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unnuovodocumento

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P. D. Ouspensky
UN
NUOVO
DOCUMENTO
Incontri 1928 - 1945
Secondo le leggi della ricorrenza, la possibilità
di imbattersi in una Scuola è rara e straordina­
ria. Chi non ha avuto la fortuna di incontrare
personalmente Ouspensky troverà qui una viva
testimonianza del suo insegnamento.
Casa Editrice Astrolabio
P. D. OusPENSKY
nell'uomo, alla cosmologia e alla pre­
ghiera cristiana del Padre Nostro.
UN NUOVO DOCUMENTO
*
*
*
Incontri 1928-1945
Qualcuno
chiese
un
giorno
a
Ouspensky se intendesse pubblicare
le sue conferenze. Questi rispose: "A
che scopo? Le domande e le risposte,
non le conferenze, sono la cosa più
importante". Questo libro offre al
pubblico italiano la trascrizione testua­
le di incontri e discussioni che copro­
no un arco di quasi vent'anni. Si trat­
ta di un materiale precedentemente
inedito, che era stato pubblicato sol­
tanto privatamente in un'edizione li­
mitata di venti copie.
Nel periodo tra il 1928 e il 1945
Ouspensky organizzò molti incontri,
nei quali rispose alle domande dei
suoi studenti, dalle più ingenue alle
più profonde. Ridefinendo e raffi­
nando costantemente i suoi insegna­
menti per renderli sempre più accessi­
bili a coloro che lo ascoltavano, egli
offrì loro vaste conoscenze e una chia­
ra esposizione del sistema da lui con­
cepito.
Le concezioni di Ouspensky sulla
natura dell'Uomo e dell'Universo in­
cludono tutti gli aspetti della nostra
vita. Per rendere più agevole la con­
sultazione si è preferito suddividere le
sue idee per argomenti piuttosto che
presentare i dialoghi in ordine crono­
logico. Quest'opera comprende sezioni
dedicate al ricordo di sé, alla volontà,
al lavoro di Scuola, alle emozioni ne­
gative, ai centri energetici presenti
P. D. OusPENSKY nacque a Mosca
nel 1878. I suoi libri Tertium Orga­
num (pubblicato nella presente colla­
na) e A New Mode! of the Universe
rivelarono la sua grandezza come ma­
tematico e pensatore e il suo vivo in­
teresse per i problemi dell'esistenza
umana. Dopo l'incontro con Gurdjieff
nel 1915, concentrò il suo interesse
sullo studio pratico dei metodi per lo
sviluppo della consapevolezza, com'è
esposto in Frammenti di un insegna­
_
mento sconosciuto e La Quarta Vza,
pubblicati anch'essi nella presente col­
lana.
L. 36.000
P. D. OusPENSKY
UN NUOVO DOCUMENTO
INCONTRI 1928-1945
Titolo originale dell'opera
A FURTIIER RECORD
EXTRACTS FROM MEETINGS 1928-1945
(Routledge & Kegan Paul, London)
Traduzione di
ANDREA ANDRIOTTO
© 1986, Tatiana M. Nagro
© 1989, Casa Editrice Astrolabio - Ubaldini Editore, Roma
l
La ricorrenza
21
marzo
1938
O. La ricorrenza avviene nell'eternità. Non fa parte di questa vita.
Questa vita finisce e il tempo finisce. C'è una teoria, che è ammessa
da questo sistema, per cui il tempo può essere prolungato. Non ne ho
alcuna prova. Molte sono le ricerche fatte dagli spiritisti e da altri
riguardo al tempo, ma non ci sono prove.
Lo studio della ricorrenza deve partire dallo studio della mente in­
fantile, più precisamente, dei bambini che non hanno ancora imparato
a parlare. Se essi potessero richiamare alla mente questo periodo, po­
trebbero ricordare cose molto interessanti. Ma, sfortunatamente, quan­
do iniziano a parlare diventano veri bambini, e dopo sei mesi o un
anno dimenticano. Molto raramente le persone ricordano quello che
pensavano nei primi mesi di vita, e in quei pochi casi si ricordano co­
me adulti, non come bambini. Solo in seguito sono diventati bambini.
Il modo di pensare di allora è identico a quello dell'età adulta, e questo
è davvero interessante.
D. Può dirci per quale ragione il bambino dovrebbe ricordare la sua
mentalità adulta e non la sua precedente mentalità di bambino?
Ouspensky. Abbiamo troppo poco materiale per poter trarre delle
deduzioni. Sto solo parlando del modo in cui lo si può studiare. Ma
se cercassimo di ricordare la nostra infanzia, e, senza far lavorare l'im­
maginazione, scoprissimo che la nostra mentalità era dell'uno o dell'al­
tro tipo, questo sarebbe materiale. Vi sono pochissimi scritti che trat­
tano di questo argomento, perché non si sa come studiarlo. Ma nella
mia esperienza personale mi sono imbattuto in casi molto interessanti.
Alcune persone da me conosCiute avevano ricordi molto interessanti
dei loro primi anni di vita, e tutte avevano la medesima impressione:
la loro mentalità non era infantile, il modo di considerare e di cono­
scere le persone non era quello proprio di una psicologia infantile. Ma
generalmente non ci si ricorda affatto di quel periodo. Voi capite quel-
6
La ricorrenza
lo che voglio dire. Essi avevano una mente cosl sviluppata, con reazio­
ni cosl tipiche dell'adulto, che è difficile immaginare come si sia potu­
ta formare in sei mesi di vita inconsapevole. Se quelle testimonianze
sono vere, la mente doveva essersi formata prima ma, come ho detto, è
molto difficile trovare materiale.
D. Perché tutto dò scompare quando il bambino impara a parlare?
O. Perché egli comincia a imitare gli altri bambini e a fare esatta­
mente quello che gli adulti si aspettano da lui. Essi si aspettano che
egli sia uno stupido bambino, ed· egli diventa uno stupido bambino.
D. Come può la ricorrenza essere un vantaggio per l'uomo?
O. Se si comincia a ricordare, se si comincia a cambiare, non ci si
ritrova ogni volta nello stesso circolo, ma si può agire secondo la pro­
pria volontà e fare dò che si crede opportuno; se invece non si sa nulla
al riguardo, oppure si sa ma non si fa niente, allora non c'è alcun van­
taggio. Quasi sempre si continueranno a ripetere le medesime cose.
D. Se si è incontrato il sistema in una ricorrenza, lo incontreremo
anche in quella successiva?
O. Dipende da come si è reagito al sistema. Potremmo avere incon­
trato il sistema e aver detto: 'Quante sciocchezze dice questa gente!'.
Dipende dallo sforzo che si è fatto. Se d si è sforzati, allora è possibile
che si sia acquisito qualcosa, che potrebbe rimanere, se non è solo nella
personalità superficiale, se non è solo formativo.
