Subido por lucacannabis

Scienze della terra

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Scienze della Terra
Secondo l’“ipotesi di Gaia”, elaborata nel 1979 da Lovelock e Margulis, la Terra non sarebbe
altro che un sistema integrato capace di omeostasi, esattamente come un essere vivente. Per esempio,
al variare della concentrazione di CO2 nell’atmosfera, dovuto a disboscamento e combustione, cioè
all’antropizzazione, la Terra reagisce: nel rispetto della legge di Henry, parte di essa viene assorbita
in acqua, dove può trasformarsi in composti chimici solidi, carbonati, che daranno origine a rocce.
Le risposte della Terra avvengono però in tempi geologici o astronomici, e per questo il pianeta fatica
a stare dietro all’uomo, che è una specie permeante.
Attualmente è appurato che i componenti del sistema Terra sono tre: atmosfera, idrosfera e
litosfera; la biosfera non viene infatti considerata dai geologi. Il primo a ipotizzare che la Terra non
fosse omogenea fu nel 1885 Suess, il cui modello prevedeva tre involucri concentrici all’incirca dello
stesso spessore: il più esterno, chiamato SiAl perché costituito da silicio e alluminio; un involucro
intermedio costituito da silicio e magnesio, perciò detto SiMa; quello interno chiamato NiFe perché
costituito da nichel e ferro. La composizione chimica dei vari involucri fu dedotta da Suess in base
a dati, all’epoca già disponibili, sulla densità della Terra, che mediamente è 5,5 g/cm3; le rocce
superficiali però raggiungono al massimo la densità di 3 g/cm3, per cui la parte interna doveva essere
composta da materiali molto più pesanti e aggirarsi attorno ai 13 g/cm3. L’intuizione su quali questi
materiali potessero essere venne a Suess da dati riguardanti meteoriti composti da nichel e ferro, le
condriti; questi calcolò il dato ipotetico di 13 g/cm3 di densità per la parte interna basandosi sul
volume della terra.
Nei primi anni del ’900 si iniziò a indicare gli involucri concentrici come crosta, mantello e
nucleo. La disomogeneità della Terra fu confermata dallo studio delle onde sismiche, che consentì
anche di determinare la diversa estensione dei quattro involucri; quattro perché il nucleo comprende
un nucleo esterno liquido e uno interno solido, entrambi formati principalmente da ferro, come era
stato ipotizzato da Suess. Allo stesso modo, la crosta considerata singolarmente è formata all’80% da
O, Si e Al. La Terra nella sua totalità è invece formata per il 90% da Fe, O, Si, Mg; la presenza
dell’ossigeno tra i costituenti principali sia della sfera biotica sia di quella abiotica è dovuto alla sua
estrema reattività. I termini volti a indicare i diversi componenti del sistema Terra cambieranno
comunque ancora negli anni ’70 del Novecento, con la teoria della tettonica delle placche.
Ben prima che gli scienziati avessero accesso diretto alla crosta terrestre, la conoscenza delle
rocce si sviluppò in epoca preistorica come patrimonio della scienza per necessità; la nascita della
geologia come scienza moderna si colloca invece a cavallo tra la fine dell’800 e l’inizio del ’900.
Minerali
I minerali sono da un punto di vista chimico sostanze pure; non possono cioè essere separate
in tipi più semplici di materia con normali processi chimici. Un minerale è un solido generalmente
cristallino, si forma in natura attraverso un processo inorganico di natura chimica e ha una
composizione esprimibile con una formula. I processi di formazione dei minerali si svolgono nelle
facies, soprattutto acquatiche, in cui in tempi geologici avvengono processi di precipitazione dei sali;
solfati, carbonati e alogenuri derivano appunto da antichi bacini che hanno subito un processo di
evaporazione. Un’altra grande facies è quella magmatica, dove si verificano processi di
raffreddamento all’interno della crosta terrestre. La terza facies è quella metamorfica, in cui il
processo di cristallizzazione avviene soprattutto per effetto della pressione; in genere vi si formano
cristalli di minerali a partire da altri minerali, per cui si parla di processo di ricristallizzazione.
La classificazione dei minerali è su base chimico-cristallografica. Gli elementi nativi sono una
classe in un certo senso a sé; chimicamente si tratta infatti di elementi, formati da un solo tipo di
atomo, ad esempio l’oro o il bismuto nativo. Tutte le classi hanno comunque una composizione
definita cui corrisponde una precisa formula chimica.
