UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI BERGAMO Facoltà di Lingue e Letterature Straniere LA MEMORIA NELLA NARRATIVA DI ANTONIO MUÑOZ MOLINA Relatore: Ch.ma Prof.ssa Margherita BERNARD Correlatore: Ch.mo Prof. Gabriele MORELLI Tesi di Laurea di: Stefania Mazzoleni Matr. N. 12691. W Anno Accademico 1998/1999 1 Indice 1. QUADRO STORICO E LETTERARIO DI UN’EPOCA ....... 4 1.1. PROFILO STORICO ........................................................................ 4 1.2. PROFILO LETTERARIO.................................................................. 9 1.2.1. Letteratura e autori degli anni cinquanta............................ 9 1.2.2. Letteratura e autori degli anni sessanta ............................ 12 1.2.3. Letteratura e autori degli anni settanta ............................. 13 1.2.4. Letteratura e autori dagli anni ottanta ad oggi ................. 15 2. ANTONIO MUÑOZ MOLINA ................................................ 22 2.1. LA VITA ...................................................................................... 22 2.2. LE OPERE ................................................................................... 25 3. LA MEMORIA NELLA NARRATIVA DI ANTONIO MUÑOZ MOLINA..................................................................... 63 3.1. LA MEMORIA .............................................................................. 63 3.1.1. La memoria tramandata..................................................... 64 3.1.2. La musica ........................................................................... 69 3.1.3. La storia e i luoghi di memoria.......................................... 75 3.1.4. Gli oggetti........................................................................... 87 CONCLUSIONE ............................................................................. 109 BIBLIOGRAFIA............................................................................. 112 2 3 1. Quadro storico e letterario di un’epoca 1.1. Profilo storico Dal 1939 al 1975 la realtà spagnola è condizionata dal risultato della guerra civile che durò dal 1936 al 1939 e che oppose la repubblica spagnola governata dalle sinistre coalizzate nel fronte Popolare, alle forze insurrezionali della destra. Durante il regime di Francisco Franco che dura quarant’anni, c’è una repressione sanguinosa della popolazione economicamente più debole, sono anni di censura che influiscono sull’economia, la politica e la cultura. Il generale Francisco Franco (1892-1975) rimane al governo dal 1939 (anno in cui assume la guida dello Stato con il titolo di Generalissimo) al 1975 (anno della sua morte). Egli assume le cariche di primo ministro e di comandante in capo dell’esercito, instaurando un regime filo-fascista. Gli strascichi del conflitto sono pesanti: 400.000 repubblicani sono costretti all’esilio, più di un milione di oppositori al regime trascorrono la vita in prigione o nei campi di lavoro, altri sono giustiziati. Durante la guerra civile Francisco Franco riceve il pieno appoggio della Germania nazista e dell’Italia fascista ma, allo scoppio della seconda guerra mondiale, la Spagna non si unisce ai paesi dell’Asse (Germania, Italia, Giappone) e vista la debole condizione economica, politica e sociale in cui versa il paese il Generalissimo dichiara la neutralità della Spagna concordando con Hitler e Mussolini una strategia di collaborazione. Alla fine del conflitto c’è il timore, da parte della classe dirigente, che i vincitori impongano allo stato la restaurazione della democrazia liberale, ma non è così, Franco con l’avvento della “guerra fredda”1 si dichiara anticomunista e abbandona la linea fascista. 1 Conflitto che dalla seconda metà del 1945 ha visto protagonisti gli USA e l’URSS, usciti dalla seconda guerra mondiale come le sole due superpotenze. Il conflitto non è sfociato in uno scontro armato bensì in uno stato di continua tensione economica e diplomatica tra gli stati che costituivano i blocchi formatisi attorno alle due potenze. La durezza del confronto nasce dall’inconciliabilità delle ideologie poste alla base dei due sistemi politico-economici. 4 Con questa presa di posizione il “caudillo”2 può continuare a governare ma il paese versa in gravi condizioni economiche, (fame, razionamento del cibo…) e anche le vie di comunicazioni subiscono degli enormi danni. Nel 1950 c’è la svolta con la revoca, da parte dell’O.N.U, delle misure restrittive economiche e politiche adottate contro il regime franchista. Nel 1957 salgono al potere i tecnocrati e quello stesso anno Franco affida parte dell’amministrazione all’ammiraglio Luis Carrero Blanco, ucciso durante un attentato nel 1973, e ai funzionari religiosi dell’Opus Dei3. Sulle idee e sulle decisioni del dittatore pesano, soprattutto, la sua professione militare, il suo paternalismo sociale e la sfiducia nel parlamento. Il regime basa la sua propaganda sui miti nazionalistici: la sostenuta lotta eroica del popolo lungo la sua storia, la tendenza all’unità e centralizzazione, la fede cattolica come anima e sostegno della nazione. Tutto questo è battezzato nazionalcattolicesimo perché la chiesa trae beneficio dai buoni rapporti instaurati con la dittatura. Gli Stati Uniti contribuiscono al recupero economico con aiuti finanziari; nel 1959 il governo spagnolo pubblica un programma di stabilizzazione elaborato dai ministri Ullastres e Navarro Rubio, con il quale cerca di introdurre il paese negli organismi economici internazionali. Le basi di questo piano sono le seguenti: svalutazione della peseta, restrizione della spesa pubblica e privata, liberalizzazione del commercio estero. Il decennio degli anni ‘60 è il più espansivo della storia della Spagna. Tre fattori influiscono maggiormente: i forti investimenti stranieri (attratti dal basso salario e dalla sicurezza che offre il regime), l’affluenza del turismo e l’emigrazione dei lavoratori nel resto d’Europa. 2 Termine che indica il leader indiscusso di una formazione politica o di un regime autoritario, perlopiù con connotazioni militari. Il titolo fu adottato da Franco dopo il successo conseguito nella guerra civile spagnola. 3 Organizzazione cattolica di orientamento tradizionalista, fondato, nel 1928 dallo spagnolo José María Escrivá de Balaguer. L’organizzazione gestisce direttamente numerose istituzioni economiche e culturali. Essa suscita diffidenza relativamente alla presunta influenza politica che alcuni membri avrebbero. Si ricorda, a questo proposito, l’appartenenza di alcuni ministri del governo di Franco. 5 Il 1967 e il 1968 sono anni di tensione politico-sociale, un particolare accenno merita le agitazioni degli indipendentisti baschi dell’ETA4 che cercano di ottenere l’autonomia amministrativa. Sono di questi anni le esplosioni di proteste studentesche e popolari a Barcellona e Madrid. In questi anni di crisi nasce la “legge organica dello stato” proposta dal capo di Stato e approvata con referendum nel 1966. Questa legge definisce la Spagna regno e il caudillo, pur mantenendo il ruolo di capo di stato a vita, designa come suo successore il principe Juan Carlos di Borbone, l’attuale re di Spagna (nipote di Alfonso XIII). Egli sale al trono nel 1975 alla morte di Franco con il nome di Juan Carlos I. Il nuovo candidato a governare è stato scelto per la sua appartenenza al ramo borbonico che ha regnato in Spagna fino al 1931. Il generalissimo predispone una serie di riforme istituzionali che, alla sua morte, garantiranno un passaggio senza scosse ad un sistema di governo tendenzialmente democratico. Nel 1973 ci sono due avvenimenti che colpiscono la Spagna: la crisi del petrolio e l’assassinio di Carrero Blanco, uomo di fiducia di Franco. Il nuovo capo dell’esecutivo, Carlos Arías Navarro, annuncia un programma di riforme, tra cui la libera associazione politica, proibita fin dal 1939. I falangisti5 estremisti cercano di boicottare la linea politica di Arías, ma la morte di Franco ferma il tentativo di svolta reazionaria. Nel 1975 con la morte del generalissimo si prospetta per la Spagna l’inizio di una nuova epoca.6 4 Il termine significa “patria basca e libertà”. Il movimento è sorto nel 1959 con lo scopo di costituire i territori baschi, della Spagna del nord, in stato sovrano e indipendente. Dopo il ritorno della democrazia l’ETA, pur fiancheggiata dal partito politico legale Herri Batasuna, ha continuato a perseguire i propri obiettivi attraverso azioni terroristiche, che hanno segnato il crescente isolamento tra le stesse forze nazionaliste basche dopo la riforma costituzionale del 1979 che ha concesso l’autonomia al paese basco. 5 Appartenenti alla Falange Nazionalista, movimento politico di ispirazione fascista, fondato a Madrid nel 1933 da José Antonio Primo de Rivera. Il movimento esaltava lo stato forte e prendendo a modello la dittatura di Benito Mussolini in Italia, rifiutava la repubblica, il multipartitismo, il capitalismo, il marxismo, (in particolare la lotta di classe), teorizzando un regime corporativo in cui il governo mediasse i diversi interessi economici e sociali. Nel corso della guerra civile i suoi appartenenti sostennero il generale Francisco Franco. 6 Cfr. Octavio Paz, “La busqueda del presente”, a cura di Francisco Rico, Historia y crítica de la literatura española IX “los nuevos nombres 1975-1990”, vol. 9, Darío Villanueva, Crítica, Barcelona, 1992, pp. 40-72. 6 Juan Carlos salito al trono favorisce un processo di piena democratizzazione, ma interessi più forti giocano contro i cambiamenti. Nel 1976 il re affida il governo nelle mani di Adolfo Suárez il quale attua con successo una riforma politica che ha come scopo di smantellare l’apparato franchista e governare la Spagna con un sistema simile a quello utilizzato dalle monarchie democratiche europee. Il processo di democratizzazione inizia con la legalizzazione dei partiti politici e prosegue con le elezioni del 1977 terminate con la vittoria dell’U.C.D (Unión del Centro Democratico) La democratizzazione delle istituzioni, iniziata nel 1975 dopo la morte del dittatore, porta all’elaborazione della Costituzione, approvata con referendum nel dicembre del 1978 Il patto della Moncloa (1977) stipulato dai principali partiti e sindacati, permette di realizzare un piano di stabilizzazione con la creazione rapida di infrastrutture, dalla ristrutturazione delle città alla creazione di scuole, e un’intensificazione e modernizzazione della rete viaria. Nel 1978 è approvata la Costituzione attraverso un referendum che definisce la Spagna una monarchia parlamentare. Nelle elezioni del 1979 trionfa nuovamente l’U.C.D, tuttavia, in quelle municipali dello stesso anno, i partiti nazionalisti e di sinistra ottengono il controllo delle principali popolazioni. Nel 1981 Suárez, a causa della crisi economica crescente e della frammentazione tra coloro che lo hanno sostenuto, consegna le dimissioni ed è sostituito da Leopoldo Calvo Sotelo, il cui programma consiste nella lotta al terrorismo. Quello stesso anno, il 23 febbraio, un distaccamento di duecento guardie civili occupa il Congresso e fa prigionieri alcuni deputati, ma il tentativo di golpe è sventato dall’intervento del re che richiama i militari insorti ai loro doveri di fedeltà verso la nazione. Nel 1982 sono indette le elezioni da cui esce vincitore il P.S.O.E (Partido Socialista Obrero Español), di Felipe Gonzáles Márquez mentre un altro partito l’ A.P (Alianza Popular) diventa la seconda forza politica del paese. Il governo socialista promulga una serie di riforme per combattere la grave crisi economica non dimenticando il terrorismo e le questioni sociali. 7 Per quanto riguarda la crisi economica il governo ottiene ottimi risultati soprattutto nel combattere l’inflazione, inizia la riconversione dell’industria siderurgica, che provoca contrasti con i lavoratori del settore. Con l’entrata della Spagna nella NATO e nella CEE, nel decennio 19801990, ci sono stati dei grandi cambiamenti sul piano politico-economico internazionale che hanno portato allo sviluppo crescente del paese. Nei primi anni novanta alcuni scandali hanno minato l’affidabilità del P.S.O.E che alle elezioni del 1996 è sconfitto dal P.P.E (Partido Popular Español) di Aznar.7 7 Cfr. Ramón Tamames, La España alternativa, Madrid, Espasa Calpe, 1993, pp. 79-115. 8 1.2. Profilo letterario 1.2.1. Letteratura e autori degli anni cinquanta Due opere, La familia de Pascual Duarte (1942) di Camilo José Cela e Nada (1944) di Carmen Laforet, rappresentano l’inizio della rinascita del romanzo spagnolo del dopoguerra. Queste due opere fecero parlare e servirono da stimolo ai giovani scrittori. La familia de Pascual Duarte inaugurò il chiamato tremendismo, un realismo che si caratterizzava per la violenza e la crudezza degli episodi descritti. Nada è, invece, il primo romanzo in Spagna dove si riflette sulle conseguenze della guerra civile. Il libro impressiona per la rivelazione dell'assoluto vuoto spirituale e morale di una gioventù che ha perso la fede in ogni classe di valori. In queste due opere il realismo significa diverse cose: una comprensione della realtà sociale di quegli anni, e anche una descrizione delle relazioni che esistono tra i romanzieri creatori e la realtà oggettiva, sociale e politica. Gli scrittori cominciano a riflettere il clima di oppressione e di desolazione nel quale vivono, e scelgono di esprimersi attraverso una modalità realista.8 Il neorealismo ha influenzato la maggior parte degli scrittori degli anni cinquanta e degli anni sessanta. In proposito è stato pubblicato un articolo da José María Castellet9, e un libro da Manuel García Viñó10. Una frase di Juan Arbò “la volontà di vivere sotto la brutalità della vita”11 esprime il significato filosofico del neorealismo in Spagna. A partire da questa decade abbiamo in Spagna opere con caratteristiche comuni; gli autori scrivono romanzi che parlano della vita collettiva di sfere sociali depresse, per esempio la dura esistenza che il contadino spagnolo conduce nei paesi aridi in cui vive e i sobborghi delle città sono descritti nella loro crudezza e miseria. Gli scrittori vogliono mostrare al lettore l’esistenza di queste 8 Cfr. Juan Ignacio Ferreras, La novela en el siglo XX (desde 1939), Madrid, Taurus, 1988, p. 18. José María Castellet, “Veinte años de novela española (1942-1962) ”, in Cuadernos americanos, 1963 (gennaio-febbraio), pp. 290-295. 10 Manuel García Viñó, Novela española actual, Madrid, Guadarrama, 1967. 9 9 persone, attraverso un romanzo che assomigli ad un documentario o ad un reportage giornalistico. La novità risiede nel modo in cui il narratore manipola la materia letteraria utilizzando una frase corta, una sintassi semplice, il verbo all’indicativo e l’uso, come nel cinema, del montaggio. I temi fondamentali delle opere di questo periodo sono la solitudine sociale, la guerra come ricordo e le sue conseguenze. I personaggi di questi romanzi sono contadini o cittadini alla ricerca della propria identità.12 Nella decade 1950-1960 nasce, nelle aule universitarie, una nuova generazione di scrittori che si divide in due gruppi; il primo è composto dai rinnovatori puri della tecnica romanzesca, o se si vuole del realismo tradizionale, il secondo invece va verso una tendenza che si libera del realismo rinnovato e restaurato per materializzarsi in un autentico e nuovo romanzo. Ognuno di questi scrittori apporta, con le sue tecniche personali e la sua visione romanzesca del mondo, dei rinnovamenti. Luis Romero ottiene il premio Nadal e ha successo con il romanzo La noria (1952). In questo romanzo ci sono molti personaggi che sfilano per le pagine dell’opera con l’intento di mostrarci la fauna di una città. Nel 1954 sono pubblicati alcuni romanzi che rispecchiano appieno questa tendenza neorealista: El fulgor y la sangre di Ignacio Aldecoa, Los bravos di Jesús Fernández Santos, Juegos de manos di Juan Goytisolo. Grande innovatore stilistico del realismo è Ignacio Aldecoa. Lo caratterizzano due tratti: la simpatia umana che traspare dai suoi racconti e il dominio del linguaggio. Egli ha alcune caratteristiche comuni a Baroja come la preoccupazione sociale, la predilezione per gli umili e per le trilogie. El fulgor y la sangre (1954) è un romanzo dove è rilevante l’angoscia delle spose di alcune guardie civili che sono in attesa di sapere qual è lo sposo ucciso da un gitano. Nel secondo romanzo Con el viento solano (1956) ricrea la vita degli zingari ed è scoperto l’assassino della guardia civile morta nel primo romanzo. 11 Sebastían Juan Arbò, Relatos del Delta, Barcelona, Mateu, 1965, p. 165. Cfr. María Dolores Asís Garrote, “ Antonio Muñoz Molina, Premio Nacional de Literatura y de la Crítica 1988”, in Última hora de la novela en España, Madrid, Eudema, 1990, pp. 27-33. 12 10 Una prosa laboriosa, ricca e una costruzione organizzata sono le tre caratteristiche di questi romanzi. Postuma è stata pubblicata una raccolta di suoi racconti intitolata Cuentos Completos (1973). Un altro autore è Jésus Fernández Santos che, nella sua prima opera Los bravos (1954), descrive un popolo delle montagne dove i protagonisti sembrano diluirsi in un universo chiuso nel quale il problema principale è la lotta per la sopravvivenza. In En la hoguera (1957) c’è il predominio del dialogo sulla narrazione, l’autore con continui dislocamenti ci conduce da una vita all’altra, in un mondo di seduzione, violenze, meschinità e, soprattutto, solitudine spirituale e pensieri di morte. I temi principali delle sue opere sono: il reportage sociale, la critica della borghesia e la descrizione di poveri contadini, vittime di situazioni ingiuste. Juan Goytisolo si situa in un primo momento tra i rinnovatori del realismo, lui stesso chiama i suoi primi romanzi opere “del realismo poetico” ed esse appaiono già con una certa carica di critica sociale. In Juego de manos (1954) l’autore presenta una gioventù cinica, anarchica e amorale dove alcuni giovani ribelli cercano di uscire dalla monotonia, commettendo un omicidio per vendicarsi della società di cui si sentono vittime. Fiestas (1958), El Circo (1957) e La resaca (1958) sono tre romanzi classificati dall’autore con il verso machadiano “el mañana efímero” e hanno le caratteristiche del romanzo sociale. Nel 1956 il romanzo El Jarama, di Rafaél Sánchez Ferlosio, ha molto successo. Con questo libro l’autore crea una nuova tecnica neorealista, oggettivista, è la bibbia spagnola del realismo oggettivo. Sánchez Ferlosio cerca di costruire un universo a partire da una supposta libertà concessa ai suoi personaggi; questi si muovono e parlano, si parlano e muovono, ma non dicono niente di importante. Il romanzo è importante per la letteratura spagnola del dopoguerra perché mostra un’indiscussa abilità tecnica dello scrittore. La scrittrice Carmen Martín Gaite inizia a pubblicare nel 1955 El balneario, nel 1958 scrive uno dei suoi più bei romanzi, Entre visillos, che rappresenta la visione interiorizzata dell'universo di alcuni giovani di provincia che contemplano il mondo esterno attraverso le tende delle finestre, sentono la 11 minaccia della solitudine e, soprattutto, del celibato. L’autrice si interessa degli effetti che l’esterno provoca alla personalità dei suoi personaggi e vuole decentrare la relazione universo-protagonista e approfondire il mondo interiore del protagonista.13 1.2.2. Letteratura e autori degli anni sessanta Il nuovo romanzo inizia negli anni sessanta dopo il restauro e il rinnovamento del realismo. Tale realismo, che chiede omologazioni e paralleli tra realtà oggettiva e universo romanzesco, entra in crisi in questa decade. Negli anni ‘60 molti scrittori realisti tradizionali e, soprattutto, sociali abbandonano il realismo e iniziano a scrivere seguendo gli orientamenti degli scrittori chiamati rinnovatori intellettuali.14 Con Tiempo de silencio (1962), Luis Martín Santos unisce tutte le tendenze romanzesche del dopoguerra ma, allo stesso tempo, sembra non appartenere a nessuna particolare tendenza e inaugura il cosiddetto romanzo sperimentale. Da notare in questo romanzo la sovrapposizione di varie strutture narrative, alcune digressioni storiche, il cambio di tono e stile secondo le necessità della storia. L’autore sembra passare da un mondo all’altro, da una struttura ad un'altra senza problemi e quello che vuole raccontare non è la storia di un singolo, ma dell’umanità. Caratteristiche di questo romanzo sono: la visione acuta e pessimista della realtà, la sensibilità della memoria e il suo potere analitico, la critica di una determinata società e dell’umanità. Tiempo de silencio rompe in modo definitivo con qualsiasi forma di realismo e con ogni tipo di intellettualismo della decade precedente; si può parlare di romanzo aperto per la comparsa di tecniche combinate, del trionfo dell’immaginazione e della riflessione.15 L’impatto del nuovo romanzo è sentito anche da scrittori come Cela che con Visperas, festividad y octava de San Camilo de 1936 en Madrid (1963) rompe, in parte, con il passato, mentre Gonzalo 13 Cfr. Juan Ignacio Ferreras, La novela en el siglo XX (desde 1939), Madrid, Taurus, pp. 46-62. Ibídem, p. 73. 15 Ibídem, pp. 79-80. 14 12 Torrente Ballester si dimentica del realismo e cerca con Don Juan e Off-Side (1969) un indirizzo più intellettuale. Miguel Delibes è un classico per la visione personale e caratteristica della vita umana i cui eroi sono degli individualisti. Per quanto riguarda lo stile, la prima epoca è caratterizzata da una narrazione tradizionale di tipo realista attraversata da una tendenza all’introspezione, dove c’è un personaggio protagonista e solitario. Ad essa appartengono La sombra del ciprés es alargada, Aún es día e Mi idolatrado hijo Sisí: La seconda punta ad una semplicità più moderna dove predomina un sentimento di solidarietà umana, tutto questo è presente in El camino. Il realismo di Delibes con Cinco horas con Mario (1966), sopravvive ma la struttura è rinnovata completamente.16 Da questo momento il nuovo romanzo non è obbligato a fare riferimento alla realtà oggettiva e le sue principali caratteristiche sono: l’intento di rinnovamento tematico, l’assimilazione di tecniche narrative moderne (monologo interiore, ricorso al nuovo romanzo francese) e il linguaggio neobarocco. In questi anni si ode la voce dei critici contro il neorealismo accusato di mancanza di immaginazione e di ambizione. Le nuove tendenze in parte derivano dalle tendenze precedenti, quelle nate dal dopoguerra, e in parte sono la negazione di queste o la loro rielaborazione. Esse si possono suddividere in: romanzo metafisico, sperimentale, etico, realismo magico e romanzo di fantascienza, della guerra e dopoguerra, del discorso ludico, storico, erotico, di suspense. 1.2.3. Letteratura e autori degli anni settanta Il cambiamento avvenuto negli anni sessanta e l’apparizione di un nuovo romanzo, hanno aperto nuove prospettive agli autori degli anni settanta. In questi anni il realismo tradizionale e rinnovato apparso nella decade precedente non scompare, ma non è più predominante. Gli autori di questo periodo vogliono 16 Cfr. María Dolores Asís Garrote, op. cit., p. 59. 13 perfezionare l’opera dal punto di vista dello stile e della tecnica più che riflettere la realtà. Autori consacrati come Miguel Delibes e Carmen Martín Gaite cercano di arricchire la loro tecnica romanzesca. Carmen Martín Gaite, autrice di un mondo intimista e quasi lirico cerca con il suo romanzo El cuarto de atrás (1978) una nuova visione del realismo. L’opera, scritta in prima persona, narra la visita di un misterioso personaggio di fronte al quale la scrittrice si confessa cercando di fare un suo autoritratto tra intimista e realista. In questo periodo la struttura realista è impiegata in romanzi che raccontano il passato come La guerra de nuestros antepasados di Delibes o Retahílas di Martín Gaite. In questa decade l’apparizione del romanzo sperimentale non ha analogie con quello sperimentale o naturalista del XIX secolo. Nel romanzo sperimentale il testo diventa, a volte, un puro documento di testimonianza della fantasia di un autore. Alcuni autori di questa decade hanno influenzato la letteratura attuale tra questi figura Gonzalo Torrente Ballester che, con il romanzo La Saga/Fuga de JB. (1972), apre un nuovo capitolo per il romanzo spagnolo. Si tratta di un romanzo di epopea la cui struttura si costruisce su uno schema musicale. Nella sua opera ritroviamo, oltre al senso ludico, la riflessione. L’autore si confronta con la realtà attraverso l’uso della ragione e della fantasia. L’opera segna l’inizio della rivendicazione della fantasia nel romanzo spagnolo e la critica agli eccessi del romanzo sperimentale. Oltre a Saga/Fuga pubblica altri libri tra cui Fragmentos de Apocalipsís (1977), La isla de los jacintos cortados (1981), Dafne y ensueños (1982) e nel 1988 riceve il premio Planeta per Filomeno a mi pesar. 17 Juan Marsé, premio Planeta con La muchacha de las bragas de oro (1978), appartiene a quel gruppo di giovani scrittori che cercano un superamento della narrativa spagnola dal punto di vista delle tecniche adottate con una visione critica della realtà. La sua carriera narrativa inizia nel 1965 con Ultimas tardes con 17 Cfr. Ibídem, p. 188. 14 Teresa a cui fa seguito La oscura historia de la prima Montse (1970) e Si te dicen que caí (1973).18 1.2.4. Letteratura e autori dagli anni ottanta ad oggi In questi anni abbiamo un ritorno al realismo con l’inclinazione verso temi storici, grazie ai quali gli autori cercano di ricreare, mediante la fantasia, tempi e avvenimenti passati, costruendo il racconto su fatti recenti e documentati. Tra gli anni ottanta e novanta c’è il rifiorire del romanzo storico in Spagna. Si può parlare di due tendenze all’interno del romanzo storico, in una si parla di romanzo di “personaggi” nell’altra di romanzo di “spazio”. C’è l’utilizzo da parte dell’autore della tradizione romanzesca, perché coltiva un romanzo storico ambientato in un universo spagnolo il cui protagonista è spagnolo, tutto questo per dare un contenuto politico al romanzo. Infatti il romanzo storico di questi autori deve essere considerato un romanzo politico perché essi materializzano le loro preoccupazioni sociali e politiche in un passato storico recente. Questo romanzo possiamo considerarlo impegnato con la realtà presente alla quale vuole dare una risposta. In questa corrente non bisogna tralasciare i nomi di: Jesús Fernández Santos con Cabrera, Tomás Salvador con El Arzobispo pirata, Lourdes Ortiz con Urraca, Antonio Prieto con El embajador. Non bisogna poi dimenticare un altro romanzo che senza staccarsi completamente dalla realtà si allontana nel tempo e nello spazio per coltivare la struttura del romanzo storico tradizionale. Tra questi ricordiamo, Terenci Moix con Nuestra Virgen de los mártires e Félix de Azúa con Mansura.19 L’opera dei giovani scrittori di questa decade non presenta né unità strutturale né stilistica ma si indirizza verso la costruzione di temi autenticamente romanzeschi. In questa letteratura l’intimismo è un elemento fondamentale, l’ambito privato ha sostituito il collettivo, l’attenzione rimane centrata sull’io e 18 Ibídem, pp. 196-220. Cfr. Juan Ignacio Ferreras, op. cit., pp. 102-105. 19 15 non sui problemi del nostro tempo, predominano lo scetticismo e la mancanza di impegno ideologico.20 In questi anni molti autori già consacrati, influenzati dalle correnti estetiche del momento, continuano a scrivere romanzi: Camilo José Cela Mazurca para dos muertos, Miguel Delibes 377 A Madera de héroe, Francisco Ayala Recuerdos y olvidos, Juan Goytisolo El pajaro solitario, Juan Marsé Teniente bravo. Juan Goytisolo mostra il suo talento letterario adeguandosi alle novità e ai cambiamenti intervenuti, con Makbara (1980) nel quale fa una ricerca di identità personale e del proprio paese, aspetto quest’ultimo ampliato al mondo civilizzato di oggi. Nel racconto Las virtudes del pájaro solitario (1988), utilizza il sostrato poetico di San Juan de la Cruz mentre La cuarantena (1991) è un libro attuale, ambientato durante la guerra del Golfo. In campo femminile abbiamo alcune scrittrici come Carmen Riera Cuestión de amor propio (1988), Teresa Marquina La verbena (1981), Esther Tusquets Siete miradas en un mismo paisaje (1981), Para no volver (1985), Montserrat Roig La hora violeta (1980), El canto de la juventud (1990). Nel panorama spagnolo ed europeo degli anni ‘80-‘90 ci sono molteplici tendenze: il romanzo fantastico, di avventura, storico, autobiografico o di memoria, di testimonianza, di cronaca o reportage, poematico e di metafinzione. Romanzo fantastico. Nella letteratura europea il rinascere della scrittura fantastica avviene come reazione al romanzo sperimentale o a quello che aveva sottomesso la scrittura ad un esercizio intellettuale. In Spagna inizia nel periodo chiamato del “neorealismo sociale”. A questo romanzo fantastico si riferisce gran parte dell’ultima produzione di Torrente Ballester, Crónica del rey pasmado (1990) e Las islas extraordinarias (1991). Anche Jesús Ferrero utilizza la fantasia nella sua opera ed elabora un mondo autonomo lontano dal presente nello spazio e nel tempo, separato da qualsiasi ideologia e alieno al mondo dei valori etici e morali. 20 Ibídem, pp. 129-130. 16 Tra il 1988 e il 1991 scrive: Opium, Lady Pepa, Fabulas puras, Alis el selvaje Pekin de la ciudad prohibida, Los reinos combatientes. Romanzo poliziesco e di avventura. Questo romanzo che si rifà alle origini del genere può avere diversi sottogeneri. La mera avventura e l’avventura mischiata con l’intrigo di tipo poliziesco. Il finale di questi romanzi è già stabilito e coinvolge il lettore. Molti sono gli scrittori che già a partire dagli anni settanta hanno notevole successo, Vázquez Montalbán con Asesinato al Comité Central (1981), La rosa de Alejandría (1984), El pianista (1985), El labirinto griego (1991), Eduardo Mendoza con La ciudad de los prodigios, El laberinto de las aceitunas e El misterio de la cripta embrujada, Juan José Millás con La visión del ahogado e Papel mojado, Javier Marías con Travesía del horizonte, Los dominios del lobo, Soledad Puértolas con El bandido doblemente armado. Romanzo poematico. Questo sottogenere copre un ampio campo della produzione narrativa attuale, le sue caratteristiche sono la soggettività, la penetrazione psicologica, la voce lirica, l’interiorizzazione e l’espressione mitica. Questo genere utilizza le seguenti forme: la prima persona narrativa, il monologo interiore, il fluire delle emozioni e delle sensazioni in relazione all’essere e allo stare nel mondo, l’utilizzo dell’universo dei simboli per plasmare aspetti ineffabili dell’esistenza, l’accentuazione del linguaggio poetico e la sensazione del trascorrere del tempo. I temi fondamentali sono: la morte, la vecchiaia, l’amore e la memoria. Julio Llamazares in La lluvia amarilla (1988), due libri di poemi, utilizza la lentezza come elemento dell’azione distruttrice del trascorrere del tempo e la memoria come qualità fondamentale per manifestare i suoi mondi fittizi. Si evolvono verso questo romanzo Sánchez Espeso con Narciso, Guelzebu, La mirada e Antonio Colinas con Larga carta a Francesca. Romanzo di metafinzione. Lo scopo di questo romanzo è indagare sulla relazione tra finzione e realtà. La metanovela ha una notevole influenza sul romanzo spagnolo degli ultimi anni, è il risultato di una revisione della poetica narrativa del realismo e del naturalismo. Gonzalo Sobejano propone come tema di 17 questo romanzo la ricerca del senso attraverso la scrittura cercando di favorire la pratica dell’ironia e il patto ludico con il lettore. Esempi di questo romanzo sono Gramática parda di Juan García Hortelano, La única libertad di Marina Mayoral o i romanzi di Luis Goytisolo raccolti sotto il titolo generale di “Antagonía”. Romanzo autobiografico e di memoria. Un io che in mezzo a contraddizioni si affanna a cercare la verità ultima del proprio essere, il tema del trascorrere del tempo è vincolato a quello della ricerca della propria identità attraverso la storia. L’immaginazione si intensifica man mano ci si allontana dal tempo in cui si vive. A questa corrente autobiografica appartengono opere come En los reinos de taifa di Goytisolo, Recuerdos y olvidos di Ayala, Barrio de maravillas di Chacel, Los escenarios de la memoria di Castelet, Cuando las horas veloces di Barral. Romanzo di testimonianza, cronaca o reportage. L’influenza del giornalismo nella narrativa contemporanea è evidente. Una forma molto utilizzata dai romanzieri attuali è la scrittura che si trova a metà tra finzione e reportage un’altra è quella usata da scrittori-giornalisti che scrivono valendosi di tecniche che derivano dalla redazione di notizie. I temi sono presi dalla realtà immediata e dolorosa come, per esempio, il terrorismo. 