D. In ogni ricorrenza si seguono necessariamente certe linee di
azione?
O. La legge è che tutte le tendenze acquisite si ripetono. Se una
persona acquisisce la tendenza a studiare o a interessarsi di certe cose,
sarà nuovamente interessata. Se si è acquisita la tendenza a sfuggire
da certe cose, si continuerà a sfuggire.
D. Queste tendenze diventano più forti?
O. È possibile, ma potrebbero anche svilupparsi in una differente
direzione. Non c'è nessuna garanzia fino al momento in cui si raggiun­
ge un qualche tipo di azione consapevole, e allora diviene possibile fare
affidamento su se stessi.
D. Tempo parallelo vuoi dire che tutti i momenti esistono continua­
mente?
O. Sl. È molto difficile metterlo a fuoco. Sta senz'altro a indicare
l'eternità del momento, ma la nostra mente è incapace di pensare in
questa maniera. La mente è un meccanismo assai limitato. Siamo co­
stretti a pensare solo nel modo più facile e dobbiamo tenerne conto.
È più facile pensare alla ripetizione che all'esistenza eterna del momen­
to. Dovete capire che la nostra mente non può formulare le cose esat­
tamente cosl come sono. Ci sono concesse soltanto formulazioni ap-
La ricorrenza
7
prossimative che sono più v1cme alla verità del nostro pensiero ordi­
nario. Questo è tutto ciò che è possibile. La mente e il linguaggio sono
strumenti troppo rudimentali per tali argomenti e problemi, che sono
molto sottili.
Il modo più facile per affrontarli è studiare i bambini. Se avessimo
materiale a sufficienza potremmo rispondere a molte domande. Per­
ché, per esempio, nei bambini appaiono strane tendenze, del tutto op­
poste a quelle dell'ambiente che li circonda, assolutamente nuove per
le persone che li circondano? È un fenomeno che talvolta si presenta
in modi assai differenti; possono essere delle tendenze molto forti,
capaci di cambiare la vita e di svilupparsi in direzioni del tutto inso­
spettate, completamente indipendenti da qualsiasi causa ereditaria. Co­
me vi ho già detto, l'ereditarietà non ha effetto sull'uomo, è un'idea
fantastica. Agisce sui cani e sui cavalli, ma non sugli uomini.
D. È perché interviene la questione dei tipi?
O. Sì, ma noi non sappiamo nulla dei tipi, la nostra conoscenza è
troppo insufficiente per parlarne. Per questo tanto spesso i genitori non
capiscono i figli e i figli non capiscono i genitori. Di fatto è impossi­
bile che riescano a comprendersi in modo sufficiente o corretto. Sono
persone affatto diverse, del tutto estranee tra loro, alle quali è soltan­
to accaduto di incontrarsi accidentalmente in un certo punto, per poi
proseguire di nuovo in direzioni differenti.
D. Che cosa intende quando ci dice di 'osservare i bambini'?
O. È proprio questo che è così difficile. Se osservate le tendenze su
vasta scala, potete trovare tendenze del tutto imprevedibili. Si potreb­
be pensare che ciò sia il risultato di certe cause o dell'ambiente, ma
in bambini molto piccoli possono manifestarsi tendenze completamen­
te inaspettate. Non sono tendenze accidentali che appaiono e scom­
paiono, ma tendenze che continueranno per tutto il resto della loro
vita. In questo caso, secondo questa teoria, può trattarsi di tendenze
acquisite negli ultimi anni di una vita precedente, che poi riappaiono
molto presto.
D. Allora, dal punto di vista della ricorrenza, non potrebbe darsi
che alcune azioni importanti che compiamo tra ora e il momento in
cui moriremo siano le vere responsabili delle nostre attuali tendenze?
O. Vuoi dire nelle vite precedenti? È assai probabile. Ma ricordate
che questo lavoro prima non esisteva. Può darsi che sia esistito un
altro tipo di lavoro, ce ne sono diversi, ma non questo. Questo lavoro
prima non esisteva, ne sono perfettamente sicuro.
D. Quel che intendo dire è che sembra incredibile pensare che tra
ora e il momento della nostra morte compiamo le azioni decisive che
sono la causa delle nostre future tendenze.
8
La ricorrenza
O. Ma è così. In ogni momento della vita possiamo creare tenden­
ze da cui forse non saremo capaci di liberarci per dieci vite. Ecco perché
la letteratura indiana sottolinea sempre questo punto. Può essere pre­
sentato sotto forma di fiaba, ma il principio è il medesimo.
4 aprile 1938
D. Ha detto che questo lavoro non è mai apparso in precedenza.
Questo vuoi dire anche che non riapparirà in seguito?
O. Non c'è nessuna garanzia. Per quanto riguarda voi, dipende da
voi stessi. Una cosa è certa: non si manifesterà nello stesso modo.
Forse ci saranno gruppi e scuole, ma non nello stesso modo e non nello
stesso periodo di tempo. Il lavoro è la sola cosa che non è sottoposta
alla legge della ricorrenza, altrimenti non sarebbe lavoro. Se si è rag­
giunto un minimo di consapevolezza, esso non può essere sottoposto
alla ricorrenza. Inoltre, in questo particolare tipo di lavoro, molte co­
se accadranno in modo completamente diverso. E quello che ora av­
viene in un certo periodo forse comincerà venti anni prima.
D. Da bambino ero molto attaccato a una cugina che aveva tre an­
ni più di me e morì a dieci anni. Se da allora la sua breve vita si è
ripetuta quattro o cinque volte, allora anche la mia vita, in quanto
correlata alla sua, deve essersi ripetuta. Come lo si può spiegare?
O. È molto difficile spiegarlo, ma nello stesso tempo, matematica­
mente, è molto semplice. Noi calcoliamo la lunghezza di questo tempo
in base a certe idee di durata. Diciamo che dieci anni sono più brevi di
una vita più lunga, ad esempio di cinquanta anni. Ma in realtà non
c'è alcuna garanzia riguardo a ciò che è più breve o più lungo. Come
ho detto in A New Model of the Universe, supponete per un momen­
to che quelle che ci sembrano durate differenti siano invece una mede­
sima durata, e che la loro velocità sia differente. Molte cose che consi­
deriamo il fondamento del nostro mondo sono in realtà illusioni. In
ogni caso non è difficile coordinare una vita con un'altra, ma il nostro
potere di visualizzazione è troppo limitato e debole per riuscirvi. Per­
tanto dobbiamo lasciare il problema senza risposta, pur capendo che
tuttavia c'è un modo di risolverlo.
D. Come si può sapere ciò che ricorda un bambino? Pensavo che
si nascesse con i centri completamente vuoti, e che per ricordare fosse­
ro necessari i centri.
