La riparazione del DNA

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ZZ
A
7
La riparazione
del DNA
BO
Il mantenimento della stabilità del DNA è di fondamentale importanza per il suo
ruolo di molecola depositaria dell’informazione genetica di una cellula. Proprio
per permettere che l’informazione genetica sia trasmessa pressoché inalterata da
una generazione all’altra, la replicazione del DNA (vedi capitolo 4) è un processo
molto preciso.
Tuttavia, contrariamente a quanto era stato inizialmente ipotizzato, la struttura del DNA è intrinsecamente molto fragile. A 37 °C (la temperatura a cui si
trovano la maggior parte delle cellule umane) circa 18 000 basi azotate al giorno
sono perse da ogni cellula, a causa della rottura del legame glicosidico che le collega con la molecola dello zucchero deossiribosio. Ogni cellula umana, a temperatura e pH fisiologico, subisce, in 24 ore, 100-500 eventi di deamminazione che
causano la trasformazione di una citosina in uracile. Inoltre, una serie di reazioni
biochimiche necessarie per il meta bolismo stesso della cellula producono specie
reattive dell’ossigeno (ROS) che alterano l’integrità del DNA.
Gli esempi sopra indicati sono soltanto alcuni dei possibili danni che, in condizioni fisiologiche (danni intrinseci), possono alterare la struttura del DNA.
Ma il DNA è continuamente soggetto anche all’attacco di agenti chimico-fisici
esterni che possono causare una serie di danni estrinseci sul DNA. Ad esempio,
le radiazioni ultraviolette presenti nella luce solare producono sul DNA una serie
di fotoprodotti che determinano una distorsione della doppia elica. Radiazioni
ionizzanti presenti nei raggi cosmici, o generate da prodotti radioattivi naturali
o da tecnologie utilizzate nella pratica medica, possono provocare rotture del
legame fosfodiesterico su uno o entrambi i filamenti del DNA. Infine, una serie
di composti chimici utilizzati in lavorazioni industriali, presenti nel fumo di
sigaretta o anche in componenti della nostra dieta quotidiana, possono causare
lesioni e danni sul DNA.
Prima di discutere i meccanismi molecolari che controllano la stabilità del
genoma è necessario ricordare brevemente (si rimanda a un testo di Genetica per
una trattazione più ampia) quali siano le conseguenze genetiche di alterazioni
nella sequenza del DNA causate da errori nel processo di replicazione e da danni
al DNA spontanei o indotti.
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7.1 - Le mutazioni
Variazioni nella sequenza nucleotidica del DNA prendono il nome di mutazioni. La maggior parte delle mutazioni sono definite puntiformi, in quanto determinano il cambiamento di un singolo nucleotide. Le mutazioni puntiformi sono
divise in due categorie: le transizioni, che sono cambiamenti da una purina a
un’altra o da una pirimidina a un’altra, e le trasversioni, che sono cambiamenti
da purina a pirimidina o da pirimidina a purina.
Come mostrato in figura 7.1a, se durante il processo replicativo si introduce
un appaiamento non corretto tra i due filamenti del DNA e tale errore non viene riparato, al secondo ciclo di replicazione del DNA la mutazione viene fissata
nel genoma. L’effetto fenotipico di una mutazione puntiforme può essere molto
diverso. Se il cambiamento nucleotidico cade nella regione di un gene codificante
per una proteina ci sono tre possibilità (fig. 7.1b):
I. la mutazione cambia la sequenza di una tripletta (codone) codificante per
un certo amminoacido, ma, in virtù delle degenerazione del codice genetico,
il nuovo codone codifica per lo stesso amminoacido codificato dal codone
A
... G A C T T A G A A A ...
A
I I I I I I I I I I
... C T G A A T C T T T ...
... G A C T T A G A A A ...
I I I I I I I I I I
ZZ
... C T G A A T C T T T ...
... G A C T T A G A A A ...
I I I I I I I I I I
... C T G A A T C T T T ...
... G A C T T A G A A A ...
Molecola parentale
BO
I I I I I I I I I I
... C T G A A T C T T T ...
