See discussions, stats, and author profiles for this publication at: https://www.researchgate.net/publication/329017094 Simone Ticciati, 'Come una conchiglia all'orecchio'. Il vuoto del potere in Italia di Pier Paolo Pasolini, in "Maestra ironia. Saggi per Luca Curti", a cura di F. Nassi e A. Zollin... Chapter · November 2018 CITATIONS READS 0 44 1 author: Simone Ticciati Azienda Ospedaliero Universitaria Pisana 13 PUBLICATIONS 0 CITATIONS SEE PROFILE All content following this page was uploaded by Simone Ticciati on 16 December 2018. The user has requested enhancement of the downloaded file. MAESTR A IRONIA. SAGGI PER LUCA CURTI Il presente volume raccoglie ventidue scritti dedicati e offerti a Luca Curti da altrettanti allievi ed amici. La generosa e multiforme attività del docente e dello studioso ha informato la vasta gamma d’argomenti di tali contributi che spaziano dal medioevo dantesco e dall’Umanesimo agli studi su Carducci e sul Novecento; non mancano inoltre indagini sulla lingua e sulla didattica, nonché la sintesi di un progetto presentato nell’ambito del bando comunitario Horizon 2020. Francesca Nassi, nata a Pisa nel 1965, si è laureata con Luca Curti e sotto la guida di Curti ha conseguito un dottorato di ricerca in Letteratura italiana. Ha pubblicato fra l’altro il Carteggio D’Ancona-D’Ovidio, l’edizione critica dei Primi poemetti di Giovanni Pascoli e, sempre su Pascoli, la monografia Io vivo altrove. Lettura dei Primi poemetti. Si occupa di letteratura moderna e contemporanea. Vive a Bruxelles, è traduttrice e partecipa al centro di ricerca “Philixte” dell’Université Libre de Bruxelles. saggi per luca curti a cura di francesca nassi e antonio zollino NOVECENTO testi e critica Collana diretta da Antonio Zollino 1. Maurizio Pasquero, Un poeta americano sul lago di Como. Ezra Pound, Carlo Peroni e il «Broletto» (1937-1938), 2015. 2. Elisa Martínez Garrido, I romanzi di Elsa Morante: scrittura, poesia ed etica, 2016. testi e critica 3. Gabriele d’Annunzio e i segreti del Vittoriale, Atti del Convegno Cives Universi, 14 maggio 2015 Milano, a cura di Raffaella Canovi e Antonio Zollino, 2017. Collana diretta da Antonio Zollino 4. Maestra ironia. Saggi per Luca Curti, a cura di Francesca Nassi e Antonio Zollino, 2108. NOVECENTO 4 ISBN 9788889526101 9 788889 526101 AGORÀ & CO. [email protected] www.agoracommunication.com € 30,00 AGORÀ & CO. Antonio Zollino si è laureato con Luca Curti e attualmente insegna Letteratura italiana moderna all’Università Cattolica di Milano. Si è occupato di autori quali d’Annunzio, Montale, Gadda, Tozzi, Pascoli, Linati e Giudici. Ha pubblicato, fra l’altro: Il vate e l’ingegnere. D’Annunzio in Gadda (Pisa, ETS 1998 e 2010), La verità del sentimento. Saggio su Tre croci di Federigo Tozzi (Pisa, ETS 2005), I paradisi ambigui. Musica e tradizione nell’opera di Montale (Piombino, Il Foglio letterario 2008 e 2009), La bella sorte. Il personaggio d’Annunzio nella letteratura e nella vita culturale italiana (Lugano, Agorà & co. 2014). Dirige la Collana editoriale «Novecento. Testi e critica» per la Casa editrice Agorà & Co. di Lugano. MAESTRA IRONIA AGORÀ & CO. In copertina: Splendor solis. Un alchimista: Harley MS 3469, f. 4r. NOVECENTO testi e critica Collana diretta da Antonio Zollino 4. MAESTR A IRONIA saggi per luca curti a cura di francesca nassi e antonio zollino AGORÀ & CO. Laborem saepe Fortuna facilis sequitur © 2018 AGORÀ & CO. SRL Lugano E-mail: [email protected] www.agoracommunication.com proprietà artistica e letteraria riservata per tutti i paesi È vietata la traduzione, la memorizzazione elettronica, la riproduzione totale e parziale, con qualsiasi mezzo, compresa la fotocopia, anche ad uso interno o didattico ISBN 978-88-97461-10-1 ‘COME UNA CONCHIGLIA ALL’ORECCHIO’. IL VUOTO DEL POTERE IN ITALIA DI PIER PAOLO PASOLINI simone ticciati I. Nei primi anni Sessanta, a causa dell’inquinamento dell’aria, e, soprattutto, in campagna, a causa dell’inquinamento dell’acqua (gli azzurri fiumi e le rogge trasparenti) sono cominciate a scomparire le lucciole. Il fenomeno è stato fulmineo e folgorante. Dopo pochi anni le lucciole non c’erano più. (Sono ora un ricordo, abbastanza straziante, del passato: e un uomo anziano che abbia un tale ricordo, non può riconoscere nei nuovi giovani se stesso giovane, e dunque non può più avere i bei rimpianti di una volta.)1 Questo testo costituisce il nucleo dell’articolo di Pasolini, uscito sul «Corriere della Sera» il 1° febbraio 1975 col titolo Il vuoto del potere in Italia, poi ricompreso nella raccolta Scritti corsari col titolo L’articolo delle lucciole. È un nucleo ancora robustamente radioattivo, da un lato perché è uno dei suoi testi più citati e soprattutto più riconoscibili, non solo da parte di un pubblico di specialisti; dall’altro lato perché è tuttora considerato uno dei «luoghi assoluti dell’esperienza politica e poetica di Pasolini»2. Ragioni biografiche3 hanno trasformato Scritti corsari e Lettere luterane in opere testamentarie: e Pasolini è rimasto «nella memoria collettiva del pubblico soltanto con questa figura di strenuo interventista, di giornalista combattivo»4, come se un oscuro montatore avesse fatto proprie – deformandole – le indicazioni dell’autore sulla morte5. Così, nonostante in mol1 Pier Paolo Pasolini, Saggi sulla politica e sulla società, a c. di Walter Siti e Silvia De Laude, Milano, Mondadori 1999, p. 405. 