O. Questa è una cosa strana. Alcune persone, che non sono parti­
colarmente diverse dagli altri, hanno ricordi strani e molto precisi per­
sino dei primi mesi di vita. Pensano che la loro percezione della gente
fosse quella propria di un adulto e non di un bambino. Non ricostrui-
La ricorrenza
9
scano le immagini mescolando diversi elementi, ma conservano impres­
sioni molto precise di case, persone, e cosl via. Possedevano una men­
talità tipica della maturità.
D. lo riCordo cose di quando avevo due anni che non sono affatto
successe. Come si fa a verificare i ricordi legati al periodo anteceden­
te alla capacità di parlare?
O. Come può sapere che non sono mai successe? Potrebbe essersi
trattato di un sogno. Io ho avuto un'esperienza di questo tipo. Ricor­
do che quando ero molto piccolo andai in un luogo vicino a Mosca, e
l'immagine di quel luogo rimase nella mia memoria. Non vi tornai più
per circa quattro anni, e allora mi accorsi che era assai differente da
ciò che ricordavo e che le mie memorie si riferivano a un sogno.
D. Se una persona muore dopo aver raggiunto il livello dell'uomo
n. 4, nella ricorrenza si torna come uomo n. 4 oppure si può decadere
da tale livello, imitando le emozioni negative, e cosl via?
O. Solamente l'uomo n. 5 può ritornare come uomo n. 5. Potrebbe
non esserne cosciente, ma le cose saranno comunque assai più facili per
lui. L'uomo n. 4 deve ripetere il suo cammino, ma sarà più facile e
inizierà prima.
D. Quella che in una ricorrenza è una tendenza, potrebbe diventa­
re un'abitudine nella ricorrenza successiva?
O. Dipende dalla tendenza. Se è meccanica, diverrà un'abitudine. Ma
se è una tendenza consapevole non può diventare un'abitudine, perché
sono due cose diverse.
D. Ripensando alla propria vita, vediamo quei momenti decisivi in
cui abbiamo preso una decisione che consideriamo sbagliata. C'è qual­
cosa in particolare che possiamo fare in questa ricorrenza affinché vi
siano meno probabilità di ripetere i nostri errori in quella successiva?
O. Sl, certamente. Si può riflettere e si può cambiare ora e, se riu­
sciremo a farlo in modo abbastanza profondo, ricorderemo certamen­
te; se non riusciremo a farlo in modo abbastanza profondo, forse po­
tremo ricordare. In ogni caso c'è la possibilità di non ripetere azioni
compiute in passato. Molte idee e cose simili possono passare da una
vita a un'altra. Per esempio, qualcuno ha chiesto che cosa è possibile
ottenere dall'idea della ricorrenza. Se si riuscisse a divenire intellet­
tualmente consapevoli di quest'idea e se questa idea divenisse parte
della propria essenza, parte del proprio atteggiamento generale nei con­
fronti della vita, non si potrebbe più dimenticarla e nella prossima
vita avremmo il vantaggio di conoscerla prima.
D. Perché avvenga un qualsiasi cambiamento, nell'essenza o nella
ricorrenza, non deve forse intervenire il fattore del sacrificio?
O. Sl, certamente, bisogna pagare per tutto. Per ottenere qualcosa
10
La ricorrenza
bisogna dare in cambio qualche altra cosa. Non è possibile avere il
nuovo e conservare il vecchio. Il fardello sarebbe cosl pesante da im­
pedire qualsiasi movimento.
7 marzo 1940
D. Le scuole, non essendo meccaniche, sono esenti dalla ricorrenza.
Pertanto per noi, che siamo sottoposti alla ·ricorrenza, non c'è alcuna
certezza di poter incontrare di nuovo il sistema.
O. Proprio cosi, nessuna certezza. È proprio cosl, ma ci sono molte
differenti implicazioni. È vero che le cose non ricorrono esattamente
nella medesima forma, ma allo stesso tempo non si può perdere nulla
di ciò che si è acquisito. Ciò significa che se si manca un'occasione,
se ne presenterà un'altra. Ma la responsabilità di queste perdite è no­
stra, non degli eventi, ed è necessario comprendere che le possibilità
non sono illimitate. Molto spesso mi rifiuto di parlare della ricorren­
za perché ne ignorate ancora molti aspetti .. La vostra comprensione è
troppo superficiale. 'Eterna ricorrenza', per voi, significa che è eterna,
cioè 'per sempre'. Ma le manifestazioni sono molte e diverse, e l' 'eter­
no' può non essere affatto eterno. Se si conduce una vita ordinaria,
non si accumulano le influenze giuste e non si forma un centro magne­
tico, dopo qualche tempo si può perdere anche la possibilità di accu­
mulare un centro magnetico: esse potrebbero scomparire, perché c'è
una grande concorrenza, ci sono molte cose che noi ignoriamo. La pri­
ma cosa che si deve capire riguardo all'eterna ricorrenza, è che non è
affatto eterna. Quando si giunge ad avere la possibilità di sviluppo,
che è un'occasione molto rara perché molti non vi arrivano mai,
quando si giunge a questo punto, nello stesso tempo le probabilità di
riuscita si riducono di molto, e continuano a ridursi. Più ci si avvicina,
più è facile perdere tutto. Si ha meno tempo. L'avvicinarsi alla possi­
bilità influenza realmente il tempo: il tempo della persona che è vi­
cina diviene più breve. Questa è una risposta, ma non la risposta.
D. 'Meno tempo' in che senso? Che ricorriamo meno spesso?
O. Ognuno ha il suo tempo personale; il tempo deve essere consi­
derato cosl. Il tempo è un bene individuale. Non esiste un tempo co­
mune, una persona ha più tempo e un'altra di meno: non si può avere
tutti lo stesso tempo.
D. Allora la sola cosa che possiamo conservare è il cambiamento,
se è avvenuto, che operiamo nell'essenza?
O. No, prima è necessario fare cambiamenti nella personalità.
D. Ma questi non possono durare.
La ricorrenza
11
O. È la sola cosa che possiamo fare. Solo pochissime persone posso­
no lavorare sull'essenza. E ciò non è esattamente un vantaggio per lo­
ro, perché è molto difficile, ma può riuscire. Generalmente si lavora
sulla personalità, e questo è il solo lavoro possibile che, se ci impe­
gniamo, ci farà giungere a qualche risultato.