Errore
di replicazione
Molecola mutata
... G A CC T A G A A A ...
I I I
I I I I I I
... C T GG A T C T T T ...
... G A C C T A G A A A ...
I I I
I I I I I I
... C T G A A T C T T T ...
1ª generazione
... G A C T T A G A A A ...
I I I I I I I I I I
... C T G A A T C T T T ...
2ª generazione
B
I) Mutazione silente
UAU
Tyr
UAC
Tyr
II) Mutazione missenso
UAU
Tyr
UCU
Ser
IV) Mutazione frameshift
Sequenza normale
delle basi:
ATG AAA GAG UAU
Met Lys Glu Tyr
Aggiunta di una base:
ATG AAG AGA GUA U
Met Lys Arg Val
Delezione di una base
(manca una A):
Figura 7.1 Esempi di mutazioni.
(A) Durante la replicazione possono avvenire rari errori che
determinano un appaimento sbagliato (“mismatch”) in una delle
due eliche figlie (1a generazione).
Se il mismatch non viene riparato dal meccanismo appropriato
(“mismatch repair”), la molecola
portatrice del mismatch fisserà la
mutazione in una delle due molecole figlie di 2a generazione.
(B) Mutazioni puntiformi per sostituzione di una base in una regione codificante per una proteina
possono generare effetti diversi:
(I) mutazione silente (non provoca
alcun cambiamento di amminoacido); (II) mutazione missenso
(provoca il cambiamento di un
amminoacido); (III) mutazione
non senso (provoca la formazione di una tripletta non senso con
conseguente blocco della sintesi
proteica). (IV) L’inserzione o la
delezione di un singolo nucleotide
nella regione codificante per una
proteina dà origine a una mutazione frameshift, in cui il modulo di
lettura delle triplette è totalmente
alterato dal punto della mutazione in poi.
(A)
ATG AAG AGU AU
Met Lys Ser
III) Mutazione nonsenso
UAU
Tyr
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UAA
Stop
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CAPITOLO 7 • La riparazione del DNA
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originario: in tal caso la mutazione è definita silente perché a livello della
proteina codificata dal gene non si determina alcun cambiamento;
II. la mutazione puntiforme in regioni codificanti per una proteina può risultare nella formazione di un codone con un significato diverso dall’originario,
con conseguente cambiamento di un singolo amminoacido: tali mutazioni
vengono chiamate missenso e la mutazione può alterare le proprietà della
proteina determinando una variazione nel fenotipo;
A
BO
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A
III. la sostituzione di un singolo nucleotide nella regione codificante di un gene
può determinare la formazione di una delle 3 triplette non senso del codice
genetico: tali mutazioni sono chiamate non senso e causano la formazione di
una proteina tronca dovuta a terminazione prematura della sintesi proteica
e, quindi, un probabile fenotipo mutante.
Nel DNA possono verificarsi, anche se con frequenza molto minore delle mutazioni per sostituzione, delle delezioni o inserzioni di un singolo nucleotide.
Questa perdita o aggiunta di un nucleotide determina uno sfasamento del codice
di lettura di un gene codificante per una proteina. Queste mutazioni vengono
chiamate frameshift e alterano tutta la sequenza di amminoacidi a valle del punto in cui è avvenuta la mutazione (fig. 7.1b). Anche nel caso delle mutazioni frameshift è molto probabile che si generi un fenotipo mutante, poiché la sequenza
amminoacidica della proteina è fortemente alterata.
Alcune regioni del DNA hanno un’aumentata instabilità genomica a causa
della ripetizione di sequenze nucleotidiche. Se una sequenza di pochi nucleotidi
si ripete più volte in una regione del DNA, durante il processo replicativo, le
sequenze ripetute possono formare appaiamenti strutturali alternativi con una
stabilità termodinamica simile a quella dell’appaiamento corretto. Le polimerasi
possono, quindi, “scivolare” durante la replicazione di queste regioni, portando a una contrazione o a un’espansione delle sequenze ripetute stesse (fig. 7.2).
