. 5 J. LEGUINA VILLA, Escritos sobre autonomías territoriales, Tecnos, Madrid, 1984, p. 42 ss. 6 G. RUIZ.RICO RUIZ, Los limites constitucionales del Estrado Autonómico, Centro de Estudios Políticos y Constitucionales, Madrid, 2001. www.federalismi.it 2 declassato dalla trentennale “natura bipolare”7 , con l’eliminazione della legge di approvazione parlamentare e la piena imputabilità al sistema delle fonti regionali (art. 123 Cost. It.), Scomparsa la funzione fondativa del Parlamento nazionale, da sempre considerata un ingerenza statale negli affari regionali, il delicato compito di garanzia del principio unitario è assegnato sia alla Corte costituzionale – su impugnazione del Governo – che al corpo elettorale. L’intervento statale, quindi, assume un carattere facoltativo e non necessario, attivandosi solo in presenza di circostanze patologiche della norma statutaria, le cui disposizioni possono collidere con i principi fondamentali riconosciuti e garantiti dalla Costituzione. Esaminando le due diverse esperienze emerge con chiara evidenza che l’autonomia statutaria spagnola, più flessibile e dinamica rispetto a quella delle Regioni italiane, è, tuttavia, soggetta in maniera più pregnante all’“intrusione” statale di quanto non lo siano i nuovi Statuti regionali italiani. Se il soggetto cui è imputabile la norma statutaria nel caso italiano è, ormai, a tutti gli effetti la Regione, nell’ordinamento spagnolo rimane invece lo Stato poiché, al di là del carattere di norma “paccionada”8 , la forma che dota il contenuto dell’atto di un rango giuridico è la ley orgánica, ossia la legge statale. Al contrario, l’ordinamento regionale italiano ha espunto l’accordo tra i due organi legislativi – statale e regionale – come momento costitutivo della potestà statutaria. Ancora più paradossale è lo scostamento in merito alla “forma di governo”. Se entrambi gli ordinamento convergono nel riconoscere lo “statuente” quale soggetto competente a tracciare le linee della struttura istituzionale periferica, le divergenze nascono con riferimento alla “libertà di movimento” dello stesso: “demiurgo autonomico” o mero esecutore di un’opera “commissionata” preventivamente in dettaglio? L’ordinamento spagnolo tratteggia originariamente un minimum istituzionale di tipo parlamentare, sul modello della struttura centrale, per le sole CCAA di “via rapida”, ricalcato – a seguito degli Acuerdos autónomicos – anche dalle altre CCAA, realizzandosi, in tal modo, una forte omogeneizzazione istituzionale. Diversamente il legislatore costituzionale italiano ha introdotto la forma di governo tra le materie oggetto del contenuto necessario di ogni norma statutaria. Lo “spazio di manovra” si dispiega, però, nel solo alveo delle formule parlamentari, allontanando la futuribile prospettiva di scenari regionali iper-differenziati. Il ventaglio di chances si traduce, 7 A. D’ATENA, “La nuova autonomia statutaria delle Regioni”, in Rassegna Parlamentare, n. 3/2000 e G. ROLLA, “La nuova forma di governo regionale: note alla legge costituzionale n. 1/’99”, in Prime note, n. 2/2000, p. 37. 8 E. ESPÍN TEMPLADO, “Reforma del Estatuto”, in AA.VV., Comentarios sobre el Estatuto de Autonomía de Cataluña, v. III, Barcelona, 1990, p. 818. www.federalismi.it 3 infatti, a livello effettuale, in due possibili alternative che si giocano sul ruolo differenziale riconosciuto agli organi di governo: dal parlamentarismo “presidenzialista”9 fino a quello “neo-assembleare”, ovvero elezione diretta del Consiglio e del Presidente o legittimazione diretta del solo organo assembleare investito della nomina dell’esecutivo regionale. La comparazione tra il modello autonomistico spagnolo ed il nuovo modello regionalista italiano, ancora in via di sviluppo, ed, in particolare, l’analisi di due concrete esperienze, la Calabria – prima regione ad aver elaborato un progetto di statuto – e l’Andalucía, mette in evidenza i limiti