15 marzo 1940
O. Ci sono state alcune domande relative alla ricorrenza. Voglio
solo dire qualche cosa che possa darvi materiale per pensare. Evito
sempre di parlarne per due ragioni: la prima è che possiamo parlare
soltanto teoreticamente, perché non possediamo dati oggettivi a tale
riguardo; la seconda è che sappiamo che, in seguito al lavoro, le leggi
relative alla ricorrenza cambiano. Si debbono capire queste cose. Mol­
to tempo fa, in A New Model of the Universe, ho scritto che la ricor­
renza si manifesta con profonde differenze anche nella vita ordinaria
delle persone. Alcuni possono avere esattamente la stessa ricorrenza,
altri possono avere diverse variazioni o possibilità, altri ancora posso­
no salire mentre altri possono discendere, e cosl via. Ma tutto questo
non ha rapporti con il lavoro. Voglio dire che quando ci si avvicina alla
possibilità del lavoro, in un certo senso, sebbene solo teoricamente, si
possono studiare tre ricorrenze successive. Poniamo che la prima sia
quando ci si avvicina alla possibilità di incontrare qualche tipo di idee
provenienti dalla mentalità superiore; la seconda, quando si entra real­
mente in contatto con l'influenza C, e la terza, ciò che risulterà da
tutto questo. È interessante che, dopo la seconda, le possibilità di ri­
correnza diminuiscono moltissimo. Intendo dire che prima di giungere
a idee ben precise, nelle condizioni ordinarie, le possibilità sembrano
illimitate; ma da quando si entra in contatto con idee ben precise, che
noi definiamo come influenze C, la possibilità di ricorrenza diminuisce.
Ecco cosa si deve capire. Se comprendiamo questo, ci sarà possibile
parlare di queste cose con una certa comprensione, e se ne potrà ri­
cavare una certa utilità, altrimenti è solo un discorso teorico, comple­
tamente inutile se si considera tutto sul medesimo piano.
D. Intende dire che dopo essere entrati in contatto con le influen­
ze C il numero delle probabilità diminuisce?
. O. Sl, perché le influenze C non possono essere sprecate. Le influen­
ze B sono praticamente illimitate; cioè, vengono continuamente diffu­
se nella vita, e possono essere ricevute o rifiutate, non diminuiscono.
Ma le influenze C sono limitate. Dovreste già sapere perché sono limi­
tate.
Provate a rispondere a questa domanda, perché le influenze C so-
12
La ricorrenza
no limitate. Trovate voi stessi una risposta e capirete perché la possi­
bilità di ricevere le influenze C deve essere limitata: se non le si sa
utilizzare, a che scopo dovrebbero essere sprecate?
D. Significa che abbiamo lavorato nel modo giusto?
O. No, non significa affatto questo. Significa solo che se non si
lavora nel mondo giusto si perderà la possibilità della ricorrenza; non
significa niente di più.
Se non teniamo in considerazione questa ulteriore caratteristica che
ho appena esposto è del tutto inutile parlare della ricorrenza, anche
soltanto dal punto di vista teorico. Se poniamo tutto sullo stesso li­
vello ogni discorso è completamente inutile.
D. Da dove viene ciò che ricorre?
O. Siete voi. Voi ricorrete, io ricorro, egli ricorre, essi ricorrono.
Non c'è nessun bisogno di divisioni teoriche. Quando parliamo della
ricorrenza, pensiamo alla nostra ricorrenza, non a quella di qualcun al­
tro. Da dove venga non lo sappiamo; possiamo trascorrere tutta la
vita a escogitare definizioni teoriche, e possiamo anche giungere a de­
finizioni piuttosto buone, ma questo non cambierà nulla e non aiute­
rà la comprensione psicologica di tale idea. Sto cercando di stabilire
certi principi che ci daranno una comprensione pratica dell'idea. Po­
tremmo trovare molte parole, ma le parole non ci porteranno a nes­
sun risultato.
Avete trovato la risposta, avete capito perché le influenze C non
possono essere sprecate? Pensateci. Se rispondete a questa domanda,
sarete in grado di rispondere a molte altre domande. E voi sapete co­
me trarre le dovute conclusioni.
[Molte risposte, tutte sbagliate].
D. È perché se queste fossero soggette alla ricorrenza, si continue­
rebbe a sprecar!e?
O. Questo è implicito, ma non è la risposta. Certo, se vengono spre­
cate, e si continua a sprecarle, a che servirebbero? Ma in tutto que­
sto c'è qualcosa che non capite, che è la chiave per tutto ciò che do­
vete trovare. È molto semplice, non c'è niente di misterioso. Non si
tratta di indovinare la soluzione di un enigma, si tratta di pensare.
Provate a pensare cosl: per esempio, in un contesto ordinario, un
ragazzo va a scuola e ogni anno incomincia a imparare la stessa cosa.
Studia qualcosa per un anno intero, poi torna a casa e dimentica tutto,
e deve tornare a studiare la stessa cosa; studia di nuovo per un intero
anno, poi torna a casa e ancora una volta dimentica tutto, e ancora
una volta ritorna a imparare la stessa cosa. Che cosa potranno dirgli
a scuola? Per questo motivo le scuole non vengono mai ripetute; per
questo motivo per le scuole non c'è ricorrenza.
La ricorrenza
13
Ecco quello che tutti quanti vogliono, tutti chiedono di poter
continuare a imparare la stessa cosa. Ma la volta successiva dovete pas­
sare a una scuola superiore. Se non potete passare a una scuola supe­
riore, non troverete nessun'altra scuola a questo livello, perché lo ave­
te già superato.
D. Sono le influenze C che ci permettono di incontrare la scuola?
O. Sono le influenze B che permettono di incontrare la scuola. Scuo­
la significa influenze C.
D. Non si può passare a una classe superiore se non si è superato
un esame.
O. Giusto, ma si può superare un esame e dimenticare tutto. Suc­
cede molto spesso.
D. Ma si è imparato come si impara, anche se in minima parte.
O. Talvolta, ma qualche volta no. Si impara a imparare e si impara
a dimenticare.
D. Da quello che lei ha detto, mi sembra che l'influenza C signifi­
chi trasformazione, il potere di trasformare, e che qualsiasi cosa che
non è a questo livello non sia un'influenza C.
O. Molto bene. Ci siete andato molto vicino, ma potete considerare
l'influenza C semplicemente come una certa quantità di conoscenza.