21 Uno di questi è Raul Guerra Garrido con El año del wolfram, La mar es mala mujer e Dulce objeto de amor. Un noto critico, Santos Sanz Villanueva, in un suo articolo definisce gli autori spagnoli, nati tra il 1939 ed il 1950, come generazione del ’68. Questo gruppo di scrittori è apparso a partire dagli anni ’70 ed ha rotto con l’epoca precedente, essi desiderano modernizzare il romanzo. Questi scrittori così diversi sono però accomunati da alcune caratteristiche: sono scrittori che hanno sofferto l’educazione restrittiva del dopoguerra, non si sentono eredi delle ideologie 21 Cfr. María Dolores Asís Garrote, op. cit., pp. 339-372. 18 paterne, la loro prima maturità letteraria coincide con l’apice dello strutturalismo del romanzo sperimentale.22 Uno di questi è Félix de Azúa. Nella sua scrittura c’è il gioco tra realtà e simbolismo quest’ultimo elaborato con elementi culturali e mitici come in Historia de un idiota contada por él mismo (1981) che si avvicina alla biografia con sequenze che vanno dall’infanzia dell’eroe fino all’evoluzione della sua personalità. Luis Mateo Diez nelle sue opere più rappresentative, La fuente de la edad (1986), El sueño y la herida (1987) e Brasas de Agosto (1989) tratta i temi dell’amore, della morte, del trascorrere del tempo. La scrittura di Vicente Molina Foix è pregna di dati cinematografici e forme visuali. Nel linguaggio egli mischia diversi discorsi come in La quimera soviética (1988) mentre una scrittura semplice, ambigua, con combinazioni di insinuazioni e simboli sono caratteristiche di José Millás. Il suo linguaggio pone in dubbio la realtà e l’esistenza umana, secondo lui il romanzo non deve compromettersi con la realtà e Letra muerta (1983), Papel mojado (1983), El desorden de tu nombre (1988), La soledad era esto (1990) ne sono un esempio. L’integrazione del particolare e dell’universale è tipico della narrativa di Javier Tomeo come anche il potere della fantasia. Umorismo e simboli si combinano per rivelare questo fondo allegorico della condizione umana, ne sono un esempio eclatante Historia minimas e Bestiario (1988), Amada monstruo (1985), El cazador de leones (1987). Alvaro Pombo concentra il suo realismo non solo nell’intrigo ma anche nello spessore psicologico dei personaggi, nei suoi scritti influisce molto la tradizione barocca e gli apporti del surrealismo avanguardista. Per i suoi romanzi El héroe de mansarda de Mansard (1983), El hijo adoptivo (1983), El metro de platino iridiado (1990) l’autore utilizza la struttura circolare e la narrazione in terza persona. 22 Cfr. Santos Sanz Villanueva, “El cuaderno. Manifiesto generación del ’68”, in El Urogallo, giugno 1988, p. 64. 19 In questo panorama letterario è doveroso ricordare alcune scrittrici e le loro opere: Marina Mayoral con Contra muerte y amor (1985), Unha árbore, un adeus e O reloxio de torre (1988), Lourdes Ortiz che riflette sulla condizione femminile in Los motivos de Circe (1988), Antes de la batalla (1992), Rosa Montero con Temblor (1990) e Soledad Puértolas che con Queda la noche ottiene il Premio Planeta nel 1989.23 In questi ultimi venti anni è apparso un gruppo di giovani scrittori nati negli anni ’50, e rappresentano la generazione che viene dopo quella che è stata chiamata del ’68. Tra le opere ricordiamo, La noche del tramoyista di Pedro Zarraluki, Las sombras rojas di Francisco J. Satué, El año de gracia di Cristina Fernández Cubas, La dama del Viento Sur di Javier García-Sánchez. Questi autori adottano diversi tipi di scrittura non ascrivendosi a nessun genere. Il primo annuncio dell’arrivo di questa nuova generazione di giovani autori si ha nel 1986 con la pubblicazione di Beatus ille di Antonio Muñoz Molina.24 Le sue opere sono un insieme di varie tendenze tra cui quella storica, fantastica, realista, di suspense e memorialista. Tra le sue opere più importanti figurano, Beatus ille, Beltenebros, El invierno en Lisboa, El jinete polaco di cui parlerò, più approfonditamente, nei prossimi capitoli. Concludendo posso affermare che nel dopoguerra si impone un romanzo di tipo realista, ma questo realismo di tipo tradizionale diventa con il trascorrere degli anni un realismo rinnovato che si appropria il più delle volte di temi, tecniche e linguaggi che provengono da altre tendenze. La struttura realista si trova sempre come parametro in tutta la narrativa ma a partire dagli anni sessanta e successivamente nasce, come già visto, una moltitudine di tendenze. Negli ultimi anni i giovani scrittori possono pubblicare con relativa facilità perché non è più un privilegio di autori consacrati, c’è un cambiamento nella relazione autore-lettore, una nuova apertura verso l’Europa e il Nord America, 23 Cfr. María Dolores Asís Garrote, op. cit., pp. 373-426. Cfr. Alejandro Gándara, “Aires Nuevos: 1984-1985”, a cura di Francisco Rico, Historia y crítica de la literatura española”, vol. 9, Darío Villanueva, Los nuevos nombres 1975-1990, Barcelona, Crítica, 1992, pp. 384-385. 24 20 qualcosa si sta muovendo nella letteratura spagnola come si vede dall’ingente quantità di opere tradotte e pubblicate in tutto il mondo. Questi autori producono ognuno la loro opera seguendo diversi modelli e interpretando ognuno a modo proprio il testo che stanno scrivendo. La nascita di giovani autori di indubbio talento letterario; è dovuto alla nuova generazione di lettori in grado di comprendere questo impulso di qualità che sostituisce gli scrittori che da tempo occupano la scena letteraria. 21 2. Antonio Muñoz Molina 2.1. La vita Antonio Muñoz Molina, giovane scrittore andaluso, nasce a Úbeda (Jaén) nel sud della Spagna nel 1956. L’ambiente in cui si sviluppa la sua educazione è quella dell’espansione economica degli anni sessanta e il momento della sua maturità letteraria coincide con la decadenza di ciò che in Spagna fu lo “sperimentalismo”. L’autore vive e cresce in un paese agricolo di provincia lontano dalle grandi città. Egli racconta che sin da bambino era solito recarsi alla biblioteca municipale a leggere, invece di andare a giocare a pallone o ritrovarsi al bar come facevano i suoi coetanei. La biblioteca municipale non aveva molti libri così doveva rileggerli o inventare delle nuove storie. Questo suo amore per la lettura ha avuto un ruolo importante nella formazione culturale dell’autore; egli leggeva di tutto, in particolare i romanzi di appendice (folletín), amava le illustrazioni lugubri e i personaggi allegorici e quando si ritrovava con i suoi amici amava raccontare i romanzi di avventura che aveva letto o ne inventava di suoi. Con la lettura, ancora bambino, di Ventimila leghe sotto i mari di Giulio Verne, l’autore scopre un personaggio che lo affascina, il capitano Nemo; grazie a Verne AMM può viaggiare e scoprire nuovi mondi, uscire dal mondo reale e proiettarsi in quello immaginario della fantasia. All’età di tredici o quattordici anni AMM legge gli articoli scritti da Julio Camba e rimane impressionato dal libro La ciudad automática (1932). Scrive in La realidad de la ficción a proposito di Camba “a mí me gusta mucho, y del que he aprendido a escribir artículos”.25 Arrivata l’età del servizio militare è inviato prima a Vitoria poi a San Sebastián, ed è da questa esperienza personale che nascerà il romanzo Ardor Guerrero (1995). 25 Antonio Muñoz Molina, La realidad de la ficción, Sevilla, Renacimiento, 1993, p. 57. 22 In seguito, egli decide di cimentarsi con poesie sullo stile di Bécquer, Neruda e García Lorca, ma comprende che non è ciò che gli permette di esprimere al meglio le sue idee, così si dedica al romanzo. Molti dei suoi romanzi più interessanti e di maggior qualità letteraria hanno preso spunto da storie di vita vissuta raccontategli dai suoi nonni durante l’infanzia. Questi racconti lo aiutano ad osservare con sguardo attento la realtà circostante e a riprodurla nei suoi scritti.26 Lo scopo principale dell’autore è “saber contar”. Quando si reca a Madrid per studiare giornalismo viene a contatto con una nuova realtà, a lui sconosciuta, quella cittadina. Purtroppo, non riesce a terminare gli studi così torna a Granada dove, nel 1974, si laurea in Storia dell’arte. In questa città lavora nell’amministrazione comunale ma ciò non lo soddisfa e si consola osservando la vita e le persone che lo circondano. A circa ventisei anni legge per la prima volta le prose di Baudelaire, Spleen de Paris, e decide che quella scrittura, capace di raccontare la vita quotidiana, sarà la sua vocazione. Dal 1982 al 1983 collabora con il giornale Diario de Granada e, successivamente, questi articoli saranno raccolti in un libro intitolato El Robinson urbano. Dal 1983 al 1984 collabora con altri giornali, Ideal di Granada e Las nuevas letras, e anche questi articoli saranno pubblicati in un libro intitolato Diario del Nautilus. Con il suo primo libro Beatus ille (1986) AMM ottiene un notevole successo ed apre il cammino ad una nuova generazione, quella degli anni ottanta. Dal 1987 al 1989 scrive per il giornale ABC e si dedica alla scrittura di racconti che saranno pubblicati in una raccolta intitolata Nada del otro mundo. Nel 1987 va a Lisbona su consiglio di un amico dove termina un’altra opera El invierno en Lisboa. Nel 1988 collabora con Diario 16, e l’anno successivo, 1989, è pubblicato un altro romanzo Beltenebros. 26 Cfr. Manuel María Morales Cuesta, La voz narrativa de Antonio Muñoz Molina, Barcelona, Octaedro, 1996, pp. 17-18. 23 Negli anni novanta l’autore continua a scrivere romanzi, racconti e articoli di giornale, inoltre tiene conferenze che diventano il mezzo attraverso cui comunicare le sue idee sul mondo della letteratura e della cultura ai suoi lettori. Nel 1990 si reca a Madrid per tenere una serie di conferenze all’Università Complutense e l’anno seguente ne tiene delle altre alla Fondazione Juan March. Nel 1991 ottiene il premio Planeta per il romanzo El jinete polaco, lo stesso anno la casa editrice Planeta gli commissiona un ritratto di Córdoba per la collezione “Ciudades en la historia” che prenderà il titolo di Córdoba de los Omeyas. Nel 1992 inizia la collaborazione con il quotidiano El País, e nel 1994 parte per gli Stati Uniti dove gli viene offerto un lavoro come docente universitario presso l’Università della Virginia, ma lo stesso anno ritorna a Madrid dove attualmente risiede con la sua compagna, la scrittrice Elvira Lindo. Egli ama affermare che spesso si sente come Balzac, un giovane uomo dal cuore puro arrivato dalla provincia che sogna di trovare nella capitale un luogo dove poter abbandonare le sue vecchie abitudini. Il suo sogno è sempre stato vivere in una città cosmopolita dove si incontrano diverse culture e dove poter fare diverse esperienze che il piccolo paese non offre. Nel 1994 viene pubblicato un altro romanzo El dueño del secreto. Attualmente scrive per i giornali, in particolare collabora con El País semanal. Egli ama fare giornalismo perché, è un’attività legata alla letteratura, insegnare all’università, tenere conferenze e continuare a scrivere opere. Il suo ultimo romanzo pubblicato si intitola Plenilunio (1997). 24 2.2. Le opere A partire dal 1982 inizia a pubblicare degli articoli per periodici locali come Diario de Granada e Olvidos de Granada. Dal maggio 1982 al giugno 1983, pubblica una serie di articoli sul quotidiano Diario de Granada, e a proposito di questi sostiene che: “en el artículo [io] comprimo todos los elementos de una novela, lo único que cambia es el espacio, un artículo es también una manera de sumergirse en otro tiempo distinto al de la ficción: mientras que la ficciones exigen reposo y continuidad, el artículo obedece a eso que, en el expresionismo abstracto americano, se llama identidad entre la idea y el acto. Cuando tardas horas en redactar cincuenta líneas, seguramente te estás equivocando. El artículo se hace en caliente y sin excesiva preparación: en eso consiste su magia”. Questi articoli sono ripresi in un volume intitolato El Robinson urbano,27 ma non sono tutti quelli pubblicati nel quotidiano granadino; l’autore ha voluto sopprimerne una parte degli originali, quella giornalistica, per adeguarsi alle norme di un volume unitario. Il testo include anche “Todos los fuegos, el fuego”, pubblicato in un’altra rivista Olvidos de Granada. Ognuno di questi lavori costituisce un insieme di erudizione, dove mischia la sua bravura e sensibilità con citazioni di vari autori letti. El Robinson urbano è molto importante per l’autore perché è il primo libro che scrive: la prima edizione del 1984 fu pagata da lui. Durante una conferenza tenuta a Granada, un suo amico regala una copia del testo a Pere Gimferrer, direttore letterario della casa editrice Seix Barral, presente in sala. In seguito, dopo aver letto il libro, l’editore chiede ad AMM di poterlo pubblicare. Dopo la pubblicazione del Robinson Urbano segue quella di Beatus ille e con essa il successo.28 Nel primo articolo “Escuela de Robinsons” AMM afferma che la miglior letteratura moderna l’hanno scritta alcuni robinsons urbani come Thomas de Quincey, Edgar Allan Poe o Charles Baudelaire, tutti loro considerati degli 27 Antonio Muñoz Molina, El Robinson urbano, Barcelona, Seix Barral, 1993. Cfr. Elizabeth Scarlett, “Conversación con Antonio Muñoz Molina”, in España Contemporánea, Vol. VII, num. 1, primavera 1994, p. 70. 28 25 autentici “fiori del male” dalla società, dei robinsons solitari che percorrono la città senza andare da nessuna parte. La solitudine e la ribellione, anche se passive nella maggior parte dei casi, sono caratteristiche degli eroi e antieroi dei romanzi e racconti di AMM. In questo senso, il personaggio che dà il titolo al libro rappresenta sufficientemente questo modo di vedere la vita, dalla solitudine dello scrittore e da quella esistenziale dell’uomo moderno. Non si tratta di un Robinson qualsiasi bensì di un Robinson urbano, perso nel labirinto della città “Granada” che l’autore identifica con Alessandria, perché entrambe sono avvolte da un alone mitico. Alla lettura di quest’opera ci troviamo di fronte ad un autore che si è convertito in un Robinson che passeggia in uno spazio concreto chiamato Granada (Bibarrambla, Plaza Nueva, Camino de Ronda, Paseo de los Tristes, el Albaicín, la Alhambra), anche se trasforma tutto in un mondo letterario proprio e personale. Questa descrizione che fa di Granada si può paragonare a quella della città di Úbeda-Mágina che ritroveremo spesso nei suoi romanzi.29 La differenza è che AMM riesce a mantenere le distanze che gli permetteranno di parlare di Granada con un’oggettività che gli sarà difficile parlando del suo paese. Nel libro ci sono tre personaggi: l’autore in prima persona, il suo amico e alter ego Robinson e il maestro Apolodoro, un enigmatico ebreo sefardita, inventore, cabalista e teologo. Apolodoro sta scrivendo un’enciclopedia della desolazione che rappresenta il super ego dell’autore. Andrés Soria Olmedo afferma che questo libro è: “puesto bajo la advocación de una tradición moderna, la de los Tableaux parisiens de Baudelaire, y de otra más antigua, la de los viajeros a Granada (…) el librito tiene la originalidad de tratar a Granada como una ciudad viva, una ciudad que ofrece al paseante, junto a los monumentos y lugares famosos otras geografías, la de los ciegos, mendigos, borrachos y locos (…)”.30 Nel Robinson c’è il sovrapporsi di miti dell’antichità classica con quelli della musica moderna: Lou Reed, David Bowie, Bob Dylan, Jim Morrison. 29 Cfr. Manuel María Morales Cuesta, op. cit., pp. 19-20. Andrés Soria Olmedo, “Fervor y sabiduría: la obra narrativa de Antonio Muñoz Molina”, in Cuadernos Hispanoamericanos, 1988, 458, p. 108. 30 26 Molti sono i nomi riferiti al mondo dell’arte, che lo scrittore cita per esprimere la sua visione dell’esistenza e dell’estetica: registi (Fellini e Buñel), pittori (Goya, Velázquez e Zuloaga), poeti (Javier Egea, Rafael Juárez e Antonio Carvajal), artisti granadini, il pittore Justo Vida. Per AMM sono tutti Robinsons dell’arte e della letteratura. Sostiene Negres Cuevas a proposito del personaggio Robinson: “El autor se ha inventado este personaje para poner en su boca críticas éticoestéticas a la realidad, pero un cierto día el personaje se rebela a su creador, rechazando la identidad que el escritor le ha asignado y decidiendo huir a otra ciudad donde puede vivir sin ninguna identidad, en la completa indiferencia de los demás”.31 Nel capitolo “Viajero en la honda noche” l’autore identifica il personaggio Robinson con il capitano Nemo, mentre in “Largo adíos que no se acaba” Robinson si ribella, si confronta con l’autore lasciandogli una lettera, una bottiglia e una macchina da scrivere (questi oggetti appaiono sovente nei suoi romanzi). Nella lettera il protagonista rinfaccia all’autore di averlo inventato e ubicato in un luogo come Granada.32 Durante gli anni del Robinson urbano AMM aveva già scritto alcuni racconti tra cui va ricordato “Te golpearé sin cólera” scritto per un catalogo di un’esposizione del pittore e amico Juan Vida nel 1983 e che sarà pubblicato nel 1988 nel volume Las otras vidas. L’autore, partendo dalla contemplazione di alcuni quadri carichi di una forte dose di sensualità, inventa una storia a sfondo poliziesco e fantastico, ricca di mistero e di avventura. I personaggi sono enigmatici, ironici e trascendenti. Il protagonista che racconta la storia in prima persona, è un detective che deve individuare colui (Jota Uve) che ha firmato dei quadri osceni e deve scoprire se si tratta di una cospirazione per destabilizzare la società. Il protagonista è impassibile, ama bere whisky, fumare dei sigari sdraiato sul letto, stare senza far niente, aspettando. In questo atteggiamento il personaggio assomiglia ad una 31 A. Negres Cuevas, recensione a: “Antonio Muñoz Molina. El Robinson urbano”, in Rassegna Iberistica, 37, maggio 1990, p. 51. 32 Cfr. Manuel María Morales Cuesta, op. cit., p. 23. 27 figura molto amata da AMM, l’ispettore Maigret protagonista dei romanzi di George Simenon. In questo racconto appaiono molti scrittori “maledetti” (Faulkner, Chandler, Verlaine, Scott Fitzgerald) e l’autore li riunisce al “Hell’s bar” un inferno di alcol e di degenerazione. Le allusioni dell’autore al mondo del cinema, alla mitologia classica, alla musica inglese ricorrono spesso nei suoi romanzi. In “El hombre sombra” il protagonista, Santiago Pardo, è un debole che vuole sfuggire alla propria vita e immagina di essere il protagonista di un film di intrigo. La storia si sviluppa tra realtà e sogno. Santiago casualmente, durante una conversazione telefonica, conosce Nelida (allegoria di ideale), lei gli dà appuntamento in un luogo della città credendolo Mario, l’uomo che ama. L’uomo arriva all’appuntamento ma la donna non è quella dei suoi sogni. La realtà non conferma né deforma le sue attese, lui le chiede di accendere una sigaretta e poi se ne va. Arrivato a casa stacca il telefono troncando l’unica possibilità che aveva di cambiare vita. Un altro libro che raccoglie gli articoli scritti dal settembre 1983 al giugno 1984 nel periodico Ideal di Granada e nella rivista Las nuevas letras si intitola Diario del Nautilus.33 La metafora di partenza di questo “diario apócrifo” è la solitudine del capitano Nemo nel Nautilus, luogo in cui si rifugia per sfuggire dalla crudele realtà (“Play it again, Julio”) e converte il personaggio di Verne non solo nel simbolo della solitudine ma nella rappresentazione dello scrittore e lettore solitario. Nella “Dedicatoria” spiega che concepisce la letteratura come gioco ma in realtà egli possiede l’abilità di convertire l’aneddoto in categoria, di dargli senso e trascendenza, di commuoverci con qualcosa che in origine è solo un’informazione curiosa. L’autore, come Flaubert, vuole scrivere “un libro en el que no sucedieran más que las palabras”. 33 Antonio Muñoz Molina, Diario del Nautilus, Madrid, Mondadori España, 1989. 28 Abbiamo una lista degli scrittori della sua adolescenza (Cervantes, Poe, Verne, Proust, Borges, Quevedo, Cernuda, Rimbaud, Onetti), articoli che dedica a Soto de Rojas, dei riferimenti a filosofi (Socrate, Eraclito, Aristotele, Marx), a pittori (Miró, Goya, Picasso, Cezanne, Tiziano, Raffaello). Con questi molteplici esempi, AMM vuole offrirci la sua visione della realtà, della fantasia, della vita e della letteratura. Tutto ciò che lo circonda provoca in lui curiosità: i nomi, i cartelloni pubblicitari, il suo ombrello, tutti questi oggetti gli servono per commentare avvenimenti e situazioni. I temi ricorrenti nel testo sono: l’amore e la morte uniti alla vita e all’opera di scrittori ai quali dedica interi capitoli come “Desolación de una quimera” nella quale affronta la personalità di Luis Cernuda. Per AMM esiste una somiglianza tra fantasia e realtà nei libri, ma è quest’ultima che lo impressiona maggiormente. Leggere un libro antico non è decifrare una serie di parole allineate, ma secondo AMM è pensare alle molte mani che lo toccarono prima di noi, questa presenza di volumi che nessuno ha aperto per molti anni ma che contengono le parole di un uomo, la vita di chi li scrisse e del lettore che è sprofondato in loro come in uno specchio della propia coscienza AMM continua, nel frattempo, a lavorare per il comune di Granada e confessa la necessità di un’altra vita e l’esplorazione di altri mondi. La letteratura è la chiave per fuggire verso un’altra realtà e verso il cosmopolitismo che tanto desidera. Gli articoli di Diario del Nautilus sono stati raccolti e pubblicati solo dopo il grande successo ottenuto dall’autore con il suo primo romanzo, altrimenti sarebbero rimasti inediti.34 Il primo romanzo, Beatus ille,35 si divide in tre parti delle quali la prima si differenzia dalle altre perché la narrazione è più descrittiva. Nella Madrid del 1969 vive Minaya, uno studente frustrato che lotta contro il regime. Uscito di recente dal carcere, incontra un vecchio compagno di studi 34 Cfr. Manuel María Morales Cuesta, op. cit., pp. 26-30. Antonio Muñoz Molina, Beatus ille, Barcelona, Seix Barral, 1986. 35 29 che gli parla dell’opera letteraria di Jacinto Solana, un fittizio autore dimenticato della generazione del 27, scrittore repubblicano condannato all’oblio e della sua intenzione di basare la propria tesi su questo personaggio. Minaya ricorda che Solana era amico di suo zio Manuel che continua a vivere a Mágina. Da qui l’idea di fuggire da Madrid e di rifugiarsi nel tranquillo paese di provincia e di far visita allo zio con il proposito di investigare sulla vita di Jacinto Solana. Sono tre i motivi che uniscono il personaggio principale, Minaya, con l’autore e il suo pubblico: primo, Minaya ha vissuto in modo più immediato i tempi duri della resistenza studentesca contro il regime e come conseguenza ha una migliore conoscenza dell’ambiente della sinistra tanto combattente come fanatica e ingenua per la quale ogni vittima della Guerra Civile si è convertita in un mito; in secondo luogo, l’autore libera il protagonista dall’attualità politica per avvicinarlo all’esperienza del passato; in terzo luogo, dà il motivo per l’inizio dello sviluppo conflittuale tra vita e pensiero e tra realtà e finzione, perché il progetto di Minaya è basato su una bugia. Il fatto di passare dall’azione politica all’investigazione astratta della storia (psicologicamente un ritorno all’infanzia) termina, contro la volontà del protagonista, in un apprendimento doloroso e pieno di sorprese come quando il protagonista scopre, studiando i poemi di Solana, della relazione amorosa intercorsa tra la moglie dello zio Manuel, Mariana, e lo scrittore stesso e che la morte della donna non è stata accidentale bensì è stata assassinata.36 Il secondo romanzo scritto dall’autore si intitola El Invierno en Lisboa37 (premio della critica 1988 e premio nazionale di narrativa). Quest’opera si inserisce nel filone del romanzo poliziesco, genere relativamente nuovo in Spagna. Il libro è popolato di impliciti ed espliciti riferimenti a produzioni cinematografiche americane il cui fascino cattura le menti delle nuove generazioni. L’elemento che domina il romanzo è il cinema nero, “Casablanca” è 36 Cfr. Manuel María Morales Cuesta, op. cit., pp. 33-37. Antonio Muñoz Molina, El invierno en Lisboa, Barcelona, Seix Barral, 1987. 37 30 evocato diverse volte dagli stessi protagonisti e il narratore afferma che “un recuerdo no pertenece a su vida, sino a una película”.38 Un pittore amico di AMM, Juan Vida, dopo un viaggio a Lisbona gli parla della città, l’autore ne rimane affascinato, si mette in viaggio per la capitale portoghese quando già ha scritto metà della sua opera e ci va perché solo lì può trovare lo stimolo necessario per terminarla. Una sera di gennaio AMM parte dalla stazione di Madrid portando con sé solo un quaderno per appunti, una macchina fotografica e una borsa da viaggio. In El invierno en Lisboa la cronologia non è lineare, la storia inizia quando il narratore incontra Biralbo dopo due anni che non lo vedeva e a partire da questo momento entrambi ricordano gli avvenimenti passati. I due rammentano degli avvenimenti accaduti tre anni prima a San Sebastián. Questo incontro casuale in un bar di Madrid, il “Metropolitano”, è il punto di partenza della storia che si svolge in quattro città, San Sebastián, Lisbona, Madrid e Berlino, nelle quali si gioca il destino del pianista di jazz, Biralbo, e di una donna, Lucrezia. La storia sembra il semplice ricordo malinconico dell’amore di un musicista per una donna sposata ma alla fine si rivela essere un romanzo poliziesco. Il pianista, Santiago Biralbo, incontra per caso in un club notturno di San Sebastián. Lucrezia, la moglie di un trafficante di quadri chiamato Bruce Malcom. Nella sua attività Malcom è socio di un tipo losco, Toussaints Morton, sempre affincato dalla sua segretaria, Dafne. L’attrazione tra Biralbo e Lucrezia, la gelosia di Malcom, la sottrazione di un quadro di Cezanne da parte di Lucrezia, l’inseguimento dei due protagonisti la cui relazione risulta problematica perché basata sulle fughe e gli incontri, l’omicidio di un uomo ad opera di Toussaints sono gli ingredienti principali che fanno di questo romanzo un capolavoro del genere poliziesco. Malcom, Toussaints Morton e la sua inseparabile segretaria, inseguono Lucrezia per il mondo e anche il pianista si trova, a sua insaputa, coinvolto nella vicenda. Il finale è ricco di suspense, Biralbo e Malcom si incontrano su un treno e dopo una furibonda lotta quest’ultimo muore finendo sotto le ruote del treno39. 38 Ibídem, p. 21. 31 Quando il narratore incontra Biralbo a Madrid nota in lui una felicità che gli deriva dall’aver scoperto che gli istanti non sono in relazione, che vanno presi uno ad uno. A Lisbona Biralbo aveva percepito “por primera vez en su vida la absoluta insularidad de sus actos; se iba volviendo tan ajeno a su propio pasado y a su porvenir como a los objetos que lo rodeaban de noche en la habitación del hotel”.40 In El invierno en Lisboa il narratore, del quale non sappiamo nulla e che si presenta a noi lettori come un personaggio senza storia, ma con una carica di malinconica tristezza che resta sciolta lungo il romanzo tra musica e alcol, va riorganizzando nella sua memoria le parole scambiate con Biralbo nell’hotel della Gran Vía di Madrid e, da questa storia disordinata e anacronistica, il lettore deve strutturare una narrazione.41 Il romanzo offre al lettore la possibilità di un trivial pursuit culturale. Ci sono riferimenti alla musica molto importante nel romanzo, l’autore fa un implicito omaggio a Proust chiamando il trombettista alcolizzato con cui suona Biralbo, Billy Swann, un’altra allusione indiretta è l’Ulisse di Joyce nel nome di un altro personaggio, Floro Bloom, proprietario del club notturno “Lady bird” a San Sebastián dove Biralbo e gli altri suonano. Dopo aver passato una notte di amore con Lucrezia egli gode dell’assenza del passato ma questa assenza è momentanea o illusoria. Alla fine non si ristabilisce l’ordine, non si castiga il criminale e non si ritorna alla situazione iniziale.42 Il libro non ha un finale ben definito, le storie sono troncate dall’autore e al lettore non resta che immaginare un'ipotetica conclusione. Il libro appare come una storia di amore, jazz e suspense è una desolata parabola sul desiderio. Desiderio non solo erotico, carnale, ma come aspirazione di essere e di accedere ad un’altra realtà assoluta nella quale i personaggi protagonisti stabiliscono i 39 Cfr. Carlos Mellizo, “Antonio Muñoz Molina, El invierno en Lisboa”, in España Contemporánea, II, num. 3, inverno 1989, pp. 142-144. 40 Ibídem, p. 123. 41 Cfr. Antonio Pérez Lasheras, “Tiempo real/tiempo narrativo en El invierno en Lisboa de Antonio Muñoz Molina”, a cura di Martínez Latre, María Pilar, Actas del congreso en homaje a Rosa Chacel, Logroño, Universidad de la Rioja, 1994, p. 227. 