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“Le glorie del Rosario” di padre Gabriele Roschini | Radio Spada

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“Le glorie del Rosario” di
padre Gabriele Roschini
8 Ottobre 2019
Padre Gabriele Roschini (1900-1977), sacerdote
dell’Ordine dei Servi di Maria, fu uno dei maggiori
mariologi del secolo XX. Tenuto in gran conto da Pio
XII, fu Consultore del Sant’Offizio e della
Congregazione dei Riti. Attivissimo nella
proclamazione dommatica della Assunzione, fu
ferventissimo sostenitore delle verità mariane della
Mediazione e Corredenzione e della loro definizione
dogmatica al Vaticano II. Il progetto fu affossato dai
modernisti: secondo l’espressione del padre Congar
(poi Cardinale wojtyliano) bisognava porre fine alla
febbre mariana! Produsse all’incirca 900 opere, tutte
caratterizzate da un impianto concisamente tomista,
fra le quali hanno particolare rilievo la Mariologia in 4
volumi (1948)e il Dizionario di Mariologia (1961). Tra il
1946 al 1947 tenne per la Radio Vaticana una serie di
dotte e al tempo stesso piacevoli Conferenze
Mariane, donde è tratto anche il testo che oggi
proponiamo ai lettori. Buona Lettura!
È sintomatico ciò che si racconta del celebre letterato
incredulo Giovanni Bovio. Un giorno vide fra le mani della
sua vecchia madre un Rosario. Con accento pieno di
stizza e di disprezzo, “Getta via – le disse – quel rudere
superstizioso che hai continuamente fra le mani!”. E così
dicendo, con gesto giacobini, le strappò dalle scarne
mani il Rosario e lo ridusse in frantumi. La vecchia madre
lo fissò sospirando; abbassò gli occhi e poi si chiuse nel
cupo silenzio del dolore. Ma da quel giorno in poi la
vecchietta non stette più bene. Fu notato che deperiva
ogni giorno più, fino a raggiungere uno sfinimento
mortale. Il figlio impressionato, le chiese: “Ma che cosa
hai, mamma?”. Ed ella: “Mi hai strappato via dalle mani il
Rosario e non hai saputo darmi nulla che potesse
sostituirlo nel mio continuo sollievo che esso arrecava al
mio spirito fra le tante tribolazioni della vita”. Il figlio, che
non era poi uno stupido, comprese. Restituì
all’agonizzante genitrice l’oggetto prezioso e la vide
rifiorire.
In questa vecchia e tribolata donna non è difficile
ravvisare l’umanità. Figli snaturati, travolti dall’incredulità
e dall’empietà, han cercato e cercavano di toglierle di
mano il Rosario, ossia, la fede viva in quei grandiosi
misteri di gaudio, di dolore e di gloria meditati nel S.
Rosario. E per riuscire nel loro bieco intento si son serviti
di ogni mezzo: dall’irrisione e dal sarcasmo alla violenza
cieca e brutale. Le conseguenze? L’umanità si è vista in
preda a parossismi inauditi e spaventosi, a lunghe e
dolorose agonie, ed è giunta fino alla soglia della morte.
Volete che si riabbia, che rifiorisca? Mettetele
nuovamente in mano il Rosario, fonte inesausta ed
inesauribile di vita, perché fonte inesausta ed inesauribile
di fede, di speranza, di amore, di ogni bene, di ogni
grazia.
Come la rosa è la regina dei fiori, così il Rosario, che da
essa si denomina, è la regina di tutte le devozioni. Lo è
per più titoli. Il Rosario infatti è la devozione più cara al
cuore della Vergine. Ce lo assicura uno dei più grandi
santi mariani, S. Alfonso M. de Liguori: “Tra gli omaggi
che rendiamo alla Santa Vergine, non ne conosco alcuno
che più le piaccia, della recita del Rosario”. Il Rosario,
inoltre, è la più perfetta forma di preghiera che si
conosca, poiché unisce in se stessa i pregi dell’orazione
vocale (con la recita dell’Ave Maria, dei Pater noster e dei
Gloria Patri) e quelli dell’orazione mentale (con la
meditazione dei 15 misteri, i principali misteri della vita,
passione e morte di Cristo, ai quali fu sempre unita
intimamente Maria).
L’eccellenza delle preghiere vocali che compongono il
Rosario è evidente. Si può forse immaginare preghiera più
bella, più perfetta del Pater noster, la preghiera composta
e insegnataci da Gesù Cristo? Si può forse immaginare
una preghiera più soave dell’Ave Maria, una preghiera
composta da tre Santi: S. Gabriele, S. Elisabetta e la S.
Chiesa? Si può forse immaginare un inno più breve e più
bello alla SS. Trinità, fonte primaria d’ogni bene, di quello
è chiamato Gloria Patri?