D. Una conoscenza che può essere usata?
O. No, questa è ancora una definizione. Ho detto 'conoscenza'; le
definizioni non ci possono aiutare. È strano che non riusciate a capire
e ad afferrare che cosa significa. La trasmissione di conoscenza corri­
sponde all'influenza C, significa un certo lavoro, non avviene da sé,
significa il lavoro di qualcuno, e questo lavoro non può essere spre­
cato. Se dà risultati, può essere continuato, ma se non dà risultati, al­
lora è certo che non avrà seguito, è del tutto naturale. Quel che inten­
do dire è che questo spiega perché la possibilità di ricorrenza deve es­
sere limitata. Il non trarne vantaggio è un'altra cosa: per esempio, se
si entra in una scuola e non si trae alcun profitto da essa, allora certa­
mente non si può continuare a ritornare per imparare le stesse cose;
si deve sapere che cosa farne. Cercate di capire, è molto semplice, ma
è impossibile parlare della ricorrenza se non si capiscono questi prin­
cipi. Tutti i discorsi ordinari, basati sulla matematica o su qualunque
altra cosa, la rendono troppo uniforme, e la ricorrenza non può essere
uniforme. Ricordatevi che abbiamo parlato molto spesso della mate­
rialità della conoscenza e del fatto che persino per iniziare ci sono po­
chissime probabilità, perché per questo sono necessarie molte circo­
stanze. Ma dovete capire che, quando si inizia a ottenere una certa co­
noscenza, le probabilità si riducono progressivamente, perché se non
se ne fa uso, in modo del tutto naturale sarà sempre più difficile atte-
14
La ricorrenza
nerla. E tutto questo vale per ogni giorno, per ogni anno, per tutta la
nostra vita: ecco che cosa si deve capire. Questa caratteristica della
ricorrenza è utile perché si riferisce a questa vita. Se non facciamo
qualcosa oggi, come possiamo aspettarci di farlo domani? Noi dobbia­
mo fare quello che è possibile oggi; nessuno può rimandarlo a doma­
ni, perché domani potremmo essere impegnati a fare qualcos'altro, e
cosi via. Pensiamo sempre di avere tempo.
D. Significa che se non ascoltiamo quello che lei dice oggi, non ci
sarà più dato di ascoltarlo?
O. O forse che voi sarete qui, ma io non ci sarò, come potete saperlo?
.
D. Possiamo fare progressi solo tramite la sua mediazione?
O. No, siete completamente liberi di trovare un qualsiasi altro posto,
non siete affatto vincolati. Se conoscete qualcun altro che vi permette
di fare dei progressi, dovete certamente trarne vantaggio. Se si ha
un'opportunità, qualsiasi essa sia, non la si deve perdere.
D. Quel che volevo dire è: in questo caso è lei l'unico mezzo che
abbiamo a disposizione?
O. No, nessuno può esserlo. Se voi sapete di un'altra via, c'è un'al­
tra probabilità, ma se non siete a conoscenza di un'altra opportunità,
allora le cose cambiano. Se non conoscete nessun altro all'infuori di me,
allora dovete cercare di ottenere qualcosa da me, ma se conoscete
qualcun altro potete rivolgervi a lui: è chiaro? Ma ricordate che non
può essere soltanto uno studio teorico. Lo studio teorico non è suffi­
ciente.
Nella nostra mente ci sono cosi tante cose sbagliate, che è ne­
cessario un certo ordine, anche dal punto di vista teorico. Ma è inutile
impegnare tutto il tempo in speculazioni teoriche, è la pratica che dob­
biamo imparare, dobbiamo imparare a fare le cose che sono più im­
portanti per noi.
D. Non è possibile sapere da soli se si è fatto uso delle influen­
ze C, vero?
O. Non possiamo ricevere influenze C da noi stessi. Certo, si deve
sapere se siamo venuti a sapere qualcosa oppure no, questa è una delle
prime conoscenze necessarie. Ricordate che cosa abbiamo detto riguar­
do alla valutazione?
D. Nell'idea della ricorrenza le cose accadono di nuovo. Ma le scuo­
le appaiono necessariamente negli stessi luoghi? Forse nella mia ultima
ricorrenza questo sistema non era mai arrivato in Inghilterra.
O. Vedete, questa è la difficoltà riguardo alla ricorrenza, perché le
persone o non ne sanno niente, o, quando ne sentono parlare e comin­
ciano a pensarci, pensano nel solito modo formatorio, cioè secondo la
La ricorrenza
15
logica ordinaria, oppure molto spesso pensano in modo del tutto illo­
gico, o anche peggio. Ma anche se pensano logicamente, non dispongo­
no di un materiale sufficiente; sanno troppo poco per poter pensare
a queste cose. È necessario comprendere innanzitutto che stiamo par­
lando di una teoria, e secondariamente che questa teoria deve essere
sufficientemente completa, deve poter fare riferimento a un materiale
sufficiente. Quando pensiamo alla ricorrenza, pensiamo che tutto si ri­
pete, e proprio questo rovina il nostro approccio. Come ho già detto,
la prima cosa da capire riguardo alla ricorrenza è che non è eterna.
Può sembrare assurdo, ma è realmente cosl, perché essa si manifesta
in modi cosl differenti in ogni singolo caso. Anche se la consideriamo
solo teoricamente, !imitandoci alle persone che vivono meccanicamente,
vedremo che pure la loro vita cambia. Come ho messo in evidenza in
A New Mode! of the Universe, solo alcune persone in certe condizio­
ni, in condizioni di vita completamente cristallizzate, hanno una vita
che si ripete esattamente nello stesso modo, anche per un lungo tem­
po. Negli altri casi le cose cambiano, persino nell'ordinaria vita mecca­
nica. Nel caso delle persone che occupano una posizione elevata non
ci sono cambiamenti: esse non sono costrette cosl definitivamente
dalle circostanze, ma i grandi uomini debbono ritornare a essere gran­
di uomini e nessuno ci può far niente, loro stessi non possono evitarlo.
Nella vita futura delle persone comuni vi possono essere diverse va­
riazioni ma, di nuovo, non per sempre. Non pensate mai che qualcosa
possa essere per sempre. È molto strano: sembra che le persone che
non hanno possibilità - o per certe condizioni, o a causa del loro in­
sufficiente sviluppo, oppure di uno stato patologico - possano tro­
varsi a ripetere la loro vita senza nessun cambiamento rilevante. Nel
caso invece di persone che hanno possibilità teoriche, la loro vita può
giungere a un certo punto, dopo di che o incontrano una qualche pos­
sibilità di sviluppo, o iniziano una fase discendente: o l'uno o l'altro.
Non possono rimanere per sempre nello stesso posto; il momento
in cui si incomincia a entrare in contatto con qualche reale possibilità
indica che si è arrivati alla fine degli eventi puramente meccanici. Solo
allora si è capaci di vedere la possibilità di fare qualcosa, oppure di
perdere tale possibilità e regredire. Pensateci sopra e forse sarete in
grado di formulare domande pertinenti.
D. Quando tentiamo di cambiare il nostro essere, l'essenza è in­
fluenzata quanto. la personalità?
O. Dobbiamo lavorare sulla personalità, ma se cambiamo realmente
qualcosa l'essenza ne viene influenzata.
D. Lo stato di sonno sembra avere almeno un vantaggio, se si è
giunti al fondo non si può cadere più in basso.
16
La ricorrenza
O. Sì che si può.
D. Nel lavoro, quando si pensa al futuro si ha l'impressione che sia
come camminare su di una corda tesa. Si può sperare di ottenere un
altro livello di stabilità in una fase successiva?
O. Ogni stato può presentarsi in molte forme diverse, e pertanto
anche lo stato di sonno ha molte forme diverse. Ci può essere un son­
no con la possibilità di un risveglio, un sonno con una minore possi­
bilità di risveglio, e un sonno con nessuna possibilità di risveglio, e
così via.
