Le filosofie ellenistiche

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Le filosofie ellenistiche. Sintesi
A) Contesto socio-politico e culturale.
Età ellenistica = periodo dopo la morte di Alessandro Magno (323 a.C.), il quale aveva unificato il mondo antico sotto
la cultura greca (= ellenica)
Dopo la morte, l’impero viene diviso in tre regni: Macedonia, Egitto, Asia, i quali sono caratterizzati da una simbiosi
con la cultura greca (= ellenizzazione)
Caratteri:
- Crisi delle poleis e nascita di monarchie orientaleggianti (sfarzo delle corti, distacco dal cittadino che diventa suddito)
- Emergere di nuovi ricchi: appaltatori, grandi mercanti, speculatori
- Aumento del costo della vita (frattura tra ricchi e poveri sempre più netta)
- Corruzione e malcostume.
Conseguenze: frattura profonda tra individuo e collettività (disinteresse per la vita pubblica e politica)
Esito in campo culturale: 1) rifugio nella speculazione etico-esistenziale (via seguita dai filosofi greci)
2) perseguimento di ricerche scientifiche specialistiche (via dei dotti di Alessandria)
Divorzio tra scienza e filosofia
Separazione tra scienza e società: ricerche specialistiche solo per dotti e incomprensibili alla massa
Due centri culturali:
- Alessandria d’Egitto (con Biblioteca e Museo) centro della cultura scientifica (soprattutto teorica, con poche
applicazioni pratiche.
Motivi:
- scarsa considerazione per il lavoro manuale
- abbondante manodopera servile
- superiorità della vita contemplativa
- Atene centro della cultura filosofica
La filosofia diventa cura dell’anima e ricerca di sicurezza nella vita quotidiana. Filosofia come terapia esistenziale,
come via per una visione complessiva del mondo volta alla vita reale.
Bertrand Russell (Storia della filosofia occidentale) scrive: «Il timore prese il posto della speranza; lo scopo
della vita era piuttosto quello di sfuggire alla sfortuna, che non quello di raggiungere un bene positivo. La
filosofia è un’ambulanza, che vene nella scia della lotta per l’esistenza e raccoglie i deboli e i feriti».
Scissione della filosofia dalla politica e dalle scienze  spiccata disposizione al dogmatismo e al settarismo  nascita
di scuole con scarsa discussione interna e culto dei capi-scuola.
Ad Atene si formano tre grandi scuole:
1. Stoicismo (dalla stoà=portico) fondato da Zenone di Cizio
2. Epicureismo
3. Scetticismo
1. STOICISMO dal IV sec. a.C. al II sec. d.C.
Periodi:
Stoicismo antico
St. di mezzo (di entrambi tutte le opere perdute, tranne Inno a Zeus di Cleante)
St. romano (restano alcune opere)
Zenone di Cizio (Cipro) (336-335 a.C. – 264-263 a.C.).
Si trasferì ad Atene. Dapprima studia Platone, poi seguace dei cinici. Intorno al 300 aprì una scuola nel Portico (stoà).
Morì suicida.
Altri allievi: Aristone di Chio, Erillo di Cartagine, Perseo di Cizio, Cleante di Asso, Crisippo di Soli, Zenone di Tarso,
Diogene di Seleucia, Antipatro di Tarso.
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Produzione immensa, ma restano solo pochi frammenti.
Come già i cinici la filosofia non mira alla scienza, ma alla felicità. La scienza non è meta, ma mezzo per raggiungere
felicità e virtù.
Felicità = esercizio della virtù (ricorda Aristotele)
Tre virtù: naturale, morale razionale  tre parti della filosofia: fisica, etica e logica.
LOGICA (in gran parte sviluppata da Crisippo)
Logica = dottrina dei logoi = discorsi.
Discorsi continui (orazioni) = retorica (ben parlare)
Discorsi divisi (domande e risp.) = dialettica (discutere rettamente)
Parole = grammatica
Significati = logica in senso proprio
Il pensiero può servire da guida per l’azione solo se si possiede un criterio della verità.