32 fondamenti della loro identità cercando di svelare ciò che è, la materia di cui sono fatti e la perdita e la rinuncia alle quali il tempo e la realtà li sottomettono.43 Per concludere cito alcune parole significative dell’autore che commenta così la scelta degli ingredienti che compongono il suo romanzo: “La novela negra –término que detesto-, el cine y el jazz son modas culturales, gestos cifrados. La novela policíaca, porque me parece eso que Pavese llamaba una imagen-relato, es decir, una forma narrativa que es en sí misma una metáfora: la del conocimiento y la muerte (…). El jazz porque es la música de mi corazón, y porque sólo entre los jazzmen se encuentran artistas dignos de los artistas malditos del XIX”.44 Dall’ottobre 1987 al maggio del 1989 AMM collabora al supplemento “Sábado cultural” del quotidiano ABC. I suoi articoli sono pubblicati alla pagina 16 nella sezione intitolata “La última palabra”. In questa pagina i giovani scrittori parlano di diversi argomenti sempre attinenti la letteratura. Questi articoli sono scritti in modo fluido e audace e mostrano la sensibilità dell’autore di fronte alla creazione letteraria. Nei suoi scritti egli tratta di molteplici aspetti dell’arte come la pittura, il cinema, la letteratura e mette in relazione tutte le arti con quest’ultima. Questi articoli scritti con un’evidente intenzione letteraria costituiscono un manuale di erudizione perché in essi è presente un’ampia cultura letteraria e artistica e la sua sensibilità di fronte al mondo della creazione va al di là del semplice esercizio retorico. L’importante, per lui, non è la descrizione dettagliata delle cose (come facevano i realisti), ma lo sguardo al passato e al presente, a ciò che abbiamo visto e che abbiamo sognato, a ciò che abbiamo letto o ci hanno raccontato.45 A metà degli anni ottanta il racconto è poco diffuso in Spagna per la mancanza di riviste dove poter pubblicare e di conseguenza non c’è domanda da parte dei lettori come al contrario avviene in Sudamerica. Per questo motivo 42 Cfr. Randolph Pope, “Postmodernismo en España: El caso de Antonio Muñoz Molina”, in España Contemporánea, II, 1992, pp. 111-119. 43 Cfr. Sabas Martín, art. cit., p. 156. 44 Cit. Adolfo García Ortega, “Antonio Muñoz Molina, La medicina Flaubert”, in Leer, 11, gennaio-febbraio 1988, p. 72. 45 Cfr. Manuel María Morales Cuesta, op. cit., pp. 45-46. 33 AMM afferma che in Spagna si deve cercare un rinnovamento a partire da autori come Onetti, Borges, Rulfo. Solo alla fine degli anni ottanta c’è la rinascita del racconto grazie ad autori come Marías, Mayoral, Tomeo che decidono di coltivare il genere anche se ciò non ha lo stesso impatto commerciale che ha il romanzo. Tra l’estate del 1987 e la primavera del 1988 l’autore scrive “Las otras vidas” che sarà pubblicata in Cuadernos Hispanoamericanos, “El cuarto del fantasma” che doveva apparire su El Globo ma rimane inedito e “La colina de los sacrificios” pensato per una collezione intitolata Textos tímidos della casa editrice Almarabú, ma pubblicato su El País. I tre racconti appaiono, più tardi, nel libro intitolato Las otras vidas46 insieme a “Te golpearé sin cólera”, citato precedentemente. Il racconto “Las otras vidas” ha un titolo significativo perché evoca l’interesse di AMM per le vite diverse come quella di un giovane di provincia immerso nella sua cupa quotidianità. Egli desidera immergersi in un mondo lontano dove la vita e la letteratura si confondono. La storia si svolge a Marrakesh nell’hotel Savoy e nella città anche se a volte si allude a viaggi in altri paesi del nord Africa. In questa città alloggia una spedizione composta da persone, di diversa nazionalità, finanziati da una casa giapponese che produce pianoforti. I personaggi sono tutti titolari di sale da concerto in Sudamerica ed Europa. Il narratore-protagonista, di cui non si sa il nome, è accompagnato dalla moglie che non si stanca mai di ricordargli che guadagna poco, è un imbecille e un fallito. Questo personaggio desidera cambiare la propia vita, ma tutte le volte che tenta avvengono dei contrattempi. Il protagonista invidia Armando Cadafells, un personaggio che è la sua antitesi, capace di rifiutare le interessanti visite turistiche che la guida, il signor Urara, gli impone. C’è anche il contrasto fra il narratore-protagonista e un personaggio, Milton Oliveira, un pianista anarchico iperbole dell’artista eccentrico. L’alcol, la droga, un’uscita notturna per la città con Cadafells e la sua amica, un locale con molta gente e tanto fumo, proiettano il protagonista in un 34 ambiente a lui sconosciuto, irreale dove per un momento egli dimentica la realtà quotidiana. In questo racconto, ricco di ironia e di umorismo, AMM si prende gioco di certe manifestazioni della stupidità umana come la vanità, l’invidia, l’ipocrisia, la grossolanità che solitamente accomunano i semplici turisti.47 In “El cuarto del fantasma”, racconto che sarà incluso in Últimos narradores (Antología de la reciente narrativa española),48 appaiono personaggi che troveremo in altre sue storie, persone realmente esistite alle quali l’autore cambia nome. Lorencito Quesada, corrispondente locale di Singladura, il giornale della provincia, lo incontreremo anche in El jinete polaco e come protagonista assoluto di Los misterios de Madrid e di Un alma de Dios. La storia si svolge a Mágina-Úbeda, nel caffè Royal, dove si svolge la tertulia culturale alla quale partecipa il narratore che racconta i fatti usando la prima persona del plurale. Durante questa riunione nasce una discussione tra i difensori della fede e quelli della scienza, tra credulità e incredulità. Un personaggio, Don Palmiro, placherà la controversia e per calmare gli animi racconterà una storia di fantasmi che gli è successa a venti anni in un villaggio sperduto delle Ande. L’autore vuole parodiare, con umore e ironia, il genere fantastico e fare la caricatura dei personaggi di provincia. “La colina de los sacrificios” nasce da una notizia reale, del 1983, sulla quale AMM scrive un articolo. I personaggi sono un ispettore di polizia che svolge il suo lavoro interrogando i sospettati e un assassino che ha ucciso la propria moglie, quindici anni prima, dividendole il cranio in due parti uguali. AMM come in altri racconti ci pone un enigma, utilizza la simmetria tra presente e passato e termina con un sorprendente finale. Questi tre racconti appaiono più tardi in Nada del otro mundo, di cui parlerò in seguito, che contiene due narrazioni scritte anch’esse nella decade degli 46 Antonio Muñoz Molina, Las otras vidas, Madrid, Mondadori España, 1988. Cfr. Manuel María Morales Cuesta, op. cit., pp. 55-56. 48 AA.VV., Últimos narradores (Antología de la reciente narrativa española), Pamplona, Hierbola, 1993, pp. 169-178. 47 35 anni ottanta: “Un amor imposible” e “Si tú me dices ven”, pubblicate in Relatos eróticos49 e Cuentos de terror, 50 della collezione “El espejo de tinta”. Il primo racconto, “Un amor imposible”, è la storia raccontata in prima persona dal protagonista dei suoi sentimenti per una donna che ama e desidera. Egli intrattiene una relazione sessuale con una donna senza che lei lo ami, l’uomo vorrebbe lasciarla ma non ci riesce perché il suo è un amore morboso, è una persona sentimentalmente frustrata. E’ un racconto descrittivo e minuzioso, con un finale a sorpresa. Il secondo, “Si tú me dices ven”, è la storia di Guzmán che affitta un appartamento nel quale vive solo nella speranza di dividerlo un giorno con Susana, una donna che vuole lasciare il marito per andare a vivere con lui. L’autore gioca con i sentimenti del lettore utilizzando la suspense, il mistero: in questo testo la realtà e la fantasia si mescolano.51 Il terzo romanzo di AMM Beltenebros inizia con queste parole: “Vine a Madrid para matar a un hombre a quien no había visto nunca”.52 Sin dalle prime parole l’autore vuole trasmettere al lettore un senso di tensione ed è per questo motivo che i suoi personaggi sono avvolti dal mistero. L’ambientazione di questo romanzo si avvicina a quella di El invierno en Lisboa, il tema politico con l’influenza del romanzo giallo e del cinema nero americano degli anni ’40 caratterizzano l’opera. La storia principale è quella di un doppio tradimento e si riferisce a due avvenimenti paralleli separati da parecchi anni. Il protagonista è il capitano Darman, che racconta la sua storia. E’ un personaggio solitario, come molti, che vive segregato nel sud dell’Inghilterra dove possiede un negozio di antiquariato che gli serve da copertura. In realtà Darman è un agente segreto appartenente ad un’organizzazione clandestina che opera in Spagna. 49 AA.VV., Relatos eróticos, Barcelona, Grijalbo, 1988, pp. 117-125. AA.VV., Cuentos de terror, Barcelona, Grijalbo, 1989, pp. 141-155. 51 Cfr. Manuel María Morales Cuesta, op. cit., pp. 58-59. 52 Beltenebros, Barcelona, Seix Barral, 1989, p. 7. 50 36 Egli è stato incaricato di uccidere a Madrid un uomo, che si chiama Andrade, un presunto traditore dell’organizzazione. In questa, come in molte altre sue opere, AMM utilizza il genere poliziesco a sfondo politico perché gli serve per mantenere la suspense e la tensione. Darman è un personaggio introspettivo che medita continuamente e commenta le sue più intime sensazioni, a volte con un’intensità magistrale: “Tenía el hábito de calcular las vidas posibles que iban quedando al margen de cada uno de los actos que no llegaba a culminar. Yo mismo me multiplicaba invisiblemente en otros hombres: el que habría subido esa noche al avión de regreso a Milán, el que pudo eludir sin esfuerzo la persecución de Luque, el que viajaba a Madrid, el que no había salido de Inglaterra. En torno a mí se movían las sombras de un porvenir que se volvió pasado sin existir nunca”.53 Egli mostra, in apparenza, una freddezza da vero assassino ma è solo un modo per nascondere il suo senso di colpa e l’angoscia che da sempre lo accompagna. Un altro personaggio, Rebeca Osorio, che lavora nel locale la “boîte Tabú” come cantante, assomiglia molto ad una donna che Darman ha conosciuto anni prima. Più avanti si scoprirà che Rebeca è la figlia della donna conosciuta da Darman molto tempo prima e che ha lo stesso nome. Il nome della ragazza riporterà alla memoria di Darman avvenimenti del passato, un’esperienza parallela, un altro viaggio a Madrid compiuto anni prima durante la guerra mondiale, con il compito di eliminare un altro traditore, Walter. Quella volta Darman ha portato a termine la missione. Darman passa dai suoi ricordi del caso Walter agli avvenimenti della nuova operazione. Ora non è Darman, convinto dell’innocenza di Andrade, il presunto traditore, ma l’attivista Luque che lo uccide. Darman vuole scoprire la verità e smascherare l’uomo che ha maneggiato tutti i fili nell’oscurità. Dal quattordicesimo al diciottesimo capitolo, nel quale si conclude il romanzo, il narratore-protagonista in prima persona della storia svela chi è il vero traditore, il personaggio che per tutta l’opera ha assunto il nome di 53 Antonio Muñoz Molina, Beltenebros, p. 41. 37 “Beltenebros”. Sotto questo nome si cela il misterioso commissario Ugarte che si scoprirà essere un vecchio attivista di nome Valdivia. In questo romanzo c’è l’influenza di grandi scrittori come Borges, Proust, Vargas Llosa e Faulkner il racconto è di una minuziosità incredibile, l’autore utilizza la forma comparativa como, e a partire da un semplice aneddoto poliziesco o politico l’autore costruisce la storia. Il lettore durante la lettura diventa un investigatore. Beltenebros coincide con Beatus ille per la costruzione di due storie parallele, per il tema politico della guerra civile ma, soprattutto, per la presenza di un personaggio, l’attivista Luque, che ha lo stesso nome dello studente che, in Beatus ille, rivela al protagonista Minaya l’esistenza di Jacinto Solana. Questo espediente, ovvero l’utilizzo dello stesso personaggio nelle diverse opere era utilizzato da grandi scrittori come Balzac e Galdós per dare continuità alle loro opere. Un’altra coincidenza è il tema amoroso che si concentra su tre donne misteriose e inaccessibili, Mariana in Beatus ille, Lucrecia in El invierno en Lisboa e Rebeca Osorio in Beltenebros.54 In un libro, La cueva de Montesinos, AMM raccoglie gli articoli scritti nelle ultime pagine di ABC Literario. Alcuni di questi articoli, scritti nel 1988-89, chiariscono le idee generali dell’autore sul romanzo. Nel primo articolo intitolato “Un lugar donde vivir” afferma che, dopo aver letto un romanzo di George Simenon durante una passeggiata lungo la Senna a Parigi, è arrivato alla conclusione che un romanzo non è altro che un luogo dove vivere, una casa, uno sguardo. Lo scrittore dice di sperare che le parole che scrive arrivino alle persone “lunatiche” che le attendono con trepidazione e a quelle alle quali non interessa nulla e alle quali non succede mai niente. In questo articolo AMM ci spiega la sofferenza di un autore che, ha dovuto vivere in un piccolo paese di provincia pur desiderando essere un cittadino del mondo senza patria e senza destino, tema questo che affronterà in El jinete polaco. In “El verano de Proust”, dichiara che la stagione più propizia per leggere romanzi è l’estate perché è durante questa stagione che, confessa AMM, ha 38 scoperto autori come Verne, Poe, Stevenson, Papini, e più tardi Chandler, Stendhal e Borges. Da Mágina assiste alle grandi meraviglie del mondo leggendo di grandi feste, di avventure. In questo articolo ci parla anche della sua ammirazione per Marcel Proust, che secondo lui ha scritto uno dei romanzi più affascinanti della letteratura. In “El pasado se mueve” enumera una quantità di casi nei quali è manifestato un interesse per il passato come gli scavi archeologici, esposizioni e aste di oggetti antichi, scoperte che dimostrano la falsità di certi personaggi storici, tutti avvenimenti in cui si resuscitano aspetti della vita passata.. In molte occasioni AMM ha manifestato il suo interesse per personaggi con cui si identifica, che fumano sdraiati sul letto, che fanno le cose lentamente, con indolenza, uno di questi personaggi è l’ispettore Maigret di cui parla ampiamente nel suo articolo “Lectura y adicción”. AMM non legge i romanzi gialli per scoprire qualcosa che ignora, ma per assistere a quello che già sa, per confermare che l’eroe parla, reagisce come sempre, seguendo le sue abitudini. Leggere alcuni scrittori come Rulfo, Onetti, Simenon, è viaggiare in paesi con una geografia e una luce che solo essi hanno e nessun altro posto al mondo. Questi personaggi sono singolari perché non fanno cose particolari, ma perché appaiono e scompaiono nei libri come le persone che incontriamo durante la nostra vita e il modello è senza dubbio Maigret.55 Nell’articolo “Desconocidos” secondo AMM la patria di un uomo è il luogo dove muore, l’ultima città che vede. Anche se ama scrivere delle sue origini perché sono un buon tema per i suoi romanzi e perché aiutano a capire la sua personalità, egli si sente un uomo senza patria che rinnega i localismi e preferisce essere definito nomade e cosmopolita. Queste caratteristiche personali sono presenti anche nei suoi personaggi. In “Los libros y los trenes” afferma che il treno è il luogo più idoneo alla lettura ed è il miglior mezzo per sfuggire alla realtà. Ci racconta di un viaggio fatto portando con sé un libro di Josep Pla e uno di Alvaro Cunqueiro. 54 Cfr. Manuel María Morales Cuesta, op. cit., pp. 61-64. Ibídem, pp. 70-71. 55 39 L’alternanza nella lettura dei due libri durante il viaggio lo ha aiutato ad osservare le cose con doppia attenzione. Dal libro di Pla, Viaje en autobús, apprende come osservare i visi comuni e certe tonalità della terra in alcuni momenti di luce; da La otra gente di Cunqueiro apprende come vedere cose fantastiche ed è in treno che AMM legge alcuni dei libri che formano il suo pensiero, perché secondo lui la solitudine che vi regna invoglia il viaggiatore a guardare e leggere con avidità. In “La máquina del tiempo” AMM riflette sul passato e sul futuro, ed esprime il suo scetticismo di fronte al mondo. Afferma che non gli interessano i temi futuristici perché a forza di essere ripetuti non risvegliano più l’immaginazione in nessuno, però è interessato ai temi futuristi di alcuni romanzi in particolare l’opera di Wells La máquina del tiempo (1895). Wells ritiene che basta credere nella fisico-matematica perché le esperienze fuori da ogni ordine umano diventino possibili. Si può contestare all’autore un eccesso di immaginazione, un’anticipazione facile basata sui mezzi tecnici del suo tempo, però la sua fantasia si può considerare ragionevole anche se eccessiva. I principali temi dell’opera, appartenente al genere romanzesco di fantascienza, sono: la visione del futuro, l’esplorazione di mondi sconosciuti, l’invasione della terra da parte degli extraterrestri. Questi aspetti hanno creato la base per il futuro genere letterario e cinematografico.56 AMM si considera discepolo di Verne e di Wells. Quello di cui l’uomo ha bisogno, secondo AMM, è una macchina che ci permetta di vivere in un piccolo paradiso senza la nostalgia del passato né la paura del futuro. Nel 1991 è pubblicato El jinete polaco57, questo libro segna una tappa importante nella vita dell’autore. L’idea di realizzare questo testo gli viene a Granada mentre, chiuso nel suo appartamento, si dedica alla lettura e alla scrittura con intensità. E’ la lettura di À la recherche du temps perdu di Proust e di Conversación en la catedral di Vargas Llosa che fa nascere in lui il desiderio di raccontare il suo 56 Cfr. María Dolores Asís Garrote, op. cit., pp. 140-141. Antonio Muñoz Molina, El jinete polaco, Barcelona, Planeta, 1991. 57 40 mondo e le proprie origini, inizia così un intenso lavoro che termina con la nascita dell’opera per la quale riceverà il Premio Planeta 1991. El jinete polaco è presentato, per la prima volta, ad un concorso letterario con il titolo El porvenir de los vencidos e firmato con lo pseudonimo A. Larsen alludendo ad un personaggio di Onetti e di Bioy Casares, due autori ai quali AMM voleva rendere omaggio con quest’opera.58 L’autore cerca di evocare i ricordi attraverso una distribuzione dosificata di annunci, reminescenze e frammenti di episodi incompleti disseminati lungo il romanzo, l’evocazione romanzesca del passato dei personaggi è costruita secondo i meccanismi di funzionamento della memoria (l’anacronismo, l’associazione, la trasformazione del vissuto per influsso del tempo e del subconscio). L’autore assicura la percezione attraverso delle strategie di anticipazione che stimolano la memoria rendendola particolarmente attiva durante la lettura. La memoria annota temi e motivi ripetuti e li inserisce in un mosaico che si va componendo con il ritorno ad un avvenimento già parzialmente narrato.59 Il passato si ricostruisce attraverso degli indizi che sono incorporati progressivamente nel discorso e che lo ristrutturano. Il tempo non procede in modo lineare ma ad onde concentriche, il ritorno a certi punti di riferimento crea l’immagine di una spirale che si riferisce, in modo esplicito, al labirinto. Il tempo non presuppone un’esperienza della successione ma della ripetizione: 60 “Siempre la desesperante ripetición de los mismos embustes y los mismos recuerdos, como si vivieras uncidos a una memoria circular en la que el tiempo no progresaba y en la que yo también sería atrapado si no huía cuanto antes”61. Quest’opera è talmente ancorata alla realtà fino all’estremo da sembrare un’autobiografia e una saga familiare. La storia si svolge, nuovamente, a Mágina. AMM da vita ad un insieme di esseri e avvenimenti che copre un periodo che va dall’assassinio di Prim (1870) alla guerra del Golfo (1991).62 58 Cfr. Manuel María Morales Cuesta, op. cit., p. 86. Cfr. Marco Kunz, “Anticipación y resonancia en El jinete polaco”, in Ética y estética de Antonio Muñoz Molina, cit., p. 125. 60 Cfr. María Luisa Fernández Martínez, “La proximidad de los fantasmas. Beatus ille y El jinete polaco de Antonio Muñoz Molina”, in Versants, num.31, 1997, p. 87. 61 Antonio Muñoz Molina, El jinete polaco, p. 315. 62 Cfr. Sabas Martín, art. cit., p. 157. 59 41 Il romanzo si suddivide in tre parti; la prima, intitolata “El reino de las voces”, è un insieme di ricordi dell’infanzia del protagonista, Manuel, situati nello spazio mitico-reale di Úbeda-Mágina, è un viaggio evocatore e pieno di tenerezza verso le sue radici. Le pagine iniziali compiono una funzione di apertura dove si menzionano non solo i motivi principali del romanzo ma personaggi e avvenimenti che molte pagine dopo riappariranno e che andranno completando, spesso in varie tappe, le informazioni necessarie a rendere comprensibili le allusioni iniziali. L’opera inizia con una data e un luogo, “Nueva York enero 1991”, comincia come se stesse per finire; è una narrazione che recupera più di un secolo per spiegare come due storie individuali hanno potuto convergere in questa abitazione, in questo spazio chiuso e atemporale, nella quale i due protagonisti, Nadia e Manuel, celebrano il loro amore e sprofondano nel ricordo del passato. Il flusso del ricordo che pervade Manuel è condiviso anche da Nadia, come il flusso dell’amore fisico e attraverso la conoscenza carnale il protagonista viene a sapere del suo passato, di quello del proprio paese e dell’intera umanità.63 Tutta la narrazione del romanzo è di tipo circolare perché parte da e ritorna all'appartamento di New York, dove il tempo come afferma Manuel: “(…) no se parece al de mi vida de ahora, no fluye y se escapa como las horas y las semanas y los días de los relojes digitales y de los calendarios automáticos, gira huyendo y regresa en una tenue perennidad de linterna de sombras en la que algunas veces el pasado ocurre mucho después que el porvenir y todas las voces, los rostros, las canciones, los sueños, los nombres, sobre todo las canciones y los nombres que relumbran sin confusión en un presente simultáneo”64. La seconda parte, “El jinete en la tormenta”, è un racconto di iniziazione attraverso l’evocazione dell’adolescenza e giovinezza del protagonista. Attraverso l’evocazione di elementi politici e riflessioni sulla guerra civile, il protagonista vive gli anni bui del franchismo e cerca con la fuga la salvezza dalla miseria morale che lo circonda.65 63 Cfr. Marco Kunz, “Anticipación y resonancia en El jinete polaco”, in Ética y estética de Antonio Muñoz Molina, cit, pp. 126-127. 64 Antonio Muñoz Molina, El jinete polaco, p. 25. 65 Cfr. María Dolores Asís Garrote, op. cit., p. 421. 42 E’ la storia di Manuel, un adolescente che prende coscienza della situazione politico-sociale in cui vive ma, contemporaneamente, c’è la scoperta dell’erotismo e del desiderio. C’è una relazione tra l’unione erotica dei due protagonisti e la fusione delle loro memorie: “(…) es que algunas veces me sorprende ser exactamente tú, al usar una expresión o una palabra que he aprendido de tí, al ver las cosas como tú las verías o acordarme de algo que tú me has contado y creer por un instante que es a mí quien le pertenece ese recuerdo”66. L’ultima parte, “El jinete polaco”, narra la vita del protagonista all’estero come traduttore e il suo ritorno a Mágina in cerca delle proprie origini con la consapevolezza che le fughe non portano a niente; deluso, non gli rimane che la memoria di ciò che è stato. Nel romanzo ci sono, inoltre, due storie originali, quella della scoperta del cadavere di una donna murata viva nella Casa de las Torres a Mágina e quella del comandante Galaz fedele alla repubblica. La storia si svolge a Mágina, facilmente riconoscibile come Úbeda, sua città natale. In questo paese di provincia si sviluppa la storia di una famiglia. Il protagonista, Manuel, racconta il passato della sua famiglia a Nadia, la giovane donna con cui ha una storia d’amore. Le due ultime parole del romanzo “gratitud y deseo” esprimono questa poetica dell’affermazione del passato vissuto da AMM ed evocato nel romanzo, non senza nostalgia, attraverso le immagini, i simboli e le diverse finzioni.67 La casa editrice Planeta, quello stesso anno, vuole pubblicare una collezione intitolata “Ciudades en la historia”. La casa editrice chiede ad alcuni autori famosi di fare un ritratto delle più belle città spagnole che non sia una guida turistica, ma un libro con caratteristiche letterarie, storiche e di viaggio. Per descrivere la città di Córdoba è contattato AMM che accetta e scrive Córdoba de los Omeyas68. 66 Antonio Muñoz Molina, El jinete polaco, p. 508. Cfr. María Dolores Asís Garrote, op. cit., p. 422. 68 Antonio Muñoz Molina, Córdoba de los Omeyas, Barcelona, Seix Barral, 1991. 67 43 AMM è uno scrittore che preferisce il genere della divulgazione storica senza essere uno specialista, un narratore che sembra rinunciare all’esercizio della fantasia per costruire con materiali storiografici e documenti. L’opera è composta da diversi capitoli: I. Introducción, II. Hombres venidos de la tierra o del cielo, III. El principe fugitivo, IV. La ciudad laberinto, V. El músico de Bagdad y el teólogo furioso, VI. El bosque de los símbolos, VII. El médico del califa, VIII. Los libros y los días, IX. El tirano benévolo, X. La ciudad arrasada. Una bibliografia rigorosa e scientifica, un indice di nomi e opere chiudono il libro. Nel primo capitolo, “Hombres venidos de la tierra y el cielo”, l’autore parla dei primi anni dell’invasione mussulmana. “El principe fugitivo” è un attraente racconto dell’odissea fino alla Cordoba di Abd al-Rahman, l’unico sopravvissuto della dinastia omeya69 sterminata dagli abbasíes.70 Il nipote del califfo di Damasco si proclama emiro nella provincia indipendente del Al-Andalus. La nuova capitale degli ommiadi si popola di gente di diversa cultura e religione (mussulmani, ebrei e mozárabes71). I colori caldi e luminosi che l’autore ha impiegato per descrivere la città, le vie, i mercati, con i loro odori e rumori, si riducono ad un violento chiaroscuro in “El músico de Bagdad y el teólogo furioso”. In questo capitolo c’è, da un lato, la Cordoba tollerante, raffinata e cosmopolita, con un emiro amante della vita e di tutti i piaceri, Abd al-Rahman II e dall’altro, un pugno di fanatici mozárabes che vedono la mano del maligno in ogni gesto di tolleranza del governo. In “El bosque de los símbolos”, AMM ci introduce in una moschea e ci guida alla sua scoperta attraverso un ammirevole linguaggio. Lo spirito di Cordoba è racchiuso in questo maestoso e affascinante monumento. In “El médico del califa” l’autore vuol farci scoprire la vita della città ai tempi del primo califfo Abd al-Rahman III nella prima metà del X secolo. 69 Stirpe araba discendente da Moania I, fondatore del califfato di Damasco nel secolo VII. Appartenenti alla più famosa e lunga dinastia mussulmana d’oriente denominata Abbasí. 71 Termine che deriva dall’arabo mustracrib con il quale erano chiamati i cristiani che vivevano in territorio mussulmano. 70 44 “Los libros y los días” è uno sguardo al mondo della cultura e della sua produzione così come rivela la visita alle biblioteche della città. L’ultimo rappresentante di questa dinastia, al-Hakam II era uomo colto che possedeva quattrocentomila opere provenienti da diversi paesi come il Cairo, Damasco, Bagdad e Costantinopoli. “La ciudad arrasada” descrive il declino della città preceduto da un periodo di benessere e di affermazione militare contro i regni cristiani, mentre “El tirano benévolo” parla di Muhammad ibn Abbi Amir che riuscì ad imporre l’autocrazia distruggendo ed ingannando. Córdoba de los Omeyas, oltre alla divulgazione storica parla anche della vita quotidiana, dell’arte e della poesia di quel periodo passato e AMM cerca di cogliere le differenze tra la civiltà occidentale e quella orientale.72 L’8 maggio del 1990 durante un congresso di letteratura presso l’università Complutense di Madrid intitolato “La disciplina de la imaginación”, AMM tiene due conferenze che sono pubblicate in un libro intitolato ¿Por qué no es útil la literatura?73. Nella prima conferenza intitolata “La disciplina de la imaginación” AMM denuncia l’assurda e rigida separazione che si è creata in Spagna tra educazione e cultura. All’autore interessa scoprire perché ci sono così pochi lettori e la colpa è, secondo lui, della classe politica che desidera che gli spagnoli rimangano ignoranti come loro. AMM in questo libro afferma che la letteratura è una conseguenza dell’istinto dell’immaginazione che opera nell’infanzia e che, poco a poco, si atrofizza come un organo che si smette di utilizzare. Egli sostiene che il professore di letteratura è colui che sa introdurre gli adolescenti nel regno dei libri e gli insegna che questi non sono dei monumenti intoccabili, ma testimonianze della vita degli uomini, parole che ci parlano con la nostra voce e che possono darci aiuto nelle avversità ed entusiasmo nella disgrazia. 72 Cfr. Victor Alonso Troncoso, “En la Córdoba de los Omeyas, con Antonio Muñoz Molina”, in Cuadernos hispanoamericanos, 1992, num 504, pp. 34-45. 73 Antonio Muñoz Molina, Luis García Montero, ¿Por qué no es útil la literatura?, Madrid, Hiperión, 1993. 45 Lo scrittore può introdurci nella vita degli altri e raccontare con grande intensità le storie come se fossero sue e allo stesso tempo dà al lettore l’opportunità di viaggiare in mondi favolosi e assistere ad esperienze fantastiche senza uscire dalla propria casa. L’autore insiste sull’idea che: “aprender a escribir libros es una tarea muy dura, un placer extremadamente laborioso que no se le regala a nadie. Lo que se llama la inspiración, la fluidez en la escritura, la sensación de que uno no arranca las palabras al papel, sino de que ellas van por delante señalando el camino, sólo llega, cuando llega, después de mucho tiempo de disciplina diaria”.74 La stessa cosa succede per ciò che concerne la lettura: “aprender a leer los libros y a gozarlos también es una tarea que requiere un esfuerzo largo y gradual, lleno de entrega y de paciencia, y también de humildad”.75 Al termine di questa conferenza egli riassume la sua posizione di fronte al mondo letterario con queste parole: “Donde està y donde importa la literatura es en esa habitación cerrada donde un hombre escribe a solas a altas horas de la noche, en el dormitorio de un niño que se desvela leyendo a Emilio Salgari, en el aula de un Instituto donde un profesor sin más ayuda que su entusiasmo y su coraje le transmite a uno solo de sus alumnos el amor por los libros”.76 L’altra conferenza, tenuta il 23 maggio 1982 alla XI^ Fiera Provinciale del libro di Granada, si intitola “Las hogueras sin fuegos” e parla dei libri in questi termini: “(…) los libros salen a la calle para afirmar su buena nueva, que es tan antigua como nuestra historia y durará más que nosotros a pesar de todas las torvas profecías que vienen condenándolos a la inminente extinción casi desde que el mundo es mundo. Las gente positivas suelen decirnos que los libros no sirven para nada, que no se venden, que no interesan a nadie. Pero algo tendrán cuando todas las tiranías han querido sojuzgarlos y quemarlos y cuando todos los hombres libres han aprendido de ellos y los han usado para enseñar la libertad. Decía nuestro Cervantes que no hay libro tan malo que no contenga algo bueno”.77. 74 Ibídem, p. 59. Ivi. 76 Ibídem, p. 60. 77 Ibídem, p. 63. 