Un esempio di minerale è NaCl, da un punto di vista chimico definito cloruro di sodio, come
minerale invece salgemma. Il salgemma è diverso dal sale marino perché prodotto in tempi geologici;
per questo motivo è molto più puro e non presenta assolutamente iodio. Deve inoltre avere una forma
cubica, data dall’abito cristallino, che invece il sale marino non ha per via del processo di formazione
troppo rapido. Un’adulterazione ad esempio del sale rosa dell’Himalaya si può riconoscere attraverso
la forma dei grani, che dev’essere appunto cubica, e il colore, che se è artificiale tende a perdere. Un
altro minerale è SiO2, il quarzo, il cui abito cristallino gli conferisce un aspetto prismatico.
Fu Berzelius a introdurre un criterio organizzativo di tipo chimico legato all’anione che
caratterizza il composto; eccone degli esempi. Cloruro di sodio (NaCl); l’anione è il cloro; il cloro è
un alogeno; dunque il cloruro di sodio è un alogenuro. Quarzo (SiO2): l’anione è l’ossigeno; dunque
il quarzo è un ossido. Gesso (CaSO4); l’anione è lo zolfo; dunque il gesso è un solfato. Calcite
(CaCO3); l’anione è il carbonio; dunque la calcite è un carbonato.
L’indagine sui minerali è stata comunque in principio di tipo fisico; un minerale è
caratterizzato infatti anche da precise proprietà fisiche, quali durezza e densità. Una scala di durezza,
detta scala di Mohs, dall’omonimo mineralogista tedesco che la elaborò, pone alla base il talco, con
valore di durezza 1, e al vertice il diamante, con valore di durezza 10; gli elementi superiori della
scala possono scalfire quelli inferiori ma non viceversa. Altre caratteristiche fisiche sono il colore, la
lucentezza e la forma; ogni minerale si presenta infatti come un solido dotato di una particolare forma
geometrica, detta abito cristallino. Le regole per studiare la struttura fisica dei cristalli furono
introdotte dal primo cristallografo in assoluto, Stenone, nel XVII secolo; questi formulò la regola
della costanza degli angoli diedri, data dal calcolo, nella forma geometrica del minerale, degli angoli
adiacenti, che sono costanti. La sua classificazione di tipo cristallografico prevedeva fino a 32 classi.
All’interno di un cristallo gli atomi si dispongono in maniera ordinata in funzione di T e P in
un reticolo cristallino; la più piccola unità di questo reticolo cristallino è la cella elementare, unità
strutturale minima che si ripete nelle tre dimensioni. L’ordine interno di un minerale ha un effetto
macroscopico, l’abito cristallino; in base ad esso e alla struttura chimica è possibile identificare
qualsiasi minerale.
Esistono in realtà anche minerali amorfi, che non presentano reticolo cristallino; sono anche detti
minerali vetrosi e hanno una struttura disordinata, simile alla disposizione che le particelle di un gas
o di un liquido assumono in ogni istante. I minerali amorfi si originano quando la formazione dei
cristalli è impedita da un passaggio di stato eccessivamente rapido, a seguito di brusche variazioni di
T e P; è il caso dello zolfo amorfo che si forma per brinamento, cioè per passaggio dallo stato
aeriforme allo stato solido, a livello di solfatare. Un altro esempio di minerale amorfo è l’opale, che
ha la stessa composizione del quarzo e deriva da una soluzione calda contenente silice che si raffredda
rapidamente provocando la precipitazione del soluto; si parla anche per indicarla di idrogel di silice,
o silice idrata.
La differenza tra sostanze cristalline e sostanze amorfe si ripercuote anche sul piano fisico. Le
sostanze cristalline sono anisotrope; ciò significa che in esse grandezze fisiche come lucentezza,
colore e altre proprietà ottiche assumono valori diversi a seconda della direzione considerata. Le
sostanze amorfe sono isotrope; presentano cioè le stesse caratteristiche fisiche in tutte le direzioni.
Ulteriori caratteristiche particolari dei minerali sono il polimorfismo e l’isomorfismo.
– Il polimorfismo è la caratteristica propria di minerali che hanno la stessa composizione
chimica ma diverso reticolo cristallino, la cui formazione è influenzata dalle condizioni di
temperatura e pressione. Un esempio di polimorfismo sono il diamante e la grafite, entrambi
formati unicamente da atomi di carbonio.