dell’ingegneria istituzionale nell’escogitare formule e strumenti tali da realizzare il “buon governo” e soprattutto consente di rilevare un aspetto dai toni paradossali. Proprio quegli elementi cui viene additata la responsabilità del distorto rendimento istituzionale delle regioni italiane – forma di governo assembleare e origine statale dell’autonomia statutaria – costituiscono la trama fondamentale sulla quale si snoda l’autonomia statutaria spagnola. Ciò deve indurre a riflettere su quali siano i fattori realmente bisognosi di una profonda trasformazione. Il fil rouge della ricerca svolta nella tesi è rappresentato dal rischio che la modifica costituzionale lasci irrisolti e, altresì, ponga ex novo molti interrogativi dalla cui risoluzione dipenderà l’imprinting del nuovo regionalismo10 . Da qui la scelta di affrontare “a due voci” gli aspetti problematici dell’autonomia statutaria rappresentando l’ordinamento spagnolo un utile “modello” ed un efficace “banco di prova” da cui trarre insegnamenti in specie al peculiare carattere dell’asimmetria regionale che, in misura più o meno accentuata, potrebbe realizzarsi nell’attuale regionalismo italiano. 9 C. FUSARO, “La forma di governo regionale”, in T. GROPPI – M. OLIVETTI (a cura di), La Repubblica delle autonomie, Regioni ed enti locali nel nuovo Titolo V, Giappichelli ed., Torino, 2002, p. 79. 10 C. FUSARO e L. STROPPIANA, “Perfezionare la "forma di governo della transizione". Composizione e collegialità della Giunta”, in Le Istituzioni del Federalismo, n. 1, 2001. www.federalismi.it 4 TESIS DE LICENCIATURA: L’AUTONOMÍA ESTATUTARIA EN LA EXPERIENCIA ITALIANA Y ESPAÑOLA: DOS MODELOS DE “CONSTITUCIONES” REGIONALES. ANNA M ARGHERITA RUSSO ([email protected]), Universidad de los Estudios de la Calabria, Licenciatura de Ciencias Politicas, Prof. Guerino D’Ignazio En el debate doctrinario precedente las recientes reformas constitucionales se han observado con mucho interés más allá de los confines del ordenamiento italiano, especilamente la experiencia española, ejemplo muy singular de Estado unitario tendencialmente federal caracterizado por una marcada “descentralización”11 , en el cula conviven diecisiete ordenamientos interestatales dotados de un fuerte status autonómico. La elección metodologíca de comparar el ordenamiento autonomico español responde a la exigencia de analizar la posible convivencia entre los desafios que sa abren en esta fase ante el ordenamiento italiano, en un sistema que conjuga, por ol menos en el plano formal, los dos distintos principios – igualidad y autonomía – en un marco unitario pero funcionalmente caracterizado por un fuerte regionalismo. A pesar de que el regionalismo representa el primer modus organizativo en ambos ordenamientos, la incisiva influencia de las variables “extrainstitucionales” ha transformado el mismo “capital” institucional inicial en un sistema tendencialmente diferenciado. Por consiguiente la relación, initio tempore, entre “sentimiento regionalista” y creación institucional de la entitad regional aparece articulada de manera distinta en las experiencias constitucionale examinadas. Si las Regiónes italianas se configuran, inicialmente, como creación intermedia y original del costituyente entre las experiencias federales y el sistema tradicional del Estado centralizado con débiles autonomías administrativas, al contrario, la Constitución española se limita “simplemente” a acoger el sistema pre-autonómico precedenta a la misma. Del mismo modo, el consenso, nexo de unión efectivo de las divergencias sociales y de los partidos presentes en el debate constituyente, tanto español como iataliano, tuvo un papel distinto. En España se realiza a través de soluciones muy pragmáticas y “abiertas”; en Italia, en cambio, a través de la fijación no solamente de los principios fundamentales del 11 S. FABBRINI, Quale democrazia? L’Italia e gli altri, ed. Laterza, Roma-Bari, 1994, p. 