Tale criterio è la rappresentazione catalettica o concettuale (Zenone paragone della mano):
rappresentazioni = impressioni registrate
 mano aperta
assenso = atto con cui si assente alle impressioni
 mano contratta
rappr. catal. (comprensione, catabasi) = l’intelletto afferra o comprende l’oggetto  mano stretta a pugno
o azione dell’oggetto che imprime la rappr. sull’int.
scienza = possesso saldo del sapere  due mani strette tra loro
L’atto libero con cui si assente ad una rappr. è il giudizio, in virtù del quale l’uomo afferma, nega o sospende
un’affermaz.
Per gli Stoici tutta la conoscenza umana deriva dai sensi e l’anima è come una tabula rasa sulla quale si imprimono le
rappresentazioni (per alcuni sono segni delle cose, per altri modificazioni dell’anima) passivamente prodotte dalle cose
esterne o dagli stati d’animo
Le rappresentazioni si accumulano  prolessi o anticipazione = concetto
I concetti sono conoscenze universali e perciò non reali, perché reale è solo l’individuo
Riducono le categorie di Arist. a 4: soggetto o sostanza, qualità, modo di essere, relazione.
Dottrina del significato:
Per Arist. il concetto è l’essenza della cosa
Per Stoici è un segno che significa le cose
In ogni segno bisogna distinguere:
- la cosa che significa (la parola)
corporeo
- il significato (rappresentazione mentale) incorporeo
- la cosa significata (oggetto reale)
corporeo
Ragionamenti anapodittici
Un significato è compiuto solo se può essere espresso in una frase:
Perciò: “scrive” non è compiuto, “Socrate scrive” sì.
Un significato compiuto = enunciato (axioma), può essere vero o falso
Più proposizione concatenate compongono un ragionamento.
Per Aristotele sillogismo = ragionamento dimostrativo
Stoici ragionamento anapodittico = non-dimostrativo (non dimostra nulla, esprime solo ciò che è evidente).
Generalizzati in 5 schemi:
1. Se 1 allora 2. Ma è 1, allora 2
2. Se 1 allora 2. Ma non è 2, allora non è 1
3. Non è possibile che 1 e 2 insieme. Ma è 1, dunque non è 2
4. O è 1 o è 2. Ma è 1. Dunque non è 2
5. o è 1 o è 2. Ma non è 2. Dunque è 1.
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Differenza con il sillogismo di Aristotele:
Arist. logica dei termini
Tre termini
Premesse categoriche
Stoici: logica delle proposizioni
due termini (no term. medio)
premesse ipotetiche
Stoici distinguono tra concludenza (formale) e verità (materiale) dei ragionamenti.
Paradossi e antinomie:
Mentitore: Epimenide cretese dice che tutti i cretesi sono bugiardi. Mente o dice il vero?
Sorite: quanti grani di frumento occorrono per formare un mucchio (soros)?
Calvo: dopo aver perso quanti capelli si diventa calvi?
Velato: conosci l’uomo che si avvicina col volto coperto? No. E se se lo scopre? Si. Dunque conosci e non conosci la
stessa persona?
Cornuto: ciò che hai perduto lo hai. Ma non hai perduto le corna, dunque le hai.
Dilemma del coccodrillo: un coccodrillo ruba un bimbo e promette alla madre di restituirlo se lei avesse indovinato la
sua intenzione o meno di restituirlo. La madre rispondo che il coccodrillo non l’avrebbe restituito. Per il cocc. dilemma:
non restituendolo dà ragione alla madre e dunque deve restituirlo. Restituendolo dà torto alla madre e dunque non deve
restituirlo.
Russell risolve alcuni di questi proibendo che alcune affermaz. universali possano riferirsi a se stesse.
FISICA
Concetto fondamentale: ordine immutabile, razionale, perfetto e necessario che regge e governa tutte le cose = Dio 
panteismo
Due principi:
- principio passivo = sostanza senza qualità, materia
- principio attivo = ragione, Dio
Entrambi i principi sono corporei, perché per gli Stoici esiste solo ciò che agisce o subisce un’azione = corpo
Anche Dio è corpo, fuoco, soffio vitale (pneuma secondo Crisippo) che semina ragioni seminali delle cose. Incorporei
sono solo: significato, vuoto, luogo e tempo
Visione ciclica del mondo: dopo il “grande anno” tutto torna come era all’inizio, conflagrazione che distrugge tutti gli
esseri viventi, quindi palingenesi (rinascita) e apocatastasi.