2 Fulvio Abbate, C’era una volta Pier Paolo Pasolini, Roma, l’Unità 2005, p. 62. Si veda anche la lettura di Georges Didi-Huberman, Come le lucciole. Una politica delle sopravvivenze, Torino, Bollati Boringhieri 2010. 3 E del resto in Pasolini l’endiadi Leben und Werke è sempre stata particolarmente fruttuosa, sia per l’autore sia per i critici. 4 Rinaldo Rinaldi, Pier Paolo Pasolini, Milano, Mursia 1982, p. 366. 5 Pier Paolo Pasolini, Saggi sulla letteratura e sull’arte, a c. di Walter Siti e Silvia De Laude, Milano, Mondadori 1999, p. 1560. 201 simone ticciati ti si siano affrettati da subito a indicare la discendenza di questi interventi da una riproposizione attardata e personale di luoghi comuni sociologici, in particolare francofortesi6, il Pasolini ‘corsaro’ è visto come un parresiasta7 che ancora si aggira per la nostra polis «parlando in modo franco e schietto, sbottando senza troppi riguardi in faccia a chiunque tutto quel che ritiene essere vero. Senza riserbo né misura, esponendosi a un rischio mortale»8. Perciò le lucciole costituiscono una sorta di imbuto che – a seconda di come lo si guardi – filtra tutto il Pasolini precedente, ma è anche l’unico punto di osservazione attraverso il quale indagarlo. Inverando un aforisma di Karl Kraus, i contemporanei ne hanno avuto nausea, ma i posteri continuano a tenere Pasolini «come una conchiglia all’orecchio» per sentire i rumori dell’attualità, «la musica di un oceano di fango»9. Non era accaduto né col Carducci né col D’Annunzio. Il periodo della loro maggiore influenza non fu successivo alla loro morte. Ci fu un’Italia carducciana e una dannunziana prima del Nobel a Giosue e prima dell’impresa di Fiume. Invece, se non nel senso di una realtà sociologica assunta a motivo dell’opera 6 Alfonso Berardinelli, Prefazione a Pier Paolo Pasolini, Scritti corsari, Milano, Garzanti 1990, p. X. I testi della cosiddetta Scuola di Francoforte, cioè dei maggiori protagonisti dell’esperienza dell’Institut für Sozialforschung vengono pubblicati in Italia a partire dal 1957, ma il periodo della loro più intensa fortuna non solo editoriale è quello che va dal 1966 al 1969-70. Pasolini legge Adorno, probabilmente per la prima volta, nel 1959 su «Tempo presente» (cfr. Pasolini, Saggi sulla letteratura, cit., pp 27389; 2743-4). Dopodiché «non conobbe o non usò quegli strumenti» (Franco Fortini, Attraverso Pasolini, Torino, Einaudi 1993, p. 194), o quantomeno li conobbe in ritardo e superficialmente (ivi, p. 227. Cfr. anche Fabio Vighi, Pasolini con Adorno: fascismo rivisitato, «Italian Studies», n. LVI, 2001, p. 131n). Siti sottolinea la disinvoltura di Pasolini, che «parla di Eros e civiltà di Marcuse quando ne conosce soltanto un capitolo antologizzato da Fortini» e che generalmente, per quanto è dato vedere dai «pochi libri rimasti della biblioteca» si arresta nella lettura alle prime pagine o addirittura alle introduzioni (Pier Paolo Pasolini, Tutte le poesie, a c. e con uno scritto di Walter Siti, Milano, Mondadori 2003, t. II, pp. 1899-1900). Di Marcuse infatti Pasolini cita solo di sfuggita Eros e civiltà (Id., Saggi sulla politica, cit., pp. 1468 e 834) e un’intervista su «Paese sera», peraltro – a quanto è dato di capire – non letta direttamente (ivi, pp. 156-­8). 7 Michel Foucault, Discorso e verità nell’antica Grecia, Roma, Donzelli 1996. 8 Enrico Donaggio, Introduzione a La scuola di Francoforte. La storia e i testi, Torino, Einaudi 2005, pp. XI­-XII. 9 Karl Kraus, Detti e contraddetti, a c. di Roberto Calasso, Milano, Adelphi 1972, p. 200. 202 ‘come una conchiglia all’orecchio’ dello scrittore fino a un decennio prima della morte, non ci fu un’Italia pasoliniana precedente l’assassinio di Ostia ma dopo di quello10. Se è risaputo che Pasolini trae lo stimolo per i suoi interventi «da una base empirica limitata alla propria esperienza personale e occasionale»11, «da dettagli che venivano assolutizzati, sottolineati e ingranditi (il taglio dei capelli, uno slogan pubblicitario, la scomparsa delle lucciole)»12, qual è il luogo deputato a contenerne l’autorità e la conferma? Come Longhi «è uno storico dell’arte che per leggere, interpretare, studiare la pittura fa appello alla letteratura come se la letteratura fosse una scienza»13, così Pasolini affida alla letteratura il compito di corroborare la sua lettura della realtà. Nella nota introduttiva di Scritti corsari, infatti, egli chiede esplicitamente al lettore di correre con l’occhio dalla ‘serie’ di scritti primi (gli interventi) all’altra «più umile “serie” di scritti integrativi, corroboranti, documentari»14: questi scritti sono, con poche eccezioni15, recensioni16. A questo punto, dato che in nessun modo è possibile eliminare tutto il gravame che questo testo porta con sé, al quale ho brevemente accennato, – ma poiché, come ci ricorda Garboli (iuxta Longhi), «ogni fatto d’arte è in primo luogo un rapporto che s’iscrive dentro un sistema di relazioni stilistiche, una galassia in eterno movimento»17 – vorrei provare a darne una lettura diversa; o quantomeno a guardarlo da un’altra prospettiva. II. È già stato sottolineato che una delle caratteristiche degli interventi pubblici pasoliniani, fin dagli anni sessanta, è quella di «fingere (e magari credere a) una comunicazione dialogica ma giocare in realtà su un altro tavolo, producendo una parola monologante»18. Di questa caratteristica il nostro Fortini, Attraverso Pasolini, cit., p. 207. Berardinelli, Prefazione, cit., p. VIII. 12 Ivi, IX. 13 Cesare Garboli, Pianura proibita, Milano, Adelphi 2002, p. 13. 