75 46 L’autore critica il franchismo colpevole della decadenza della letteratura in Spagna, colpevole dell’esilio, della solitudine, della morte e dell’oblio nel quale sono caduti molti scrittori. Nel 1936 con le parole “Muoia l’intelligenza” c’è stata una svolta negativa nell’ambito culturale. In proposito l’autore afferma che “lo peor de la dictadura, es que al privarnos de la libertad y de los libros nos convirtieron en un país sin memoria”.78 Oggi in Spagna si pubblicano molti libri, ma se ne leggono pochi perché secondo AMM: “no hemos vencido la voluntad consciente de ignorancia y amnesia que fue el arma más poderosa de la tiranía. (…). Lo verdadero letal es aniquilar en los hombres el instinto y el deseo de la lectura, o no dejar que nazca”.79 L’autore termina la conferenza dando un giudizio sugli anni ’80. Qualcosa si sta muovendo nella letteratura spagnola. Per la prima volta dopo mezzo secolo gli scrittori spagnoli possono permettersi di pensare solo alla letteratura. Quindici anni fa era difficile per un giovane scrittore pubblicare un libro se non viveva a Madrid o aveva delle conoscenze. Ora, è molto facile pubblicare, soprattutto, romanzi. Il 22, 24, 29 e 31gennaio 1991 pronuncia quattro conferenze alla Fondazione Juan March di Madrid raccolte, più tardi, in un libro intitolato La realidad de la ficción80. Nel prologo riferisce che queste quattro dissertazioni sono ”tentativas de explicarme a mi mismo el trabajo de la literatura y el lugar de la ficción en la vida”.81 Egli ricorda con piacere la presenza assidua degli spettatori con i quali, dopo ogni sua lettura, si soffermava a lungo a discutere e commentare. Nella prima conferenza, “El argumento y la historia”, l’autore esprime la sua opinione sulla realtà e la finzione nel romanzo e afferma che l’apprendimento più difficile per un romanziere è: “el modo de manipular la experiencia para 78 Ibídem, p. 67. Ibídem, p. 68. 80 Antonio Muñoz Molina, La realidad de la ficción, Sevilla, Renacimiento, 1993. 81 Ibídem, p. 7. 79 47 convertirla en ficción, o dicho en términos aristotélicos, de hacer forma de materia”.82 Gli autori molte volte devono rispondere ad una domanda dei lettori su che parte di verità ci sia nei loro personaggi, o in cosa lo scrittore assomiglia a loro. AMM risponde così: “si lo que se ha contado en la novela tiene algo de verdad, quien lo ha escrito adquiere, paradójicamente, una dimensión imaginaria; si el libro y el autor no tienen nada que ver, el libro tal vez sea una pura mentira y quien lo ha escrito un impostor”.83 AMM dà ai suoi lettori un insegnamento di carattere tecnico e morale dichiarando che ovunque, nella nostra casa, nella vita quotidiana, all’interno di ognuno di noi, esistono storie che valgono la pena di essere raccontate e che possono diventare una magnifica finzione. In questa conferenza commenta due suoi racconti, “La colina de los sacrificios” e “La poseída”, e al termine dichiara a proposito delle storie da lui scritte che “las mejores historias que he inventado han venido a mí y han ido construyéndose como si fuera otro el que me las dictara, como si fueran tramándose por sí mismas”.84 La seconda conferenza, “El personaje y su modelo”, spiega che caratteristiche devono avere i personaggi dei suoi romanzi. Egli è convinto che ogni personaggio letterario sia la trasposizione di una persona reale e che di questi personaggi della letteratura, come delle persone reali, è poco ciò che si può sapere di loro. Nella scrittura è importante ciò che si dice ma anche ciò che si cela e gli spazi bianchi sono quelli che lasciano al lettore il piacere dell’immaginazione. Inventando i suoi personaggi lo scrittore fa un solitario esame di coscienza e scopre ricordi che ignorava e aspetti del suo carattere che nessun altro percorso gli avrebbe potuto rivelato. Egli sogna scrivendo, ma non sempre è gradevole quello che vede, alcune volte inventa personaggi con caratteristiche proprie che mai 82 Ibídem, p. 17. Ibídem, p. 15. 84 Ibídem, p. 25. 83 48 accetterebbe come sue. Egli, come una spia, inventa per salvarsi grazie all’impunità di un nome falso.85 A proposito dei nomi che dà ai suoi personaggi dichiara che “sólo el oído y el instinto nos enseña la ciencia de los nombres”86 e prende come esempio i personaggi di due autori, Proust e Cervantes. Il nome secondo AMM è importante perché: “es la cara que ve el lector del personaje. El nombre ha de contenerlo y definirlo, de tal modo que lo primero que nos molesta en las malas novelas son los nombres de sus protagonistas, y en tal medida que al escribir, mientras no tengamos el nombre, no podemos decir que tenemos el personaje”.87 Nella terza conferenza, “La voz y el estilo”, a proposito della voce sostiene che bisogna prestare attenzione a quelle che raccontano. Una parte dei romanzi inventati e raccontati nel mondo non ha un autore conosciuto e le loro storie sono state tramandate oralmente fino ai giorni nostri. Il narratore è un califfo che si stanca nel palazzo grammaticale dell’io, è una voce che diventa tante voci e che si ferma ad ascoltarle per distinguere l’unica voce che è la sua.88. L’autore ama molto ascoltare, ovunque si trovi, in autobus, al supermercato, in un bar le voci delle persone che gli sono accanto, per fare di queste le parole dei suoi personaggi. Conclude affermando che nei suoi tre romanzi, Beatus ille, El invierno en Lisboa e Beltenebros, “he sido incapaz de contar la historia si no era a través de la mirada y la voz de un personaje”.89 L’ultima conferenza, “La sombra del lector”, parla dell’identificazione dello scrittore con il lettore e come esempio racconta della sua abitudine di leggere gli articoli che scrive per i giornali. Egli si tramuta nel lettore di se stesso, in un testimone delle sue parole, nel lettore della sua letteratura. “Los libros, la lectura, están en la raíz de nuestra idea de la libertad. Cuando nos encerramos a leer a solas, el gusto de la lectura es un gesto tranquilo e inconsciente de rebeldía. El escritor muchas veces no sabe que hay un lector 85 Cfr. pp. 36-37. Ibídem, p. 43. 87 Ibídem, p. 41. 88 Cfr. pp. 49, 57, 55. 89 Ibídem, p. 63. 86 49 oculto dentro de él. El lector tampoco se da cuenta de en qué medida está el mismo escribiendo el libro”.90 A conclusione di questo convegno cita le parole di uno degli scrittori più importanti, secondo AMM, della letteratura in spagnolo, Juan Carlos Onetti.91 Los misterios de Madrid92 è un romanzo dei primi anni novanta in cui l’autore utilizza la città di Madrid per ambientare la vicenda narrata. Questo libro è pubblicato, per la prima volta, in appendice nel quotidiano El País (dal 11 agosto al 7 settembre 1992). Il protagonista, Lorencito Quesada, è già apparso in altri due suoi lavori “El cuarto del fantasma” e El jinete polaco. La storia inizia nell’epoca attuale ed è ambientata a Mágina-Úbeda, dove il protagonista, Lorencito Quesada, vive con la madre. Aspirante letterato e giornalista, lavora in una farmacia ed è responsabile del giornale provinciale Singladura.93 Los misterios de Madrid è parodia e pastiche di un romanzo poliziesco dove si apprezza in ogni momento il tono rilassato e sicuro, senza la tensione di El Jinete polaco; quando c’è la suspense l’autore la interrompe con una parentesi di informazioni estrinseche all’azione che ci svia dall’attesa dell’inevitabile soluzione. AMM come burla intertestuale adotta la digressione culinaria (con grandi bevute e piatti degustati dal protagonista). Questa figura assomiglia a quella del detective Pepe Carvalho personaggio creato da Vázquez Montalbán.94 In questo testo AMM si burla delle usanze di provincia e dell’aristocrazia locale incarnata da Don Sebastián Guadalimar consorte della contessa de la Cueva. Il mistero si svolge attorno al furto avvenuto nella cappella del Salvatore di proprietà della contessa, dell’immagine del Santo Cristo de la Greña. Il protagonista va a cercare l’immagine sacra per Madrid fino a svelare il segreto dell’imbroglio. Egli troverà l’immagine dopo aver visitato sexy-shops, negozi di articoli sacri, dopo essere sopravvissuto a numerosi attentati. 90 Ibídem, p. 79. Ibídem, p. 81. 92 Antonio Muñoz Molina, Los misterios de Madrid, Barcelona, Seix Barral, 1992. 93 Cfr. Manuel María Morales Cuesta, op. cit., p. 102. 94 Cfr. Yvette Sánchez, “Recursos de suspense en las novelas de Antonio Muñoz Molina”, in Ética y estética de Antonio Muñoz Molina, cit., p. 104. 91 50 Questo romanzo è una avventura appassionata, che termina con il ritorno del protagonista e dell’immagine sacra a Mágina. Dice a proposito del romanzo un critico letterario che è: “Un libro en el que reconocer el magnífico estilo de Antonio Muñoz Molina. A la tópica historia se acompaña un lenguaje poco elaborado, premeditamente simple y preñado de expresiones tópicas”.95 L’opera coincide negli aspetti assurdi, nell’ironia (fino ad ora AMM non l’aveva mai usata nei suoi romanzi) e nell’umorismo con un’altra opera El misterio de la cripta embrujada di Eduardo Mendoza. Scritto in un linguaggio diversificato e quasi cinematografico. Nel 1992, appaiono una serie di articoli su El País in una sezione intitolata “Vivir para contarlo”. Nel 1993, ogni settimana, l’autore scrive un testo sotto l’etichetta generale di “Travesía”. Dodici racconti pubblicati precedentemente (dal 1983 al 1993) dall’autore sono, successivamente, raccolti nel libro Nada del otro mundo96. Cronologicamente il primo racconto di questa raccolta è “El hombre sombra” scritto nell’autunno del 1983, mentre il più recente, “La gentileza de los desconocidos”, è pubblicato nel supplemento domenicale di El País nel 1993. Quest’ultimo è stato realizzato nel 1980 a San Sebastián dove un amico gli aveva affittato un appartamento arredato nel quale AMM trova certi segnali dell’inclinazione alla pornografia e al collage dell’inquilino precedente. Tra il primo e l’ultimo racconto trascorre dieci anni e allo stupore del passare del tempo si aggiunge la certezza che tra tutti i libri che stava scrivendo e pubblicando dal 1983 ce n’era uno che stava nascendo lentamente e invisibilmente, all’insaputa dello stesso autore, un libro disperso in riviste o tra le pagine di altri libri. Afferma l’autore che questo libro gli dava l’impressione di essere stato scritto senza che lui se ne rendesse conto e ciò è dovuto al fatto che tutti i racconti, eccetto i più vecchi, li aveva scritti su incarico. “Cuando se me ocurre una historia, no suelo escribirla immediatamente. Anoto el argumento en dos líneas, o ni siquiera eso, lo dejo guardado en la memoria, algunas veces ya con un título, y ahí se queda durante años enteros, madurando, 95 Care Santos, “Antonio Muñoz Molina”, in Quimera, num. 116, 1992, p. 70. Antonio Muñoz Molina, Nada del otro mundo, Madrid, Espasa-Calpe, 1993. 96 51 modificándose o gastándose, y no siempre llega a existir, porque me olvido por completo de él o uso un rasgo o el nombre de un personaje en una novela”97. L’origine de “La colina de los sacrificios”, per esempio, è una notizia che l’autore legge in alcuni periodici nel dicembre del 1983 e sul quale scrive, anche lui, un articolo. AMM dichiara di seguire due norme semplici, “comienzo indudable” e “final definitivo” come in “Un amor imposible” (1988) e “Si tú me dices ven” (1989). Con questa affermazione cerca di imitare: Checov, Poe, Rulfo, Borges, Cortázar, Onetti. Tutto questo ci permette di ascrivere alla genealogia di Onetti il patetismo tenero e implacabile dei sentimenti, della malinconia e della lucidità di tante situazioni come in “El hombre sombra”, “La poseída”, “Un amor imposible”, “La colina de los sacrificios”, a Borges la volontà di chiudere le trame in “Las aguas del olvido”, “Si tú me dices ven” e a Bioy Casares l’ironia che serve da contrappeso al tono serio in racconti come “Las otras vidas”, “El cuarto del fantasma” e “Nada del otro mundo”. In questi racconti l’interlocutore non è solo la letteratura ma anche la vita. Balzac pone per primo il problema e dà la sua personale soluzione nel prologo a La Comédie humaine: è impossibile e inutile decidere tra vita e letteratura, solo attraverso l’imitazione si aprono le porte della realtà.98 Afferma Andrés Soria Olmedo a proposito dello stile e forma adottati da AMM nei suoi racconti: “(…) en la prosa de AMM puede observarse el progresivo control y contención de una proclivedad inicial a la retórica ciceroniana, amplificatoria, marcada por la hipotaxis, los adverbios, el subjuntivo, el condicional, las metáforas y símiles, en favor de una tendencia más senequista o tacitista (...). También para esto es elocuente la lectura de los cuentos y narraciones breves, escritos a lo largo de diez años, y la de El dueño del secreto, donde más visible resulta el empleo de artificios de la veracidad”. 97 Ibídem, p. 28. Cfr. Andrés Soria Olmedo, “El curioso impertinente sobre la narrativa breve de Antonio Muñoz Molina”, in Antonio Muñoz Molina, Nada del otro mundo, Madrid, Espasa-Calpe, 1993, pp. 1415. 98 52 Un primo approccio con l’opera mostra una divisione tra i racconti scritti in prima persona e in terza. Nel primo caso predomina uno sguardo sulle vite altrui che si risolvono, solitamente, in chiave ironica. Nel secondo caso, invece, l’interpolazione dell’immaginario regola tutte le azioni e relazioni e in loro si attenua e scompare la vena satirica, “las otras vidas” non sono unicamente l’oggetto di uno sguardo curioso ma interiore ai propri personaggi, forgiati dalla sua volontà nella tradizione di Don Quijote o Emma Bovary. Indicativo è che più della metà dei protagonisti della collezione sono scrittori. Il viaggiatore di “Extraños en la noche” mitiga la sua infelicità con l’aiuto di una macchina da scrivere e di un robusto quaderno che gli permetterà di mentire in un dato momento alla donna sconosciuta con cui egli condivide la sua pietà e la sua sventura. E’ la storia di una donna ricoverata all’ospedale di Madrid in coma e che vi rimane diversi giorni senza che nessuno ne reclami la scomparsa.99 “Nada del otro mundo” è il racconto più lungo e dà il titolo generico all’intera raccolta. Scritto in prima persona è un’evocazione del periodo che l’autore trascorre, ancora studente, a Granada negli anni ’70. La personalità del narratore-protagonista è simile a quella dell’autore, il protagonista è un romanziere che inizia ad avere successo, ma continua a lavorare per un ufficio della città. In questo racconto come in tutte le sue opere, l’autore allude alla letteratura citando alcuni scrittori solitari come Faulkner o Flaubert, o altri che hanno lavorato in ufficio come Kafka e Pessoa. Queste due caratteristiche la solitudine e il lavoro d’ufficio appartengono al nostro autore. La storia si svolge intorno all’amicizia del protagonista con il suo compagno di camera, Funes. Con l’arrivo di una donna, Juana Rosa, l’interesse di Funes si riversa su quest’ultima che finirà per sposare. Con il passare degli anni Funes diventa il legale di una cooperativa mentre Juana dirige un centro di salute. Dopo molti anni il protagonista riceve un invito a tenere una conferenza in un paese sperduto, dove i due amici vivono, per la Casa de Cultura. Fin qui la storia è un esempio di realismo e verosimiglianza, ma dopo l’arrivo al paese l’atmosfera 53 diventa irreale e fantastica. Stanco del viaggio il protagonista si ritrova immerso in un ambiente desolato, tipico dei romanzi di mistero e di terrore, e attraverso una serie di peripezie ci porta ad un finale sorprendente e il titolo assumerà un altro significato.100 L’ultima pagina ci riporta al presente riassumendo tutto quello che fino ad ora è successo. Le ultime righe convertono il racconto in una metafora della scrittura.101 “(…) me duele mucho la espalda y tengo los ojos enrojecido por el brillo de la pantalla del ordenador. los dedos se mueven sobre el teclado sin que yo los gobierne. Las palabras siguen en la pantalla como si no las escribiera. Es como caminar y caminar por una ciudad desconocida y estar muerto de fatiga y no detenerse nunca”.102 A questa raccolta di racconti segue la pubblicazione di un romanzo, El dueño del secreto,103 in cui l’autore parla del franchismo e fa un omaggio ai giovani di sinistra della sua generazione. E’ la storia di un apprendista giornalista coinvolto in una cospirazione, ordita negli uffici di un avvocato anarchico, ai danni del dittatore Franco. Il racconto è in prima persona ed è caratterizzato da una dose di autobiografismo, rintracciabile quando parla di un giovane che arriva a Madrid da un piccolo paese, Mágina, per studiare giornalismo. L’azione si svolge nella primavera del 1974 e, alla fine, la cospirazione non ha successo perché il protagonista non sa mantenere il segreto.104 L’episodio che crede di vivere l’eroe di El dueño del secreto è un episodio nazionale: “En 1974, en Madrid, durante un par de semanas del mes de mayo, formé parte de una conspiración encaminada a derribar el régimen franquista”.105 La storia è raccontata dal narratore-testimone molti anni dopo, senza nostalgia, solo con la memoria del passato, con la prospettiva del tempo trascorso; 99 Ibídem, pp. 18-19. Cfr. Manuel María Morales Cuesta, op. cit., pp. 104-105. 101 Cfr. Ana Rodríguez-Fisher, “Materia y forma en los relatos de Antonio Muñoz Molina”, in Insula, num. 568, aprile 1994, p. 23. 102 Antonio Muñoz Molina, Nada del otro mundo, p. 71. 103 Antonio Muñoz Molina, El dueño del secreto, Madrid, Ollero & Ramos, 1994. 104 Cfr. Manuel María Morales Cuesta, op. cit., p. 111. 105 Antonio Muñoz Molina, El dueño del secreto, p. 5. 100 54 è un romanzo scritto con semplicità, abilità e ampio dominio del linguaggio. Nell’opera ci sono molti dei ricorsi di AMM come, il suo amore per Madrid e il fascino che provocano su di lui i locali notturni. L’ideologia del protagonista rimane plasmata con chiarezza sin dal principio: un giovane che ammira gli avvenimenti e i risultati della rivoluzione portoghese e che, sente un odio profondo verso il colpo di stato fascista di Pinochet in Cile.106 Un aspetto importante è l’intertestualità in quanto il protagonista deve porsi in linea con Minaya di Beatus ille e con Manuel di El jinete polaco, tutti sono giovani che provengono da Mágina. Intertestualità in quanto i protagonisti sono variazioni sopra quello che possiamo chiamare il giovane di provincia. L’eroe del romanzo è una sintesi del giovane trionfatore di El jinete polaco e il disastrato e valoroso Lorencito di Los misterios de Madrid, come il primo egli preserva la memoria e come il secondo esplora la città.107 Uno degli ultimi racconti scritti da AMM è stato pubblicato su El País in occasione dei festeggiamenti per il centenario della morte di Robert Louis Stevenson, e si intitola “Carlota Fainberg”. Questo racconto fa parte di un volume intitolato Cuentos de la isla del tesoro108 che raccoglie l’omaggio anche di altri quattro autori: Julio Llamazares, Juan Marsé, Juan José Millás, Arturo PérezReverte. Un anno dopo viene pubblicato il romanzo autobiografico Ardor guerrero109. Questo testo è insolito per la letteratura spagnola dato che l’autore utilizza la prosa senza finzione per parlare del periodo del servizio militare, facendo di questo tema un’opera d’arte. E’ la storia, in prima persona, di un uomo privato dell’identità perché trasformato dall’esercito nella recluta J-54. In questo libro AMM affronta la questione dell’identità dell’io. 106 Cfr. Manuel María Morales Cuesta, op. cit., p. 112. Cfr. Andrés Soria Olmedo, art. cit., pp. 20-22. 108 AA.VV., Cuentos de la isla del tesoro, Madrid, Alfaguara, 1994. 109 Antonio Muñoz Molina, Ardor guerrero, Madrid, Alfaguara, 1995. 107 55 In questo romanzo, a differenza dei precedenti, l’autore sfugge la finzione e si concentra su un avvenimento reale della sua vita. L’opera inizia con un verso di Montaigne “Así pues, lector, yo mismo soy la materia de mi libro” che riassume ciò che l’autore cercherà di esprimere nel proseguimento dell’opera. Il romanzo è un’aperta critica al servizio militare, AMM trasforma in narrazione un’esperienza dove fatti quotidiani grotteschi e sgradevoli, come la pornografia, l’hascisc e l’alcol sono i tre paradisi artificiali nei quali la maggior parte dei giovani militari si rifugia. Affronta l’argomento con tenerezza, ironia e umorismo senza tralasciare una critica all’esercito. Dopo i primi tre capitoli, che fanno da introduzione, inizia la storia vera e propria. Nel quarto capitolo l’autore ci racconta il viaggio in treno verso il paese Basco e lo vediamo solo nella stazione di Espeluy mentre sta leggendo, per consolarsi, alcune poesie di Borges; qui ha inizio la “enciclopedia de la desolación” la cui cronaca diventa un libro. La storia si prolunga, dal congedo (1980) al 1993. Nel 1994 AMM incontra a Madrid un vecchio compagno del servizio militare, Martínez, che sta passeggiando per la Gran Vía. Questo incontro casuale dà all’autore lo spunto per terminare la sua “memoria militare”. Il tema predominante è la paura, punto di partenza e di riferimento, che dà impulso alla macchina dell’esercito al quale tutti, dai generali alle reclute, appartengono.110 Il libro partecipa a ciò che di comune ha l’esperienza militare come la divisione delle reclute in una specie di gerarchia che va dai “nonni” ai “nipoti”. Questa scala gerarchica dà diritto ai nonni di umiliare e prendersi gioco di quelli che sono più in basso. AMM apparteneva a quest’ultima classe, i “nietos”, che dovevano sempre sottostare al volere dei superiori. Questa esperienza personale permette di vedere in Ardor guerrero la memoria di tutta una generazione.111 Il romanzo è ricco di riferimenti al mondo della musica, del cinema, della letteratura. L’autore elenca i libri che ha portato con sé: le poesie di Borges copiati 110 Cfr. Manuel María Morales Cuesta, op. cit., pp. 112-116. 56 a macchina su un quaderno, El Quijote di Austral, La gente di Smiley di John Le Carré, El cine según Hitchcok, El diario de un escritor di Umbral, un volume di racconti di Cortázar, La linea d’ombra di Conrad, e Dejemos hablar el viento di Onetti.112 Afferma Antonio Lara a proposito delle caratteristiche principali dell’opera: “(…) este libro no es una apasionada diatriba contra los desmanes de la vida militar cuanto una profunda, lúcida y melancólica reflexión sobre el tiempo. (…) Ardor guerrero sería no sólo un intento de conocimiento y de explicación del yo y de quienes compartieron esa experiencia, sino también un intento de explicar las claves de comportamiento de nuestra sociedad. Porque parece claro que las situaciones de soledad, humillación, miedo, aislamiento, etc. que nos describe Ardor guerrero no se dan solamente en el contesto del servicio militar”.113 Nel 1995 ha pubblicato una selezione di articoli giornalistici dal titolo Las apariencias114. Vivere per ricordare, per osservare la realtà e per raccontarla, potrebbe essere il tema dell’opera. Nelle sue pagine possiamo notare una critica alla società attuale e ai suoi usi e costumi. In questo libro appaiono inoltre degli articoli pubblicati, precedentemente, nel supplemento culturale del ABC intitolati “La última palabra” (1987-89) e “La cueva de Montesinos” (1988-89), ma prevalgono quelli della tappa 1990-91 scritti per il quotidiano El País. Con uno di questi articoli “La sociedad secreta”115 ottiene il Premio Café Libertad che è dato all’autore del miglior articolo pubblicato in un quotidiano. Il primo articolo, intitolato “La manera de mirar” (1980), serve da introduzione perché AMM ci comunica come intende cambiare il suo modo di osservare e intendere la letteratura e di conseguenza la vita: “Sólo ahora, tan tarde, uno va sabiendo que hay otra manera de mirar misterios evidentes y ocultos en el juego de las apariencias. Basta de espejos y de sombras, se dice, basta ya de melancolía y de literatura, de canciones escuchadas para sufrir más dulcemente y de libros escritos y leídos para inventarse una vida que no supo tener. Procurará mirar desde ahora las cosas con los ojos tan apasionadamente abiertos como un pintor de la verdad, como Edward Hopper o 111 Cfr. Antonio Lara, “Ardor guerrero”, in Ética y estética de Antonio Muñoz Molina, cit., pp. 166168. 112 Cfr. Manuel María Morales Cuesta, op. cit., p. 116 113 Cfr. Antonio Lara, “Ardor guerrero”, cit., pp. 166-169. 114 Antonio Muñoz Molina, Las apariencias, Madrid, Alfaguara, 1995. 115 Antonio Muñoz Molina, “La sociedad secreta”, in El País, 17 novembre 1990. 57 Velázquez, con la serenidad de Veemer, con el espanto y la rabia, si es preciso, de Francis Bacon, con la inocencia de un recién llegado, con la temeridad de un espía que se juega la vida en su indagación. Intentará vivir para contarlo”116. La tecnica dell’autore consiste nel mettere in relazione cose diverse che all’unirsi acquisiscono un nuovo significato. I curiosi paradossi che generano il nostro mondo sono il tema della maggior parte di questi articoli. Non manca un lavoro più letterario come “El ladrón de libros” dove conclude affermando che tutti quelli che amano i libri sono membri di una pericolosa confraternita, gente di cui non ci si può fidare. In alcuni articoli si occupa delle spie, del tradimento, della lealtà, della realtà e della finzione come in “El espía y su sombra” e “Los traídores”; in altri ancora, “Teoría del adíos” e “En las vidas de otros”, mostra il suo interesse per color che amano vivere in solitudine. Ad AMM interessa vedere oltre le apparenze, ma richiama l’attenzione anche su come la finzione può essere un mezzo per conoscere la realtà e per questo motivo ritiene che l’articolo sia lo strumento ideale. Nel 1996 appare La huerta del Edén117 che ha per sottotitolo “Escritos y diatribas sobre Andalucía”. Questo libro riprende gli articoli pubblicati nell’edizione andalusa del quotidiano El País, 1995 e del 1996, con l’eccezione di un paio che compaiono nell’edizione nazionale. Dichiara a proposito dell’opera Fernando Valls: “Aunque el título es irónico me parece que peca de optimista el autor cuando, en el prólogo, se niega a aceptar que esa supuesta huerta del Edén que fue Andalucía existiera sólo en el pasado, en la literatura (…) Este es un libro que trata de la realidad, de la España de la primera mitad de los noventa, que no es más que una concecuencia de la que se gestó durante el gobierno socialista (…). Los artículos tienen casi siempre su origen en una noticia de períodico o en un acontecimiento, que sirve como excusa para trascender esa realidad, a veces anecdótica, y hacer una reflexión crítica general sobre las ideologías” 118. 116 Fernando Valls, “Ver de cerca. Los artículos literarios de Antonio Muñoz Molina”, in Etica y estética de Antonio Muñoz Molina, op. cit., p. 78. 117 Antonio Muñoz Molina, La huerta del Edén, Madrid, Ollero & Ramos, 1996. 118 Fernando Valls, “Ver de cerca. Los artículos literarios de Antonio Muñoz Molina”, in Etica y estética de Antonio Muñoz Molina, op. cit., pp. 83-84. 58 Un esempio di ciò che ho appena citato è l’articolo intitolato “Cervantes en el exilio”.119L’autore si burla di alcuni professori di un Liceo che hanno proibito agli studenti l’uso del nome dell’autore del Quijote perché non era andaluso. Questo serve all’autore come pretesto per criticare ciò che chiama “ayatolismo andaluz”, ossia, l’idealizzazione del passato mussulmano come unico legame valido dell’Andalusia. Una denuncia che si ripete in questi articoli da parte dei nazionalisti andalusi è la falsificazione della storia, il loro obiettivo è di rivendicare la cultura mussulmana e condannare la conquista cristiana. Un esempio è l’articolo “Una casa para Salman Rushdie”.120 In questi testi l’autore oltre che criticare la società prende le difese dei deboli, di coloro che soffrono le ingiustizie, come il razzismo, e si sentono indifesi di fronte al potere (“Granada- Dakar”, “Humorismo judicial” e “El arrepentimiento”), dei servizi pubblici, dell’istruzione, del lavoro dei maestri e professori (“Una celebración”), delle biblioteche, del treno, della natura, dell’agricoltura, (“Caído del cielo”, “Invierno y aceituna” e “Esplendor del aceite”), del liberalismo, dell’ideologia repubblicana (“Catorce de abril”), del lavoro, della tranquillità, del silenzio (“Los objetores de la fiesta” e “La gran meada”), della separazione tra potere civile e religioso (“Catorce de abril”). L’articolo più importante è quello che chiude il libro, “Entre Úbeda y Mágina”, dove AMM traccia la relazione tra città reale e inventata e spiega come Mágina è la trasposizione di Úbeda. In questi articoli come nei suoi romanzi appaiono personaggi e paesaggi dell’infanzia. Quasi tutti i migliori articoli del libro sono quelli che lo scrittore definisce nel sottotitolo come diatribas, i più ironici e sarcastici, i meno prudenti, quelli che compone in stato di irritazione, però non mancano quasi mai nelle sue pagine la tenerezza, l’umorismo e la passione per la nobile gente del suo paese, per la cultura, la difesa della ragione e del senso comune.121 119 Cfr. Antonio Muñoz Molina, La huerta del Edén, cit., pp. 15-18. Cfr. Antonio Muñoz Molina, Cordoba de los Omeyas, pp. 75-78. 121 Cfr. Fernando Valls, ”Ver de cerca. Los artículos literarios de AMM”, in Etica y estética de Antonio Muñoz Molina, cit., pp. 81-84. 120 59 Escrito en un instante122 è un testo che raccoglie lavori su commissione, un procedimento creativo che l’autore ha sempre difeso. Il volume comprende due parti: la prima riprende i testi che pubblica in Diario 16, durante tutto il mese di febbraio del 1988, nella sezione “Escrito en un instante” e la seconda parte, intitolata “Paseos y viajes”, è un incarico del 1992 di Radio Nacional che gli chiede di raccontare in pochi minuti “un paseo verdadero o ficticio”. Nel prologo cita alcuni suoi maestri di articulismo: Ortega y Gasset, Camba, Pla, Clarín. Egli si lamenta del poco interesse che l’articolo giornalistico suscita e in “En un instante”, “A cierta sombra” e “Otras ciudades” ricorda che “donde más se apróxima la prosa y la poesía es en el artículo, en su instantaneidad y su concisión, en su cualidad de burbuja de tiempo, de mirada y pulsación preservadas en palabras”. Nel primo articolo citato richiama l’attenzione sul carattere effimero di ciò che si scrive sui giornali, nel secondo l’autore insiste sull’importanza di trovare un lettore adeguato e vero. Nell’ultimo confessa che scrive per continuare ad immaginare, vedere e sentire musiche delle città che ha amato. Il resto degli articoli toccano i ricordi dell’infanzia e adolescenza, sono riflessioni sulla memoria e gli effetti del trascorrere del tempo, sulla futilità della morte e sull’ambiguità sogno/veglia. “Paseos y viajes” raccoglie diciannove testi scritti per essere ascoltati a Radio Nacional che gli aveva chiesto di raccontare in due o tre minuti “un paseo verdadero o ficticio”. Le città sono per AMM motivo per evocare scrittori o artisti che vi soggiornarono. Il migliore di questi “paseos” è secondo, Fernando Valls, “Lisboa caminada” perché: “(…) como en ningún otro logra dar con el tono adecuado y consigue recrear su peculiar atmósfera, que tanto me ha recordado la ciudad que magistralmente evocó Angel Crespo, es un modelo perfecto de la identificación de un escritor con el sutil misterio de un territorio, con su historia y con su presente, con sus rincones y gentes”123. 122 Antonio Muñoz Molina, Escrito en un instante, Palma de Mallorca, Calima, 1997. Ibídem. p. 91. 