• Nel diamante gli atomi di carbonio presentano una struttura tetraedrica completata nel
centro di simmetria (il punto interno a una figura geometrica equidistante dalle facce) da
un ulteriore atomo di carbonio, per un totale di cinque nella cella elementare. Le
condizioni che consentono al C di assumere questa struttura tetraedrica sono in natura
estremamente rare; esse sono dette stato (chimico) di ibridazione sp3, il che significa che
sono coinvolti un orbitale s e tre orbitali p. Tra gli atomi di carbonio che compongono il
diamante sono presenti legami covalenti puri estremamente stabili. In ambito biotico, la
struttura tetraedrica si può riscontrare anche nel metano, CH4, in cui ai vertici del tetraedro
si collocano gli atomi di idrogeno.
• Nella grafite invece la cella elementare ha una forma esagonale e un’estensione
bidimensionale; tra diversi piani si instaurano legami intermolecolari, i quali si rompono
ad esempio quando si scrive con una mina di grafite. Tale struttura si forma in condizioni
di temperatura e pressione più comuni e meno estreme rispetto a quelle del diamante; si
parla di stato di ibridazione sp2. La struttura planare della grafite è data da tre atomi di
carbonio disposti a triangolo al cui centro si colloca un quarto atomo di carbonio; queste
strutture danno la cella elementare di forma esagonale. In ambito biotico, la medesima
struttura caratterizza l’etilene (CH2=CH2), una sorta di ormone vegetale il cui effetto è
accelerare la maturazione.
Sono polimorfe anche le forme cristalline e amorfe dello stesso minerale; è questo il caso di
quarzo e opale, di zolfo cristallino e zolfo amorfo
– L’isomorfismo è il fenomeno per cui nel reticolo cristallino di un minerale sono compresenti
ioni di due elementi diversi, che prendono il nome di ioni vicarianti. Un minerale isomorfo è
la dolomite, (Ca, Mg)CO3, contenuta nella dolomia, roccia presente in abbondanza nella
catena delle Dolomiti; queste erano un mare tropicale, con una barriera corallina formata da
CaCO3, carbonato di calcio o calcite. In seguito a movimenti delle placche questa si ritrovò
in condizioni di elevata temperatura e pressione in presenza di una soluzione contenente Mg;
il Mg in questione si inserì nel reticolo cristallino della calcite, sostituendo parzialmente il Ca
con cui ha volume e caratteristiche chimiche simili. Questo fenomeno è indicato con il nome
di vicarianza. Un altro minerale isomorfo è l’olivina, un silicato di ferro e magnesio, (Mg,
Fe)2SiO4; sono isomorfi del resto la maggior parte dei silicati.
Rocce
Le rocce sono miscugli solidi naturali di minerali; si tratta in genere di miscugli eterogenei,
sono estremamente rare le rocce monominerale, tra cui il marmo bianco di Carrara. Un esempio di
roccia è il granito, che si forma per lentissimo raffreddamento, nel corso di milioni di anni, del magma;
questo processo consente la formazione di cristalli di minerali riconoscibili a occhio nudo. È una
roccia magmatica, o ignea, ed è composto sempre da quarzo, feldspati (una classe di silicati, dal colore
generalmente rosato) e mica (nera, detta anche biotite, o bianca, detta anche muscovite), più,
eventualmente, minerali accessori.
La presenza di taluni minerali piuttosto che altri è dovuta al processo di formazione della roccia stessa.
Le rocce hanno una classificazione genetica, in base cioè appunto alla genesi; si distinguono tre
categorie di formazione.
– Processo magmatico, la cui durata è variabile; può essere più lento o più rapido a seconda del
tempo impiegato dal magma a raffreddarsi.
– Processo sedimentario, che dà origine alla maggior parte delle rocce che costituiscono la
porzione superficiale della crosta; ha luogo in facies molto diverse, che possono essere
acquatiche (mari, fiumi), continentali (deserto, vedi ad es. rose del deserto) o di transizione
(sorgenti, foci).
– Processo metamorfico; si verifica in condizioni di T e/o P estreme, particolarmente elevate,
dando origine ad esempio a marmo e dolomia.
Il modello per la classificazione delle rocce in base alla genesi venne proposto in forma semplificata
a inizio ’800 e affinato a partire da inizio ’900 grazie all’avanzamento delle tecnologie. Il ciclo
litogenetico nella sua forma semplificata contempla i seguenti passaggi.