Nell’uomo è stato trovato che alcune malattie neurologiche (es. la corea di Hun-
Replicazione
normale
5′
3′
CAG CAG CAG CAG CAG CAG
GTC GTC GTC GTC GTC GTC
n
3′
5′
n
A
B
C
C
G
5′
3′
CAG CAG CAG CAG CAG CAG
Inserzione di una
tripletta
5′
3′
CAG CAG CAG CAG CAG CAG CAG
Normale
5′
3′
CAG CAG CAG CAG CAG CAG
5′
3′
CAG CAG CAG CAG CAG CAG
Scivolamento del
filamento stampo
GTC GTC GTC GTC GTC GTC GTC
GTC GTC GTC GTC GTC GTC
Normale
n
n
n
GTC GTC GTC GTC GTC GTC
C
T
Delezione di una
tripletta
3′
5′
n
Seconda replicazione
GTC GTC GTC GTC GTC GTC
G
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n+1
Scivolamento
del filamento
di neosintesi
n+1
n+1
3′
5′
3′
5′
3′
5′
Figura 7.2 Espansione o contrazioni di triplette durante la
replicazione. Alcune regioni sul
DNA contengono numerose copie
di triplette uguali disposte in serie. La replicazione di tali regioni
normalmente non provoca variazioni nel numero di triplette (a).
Tuttavia, può accadere che durante la replicazione si formino degli
appaiamenti intramolecolari (che
si suppone siano dovuti a degli
scivolamenti dell’apparato replicativo in tali regioni) sul filamento
di neosintesi (b) o sul filamento
stampo (c). Come conseguenza, alla seconda generazione, si genera
nel caso (b) l’inserzione di una o
più triplette e nel caso (c) la delezione di una o più triplette.
n
Seconda replicazione
n–1
5′
3′
CAG CAG CAG CAG CAG
5′
3′
CAG CAG CAG CAG CAG CAG
GTC GTC GTC GTC GTC
n–1
GTC GTC GTC GTC GTC GTC
3′
5′
n
n
3′
5′
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tington, la sindrome dell’X fragile, la distrofia miotonica e altre) sono proprio
dovute a un’espansione di triplette in specifiche regioni del genoma.
Gli effetti generali di mutazioni sono ampiamente descritti in un testo di Genetica. Qui, vogliamo ricordare soltanto alcuni aspetti generali importanti per gli
organismi eucarioti diploidi pluricellulari, tra cui l’uomo. Innanzitutto, una certa
mutazione può avvenire in una cellula somatica o in una cellula germinale. Chiaramente le conseguenze della mutazione sono molto diverse perché una cellula somatica è importante solo per l’organismo in cui si trova. Se la mutazione è dannosa per
quella specifica cellula, di solito, ciò risulta nella morte della cellula stessa con conseguenze per lo più insignificanti sull’intero organismo. Se, tuttavia, come vedremo
più avanti, una mutazione influenza specificamente il controllo della stabilità del
genoma, può accadere che una mutazione faciliti l’insorgenza di altre mutazioni
provocando una reazione a catena che può essere dannosa per l’intero organismo,
come accade nei meccanismi di cancerogenesi. Mutazioni in cellule germinali sono
molto più rilevanti perché vengono trasmesse alla generazione successiva e saranno
presenti in tutte le cellule dell’individuo che eredita la mutazione.
La maggior parte delle mutazioni, incluse tutte quelle silenti e la maggior
parte di quelle missenso, non influenzeranno il fenotipo dell’organismo in modo
significativo. Le mutazioni che causano un fenotipo possono essere divise in due
categorie:
I. La perdita di funzione o “loss of function” è la conseguenza di una mutazione che abolisce o riduce l’attività di una proteina. Per lo più, le mutazioni
“loss of function” sono recessive e, quindi, in un organismo eterozigote che
porta anche una versione normale del gene l’effetto della mutazione recessiva è mascherato dalla presenza dell’allele normale. In alcuni casi, tuttavia,
la mutazione può determinare un fenotipo: si parla di aploinsufficienza se
l’organismo eterozigote non è in grado di tollerare la riduzione al 50% del
livello di proteina normale.