123 60 A partire dal 2 novembre del 1997 inizia a scrivere in una nuova sezione del quotidiano El País semanal intitolata “La vida por delante”. L’ultimo romanzo di AMM si intitola Plenilunio124. Un terribile omicidio scuote una piccola cittadina di provincia dell’Andalusia. Una notte di luna piena una bambina, Fatima, è stuprata e uccisa. L’assassino è in città e conduce, apparentemente, una vita come tutti gli altri. In quest’opera abbiamo un AMM cinico che ci racconta la paura, il terrore che si impossessa di ognuno di noi. Tutti abbiamo paura e le nostre paure, che teniamo segrete, diventano ossessioni con cui conviviamo e che condizionano la nostra vita. In questo romanzo c’è la fusione di più storie: quella di un poliziotto tormentato dal passato, quella della maestra Susana Grey che, separata dal marito, vive con il figlio, quella del violentatore e assassino delle due bambine e di un prete operaio che scriveva a Pasolini. Il testo si sviluppa attorno alla vita dei personaggi principali (l’ispettore e la maestra Susana Grey), e altri meno importanti (il giudice Ferreras, Padre Orduña, la ex-moglie e l’ex-marito dei protagonisti, l’assassino e le due bambine, Fatima e Paula), tutti questi personaggi compongono il ritratto della Spagna moderna. AMM in quest’opera utilizza certe immagini crude della cronaca televisiva per fare comprendere al lettore la malvagità intrinseca nell’assassino di due bambine Ad un esame più approfondito quello che il romanzo mostra sono alcune delle forme nelle quali si incarna il male della società contemporanea. Appaiono anche sentimenti opposti come la solitudine, la solidarietà e l’amore. La violenza e l’amore trasformano i personaggi. Susana e l’ispettore sono i portatori dell’unica speranza perché attraverso il loro amore sono in grado di ricostruire le loro vite che stanno andando alla deriva.125 Percepiamo la crescente inquietudine dell’autore di fronte al disordine, all’insensibilità, alla crudeltà e alla violenza, allo sconcerto e alla frustrazione che 124 Antonio Muñoz Molina, Plenilunio, Madrid, Alfaguara, 1997. Cfr. Fernando Valls, “Las apariencias engañan.”, in Quimera, num. 162, ottobre 1997, p. 64. 125 61 predominano ai nostri giorni. Non propone soluzioni ai problemi ne apporta risposte concrete, semplicemente ci fa prendere coscienza della grandezza del disordine e delle aberrazioni commesse in nome della modernità. E’ un romanzo di forte intenzione morale al cui centro non c’è il passato ma il presente. In questo libro AMM non è interessato a raccontare ciò che succede dopo l’atto violento, ma il sentimento di vuoto che la morte delle due bambine lascia nella casa e nella memoria dei loro genitori. Egli ha voluto raccontare l’irreparabile di una scomparsa perché, solitamente, il cinema contemporaneo non mostra ciò che accade intorno alle vittime mentre in letteratura questo è mostrato al lettore.126 AMM afferma di provare “asco hacia la obscenidad de la violencia y la hegemonía de la figura del malvado, la celebración del cruel”127. Egli dimostra coraggio, perspicacia e capacità nell’osservazione psicologica e ambientale dei criminali e delle loro vittime. Il prete, Susana, il poliziotto, sono tutti personaggi affascinanti le cui avventure catturano l’interesse e creano una convincente atmosfera locale e storica.128 In Plenilunio, come in altre sue opere, utilizza la tecnica del film noir e la narrazione, di conseguenza, termina con la scoperta e la punizione del colpevole ma l’epilogo, con l’attentato all’investigatore, apre una finestra sulla questione del paese Basco. L’attacco al terrorismo, iniziato in Ardor guerrero, si amplia attraverso l’analisi della violenza arbitraria per motivi di degenerazione sessuale e politica. L’agente che scopre l’abuso sessuale è, anch’egli, vittima di una violenza, quella politica.129 126 Cfr. Irene Andrés-Suárez, “Ética y estética de AMM”, in Ética y estética de Antonio Muñoz Molina, cit., pp. 15-16. 127 Cfr. Elvira Lindo, Intervista ad Antonio Muñoz Molina, in Elle, febbraio 1998, pp. 64-65. 128 Cfr. Santos Sanz Villanueva, “Primera impresión”, in Ética y estética de Antonio Muñoz Molina, cit., p. 35. 129 Cfr. Gonzalo Navajas, “La historia como paradigma introspectivo”, in Ética y estética de Antonio Muñoz Molina, cit., p. 47. 62 3. La memoria nella narrativa di Antonio Muñoz Molina 3.1. La memoria Uno dei temi da sempre presenti nella letteratura è quello della memoria. La narrativa di AMM è principalmente composta da due ingredienti: la memoria e l’invenzione. Durante una conferenza tenuta alla Fundación Juan March di Madrid AMM a proposito della memoria afferma: “La memoria està inventando de manera incesante nuestro pasado (…), por eso es siempre desconcerante el encuentro con esos amigos de la infancia que nos cuentan detalles de nuestra propia vida que nosotros hemos olvidado por completo. La memoria común inventa, selecciona y combina, y el resultado es una ficción más o menos desleal a los hechos que nos sirve para interpretar las peripecias casuales o inútiles del pasado y darle la coherencia de un destino (…). Pero el ejercicio de la ficción no se limita al ámbito del pasado, aunque es cierto que prefiere usar como materiales los que proceden de la memoria más antigua, entre otras cosas porque es la más fragmentaria y la más facilmente manejable”.130 Da queste parole dell’autore si deduce che solo a partire dalle esperienze vissute e trasformate dall’abilità del narratore si ottiene la memoria fittizia. Da Marcel Proust AMM eredita l’arte delle digressioni, il gusto per l’ampliamento e l’analogia così come la forma di raccontare che coglie le esperienze nell’ordine in cui accadono per ubicarle nella durata temporale, nella memoria.131 Il nucleo tematico attorno al quale ruota tutta la sua produzione narrativa rappresenta la memoria individuale e collettiva e la sua necessaria e, a volte, dolorosa attualizzazione. L’attualizzazione e la rivalutazione di esperienze non scritte, ma vive nella memoria collettiva, sono parte integrante della storia ufficiale con particolare riferimento alla guerra civile. 130 Cfr. Antonio Muñoz Molina, La realidad de la ficción, Sevilla, Renacimiento, 1993, pp. 29-30. Cfr. Joan Oleza “Beatus ille o la complicidad de la historia y novela” in Bulletín Hispanique, tome 98, num. 2, luglio-dicembre 1996, p. 376. 131 63 La memoria è una delle forme che adotta il nostro potere di invenzione. L’importante è che i ricordi, inventati o reali, siano coerenti con la visione del mondo e di sé che ha ogni individuo. Memoria e anticipazione si presentano come una coppia complementare, ogni individuo vivendo in un presente incerto e insoddisfacente guarda verso il passato e il futuro cercando forme di vita migliori ed è allora che incorre nell’immaginazione.132 In Beatus ille133 e El jinete polaco134 lo scrittore potenzia i procedimenti estetici e i supporti narrativi presenti nei suoi precedenti lavori. Nelle due opere l’autore attua un viaggio al passato, non per compiangere ma per comprendere e illuminare la realtà del presente, le tracce si sovrappongono alle tracce costruendo una memoria che, oltre a salvaguardare i fatti, ne accoglie la loro contraffazione. In proposito AMM dichiara che “inventar y recordar son tareas que se parecen mucho y de vez en cuando se confunden entre sí”.135 La seguente analisi del tema della memoria si centra sulle due opere narrative appena citate. 3.1.1. La memoria tramandata Nelle sue opere l’autore utilizza lo sforzo mnemonico dei suoi personaggi per sprofondare nelle proprie radici, per riflettere sul proprio passato e, più ampiamente, sul destino dell’essere umano. In una scena di El jinete polaco è descritto il momento della nascita del protagonista; questa nascita pone l’accento non solo sul destino individuale ma anche su quello della collettività in cui la memoria personale è una sorta di reminiscenza della specie umana. Per questo motivo in El jinete polaco si descrive la scena della nascita di Manuel che qualche pagina più avanti dirà: “Ellos me hicieron, me engendraron, me lo legaron todo, lo que poseían y lo que nunca tuvieron, las palabras, el miedo, la ternura, los nombres, el dolor, la forma 132 Cfr. Águila Zamora/Fernando Valls., “Memoria, anticipación y tiempo en El jinete polaco: algunas implicaciones filosóficas”, a cura di Inge Beisel, El arte de la memoria: Incursiones en la narrativa española contemporánea, in Arbeiten zur Semiotik und Kunst (ASK), Mannheim, num. 9, 1997, p. 68. 133 Antonio Muñoz Molina, Beatus ille, Seix Barral, Barcelona, 1986. 134 Antonio Muñoz Molina, El jinete polaco, Barcelona, Planeta, 1991. 135 Cfr. Elide Pittarello, recensione a: La realidad de la ficción, Los misterios de Madrid, Nada del otro mundo, El dueño del secreto di Antonio Muñoz Molina, in Rassegna Iberistica, 51, dicembre 1994, pp. 72-75. 64 de mi cara, el color de los ojos, la sensación de no haberme ido nunca de Mágina y de verla perderse muy lejos y muy al fondo de la extensión de la noche (…)”.136 “No sólo repetíamos las canciones y los juegos de nuestros mayores y estábamos condenados a repetir sus vidas: nuestras imaginaciones y nuestras palabras repetían el miedo que fue suyo y que sin premeditación nos transmitieron desde que nacimos”.137 Per la nuova generazione non c’è possibilità di cambiare nulla, i figli non sono che la copia dei genitori. Per esempio la vita della madre di Manuel è stata segnata dalla paura, è stata educata a lavorare, obbedire e accettare le circostanze che le si presentano. Questa è l’educazione che Manuel ha ricevuto e che segnerà tutta la sua esistenza. Il suo modo di raccontare sembra così quello di alcuni anziani che raccontano la loro vita; i suoi personaggi cercano, attraverso il ricordo, di rendere omaggio a questo passato che non appartiene loro ma di cui sono gli eredi. La memoria è quella dei genitori, dei nonni e bisnonni, quella di tutti gli abitanti di Mágina, una memoria collettiva e l’autore ricorda che le immagini, quelle più vive della sua infanzia, non derivano da un ricordo visivo ma dalla profonda voce del nonno materno perché, durante una parte della nostra vita, quella nella quale l’immaginazione è più attiva e forte è il desiderio di sapere, noi ci cibiamo, esclusivamente, dei racconti orali.138 Le “voci” ricorrono spesso nei romanzi a porre l’accento sull’importanza che queste rivestono per la memoria del protagonista: “Las voces perdidas de la ciudad, los testigos tenaces, postergados, desconocidos, los que contaron y guardaron silencio, los que dedicaron años al recuerdo o al odio y los que eligieron la apostasía y el olvido (…)”.139 In alcune pagine di El jinete polaco, Manuel, il protagonista, fa riferimento a queste voci del passato: “Oígo las voces que cuentan, las palabras que invocan y nombran no en mi conciencia sino en una memoria que ni siquiera es mía, oigo la voz desconocida de mi bisabuelo Pedro Expósito Expósito que le habla a su perro, oigo contar que 136 Antonio Muñoz Molina, El jinete polaco, p. 29. Ibídem, p. 46. 138 Antonio Muñoz Molina, La realidad de la ficción, cit., pp. 47-48. 139 Antonio Muñoz Molina, El jinete polaco, p. 59 137 65 lo trajo de Cuba, pero que una cosa fuera imposible no le parecía a mi abuelo Manuel motivo suficiente para dejar de contarla”.140 “(…) mi voz repite para ella [Nadia] lo que me contaron otras voces y me parece que estoy hablando no de mi propia vida, sino de otro tiempo mucho más lejano del que no es posible que yo haya sido testigo”.141 “(…) mi voz es una resonancia de la voz nunca escuchada de mi bisabuelo Pedro y de mi madre, que tal vez las había aprendido de la suya, o de mi abuelo Manuel”.142 “(…) por primera vez en mi vida soy yo quien cuenta y no quien escucha, quien cuenta no para inventar o para esconderse a sí mismo, como cuando Félix y yo teníamos seis o siete años y me pedía que le contara historias o como cuando estaba solo en la huerta de mi padre y distraía las horas contándome en voz alta una vida falsa y futura, sino para esplicarme todo lo que hasta ahora tal vez nunca entendí, lo que oculté tras las voces de otros”.143 “Prefería callarme, escuchar a otros, mirarlos y espiarlos, he usado mi voz para inventar o mentir o para enmascararme en las voces de los otros, para decir lo que ellos querían que dijera o lo que yo consideraba conveniente”.144 Un altro elemento presente nella narrazione è la finzione che serve ai personaggi per colmare il vuoto che la memoria ha lasciato perché le storie che Manuel racconta non le ha vissute in prima persona bensì gli sono state raccontate da altri. Alla pubblicazione di El jinete polaco nel 1991 Alarcos Llorac afferma: “la tarea del que cuenta es salvar e inventar la memoria”.145 Di fronte all’impossibilità di dare una spiegazione della realtà, è solamente possibile dare di essa una visione frammentaria e discontinua. Nasce così il problema di ricrearla a partire da dati dispersi, utilizzando solamente l’immaginazione. L’uso dell’invenzione associata alla memoria è l’unico mezzo per arrivare alla conoscenza.146Così la considera AMM nel suo libro La realidad de la ficción: 140 Ibídem, p. 27. Ibídem, p. 87. 142 Ibídem, p. 138. 143 Ibídem, p. 180. 144 Ibídem, p. 390. 145 Cfr. Emilio Alarcos Llorac, “Antonio Muñoz Molina: La invención de la memoria”, in Historia y crítica de la literatura española, (Los nuevos nombres 1975-1990), Barcelona, Crítica, 1992, p. 416. 146 Cfr. María Luisa Fernandez Martínez, “La proximidad de los fantasmas. Beatus ille y El jinete polaco de Antonio Muñoz Molina”, in Versants, num. 31, 1997, p. 79. 141 66 “Usando datos de la percepción -que pueden estar distorsiomados- construímos para los demás una vida como el novelista construye un personaje, y cuando más íntimamente creemos conocer es justo cuando más acabado es el trabajo de nuestra imaginación”.147 Alcuni esempi dell’utilizzo dell’invenzione sono presenti in El jinete polaco, per esempio quando il protagonista, Manuel, immagina il bisnonno Pedro seduto “a tomar el sol en el escalón, con su perro echado entre las piernas, y los dos presenciaban en un silencio impasible los juegos de los niños y el paso de los hombres y de los animales”,148 o episodi dell’infanzia della madre che Manuel racconta con queste parole: “(…) tenía seis años, se perdió en la calle y fue arrastada por la moltitud que corría hacia los descampados del cuartel y mi abuela Leonor pasó varias horas de angustia buscándola por toda la ciudad”.149 “(…) y los golpes que da el aldabón en forma de argolla sobre las grandes puertas cerradas de la Casa de las Torres resuenan en mi propia conciencia al mismo tiempo que en la memoria infantil de mi madre, devolviéndola a la mañana de mayo en la que vio bajar por la calle del Pozo primero el carro de los muertos sin dignidad al que llamaban la Macanca y luego el coche negro del médico don Mercurio tirado por el caballo Bartolomé e la yegua Verónica”.150 O immagina suo padre: “Quiero imaginarme los días de su pubertad y saber qué sintió las primeras veces que miraba a mi madre y comprendo que es una tarea imposible, (…)”.151 E ancora guardando la fotografia del nonno Manuel lo vede: “(…) tal como mi imaginación me lo exaltaba cuando veía su retrato en los cajones prohibidos, como lo recuerda mi madre bajo la luz de la infancia (…) no una tiesa figura en blanco y negro sino un hombre más alto que ningún otro que ella conociera, rubio y grande con su uniforme azul y su gorra de plato, alzándola vertiginosamente en el aire para darle un beso antes de marcharse como todos los días a ese cuartel de donde una vez no volvió porque lo habían detenido”.152 L’autobiografismo dell’autore, se così si può chiamare, è presente quando Manuel parla della sua infanzia e, soprattutto, nella seconda e terza parte quando parla della propria adolescenza, della musica, della letteratura, dell’amore. In 147 Antonio Muñoz Molina, La realidad de la ficción, cit., p. 31. Antonio Muñoz Molina, El jinete polaco, p. 133. 149 Ibídem, p. 88. 150 Ibídem, p. 46. 151 Ibídem, p. 146. 152 Ibídem, p. 82. 148 67 questo testo le reminiscenze sono sempre accompagnate dal verbo ricordare: “Me acuerdo del invierno (…). Me acuerdo de la luz húmeda (…). Me recuerdo mirandome los ojos (…)”.153 All’interno dei due romanzi non è solo il protagonista a ricordare; in alcune sequenze l’autore fa raccontare certi avvenimenti a personaggi secondari, in El jinete polaco, sono il padre, la madre del protagonista, il comandante Galaz e sua figlia Nadia. Nella citazione che segue le esperienze interiori della madre di Manuel si trasmettono al figlio attraverso il suo sguardo: “ Algunas noches que no puede dormir ella [la madre] se asoma a la ventana de su habitación y cree ver esa luz moviéndose tras los cristales de los terreones, la cera del espectro, blanca y aplastada contra el vidrio (…) las facciones que nunca vio sino en los sueños y en los espejismos del insomnio y que desde su memoria se transmitieron intactas a la mía a través no sólo de su voz sino de la silenciosa intuición del terror que tantas veces percibí en sus ojos y en su manera cálida y desesperada de abrazarme, no sé cuándo, mucho antes de la edad en que se fijan los primeros recuerdos”.154 Nadia, nel vedere alcune fotografie, racconta a Manuel alcuni aneddoti legati alla sua infanzia e giovinezza. Lei serve a Manuel per completare i propri ricordi e significativo è un episodio dell’adolescenza quando una sera Nadia lo incontra ubriaco, dopo una delusione amorosa, e lo porta a casa sua: “Acababan de dar las doce y no había en la calle nadie más que nosotros. Venías hacia mí al mismo paso que yo, íbamos a cruzarnos como otras veces, (…). Vi que te apoyaba en una farola y que estabas muy pálido y me dio lástima de ti. Me acerqué a ti sin pensarlo, te pregunté si te pasaba algo y si podía ayudarte. Conseguí llevarte hasta el parque Vandelvira y te senté en un banco (…). Mirabas a tu alrededor como si te hubieras despertado en una ciudad que no conocías (…) y cuando te propuse que fueras a mi casa respondiste que no . Te ayudé a levantarte, ya no me preguntabas que a donde ibamos, te dejabas llevar, muy dócil, borracho perdido, atontado por el hachís, con la pupilas muy dilatadas y una sonrisa como de estar soñando (…). Te llevé a mi casa (…)”.155 Invece, a proposito dei ricordi del padre, Manuel afferma che non lo aveva mai sentito ricordare ad alta voce; tutto ciò che lui sapeva gli era stato raccontato dalla madre e dalla nonna Leonor; aveva sempre pensato che a lui non 153 Ibídem, pp. 76, 78, 447. Ibídem, p. 29. 155 Ibídem, pp. 484-486. 154 68 interessassero i ricordi fino a quando il padre va a trovarlo a Madrid e gli descrive il giorno della sua nascita: “dieciocho años, si me parece que fue ayer cuando naciste. Hacía tanto frío en el cuarto de la viga y tú eras tan poca cosa que pensábamos que te nos ibas a morir. Me parece que te estoy viendo cuando te lavó la comadrona, a la luz de una vela. Hacía tanto viento que se habían caído los postes de la electricidad. Creíamos que el techo saldría volando. Fue el año de lo hielos grandes. Se helaron la mitad de los olivos de Mágina. A la vaca que teníamos se le cortó la leche y el bercero murió de hambre”.156 In Beatus ille il passato è tramandato da alcuni personaggi -Manuel, Solana, Utrera- al protagonista, Minaya; in particolare nella prima parte, lo zio Manuel ricorda e racconta gli avvenimenti storici e personali della sua giovinezza come la morte di Mariana e la guerra civile. Nella seconda parte è Jacinto Solana che ricorda la propria vita scoprendo l’identità del narratore fino a quel momento celato al lettore. La narrazione sembra quella di un narratore onnisciente che precisa, ogni tanto, le sue fonti di informazioni o dice che “imagina” ciò che racconta. Questo narratore ambiguo, Solana, permette l’affluenza nel testo di molte voci che nascono dalla sua memoria e immaginazione. 3.1.2. La musica AMM ricorre frequentemente alla musica pop, rock e popolare per esprimere sentimenti o per testimoniare il trascorrere del tempo. Il suo potere è quello di rendere simultanei luoghi e tempi; in Beatus ille la memoria si sviluppa intorno alla canzone Si no volvemos a encontrarnos nunca di Louis Armstrong. Questa melodia serve da asse di simmetria, nel primo capitolo del romanzo, all’incontro amoroso tra Inés e Minaya e nonostante la distanza, passato e presente si sovrappongono mediante delle rievocazioni: “(…) la música que ella [Inés] había puesto como el azar en el fonógrafo de Manuel y era increíblemente, premeditamente, la trompeta y la voz de Louis Armstrong en un disco de 1930, (…). Los pómulos, la barbilla, los húmedos labios de Inés, las lágrimas que le mojaron a Minaya las yemas de los dedos en la oscuridad y el perfume y la música sonando en una habitación de 1930 igual que sonó siete años más tarde, esa misma canción en el piano de Manuel, que tradujo 156 Ibídem, p. 381. 69 su título para Mariana antes el volver a tocarla. Si no volvemos a encontrarnos nunca”.157 L’oscurità che avvolge Inés e Minaya durante i loro incontri nella biblioteca lascia il posto, nella seconda parte del romanzo, ad un’improvvisa luce proiettata sul giardino dalla casa dove ha luogo l’incontro tra Mariana e Jacinto Solana. Come preludio all’incontro amoroso tra i due avvenuto trentadue anni prima (1937) lo stesso Solana racconta: “ (…) salgo afuera (…) oyendo las notas de un aire de jazz que Manuel iniciaba en el piano. la música que tocaba Manuel y los pasos de Mariana cobraron al mismo tiempo una dirección indudable. (…) Manuel (…) urdiendo con violenta delicadeza el ritmo de aquella canción, Si no volvemos a encontrarnos nunca, que durante aquellos días yo oí incesantemente en el gramófono de la biblioteca”.158 Più avanti leggiamo che i due personaggi sono sorpresi da una luce che proviene dalla finestra della casa e abbandonano il giardino. Solana ricorda di aver udito delle voci che conversavano senza sapere a chi appartenessero. Nel terzo capitolo del romanzo Minaya rivela il mistero dell’assassinio di Mariana e scopre la colpevolezza dello scultore Utrera. Di nuovo la musica assume la funzione di filo conduttore e si converte in una specie di trama invisibile. Durante la conversazione tra Minaya e lo scultore, quest’ultimo ricorda che durante il suo percorso verso la camera di Doña Elvira: “(…) le llegó otra vez desde el fondo de la casa y de la oscuridad el rumor de una música que crecía hasta parecerle muy próxima y que luego se fue apagando como si se agotara su impulso y bruscamente se extinguió”.159 La canzone è quella interpretata da Manuel e già citata precedentemente. Subito dopo la madre di Manuel parla con lo scultore, lo ricatta e gli mette tra le mani una pistola con la quale dovrà uccidere Mariana. María Luisa Fernández Martínez afferma che in questo romanzo la música delimita il perdurare dell’intervallo temporale che si crea nei tre capitoli ed unisce questo momento passato con un altro più vicino al presente della narrazione, ossia l’incontro tra Inés e Minaya nella biblioteca. 157 Beatus ille, pp. 85-86. Ibídem, p. 194. 159 Ibídem, p. 252. 158 70 In Beatus ille la scelta del brano jazz, Si no volvemos a encontrarnos nunca, non è casuale, l’autore considera questa musica come una forma pura del presente e la letteratura come un lavoro che consiste, essenzialmente, nel saper vedere il passato all’interno del presente per ridefinire quest’ultimo.160 In El jinete polaco la musica assume un ruolo importante ed è frequentemente utilizzata, soprattutto, nella seconda e terza parte. In El jinete polaco l’ascolto di una composizione di Schubert intitolata La morte e la fanciulla ricorda al fotografo, Ramiro Retratista, la fotografia di un matrimonio che aveva scattato molti anni prima: “(…) se acordaría del hombre vestido de militar y de la novia que se apoyaba en su brazo, muy delgada, con los ojos claros y grandes y la piel casi translúcida en las sienes, con el pelo corto y castaño, (…) supieron luego que al día siguiente de su noche de bodas se asomó a un balcón porque había oído un tiroteo en los tejados y una bala perdida la mató”.161 La melodia che Ramiro Retratista ascolta e la fotografia che guarda, ricordano i due personaggi di Beatus ille, Mariana e Manuel C’è quindi un’analogia tra i due romanzi resa possibile dalla musica . In questa citazione è descritta la morte di Mariana, uno dei personaggi di Beatus ille. I personaggi associano alla musica i loro ricordi, così Nadia in El jinete polaco, al suo arrivo in Spagna, sente uscire da un bar la musica di una canzone dei Rolling Stones, Brown sugar, e pensa che “nunca había esperado oír una de esas canciones en España, acostumbrada desde niña a asociar el país de su padre a los discos de los años treinta que algunas veces él escuchaba”.162 L’autore cita altre canzoni come quelle di Concha Piquer, cantante simbolo di ciò che era lecito durante il franchismo, ma il suo successo popolare è andato ben oltre questo periodo storico, le sue canzoni hanno accompagnato l’infanzia di Nadia (la protagonista) a New York e la vita di migliaia di repubblicani esiliati.163 160 Cfr. María Luisa Fernandez Martínez, art. cit., pp. 93-96. Antonio Muñoz Molina, El jinete polaco, p. 97. 162 Ibídem, pp. 216-17. 163 Cfr. Marie-Claude Chaput, “Les lieux de mémoire dans El jinete polaco d’Antonio Muñoz Molina”, in Iris, 1996, p. 37. 161 71 Jim Morrison è il cantante più citato da AMM, egli rappresenta la ribellione giovanile, attuale e passata, incarnata dalla canzone, Riders on the storm che fa da eco al titolo del romanzo. Questa canzone è stata la colonna sonora della sua adolescenza e di un’intera generazione. Essa ricorda a Manuel il suo amore non corrisposto per una compagna, Marina, e rappresenta anche il suo desiderio di evasione: “(…) no hay nadie como Jim Morrison, nadie que murmure o grite o escupa esas palabras, Riders on the storm, los jinetes cabalgando en una noche de tormenta, yo mismo, solo, fugitivo de Mágina, cabalgando en la yegua de mi padre, no hacia la huerta, sino hacia otro país, viajando en un coche por una carretera que no termina nunca”.164 Quando tutti i suoi amici sono al bar ad ascoltare musica lui deve lavorare nei campi, l’unico suo conforto è la musica e le parole delle canzoni che, grazie alla sua immaginazione, lo fanno evadere dal mondo che lo circonda verso luoghi lontani, metropolitani: “(…) y por el camino abajo, montado en ella (la yegua), murmuraba letras de canciones, Riders on the storm, Hotel Hell, The house of the raising sun, Brown sugar, pero no viajaba a cien kilómetros por hora y a través el desierto en dirección de San Francisco, sino que cabalgaba por una vereda entre las huertas y los sembrados de Mágina”.165 “Por la noches, cuando dejaba a la yegua encerrada en la cuadra iba a reunirme con Martín y Félix en una taberna próxima a la puerta de Granada que se llamaba la Cueva Arabe. Casi todos los discos que había en la máquina eran muy malos, salvo uno de Led Zeppelin, Whole lotta love”.166 In El jinete polaco, la musica permette di riportare al presente le voci dei morti, opera come un elemento di unione, attualizza delle scene passate o collega diversi momenti presenti. “Está sonando una canción y no sé desde dónde me llega ni cuál es su título, una voz quejumbrosa y familiar aunque no sepa de quién es ni cuánto tiempo hace que no la oía, (…) ha empezado a oírse (…) en una pluralidad de lugares y tiempos que la música vuelve simultáneos y en los segundos que tardo en acordarme del cantante y del título revivo como a tientas una tarde de junio despojada todavía de su fecha exacta.167 164 Ibídem, p. 222. Ibídem, p. 308. 166 Ibídem, p. 376. 167 Ibídem, p. 339 165 72 La canzone, di cui si parla nella citazione precedente, è My girl di Otis Redding nella versione dei Rolling Stones, essa ricorda a Manuel un amore giovanile non corrisposto per Marina. Il protagonista, successivamente, immagina l’amata soffermandosi, come un poeta, sulle sue qualità fisiche e sul proprio desiderio di lei. Dopo aver ricordato la donna rammenta il titolo e l’autore della canzone che la radio sta trasmettendo: “Otis Redding, me acuerdo, y la canción es My girl”.168 Ancora le canzoni di Otis Redding fanno da sottofondo ad un episodio avvenuto in un periodo triste della sua vita quando si trovava negli Stati Uniti: “(…) cuando volví a España sin pensar todavía en quedarme, cuando me deslumbraron los faros de un camión a la salida de una curva y pisé el freno y no disminuyó la velocidad. Cerré los ojos dispuesto a morir, mis manos dieron un giro desesperado y automático al volante y no vi nada más que oscuridad (…) y seguía vivo, oyendo en la radio del coche una canción de Otis Redding que había escuchado por última vez hacía diecisiete años”.169 Alla prima delusione amorosa sono associate altre canzoni, Manuel ricorda che un giorno entrando in un locale, il Martos, vede sulla pista da ballo alcune coppie che ballano ma una in particolare attira la sua attenzione, Marina e un uomo che: “(…) se acercó a la máquina, muy alto, con los hombros anchos y las manos en las caderas, un chulo de mierda, se inclinó sobre el panel iluminado donde estaban los títulos de las canciones y echó una moneda, ya verás lo que pone, me dije (…) y entonces empezó a sonar una canción espantosa, de Demis Roussos una canción que le taladraba a uno los oídos, We shall dance”.170 “(…) empezó a oírse a Roberta Flack cantando Killing me softly with his song y yo miraba con disimulo inútil a Marina y al tipo que se abrazaba a ella y le hundía la cara en la nuca y le aplastaba las nalgas con sus dos manos abiertas y me sentía morir”.171 Queste due citazioni mostrano come la musica sia il mezzo per descrivere i sentimenti che appartengono a un’intera generazione. I conflitti generazionali sono evidenti se analizziamo le citazioni. Le canzoni più frequenti sono quelle rock a cui è legato il protagonista e che rappresentano la ribellione, mentre il 168 Ivi. Ibídem, p. 419. 170 Ibídem, p. 351. 171 Ibídem, p. 353. 169 73 genere pop, a cui sono legati i due giovani che ballano, rappresenta la stabilità economica ed emotiva di una parte della società. Dopo il loro primo incontro Nadia e Manuel non si sono più rivisti. Diciassette anni dopo si incontrano ad un congresso e iniziano una relazione. Anche Nadia, spesso, ricorda gli avvenimenti del suo passato attraverso le canzoni: “Me acordaba de ti, (…) me parecía verte, o si escuchaba esa canción de Carol King que te puse en mi casa y que te emocionó tanto porque entendías toda letras, You’ve got a friend, (…) para entenderte yo tenía que pensar en español hacías frases copiadas de las canciones de los discos, y como eras tan educado usaste el título de una canción de los Beatles para pedirme que te cogiera la mano: I wanna hold your hand”.172 “(…) cuando peor me sentía me acordaba de ti. Calculaba tu edad, porque me habías dicho que te faltaban seis meses para cumplir dieciocho años, me preguntaba qué aspecto tendrías, si estarías gordo o calvo, si te habrías casado, si habrías sido capaz de llevar a cabo todos los propósitos que me contaste aquella noche. Me repetiste un verso de una canción de Jim Morrison: queremos el mundo y lo queremos ahora. Quería irte de Mágina y no volver nunca”.173 In queste due citazioni si nota come la canzone faccia da tramite tra realtà e finzione. Nadia ascoltando le canzoni oltre a ricordare alcuni avvenimenti del passato, immagina anche come deve essere il presente di Manuel. Manuel, dopo venti anni ritorna a Mágina ma le cose sono cambiate e attraversando la città ricorda: “de cuando iba por estas mismas calles con la guerrera azúl marino de mi abuelo Manuel que me daba, creía yo, un aire entre aventurero y maoísta, recitando canciones de Jim Morrison o de Lou Reed”174 In tutti i suoi romanzi la musica fa da colonna sonora, ed è uno stimolo al ricordo perché ad essa sono associati episodi della vita di ogni personaggio, in Beatus ille è la canzone Si no volvemos a encontrarnos nunca mentre in El jinete polaco sono le canzoni di un’intera generazione, quella dell’autore, e ne rispecchiano il gusto personale. Manuel María Morales Cuesta a proposito della musica nelle opere di AMM, in particolare modo in El invierno en Lisboa, afferma che: 172 Ibídem, p. 480. Ibídem, p. 484. 