14 Pasolini, Saggi sulla politica, cit., p. 267. 15 Per l’editore Rusconi, Sviluppo e progresso, Il carcere e la fraternità nell’amore omosessuale, Il genocidio, Fascista, Colpo di testa del capro espiatorio e Frammento (ivi, pp. 432, 455-8, 481-6, 511-29). 16 Cfr. Fortini, Attraverso Pasolini, cit., p. 195. 17 Garboli, Pianura proibita, cit., p. 70. 18 Rinaldi, Pier Paolo Pasolini, cit., p. 370. 10 11 203 simone ticciati testo costituisce un referto: il dato di fatto della scomparsa delle lucciole – illustrato con tre semplici frasi («Nei primi anni Sessanta […] sono cominciate a scomparire le lucciole. Il fenomeno è stato fulmineo e folgorante. Dopo pochi anni le lucciole non c’erano più») – è ‘significato’ alla luce del ricordo personale che satura la pagina («Sono ora un ricordo, abbastanza straziante, del passato: e un uomo anziano che abbia un tale ricordo, non può riconoscere nei nuovi giovani se stesso giovane, e dunque non può più avere i bei rimpianti di una volta»). Il fuoco si sposta dalla scomparsa al ricordo delle lucciole. Precisamente qui Pasolini non parla più ai propri lettori o «in polemica con altri scrittori»19, ma a sé stesso. Speculare e perfettamente omogenea a questa negazione di ogni rapporto interlocutorio è la «patetica»20 richiesta di partecipazione del lettore: La ricostruzione di questo libro è affidata al lettore. È lui che deve rimettere insieme i frammenti di un’opera dispersa e incompleta. È lui che deve ricongiungere passi lontani che però si integrano. È lui che deve organizzare i momenti contraddittori ricercandone la sostanziale unitarietà. È lui che deve eliminare le eventuali incoerenze (ossia ricerche o ipotesi abbandonate). È lui che deve sostituire le ripetizioni con le eventuali varianti (o altrimenti accepire le ripetizioni come delle appassionate anafore)21. Pasolini postula, addirittura pretende un lettore specializzato, filologo, che integri le informazioni del testo. Fortini stigmatizza quella che ritiene essere una posa, una recitazione poco convincente: Sembra parlare da una solitudine, ma come chi è invece rivolto a tutti, mostrando ininterrottamente il proprio personaggio. Una solitudine tanto meno reale quanto più egli è lo scrittore e il regista famoso e discusso. Tutto quel che egli ha fatto, gli assicura un successo di pubblico e soprattutto una risonanza grande; ma, nello stesso tempo, beffardamente, introduce un effetto teatrale. Effetto di monologo tragicomico. Una voce clamante nel deserto non può usare un microfono22. In realtà gli anni settanta sono un periodo di crisi per lo scrittore: il rapporto col pubblico è pressoché interrotto, e Pasolini sperimenta il vuoto anche della critica. L’incessante ricodificazione tendenziosa del proprio Pasolini, Saggi sulla politica, cit., p. 405. Rinaldi, Pier Paolo Pasolini, cit., p. 381. 21 Pasolini, Saggi sulla politica, cit., p. 267. 22 Fortini, Attraverso Pasolini, cit., p. 199. 19 20 204 ‘come una conchiglia all’orecchio’ materiale poetico e biografico, condotta in forme via via sempre più estreme ed iconoclastiche, ha finito per ritorcersi contro l’autore, diventando uno degli strumenti di lettura dei suoi testi. La continuità è stata scambiata dal «lettore nuovo» per stilema. È molto spiacevole, sapete, per un autore, sentirsi sempre considerare come una «bestia da stile». E che tutto, per quel che lo riguarda, venga ridotto a pedina per comprendere la sua carriera stilistica. […] Anzi, ve lo dico in faccia: mi offende molto che tutto quello che faccio e dico venga ricondotto a spiegare il mio stile. È un modo di esorcizzarmi, e forse di darmi dello stupido: uno stupido nella vita, che è magari bravo nel suo lavoro. È quindi anche un modo per escludermi e di mettermi a tacere23. Diviso tra nostalgia della felice stagione creativa degli anni ’50 e sua abiura24, Pasolini tornerà disperatamente a scrivere «versi “civili”, come se ne scrivevano nel ’50»25, ma in condizioni radicalmente mutate26. Ora la poesia non garantisce più soluzioni. «Sono certo che Calderón è una delle mie più sicure riuscite formali. Il corso de Le ceneri di Gramsci e dei volumi di versi degli anni Cinquanta, ha ripreso qui, credo, a fluire con pienezza, dopo un lungo periodo di aridità (a cui la mia volontà non si è opposta)»27; ma tutto questo è pronunciato nel contesto di una autorecensione28, nell’atto cioè di affermare il fallimento. Il poeta è inascoltato, e non serve a mutare questa condizione il ricorso al rifacimento (non a caso in terzine dissestate)29 o all’autocitazione30 o al rovesciamento parodico31. Pasolini acquista coscienza, fin da Poesia in forma di rosa, dell’inutilità del poeta, della «mancanza di richiesta della poesia»32. E in Trasumanar e organizzar, oltre a ricorrere ai «rifacimenti» delle proprie poesie, il poeta si Pasolini, Saggi sulla letteratura, cit., pp. 1542-3. Id., Tutte le poesie, cit., t. I, p. 1174. 25 Id., Saggi sulla letteratura, cit., p. 1693. 