II. La mutazione ad acquisizione di funzione o “gain of function” è piuttosto rara
e si verifica allorché la mutazione è in grado di conferire alla proteina alterata
codificata dal gene mutato una funzione anomala. Può anche accadere che
mutazioni “gain of function” si verifichino in regioni del genoma che non
codificano per proteine, ma che controllano l’espressione di geni. Considerata
la loro natura, le mutazioni “gain of function” sono solitamente dominanti.
7.2 - I sistemi di riparazione del DNA
Molecole alterate e mal funzionanti vengono normalmente eliminate dalla cellula. Questo non può avvenire per molecole di DNA danneggiate in quanto
ciò comporterebbe la morte stessa della cellula dato che il DNA è il depositario
dell’informazione genetica. Il DNA è, quindi, l’unica molecola per cui è stato
necessario che nel corso dell’evoluzione si sviluppassero meccanismi deputati alla
sua riparazione.
Poiché le lesioni intrinseche ed estrinseche che si formano sul DNA sono molto
diverse tra di loro, le cellule hanno sviluppato numerosi e diversificati sistemi di
riparazione. Sarebbe troppo complesso fornire una descrizione dettagliata di tutti i
tipi di alterazioni possibili sul DNA. Comunque, per difendersi da questa pletora
di lesioni tutti gli organismi, sia procarioti che eucarioti, hanno sviluppato sistemi di riparazione molto diversi tra loro e specializzati nel rimuovere particolari
modificazioni sul DNA. Alcuni meccanismi di riparazione sono molto precisi,
altri meno, ma tutti hanno lo scopo di permettere la sopravvivenza della cellula in
condizioni di danno al DNA. I processi di riparazione sono diversi, non solo in
funzione del tipo di danno, ma anche in relazione alla fase del ciclo cellulare (vedi
più avanti) in cui il danno viene prodotto.
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CAPITOLO 7 • La riparazione del DNA
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FINESTRA 7.1 I MECCANISMI DI RIPARAZIONE SONO FUNZIONALMENTE CONSERVATI
IN TUTTI GLI ORGANISMI VIVENTI DAI PROCARIOTI AGLI EUCARIOTI
reazione procede attraverso il trasferimento di elettroni e nella reazione redox la molecola FAD agisce da donatore di elettroni, mentre
il dimero agisce da accettore.
I meccanismi di escissione delle basi (BER) o di escissione di nucleotidi (NER) sono presenti in tutte le specie batteriche. La logica
funzionale dei due processi è sostanzialmente identica nei procarioti e negli eucarioti: cambiano i nomi delle proteine coinvolte e
alcune peculiarità dei loro meccansimi molecolari (rimandiamo a
testi specialistici).
Il mismatch repair o MMR che si prende cura degli errori che
possono accadere durante il processo di replicazione del DNA è
anch’esso presente in E.coli. Il meccanismo molecolare dell’MMR
in E.coli è schematizzato in figura 5F.2: l’errore di appaiamento
(mismatch) induce una distorsione della doppia elica riconosciuta
dall’omodimero MutS che si lega in corrispondenza del mismatch
e tale legame è stabilizzato dall’interazione con l’omodimero
MutL. L’adenina delle sequenze GATC sul DNA di E. coli è metilata,
ma il DNA appena replicato non è ancora modificato. Il fatto che
il filamento parentale è metilato, mentre il filamento di neosintesi
non lo è, permette di distinguere quale filamento contiene l’errore replicativo e debba, quindi, essere riparato. Il complesso MutSMutL attiva la proteina MutH che si lega alla sequenza GATC metilata più vicina e, in funzione della sua attività endonucleasica,
taglia il filamento di neo-sintesi di fronte alla base metilata. L’escissione di un tratto di DNA contenente il mismatch è realizzata tramite l’azione combinata di un’elicasi che srotola parzialmente il
filamento contenente il mismatch e la successiva azione di una
esonucleasi con la corretta polarità. Il DNA è poi riparato tramite
l’azione coordinata della DNA polimerasi III e della DNA ligasi.
