Il Maestro di Ozieri

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Il Maestro di Ozieri
Pedro Raxis, nativo di Cagliari, dove la famiglia teneva una bottega pittorica satellite di quella dei
Cavaro, si trova almeno dal 1528 ad Alcalà la Real, in Andalusia, dove esercita la propria attività di
pittore.
A Jaén, nel 1550, viene nominato da Pedro Machuca come perito di parte in una contesa su un
dipinto.
Il primo novembre 1567, ad Alcalà la Real, Pedro Raxis detta testamento in vista di un viaggio a
Cagliari, dove doveva regolare una questione ereditaria. Il proposito fu però attuato non prima del
gennaio 1569, quando il pittore risulta ancora nella cittadina andalusa.
Nel giugno del 1569 si trova invece a Cagliari, per rivendicare i propri diritti ereditari.
Come attestano documenti andalusi e sardi, nella trasferta nell’isola è accompagnato dai figli
Miguel, anch’egli pittore, nato nel 1547, e Juan, nato nel 1556.
Pare che Pedro sia tornato nel 1578 in Andalusia, dove morì nel 1581. Miguel approfittò del viaggio
verso est per soggiornare a Roma, facendo rientro in patria entro il 1576, mentre di Juan si perde
ogni traccia dal 1567.
Il Maestro di Ozieri e Correggio
Se questo correggismo poteva essere coltivato già in Spagna per il tramite delle stampe, la sua
qualità nelle opere del Maestro di Ozieri impone di attribuirne l’origine a esperienze maturate in
Italia da Miguel Raxis negli anni del suo documentato soggiorno a Roma, che può estendersi al
massimo dal 1569 al 1576 (ma è stato certamente più breve, per consentirgli di partecipare almeno
al Polittico di Benetutti). A Roma, nello stesso periodo, risiedeva Pablo de Céspedes, arrivatovi nel
settimo decennio e rientrato in Spagna, a Cordova, nel corso di quello stesso anno 1577 in cui il suo
nome ricorre quale membro dell’Accademia di S. Luca.
Il suo biografo, oltre che amico ed estimatore, il pittore e trattatista Francisco Pacheco, ce ne
tramanda la grande ammirazione per il Correggio (F. Pacheco, Libro de descripción de verdaderos
retratos de illustres y memorables varones, edizione a cura di P. M. Piñero, R. Reyes, [1599-1639],
Siviglia 1985, p. 101; F. Pacheco, Arte de la Pintura, edizione a cura di F. J. Sánchez Cantón, I,
[1600-1638], Madrid 1956, pp. 454, 477, 485).
Lo stesso Céspedes nei suoi scritti riferisce con entusiasmo delle opere di Correggio vedute a Parma
e a Modena:
“…con tan divina manera que se pudieran persuadir los ombres que del cielo traía las figuras
que pintava. Resuelvase todo pinzel a crederle. Pintó en Parma muchas obras a fresco y a ólio.
En Módena dos cuadros, tales, que son espectáculo de todos los hombres que estiman esta arte;
i otros cuadros particulares…”. Nella medesima opera, a p. 426 della citata edizione: “En más
estimo un descendimiento de cruz que pintó Antonio de Corregio en Parma, donde Nuestra
Señora se muestra dolorosíssima con suma modestía que a San Juan, a otras figuras, i tuvo
bastante caudal para inrichir omnem imaginem tristiae en la Magdalena, la cual figura a sido
celebrada, de tal suerte que ella sola anda retratada en innumerables cuadros de por sí”.
P. de Céspedes, Discurso de la comparación de la antigua y moderna pintura y escultura,
[1604], in J. Rubio Lapaz, Pablo de Céspedes y su círculo. Humanismo y contrarreforma en la
cultura andaluza del renacimiento al barroco, Granada 1993, p. 439.
È probabile che ad aver influito sul correggismo di Miguel Raxis sia stato un incontro con il de
Céspedes: è difficile che due pittori spagnoli, forse coetanei o in ogni caso vicini per età, a
quell’epoca non venissero a conoscersi e a frequentarsi durante un lungo soggiorno romano.
Inoltre, è assai probabile che lo stesso de Céspedes abbia intrattenuto relazioni con la Sardegna, se
si potesse definitivamente accertare la nazionalità sarda di quell’Antico Bonfili (Antioco Bonfill),
sicuramente suddito spagnolo, patrono della Cappella dell’Annunciazione in Trinità dei Monti
decorata da Pablo de Céspedes in collaborazione - per la parte paesaggistica - con quel piemontese
Cesare Arbasia che sarà al suo fianco per sette anni e lo seguirà poi in Spagna, dove svolgerà
un’intensa attività di decoratore. Fra i membri della casata sarda dei Bonfill ricorrono infatti negli
stessi anni continuamente quegli stessi nomi di Antioco e Cesare registrati nel documento di
concessione della cappella del 1560.
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