26 Id., Tutte le poesie, cit., t. I, p. 1268. 27 Id., Saggi sulla letteratura, cit., p. 1932. 28 E si veda l’altra, famosissima, di Trasumanar e organizzar (ivi, pp. 2575-80), nonché il risvolto di copertina della raccolta, di mano dello stesso Pasolini (ivi, pp. 2603­-5). 29 Id., Tutte le poesie, cit., t. II, p. 1300. 30 Ivi, t. I, p. 1185. 31 Id., Teatro, a c. di Walter Siti e Silvia De Laude, Milano, Mondadori 2001, p. 763. 32 Id., Tutte le poesie, cit., t. I, p. 1157. 23 24 205 simone ticciati offre disperatamente («son qui pronto / a fornire poesie su ordinazione»33): «un nuovo tipo di buffone»34. Questa constatazione finisce per riverberarsi negativamente sul passato: lo sguardo retrospettivo riconsidera il passato alla luce del presente senza sbocchi, e gli anni ’50 non sono più oggetto di nostalgia. In Bestia da stile i Burocrati profetizzano a Jan­-Pasolini la vera natura del suo ruolo di intellettuale35. Oggi l’autore sa, ed è proprio questo sapere che incrudelisce lo sguardo autobiografico, deturpando irrimediabilmente l’immagine del passato. Il ritorno indietro, «all’origine di una smaniosa epopea», non ha più niente né di magico né di dolce, ma solo il sapore aspro del fallimento36. E del resto lo stesso Fortini lo riconosce: Quando il ’68 lo contestò, la sua persona ma anche buona parte della sua opera interessavano pochissimo i gruppi intellettuali che nel corso del quinquennio precedente avevano elaborato discorsi ideologici e politici nel periodo successivo largamente ascoltati o discussi37. L’atteggiamento degli intellettuali era diviso tra il fastidio e la fascinazione. Parise, che nello stesso periodo corsaro – dal gennaio 1974 al maggio 1975 – tenne sul «Corriere della Sera» una rubrica nella quale rispondeva ai lettori (alternandosi settimanalmente con Natalia Ginzburg), scriveva: È chiaro che quando uno scrittore, che dovrebbe teoricamente rivolgersi a tutti coloro che sanno leggere, usa il linguaggio oscuro del potere, è al potere che egli intende rivolgersi, in atto d’omaggio, cioè a coloro che egli crede o suppone parlino lo stesso linguaggio, non ai lettori del giornale su cui scrive. E questo purtroppo accade anche su giornali di grandissima tiratura, su giornali democratici, su giornali che dovrebbero (teoricamente) essere letti da tutti. Quando Pasolini scrive metonimico su giornali teoricamente leggibili da tutti, tutto è già chiaro di lui, della sua persona, del suo tipo di cultura, dei suoi fini. Non Ivi, t. II, p. 13. Ivi, pp. 57-71. 35 Id., Teatro, cit., p. 778. 36 Edi Liccioli, «Bestia da stile»: il mistero della poesia, «Antologia Vieusseux», n.s., a. I, n. 2, maggio­-agosto 1995, p. 50. 37 Fortini, Attraverso Pasolini, cit., p. 208. 33 34 206 ‘come una conchiglia all’orecchio’ occorre sapere altro. Egli è un intellettuale che non può, non vuole e non vorrà mai fare nulla per Renzo Tramaglino.38 Ma l’interlocutore più infastidito tra gli intellettuali italiani è Calvino. Già in una lettera del febbraio 1973, sottolineando i motivi del loro allontanamento, gli rimprovera i suoi interventi giornalistici: il tuo uso della parola s’è adeguato a comunicare traumaticamente una presenza come proiettandola su grandi schermi: un modo di rapido intervento sull’attualità che io ho scartato in partenza. […] l’essere presente per dire la tua sull’attualità secondo l’ottica dei giornali, col metro dell’attualità dei giornali e in presa diretta sull’«opinione pubblica», dà certo una grande sensazione di vita, ma è vita nel mondo degli effetti, non in quello delle lenti ragioni39. Anche Calvino tuttavia opterà per una risposta, certamente più meditata e ‘lenta’, ma sullo stesso mezzo. Nell’agosto 1975 infatti comincia la pubblicazione sul «Corriere della Sera» di alcuni dei pezzi che confluiranno in Palomar. In particolare nelle prime due uscite, rispettivamente del 1° e del 10 agosto, accanto a brani come La corsa delle giraffe e Le brave persone, Il fischio del merlo e I Lotofagi, troveranno posto due dei testi che comporranno la sezione Palomar in società: Del mordersi la lingua e Del prendersela con i giovani. Sono testi congegnati come strutturate risposte agli articoli di Pasolini e offrono un referto sicuro della posizione di Calvino40. III. La «scomparsa delle lucciole» è comunemente considerata, al pari di altre immagini altrettanto fortunate del Pasolini corsaro e luterano, una metafora. L’unico a non definirla tale è, curiosamente, proprio Pasolini, che pure Goffredo Parise, Verba volant. Profezie civili di un anticonformista, Firenze, Liberal Libri 1998, p. 219. Si tratta con ogni probabilità dell’«autointervista» Il sesso come metafora del potere, comparsa sul «Corriere della Sera» del 25 marzo 1975 e dedicata a Salò: «La figura principale (di carattere metonimico) è l’accumulazione (dei crimini): ma anche l’iperbole (vorrei giungere al limite della sopportabilità)» (Pier Paolo Pasolini, Per il cinema, a c. di Walter Siti e Franco Zabagli, Milano, Mondadori 2001, p. 2066). Pochi giorni dopo l’uscita dell’Articolo delle lucciole, Parise scrive un pezzo che di quello rappresenta un vero e proprio controcanto “conservatore” (Parise, Verba volant, cit., pp. 184-9). 39 Italo Calvino, Lettere 1940­-1985, a c. di Luca Baranelli, Milano, Mondadori 2000, pp. 1196-7. 40 Cfr. anche ivi, pp. 1180-1. 