Né meno eccellente è la preghiera mentale, costituente,
con i 15 misteri del Rosario, una vera sintesi sia del
dogma che della morale cristiana. Sintesi del dogma
perché in essi sono ricordati i principali fatti della vita di
Cristo ai quali è così intimamente e indissolubilmente
legata Maria, fatti che sono l’oggetto della nostra fede e
che servono mirabilmente a ritemprarla e a rinvigorirla.
Sintesi della morale cristiana, poiché questi 15 misteri
contengono in se stessi gli atti di tutte le virtù cristiane di
modo che costituiscono come altrettante lezioni pratiche,
persuasive che trascinano, con la forza dell’esempio,
sulla via del bene. Non senza ragione il Rosario è stato
chiamato “l’anno liturgico in miniatura”, “la sintesi di tutto
il Vangelo”, sintesi del dogma e della morale, e perciò
norma infallibile di pensiero e di vita. Mettere nelle mani
dei fedeli il Rosario, equivale a mettere nelle loro mani la
sintesi stessa del Vangelo. Essa – al dire del Monsabré –
“è la più grande forza che Iddio abbia posto al servizio
della pietà cristiana, dopo il Santo Sacrificio della Messa”.
Per questa la leggenda, la quale – è bene ricordarlo –
fiorisce sempre ai margini della storia, vi ha intessuto
sopra tanti delicati ricami, l’ha circondato di tante
iridescenza divine e l’ha impregnato di celesti fragranze.
Per questo noi lo troviamo nelle mani di tutti gli uomini
veramente grandi. Lo troviamo nelle mani gagliarde dei
guerrieri. Con questa spada infatti Giacomo I di Aragona,
Ferdinando III di Castiglia, Alfonso X e Giovanni XI
riportarono sopra i Mori strepitose vittorie. Filippo II di
Spagna, in memoria dei prodigi ottenuti, consacrava
solennemente l’intero suo regno a Maria, e rivolgeva al
figlio quelle parole rimaste celebri nella storia: “Se vuoi
ben governare e difendere i tuoi Stati, sii fedele al
Rosario. In hoc signo vinces!“.
Al Rosario i Veneziani attribuirono la celebre vittoria di
Lepanto contro le trecento formidabili galere turche, di
modo che la Repubblica di Venezia, scriveva: “Non virtus,
non arma, non duces; sed Maria Rosarii victores nos
fecit” . “Non la forza, non le armi, non il talenti dei
capitani, ma la Madonna del Rosario ci ha resi vincitori”. E
tuttora nel Palazzo Ducale di Venezia si possono leggere
queste parole scritte sotto le grandiose tele che
rappresentano i punti più salienti della battaglia di
Lepanto.
Al Rosario, Giovanni Sobieski, più che ai suoi
venticinquemila soldati improvvisati coi quali aveva
recitato prima della battaglia la devota preghiera, attribuì
la vittoria di Vienna, contro i duecentocinquantamila
Turchi, e più avventurato di Cesare scrisse: “Venni, vidi, la
Madonna del Rosario ha vinto!”.
Col Rosario in mano e con altrettante torce accese Luigi
XIII condusse i suoi soldati all’assalto della piazzaforte
della Rochelle, tra i sogghigni beffardi dei Calvinisti, i
quali esclamavano: “Guardate i bigotti della Madonna! ….
Oh! le Ave Maria dei loro Rosari non faranno certo cadere
le mura della nostra fortezza!”. Ma le Ave Maria di quei
Rosari rasero al suolo la fortezza e i tracotanti vennero
tratti a migliaia sulla forca o in fondo alla Bastiglia.
La Madonna del Rosario si identifica con la Madonna
delle Vittorie. Dire Rosario è dire Vittoria.
Lo vediamo dunque, il Rosario tra le auguste mani dei re,
dei principi e dei nobili. Leopoldo I lo recitava ogni giorno.
Amedeo Conte di Savoia, l’anno 1366 istituiva l’Ordine dei
Cavalieri di Maria (che da tre secoli ha preso il nome
dell’Annunziata) legati col nodo d’amore e dal famoso
moto f.e.r.t. (forse fraternitas equestris Rosarium
tenentium). I cavalieri erano 15, in memoria dei 15 misteri
del Rosario, del quale ciascuno si obbligava a recitare una
posta. Il nodo d’amore era costituito da 15 collari
d’argento, che i cavalieri cingevano, qual simbolo del
Rosario, vero nodo d’amore che li legava perennemente a
Maria. Emanuele Filiberto, nel 1570, aggiunse ai Cavalieri
il Sovrano, chiamato allora Supremo Maestro, e il Principe
Ereditario.
Lo troviamo, il Rosario, tra le mani dei capi di Stato. Così
Daniel O’ Connel, l’eloquente ed eroico vindice della
libertà irlandese, si preparava ai suoi meravigliosi discorsi
in favore della sua cattolica Irlanda recitando liberamente
nel Parlamento Inglese il Rosario. I comizi da lui
organizzati dovunque per la libertà della fede Romana, li
iniziava sempre con la recita in comune del Rosario.
Anche Garcia Moreno, l’eroico presidente dell’Equatore,
si mostrò sempre attaccatissimo al Rosario.