C’è un ordine necessario e immutabile che collega tutte le cose in eterno (destino=provvidenza=ragione=Dio)
Tutto è bene. Il male è necessario per l’esistenza del bene.
ATROPOLOGIA
L’anima è corporea e fa parte dell’anima del mondo, cioè di Dio.
Cinque parti dell’anima umana:
- principio direttivo, ragione
- cinque sensi
- seme o principio spermatico
- linguaggio
Libertà = essere causa di sé = autodeterminazione
La libertà, però, non può che essere libera accettazione dell’ordine necessario del mondo – Libertà=necessità
ETICA
Idea di base: ogni essere tende ad attuare o conservare se stesso in armonia con l’ordine perfetto del mondo.
Due forze: istinto e ragione
Etica stoica=teoria dell’uso pratico della ragione = uso della ragione per accordo tra uomo e natura (=ordine
necessario, razionale e perfetto)
Cleante: «Conducetemi o Giove e tu destino ovunque da voi sono destinato e vi servirò senza esitazione: giacché anche
se non volesse vi dovrei servire ugualmente da stolto»
Etica del dovere.
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Giustificabilità del suicidio: quando le circostanze sfavorevoli prevalgono su quelle favorevoli all’adempimento del
dovere.
Il Dovere non coincide col Bene. Il Bene compare solo quando il dovere diventa un’abitudine consolidata, una
disposizione costante, cioè una virtù. La virtù è l’unico bene. Il vizio l’unico male.
La virtù è solo del sapiente, perché solo costui conosce le leggi dell’ordine cosmico e può liberamente adeguarvisi.
Tra virtù e vizio non c’è via di mezzo.
Le altre cose sono indifferenti (ricchezza, bellezza, salute, vita, piacere,…), ma possono essere scelte come contributi
alla vita conforme a ragione (valori).
Le emozioni non hanno alcun valore, perché non hanno alcun ruolo nell’ordine del cosmo. Sono causate soltanto da
opinioni o giudizi dettati da stoltezza o ignoranza.
Le emozioni sono malattie che colpiscono lo stolto e dalle quali il sapiente è immune. La condizioni del sapiente è
l’apatia, ovvero l’indifferenza ad ogni emozione.
L’ordine razionale del mondo determina una legge naturale della comunità umana, che è la vera e propria giustizia. Si
tratta di una legge universale e superiore a quella dei singoli popoli. L’uomo che la segue, il sapiente, è cittadino del
mondo (cosmopolitismo).
STOICISMO romano
Rispetto allo stoicismo greco, prevalenza dell’interesse religioso e centralità dell’interiorità spirituale.
Lucio Anneo Seneca (4 d.C.-65 d.C.). Carattere pratico della filosofia. Il saggio è educatore del genere umano.
L’ignoranza dei fenomeni fisici è la causa dei timori dell’uomo.
Il corpo è la prigione dell’anima. Meno netta la posizione etica: tutti gli uomini oscillano tra il bene e il male. Dio è
nell’interiorità dell’uomo.
Epitteto (50 d.C.-92-93 d.C.). Prevalere del problema religioso. Come in Seneca, l’uomo può giungere alla virtù
attraverso la ragione.
Marco Aurelio (121 d.C.-180 d.C.). Imperatore dopo Antonino. Distingue l’anima (psiché) dall’intelletto (nous). Corpo
come prigione dell’anima.
ECLETTISMO
Dopo la conquista della Macedonia da parte dei Romani (168 a.C.), la Grecia divenne di fatto una provincia romana.
Roma cominciò ad acquisire la cultura greca. Tuttavia i romani erano più attenti agli aspetti pratici che a quelli teorici.
Tra le dottrine delle scuole greche cercavano i principi che potessero essere validamente applicati alla pratica. Scelsero
così gli elementi più validi (ek-lège = scelgo), con il criterio del consensus gentium.
Principale eclettico fu Marco Tullio Cicerone (106-43 a.C.).