38 207 simone ticciati è un letterato aduso a maneggiare la terminologia retorica41: nella cornice del brano sottolinea infatti che quanto sta per dare è «una definizione di carattere poetico-­letterario». Qui la scomparsa delle lucciole è data come un fatto storico, reale (che sia fondato o meno), ma questa scomparsa è insieme conseguenza (l’inquinamento dell’aria e dell’acqua) e segnale di un altro fatto storico, reale, molto articolato, che potremmo riassumere con l’espressione «violenta omologazione dell’industrializzazione»42. Comunque la si voglia definire, Pasolini allude al fatto che questa immagine, stabilmente associata al ricordo («abbastanza straziante»), si colloca su un terreno che non è sociologico o politico ma tutto poetico e letterario. Credo che una fonte plausibile possa essere individuata per molteplici motivi in Karl Kraus. Ho osservato che le farfalle sono in via di estinzione. O forse le vedono soltanto i bambini? Quando avevo dieci anni, sui prati di Weidlingau ero in rapporto esclusivamente con ammiraglie. Posso dire che è stata la più fiera relazione della mia vita. Anche le Acherontia atropos, le pavonie, le pieridi coloravano la giovane vita. Vanessa Io, Vanessa cardui – Vanitas Vanitatum! Quando ritornai, qualche anno dopo, erano tutte scomparse43. Tutto porterebbe a ritenere l’incontro Pasolini-­Kraus impossibile e comunque non avvenuto: mai una volta infatti, nei saggi letterari e politici o nelle interviste, compare il nome dello scrittore viennese, e in quel che resta della biblioteca di Pasolini non c’è traccia del volume di Kraus.44 Ep- 41 Si vedano le già ricordate «appassionate anafore» (nonché lo stigmatizzato «metonimico»). Cfr. anche Piergiorgio Bellocchio, Prefazione, Pasolini, Saggi sulla politica e la società, cit. pp. XXXVI-­XXXVII. 42 Pasolini, Saggi sulla politica, cit., p. 407. Dobbiamo ad Auerbach una definizione diversa (che a Pasolini era ben presente), di «qualche cosa di reale, di storico, che rappresenta e annuncia qualche altra cosa, anch’essa reale e storica» (Erich Auerbach, Studi su Dante, Milano, Feltrinelli 1984, p. 190) ed è ovviamente figura (ivi, p. 239). 43 Kraus, Detti e contraddetti, cit., p. 178. A quanto mi consta, è una agnizione non esclusiva e soprattutto non egemonica, poiché il professor Francesco Iengo, secondo quanto mi ha segnalato un suo allievo, Mario Della Penna, è arrivato all’identico riconoscimento in un suo libro postumo (Francesco Iengo, Letteratura e giornalismo, Chieti, Troilo 2000. Cfr. anche Mario Della Penna, Dall’atomo al bit: come e perché di un mutamento socioculturale e filosofico, [s.l.e.], Lulu Press 2013, p. 87). 44 Debbo questa notizia alla cortesia di Graziella Chiarcossi, che qui ringrazio. Resta la possibilità che il volume di Kraus fosse tra i libri conservati a Chia, negli scaffali svuotati da ladri e vandali dopo la morte di Pasolini (cfr. La biblioteca di Pier Paolo Pasolini, a c. di Graziella Chiarcossi e Franco Zabagli, Firenze, Olschki 2017, pp. XIX e 201). 208 ‘come una conchiglia all’orecchio’ pure almeno il dubbio che questo incontro si sia dato e abbia prodotto risultati fecondi può essere ricavato da alcuni dati incontrovertibili. Basterebbero le corrispondenze delle singole espressioni (che assumono quasi la fisionomia del calco) a convincerci della discendenza del passo di Pasolini da quello di Kraus: Ho osservato che le farfalle sono in via di estinzione sono cominciate a scomparire le lucciole qualche anno dopo, erano tutte scomparse Dopo pochi anni le lucciole non c’erano più Intervengono tuttavia altri e più profondi elementi a corroborare questa ipotesi. Prima di tutto l’identico clima di nostalgia che pervade i due brani: l’oggetto di questo sentimento è indicato precisamente tanto in Kraus («Quando avevo dieci anni, sui prati di Weidlingau»)45 quanto in Pasolini («gli azzurri fiumi e le rogge trasparenti»). L’indeterminatezza qui è infatti soltanto apparente, in quanto il sostantivo rogge46 rimanda precisamente a un luogo, il Friuli, e quindi a un tempo, la gioventù. In entrambi questa nostalgia appare come temperata, nell’uno dall’ironia e dal senso di caducità (come interpretare altrimenti, nell’enumerazione delle specie, la preminenza accordata alla Acherontia atropos e la chiusura, tutta giocata sulle assonanze, affidata al Vanitas vanitatum?), nell’altro dalla impossibilità del rimpianto, «i bei rimpianti di una volta». In Kraus la scomparsa delle farfalle è dovuta al «trionfo della civiltà del giornale»47, in Pasolini la scomparsa delle lucciole alla «violenta omologazione dell’industrializzazione»48. Siamo, come si vede, in un medesimo campo semantico. La lettura di Kraus, sedimentatasi, riaffiora quando Pasolini si trova a combattere gli stessi ‘mali del secolo’: «condizionamento dei mass­media, sistema di corruzione praticamente illimitato, effetti nefasti del progresso»49. Aggiungo un ulteriore elemento a favore della mia ipotesi. Dal 26 novembre 1972 al 24 gennaio 1975 (che è poi lo stesso periodo non solo ‘corA Weidlingau, nei pressi di Vienna, c’era la dimora di campagna della famiglia Kraus. Cfr. anche «Le foglie dei sambuchi, che sulle rogge / sbucano dai caldi e tondi rami, / tra le reti sanguigne, tra le logge // giallognole e ranciate dei friulani / venchi, allineati in spoglie prospettive / contro gli spogli crinali montani, // o in dolci curve lungo le festive / chine delle prodaie...»: Pier Paolo Pasolini, Le ceneri di Gramsci, Quadri friulani, vv. 22-­29 (Id., Tutte le poesie, cit., t. I, p. 808). 