85 ss. www.federalismi.it 5 ordenamiento estatal sino también del “espacio vital” de las entitades regionales. De ahí la distinta naturaleza de la intervención estatal en el proceso constitutivo del Estatuto regional. El Estatuto de autonomía de las CCAA – “norma institucional básica” a través de la cual cada institución territorial podrá existir e integrarse en el ordenamiento general del Estado – a pesar de que sea la “norma de cabecera”12 del ordenamiento juridíco territorial (art. 147, 1° c., CE), no es fruto de un poder constituyente propio, originario e ilimitado de la CA. Esto, en efecto, corresponde expresis verbis al pueblo español (art. 2 CE13 ). Así el Estatuto es, juridícamente, una fuente heterónoma14 , ya que ha sido aprobado con ley orgánica como decisión formalmente incondicional de las Cortes Generales. Esto no significa que la exigencia de partecipación de la CA15 sea meramente política, al contrario, la intervención de la misma en la elaboración, aprobación y reforma del Estatuto señala que el contenido normativo no está impuesto “desde arriba” sino que en su elaboración participa la misma Comunidad. Desde una óptica de fuerte partecipación y descentralización, la iniciativa y la redacción peretenecen, de hecho, a órganos especialmente relaccionados con el territorio y la población que pretende dotarse de uno status autonómico (arts. 143.2 y 151.1 y DD.TT. 1ª y 2ª y arts. 146 y 151.2.1° CE). En la parte final del procedimiento, la intervención estatal se hace conditio sine qua non de la misma existencia de la norma estatutaria, garantizando la supremacía político-juridíca del Estado central16 . La intervención del Estado en el proceso constitutivo de la norma estatutaria regional italiana sigue una evolución singular debido a la transformación radical de la filosofia básica de la organización estatal, tradicionalmente centralista, ahora orientada hacia una lógica próxima al federalismo. De aquí el nuevo proceso de formación del acto estatutario, antecedentemente desbancado por la “naturaleza bipolar”17 treintañal con la eliminación de la ley de aprobación parlamentaria y la plena imputabilidad al sistema de las fuentes regionales (art. 123 Cost. It.). Desaparecida la función fundacional del Parlamento nacional, desde siempre considerada una ingerencia estatal en los asuntos regionales, la dificil tarea de garantía del principio de unidad se asigna al Tribunal constitucional – como consecuencia del recurso del Gobierno – y al 12 J. J. SOLOZÁBAL ECHAVARRIA, Las bases constitucionales del Estrado autonómico, Mc Graw Hill ed., Madrid, 1998, p. 138. 13 J. J. SOLOZÁBAL ECHAVARRIA, “Nacionalismo vasco y autodeterminación”, en Claves de Razón Práctica, n. 70. 14 Así se ha expresado también el TC en la Sentenza 56/1990. 15 J. LEGUINA VILLA, Escritos sobre autonomías territoriales, Tecnos, Madrid, 1984, p. 42 ss. 16 G. RUIZ.RICO RUIZ, Los limites constitucionales del Estrado Autonómico, Centro de Estudios Políticos y Constitucionales, Madrid, 2001. 17 A. D’ATENA, “La nuova autonomia statutaria delle Regioni”, en Rassegna Parlamentare, n. 3/2000 e G. ROLLA, “La nuova forma di governo regionale: note alla legge costituzionale n. 1/’99”, en Prime note, n. 2/2000, p. 37. www.federalismi.it 6 cuerpo electoral. Por consiguiente, la intervención estatal tiene un carácter facultativo y no necesario, efectuándose sólamente en presencia de circustancias patológicas de la norma estatutaria cuyas dispociones pueden contrastar con los principios fundamentales reconocidos y garantizados por la Constitución. Del análisis de las dos experiencias emerge con clara evidencia que la autonomía estatutaria española, más flexible y dinámica que la de las Regiones italianas, está, sin embargo, sometida de modo más incisivo a la “intrusión” estatal respecto a los nuevos Estatutos regionales italianos. Si el sujeto al que se puede imputar la norma estatutaria en el caso