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L’integrità del genoma è sotto costante attacco da parte di agenti
genotossici sia nei procarioti che negli eucarioti. Nel testo abbiamo descritto i principali meccanismi di riparazione del DNA negli
eucarioti, con particolare riferimento ai processi riparativi presenti
nelle cellule umane. Questo perché alterazioni nei meccanismi di
riparazione nell’uomo sono causa di gravi patologie e, in particolare, dell’insorgenza di tumori.
È però importante ricordare che anche i batteri posseggono sistemi di riparazione del DNA e, come spesso in Biologia Molecolare, lo studio di tali meccanismi in organismi semplici come i
procarioti è stato di estrema importanza per individuare analoghi
sistemi negli organismi superiori.
Per ragioni di spazio non possiamo qui entrare nei dettagli dei
meccanismi riparativi nei procarioti. Pertanto, prenderemo in considerazione solo la riparazione del DNA in cellule di Escherichia
coli ricordando, però, che esistono differenze anche tra specie
batteriche diverse; tratteremo, poi, i meccanismi che presentano
differenze sostanziali a livello molecolare con quanto già descritto
nel testo relativamente agli eucarioti. In molti casi, i meccanismi
molecolari sono simili e cambia solo la nomenclatura delle proteine coinvolte.
A livello evolutivo i processi riparativi possono essere raggruppati
essenzialmente in 3 classi:
BO
1. riparazione diretta del danno, in cui le lesioni vengono revertite
chimicamente;
2. riparazione tramite escissione, in cui segmenti più o meno
lunghi di un filamento di DNA danneggiato vengono eliminati
con successiva sintesi riparativa utilizzando il filamento intatto
come stampo;
3. riparazione tramite ricombinazione, in cui un tratto di DNA
omologo intatto è utilizzato per riparare l’omologo danneggiato
La riparazione per ricombinazione omologa (HR) è molto attitramite ricombinazione.
va in E. coli e si realizza utilizzando una varietà di sotto-pathways
La riparazione diretta del danno non è stata discussa nel testo permolto complessi per cui, ancora una volta, rimandiamo a testi o
ché è assente in cellule umane. È, però, presente sia in cellule di E.
articoli specialistici. La ricombinazione omologa è innescata da
coli che nel lievito e in alcuni altri eucarioti. I dimeri di pirimidine e i
danni al DNA, quali rotture a doppio filamento (DSB), o da processi
(6-4) pirimidina-pirimidone fotoprodotti (6-4 PP), che sono le lesioni
fisiologici, quale la coniugazione batterica. La logica funzionale del
più frequenti causate da radiazioni UV, vengono principalmente rimeccanismo di ricombinazione omologa nei procarioti è analoga
mossi dal NER (vedi testo). Tuttavia, entrambe le lesioni sopra citate
a quella descritta nel testo relativamente agli eucarioti. Per iniziare
possono essere rimosse dal DNA mediante una reazione chiamata
la ricombinazione a un DSB, ad esempio, il DNA deve essere anche
fotoriattivazione enzimatica (fig. 5F.1). La scoperta del ruolo della
in E. coli modificato e il complesso RecBCD gioca un ruolo essenluce nel favorire la sopravvivenza di batteriofagi o spore fungine
ziale dato che, da una parte, agisce come elicasi aprendo il DNA
in seguito al trattamento con raggi UV avvenne ancor prima dele, dall’altra, agisce come nucleasi, producendo alla fine un tratto di
la determinazione della struttura del DNA, ma fu solo negli anni
DNA sporgente in 3’ che viene ricoperto dalla proteina RecA (fig.
sessanta del secolo scorso che si scoprì il meccanismo enzimatico
5F.3). RecA, in E.coli, è la proteina chiave richiesta essenzialmente
della reazione. L’enzima in grado di revertire i fotoprodotti causati
in tutti i sotto-pathways ricombinativi per invadere la molecola di
da raggi UV è genericamente chiamato fotoliasi. Questo enzima è
DNA omologa e per promuovere l’appaiamento con il filamento
una flavoproteina che contiene due gruppi cromofori: quando luce
complementare. Risultati molto recenti suggeriscono che anche
di lunghezza d’onda compresa fra 320 e 370 nm colpisce la proteina
in E. coli possa esistere un meccanismo di NHEJ analogo a quello
scatta la reazione enzimatica che prevede la rottura del dimero e la
descritto negli eucarioti.