– Rocce magmatiche. Si originano da un magma, una massa fusa di altre rocce, che risalendo si
raffredda. Questo raffreddamento può aver luogo all’interno della crosta, nel qual caso si
hanno rocce ignee intrusive dette olocristalline, con cristalli cioè visibili a occhio nudo, come
il granito, che spesso è il cuore di orogeni (ad es. il Monte Bianco), la diorite e il gabbro;
oppure all’esterno della crosta, a contatto con atmosfera e/o idrosfera, nel qual caso si hanno
rocce ignee effusive come pomici e ossidiane, dette vetri vulcanici. Occorre precisare che la
lava, la quale fuoriesce dai vulcani negli eventi eruttivi, è magma che ha perso tutta la sua
componente gassosa.
– Rocce sedimentarie. Gli agenti esogeni (vento pioggia cambiamenti termici ghiaccio)
provocano la demolizione delle rocce preesistenti; a questa frantumazione fisica e a volte
anche chimica segue il trasporto. I frammenti di rocce che raggiungono le facies sedimentarie
attraversano un processo di litificazione, dando origine alle rocce sedimentarie.
– Rocce metamorfiche. Rocce preesistenti di tipo sedimentario, sottoposte a elevate temperature
e pressioni nelle profondità della crosta, vanno incontro a un processo di ricristallizzazione,
cioè di trasformazione di minerali in altri minerali senza il passaggio dallo stato fuso, che
origina le rocce metamorfiche. Le venature presenti in tali rocce, ad esempio il marmo, non
sono altro che la visualizzazione di questo processo.
La crosta terrestre è formata per il 65% da rocce magmatiche, per il 27% da rocce metamorfiche e
per l’8% da rocce sedimentarie; queste ultime ricoprono però ben l’80% della superficie terrestre.
Rocce magmatiche
Le rocce magmatiche o ignee si formano attraverso il processo magmatico, in cui riveste
particolare importanza l’andamento della temperatura, parametro determinante. Il processo
magmatico coinvolge un magma, ossia una massa di minerali allo stato fuso, contenente in soluzione
anche sostanze allo stato aeriforme. Poiché esso è molto più caldo rispetto alle rocce circostanti, dette
rocce incassanti, il magma risale attraverso fenditure esistenti o se le crea frantumando appunto le
rocce incassanti. Questa risalita dura intere ere geologiche; nel corso di essa il magma va
raffreddandosi.
Se questo processo avviene tutto all’interno della crosta terrestre, i cristalli si formano nella
loro interezza man mano che vengono raggiunti i punti di solidificazione e si formano le celle
elementari dei vari minerali; si originano così le rocce ignee intrusive olocristalline, formate solo da
cristalli, come il granito, la diorite, il gabbro, la peridotite.
Le rocce effusive subiscono lo stesso processo nelle fasi iniziali, che durano comunque non
meno di milioni di anni; la differenza sta però nel fatto che, se il magma raggiunge la superficie
sfruttando un condotto già esistente o creandoselo, comincia a fuoriuscire perdendo così la sua
componente gassosa. Il raffreddamento dato dal contatto con l’atmosfera o l’idrosfera è molto rapido
e repentino; non sussistono cioè più le condizioni perché si formi un reticolo cristallino.
Se nelle fasi precedenti alla fuoriuscita dalla crosta terrestre avevano iniziato a formarsi cristalli, ma
questi erano rimasti molto piccoli di dimensioni, si originano così rocce ignee effusive
microcristalline; esempi sono la riolite, il corrispondente effusivo del granito, e la pietra pomice, la
cui struttura vacuolare le conferisce un peso molto ridotto.
Se i cristalli formatisi precedentemente alla fuoriuscita hanno raggiunto dimensioni visibili e si
trovano immersi in una pasta amorfa o microcristallina, si parla invece di rocce nesocristalline o
porfiriche; ne è appunto un esempio il porfido.
Se al contrario non fanno in tempo a formarsi cristalli prima della fuoriuscita, si originano rocce
amorfe o vetrose; ne sono esempi il basalto, costituente unico dei fondali oceanici, e l’ossidiana, la
cui peculiarità è di rompersi formando molto spigoli molto taglienti. Proprio a causa di ciò è stata
largamente impiegata dall’uomo in epoca antica per armi e altri manufatti; è presente in grande
quantità sulle Eolie, di origine vulcanica, e in particolare a Lipari, non a caso uno dei primi
insediamenti neolitici in Italia.