B. EPICUREISMO
Epicuro nacque a Samo nel 341 a.C. Da giovane studiò presso il platonico Panfilo e presso Nausifane, sostenitore
dell’atomismo di Democrito. Nel 307-6 si recò ad Atene. Morì nel 270-271 a.C.
La scuola epicurea aveva sede nel giardino di Epicuro ad Atene (vita in comunità contro la disgregazione della società,
venerazione quasi religiosa del maestro). Dei numerosi scritti restano solo 3 lettere (a Erodoto sulla fisica e gnoseologia,
a Meneceo sull’etica, a Pitocle sull’astronomia), oltre a testimonianze di Diogene Laerzio e alcuni frammenti e
massime.
Discepoli: Filodemo, ma soprattutto Tito Lucrezio Caro (De rerum natura).
La filosofia è la via per raggiungere la felicità = liberazione dalle passioni
Ha un valore strumentale. Il fine è la felicità.
Lettera a Meneceo: “Non si è mai troppo giovani o troppo vecchi per fare filosofia, perché non si è mai né troppo
giovani né troppo vecchi per essere felici”.
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Contro Platone: la felicità non riguarda l’astrattezza e la lontananza del mondo delle idee, ma può essere raggiunta nella
finitezza.
Anche la scienza naturale ha lo stesso fine.
Filosofia come quadrifarmaco:
1. liberare dal timore degli dei (non si occupano delle faccende umane)
2. liberare dal timore della morte (quando c’è lei non ci siamo noi e viceversa)
3. raggiungibilità del piacere
4. lontananza dal male (il dolore è breve e provvisorio).
Tre parti della filosofia: canonica, fisica, etica
CANONICA = logica. Fornisce il canone della verità. La realtà è conoscibile.
Canone della verità:
Sensazioni: flusso degli atomi produce eidola (immagini). L’unione di più immagini
produce immagini fantastiche.
Anticipazioni (prolessi): concetti=immagini durature e conservate nella memoria che
servono ad anticipare l’esperienza.
Emozioni: cioè piacere o dolore.
Le sensazioni sono sempre evidenti. La norma delle anticipazioni sono le sensazioni. Criterio logico-gnoseologico.
L’errore non risiede nelle sensazioni ma nell’opinione ce vi aggiungiamo.
Le emozioni (piacere e dolore) sono il criterio in sede pratica.
La meraviglia non è vista positivamente (come fonte di conoscenza), ma negativamente (come apertura di uno squarcio,
di una curiosità che va subito eliminata, perché contraria alla serenità interiore)
FISICA
Ha lo scopo di spiegare il mondo senza ricorso al soprannaturale  liberare l’uomo dal timore di forze sconosciute e
misteriose.
La fisica è materialistica, meccanicistica. Come gli Stoici, anche per Epicureo tutto è corpo. I corpi sono composti di
atomi, particelle indivisibili che si muovono nel vuoto (che è l’unica cosa incorporea).
Se la realtà fosse divisibile all’infinito, si annienterebbe nel nulla  atomi
Se tutto fosse pieno non sarebbe possibile il movimento  vuoto
Il numero degli atomi, per quanto indeterminabile, è finito.
Il moto degli atomi non è né finalistico né provvidenziale. Contro gli Stoici, gli Epicurei escludono disegno razionale
o divino: per dimostrarlo partono dalla presenza del male: se Dio può eliminarlo e non lo fa, allora è malvagio. Se
non può eliminarlo, allora è impotente. Dunque o è una divinità malvagia, o non è una divinità, oppure esiste ma non
si cura affatto delle faccende umane.
Il moto degli atomi è l’unica legge. A causa del loro peso cadono in verticale in linea retta. Si aggregano in virtù di
deviazioni (clinàmen, termine in realtà latino, utilizzato da Lucrezio, ma ragionevolmente attribuibile a Epicuro)
casuali. La deviazione è l’unico evento casuale. Tutto ciò che ne deriva è soggetto alla necessità.
Effluvi  veridicità delle sensazioni
Poiché l’uomo ha l’immagine delle divinità, queste devono esistere. Tuttavia esistono negli spazi vuoti del mondo e non
si curano delle vicende umane.
Ogni cura di questo tipo, infatti, è contraria alla loro beatitudine. L’uomo li onora non per il timore che ne ha, ma per la
loro eccellenza.