47 Kraus, Detti e contraddetti, cit., p. 178. 48 Pasolini, Saggi sulla politica, cit., p. 407. 49 Paola Sorge, Prefazione a Karl Kraus, Aforismi, Firenze, Vallecchi 1992, p. V. 45 46 209 simone ticciati saro’ ma della seconda serie: il materiale viene quasi tutto da lì) Pasolini tiene sul settimanale «Tempo» una rubrica letteraria, raccolta poi nel libro «semipostumo» Descrizioni di descrizioni50. L’attività critica di Pasolini data ormai dagli anni Quaranta, ed è ragionevole supporre che egli riceva spesso dalle case editrici i libri appena usciti nella speranza di una recensione.51 Si giustificherebbero così le recensioni a volumi appartenenti a numeri sequenziali di collana: la serie A. Giuliani, Chi l’avrebbe detto – Giovani poeti sudamericani a cura di G. Menarini – P. Verlaine, Feste galanti – M. De Andrade, Io sono trecento (recensiti il 7 ottobre 1973), corrispondenti rispettivamente ai numeri 101, 102, 106 e 107 della collana «Collezione di poesia» di Einaudi; e soprattutto quella M. Schwob, Vite immaginarie – Anonimo russo, La via di un pellegrino – Il libro di Giobbe – A. Strindberg, Inferno (recensiti il 14 gennaio, l’11 febbraio, il 15 aprile e il 27 maggio 1973), corrispondenti ai numeri 39, 40, 41 e 42 della collana “Biblioteca” di Adelphi.52 In questa collana, nello stesso anno (1972) e con il numero 38, era uscito il volume di Kraus Detti e contraddetti, curato da Roberto Calasso. Per inciso ricordo che Inferno di Strindberg fa parte dell’elenco di libri presente negli appunti preparatori di Petrolio, ed è uno dei libri contenuti nella valigia del giovane intellettuale rubata sul treno Torino­-Catania e ritrovata a Porta Portese (rispettivamente Appunto 6 sexies La valigia col verbale e Appunto 19A Ritrovamento a Porta Portese)53: e Fortini giustamente sottolinea che «le recensioni di Descrizioni di descrizioni, somma di tutte le qualità intellettuali del loro autore, sono la più attendibile ‘fonte’ di Petrolio»54. Ma, infine, a dimostrare che la lettura c’è stata e non è rimasta senza conseguenze, ci sono ulteriori raffronti testuali. In certi casi si può certamente opinare che si tratti di semplici coincidenze, di un comune sentire, di una matrice culturale storicamente ben definita le cui scorie dai primi del Novecento arrivano a Pasolini per rivoli francofortesi. Pasolini, Saggi sulla letteratura, cit., pp. 1685-2224 e 2979. «Molti di questi libri sono pervenuti come di consueto a Pasolini direttamente dagli editori»: La biblioteca di Pier Paolo Pasolini, cit., p. 109 (ma si veda anche p. 35). Per quanto riguarda le collane, nel volume sono citate «Poeti e prosatori di Roma» della Zanichelli e le strenne Utet (ivi, pp. 229, 241). 52 Pasolini, Saggi sulla letteratura, cit., pp 1904-5, 1722-3, 1731-6, 1772, 1801-7. 53 Id., Romanzi e racconti, Volume secondo, 1962-1975, a c. di Walter Siti e Silvia De Laude, Milano, Mondadori 1998, pp. 1213-4 e 1263-4. 54 Fortini, Attraverso Pasolini, cit., pp. 245-6. 50 51 210 ‘come una conchiglia all’orecchio’ La separazione dalla fonte naturale, che produce la macchina, la repressione del vivere per mezzo del leggere e l’assorbimento di ogni possibilità dell’arte nello spirito pratico compiranno la loro opera con sbalorditiva rapidità. Solo in questo senso sarebbe da intendere l’irruzione di una nuova èra glaciale. Nel frattempo la politica sociale affronti pure i propri piccoli compiti; lasciamola pure trafficare con l’educazione popolare e altri surrogati e oppiacei del genere. Passatempi prima della rovina. Le cose evolvono in un modo di cui non si trova esempio in epoche storicamente documentate. Chi non percepisce questo in ogni fibra può tranquillamente continuare con la comoda divisione in antichità, medioevo e età moderna. A un tratto ci si accorgerà che non si va oltre. Perché l’età modernissima ha cominciato col produrre nuove macchine per far andare una vecchia etica. Negli ultimi trent’anni sono successe più cose di quante prima succedessero in trecento. E un giorno si vedrà che l’umanità si è sacrificata alle grandi opere che essa stessa ha creato per facilitarsi la vita55. O ancora: I popoli che ancora adorano i feticci non cadranno mai così in basso da supporre che la merce abbia un’anima56. Né del resto un accenno così esile come il seguente Un ascensore si chiama Paternoster. Betlehem è un posto in America dove si trova la più grande fabbrica di munizioni57 può ricondurre da solo all’articolo sui jeans Jesus58. Mi riesce difficile invece archiviare come semplici coincidenze i passi seguenti: No, non c’è contraddizione fra la mia lode e il mio biasimo della stessa situazione. Fra la mia lode di un progresso che ha reso liscia la vita esteriore e il mio biasimo di una civiltà che si è volatizzata proprio a causa di questa liscezza. Non è una contraddizione ma una ripetizione59. Kraus, Detti e contraddetti, cit., p. 106. Ivi, p. 327. 57 Ivi, p. 317. 58 Pasolini, Saggi sulla politica, cit., pp. 278-83. 59 Kraus, Detti e contraddetti, cit., p. 328. 