Rocce sedimentarie
Le rocce superficiali subiscono un lento ma continuo processo di disgregazione ad opera degli
agenti esogeni; questi non sono esclusivamente gli agenti meteorici o atmosferici, ma includono vento,
acqua selvaggia o incanalata; l’escursione termica, termoclastismo. In particolare, la temperatura può
avere un’azione indiretta su rocce contenenti acqua; essa passando allo stato solido a seguito di una
diminuzione della temperatura aumenta di volume. Quando ciò avviene l’acqua può frantumare la
roccia in cui è contenuta; si parla per indicare questo fenomeno di crioclastismo.
Gli agenti esogeni non solo frantumano le rocce, ma ne trasportano anche i frammenti; questi
si accumulano sotto forma di sedimenti, cioè di rocce incoerenti, nelle facies sedimentarie, dove
vanno incontro a litificazione. Il processo di litificazione più importante è la diagenesi, che si
compone di due fasi, compattazione e cementazione. La compattazione consiste nell’accumulo di
nuovi sedimenti che vanno compattandosi per effetto della forza di gravità; la cementazione avviene
in modo differente a seconda della facies in cui ha luogo. Le facies sedimentarie sono di tre tipi.
– Facies acquatiche. Rientrano in questa categoria i fondali oceanici, soprattutto quelli
prossimi alle coste, il letto e talvolta gli argini dei fiumi, il fondo dei laghi. In questi
ambienti la cementazione ha luogo come segue. I sali contenuti in soluzione, raggiunto il
punto di saturazione, precipitano e vanno a formare un cemento che tiene insieme i
sedimenti; danno così origine, tramite reazioni chimiche con i frammenti del sedimento,
e a una roccia coerente. Prodotti di questo processo sono l’arenaria e le argille.
– Facies continentali. Sono tali i deserti, rocciosi o sabbiosi, e le pietraie d’alta quota. In
esse la cementazione avviene attraverso processi chimici in determinate condizioni di
temperatura e pressione.
– Facies di transizione. Ne è un esempio la foce dei fiumi, dove avviene il deposito dei
sedimenti; questi possono andare incontro a un processo di litificazione al punto di
formare zone continentali, come è accaduto per la Pianura padana.
Esempi di rocce sedimentarie sono la calcite da cui si origina la dolomia, che invece è metamorfica,
alcuni calcari e il travertino; quest’ultimo è una roccia sedimentaria particolare, poiché non si forma
attraverso normale processo di diagenesi, ma attraverso processi chimici. Fa parte di una particolare
categoria, quella delle rocce chimiche o evaporitiche; queste si formano in facies sedimentarie in cui
avviene un rapido cambiamento di T e P, facies quindi di transizione come le sorgenti. L’acqua che
ne fuoriesce cambia rapidamente temperatura, che si abbassa (all’interno della crosta è più elevata
per via del gradiente geotermico), e pressione, che diminuisce a sua volta (all’interno della crosta è
maggiore per via del pacco di rocce che preme). Il carbonato di calcio, la calcite, costituente
fondamentale del travertino, è fortemente insolubile in condizioni normali; tuttavia in presenza di
CO2, a causa dell’acidificazione dell’acqua, si forma bicarbonato di calcio, solubile. Questo processo
è descritto dal seguente equilibrio chimico:
CaCO3s + H2Ol + CO2g ↔ CaCO3s + H2CO3aq ↔ Ca(HCO3)2
Quando un corso d’acqua carsico, cioè sotterraneo, arriva alla sorgente, l’equilibrio si sposta verso
sinistra, CO2 evapora, CaCO3 precipita formando rocce sedimentarie come appunto il travertino.
Questo è inoltre una roccia biogena, poiché la calcite di cui è composto ha origine biologica; le rocce
biogene hanno quindi questa classificazione in base non al processo di formazione ma all’origine dei
loro componenti. Esse presentano nella loro composizione calcite o silice; la calcite va a costruire le
barriere coralline, la silice viene utilizzata dalle diatomee per costruire strutture scheletriche.