174 Ibídem, p. 547. 173 74 “La música es muy importante en la novela. Al igual que Proust compuso una balada de Vinteuil para que sus lectores la aprendieran de memoria sin haberla escuchado nunca, aquí AMM inventa la canción “Lisboa” porque es consciente de la importancia de la música silenciosa en la literatura”.175 Durante un’intervista, AMM afferma che la tecnica con cui ha costruito i due romanzi deriva dalla musica e che: “(…) en la organización del material narrativo, la música es imprescindible. En, Beatus ille, el primer capítulo está concebido como una obertura. Todos los temas, o casi todos los temas que van a surgir a lo largo de la novela están ahí. Y hay una cosa que me interesa mucho de la música, y que he aprendido de ella, que es la resonancia. Lo que se dice en una página, que vuelve treinta páginas después, y entonces obliga a la memoria a reaccionar. Igual que la música, la familiaridad con lo que oye, que es la música barroca, la fuga y la variación”.176 3.1.3. La storia e i luoghi di memoria I temi dei romanzi di AMM sono strettamente legati alla storia recente della Spagna: Repubblica, Guerra Civile, Franchismo. Il bisogno del narratore di cercare nella sua memoria e in quella collettiva il passato ci sembra corrispondere al progetto annunciato da Pierre Nora nell’opera La mémoire saisie par l’histoire dove dichiara che: “Tout ce que l’on appelle aujourd’hui mémoire n’est donc pas de la mémoire mais déjà de l’histoire. Tout ce que l’on appelle flambée de mémoire est l’achèvement de sa disparition dans le feu de l’histoire. Le besoin de mémoire est un besoin d’histoire”.177 L’autore intende con il termine storia, non solo quella particolare di un romanzo ma anche quella collettiva della società che esso rappresenta. La storia collettiva e personale si scrive e riscrive mentre i diversi personaggi la evocano attraverso il ricordo. Nelle opere di AMM la memoria è il cuore della finzione ed è direttamente correlata alla storia. Essa si propone di ricostruire il passato, mentre il narratore lo rivisita in tutta libertà attraverso luoghi di memoria storica, esterni e interni alla finzione. AMM ritiene che bisogna evocare il passato perché in trenta anni il mondo è 175 Manuel María Morales Cuesta, op. cit., p. 40. Cfr. Antonio Muñoz Molina, “Simulacros de realidad”, a cura di Jochen Heymann/Montserrat Mullor-Heymann, Retratos de escritorio. Entrevistas a autores españoles, Frankfurt a. M., Vervuert, 1991, p. 103. 177 Pierre Nora, Les lieux de mémoire, I. La Répubblique, Gallimard, Paris, 1984, p. 25. 176 75 cambiato e alcune volte le cose di ieri ci sembrano antiche, in parte perché appartengono alla irrealtà dell’infanzia ma, soprattutto, perché sono storie e sensazioni che possiedono una luce ambigua, di passato lontano. Nelle sue opere AMM rievoca alcuni periodi storici, la repubblica, la guerra civile, il franchismo, che hanno influenzato la vita socio-politica della Spagna attuale. In El jinete polaco la repubblica, con la sua dimensione mitica, prima del trauma della guerra civile, rappresenta non solo l’origine dei due protagonisti, Nadia e Manuel, ma anche il loro futuro comune, essi sono gli eredi e anche i depositari incaricati di riportarla alla luce. Per Manuel bambino il denaro del nonno, ritrovato nel solaio, rappresenta questo periodo mitico e prospero attraverso una parola “tesoro”: “(…) yo he abierto una caja de lata y he visto en su interior grandes fajos de billetes morados y he pensado con inquietud y orgullo que mi abuelo esconde un tesoro ganado hace mucho tiempo en una guerra esa de la que se acuerdan siempre los mayores”,178 Quando il nonno cita un personaggio storico come Manuel de Azaña,179 Manuel si ricorda: “de los tebeos de Hazañas Bélicas que alquila en la plaza del General Orduña un hombre con las piernas cortadas”.180 Il narratore considera questa epoca positiva rispetto a quella in cui vive perché il nonno ha sempre descritto questo periodo, della repubblica, come il più felice della sua vita. Nel solaio, luogo privilegiato per la memoria e l’immaginazione, oltre al denaro della repubblica, Manuel trova le lettere del nonno scritte dal campo di concentramento, i vecchi giornali che ricordano le guerre passate, come quella di Corea, le fotografie dei nonni e dei genitori, e la divisa del nonno di Guardia de Asalto, simbolo della repubblica. 178 Antonio Muñoz Molina, El jinete polaco, p. 82. Manuel de Azaña, (1880-1940), politico e scrittore, fu ministro della guerra, Presidente del Consiglio e Presidente della II Repubblica. 180 Antonio Muñoz Molina, El jinete polaco, p. 83. 179 76 All’inizio di questo romanzo l’autore utilizza il rapimento di Don Mercurio come espediente per descrivere un avvenimento storico-politico, che colpì gravemente il paese, l’assassinio di Prim.181 “Había llegado de Madrid tan sólo unas semanas atrás, urgido por la conveniencia de huir de una persecución política cuyos motivos nunca explicó porque tal vez ni para él mismo estaban muy claros, pero que acaso no eran ajenos a la desbandada de internacionales y repúblicanos que tuvo lugar tras el asesinato del general Prim en la calle del Turco (…). Su conciencia permanecía en un estado de incrédula expectación y casi duermevela, pero su cuerpo se encogía con el automatismo del pavor. Lo mararían en un coche cerrado, en una berlina de capota negra y ruedas rojas como aquella en la que viajaba Prim cuando le dispararon”.182 Attraverso il recupero della memoria AMM resuscita la storia dei perdenti della guerra civile. Lo scopo dell’autore è quello di recuperare un passato che il franchismo ha negato alle generazioni successive. I suoi personaggi, presenti e passati, vivono immersi nella storia della guerra e del franchismo. In Beatus ille, sia nel caso della guerra civile che nella scoperta dell’assassinio di Mariana, il fattore decisivo è la ricerca e il recupero della memoria. In quest’ultimo caso, l’assassinio di Mariana, un tradimento politico è il pretesto che Doña Elvira, la madre di Manuel, usa per ricattare lo scultore Utrera. Quando scopre che lo scultore ha cercato di vendersi come spia lo obbliga ad uccidere Mariana così una questione privata si risolve grazie ad un ricatto politico.183 In questo romanzo il narratore cerca di far rivivere attraverso il racconto dei personaggi minori il mito della II Repubblica. Cita in proposito Medina ricordando Mariana: “(…) apareció pisando con sus tacones blancos los adoquines de Madrid, junto a Solana, surgida de las aguas o de aquella muchedumbre, la más grande y más alentadora que había visto Manuel en todos los días de su vida, que celebraba el triunfo del Frente Popular y daba gritos exigiendo amnistía y nuevo gobierno en la misma plaza donde habían recibido la proclamación de la República”.184 181 Juan Prim y Prats, (1814-1970), militare e politico spagnolo. Fu uno dei dirigenti della rivoluzione nel 1868, capo del Governo nel 1869. Morì durante un attentato alcuni giorni prima che Amedeo di Savoia, da lui appoggiato, salisse al trono. 182 Antonio Muñoz Molina, El jinete polaco, p. 39. 183 Cfr. Marie-Claude Chaput, art. cit., pp. 25-38. 184 Antonio Muñoz Molina, Beatus ille, p. 137. 77 Anche Orlando fa una considerazione personale sulla repubblica parlando con gli altri protagonisti: “Y me parece que la República es el nombre que dais a vuestra vergüenza, aunque sabéis que esta República no es vuestra y que esta guerra que todos vamos a perder no hubiera sido nunca vuestra victoria. Gane quien gane, y no vamos a ganar nosotros o vosotros o quienquiera que sea esa República de las banderas y la gaceta Oficial, tú habras perdido, Solana (…) porque tu sangre de judio sin patria te impide la posibilidad de pertenecer a un bando de vencedores”.185 In El jinete polaco, l’autore inizia a narrare della guerra civile nel momento in cui il comandante Galaz, dopo trentasette anni di esilio forzato, ritorna a Mágina. Egli si confronta con il passato nel vedere alcune fotografie che lo ritraggono in divisa da ufficiale dell’esercito della II Repubblica e ricorda gli avvenimenti storici ad essa collegati. Il padre di Nadia rammenta che all’esplosione della guerra aveva imposto la sua autorità agli ufficiali insorti e simpatizzanti di Franco, uccidendo il tenente ribelle Mastalla, e che con la successiva vittoria del franchismo aveva abbandonato la famiglia ed era andato in esilio negli Stati Uniti dove era nata Nadia, la protagonista. Il comandante Galaz, realizzò come militare l’unico atto autentico di tutta la sua esistenza, la pallottola che avrebbe dovuto usare contro sé stesso gli è, invece, servita per uccidere un traditore della repubblica. In questo episodio è evidente come una decisione individuale abbia influito sulla collettività. Questa azione ha un senso storico, mostra come il potere ha una profonda dimensione psicologica. Di fronte alla decisione del comandante tutti gli uomini della sua guarnigione decidono di essere fedeli al governo legittimo.186 La guerra è rivissuta anche attraverso i ricordi della madre di Manuel quando da bambina immagina che la: “Macanca traería el cuerpo muerto de su padre, que lo habían matado o había fenecido de hambre en ese sitio que su abuelo Pedro Expósito llamaba el campo de concentración (…) la noche de un sábado de finales de marzo las tropas enemigas habían ocupado Mágina, y a la mañana siguiente, sin hacer caso de 185 Ibídem, p. 191. Cfr. Águila Zamora/ Fernando Valls, “Memoria, anticipación y tiempo en El jinete polaco: algunas implicaciones filosóficas”, a cura di Inge Beisel, op. cit., p. 63. 186 78 nadie, él se puso su uniforme de gala y echó a andar tranquilamente hacia el hospital de Santiago, porque le tocaba guardia, y nada más llegar vio que habían cambiado la bandera que ondeaba sobre la fachada”.187 Nei due romanzi è importante la relazione tra la memoria e i piani temporali, frequente è l’utilizzo di anacronismi, di inversioni cronologiche (ricordiamo l’epigrafe “Mixing memory and desire” in Beatus ille). Le date sono fondamentali per la ricostruzione fittizia della storia perché la verosimiglianza dipende più dall’immaginazione creativa dell’autore che dalla realtà dei fatti storici. In Beatus ille l’azione si svolge tra il 1930 e il 1969, molte date ricorrono frequentemente all’interno del testo e ricordano avvenimenti importanti della vita dei personaggi. Per esempio il 1933 anno in cui Jacinto Solana conosce Mariana, o il 22 maggio 1937 data in cui Mariana muore, o l’inverno 1947, anno in cui Jacinto Solana esce dal carcere e ritorna a Mágina dopo dieci anni. Il lettore sa sempre in che anno, in che mese e in quanto tempo si svolgono i fatti. Il periodo in cui si svolgono gli avvenimenti di El jinete polaco è più lungo, tra il 1870 e il 1980. In El Jinete polaco, le date degli avvenimenti storici funzionano da luogo di memoria per i protagonisti, il 14 aprile 1931 (nascita della II Repubblica) è un giorno di festa per il nonno di Manuel che, in una sequenza del romanzo, lo rivive così: “(él) imagina que desfila, como en las paradas del catorce de abril, la cabeza alta, el codo en ángulo recto junto al costado izquierdo para sostener la culata del máuser, me explicaba, (...)”.188 Il nonno ricorda alcuni avvenimenti storici: “El 15 de abril del treinta y uno se le saltaron las lágrimas leyendo en ABC la carta de Alfonso XIII a los españoles, pero lloró igual cuando en el balcón del ayuntamiento vio izarse la bandera tricolor”.189 Un’altra data, il 18 luglio 1936 (scoppio della Guerra Civile), è simbolica e di lutto per il comandante Galaz: “Pero ahora la calle que iba hacia el cuartel no se llamaba Catorce de Abril sino Dieciocho de Julio: la sórdida fecha tenía para él algo de conmemoración 187 Antonio Muñoz Molina, El jinete polaco, p. 47. Ibidem, p. 112. 189 Ibidem, p. 115. 188 79 personal. Si no hubiera ido solo no se habría atrevido a bajar por ella: cómo explicarle a su hija que no tenía nostalgía de haber sido un militar, que lo que estaba buscando no era un escenario muerto y tal vez vergonzoso del pasado, sino la solución a un enigma imposible, el de su vida hasta los treinta y dos años, el de su entrega inflexible a una tarea que nunca le importó”.190 Anche Solana, in Beatus ille, cita questa data quando ricorda il padre: “(…) porque ahora, cuando está muerto, sé que era un hombre dominado por una fiera voluntad de estar solo, y que si se marchó de Mágina el 19 de julio de 1936 no fue porque tuviera miedo de la guerra, sino porque la guerra le ofreció el pretexto que siempre había deseado para abandonar la ciudad”.191 A queste date storiche se ne aggiungono altre inventate dall’autore che hanno grande importanza all’interno del romanzo come il 1947, anno in cui Solana esce dal carcere dopo dieci anni e va a far visita a Manuel ed è lo stesso anno dell’omicidio di Mariana. In questa architettura del tempo, la storia è il principale protagonista, la storia del presente, con alcune allusioni reali come quella che si riferisce all’assassinio dello studente Ruano gettato dalla finestra del carcere dove era detenuto dalla polizia della celebre Brigada Político Social. Ruano era il compagno di María Dolores González, un avvocato che nove anni dopo la sua morte (1977) è ferita durante un assalto dei fascisti all’ufficio del lavoro di calle de Atocha.192 Anche la fame e il terrore del dopoguerra fanno parte della storia della Spagna e Manuel è la voce delle persone vissute in questo periodo buio come afferma: “Miro sus caras y tengo la sensación de que nunca los he conocido verdaderamente, de que nunca he sabido cómo eran, quiénes son fuera y lejos de mí, de qué se acuerdan, qué saben, cómo vivían en las edades oscuras de hambre y de terror, no haces siglos, sino años, no muchos, un poco antes de que yo naciera (…)”.193 Oltre alla guerra civile un altro evento bellico che occupa una parte rilevante in El jinete polaco è la guerra di Cuba. Per il protagonista è un ricordo dei racconti avventurosi del nonno che sono una reinvenzione, una messa in scena 190 Ibídem, pp. 242-243. Antonio Muñoz Molina, Beatus ille, p. 129. 192 Cfr. Joan Oleza, art. cit., p. 381. 191 80 della storia. Per lui il solo ricordo di questa guerra sarà “(…) ese hombre con las piernas cortadas que estuvo en la guerra con el tío Rafael”194 ultimo eco di un conflitto dimenticato. Durante l’adolescenza Manuel si nutre dei racconti sulla guerra fatti dal nonno e dagli zii e si immedesima con il loro passato. Attraverso il ricordo dei racconti della madre sul bisnonno Pedro, Manuel rievoca alcuni avvenimenti salienti della vita e della prigionia a Cuba del bisnonno durante la guerra ispanoamericana del 1898. Quando Manuel parla di lui si riferisce continuamente a questa guerra: “En la casa de al lado, la del rincón, donde vivió el ciego González, había vivido siempre el único amigo de mi bisabuelo Pedro, que combatió en Cuba junto a él y fue fusilado sin explicación a los pocos días de que entraran en Mágina las tropas. (…) aquel hombre dedicaba los últimos años de su vida a llevar la cuenta de los supervivientes de la guerra de Cuba que iban muriendose en Mágina”.195 “(…) mi bisabuelo Pedro Expósito que fue recogido de la inclusa por un hortelano muy pobre (…), que combatió en la guerra de Cuba y sobrevivió al naufragio en el Caribe del vapor donde volvía a España.”.196 Anche in Beatus ille, è ricordata questa guerra quando si narra che durante l’assedio della Plaza del General Orduña gli uomini che spararono alla statua possiedono “viejos mosquetones de la guerra de Cuba”,197 o quando Jacinto Solana ricorda una conversazione avuta con il padre sulla guerra “Usted aquí no se entera o no quiere enterarse, pero les estamos dando un escarmiento a los fascistas” il padre risponde così: “Eso nos decían cuando nos mandaron a Cuba. Que ibamos a darles un escarmiento a los insurrectos. Y ya ves, un poco más y tú no naces”.198 Justo Solana catturato dalla milizia fascista durante il suo sequestro appare ”silencioso y solo, él miraba los rostros desconocidos y las cosas extrañas que 193 Antonio Muñoz Molina, El jinete polaco, p. 105. Ibidem, p. 342. 195 Ibidem, p. 139. 196 Ibidem, p. 27. 197 Antonio Muñoz Molina, Beatus ille, pp. 56-57. 198 Ibidem, p. 129. 194 81 sucedían a su alrededor y pensaba que eso, al fin, era la guerra, la misma crueldad y desorden que había conocido cuando en su juventud lo llevaron a Cuba”.199 AMM ha il desiderio di evocare il passato attraverso un richiamo storicoletterario in cui la verosimiglianza utilizzata dall’autore per ricreare la storia dipende più dalla sua immaginazione creativa che dalla realtà degli avvenimenti storici.200 Per rendere più credibile la finzione, l’autore cita, nella narrazione, i nomi di personaggi reali come: Alfonso XIII, Primo de Rivera, Luis Armstrong, Vázquez de Molina, Felipe II, Hedi Lamarr, Jean Harlow, Manuel Azaña, Van Gogh, Velázquez, Francisco Franco, Carrero Blanco, Hitler, etc. In Beatus ille, l’autore costruisce una presunta amicizia tra il marito di Doña Elvira e Alfonso XIII. Racconta Doña Elvira che il marito: “(…) hizo tantas amistades con Alfonso XIII cuando era diputado. Tenía las mismas aficiones y ninguno de los dos se molestaba en ocultarlas (…). Cuando el rey vino a Mágina el año veinticuatro estuvo una tarde tomando el té con nosotros, en esta casa”.201 In El jinete polaco sono citati alcuni personaggi storici quando Manuel ricorda di aver visto “en la Plaza de Oriente la cola fúnebre de los que acuden a despedirse del cadáver de Franco”,202 oppure quando Nadia ricorda una discussione avuta con il padre: “El día que mataron a Carrero Blanco no me permitió que saliera a la calle. No aprendes, me decía, no te das cuenta de lo que pasa en España, no sabes que cualquiera de esos desalmados puede dispararte un tiro”.203 L’autore utilizza anche, nei due romanzi, dei territori o luoghi in cui i personaggi rivivono il passato. Questi luoghi di memoria sono Madrid e Mágina in Beatus ille, Mágina, New York e Chicago in El jinete polaco. Questi luoghi aiutano a rievocare gli avvenimenti accaduti alle diverse generazioni in diversi momenti storici. 199 Ibidem, pp. 146-147. Cfr. William Sherzer, “Tiempo e historia en la narrativa de Antonio Muñoz Molina”, in España Contemporánea, IV, num. 2, 1991, pp. 626-630. 201 Ibidem, p. 71. 202 Antonio Muñoz Molina, El jinete polaco, p. 400. 203 Ibídem, p. 488. 200 82 Un luogo di memoria che l’autore cita, frequentemente, nelle sue opere è Mágina-Úbeda (città natale e luogo dove si è andata formando la sua personalità) città concreta che risponde ad una geografia reale ma che è anche la rappresentazione tipica della città di provincia, che a volte serve da rifugio e da trappola mortale nella quale i personaggi possono cadere vittime della desolazione o della bellezza rustica e antica delle sue vie e piazze e città i-magina-ria , fittizia, dove si parla una sola lingua e dove l’arrivo di uno straniero distrugge l’ordine. La storicità della finzione e il riferimento agli avvenimenti passati sono legati a questo luogo identificabile, dal lettore, in Úbeda (referente di Mágina) dove si sintetizza la storia di Spagna. New York, Madrid e tutte le grandi metropoli sono sinonimo della città reale, cosmopolita dove si parlano molte lingue. La città di Mágina costituisce, attraverso i suoi monumenti, un luogo di memoria a partire dalle tracce lasciate dai musulmani fino allo splendore degli antichi palazzi del XVI secolo. Questa città ha conosciuto momenti di gloria quando, uno dei suoi abitanti, Vázquez de Molina, è stato segretario di Filippo II. Questo paese di provincia ha una topografia che si presenta come reale ma che allo stesso tempo si trasforma in uno spazio propizio all’immaginazione. Il nome di questo luogo evoca varie associazioni semantiche (“immaginazione”, “magica”) e sopravvive in Minaya come “una iluminación de su memoria como si le bastara pronunciarlo para derribar murallas de olvido”.204 A Mágina ritornano i personaggi per ritrovare se stessi, le proprie origini, la propria identità che lontano da questi luoghi avevano perso o dimenticato.205 Dice a proposito di Mágina AMM: “Yo me inventé Mágina para contarme a mí mismo las experiencias de mi propia vida y las de mis mayores con un grado de intensidad y unas posibilidades de lejanía que sólo podría darme la ficción (…). Mágina se parece a una maqueta (…) con sus estatuas que yo dispongo como si manejara meditativamente figuras de ajedrez, con sus torres en las que siempre hay reloje, con sus espaldas, sus calles de empedrado y fachadas blancas y dinteles de piedra”.206 204 Antonio Muñoz Molina, Beatus ille, p. 17. Cfr. Marie-Claude Chaput, art. cit., pp. 25-38. 206 Antonio Muñoz Molina, “Viaje al sur”, in El País semanal, 14 agosto 1994, p. 72. 205 83 Alcuni luoghi esterni, come la Plaza del General Orduña, la Plaza de los Caídos, la Plaza de San Lorenzo, aiutano a ricordare il passato ma, soprattutto, gli avvenimenti storico-politici. Nella Plaza del General Orduña confluisce la storia del paese, accadono fatti importanti per la collettività ed é qui che i nostri personaggi riacquistano un passato storico e personale. Per esempio in Beatus ille: “Para los habitantes de Mágina, la plaza vieja o simplemente la Plaza, y la estatua del general pertenecía a ella porque había ingresado en el orden natural de las cosas, igual que la torre del reloj y las palomas grises y los soportales donde los hombres se agrupan en la mañanas invernales”.207 Questa Plaza è un luogo di memoria per Solana che ricorda un giorno in cui, in compagnia di Mariana assiste al linciaggio di un fascista. Questa immagine dell’uomo “con la cabeza y las manos esposadas (…) el brillo de la sangre que le manaba por las comisuras de la boca”208 si ricollega nella sua memoria ad altri corpi, che lui non ha mai visto, come quello del padre abbandonato in un angolo della Plaza San Lorenzo nel 1936. L’immagine del padre, durante il suo arresto, si sovrappone a quella appena citata del fascista: “(…) una patrulla llegó para llevarse a Justo Solana con las manos esposadas y una mancha de sangre en una esquina de la boca”.209 Questo episodio è ricordato anche in El jinete polaco. “(…) ay mama mía mía mía quién será, el hombre que vino a decirles que su padre estaba en la cárcel, cállate hija mía mía mía que ya se irá, los que llamaron a la casa del rincón y se llevaron a Justo Solana en una furgoneta negra (…)”.210 Un altro avvenimento che può essere messo in relazione con la memoria collettiva è quello in cui Frasco e sua moglie durante un pranzo a casa di Manuel parlano “del bombardeo de Guernica, porque una escuadrilla de aviones altísimos estaba cruzando sobre el cielo de Mágina, y de alguien, un espía -Un quintacolumnista- que tres días atrás había sido detenido en Mágina”.211 Altri riferimenti storici sono dati dal pittore Orlando: 207 Antonio Muñoz Molina, Beatus ille, p. 55. Ibídem, p. 166. 209 Antonio Muñoz Molina, El jinete polaco, p. 203. 210 Ibídem, p. 51. 211 Antonio Muñoz Molina, Beatus ille, p. 176. 208 84 “El pueblo español tiene derecho a quemar las iglesias y a linchar a los fascistas, porque será mucho peor lo que ellos hagan si tenemos la desgracia de perder esta guerra. Pensad en Guernica, o en la plaza de toros de Badajoz. El pueblo no espera la revolución, sino el Apocalipsis”.212 In El jinete polaco, la memoria individuale dei personaggi restituisce frammenti di storia e il commissario Florencio Pérez guardando la Plaza dall’alto del suo ufficio, durante gli anni del dopoguerra, osserva “las caras mal afeitadas y pálidas de hambre, rígidas de ira, hurañas, embotadas, (…) caras de presuntos sospechosos, de agitadores, de cobardes (…)”213 e un’altra scena dal passato si sovrappone: “(…) un recuerdo borroso de muchedumbre amotinadas y vendavales de banderas y puños agitándose en esa misma plaza donde el murmullo de ahora sonaba como un rescoldo pagado de los gritos y los himnos de entonces”.214 La statua del generale, che domina la piazza, è la metafora di Franco e in questo luogo, a lui dedicato, si situa la memoria collettiva che racchiude il ricordo della guerra d’Africa, della repubblica e del franchismo. Nel 1990 la piazza prende il nome di Plaza de Andalucía e questo continuo mutamento del nome segnala gli avvenuti cambiamenti e l’inevitabile trascorrere del tempo. La guerra è evocata in un altro luogo, la huerta del padre di Manuel. In questo posto gli zii e il luogotenente anarchico Chamorro rievocano i loro ricordi. Per Manuel la guerra sono i racconti di avventure del nonno che sono una reinvenzione, una messa in scena della storia, il nonno drammatizza e mitizza la repubblica.215 Al contrario, in Beatus ille la huerta del padre di Solana è un luogo chiuso, isolato dalla storia dove gli avvenimenti non hanno influenza e dove lui si rifugia per sfuggire dalla realtà esterna perché sinonimo di pace e tranquillità. I valori ideologici risultanti dai romanzi rimettono alle nozioni di tempo storico e di memoria. Il tempo storico, i cui segni marcano luoghi, corpi e coscienze, ingloba e unifica gli episodi della vita quotidiana di ognuno la cui memoria può essere discontinua. 212 Ibídem, p. 177. Antonio Muñoz Molina, El jinete polaco, p. 124. 214 Ivi. 213 85 Attraverso il racconto di Solana, in prima e terza persona, si intraprende una investigazione soggettiva della storia vissuta dai protagonisti, con tutti i suoi traumi, attraverso le impronte che ha lasciato la II Repubblica e il franchismo. Nonostante l'autore sia nato venti anni dopo si sente erede di quel periodo storico e riflette con ironia e scetticismo sulla grave repressione.216 In El jinete polaco, non ci sono solo riferimenti alla storia passata ma anche a quella presente, in particolare nell’ultima parte del romanzo quando il protagonista sta volando in Europa per il funerale della nonna Leonor e pensa che i passeggeri sono tutti “desconcertados por la luz del alba que surge cuando se leventan las persianas de plásticos de las ventanillas, con esa familiaridad huraña de los vuelos nocturnos que se acentúa porque somos muy pocos en un avión tan grande y compartimos la modesta audacia de viajar a Europa en tiempo de guerra”.217 La guerra a cui si riferisce Manuel è quella del Golfo. In El jinete polaco Nadia e Manuel, figli di famiglie di diversa ideologia politica, ricostruiscono il loro passato e durante questo lavoro incontrano molteplici aspetti della storia politica e sociale della Spagna a partire dal 1870 circa. In questo romanzo si creano situazioni che spingono i protagonisti a investigare e ricordare, di modo che avvenimenti lontani nel tempo, molte volte enigmatici o rimossi, prendono corpo e svelano la loro importanza per l’attualità. Nei due romanzi c’è una forte presenza di riferimenti alla realtà storica di Spagna, ma la motivazione come il senso di questo mondo sono trasformati dall’esperienza interna dei protagonisti attraverso il loro stato di innamorati, di modo che l’esperienza di alcuni personaggi che hanno nostalgia di un passato di cui hanno solo sentito parlare durante l’adolescenza, acquista maggior importanza degli avvenimenti storici, citati nel testo.218 215 Cfr. Marie-Claude Chaput, art. cit., pp. 28-32.. Cfr. Maryse Villapadierna, “Tiempo, espacio y memoria en Beatus ille de Antonio Muñoz Molina”, a cura di Jacqueline Covo, Historia, espacio e imaginario, PU du septentrion, Villeneuve d’Ascq, France, 1997, pp. 79-88. 217 Antonio Muñoz Molina, El jinete polaco, p. 512. 218 Cfr. Ken Benson, “De la amnesia a la nostalgia. Reflexiones sobre la función de la memoria en tres textos de autores contemporáneos (Rosa Chacel, Juan Benet, Antonio Muñoz Molina)”, a cura di Inge Beisel, op. cit., pp. 7-26. 216 86 3.1.4. Gli oggetti Gli oggetti presenti nei due romanzi aiutano i personaggi nel recupero della memoria passata e della storia. La loro massiccia presenza cattura l’attenzione dei personaggi, eccita la loro inventiva e partecipa alla messa in scena della memoria. Manuel dice a Minaya che “las cosas existen sólo si hay alguien, un interlocutor o un testigo que nos permita recordar que alguna vez fueron ciertas”.219 La vista di alcuni oggetti come fotografie, quadri, libri e specchi, riportano alla mente dei personaggi alcuni avvenimenti della loro vita passata e presente. In una sequenza delle ultime pagine di Beatus ille gli oggetti della finzione acquistano valenza temporale, come afferma il narratore: “Minaya entendió que ese lugar y esa casa nunca lo habían aceptado entre los suyos, porque aún antes de que saliera de allí ya los muebles, el olor tibio de la madera y de las sábanas, el espejo donde una vez vio que Inés se le acercaba desnuda y lo abrazaba por las espaldas, renegaban de él como cómplices súbitamente desleales y se apresuraban a borrar toda prueba o signo del tiempo que permaneció entre ellos”.220 Alla fine del romanzo El jinete polaco, abbiamo un inventario di oggetti dissimili, appartenenti a diversi contesti come se Manuel attraversasse un bazar o come se facesse due passi attraverso la storia; passato e presente di Mágina si trovano qui mischiati.221 “Sólo he encontrado urbanizaciones sin aceras, garajes, talleres de coches, incluso whiskerias con nombres invitadores y dotados de genitivo sajón (…) no quedan rastros de las hileras de álamos que yo recordaba (…). De modo que esta barbaria que ha venido creciendo como un tumor sin que yo supiera o quisiera advertirlo es mi ciudad y mi país (…) los caminos del campo cegados por el abandono y la basura, frigorificos viejos y lavadoras y televisores rotos en astillas (…) envoltorios desganados de plástico (…) tiendas de lujo y jardines devastados, garabatos de spray en las fachadas de casas en ruinas (…) latas aplastadas de coca-cola flotando en el agua podrida de aquella fuente del parque Vandelvira”.222 219 Antonio Muñoz Molina, Beatus ille, p. 170. Ibídem, p. 237. 221 Cfr. Águila Zamora/ Fernando Valls., “Memoria, anticipación y tiempo en El jinete polaco: algunas implicaciones filosóficas”, a cura di Inge Beisel, op. cit., p. 71. 222 Antonio Muñoz Molina, El jinete polaco, p. 545. 