Cercate di pensare a quanto vi ho detto riguardo alla ricorrenza. È
un ottimo esercizio per la mente, perché è molto difficile pensarci in
modo appropriato.
2 aprile 1940
D. Per quanto riguarda la ricorrenza, posso capire che una spirale
sarebbe in grado di fard uscire dal nostro presente cerchio; è possibile
che questo cerchio derivi da una precedente spirale?
O. Questa non è altro che una congettura, e non credo che dal pun­
to di vista del sistema si possa parlare di spirali. Ma se vogliamo par­
lare di spirali in relazione alla ricorrenza, allora nella ricorrenza ordina­
ria non c'è nessuna spirale, tutto è sullo stesso livello. Le ricorrenze
possono differire tra loro nei piccoli dettagli, una può tendere in una
direzione e un'altra tendere maggiormente in una direzione diversa,
ma si tratta soltanto di minime deviazioni e pertanto non c'è nessuna
spirale. L'idea di spirale inizia dal momento in cui si sfugge alla con­
tinua ripetizione delle stesse cose, o dal momento in cui viene intro­
dotto qualche nuovo elemento. Prima di tutto si dovrebbe capire
questo.
D. Qualche tempo fa d ha parlato di questo paradosso: le cose
non sarebbero potute accadere in maniera diversa, ma contemporanea­
mente, in diversi momenti, d devono essere parecchie possibilità. Ora,
perché le cose avvengano diversamente è necessario vedere le possi­
bilità, e la capacità di far questo dipende da un cambiamento di esse­
re che può essere ottenuto solamente dopo un lungo periodo di piccoli
sforzi ripetuti: potrebbe forse essere questa la soluzione del dilemma?
O. Ci sono due cose che è necessario capire a questo riguardo.
Primo: vi è un rapporto diverso tra le cose e le possibilità; alcune
cose, anche se non sono ancora accadute e se noi possiamo pensare
che potrebbero accadere in un modo o in un altro, in realtà sono pre­
destinate; non si può cambiare nulla, perché queste cose sono state mes­
se in moto da cause così grandi che, anche se non sono ancora accadute,
La ricorrenza
17
possono accadere solamente in un modo. Secondo: per altre cose la
situazione non è così definita. Ci sono molte gradazioni e, assieme a
<:erte cose che possono manifestarsi soltanto in un modo, ci possono
essere altre cose, non ancora accadute, che possono manifestarsi in
questo o in quel modo.
Supponiamo che oggi sia decisivo, o che ieri fosse decisivo, o che un
momento di mille anni fa sia stato decisivo: si deve sempre ricordare
<:he le cose possono trovarsi su una diversa scala. Non sappiamo che
<:osa succederà tra un anno; presupponiamo che le cose andranno in
questo o in quel modo, ma la realtà è diversa. Alcune cose possono es­
-sere cambiate oggi, ma altre cose oggi non possono più essere cambia­
te. È necessario comprenderne il principio, comprendere perché le co­
-se sono differenti e che cosa vi è di differente. Si può rispondere così:
talvolta si può scoprirne la causa. Supponiamo che si osservi che le
<:ose procedono esattamente nello stesso modo per un lungo periodo:
in tal caso non ci si può aspettare un cambiamento improvviso, se non
per qualche particolare ragione. Altre cose sono relativamente nuove,
una certa tendenza può essersi appena manifestata, e se è apparsa da
poco tempo, può facilmente scomparire. Ma se una tendenza ha con­
tinuato a procedere nella stessa direzione per molto tempo, è difficile
prevedere la possibilità di un cambiamento. Questo è l'unico modo in
rui si può discuterne poiché non si può sapere niente di preciso. Ma
<:'è un principio che dovete comprendere, in relazione a tutto ciò: le
<:ose non sono mai le stesse. Se dite che alcune possono essere cambia­
te, e applicate questo principio a qualsiasi cosa, commettete un erro­
t"e, perché esse non sono mai nella stessa relazione: quella che in una
-situazione è una cosa, in un'altra situazione sarà un'altra cosa.
D. La possibilità di modificazione delle ricorrenze può voler dire
.che le persone nate in una ricorrenza potrebbero non essere nate in
quella successiva?
O. Ciò è possibile solo in certi casi, ma non possiamo esaminare
questo tipo di particolarità. A questo proposito dovete assolutamente
-capire che finché le persone sono completamente meccaniche, le cose
possono continuare a ripetersi. Ma se esse divengono più consapevoli,
.a se si offre la possibilità di divenire più consapevoli, il loro tempo
<liventa molto limitato. Ecco che cosa si deve capire; se hanno già
iniziato a sapere qualcosa o a imparare qualcosa, non possono aspet­
tarsi un numero illimitato di ricorrenze. Più esse imparano, più il loro
tempo diventa breve. È lo stesso principio che vale per una sola vita.
Come voi ricorderete, è stato detto che nel lavoro, in relazione a una
sola vita, il tempo è contato. Per quelli che sono nel lavoro il tempo
è contato, e più lavorano seriamente, più il loro tempo è rigidamente
18
La ricorrenza
contato. Chi lavora molto poco, può continuare a essere nel medesimo
rapporto con la medesima idea per un anno o due; può fraintendere
qualcosa per un anno o due, e senza perdere molto, perché avrà ancora
a disposizione un terzo anno. Ma chi ha già iniziato a lavorare non
può avere tre anni di tempo, perché ogni giorno egli viene esaminato,
e deve superare l'esame per arrivare a un altro esame. Ecco che cosa
si deve capire; lo stesso principio può essere applicato alla ricorrenza.
D. Se la personalità muore con noi, quale effetto possono avere sul­
Ja futura ricorrenza gli sforzi che si son fatti per indebolirla?
O. Non è necessario essere troppo dogmatici a questo riguardo, tut­
tavia quando parliamo di ricorrenza, parliamo di qualcosa che ricorre,
e questo 'qualcosa' che ricorre conserva in se stesso le tracce di tutte
le tendenze, di ogni tendenza che si è creata. Se si è creata la tenden­
za a indebolire la personalità, allora essa continuerà; se invece si è
creata la tendenza opposta, che tende a rafforzare la personalità, sarà
questa a continuare. È vero che la personalità muore, ma se questo
'qualcosa' ricorre, allora le stesse cause produrranno gli stessi effetti.
Se si sono create alcune nuove tendenze, anch'esse produrranno il loro
effetto.
D. Che cosa è che desidera cosl intensamente la ricorrenza e tutta­
via ne ha paura?
O. Non lo so, è materiale per il vostro studio personale. Sicura­
mente all'idea ordinaria di morte si preferisce l'idea della ricorrenza.