ANTROPOLOGIA
L’anima dell’uomo è fatta di atomi più sottili e rotondi. Con la morte l’anima si disgrega e, con essa, anche ogni
sensazione. Dunque è stolto temerla. (Lettera e Meneceo)
L’anima è divisa in una parte vegetativa e in una intellettiva. Quest’ultima non è mescolata con gli atomi del corpo,
come lo è la prima, e per questo si può ignorare il dolore fisico.
ETICA
La felicità consiste nel piacere. Il piacere è il criterio della scelta e dell’avversione: si tende al piacere, si sfugge il
dolore.
Il piacere può essere:
- in movimento=gioia e letizia
- stabile=assenza di turbamento (atarassia) e di dolore (aponia)
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Solo il piacere stabile porta alla vita beata. Esso non consiste dunque nella ricerca dei piaceri mobili, ma nella
completa assenza di dolore e turbamento.
Concezione negativa del piacere  limitazione dei bisogni.
I desideri possono essere:
naturali e necessari (quelli per la sopravvivenza dell’organismo)
naturali e non necessari (mangiare cibi raffinati, vestire con eleganza, ecc.)
non-naturali e non-necessari (ricchezza, fama, potere, onore, ecc.)
Solo quelli naturali e necessari vanno appagati  non abbandono al piacere, ma calcolo e misura del piacere
attraverso la saggezza e l’autarchia (dominio della propria mente)
Si tratta comunque di piaceri sensibili, perché anche il piacere mentale e spirituale, afferma Epicuro, non è altro che la
speranza del piacere sensibile.
Predica infine l’amicizia come bene in sé e la lontananza dalla politica, fonte di turbamento: vivi nascosto.
C. SCETTICISMO
Non è una vera e propria ricerca filosofica, perché la sua tesi fondamentale è che l’uomo non può accedere alla verità
ultima delle cose.
Deriva da sképsis = indagine, ricerca, dubbio  erano ricercatori perché sostenevano di non sapere nulla.
La quiete dello spirito non si raggiunge accettando una dottrina, ma rifiutando ogni dottrina. Si autodefinivano
aporeti=senza opinioni
L’indagine filosofica è subordinata ad un fine pratico: l’ottenimento della pace interiore
C’è una tendenza a banalizzare lo scetticismo = negazione della realtà
In realtà, gli scettici non negano l’esistenza delle cose, ma la validità conclusiva delle teorie che pretendono di spiegare
tutto.
Gli scettici, inoltre, presentavano le loro stesse idee non come dottrine dogmatiche, ma come ipotesi.
In quanto alla vita pratica, gli scettici ammettono criteri per orientarsi: convenzione e utilità (Pirrone, Sesto Empirico),
ragionevolezza (Arcesilao, Carneade).
Non fu comunque una scuola a sé, ma un indirizzo seguito da tre scuole distinte:
1. Pirrone di Elide (al tempo di Alessando Magno)
2. Media e nuova Accademia
3. scettici posteriori
1. PIRRONE
Nasce intorno al 365 a.C. Morì verso il 270 a.C.
Le sue dottrine ci sono note attraverso Diogene Laerzio.
A Elide apparteneva ad un gruppo di socratici.
Fu contemporaneo di Aristotele e partecipò come soldato alle campagne di Alessandro Magno.
Studiò la filosofia di Democrito, da cui derivò la inaffidabilità delle sensazioni (cf. con Epicuro).
Non ci sono cose vere o falso, belle o brutte, buone o cattive per natura, ma solo per convenzione, per abitudine, negli
usi e costumi.
Non credeva nelle teorie, perché, ripetendo un verso di Omero, «la parola è vana e molti sono i discorsi».
Riteneva che tra la vita e la morte non c’è alcuna differenza. Alla domanda perché allora non si suicidasse, rispondeva
appunto perché non fa alcuna differenza.
Data l’inattingibilità della realtà ultima, dinanzi ad essa l’uomo non può che sospendere il giudizio (epoché). Solo tale
atteggiamento riesce a procurare l’atarassia, imperturbabile serenità della mente. Il “sapiente” così guarda con distacco
le dispute metafisiche che, per lui, non sono che guerre di parole su cui è impossibile decidersi.