Rocce metamorfiche
Le rocce metamorfiche si originano attraverso un processo detto metamorfismo; esso consiste
nella ricristallizzazione di una roccia allo stato solido, che si verifica grazie a variazioni di temperatura
e/o pressione. Gli atomi cioè, senza che la roccia coinvolta passi per lo stato liquido, si dispongono
nello spazio a formare nuovi reticoli cristallini e di conseguenza nuovi minerali. Il metamorfismo si
distingue in tre tipi: da contatto, quello delle rocce incassanti, in particolare per effetto della
temperatura; regionale, quello delle rocce sottoposte ad elevatissime pressioni nel corso di processi
tettonici e di sollevamento, processi cioè orogenetici; dinamico, quello delle rocce poste nelle faglie
trascorrenti. Sono un prodotto di metamorfismo regionale le rocce che formano le Alpi, serpentinite,
quarzo e dolomia. Le rocce metamorfiche si formano dunque in facies particolari, che corrispondono
a tre diversi luoghi: le zone intorno ai magmi che si stanno raffreddando, in cui sono localizzate le
rocce incassanti e in cui è prevalente l’azione della temperatura; i margini convergenti, in cui le rocce
vengono sottoposte ad elevatissime pressioni a causa delle interazioni fra forze opposte; e i margini
trascorrenti, in cui è sempre prevalente l’azione della pressione.
Le rocce metamorfiche presentano generalmente cristalli visibili a occhio nudo; non sono però
dette olocristalline. Un esempio è lo gneiss, in cui i cristalli sono così evidenti da formare sfere
allungate circondate da linee scure; si ha dunque lo gneiss occhiadino, che ricorda l’occhio bistrato.
Un altro esempio è il marmo, a sua volta con cristalli molto grandi, visibili soprattutto nel marmo
grezzo, che presenta l’aspetto di una zolletta di zucchero; si parla così di marmo saccaroide.
Un’altra caratteristica delle rocce metamorfiche è la presenza di piani di scistosità, piani di rottura
della roccia, più o meno sottili, lungo i quali essa si frantuma; sono la conseguenza della pressione
orientante che si ha durante il processo metamorfico. La formazione di cristalli avviene cioè su piani
perpendicolari alla pressione orientante; si formano piani di deposito visibili a occhio nudo, lungo i
quali avviene la frantumazione della roccia. A un grado di scistosità basso corrispondono piani molto
spessi, come per il marmo; a uno alto piani più sottili, formatisi in tempi più brevi, come per le
serpentiniti. Ha grado di scistosità medio l’ardesia, mentre è basso o intermedio quello degli scisti,
grande famiglia di rocce metamorfiche.
Ciclo litogenetico
Il modello concettuale del ciclo litogenetico è stato modificato in conseguenza delle scoperte
sulla distribuzione delle rocce ignee. Essa non è infatti omogenea né per le rocce intrusive, tra cui
prevale nettamente il granito, né per quelle estrusive, tra cui è preponderante il basalto. I basalti sono
rocce di tipo femico, ricche cioè di Fe e Mg, contenenti un’elevata percentuale di silicati; esse sono
anche dette rocce basiche, cioè con bassa percentuale di quarzo. I graniti sono invece rocce sialiche,
ricche di quarzo, con un’elevata percentuale di silicati; esse sono anche dette rocce acide.
Questo poneva interrogativi sull’eventuale esistenza di due tipi di magma; si è pervenuti così al
modello a due magmi, non più concettuale ma con una base sperimentale. Bowen infatti per la prima
volta simulò la formazione di rocce ignee in laboratorio, nei primi anni del ’900. Egli parlò di un
magma che per sua natura tende a non risalire e di un altro magma che invece ha maggiore tendenza
a farlo. Il primo è il magma secondario, che ha origine nella crosta terrestre e forma prevalentemente
graniti; presenta temperature attorno agli 800° C ed è anche detto magma freddo, acido, o anatessico,
dall’anatessi che è il processo di fusione di una roccia a livello naturale. Il secondo è il magma
primario, molto più profondo, che ha origine nell’astenosfera del mantello e quindi non partecipa in
modo convenzionale al ciclo litogenetico; si aggira intorno ai 1000° C. La maggiore o minore
tendenza a risalire è dovuta sia alla natura chimica del magma sia alla sua temperatura. Un’altra
scoperta legata al ciclo litogenetico fu quella che una piccola percentuale di rocce sedimentarie si
forma grazie a contributi esterni da parte dell’atmosfera. Si formano infatti rocce chimiche
sedimentarie all’interno dell’idrosfera grazie al contenuto dell’atmosfera che, secondo la legge di
Henry, passa in soluzione.
Il ciclo litogenetico subisce quindi due contributi esterni: il magma primario e la formazione di rocce
chimiche all’interno dell’idrosfera in ottemperanza alla legge di Henry.
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