Lo vediamo il Rosario, tra le mani degli scienziati e dei
letterati. Rosmini, Manzoni, Bonghi si riunivano non di
rado a bella posta per recitare insieme il Rosario.
Alessandro Volta – a cui dobbiamo le meraviglie
dell’elettricità – non solo lo recitava divotamente ogni
giorno, ma lo faceva recitare ai suoi coloni e all’intera
popolazione del suo paese in chiesa, ogni domenica.
Augusto Conti l’aveva carissimo, lo recitava ogni giorno e
vi scrisse sopra uno dei suoi libri più belli.
Lo vediamo, il Rosario, tra le mani degli artisti. Mozart,
dopo il trionfale successo delle sue prime sinfonie, recita
in ringraziamento il Rosario, da lui promesso alla
Madonna. Anche Haydin si ispira al Rosario. “Quando la
mia composizione – scriveva – non vuol continuare, mi
metto a passeggiare per l camera col Rosario in mano, ne
recito qualche Ave e allora le idee mi si affollano alla
mente”. Cose simili si leggono di Gounand e di Gluck.
Lo vediamo soprattutto, il Rosario, tra le mani dei santi, gli
uomini più equilibrati della terra. Quale santo non lo aveva
quasi di continuo fra le mani?
Lo vediamo, quindi, il Rosario, tra le mani di tutti, ricchi e
poveri, dotti e ignoranti, nobili e plebei, chierici e laici,
giovani e vecchi. Per tutti è fonte di inesauribile di luce, di
forza, di conforto, di eroismo.
Per questo la letteratura d’ogni tempo e d’ogni nazione,
ricollegandosi al primo poeta della Vergine – l’Arcangelo
Gabriele – l’ha cantato con vere ondate di lirismo,
mediante strofe riflettenti l’alato splendore del celeste
Messaggero. “O corona di rose – diceva Maestro Sigher
nel secolo XIII – o intreccio di gioie, le tue lodi causano
emozioni sublimi”. Per il letterato Edoardo Hutton, il
Rosario “è una corona non di spine ma di vivi gioielli,
consistente nelle quindici perle del Padre nostro, dei
quindici rubini dei Gloria Patri e dei centocinquanta zaffiri
degli Ave, legate nel puro oro dei quindi misteri gloriosi,
dolorosi, gaudiosi, della vita e morte di Nostro Signore; il
tutto collegato insieme attorno alla croce”.
Per questo l’arte fiorita – si può dire – tra le braccia della
Vergine e del suo Fanciullo divino, nell’impeto della sua
pienezza emotiva, ha popolato la terra di tele soavi
riproducenti la Vergine nell’atto di porgere ai mortali
quella Corona di grazie. Basti pensare un istante alle
mirabili tele del Ghirlandaio, del Botticelli, del Lippi, del
Perugino, del Durer, del Cranach, del Barocci, ecc.
Per questo la Vergine nelle celebri apparizioni di Lourdes
e di Fatima si è presentata col Rosario tra le mani ed ha
raccomandato tanto questa sua mistica corona di Rose.
Per questo ben 48 Pontefici, con Bolle, decreti, ecc. han
sempre accordato a questa santa devozione fin dal suo
primo apparire, tanto fervore di consensi, tanto ardore di
raccomandazioni. Basti ricordare le 12 Encicliche di
Leone XIII sul Rosario e l’Enciclica “Ingravescentibus
malis” di Pio XI, l’utlima dell’immortale Pontefice. Pio XII,
gloriosamente regnante, teneva sul Rosario uno dei suoi
più geniali discorsi.
Quale divino poema dunque il Rosario! …
Ho incominciato questa mia conferenza con un poeta
incredulo, Giovanni Bovio; terminerò con un poeta
credente, Arrigo Boito. Nei mirabili versi della “Gioconda”,
rivestiti di melodie celestiali dal Ponchielli, Arrigo Boito ha
ritratto una toccante scena di pietà mariana: la cieca
madre della Gioconda la quale regala a Laura la propria
corona del Rosario dicendole: “A te questo Rosario – che
le preghiere aduna – Io te lo porgo; accettalo – ti porterà
fortuna!”.
Altrettanto, un’altra madre, la madre di tutti, la Chiesa, par
che ripeta domani *, festa del Rosario, a tutti i suoi figli: A
te questo Rosario! … Esso è un dono preziosissimo,
poiché è un compendio del Vangelo, una corona di
mistiche rose che profumerà la tua mente e il tuo cuore …
Accettalo … Recitalo quotidianamente! … Porgi ogni
giorno a Maria questa mistica corona di rose! … Ti porterà
fortuna! Poiché ti riempirà di ogni bene; ti preserverà da
ogni male; ti difenderà contro tutti i tuoi spirituali nemici
che compiono tutti gli sforzi per allontanarti dal bene e
per spingerti al male.
Esso è la sola arma sulla quale si legge scritta la magica
scritta: “Vittoria”.
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