Criteri per essere felici: risposta a tre domande:
1. guardare come sono le cose
2. quale deve essere la nostra disposizione verso di esse
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3. che cosa ne deriva comportandoci come 2.
Risposte:
1. le cose sono senza differenze naturali e senza stabilità: mutevoli e incerte
2. il saggio, per non ingannarsi, non deve fidarsi delle sensazioni né sostenere opinioni.
3. in tal modo si ottiene l’autarchia e l’indifferenza  serenità
Timone, allievo di Pirrone, sosteneva addirittura l’afasia, cioè l’atteggiamento per cui non ci si pronuncia affatto sulle
cose che non si possono conoscere.
Si possono esprimere solo emozioni e opinioni, non fare affermazioni.
2. MEDIA E NUOVA ACCADEMIA.
I filosofi dell’Accademia platonica ripresero l’insegnamento di Pirrone dopo la sua morte. Il motivo derivava dalla tesi
di Platone che il mondo sensibile è solo falsità e apparenza. Il mondo delle idee, dato il suo carattere, era troppo distante
dagli interessi pratici di questo periodo. Perciò, rimaneva soltanto l’idea di una impossibilità di conoscere con certezza
le cose del mondo.
Arcesilao di Pitane (315-241 a.C.)
(scetticismo moderato) Siccome non si può essere certi di niente, nemmeno della propria ignoranza, si può fare
affidamento solo sulla ragionevolezza, buon senso.
Carneade di Cirene (214-129 a.C.) fondatore della nuova Accademia.
Negava ogni criterio di verità, soprattutto in riferimento a quello stoico della rappr. catalettica.
Invece, sosteneva che ci possono essere criteri di credibilità: scegliere le opinioni più plausibili  rappresentazione
persuasiva o probabile
3. ULTIMI SCETTICI
Abbandonato dai filosofi dell’Accademia, lo scetticismo fu ripreso da filosofi isolati.
Enesidemo di Crosso (vissuto intorno al 43 a.C.).
Enumera dieci modi (o tropi) per giungere alla sospensione del giudizio (dieci modi per togliere valore assoluto alla
conoscenza umana e considerarla puramente relativa). Occorre riconoscere che le conoscenze variano:
1. a seconda dei diversi animali
2. a seconda dei diversi uomini
3. per diversità reciproca
4. per le circostanze in cui si acquistano
5. per il tempo e il luogo in cui ricorrono
6. per le varie mescolanze in cui si trovano
7. per la quantità e composizione degli oggetti che le producono
8. per la variabilità della loro relazione con il soggetto che giudica
9. per la frequenza degli incontri tra esse e il soggetto
10. per l’educazione,le leggi e le credenze umane.
Sesto Empirico (180-214 d.C. circa)
Possediamo: Schizzi pirroniani, 2 opere Contro i matematici
Màthema= scienza  matematici=cultori delle scienze
Questi scritti sono una sorta di summa dello scetticismo antico.
Sesto combatte:
- deduzione: è per lui sempre un circolo vizioso (diallele). Quando si dice “Ogni uomo è animale. Socrate è uomo.
Socrate è animale”, non si potrebbe porre la premessa se già non si ritenesse dimostrata la conclusione.
- induzione: non è sicura, perché parte dall’esame di alcuni casi e ne lascia fuori altri che potrebbero benissimo
smentirla (cf. Popper)
- causalità: si dice che la causa produce l’effetto. Dunque deve preesistere all’effetto come causa. Ma non può essere
causa prima di essere causa.
- teologia stoica: Dio non può essere corporeo, perché altrimenti si dissolverebbe. Non può vivere, perché altrimenti
proverebbe piacere e dolore e non sarebbe imperturbabile. Se Dio ha tutte le virtù avrebbe anche il coraggio, ma ciò
significherebbe che c’è qualcosa che potrebbe temere, il che è assurdo.
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Il vero scettico, così, non può che sospendere il giudizio. Non può nemmeno essere sicuro della propria ignoranza. Deve
limitarsi alla sola ricerca, seguendo i bisogni del corpo, le tradizioni e le leggi del proprio paese, le regole delle arti, i
sensi.
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