Ma nello stesso tempo se ne ha paura, perché, se si è realmente sinceri
con se stessi, è chiaro che in questa vita le cose si ripetono. Se ci si
ritrova sempre nella stessa posizione, a commettere gli stessi errori, è
chiaro che non ci sarà alcun vantaggio nel nascere di nuovo, se questo
sarà solo l'occasione per continuare a fare le medesime cose. Un cam­
biamento può solo essere il risultato di uno sforzo, non può essere
indotto da nessuna circostanza. Ecco perché l'ordinaria fiducia nel cam­
biamento delle circostanze esteriori non ha alcun esito: le circostanze
possono cambiare, ma tutto rimarrà uguale.
D. Il risultato del lavoro su se stessi consiste nell'indebolimento
delle tendenze dell'essenza?
O. Quali tendenze? Talvolta esse sono nell'essenza e talvolta nella
personalità. Ma non parlerei di 'essenza' e di 'personalità', è preferi­
bile dire semplicemente: indebolimento di alcune tendenze e rafforza­
mento di altre tendenze, indebolimento delle tendenze meccaniche e
rafforzamento delle tendenze consapevoli. Questa è la sola formulazio­
ne possibile, tutte le altre sarebbero fuori luogo.
D. Sto vivendo di nuovo esattamente la stessa vita? Sono rinato
nell'anno in cui ero già nato, nel11
9 5, e rinascerò di nuovo nel1915?
La ricorrenza
19
O. Sempre nel 1915, questa è la sola cosa che non potete cambia­
re. Che siamo vissuti prima è più che certo, non possiamo essere usci­
ti dal nulla. Ma non ricordiamo. Anche quelli che credono di ricordare
qualche cosa; hanno solo dei ricordi della loro infanzia ma, per lo più,
non ricordiamo.
D. È corretto pensare che non possiamo continuare a vivere per
sempre (cioè, continuare a morire e a nascere)?
O. Sl. Le persone dalla vita completamente meccanica hanno molto
tempo, e le persone che divengono consapevoli hanno meno tempo.
Questa è la sola differenza. Può sembrare molto ingiusto, ma di fatto
le persone meccaniche si possono trovare in circostanze molto sgrade­
voli. Supponiamo che qualcuno muoia molto giovane, per una disgrazia
che dipende da avvenimenti storici, come le guerre o qualcosa del ge­
nere, e che ogni volta continui a morire giovane. Non può avvenire
nessun cambiamento. Solo una combinazione di circostanze veramen­
te molto eccezionale può introdurre qualche cambiamento in questo
caso.
D. Una recente esperienza mi ha fatto pensare che gran parte della
sofferenza emotiva è situata nella falsa personalità. Come posso ricor­
darmene quando l'identificazione con la sofferenza è molto forte?
O. È possibile solo tramite il ricordarsi di sé. La sofferenza è il mi­
gliore aiuto che si possa avere per ricordarsi di sé, se si impara a farne
uso. La sofferenza, di per sé, non contribuisce allo sviluppo delle per­
sone, come alcuni pensano. Si può soffrire per molte vite e non otte­
nere nemmeno un briciolo di risultato. Ma se si impara a fare uso
delle opportunità offerte dalla sofferenza, questa può favorire lo svi­
luppo. La sofferenza è la cosa migliore per ricordare se stessi. Non
appena soffrite, cercate di ricordarvi di voi stessi.
D. Come posso fare uso delle possibilità se mi identifico tanto?
O. Cercate di osservare, non vi identificate sempre nello stesso mo­
do: alcune volte vi identificate talmente che non potete vedere nien­
t'altro, altre volte riuscite a vedere qualcosa. Se riuscite a capire che
vi potete identificare in maggiore o in minore misura, ciò significa
che dopo qualche tempo potete non identificarvi affatto, o molto me­
no. Se le cose rimanessero sempre così come sono, per noi non ci sa­
rebbe nessuna possibilità. Ma non sono mai le stesse, il loro grado
di intensità varia continuamente, e questo offre la possibilità di cam­
biamento.
D. Mi sembra che la personalità, il corpo fisico e le sembianze sia­
no troppo impermanenti per poter ricorrere.
O. Sì, ma tutto ciò è stato creato da certe cause e, poiché le cause
saranno le stesse, produrranno naturalmente gli stessi effetti.
20
La ricorrenza
D. Se una persona cessa di nascere in un particolare periodo che
cosa accade a tutte le altre vite che le sono associate?
O. Questo è uno dei problemi più difficili. Ammesso che si possa
dire alcunché riguardo a questa teoria, il fatto è che non si può co­
minciare a nascere all'improvviso. Anche questo è un processo come
qualunque altro. Si svanisce a poco a poco, e questo svanire non ha
grandi conseguenze; alcuni possono svanire e altri dovranno rimanere,
come coloro che sono collegati agli eventi storici e cose del genere.
Questi sono in una posizione assai sgradevole; potrebbero diventare
morti e continuare a girare in cerchio. Nella maggior parte dei casi essi
sono morti.
D. Forse che le persone importanti e legate ai movimenti storici
non possono evadere dalla vita?
O. Sl che lo possono, ma, come ho già detto, nella maggior parte
dei casi, sono arrivate al punto in cui è troppo tardi per evadere; tali
individui sono già morti, stanno quasi perdendo le loro ossa per stra­
da, ma debbono continuare a esistere e a girare in tondo. Questo è uno
dei misteri della vita, che è governata da persone morte.
D. Mi pare che non posso aver fatto esattamente le stesse cose di
prima se penso alla possibilità di qualche cambiamento.
O. Eppure lei fa esattamente la stessa cosa: non si ricorda di lei
stesso, e se non si ricorda di lei stesso ora, allora la prossima volta
non si ricorderà nuovamente di lei stesso, e pertanto sarà la stessa
cosa. La possibilità di un cambiamento inizia soltanto con la possibi­
lità di cominciare a ricordarsi di lei stesso ora. Nel sistema la ricor­
renza non è necessaria. Può essere un'idea interessante o utile; potrebbe
anche essere il nostro punto di partenza, ma per il reale lavoro su noi
stessi l'idea della ricorrenza non è necessaria. Questo è il motivo per
cui in questo sistema non se ne parla. È un'idea che è venuta dal­
l'esterno, da me, dalla letteratura: si confà al sistema, non lo contraddi­
ce, ma non è necessaria, perché tutto quello che possiamo fare, pos­
siamo farlo solo in questa vita. Se non facciamo nulla in questa vita,
la prossima vita sarà del tutto uguale, ci potranno essere leggere varia­
zioni ma nessun cambiamento effettivo. Ecco, innanzitutto si deve
comprendere questo.
D. Vorrei sapere perché il tempo è limitato per chi ha lavorato, ma
non lo è per chi non ha lavorato.