italiano es, actualmente, la Región, en el ordenamiento español es, en cambio, el Estato porque más allá del carácter de norma “paccionada”18 , la forma que dota el contenido del acto de un rango juridíco es la ley orgánica, es decir, la ley estatal. Al contrario, el ordenamiento regional italiano ha eliminado el acuerdo entre los dos órganos legislativos – estatal y regional – como momento constitutivo de la potestad estatutaria. Aún más paradójica es la diferencia respecto a la “forma de gobierno”. Si ambos ordenamientos convergen en el reconocimiento general del “estatuyente” como sujeto competente para trazar las líneas de la estructura institucional periférica, las divergencias nacen respecto a la “libertad de movimiento” del mismo: ¿ “demiurgo autonómico” o simple ejecutor de una obra “encargada” con anterioridad en detalle? El ordenamiento español bosqueja en origen un minimum institucional de tipo parlamentario, sobre el modelo de la estructura central, para las solas CCAA de “vía rapida”, copiado – después de los Acuerdos autónomicos – también por las restantes CCAA, llevándose a cabo, así, una fuerte homogeneización institucional. Diversamente el legislador constitucional italiano ha introducido la forma de gobierno entre las tareas objeto del contenido necesario de cada norma estatutaria. El “espacio de maniobra” se extiende, pero, entre el solo cauce de las fórmulas parlamentarias, alejando la hipótesis de futuros escenarios regionales hiperdiferenciados. De hecho, el abanico de chances se traduce a nivel efectivo en dos posibles alternativas que juegan sobre el diferente papel reconocido a los órganos de gobierno: desde el parlamentarismo “presidencialista”19 hasta aquel “neo-asambleario”, es decir, la elección directa del Consejo y del Presidente o la legitimación directa del único órgano asambleario con el poder de nombrar el Ejecutivo regional. 18 E. ESPÍN TEMPLADO, “Reforma del Estatuto”, in AA.VV., Comentarios sobre el Estatuto de Autonomía de Cataluña, v. III, Barcelona, 1990, p. 818. 19 C. FUSARO, “La forma di governo regionale”, en T. GROPPI – M. OLIVETTI (a cura di), La Repubblica delle autonomie, Regioni ed enti locali nel nuovo Titolo V, Giappichelli ed., Torino, 2002, p. 79. www.federalismi.it 7 La comparación entre el modelo españolo y el nuevo modelo regional italiano, aún en vías de desarrollo, y, en especial, el análisis de dos experiencias concretas, la de Calabria – la primera región que ha elaborado un proyecto de estatuto – y la de Andalucía, pone manifesto los límites de la ingeniería institucional en el discurrir formulas e instrumentos para realizar el “gobierno óptimo” y sobre todo nos permite evidenciar un aspecto paradójico. Es a aquellos elementos a los que se atribuye la responsabilidad del mal rendimiento institucional de las regiones italianas – forma de gobierno asambleario y origen estatal de la autonomía estatutaria – constituyen la trama fundamental del desarrollo de la autonomía estatutaria española. Todo esto nos hace reflexionar sobre los elementos que realmente necesitan una profunda transformación. El fil rouge de la investigación desarrollada en la tesis está representado por el riesgo que la modificación constitucional quede sin solución y, también, que ponga ex novo muchos interrogativos de cuya resolución dependerá el imprinting del nuevo regionalismo20 . De aquí la elección de afrontar “a dos voces” los aspectos problemáticos de la autonomía estatutaria, representando el ordenamiento español un válido “modelo” y un eficaz “campo de pruebas” del cual aprender sobre todo respecto al peculiar cacter de la asimetría regional que, en medida más o meno acentuada, podría applicarse en el actual regionalismo italiano. 20 C. FUSARO e L. STROPPIANA, “Perfezionare la "forma di governo della transizione". Composizione e collegialità della Giunta”, en Le Istituzioni del Federalismo, n. 1, 2001. www.federalismi.it 8