55 56 211 simone ticciati Non sempre è il caso di fare nomi. Non che qualcuno abbia fatto qualcosa deve essere detto, ma che è stato possibile fare quella cosa60. Quanto meno so, tanto più indovino. Non ho studiato sociologia e non so che il capitalismo ha colpa di tutto. Non ho studiato l’evoluzione cristiana delle cose ebraiche e non so come sono andate le cose. Ma leggo i fatti di cronaca e so che cosa sarà. Da un digrignare di denti, da un gesto, da un brandello di conversazione, da un trafiletto io mi completo l’immagine dell’inevitabile pogrom degli ideali da parte degli Ebrei61. Ho paura dei corpi che mi appaiono62. La bruttezza del presente ha valore retroattivo63. La lettura di Kraus si è in qualche modo sedimentata e ha dato frutti ben oltre la stagione corsara. Del resto la stessa figura storica di Kraus, autore borghese anti­-borghese per eccellenza, si presterebbe a suggestivi confronti: «giudice inesorabile della sua epoca»64, dal podio delle sue 700 letture pubbliche e dei 900 numeri della rivista «Die Fackel», Kraus «demoliva […] un’intera città, la mitica Vienna della prima metà del secolo, con i suoi valzer, i suoi caffè, le ridondanti decorazioni jugendstil; grattava via la vernice lucente di quel quadro festoso che era la società del tempo rivelandone l’ipocrisia».65 Ma una sovrapposizione tout court delle due vicende, assolutamente inassimilabili, appare una forzatura oltraggiosa per le Ivi, p. 147. Ivi, p. 258. Il riferimento per questo e il precedente passo è ovviamente a Il romanzo delle stragi (Pasolini, Saggi sulla politica, cit., pp. 362-­7): «Io so perché sono un intellettuale, uno scrittore, che cerca di seguire tutto ciò che succede, di conoscere tutto ciò che se ne scrive, di immaginare tutto ciò che non si sa o che si tace; che coordina fatti anche lontani, che mette insieme i pezzi disorganizzati e frammentari di un intero coerente quadro politico, che ristabilisce la logica là dove sembrano regnare l’arbitrarietà, la follia e il mistero». 62 Kraus, Detti e contraddetti, cit., p. 200. Cfr. Pasolini, Saggi sulla politica, cit., pp. 600-1 (e si veda anche pp. 260-4). 63 Kraus, Detti e contraddetti, cit., p. 212. «Il presente degenerante era compensato sia dalla oggettiva sopravvivenza del passato che, di conseguenza, dalla possibilità di rievocarlo. Ma oggi la degenerazione dei corpi e dei sessi ha assunto valore retroattivo» (Pasolini, Saggi sulla politica, cit., p. 601). 64 Sorge, Prefazione, cit., p. VII. 65 Ivi, p. VI. È stata persuasivamente dimostrata la presenza nell’opera – anche cinematografica – pasoliniana della costante stilistica espressionista (Walter Siti, Il sole vero e il sole della pellicola, o sull’espressionismo di Pasolini, «Rivista di letteratura italiana», n. 1, 1989, pp. 97­-131); e del resto Pasolini aveva una conoscenza tutt’altro che banale 60 61 212 ‘come una conchiglia all’orecchio’ intelligenze di entrambi. E soprattutto non si può fare a meno di notare il paradosso costituito dal fatto che Pasolini utilizza proprio il mezzo giornalistico, per eccellenza potente, caduco e compromesso, per la sua ‘guerra di corsa’ senza speranza. A sancire la distanza del Pasolini ‘corsaro’ che scrive sul più diffuso quotidiano nazionale, è sufficiente ricordare l’atteggiamento di Kraus nei confronti della stampa e del suo effetto nocivo sull’esperienza66. Eppure, nonostante le contraddizioni e le illusioni67, nonostante l’espulsione delle farfalle dalla pagina68, Pasolini è riuscito a riempire stabilmente il vuoto prodotto da questa assenza con un’immagine che ancora non ci abbandona. Io non faccio che esprimermi secondo il capriccio dell’ambiente, è la sua fiumana e ressa di nomi e maniere, voci e facce, apparizioni e ricordi, citazioni e manifesti, giornali e voci, detriti e casi che mi dà casualmente il segnale d’attacco e ogni lettera può diventare una fatalità. Perciò la mia opera non è mai finita e mi dà fastidio una volta che è finita. Prima di diventare immutabile nascondeva i suoi difetti e da quando è immutabile li svela. Le sue mancanze e ciò che le manca. Si aprono le ferite quando compare colui che le ha inferte. Ai giorni del piacere erano seguiti i giorni dell’angoscia, perché ciò che era stato facile a scriversi deve essere difficile a correggersi; così difficile che la pubblicazione diventava un indicibile sacrificio. Oramai che è successo, seguono i giorni della contrizione. Una macchina mi è passata sulla testa; avrei potuto sfuggirle. Chi vive della lettera, della lettera può anche morire, una svista o l’intelletto di un proto se lo portano via. Ma che cos’è questa morte, di cui ci si consola pensando all’imperfezione delle istituzioni umane, che cos’è un incidente del mestiere di fronte al dolore dei pensieri postumi? Lì tolse il caso ciò che il caso aveva dato; qui osò occultarmi qualcosa. Qui ogni momento corre con notizie di sciagura da tutte le parti del mondo delle parole verso l’immutabile. Sono correzioni intermedie, la cui sofferenza si trasformerà in piacere soltanto con la prossima opera, o si quieterà consolandosi nel pensare che la natura umana è quasi altrettanto imperfetta quanto una istituzione umana. Perché si trattava di slegare il caos e di abbracciare il movimento del suo contenuto in modo tale da fissarlo dell’espressionismo storico (Simone Ticciati, L’errore di Picasso, «Paragone», n. 33-­34­-35 [612-­614­-616], febbraio­-giugno 2001, pp. 56­-86). 