220 87 Gli oggetti costituiscono i ricordi, perché non è la memoria che dura nel tempo, ma le cose. Un esempio, gli oggetti nella sala da pranzo dello zio di Minaya hanno valenza mnemonica: “Amalia había accedido a servir la cena en la vajilla de plata, y a poner en la mesa dos candelabros de bronce que habitualmente estaban sobre el aparador y eran un testimonio del tiempo en que aún vivía el padre de Manuel y se celebraban en la casa cena de gala como aquella a la que asistieron Alfonso XIII y el general Primo de Rivera”.223 Nella casa di Manuel ci sono porte che invitano ad addentrarsi nelle stanze successive della memoria e altre chiuse dove non è permesso entrare, una di queste è la camera matrimoniale, non più abitata dopo la morte di Mariana, luogo di un culto feticista da parte di Manuel, una stanza dei ricordi: “En el dormitorio que compartió con Mariana una sola noche guardaba su vestido de novia y los zapatos blancos y el ramo de flores artificiales que ella llevó en la mano el día de la boda. Tenía catalogados no sólo todos sus recuerdos sino también las fotografías (…)”.224 Introducendosi di nascosto nella stanza, Minaya osserva la camera e gli oggetti che la compongono: “Una habitación grande, inesperadamente vulgar, con muebles oscuros y cortinas blancas sobre los postigos del balcón que da a la plaza de las Acacias. Aquí se encierra [Minaya] pensó [Manuel], para acariciar los bordados o el filo de las sábanas como si acariciara el cuerpo de la mujer (..) para mirar la plaza o mirar el espejo en busca de un recuerdo de Mariana”.225 Quando Minaya è invitato a prendere un tè nella camera di Doña Elvira, che rappresenta la memoria di un tempo passato ed è un simbolo della Spagna reazionaria, si accorge che nella stanza c’è “ un perfume desconocido y denso (…), como si también formara parte de la presencia no visible, de la encerrada soledad y las ropas y muebles de otro tiempo que envolvían a Doña Elvira (…) no es el olor de una mujer, sino el de un siglo: así olían las cosas y el aire hace cincuenta años”.226 Nei due romanzi esaminati possiamo osservare come lo scrittore usi gli stessi oggetti per esprimere il rapporto con il passato e la memoria 223 Antonio Muñoz Molina, Beatus ille, p. 150. Ibídem, pp. 24-25. 225 Ibídem, p. 88. 224 88 Questi oggetti sono un quadro intitolato Une partie de plaisir, in Beatus ille ed un altro intitolato El jinete polaco, raffigurante un cavaliere che cavalca attraverso un paesaggio notturno in El jinete polaco; un libro, dal titolo ipotetico Beatus ille, mai scritto dal poeta Jacinto Solana in cui si cela il ricordo della sua vita e dei suoi amici in Beatus ille, una Bibbia protestante, scritta in uno spagnolo incomprensibile del XVI secolo in El jinete polaco; un corpo, quello della mummia di una donna trovata murata nella casa de las Torres successivamente riprodotto in una statua di cera, in El jinete polaco e quello di Mariana riprodotto in una statua posta in una piazza in Beatus ille. Il testo (la Bibbia e Beatus ille), un’immagine (i quadri El jinete polaco e Une partie de plaisir), un corpo (la mummia della donna murata e la statua raffigurante Mariana), possono intendersi come tre simboli del tempo.227 Tutti questi oggetti-simbolo stimolano il ricordo nei protagonisti e rappresentano la memoria perché a loro sono legati degli avvenimenti passati, come afferma AMM all’inizio di El Jinete polaco: “(…) todas las cosas irradiaban vínculos en el espacio y en el tiempo, todo pertenecía a una secuencia nunca interrumpida entre el pasado y el presente, entre Mágina y todas las ciudades del mundo donde había estado o soñado que iba, entre él mismo y Nadia y esas caras en blanco y negro de las fotografías en las que era posible distinguir y enlazar no sólo los hechos sino también las orígines más distante de sus vidas”.228 I libri, come appena detto, sono un simbolo tangibile e ricorrente nei due romanzi, come si può notare all’inizio di ogni parte di Beatus ille dove c’è una citazione che riassume un aspetto fondamentale della stessa catapultando il lettore in una dimensione passata, del ricordo e dell’immaginazione. La prima epigrafe, tratta da The Waste Land di T.S.Eliot, “Mixing memory and desire” si riferisce alla memoria e alla sua relazione con l’emozione umana. In questa prima parte la focalizzazione del racconto è su Minaya che va a Mágina per ricostruire la storia (il ricordo) e che è sorpreso dalla figura di Inés (il desiderio). 226 Ibídem, p. 70. Cfr. Marco Kunz, “Anticipación y resonancia en El jinete polaco”, a cura di Irene AndresSuárez, Inés d’Ors, op. cit., pp. 133-135. 228 Antonio Muñoz Molina, El jinete polaco, p. 16. 227 89 Il narratore parte dal finale della storia per ritornare all’inizio attraverso una successione di ricordi ed evocazioni del passato, tutto questo è reso possibile dalla scrittura a carattere indiziale che crea una prosa ricca di mistero. Nella seconda parte l’epigrafe tratta dal Quijote: “Al cabo de tantos años como ha que duermo en el silencio del olvido” allude alla fittizia esistenza del mitico poeta scomparso, Jacinto Solana, su cui Minaya deve investigare per portarne alla luce la storia. La terza parte che inizia con un’altra epigrafe del Quijote: “Fuego soy apartado y espada puesta lejos” riassume l’inutilità della ricerca dello studente. La frase potrebbe appartenere a Jacinto Solana narratore incaricato di svelare l’influsso della storia e della letteratura come afferma, nella citazione seguente, rivolgendosi a Minaya:229 “Usted ha escrito el libro, le dije, usted me ha devuelto por unos días a la vida y a la literatura, pero es posible que no sepa medir mi gratitud y mi afecto que son más altos que mi ironía (…). Porque usted es el personaje principal y el misterio más hondo de la novela que no ha necesitado ser escrita para existir (…). Ama la literatura como ni siquiera nos es permitido amarla en la adolescencia, me busca a mí, a Mariana, al Manuel de aquellos años como si no fuéramos sombras, sino criaturas más verdaderas y vivientes que usted mismo”.230 Alla fine del romanzo c’è l’incontro decisivo tra Minaya e Solana, quest’ultimo spera che quando Minaya arriverà a Madrid “ quemará los manuscritos y el cuaderno azul y renegará de Mágina y de Inés, (…) que cuando vea a Inès parada bajo el gran reloj amarillo tarde un instante en comprender que no es otro espejismo erigido por su deseo y su desesperación, beatus ille”.231 In Beatus ille si nota un forte vincolo con la poesia della II Repubblica. Il romanzo parla della relazione tra una persona della generazione di AMM e della generazione della II Repubblica; in questo libro l’autore cita il poeta che più gli interessa della Spagna del XX secolo, che è Pedro Salinas. C’è un momento nel quale Solana regala a Mariana un libro con la dedica di Salinas, La voz a ti debida, questo testo crea un legame affettivo tra i due e Mariana ricorda che “no 229 Cfr. María Dolores Asís Garrote, op. cit., 1990, pp. 399-405. Antonio Muñoz Molina, Beatus ille, p. 278. 231 Ibídem, p. 281. 230 90 dormía de noche para leer los libros que me regalabas tú. Al leer aquellos poemas tenía siempre la sensación de que eras tú quien los escribía”.232 Minaya e lo zio si ritrovano spesso nella biblioteca, accogliente e protettiva, idonea al lavoro, alla riflessione e agli incontri amorosi, per ricordare il passato. Questo luogo di sapere è un archivio della memoria di un tempo, riscontrabile negli appunti e dediche manoscritte da Solana che Minaya rinviene tra le pagine di alcuni libri della biblioteca. Minaya riceve dallo zio il compito di catalogare i libri della biblioteca e mentre sta svolgendo quest’attività, nota un libro in francese I viaggi straordinari e ricorda che “el padre de Manuel muy devoto a Verne debió comprarlo en París hacia principios de siglo”.233 In biblioteca si intrecciano le relazioni tra i personaggi, è qui che si incontrano sovente Minaya e Inés. Durante uno di questi incontri con Inés, Minaya ricorda gli avvenimenti della mattina quando discutendo di un libro, La Certosa di Parma, di Sthendal: “(…) ella en el compartido entusiasmo por las aventuras y el coraje de Fabrizio del Dongo, por un instante le sonrió como al cómplice de una pasión secreta: Hablaba de Fabrizio como de Errol Flynn, porque su imaginación literaria se había educado visualmente en las películas en color, (…) y el leer un libro adelantaba el perfil con la misma atenta avaricia que si contemplara la pantalla iluminada”.234 Qualche riga dopo Inés aggiunge che ha letto il libro fino alle tre della mattina perché le è piaciuto molto, mentre Minaya dichiara di prediligere L’isola misteriosa di Verne. Successivamente il narratore osserva che Inés mentre guarda Minaya ha “la misma sonrisa, el mismo modo de mirarlo como si por fin lo viera y de usar la literatura, el nombre tan sonoro de Fabrizio del Dongo y el recuerdo ilusorio de los paisajes del norte de Italia, para hablar de ella misma, de Minaya, cuyo rostro instintivamente atribuía a Fabrizio, pues desde entonces sus 232 Ibídem, p. 159. Ibídem, p. 51. 234 Ibídem, p. 84. 233 91 conversaciones sobre los libros en las mañanas tibias de la biblioteca eran el velo de otras palabras que ninguno de los dos se atrevía a decir”.235 Quando Minaya ritrova il libro scomparso dalla biblioteca, L’isola misteriosa, osserva il disegno che ritrae i naufraghi che stanno abbandonando il Nautilus fuggendo dall’eruzione che sta sommergendo l’isola, mentre il Capitano Nemo se ne sta rinchiuso nella sua biblioteca sommersa. In fondo a questo disegno c’è una scritta lasciata da Solana: “11-3-47. Quién hubiera tenido el coraje de ser el capitán Nemo. Mi nombre es nadie, dice Ulises, y eso lo salva del Ciclope. JS”.236 L’autore, nel creare il personaggio di Jacinto Solana non si ispira ad una persona reale della generazione del ‘27 ma ricrea una copia fedele del Capitano Nemo di Verne, un personaggio enigmatico e solitario. Solamente nella terza parte del romanzo AMM ci chiarisce la vera identità del personaggio che tutti credevano morto ma che in realtà si era ritirato a vivere in solitudine lontano dai ricordi del passato. In un altro caso il pittore Orlando afferma che Mariana “me recuerdas aquella heroína del Orlando Furioso que cabalgaba sobre un caballo alado con una armadura reluciente”.237 Lo zio Manuel, racconta a Minaya la prima volta in cui Jacinto Solana entrò nella biblioteca e il suo stupore nel vedere quei libri che la sua condizione sociale gli negava: “Teníamos once o doce años (…).En realidad no era la casa lo que le interesaba, sino el lugar de donde salían los libros que yo le dejaba a escondidas de mi madre, y que él leía con una rapidez que a mí siempre me desconcertó (…).En su casa había un solo libro. Se llamaba, me acuerdo, Rosa María y la Flor de los amores, un folletín en tres volúmenes que Solana leyó a diez años y por el que guardó siempre una especie de gratitud. (…). Entró en la biblioteca como si se internara en la cueva de un tesoro, y no se atrevía a tocar los libros, sólo los miraba, o les pasaba la mano delicadamente, como acariciara a un animal”.238 235 Ibídem, p. 85. Ibídem, p. 52. 237 Ibídem, p. 162. 238 Ibídem, p. 49. 236 92 “Los libros eran sólo la medida o el signo de su deseo de huir [da Mágina] para calcular muy lejos su futura venganza, apetecida y tramada cuando leía en los libros el regreso del conde de Montecristo”.239 Minaya si è messo sulle tracce di Solana e, attraverso i racconti dello zio, immagina la vita dello scrittore. Egli è catapultato dal presente al passato e attraversando i luoghi dove Solana ha vissuto rivive gli avvenimenti del passato come quando, trovandosi davanti alla casa del poeta, immagina ciò che doveva avvenire all’interno: “La casa de hondos corrales y graneros donde él se escondía tras los sacos de trigo para leer los libros que le dejaba Manuel, que tenían como la biblioteca, ese olor profundo a tiempo sosegado y a dinero que lo aislaba de su propia vida y de los gritos de su padre llamándolo desde el portal para que bajara a limpiar la cuadra o a echar el pienso a los animales. En su casa non existía el dorado prodigio de la luz eléctrica, (…) y el se quedaba solo en la cocina, alumbrado por las ascuas del fuego y la vela que encendía para seguir leyendo las aventuras del capitán Grant o de Henry Morton Stanley o los viajes de Burton y Speke a las fuentes del Nilo hasta que sus ojos se cerraban”.240 L’immagine di Jacinto Solana è sempre legata al suo amore per la letteratura come si è potuto constatare leggendo la citazione precedente. L’idea di una memoria circolare, nella quale il tempo non procede, contribuisce a creare la trama dell’opera. L’inesistente romanzo dentro il romanzo, che si intitola Beatus ille, costituisce il pretesto della ricerca di Minaya e si converte in uno specchio che riflette l’opera definitiva che il lettore ha tra le mani: “Sólo más tarde cuando leyó los manuscritos, pudo Minaya entender por qué Manuel le había mentido diciéndole que no quedaba ni una página del libro que Solana estaba escribiendo cuando lo mataron. Decía Beatus ille en el inicio de la primera cuartilla, pero no era, o no lo parecía, una novela, sino una especie de diario escrito entre febrero y abril de 1947 y ruzado de largas rememoraciones de las cosas que habían sucedido diez años atrás. A veces Solana escribía en primera persona, y otras veces usaba la tercera como si quisiera ocultar la voz que lo contaba y lo adivinaba todo, para dar así a la narración el tono de una crónica impasible”.241 Solana confida a Manuel: 239 Ibídem, p. 50. Ibídem, pp. 58-59. 241 Ibídem, p. 89. 240 93 “He empezado a escribir un libro (…), en la cárcel como Cervantes (…), se llamaría Beatus ille. Trata de Mágina, y de todos nosotros, de Mariana y de ti, de Orlando, de esta casa”.242 Il desiderio di Solana di scrivere un libro è dato dal desiderio suo e di tutti gli scrittori di lasciare un ricordo del passato e di sé. Questo libro, Beatus ille, è per lui molto importante perché è l’opera di un’intera vita anche se sappiamo che non esiste ma nasce dall’immaginazione di Minaya e del lettore: “Tibiamente lo serenaba y exaltaba la sola presencia física de las hojas apiladas, el tacto sólido y cierto de sus ángulos, el olor del papel, como si el libro fuera un objeto de antemano definitivo y precioso, ceñido a su peso y a la persistencia de su volumen en el espacio, cerrado en ella y en su forma como una figura de bronce. Pensó en su vida pasada y no pudo entender cómo había podido sobrevivir a tantos años de vacía desesperación en los que aún no existía aquel libro, y recordó con lejana gratitud las historias que escribía de niño en sus cuadernos escolares para mostrárselas luego a Manuel”.243 In Beatus ille c’è il desiderio di recuperare, mediante la scrittura, la memoria dello scrittore Jacinto Solana. In El jinete polaco, i versi citati durante tutto il romanzo, che si associano all’amore carnale di Manuel e Nadia nel loro appartamento di New York, sono tratti da una Bibbia protestante del XVI secolo, appartenuta a Don Mercurio, il dottore di Mágina.244 La Bibbia si trova nel baule che il comandante Galaz lascia in eredità alla figlia Nadia. Le due storie d’amore, quella passata, tra il dottore e la donna trovata murata e quella presente, tra Manuel e Nadia, sono legate dalla lettura del medesimo testo. Per Don Mercurio la Bibbia è il simbolo del suo amore giovanile per una donna sposata che, molti anni dopo, è ritrovata murata nella Casa de las Torres dove abitava e dove si svolgeva la relazione segreta. Solo alla fine del romanzo, con un colpo si scena, il lettore scopre che la mummia è in realtà la bisnonna di Manuel, Agueda. 242 Ibídem, p. 126. Ibídem, p. 223. 244 Si tratta della prima traduzione spagnola completa della Bibbia, pubblicata nel 1569 da Thomas Guarin a Basilea, chiamata anche la “Bibbia dell’orso” per l’emblema che c’è stampato sulla copertina. Il traduttore, Casiodoro de Reina, fu uno dei dodici monaci simpatizzanti della Riforma che nel 1557 abbandonarono clandestinamente il monastero di San Isidro del Campo a Siviglia e fuggirono in paesi protestanti, salvandosi così dal rogo. 243 94 Durante tutto il romanzo Nadia legge alcuni versi della Bibbia a Manuel, facendo rivivere una storia passata. Afferma Manuel che i seguenti versi d’amore citati da Nadia: “trújome a la cámara del vino y su bandera de amor puso sobre mí”, “las noches busqué en mi cama al que ama mi alma, busquélo y no lo hallé”, “mi amado es para mí un manojico de mirra que reposará entre mis tetas (…), cuán hermosos son tus pies en los calzados, oh hija de principe, dice, ella o él”,245 devono aver suscitato il desiderio di molte persone ieri come oggi. La prima volta che Nadia sfoglia la Bibbia scopre tra le pagine la fotografia di una giovane donna del secolo scorso e si ricorda “de aquel hombre gordo y manso que visitaba todas las tardes a su padre en el chalet de Mágina y de las historias que contaba, Ramiro, ése era su nombre, lee al azar en las páginas, donde estaba la foto [della mummia], aparta tus ojos de delante de mí, porque ellos me vencieron”.246 Lo stesso fotografo, Ramiro Retratista, ricorda di aver trovato nascosto nel vestito della mummia un foglio manoscritto con alcuni versi che rivelano la passione segreta di un anonimo amante: “Ponme como sello sobre tu corazón, como un signo sobre tu brazo; porque fuerte es, como la muerte, el amor; duro, como el sepulcro, el celo; sus brasas, brasas de fuego, llama fuerte. Las muchas aguas no podrán apagar el amor ni 247 los ríos lo cubrirá”. Leggendo questi versi il fotografo scopre che il grande amore della sua vita è una donna morta trent’anni prima della sua nascita Nella seconda parte del romanzo, l’adolescenza di Manuel, la sua immaginazione e i ricordi sono legati ad un libro del nonno: “(…) cuando se me acaban las historias que le he oído a mi abuelo las continúo inventando peripecias nuevas mientras hablo, acordándome de películas y de ilustraciones de libros; he descubierto que los libros estan llenos de palabras y de voces silenciosas (…). El libro tiene los cantos requemados y mi abuelo me explica con orgullo que lo rescató de la hoguera a donde los milicianos habían arrojado todos los libros (…). Cuando estoy solo busco el libro y lo pongo sobre la mesa igual que mi abuelo y recorro las páginas buscando las palabras que él 245 Antonio Muñoz Molina, El jinete polaco, pp. 15, 18, 152. Ibídem, p. 476. 247 Ibídem, pp. 103-104. 246 95 dice en voz alta, sigo las líneas con el dedo índice de mi mano derecha, busco los grabados que me impresionan más que las imágenes de una película”.248 Successivamente a questa citazione Manuel associa il cavaliere raffigurato nel quadro di Rembrandt, nell’appartamento di New York, ad una figura letteraria del suo passato: “Le hablo a Nadia en voz baja y miro frente a nosotros el grabado del jinete y aunque sé que es imposible tengo la sensación de que lo he visto hace muchos más años de lo que yo creía, en una de las páginas con los filos requemados de aquel libro que leía mi abuelo Manuel, la misma sensación de aventura y de sueño, mi abuelo atravesando la sierra de Mágina en una noche de tormenta, Miguel Strogoff perseguido por los tártaros en el primer libro que me compraron cuando supe leer”.249 Anche un personaggio secondario, Florencio Pérez, poeta frustrato di Mágina, nella sua scrittura stabilisce una continuità tra passato e futuro che ricorda e anticipa nella redazione delle sue memorie: “(…) cuando se puso seriamente a escribir se dio cuenta con estupor y desconsuelo de que no le había ocurrido casi nada en la vida (…) en apenas un año de escribir todos los días tuvo contados los setenta años de su vida entera (…) empezó tranquilamente a contar sus recuerdos del día siguiente (…) y contó el regreso de su hijo menor (…) a medida que el manuscrito se aventuraba en el porvenir y en la mentira iba volviéndose más lujosamente detallado”.250 Il libro è uno strumento che aiuta i personaggi a ricordare il passato ma anche ad immaginarlo come afferma Manuel: “(…) mientras hablo con Nadia, mientras las palabras vienen a mis labios tan involuntariamente y tan sin tregua ni orden como las imágenes de un sueño, cuando surge ante mí un recuerdo intacto y perdido, no un recuerdo, sino algo más poderoso y material, la sensación de ir montando a caballo detrás de mi padre, abrazado a su cintura (…) voy con él e imagino que cabalgamos hacia una aventura leída en los libros, sé que tengo ocho o nueve años”.251 Per AMM la letteratura è la capacità di riflettere, di negare e di cercare di formulare un’altra idea del mondo come afferma durante un’intervista: “La literatura consiste en que la palabra signifique cosas y la política, la economía, la publicidad hacen que el idioma no signifique. La literatura implica la idea de universalidad y de comunicación entre todas las personas. Entonces la literatura siempre estaba en contra, gracias a Dios ya no tenemos las limitaciones 248 Ibídem, p. 188. Ibídem, p. 189. 250 Ibídem, p. 61. 251 Ibídem, p. 189. 249 96 exteriores que teníamos antes ni las limitaciones interiores del dogmatismo político, pero la literatura siempre es minoritaria, siempre es marginal, y siempre es sospechosa. Y a mí me gusta que lo sea”.252 Nel romanzo El jinete polaco, una riproduzione dell’omonimo quadro di Rembrandt è strettamente correlata ai due temi appena esaminati, la musica e la letteratura; essa riveste un ruolo importante all’interno della finzione ed è il mezzo che suscita il ricordo del passato in Manuel e Nadia; essa rinvia alla storia ambigua del comandante Galaz ma anche alla letteratura e alla canzone dei Doors, Riders on the storm. Il protagonista associa la figura del quadro a quella letteraria di Michele Strogoff la cui fidanzata si chiama Nadia. L’immagine del “cavaliere” rappresenta per Manuel l’instabilità, l’incertezza del futuro e anche il suo errare per il mondo senza una meta prima di rivedere, dopo molti anni, Nadia. La figura del cavaliere è il legame principale tra i due amanti, nella versione dei Doors è l’immagine che li unisce nella “repetida sorpresa de haber amado exactamente la misma música a la misma edad y de poseer de pronto un pasado común en el que sin conocerse ya estaban juntos”.253 Sin da piccola Nadia conosce questo quadro di Rembrandt perché suo padre possedeva un’incisione e non se ne separava mai, mentre Manuel la contempla alla Frick Collection di New York: “(…) un hombre joven, cabalgando sobre un caballo blanco, de noche, con un gorro de aire tártaro, delante de una colina en la que se distingue con dificultad la forma de una torre ancha y baja o de un castillo. Se acerca para mirar el título, Rembrandt, The polish rider, pero tiene que apartarse otra vez porque la luz se refleja en la superficie oscura y brillante del lienzo. Es el cuadro más raro que ha visto en su vida, aunque no sabe explicarse por qué, es muy raro pero también familiar, como si hubiera visto en un sueño olvidado, no hace mucho (…). Está seguro, ha soñado con este jinete, lo hace feliz y le da terror, como las historias que su abuelo Manuel le contaba (…), no puede tolerar la tensión imposible que le ha agudizado la memoria, dónde lo he visto, cúando (…). Puede que esté acordándose de una película o de la ilustración de un libro”.254 252 Cfr. Elizabeth Scarlett, art. cit., p. 77. El jinete polaco, p. 18. 254 Ibídem, pp. 440-441. 253 97 L’impressione che Manuel riceve al museo, è simile a quella che prova Minaya in Beatus ille, “la perdurable fascinación de los rostros sombríos que lo miraban desde los muros”255 nella casa dello zio. Al quadro è legato un episodio dimenticato dell’adolescenza di Manuel che Nadia gli ricorda durante il loro incontro casuale a New York. Questo incontro è l’anello mancante alla catena degli avvenimenti che si sono susseguiti durante tutto il romanzo e solo alla fine è restituito alla memoria del protagonista grazie alla narrazione. L’incisione aiuta Manuel a ritrovare nella sua memoria questo frammento che Nadia gli racconta. Egli non vuole finire come questo cavaliere anonimo ritratto la cui vita ha perso le coordinate: “que cabalga por un paisaje donde muy pronto amanecerá o acaba de hacerse noche, un viajero solitario y tranquilo, alerta, orgulloso, casi sonriente, que da la espalda a una colina donde se distingue la sombra de un castillo y parece cabalgar sin propósito hacia algún lugar que no puede verse en el cuadro y cuyo nombre nadie sabe, igual que tampoco sabe nadie el nombre del jinete ni la longitud y latitud del país por donde está cabalgando”.256 Appartenere ad un luogo, a qualcuno, avere un’identità, un passato è ciò che Manuel desidera.257 La relazione tra corpo e memoria è un riflesso sulla superficie di uno specchio, l’immagine dall’altro lato sembra essere autonoma, indipendente dal riflesso della persona che esiste nello spazio reale, è lo specchio di una finestra o una porta dalla quale la mente penetra in un altro spazio “chambre de mémoire” memoria immateriale che apre la strada all’immaginario. Guardarsi nello specchio è confrontarsi con il passato, relazionare il presente con diverse tappe del passato. In Beatus ille Minaya allude alla linearità temporale nella seguente riflessione che appare all’inizio del romanzo: 255 Antonio Muñoz Molina, Beatus ille, p. 14. Antonio Muñoz Molina, El jinete polaco, p. 18 257 Cfr. Marco Kunz, “Anticipación y resonancia en El jinete polaco”, a cura di Irene AndresSuárez, Inés d’Ors, op. cit., pp. 125-137. 256 98 “(…) si hubiera un espejo capaz de recordar estaría plantado ante la tachada de esa casa, y sólo él habría percibido la sucesión de lo inmóvil, la fábula encubierta bajo una quietud de balcones cerrados, su persistencia en el tiempo”.258 Gli specchi sono i ricordi che operano in modo discontinuo restituendo le immagini iterative dei morti che hanno vissuto in questi luoghi dove gli oggetti, uguali e disposti in modo immutabile, provocano casualmente il processo di rimembranza, come quando “en ese espejo donde Inés ya volverá a mirarse Minaya sabe que buscará el rastro imposible de un niño vestido de marinero que se detuvo ante él hace veinte años”259; un solo sguardo allo specchio ha scatenato diversi livelli temporali.260 L’utilizzo di questo tema dello specchio culmina drammaticamente nella notte d’amore che Inés e Minaya condividono nella camera nuziale dello zio Manuel, quest’ultimo nel vederli insieme rivive un momento passato come presente ed è colpito da un attacco di cuore che lo uccide. In un primo momento “asidos como dos sombras rodaron el suelo arrastrando consigo las sábanas de la cama, y sobre la alfombra, entre las sábanas manchadas, se buscaban y derribaban y mordían en una persecución multiplicada por los espejos en el aire púrpura y oscuro”.261 La scena continua ed è interrotta bruscamente da una nuova illusione fantastica: “(…) y fue entonces cuando se rasgó el tiempo como si una piedra vengativa hubiera roto los espejos que los reflejaban, porque escucharon tras ellos el ruido de la puerta (…)”.262 Tutti i personaggi sono circondati da specchi eccetto Doña Elvira, la cui rigidità non sembra conoscere né passato né presente né futuro. Lo specchio permette di realizzare la materializzazione del passato, ormai dimenticato come in questa occasione: 258 Antonio Muñoz Molina, Beatus ille, p. 9. Ibídem, p. 14. 260 Cfr. Maryse Villapadierna, “Tiempo, espacio y memoria en Beatus ille de Antonio Muñoz Molina”, a cura di Covo Jacqueline, op. cit., p. 86. 261 Antonio Muñoz Molina, Beatus ille, p. 110. 262 Ibídem, p. 111. 259 99 “Frente al espejo todavía, sin volverse ni alzar la voz, Doña Elvira ve a Teresa retirando las sábanas y la colcha de la gran cama conyugal en la que sigue durmiendo cuarenta años después de quedarse viuda y advierte de pronto, con secreta satisfacción, cómo ha envejecido la criada que era una niña cuando entró a servicio”.263 L’enigma che presenta il quadro di Rembrandt, in El jinete polaco, è simile a quello che in Beatus ille ci pone la continua presenza degli specchi. Questi specchi, a volte, hanno una funzione analoga alle fotografie che analizzerò successivamente. L’incisione del cavaliere diventa uno specchio quando ad esso si sovrappone il volto del comandante Galaz: “[Nadia] mira la cara indiferente y joven del jinete y le parece ver en ella un helado desafío que siempre le dió miedo, una solitaria determinación en la que ahora adivina el retrato espiritual de su padre: como si el grabado estuviera cubierto por una lámina de vidrio y viera reflejada en ella, fundida a la efigie del hombre a caballo y la colina que hay tras él, la cara ya muerta y todavía vigorosa y severa del comandante Galaz”.264 Il comandante Galaz, come afferma il narratore, osservando la sua immagine riflessa nello specchio: “No asociaba esa cara con ningún recuerdo, no la encontraba parecida a la que veía cada mañana y cada noche en el espejo, y no sólo porque fuera la de un hombre mucho más joven, sino porque lo consideraba tan extraño a sí mismo como un hijo cuyo comportamiento no supiera explicarse”.265 Quando involontariamente il comandante Galaz imita la voce del padre ascoltando sè stesso gli sembra di udire la voce di un uomo morto mezzo secolo prima tanto che sua figlia non lo riconosce. Il volto del padre “se le presentaba en los espejos, en el que ella [Nadia] le ponía delante cuando terminaba de afeitarlo”.266 Lo specchio svolge un ruolo importante, serve ai personaggi per conoscere se stessi. Manuel, per esempio, ricorda che “mirándome de soslayo en las cristaleras de los bares o en los espejos de las tiendas, inventándome a mí mismo 263 Ibídem, p. 69. Antonio Muñoz Molina, El jinete polaco, p. 475. 265 Ibídem, p. 297. 266 Ibídem, p. 324. 264 100 como a un personaje de novela o de cine que nunca acaba de pertenecer plenamente a una historia”.267 In Beatus ille osserviamo il procedimento inverso: quando Minaya si contempla allo specchio è paragonato ad un ritratto del tenebrismo:268 “Avanzó a tientas, cerrando la puerta a sus espaldas, encendió una cerilla y se vio a sí mismo en el doble espejo del armario, su cara pálida que emergía de la oscuridad como en un retrato tenebrista”.269 AMM con la sua metafora dello specchio vuole evocare la concezione realista di Stendhal “un roman, c’est un miroir que l’on promène le long d’un chemin” convertendola in una concezione propria, a volte scettica e ludica. Uno specchio che ha la capacità di conservare un'immagine materiale e fisica che si va perdendo con il trascorrere del tempo. Due donne passionali, Mariana in Beatus ille e la trisavola Agueda in El jinete polaco, sono ricordate all’interno dei romanzi attraverso un oggetto che ne riproduce le sembianze, la statua. La mummia della trisavola, ritrovata murata viva nella Casa de las Torres, simboleggia il tempo trascorso. Essa è riprodotta su commissione del dottor Mercurio in una statua di cera che mantiene inalterato il suo aspetto originale. L’inalterabilità della mummia e le immagini delle fotografie ricordano ai vivi il trascorrere del tempo. Alla fine del romanzo il lettore scopre che la trisavola ha partorito un bimbo che non muore strangolato dal cordone ombelicale, come Don Mercurio racconta, ma sopravvive e si scoprirà essere il bisnonno del protagonista, ipotesi non confermata ma suggerita al lettore da alcune analogie tra il figlio del dottor Mercurio e Pedro Expósito. La madre di Manuel, attraverso i ricordi, gli svela la storia del bisnonno abbandonato e trovato dalle suore che lo chiamano Pedro. Egli è il frutto della relazione giovanile tra la trisavola e Don Mercurio. Questa scoperta è sorprendente per Manuel e per il 267 Ibídem, p. 232. Corrente pittorica che oppone, con forte contrasto, luce e ombra. Fu introdotta dal pittore italiano Michelangelo Merisi detto il Caravaggio (1573-1610). 