ricostituzione della struttura corretta delle basi (fotoriattivazione). La
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Il sistema SOS è il principale sistema di “post-replication repair”
(PRR) in E. coli e coinvolge la proteina RecA descritta sopra. Durante
la crescita in condizioni normali, l’espressione di geni chiamati
SOS o Din (Damage inducible) è repressa tramite il legame di una
proteina repressore, chiamata LexA, su una sequenza nota come
“SOS box” presente sul sito operatore di tali geni. Come conseguenza a danni al DNA si accumulano regioni di DNA a singolo
filamento (ssDNA): RecA ha una grande affinità per i ssDNA e il
legame a tali regioni determina l’attivazione di RecA. La forma at-
tivata di RecA è in grado di legarsi al repressore LexA e di indurre
la sua distruzione tramite l’attività proteolica che LexA stessa possiede (fig. 7F.4). Questo causa la derepressione, cioè l’attivazione,
di una serie di geni i cui prodotti sono richiesti per una corretta
risposta a danni al DNA.
Un analogo sistema SOS non è presente nei procarioti: tuttavia, la
trascrizione di molti geni eucariotici è indotta dall’attivazione del
checkpoint innescato da danni al DNA che è, quindi, il processo
più simile al sistema SOS di E. coli.
b) Un dimero di pirimidina nel DNA
a) DNA
ZZ
A
Luce
Figura 7F1.1 La reazione di fotoriattivazione di lesioni causate da radiazioni UV.
Illustrazione schematica della reazione catalizzata dalla fotoliasi per riparare un dimero
di pirimidina. I due simboli colorati all’interno del disegno indicano i due gruppi cromofori dell’enzima.
d) Assorbimento della luce da parte
del cromoforo e reazione redox
BO
c) La fotoliasi si lega al DNA
danneggiato
e) Rilascio dell’enzima dopo
la riparazione
MutH
3
CH
Figura 7F1.2 La riparazione di un errore replicativo tramite il mismatch repair (MMR)
nel batterio E. coli. Vedi testo per i dettagli.
MutL
MutS
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Figura 7F1.3 L’azione del complesso RecBCD nel processamento di un DSB (Double
Strand Brcak) in E. coli. Il compleso RecBCD si lega a un DSB e srotola la doppia elica tramite la sua attività elicasica in modo
ATP-dipendente. L’estremità 3’ è rapidamente degradata dalla sua attività nucleasica.
Quando, però, il complesso proteico incontra
una particolare sequenza di 8 bp sul DNA
di E.coli, chiamata χ, l’attività nucleasica
comincia ad agire sull’altro filamento, generando, alla fine, un filamento sporgente in 3’
su cui si lega la proteina RecA che innesca i
successivi passaggi ricombinativi.
CAPITOLO 7 • La riparazione del DNA
C
DSB
a)
5′
3′
B
C
D
3′
b)
5′
3′
5′
c)
5′
3′
5′
d)
5′
3′
3′
5′
3′
BO
ZZ
e)
Figura 7F1.4 Il sistema SOS in E.coli agisce sul repressore trascrizionale LexA. La
proteina LexA si lega ai box SOS presenti
nell’operatore dei geni SOS la cui espressione è indotta in risposta a danni al DNA. Come descritto nel testo, la presenza di danni
nel DNA determina l’attivazione della proteina RecA, che, legandosi a LexA, induce la sua
autoproteolisi determinando l’attivazione
dei geni SOS.
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χ
A
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5′
3′
Filamento di RecA
LexA
SOS box
Gene SOS
Danni al DNA
Accumulo di ssDNA
e attivazione di RecA
Degradazione di LexA
LexA
Trascrizione
SOS box
Gene SOS
In questo testo descriveremo, in un certo dettaglio, i meccanismi molecolari
dei più rilevanti sistemi di riparazione negli eucarioti, e in particolare nell’uomo,
dato che il cattivo funzionamento di tali meccanismi causa una serie di patologie
specifiche e, in generale, una maggior predisposizione all’insorgenza di tumori.