66 Cfr. Walter Benjamin, Angelus Novus. Saggi e frammenti, Torino, Einaudi 1962, pp. 90-1 (ora in Scritti 1938-1940, Torino, Einaudi 2006, p. 381). 67 «Pasolini si è illuso di giocare con i politici come con la macchina dell’industria culturale. Credeva, come certi autori del nostro Cinquecento, di non aver difficoltà che la scrittura non valesse a rimuovere» (Fortini, Attraverso Pasolini, cit., p. 204). 68 Kraus, Detti e contraddetti, cit., p. 178. 213 simone ticciati mentre si muove. Ma dove sarebbe la fine sulla via del definitivo? Una volta che la parola è entrata in rapporti col mondo, infinita è la fine. La parola, venuta al mondo, crea nuovi mondi, e da allora la materia non cesserà più di offrirsi, di corteggiare per essere udita69. 69 Ivi, pp. 255-6. 214 INDICE Prefazione Beatrice e Platone tra mythos e logos: appunti in margine a Par. IV Beatrice Stasi VII 1 Schede e divagazioni per l’Inamoramento de Orlando Andrea Canova 13 «El nostro cuoco si chiama Margutto». La cucina infernale in un poemetto dimenticato del primo Cinquecento Angelo Colombo 23 I Capriccia Macaronica di Cesare Orsini, alias Magister Stopinus poeta ponzanese Gianpaolo Carabelli 35 Manzoni e il doppio imperativo Alfredo Stussi 45 Carducci ad Arquà Alberto Brambilla 55 Le prefazioni di Carducci ai Poeti erotici e ai Lirici del Settecento Chiara Tognarelli 65 Gadda e Carducci Antonio Zollino 77 Inferiorità di Italo Svevo: un contributo per la datazione Francesca Nassi 87 Alfonsi Nitti, alias Georges Ohnet Vinicio Pacca 99 Bisanzio oltre Bisanzio: incontri moderni con l’Oriente. Anticipazioni di un progetto di ricerca Roberta Ricci 107 indice Lo scrittore e il mal di denti. Elementi schopenhaueriani nelle Novelle per un anno Marina Polacco 121 Nuove voci di Nuova Enciclopedia Paola Italia 137 I cavalli di San Lorenzo e la bicicletta: la Resistenza ‘dalla parte di lei’ di Alba de Céspedes Annalisa Andreoni 155 Elsa Morante e Amelia Rosselli: la poesia, il mondo, la morte. Elena Fumi 167 Sul rapporto Emma Perodi - Elsa Morante. Una Prospettiva Preliminare Elisa Martínez Garrido 183 Osservazioni su Praga magica, libro-specchio di Angelo Maria Ripellino Giuseppe Traina 191 ‘Come una conchiglia all’orecchio’. Il vuoto del potere in Italia di Pier Paolo Pasolini Simone Ticciati 201 Retablo di Vincenzo Consolo: modelli ed echi Paola Polito 215 Tentativi di avvicinamento a Il figlio di Bakunìn (1991) di Sergio Atzeni (1952-1995) Luciano Curreri 227 Tra conoscenza e competenza. Una fotografia dei licei pisani nell’anno scolastico 2011-2012 Carola Farci 241 Cuculi, usignoli e… maestra ironia Aldo Pecoraro 261 Indice dei nomi 275 288 MAESTR A IRONIA. SAGGI PER LUCA CURTI Il presente volume raccoglie ventidue scritti dedicati e offerti a Luca Curti da altrettanti allievi ed amici. La generosa e multiforme attività del docente e dello studioso ha informato la vasta gamma d’argomenti di tali contributi che spaziano dal medioevo dantesco e dall’Umanesimo agli studi su Carducci e sul Novecento; non mancano inoltre indagini sulla lingua e sulla didattica, nonché la sintesi di un progetto presentato nell’ambito del bando comunitario Horizon 2020. Francesca Nassi, nata a Pisa nel 1965, si è laureata con Luca Curti e sotto la guida di Curti ha conseguito un dottorato di ricerca in Letteratura italiana. Ha pubblicato fra l’altro il Carteggio D’Ancona-D’Ovidio, l’edizione critica dei Primi poemetti di Giovanni Pascoli e, sempre su Pascoli, la monografia Io vivo altrove. Lettura dei Primi poemetti. Si occupa di letteratura moderna e contemporanea. Vive a Bruxelles, è traduttrice e partecipa al centro di ricerca “Philixte” dell’Université Libre de Bruxelles. View publication stats saggi per luca curti a cura di francesca nassi e antonio zollino NOVECENTO testi e critica Collana diretta da Antonio Zollino 1. Maurizio Pasquero, Un poeta americano sul lago di Como. Ezra Pound, Carlo Peroni e il «Broletto» (1937-1938), 2015. 2. Elisa Martínez Garrido, I romanzi di Elsa Morante: scrittura, poesia ed etica, 2016. testi e critica 3. Gabriele d’Annunzio e i segreti del Vittoriale, Atti del Convegno Cives Universi, 14 maggio 2015 Milano, a cura di Raffaella Canovi e Antonio Zollino, 2017. Collana diretta da Antonio Zollino 4. Maestra ironia. Saggi per Luca Curti, a cura di Francesca Nassi e Antonio Zollino, 2108. NOVECENTO 4 ISBN 9788889526101 9 788889 526101 AGORÀ & CO. [email protected] www.agoracommunication.com € 30,00 AGORÀ & CO. Antonio Zollino si è laureato con Luca Curti e attualmente insegna Letteratura italiana moderna all’Università Cattolica di Milano. Si è occupato di autori quali d’Annunzio, Montale, Gadda, Tozzi, Pascoli, Linati e Giudici. Ha pubblicato, fra l’altro: Il vate e l’ingegnere. D’Annunzio in Gadda (Pisa, ETS 1998 e 2010), La verità del sentimento. Saggio su Tre croci di Federigo Tozzi (Pisa, ETS 2005), I paradisi ambigui. Musica e tradizione nell’opera di Montale (Piombino, Il Foglio letterario 2008 e 2009), La bella sorte. Il personaggio d’Annunzio nella letteratura e nella vita culturale italiana (Lugano, Agorà & co. 2014). Dirige la Collana editoriale «Novecento. Testi e critica» per la Casa editrice Agorà & Co. di Lugano. MAESTRA IRONIA AGORÀ & CO. In copertina: Splendor solis. Un alchimista: Harley MS 3469, f. 4r.