269 Antonio Muñoz Molina, Beatus ille, p. 88. 268 101 lettore che deve cercare con la memoria di saltare l’abisso di pagine che separano la prima citazione dall’ultima. Tutta la prima parte e l’ultima del romanzo sono disseminate dei frammenti di questa storia attraverso i ricordi dei vari personaggi.270 In Beatus ille la statua dei Caduti, scolpita da Utrera e situata nella piazza di Mágina, rappresenta un periodo cupo della storia spagnola e raffigura un angelo che ha un foro di pallottola in mezzo alla fronte. Nessuno conosce il significato di quel foro tranne lo scultore ma Minaya osservandola nota che ha i capelli e i tratti di Mariana. Tutte le opere dello scultore hanno il volto di Mariana che lo scultore ricorda così: “Los ojos y los pómulos. Su boca era admirable, y su nariz, como usted ya habrá notado, era justo un poco más larga y aguda de lo que admiten las normas de la estatuaría. Pero su belleza estaba sobre todo en los ojos rasgados y en aquellos pómulos tan altos”.271 “El rostro del Caído es un retrato de Mariana, un retrato funerario, para ser más exactos. Yo le había hecho la mascarilla mortuaria, pero la perdí antes de que terminara la guerra. Volví a encontrarla mucho años después, en el cincuenta y tres, cuando ya estaba trabajando en el monumento a los Caídos. Al principio pensé que el Ángel debía tener el rostro de Mariana”.272 La presenza di Mariana crea una struttura a specchio nel romanzo, la donna è definita nella logica romanzesca della sua resurrezione come volubile e incomprensibile che racchiude in se desiderio e ricordo. La gente comune proietta su di lei i propri fantasmi e la vede come un demonio, una passionale ovvero un pericolo da eliminare273. Il medico Medina “en seguida pensó que no era la clase de mujer que él había imaginado mirando las fotografías, y menos aún la que Mágina había calculado y temido”.274 Queste due figure femminili servono ai personaggi per ricordare la storia privata e quella collettiva ma anche gli avvenimenti storico-politici dell’epoca in cui le due donne sono vissute. 270 Cfr. Marco Kunz, “Anticipación y resonancia en El jinete polaco”, a cura di Irene AndresSuárez, Inés d’Ors, op. cit., pp. 125-137. 271 Antonio Muñoz Molina, Beatus ille, p. 94. 272 Ibídem, p. 95. 273 Cfr. Villapadierna Maryse, “Tiempo, espacio y memoria en Beatus ille de Antonio Muñoz Molina”, a cura di Jacqueline Covo, op. cit., p. 87. 102 Tra i due personaggi femminili ci sono alcune similitudini, come la morte misteriosa e un amore impossibile; in El jinete polaco c’è anche un richiamo alla storia di Mariana quando Ramiro Retratista: “Pensó esa noche, comparandola fotografía nupcial y la que tomó por encargo del inspector Florencio Pérez, que las dos mujeres se parecían y que estaban unidas por un destino común. La muerta de 1937, ¿ no sería una reencarnación de la otra, no habría repetido casi setenta años después el entusiasmo y luego la expiación de un amor culpable, no se habría levantado sonámbula de la cama y caminado hacia el balcón al escuchar la voz seductora de la muerte, igual que la emparedada de la Casa de las Torres y la doncella de Schubert?”275 Le fotografie, presenti in entrambi i romanzi, ci danno l’illusione di vivere un tempo inaccessibile e dalla loro osservazione possiamo immaginare, come eravamo e come erano le persone che sono morte. Le fotografie hanno sempre suscitato interesse in AMM il quale afferma: “ cada foto que yo miraba era una interrogación una posible historia de alguien a quien yo no conocía, pero que tenía mucho que ver conmigo, que había vivido también en la misma casa que yo en el tiempo anterior a mi vida o a mis primeros recuerdos”.276 Manuel mentre osserva una fotografia che ritrae la donna trovata murata dice che Ramiro Retratista scattò quelle fotografie con un proposito:: “ para que ahora yo pueda mirarlas y viaje como en una secreta máquina del tiempo a una plaza sombreada de álamos que ya no existen y reconozca y recuerde voces que suenan en la infancia de mis padres y ecos de llamadores golpeando puertas de casas en las que no vive nadie desde hace muchos años”.277 In Beatus ille le fotografie dei tre amici-amanti (Manuel, Mariana e Jacinto) e del matrimonio di Mariana e Manuel rappresentano una storia passata e la loro vista suscita nei personaggi i ricordi. Lo zio Manuel colloca nei diversi locali della casa delle fotografie e Minaya osserva che queste sono disposte in un ordine personale e “cuidadosamente establecido en los catálogos de su memoria como invisible para 274 Antonio Muñoz Molina, Beatus ille, p. 142. Antonio Muñoz Molina, El jinete polaco, p. 98. 276 Cfr. Antonio Muñoz Molina, “Fotografía. ‘Las fuentes de la memoria’. La vida entera en blanco y negro”, in El País semanal, 14 Aprile 1996, pp. 22-24. 277 Antonio Muñoz Molina, El jinete polaco, p. 58. 275 103 nadie que no sea él”.278 Esse hanno un significato di commemorazione dei morti ma a Manuel non bastano le immagini: “exigía fechas, lugares precisos, tonos exactos de luz y pormenores de ternura, enumeraciones de citas, de palabras, y de tanto pensar en Mariana y en el que fue su mejor amigo se le gastaron los recuerdos, de modo que ya no estaba seguro de que hubieran existido verdaderamente fuera de las fotografías y de su memoria”.279 La prima cosa che Minaya nota, al suo arrivo nella casa dello zio, è la fotografia sopra il camino che nel catalogo immaginario di Manuel ha il numero uno perché è la prima fotografia fatta con Mariana: “(…) la misma muchacha [del disegno di Orlando] caminaba entre dos hombres por una calle que indudablemente era de Madrid. Llevaba un abrigo con cuello de piel abierto sobre un vestido blanco y zapatos de tacón, pero de su rostro sólo podía precisarse la gran sonrisa que se burlaba del fotógrafo (…).El hombre que caminaba a su izquierda sostenía un cigarrillo y miraba el espectador con aire de ironía o recelo. (…) En el de la derecha, el más alto de los tres y sin duda el mejor vestido, Minaya creyó reconocer a su tío”.280 Anche Solana, guardando la fotografia che ritrae Mariana, ricorda la scena nella quale il fotografo, Ramiro Retratista, stava preparando la camera e le luci mentre lui conversava con Orlando, rivive l’istante in cui i suoi occhi si incrociarono con lo sguardo di Mariana che “perduró gracias al azar y la fogonazo del magnesio más firme que la memoria”.281 Il narratore descrive Mariana attraverso ciò che le fotografie mostrano, una donna: “Tensa y tranquila, en el centro de las fotografías y en el dibujo de Orlando y en la médula de una memoria plural que se hacía única al entrecruzarse en ella como las miradas de los hombres en una muchacha que pasa sola entre las mesas de un café: firme en su desconocida voluntad, en la certeza de la fascinación que ejercía, igual que en la leve caída de su sombrero con un velo que le encubría los ojos y llegaba justo hasta la mitad de su nariz y sus pómulos”.282 In alcuni casi la fotografia non rispecchia la vera personalità di chi è ritratto, è un’immagine ingannevole, Nel ricordo di Medina, un amico di Manuel e Solana, Mariana “(…) no se parecía en nada a la foto de Madrid, ni siquiera a la 278 Ibidem, p. 212. Antonio Muñoz Molina, Beatus ille, p. 25 280 Ibidem, p. 23. 281 Ibidem, p. 216. 279 104 que le tomaron el día de su boda: Sólo el dibujo de Orlando es aproximadamente fiel a la realidad. Pero es que los muertos dejan de parecerse en seguida a las fotografías”.283 Anche Solana ricorda una fotografia pubblicata su un giornale che annunciava la sua morte e non si riconosce nell’uomo ritratto: “yo era esa fotografía de un hombre que se había enfrentado con una pistola a la Guardia Civil y preferido la muerte antes de rendirse. Usted quería un escritor y un héroe”.284 Alla fine del romanzo Minaya e Jacinto Solana si incontrano e il narratoreSolana spiega con queste parole l’evento: “Él [Minaya] no dijo nada, o sólo repitió mi nombre, que al sonar en su voz tenía una cualidad dura, desconocida, remota, porque no me nombraba a mí, a quien verdaderamente yo soy, sino a otro tal vez a un héroe, a la sombra oculta en los manuscritos y en las fotografías”.285 La storia individuale di Manuel e Nadia, in El jinete polaco, si proietta in quella collettiva, la dimensione intima e personale si mischia agli avvenimenti familiari, sociali e politici della collettività. Amore e memoria si coniugano per ridare vita ad un passato collettivo dimenticato.286 In El jinete polaco, il vecchio baule “archivo prodigioso y anárquico” di fotografie ingiallite, scattate da Ramiro Retratista e lasciato in eredità a Nadia dal padre, il comandante Galaz, rivela la storia di Mágina, metonimia della Spagna, attraverso i ritratti di personaggi immaginari. Il baule funziona come memoria implacabile che racchiude la testimonianza fotografica di quasi un secolo di vita locale. Dal presente la copia recupera il passato che è simboleggiato nel baule dove sono conservati, oltre agli oggetti precedentemente citati (la Bibbia, il quadro di Rembrandt), queste vecchie fotografie che riproducono le scene e le persone della mitica Mágina-Úbeda. Manuel e Nadia le contemplano nel tentativo 282 Ibidem, p. 136. Ibidem, p. 142. 284 Ibidem, p. 267. 285 Ibidem, p. 263. 286 Cfr. Marie-Claude Chaput, art. cit., pp. 27, 37. 283 105 di rivivere il tempo passato e di recuperare la loro identità e le proprie origini. Si tratta di ricomporre un “ desorden caudaloso de cronologías y vidas”. Frugando tra queste fotografie Manuel osserva quelle della sua famiglia e Nadia gli chiede i nomi delle persone ritratte e vuole che, come lui stesso dichiara: “ le cuente historías que pueblen únicamente para nosotros dos el espacio vacío de nuestro pasado común, inventado, imposible, y al encontrar la foto de mi abuelo Manuel lo veo tal como mi imaginación me lo exaltaba cuando veía su retrato en los cajones prohibidos, como lo recuerda mi madre bajo la luz de su infancia, no una tiesa figura en blanco y negro sino un hombre más alto que ningún otro que ella conociera”.287 In un passaggio del romanzo Manuel, guardando i volti, ha la sensazione di non averli mai conosciuti veramente, sono i volti dei suoi parenti e fa una loro accurata descrizione facendo anche delle considerazioni personali: “ mi padre con chaqueta y corbata y pantalón corto posando junto a una columna sobre la que hay un galgo de escayola, mi madre con alpargatas blancas y calcetines oscuros y un lazo en el pelo, con doce o trece años, llevando en brazos a uno de sus hermanos menores, sonriendo a la sombra de mi abuelo Manuel, ya sin el uniforme de Guardia de Asalto, (…) con pantalones y chaleco de pana y una camisa sin cuello abronchada bajo la barbilla, solemne, (…) pasando su brazo derecho sobre el hombro de mi abuela Leonor (…) mirando de soslayo, con un poco de rencor, a mi bisabuelo Pedro, que no sabe que están haciéndole una fotografía”.288 I due personaggi amano osservare le fotografie e paragonarsi ai loro antenati, in proposito Manuel afferma che a Nadia: “le gusta reconocer los rasgos que ama en alguien que no soy yo: igual que la memoria y que las palabras que decimos, tampoco nuestras caras nos pertenecen del todo. Lo entiendo ahora cuando veo la mirada y los pómulos de Nadia en una foto de su padre, cuando reconozco una sombra o un rastro de su identidad en esas fotos de su hijo”.289 Una fotografia del padre serve da spunto a Manuel per immaginarne l’adolescenza: “(…) en la foto mi padre tiene el pelo ondulado y muy corto y sonrie igual que ahora, con la misma reserva de solitario y emboscado: cumpliría muy pronto catorce o quince años y aún no sabía que iba a enamorarse de la hermana de su amigo Nicolás, y su piel era casi tan oscura y sus manos tan fuertes como las de sus mayores, pues desde que tuvo diez años había trabajado en las huertas a la par de los hombres, y el orgullo se le nota en la cara, una confianza tranquila en sí 287 Antonio Muñoz Molina, El jinete polaco, p. 82. Ibídem, p. 105. 289 Ibídem, pp. 141-142. 288 106 mismo, una precoz severidad que el rancio traje de adulto y la sonrisa acentúan y que tal vez no procede de su envaramiento ante la cámara”.290 Nella pagina seguente afferma a proposito del padre: “Sé de el lo que he visto en sus fotografías, casi lo mismo que puede saber Nadia mirándolas. Ese aire de orgullo, soledad y decencia, esa manera de inclinarse con solicitud y ceremonia hacia mi madre en una de sus fotos de bodas. Soy incapaz de imaginarlo vencido por una pasión que no sea la de su soledad y de su trabajo. (…) Lo que me desconcierta no es saber tan pocas cosas sobre él: es la certeza de que mi ignorancia es de antemano tan irremediable como si ya estuviera muerto”.291 Manuel guarda la fotografia del matrimonio dei genitori e ricorda che una stessa immagine si trova appesa ad una parete nella casa di Mágina. Nell’esaminare i volti giovani dei genitori nota che “ya tienen ese aire abstracto de época de las fotografías un poco antiguas de los desconocidos, como si al cabo del tiempo hubieran perdido su identidad singular para convertirse en figuras alegóricas de un pasado extinguido”.292 Grazie alle fotografie e ai ricordi di Nadia, il comandante Galaz si è trasformato per Manuel da una figura leggendaria, che durante la sua infanzia aveva paragonato a personaggi di finzione, ad una persona strettamente legata alla propria vita reale: “me impresionaba ese nombre tan rotundo y tan raro [quello del comandante Galaz] que sólo era posible atribuir a un hombre imaginario, a un héroe tan inexistente como el Cosaco Verde o Miguel Strogoff o el general Minaja (…)”.293 Verso la fine del romanzo, Manuel e Nadia fanno una considerazione sulle persone di Mágina fotografate ed osservano che il fotografo, Ramiro Retratista aveva tenuto una copia di tutte le fotografie scattate senza sospettare il destino che sarebbe toccato ad esse, senza sapere che sarebbe stato l'unico testimone di quelle vite che nessuno ricordava e che ora risorgono alla memoria come una clandestina e universale resurrezione dei morti in un appartamento di New York..294 290 Ibídem, pp. 144-145. Ibídem, p. 146. 292 Ibídem, p. 160. 293 Ibídem, p. 24. 294 Cfr. p. 494. 291 107 Mi sembra opportuno concludere ricordando le affermazioni di AMM riguardo la fotografia: “mi memoria está llena de fotografías. Si no fuera por las fotos, mi memoria sería mucho más pobre, incluso sería menos memoria, no habría percibido desde antes de tener uso de razón la poesía y el enigma del tiempo de las vidas humanas. Cada foto que yo miraba era una interrogación, una posible hostoria de alguien a quien no conocía, pero que tenía mucho que ver conmigo, que había vivido tal vez en la misma casa que yo en el tiempo anterior a mi vida o a mis primeros recuerdos”.295 295 Cfr. Antonio Muñoz Molina, “Fotografía. ‘Las fuentes de la memoria’. La vida entera en blanco y negro”, art. cit., p. 22. 108 Conclusione Dalla lettura delle opere di Antonio Muñoz Molina emerge un tema comune che lega con un filo romanzi e racconti: la memoria. Questo argomento è da sempre presente in letteratura e l’autore che ho scelto fa di questo un elemento fondamentale della sua opera. Attraverso il ricordo AMM cerca di recuperare il passato personale e collettivo. Egli utilizza la memoria reale e storica che appartiene ad un’esperienza personale o si manifesta nel racconto di altre persone che lo scrittore espone attraverso i suoi personaggi. Muñoz Molina mescola abilmente la memoria inventata a quella reale per cercare di ingannare il lettore che non riesce più a distinguerle ritenendo reale anche la finzione. Il lavoro che mi sono proposta è stato ricercare all’interno del testo ogni riferimento alla memoria e successivamente scinderla in reale e immaginaria. Nell’analisi di alcune opere ho rilevato alcuni dei meccanismi attraverso cui agisce la memoria e ho potuto verificare che la distanza che separa i ricordi e l’immaginazione è minima. La finzione è spesso utilizzata dall’autore per colmare i vuoti di memoria lasciati da avvenimenti non vissuti in prima persona o vissuti durante l’infanzia dove il ricordo è completamente assente o sfuocato. Molti dei personaggi che l’autore impiega nelle sue opere appartengono alla finzione. Come ho potuto constatare essa è correlata alla realtà perché alcuni personaggi sono frutto dell’immaginazione dell’autore mentre altri sono legati alla realtà familiare dell’autore. La memoria è una delle forme che adotta il nostro potere di invenzione. L’importante è che i ricordi, inventati o reali, siano coerenti con la visione del mondo e di se che ognuno possiede. Non si può, in effetti, parlare di memoria autobiografica perché AMM non lo dichiara mai apertamente nei suoi scritti. Solamente conoscendo la vita ed il pensiero dell’autore il lettore può dedurre che alcuni personaggi e avvenimenti 109 raccontati fanno parte della sua vita passata e presente. Nelle sue opere AMM fa una profonda riflessione sull’identità personale e generale restando fedele ad un’etica della memoria. Egli si rifà ripetutamente allo spazio e al paesaggio di Mágina come apportatori di memoria collettiva basandosi su avvenimenti autobiografici. Mágina, sebbene il nome sia nato dall’immaginazione di AMM, non è solo un luogo dei libri dello scrittore ma del suo passato e della memoria dei suoi antenati ed è trasposizione del suo paese, Úbeda. Mágina e la vita di provincia sono lo scenario attraverso cui AMM esprime il suo desiderio nomade e cosmopolita di fuga verso la città. A questo paese sono legati i ricordi dell’infanzia e dell’adolescenza in particolare, le storie che gli raccontavano i nonni ed i genitori. La sua è una “memoria personale” perché parla, attraverso i personaggi, della sua famiglia, delle sue esperienze vissute prima nel paese di origine e poi in giro per il mondo. L’autore, come i suoi personaggi, è un ribelle che si oppone alla volontà del padre che lo vuole avviare alla campagna e si trasferisce in città per studiare e per essere, come lui stesso si definisce, “un cosmopolita”. Durante la maturità AMM riscopre il valore delle proprie origini e ritorna a Úbeda-Mágina per ritrovare se stesso e le persone che ha lasciato. Nei suoi libri gli piace raccontare il rapporto tra passato e presente come osserva in un’intervista: “talvolta mi capita di ricordare cose antiche, come se la mia memoria avesse più anni della mia età”. Nel presente è contenuto il passato e in questo il futuro, da qui l’importanza di osservare i corpi nel tempo. E’ necessario percepire ciò che rimane nonostante il trascorrere del tempo e ciò è possibile solo attraverso la memoria. Importante è osservare il continuo riferimento di AMM alla storia presente e passata. La II Repubblica, la guerra civile e il dopoguerra della Spagna e i suoi problemi politico-sociali come la violenza, la solitudine e la frustrazione sono tutti 110 argomenti che ho ritrovato nelle sue opere e ai quali i personaggi fanno riferimento per ricordare. Nelle sue opere l’autore ricorre spesso agli oggetti come quadri, libri, fotografie e specchi che i protagonisti usano per far rivivere, attraverso i ricordi ad essi legati, il passato personale e collettivo. Ho potuto constatare una relazione tra le immagini che questi oggetti rappresentano, la memoria ed il recupero del tempo passato. Oltre agli oggetti personali disseminati nei romanzi ve ne sono altri come i monumenti che suscitano i ricordi della collettività perché ad essi ognuno associa lo stesso ricordo come per esempio avvenimenti legati al periodo della guerra civile. L’oggetto-simbolo che più ricorre nelle sue opere sono le fotografie perché esse rendono immortale ciò che ritraggono e suscitano il ricordo nelle persone che le osservano. All’ascolto della musica AMM associa i ricordi della propria adolescenza che poi trascrive in romanzo, essa aiuta i personaggi a ricordare. Egli cita, per esempio, musicisti come Lou Reed, The Doors, Rolling Stones e Louis Armstrong. Questi musicisti rappresentano il modo di essere di un’intera generazione e ad essi se ne aggiungono altri come Antonio Molina e Concha Piquer che attraverso le loro canzoni rievocano un passato lontano e dimenticato. Nelle sue opere AMM fa una riflessione sull’infanzia e sul proprio passato individuale e familiare, sul contesto storico, politico e sociale della guerra civile e del dopoguerra non dimenticando la storia precedente, ed infine, si preoccupa di recuperare attraverso la memoria l’identità individuale e collettiva. 111 Bibliografia Opere di Antonio Muñoz Molina Libri Beatus ille, Barcelona, Seix Barral, 1986. El invierno en Lisboa, Barcelona, Seix Barral, 1987. Las otras vidas, Madrid, Mondadori España, 1988. Beltenebros, Barcelona, Seix Barral, 1989. Diario del Nautilus, Madrid, Mondadori España, 1989. Córdoba de los Omeyas, Barcelona, Seix Barral, 1991. El jinete polaco, Barcelona, Planeta, 1991. Los misterios de Madrid, Barcelona, Seix Barral, 1992. El Robinson urbano, Barcelona, Seix Barral, 1993. La realidad de la ficción, Sevilla, Renacimiento, 1993. Nada del otro mundo, Madrid, Espasa-Calpe, 1993. ¿Por qué no es útil la literatura?, Madrid, Hiperión, 1993. (con Luis García Montero) El dueño del secreto, Madrid, Ollero & Ramos, 1994. Ardor guerrero, Madrid, Alfaguara, 1995. Las apariencias engañan, Madrid, Alfaguara, 1995. La huerta de Edén, Madrid, Ollero & Ramos, 1996. Escrito en un instante, Palma de Mallorca, Calima, 1997. Plenilunio, Madrid, Alfaguara, 1997. Articoli Antonio Muñoz Molina, “Fotografía. ‘Las fuentes de la memoria’. La vida entera en blanco y negro”, El País Semanal, 14 abril 1996. Antonio Muñoz Molina, “La sociedad secreta”, in El País, 17 noviembre 1990. Antonio Muñoz Molina, “Simulacros de realidad”, a cura di Jochen Heymann/Montserrat Mullor-Heymann, Retratos de escritorio. Entrevistas a autores españoles, Frankfurt a. M., Vervuert, 1991, pp. 97-115. Antonio Muñoz Molina, “Viaje al sur”, in El País, 14 agosto 1994. 112 Su Antonio Muñoz Molina Interviste Gallego, Vicente, “Beltenebros de Antonio Muñoz Molina”, in Insula, num. 514, octubre 1989, p. 19. García, Ángeles, “Reclamo mi derecho a decir que la violencia nunca puede ser un signo de modernidad”, in El País, 10 marzo 1992, p. 67. García Ortega, Adolfo, “Antonio Muñoz Molina. La medicina Flaubert”, in Leer, num. 11, enero-febrero 1988, pp. 71-73. Juristo, Juan Ángel, “ Antonio Muñoz Molina: La invención del espacio”, in Leer, num. 49, enero 1992, pp. 55-58. Lindo, Elvira, Intervista con Antonio Muñoz Molina, in Elle, febrero 1998, pp. 64-65. Scarlett, Elizabeth, “Conversación con Antonio Muñoz Molina”, in España Contemporánea, num. 7:1, 1994, pp. 69-82. Smith, Alan, “Entrevista con Antonio Muñoz Molina”, in Anales de la literatura española contemporánea, volume 20, Issues 1-2, 1995, pp. 233-239. Critica Libri AA.VV., Ética y estética de Antonio Muñoz Molina, a cura di Irene AndrésSuárez, Inès d’Ors, in Cuadernos de narrativa, Université de Neuchâtel, Suiza, num. 2, dicembre 1997. Morales Cuesta, Manuel María, La voz narrativa de Antonio Muñoz Molina, Barcelona, Octaedro, 1996. Articoli AA.VV., “El espejo de la crítica. El jinete polaco, Antonio Muñoz Molina”, in Quimera, num. 109, 1992, pp. 62-63. Alarcos Llorach, Emilio, “Antonio Muñoz Molina: la invención de la memoria”, a cura di Rico, Francisco, Historia y crítica de la literatura española”, vol. 9, Villanueva, Darío, Los nuevos nombres 1975-1990, Barcelona, Crítica, 1992, pp. 416-422. Alonso Troncoso, Victor, “En la Córdoba de las omeyas, con Antonio Muñoz Molina”, in Cuadernos Hispanoamericanos, num. 504, junio 1992, pp. 33-51. 113 Benson, Ken, “De la amnesia a la nostalgia. Reflexiones sobre la función de la memoria en tres textos de autores contemporáneos (Rosa Chacel, Juan Benet, Antonio Muñoz Molina)”, a cura di Beisel, Inge, El arte de la memoria: Incursiones en la narrativa española contemporánea, in Arbeiten zur Semiotik und Kunst (ASK), Mannheim, num. 9, 1997, pp. 7-26. Chaput, Marie-Claude, “Les lieux de mémoire dans El jinete polaco d’Antonio Muñoz Molina”, in Iris, 1996, pp. 25-38. Cruz, Juan, “El artículo”, in El País, 27 junio 1997, p.30. del Rey, Santiago, “La memoria a dos voces”, in Quimera, num. 109, 1992, p. 67. Fernández Martínez, María Luisa, “La proximidad de los fantasmas. Beatus ille y El jinete polaco de Antonio Muñoz Molina”, in Versants, num.31, 1997, pp. 77106. Gándara, Alejandro, “Aires Nuevos: 1984-1985”, a cura di Rico, Francisco Historia y crítica de la literatura española”, vol. 9, Villanueva, Darío, Los nuevos nombres 1975-1990, Barcelona, Crítica, 1992, pp. 384-385. García Ronda, Ángel, “Delta del río”, in El Urogallo, num. 70, marzo 1992, pp. 54-55. Gil, María José, “ Antonio Muñoz Molina”, in El Urogallo, nums. 76-77, septiembre-octubre, 1992, pp. 55-56. Giménez, María José, “El aparato de la enunciación de Beatus ille, de Antonio Muñoz Molina”, in Cuadernos Hispánicos, IV, 1993, pp. 103-111. Gracia, Jordi, “El precio del espanto”, in Cuadernos Hispanoamericanos, 564:-, 1997, pp. 119-121. Herzberger K, David, “Reading and the creation of identity in Muñoz Molina’s Beatus ille”, in Revista Hispánica moderna, num. 2, diciembre 1997, pp. 382-390. López de Abiada, José Manuel, “Beatus ille y los recovecos de la memoria. La escritura como salvación e invención de una memoria proscrita”, a cura di Beisel, Inge, El arte de la memoria: Incursiones en la narrativa española contemporánea, in Arbeiten zur Semiotik und Kunst (ASK), Mannheim, num. 9, 1997, pp. 27-48. López de Abiada, José Manuel, ”Para una cronología de Beatus ille. Marcas temporales significativas y breves acotaciones”, a cura di Beisel, Inge, El arte de la memoria: Incursiones en la narrativa española contemporánea, in Arbeiten zur Semiotik und Kunst (ASK), Mannheim, num. 9, 1997, pp. 167-187. 114 Mainer, José-Carlos, “Antonio Muñoz Molina ou la prise de possession de la mémoire”, in Études, 380, 2, febrero 1994, pp. 235-246. Martín, Sabas, “ Antonio Muñoz Molina: identidad, memoria y deseo”, in Cuadernos Hispanoamericanos, num. 504, junio 1992, pp. 155-158. Mellizo, Carlos, “ Antonio Muñoz Molina, El invierno en Lisboa”, in España Contemporánea, II, num. 3, 1989, pp. 142-144. Negres Cuevas, A, “Antonio Muñoz Molina. El Robinsón urbano”, in Rassegna Iberistica, num.37, mayo 1990, pp. 51-52. Oleza, Joan, “Beatus ille o la complicidad de historia y novela”, in Bulletín hispanique, tome 98, num. II, 1996, pp. 363-383. Pérez Lasheras, Antonio, “Tiempo real/tiempo narrativo en El invierno en Lisboa de Antonio Muñoz Molina”, a cura di Martínez Latre, María Pilar, Actas del congreso en homenaje a Rosa Chacel, Logroño, Universidad de la Rioja, 1994, pp. 223-227. Pittarello, Elide, recensione a: “Antonio Muñoz Molina. La realidad de la ficción, Los misterios de Madrid, Nada del otro mundo, El dueño del secreto”, in Rassegna Iberistica, 51, dicembre 1994, pp. 72-75. Pope, Randolph, “Postmodernismo en España: El caso de Antonio Muñoz Molina”, in España Contemporánea, II, 1992, pp. 111-119. Rodríguez-Fisher, Ana, “Materia y forma en los relatos de Antonio Muñoz Molina”, in Insula, num. 568, abril 1994, pp. 22-24. Santos, Care, “ Antonio Muñoz Molina”, in Quimera, num. 116, 1992, p. 70 Scheffler, Ben, “Antonio Muñoz Molina. Beatus ille”, a cura di de Toro Alfonso e Ingenschay Dieter, La novela española actual. Autores y tendencias, Kassel, Reichenberger, 1995, pp. 141-151. Sherzer, William, “Tiempo e historia en la narrativa de Antonio Muñoz Molina”, in España Contemporánea, IV, num. 2, 1991, pp. 626-630. Soria Olmedo, Andrés, “Fervor y sabiduría: la obra narrativa de Antonio Muñoz Molina”, in Cuadernos Hispanoamericanos, num. 458, agosto 1988, pp. 107-111. Troncoso, Victor Alonso, “En la Córdoba de los Omeyas con Antonio Muñoz Molina”, in Cuadernos hispanoamericanos, 1992, num. 504, pp. 34-45. 115 Valls, Fernando, “Las apariencias engañan”, in Quimera, num. 162, octubre 1997, pp. 63-65. Villapadierna, Maryse, “Tiempo, espacio y memoria en Beatus ille de Antonio Muñoz Molina”, a cura di Covo Jacqueline, Historia, espacio e imaginario, PU du septentrion, Villeneuve d’Ascq, France, 1997, pp. 79-88. Zamora Águila, Valls Fernando, “Memoria, anticipación y tiempo en El jinete polaco: algunas implicaciones filosóficas”, a cura di Beisel, Inge, El arte de la memoria: Incursiones en la narrativa española contemporánea, in Arbeiten zur Semiotik und Kunst (ASK), Mannheim, num. 9, 1997, pp. 49-76. Bibliografia generale Libri e articoli AA.VV., Cuentos de la isla del tesoro, Madrid, Alfaguara, 1994. AA.VV., Cuentos de terror, Barcelona, Grijalbo, 1989. AA.VV., Historia de España, a cura di Antonio Dominguez Ortiz, Barcelona, Planeta, Vol. 12, 1990. AA.VV., Relatos eróticos, Barcelona, Grijalbo, 1988. AA.VV., Últimos narradores (Antología de la reciente narrativa española), Pamplona, Hierbola, 1993. Amorós, Andrés, Introducción a la novela contemporánea, Catedra, Madrid, 1985. Arbó, Sebastían Juan, Relatos del Delta, Barcelona, Mateu, 1965. Asís Garrote, María Dolores, Última hora de la novela en España, Madrid, Eudema, 1990. Castellet, José María, “Veinte años de novela española (1942-1962) ”, in Cuadernos americanos, (genero-febrero) 1963, pp. 290-295. Ferreras, Juan Ignacio, La novela en el siglo XX (desde 1939), Taurus, Madrid, 1988. Gullón, Ricardo, La novela española contemporánea. Ensayos críticos, Alianza Editorial, Madrid, 1994. 116 Navajas, Gonzalo, Teoria y practica de la novela española postmoderna, Ed. del Mall, Barcelona, 1987. Nora Pierre, Les lieux de mémoire, I. La Répubblique, Gallimard, Paris, 1984, p. 25. Paz Octavio, “La busqueda del presente”, a cura di Rico, Francisco Historia y crítica de la literatura española”, vol. 9, Villanueva, Darío, Los nuevos nombres 1975-1990, Barcelona, Crítica, 1992, pp. 40-72. Pedraza Jiménez, Rodriguez Cáceres, Las épocas de la literatura española, Barcellona, Editorial Ariel Sas, 1997. Rico, Francisco, Ynduráin, Domingo, Historia y crítica de la literatura española . Epoca contemporánea 1939-1980, Editorial Crítica Grijalbo, Barcelona, 1980. Ricoeur, Paul, Tempo e racconto. La configurazione nel racconto di finzione, Jaca Book, Milano, 1987. Sanz Villanueva, Santos, “El cuaderno. Manifiesto generación del ’68”, in El Urogallo, giugno 1988, p. 64. Segre, Cesare, Teatro e romanzo, Einaudi, Torino, 1984. Silvestri, Laura, Cercando la via. Riflessioni sul romanzo poliziesco in Spagna, Roma, Bulzoni Editore, 1996. Tamames, Ramón, La España alternativa, Madrid, Espasa Calpe, 1993. Viñó, Manuel García, Novela española actual, Madrid, Guadarrama, 1967. 117