Va però detto che gli stessi meccanismi di riparazione sono presenti anche nei
procarioti (Finestra 7.1), a indicare la loro importanza e conservazione nel corso
dell’evoluzione.
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Titolo di parte
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La riparazione per escissione delle basi (BER)
I danni al DNA di origine endogena (fig. 7.3) causati da specie reattive dell’ossigeno, ma anche l’idrolisi delle basi azotate del DNA, la perdita spontanea di
gruppi amminici da alcune di esse (C, A, G) e altri, sono riparati attraverso il
sistema di riparazione per escissione delle basi, denominato BER (Base Excision
Repair). Per avere un’idea del numero di lesioni prodotte dal normale metabolismo cellulare, basti ricordare che i composti reattivi dell’ossigeno possono causare
un centinaio di diverse modificazioni ossidative sul DNA che, nel loro insieme,
possono determinare 2 × 104 lesioni al giorno in una cellula umana.
L’importanza del BER è dimostrata da esperimenti di “knock-out” in topo
(vedi cap. XXX Tecniche): in tali tipi di esperimenti, con opportune tecniche
genetiche si inattiva la funzionalità del gene in esame. Si ottengono così dei
modelli murini che permettono di valutare l’importanza e, talvolta, la possibile
funzione del gene che è stato inattivato. Se un gene del BER viene spento in
tali modelli animali, l’embrione di topo non riesce a svilupparsi, evidenziando
l’importanza del BER per la vitalità cellulare e per completare lo sviluppo intra-
zucchero privo
della base
A
A) Depurinazione
OH
O
H 2O
N
O
N
NH2
O
Guanina
O
P
–O
N
O–
P
O
O
O–
N
O
–O
O
NH
ZZ
N
BO
Figura 7.3 Modificazioni di nucleotidi causate da danni endogeni
al DNA. Le modificazioni di nucleotidi più comuni causate da danni
endogeni al DNA, in particolare da
radicali liberi dell’ossigeno, sono:
(a) la depurinazione idrolitica di
nucleotidi purinici; (b) la deamminazione idrolitica di basi azotate
contenenti gruppi amminici; (c)
l’alchilazione di varie posizioni
sulle basi azotate.
NH
NH2
N
Guanina
B) Deaminazione
NH2
O
H2O
N
N
N
N
O
O
NH3
Citosina
Uracile
C) Alchilazione
CH3
O
N
N
O
N
Guanina
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N
NH
NH2
N
NH
N
NH2
O6-metilguanina
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CAPITOLO 7 • La riparazione del DNA
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uterino dell’animale. Poiché, in tali condizioni, l’embrione non è normalmente
soggetto all’azione di agenti chimico-fisici esterni, l’incapacità di completare lo
sviluppo quando il BER è inattivato evidenzia il ruolo di tale meccanismo di riparazione nella rimozione di lesioni intrinseche causate dal normale metabolismo
cellulare.
A seconda del tipo di lesione esistono due modalità di esecuzione del BER che
sono mostrate in figura 7.4.
Il primo passaggio del processo è il riconoscimento del danno da riparare.
Questo avviene ad opera di enzimi in grado di riconoscere particolari tipi di lesioni, chiamate DNA glicosilasi. Questi enzimi, identificata la base alterata, comprimono la doppia elica del DNA così che la base alterata viene inglobata in una
Specie reattive dell’ossigeno
Metilazione, deaminazione
C
G
C
G
G
C
T
A
X
C
A
T
C
G
G
C
A A
T T C C
G G G T
C A
G C
T G C G
A C A C
G
C T
A
T
+dGTP
A
T
C
G
C
G
A
T
A
T
C
G
C
G
G
C
T
A
C
A
T
G
C
T
A
A
C T C
G
T
A
BO
II
DNA polβ
C
G
Idrolisi spontanea
(sito abasico)
APE1
XRCC1
G
C
X
DNA
glicosilase
I
T
A
A
A
T
C
G
G
C
G
C
C
G
G
G
C
C
C
G
PCNA
DNA polδ/ε
+ dNTP
A
TG A
C
G
AC T G
C
T
C
C
A
G
G
A
G
C
G
A
T
C
C
T
G
III
T
A
ZZ
A
T
C
T
A
T
A
T
C
G
C
G
G
C
T
A
G
C
A
T
C
G
A
G
C
G
C
C
G
VI
FEN1
A
IV
C
T G
TG A
C
G
AC T G
C
T
C
C
A
G
G
A
G
C
G
A
T
C
C
T
G
A
T
A
T
C
G
C
G
G
C
T
A
G
C
A
T
C
G
T
A
G
C
G
C
C
G
VII
A
T
C
G
C
G
G
C
T
A
G
C
A
T
C
G
T
A
G
C
G
C
C
G
VIII
DNA
ligase 1
DNA
ligase 3
V
A
T
A
T
C
G
C
G
G
C
T
A
G
C
A
T
C
G
T
A
G
C
G
C
C
G
“Short-patch” BER
(via principale)
Figura 7.4 Riparazione per escissione delle
basi (BER) negli eucarioti. Questo meccanismo è deputato principalmente alla riparazione
di danni endogeni causati da stress ossidativo
o da danni esogeni causati sulle basi azotate
da agenti mutageni. Esistono due vie del BER,
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A
T
“Long-patch” BER
(via minoritaria)
chiamate “short-patch” o “long-patch”: nel primo caso, viene sostituito soltanto il nucleotide
con la base alterata, nel secondo la regione di
DNA riparata è di una decina di nucleotidi. Il
dettaglio dei diversi passaggi nelle due vie del
BER è descritto ampiamente nel testo.
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C
10
ISBN 978-88-08-18138-1
Titolo di parte
cavità presente nella struttura tridimensionale della glicosilasi. A questo punto,
l’enzima taglia il legame glicosidico che lega la base azotata alterata al deossiribosio sul DNA (fase I nella figura). Si crea così un sito abasico (chiamato sito AP)
che si può produrre anche per idrolisi spontanea della base. Successivamente, una
endonucleasi chiamata APE1 riconosce il sito privo della base e incide il legame
fosfodiesterico (fase II). A questo punto il meccanismo del BER può procedere
attraverso due vie, la prima delle quali è preponderante nei mammiferi e vienechiamata “short-patch BER”. La DNA polimerasi β, attraverso l’attività liasica
che tale polimerasi possiede, rimuove il deossiribosio privo della base e la stessa
pol β riempie il buco di un nucleotide così creatosi (fase III). Successivamente,
il legame fosfodiesterico è saldato da una ligasi specializzata (DNA ligasi 3) con
l’aiuto di una proteina nota come XRCC1. La seconda via (indicata a destra come “long-patch BER”) prevede l’azione delle DNA polimerasi δ o ε e di PCNA
che allungano il 3'-OH di 2-10 nucleotidi, attraverso una reazione di “strand
displacement” (fase VI). Il filamento di DNA spelato via è poi tagliato da una
nucleasi, denominata FEN1 (Flap Endonuclease1), che riconosce la particolare
struttura che si forma durante la reazione. La discontinuità sul DNA è poi saldata
dall’azione della DNA ligasi 1.
A
La riparazione per escissione di nucleotidi (NER)
ZZ
La riparazione per escissione di nucleotidi o NER (Nucleotide Excision Repair) è
coinvolta nella riparazione di una varietà di lesioni che provocano una distorsione
della doppia elica del DNA e sono causate da agenti chimico-fisici. In particolare,
A
A C T T GC UV
A C T T GC
T G A A CG
T G A A CG
I I
I I
BO
I I I I I I
B
5′
3′
H
N
O
C
CH3
O
C
O
H
C
N
H
O
N
C
C
CH3
C
N
C
C
H
Anello ciclobutano
3′
Figura 7.5 I dimeri di pirimidina sono tra i
danni più comuni causati dalle radiazioni UV.
(a) Le radiazioni UV determinano la formazione di legami covalenti tra due pirimidine (T o
C) sullo stesso filamento che provocano una
distorsione della doppia elica.
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5′
(b) Dettaglio di un dimero tra due residui di timina con l’anello di ciclobutano che si forma
in evidenza.
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