O. Chi non ha cominciato a risvegliarsi non ha limiti di tempo,
perché per costui il tempo non esiste. Tutto si ripete, sempre le stes­
se cose e poi ancora le stesse cose. Si può anche dire cosl: la conoscen­
za è limitata, ma essi non acquisiscono nessuna conoscenza, pertanto
per loro non lo è. Oppure si può fare il paragone con una scuola or-
La ricorrenza
21
dinaria. Non è possibile rimanere sempre nella stessa classe: o si fan­
no progressi o si deve andar via.
D. Da quello che capisco riguardo alla memoria, non vedo come sia
possibile ricordare una precedente ricorrenza. Credevo che la memoria
dipendesse dai contenuti dei centri che sono nella personalità. Come
fa la personalità a ricordare la ricorrenza?
O. Se voi non vi ricordate di voi stessi qui, in questa ricorrenza,
non è possibile ricordare. Noi siamo vissuti in precedenza. Molti fatti
lo provano. La ragione per cui non abbiamo ricordi è che non ci siamo
rtcordati di noi stessi. Lo stesso dicasi per questa vita. Delle cose mec­
caniche ricordiamo soltanto che sono avvenute. Soltanto il ricordo di
sé può fare rammentare i particolari. La personalità è sempre mescola­
ta con l'essenza. La memoria è nell'essenza, non nella personalità, ma
la personalità può rifletterla correttamente, se la memoria è abbastan­
za forte.
D. Nel caso in cui un incidente ha influenzato l'intera vita di una
persona, questo ricorrerà?
O. Può accadere anche questo: che si ripeta lo stesso tipo di inci­
dente. Stiamo solo parlando di una teoria, ma una teoria può essere
più o meno buona, più o meno corrispondente agli eventuali fatti. Nel­
la vita meccanica, anche se le cose accadono, non danno praticamente
luogo a nessun cambiamento. Le cose diventano importanti solo quan­
do un uomo comincia a risvegliarsi, tramite una scuola o da sé. A parti­
re da questo momento le cose diventano serie. Dunque, la vostra è
una domanda che riguarda la ricorrenza meccanica o l'inizio del risve­
glio? Ricordatevi di questo principio del lavoro di scuola: se si lavora
poco o male, c'è più tempo, se si incomincia a lavorare seriamente, il
tempo è contato. C'è meno tempo. Tutto ciò vale anche per la ricor­
renza. Il lavoro di scuola significa influenza C. L'influenza C è consa­
pevole, sia nella sua origine che nei suoi risultati. L'influenza C può .
essere sprecata, come qualsiasi altra cosa, ma ciò non dovrebbe ac­
cadere.
D. Intende dire che se questa volta non lavoriamo, la prossima vol­
ta non troveremo una scuola?
O. Una scuola di qualsiasi tipo, anche del più elementare, non è
sottoposta alle leggi della ricorrenza. Le scuole sono più libere se pa­
ragonate alle cose della vita. Le guerre, le rivoluzioni, sono come lam­
pioni; le cose consapevoli sono come le luci delle auto che passano. Se
uscite, vedrete sempre gli stessi lampioni ma è improbabile che ve­
diate le stesse auto.
D. Ciò vuoi dire che un'opportunità non si presenta mai due volte?
O. La stessa opportunità, no. Sarebbe una perdita di tempo. Quando
22
La ricorrenza
si incontrano certe opportunità, si diviene responsabili dell'energia che
si impiega a tale riguardo. Se non se ne fa uso, non ricorreranno mai
più. I lampioni sono fissi; le auto non sono fisse, non sono fatte per
rimanere ferme, sono fatte per muoversi. È utile pensare che la pros­
sima volta non ci potrebbero essere le stesse opportunità. Ci aspettia­
mo che le cose siano le stesse, ma possono essere differenti. Dipende
anche dagli altri. Gli altri potrebbero cominciare prima. Per esempio,
io ho iniziato a tenere queste conferenze nel 1921, ma la prossima vol­
ta potrei cominciare a tenerle nel1900. Voi sarete pronti solo nel 1921,
ma nel 1921 potrebbe non esserci più nessuna opportunità per voi.
Questo è solo un esempio su cui dovreste riflettere.
D. È molto difficile pensare di prepararsi per incontrare prima il
sistema.
O. Voi non potete preparare nulla. Cercate di ricordarvi di voi stes­
si e allora ricorderete meglio le cose. Il problema principale è costi­
tuito dalle emozioni negative: ci piacciono cosl tanto che nient'altro
ci interessa. Se ora vi ricordate di voi stessi, allora la prossima volta
potrete ricordare.
2
Le emozioni negative
Le emozioni negative
1
O. Voglio ricordarvi in modo particolare l'idea delle emozioni nega­
tive e dello stato di emozione negativa. Questo in realtà è il secondo
punto importante del sistema. Ci sono due punti molto importanti:
il primo riguarda la consapevolezza, e il secondo riguarda le emozioni
negative.
Se ricordate dò che si è detto all'inizio riguardo alla consapevolezza
e all'assenza di consapevolezza, voi tutti, osservando le funzioni, do­
vete aver capito una cosa. Dovete aver capito che, ordinariamente, in
qualsiasi cosa che facciamo, pensiamo o sentiamo, non ci ricordiamo
di noi stessi. Non ci rendiamo conto di essere presenti, di essere con­
sapevoli, di essere qui.
Ma allo stesso tempo dovete già sapere e dovete aver già capito che
se compiamo sforzi sufficienti per un tempo abbastanza lungo, possia­
mo aumentare la capacità di ricordard di noi. Cominciamo a ricorda­
re noi stessi più spesso, cominciamo a ricordare noi stessi più pro­
fondamente, cominciamo a ricordare noi stessi in rapporto con più
idee: l'idea della consapevolezza, l'idea del lavoro, l'idea dei centri,
l'idea dello studio di sé, l'idea delle scuole.
Ma il problema è come ricordare se stessi, come rendersi più consa­
pevoli. Se riprendete l'idea delle emozioni negative, troverete che esse
costituiscono il principale ostacolo al ricordo di noi stessi. Pertanto
le due cose sono interdipendenti: non si può combattere contro le
emozioni negative se non ci si ricorda maggiormente di se stessi, e non
ci si può ricordare maggiormente di se stessi se non si combatte contro
le emozioni negative. Se vi ricorderete di queste due cose, tutto vi sarà
assai più comprensibile. Cercate dunque di rammentare queste due
idee, che sono collegate. Ora, per quanto riguarda la lotta contro le
emozioni negative, innanzitutto è necessario comprendere che non esi­
ste nessuna emozione. negativa che sia utile, che abbia una qualsiasi
utilità. Le emozioni negative sono tutte egualmente nocive e sono tutte
24
Le emozioni negative
segno di debolezza. In seguito dovete capire che è possibile combatter­
le, che possono essere vinte ed eliminate, perché non sono dotate di
alcun centro reale. Se lo avessero, non ci sarebbe nessuna possibilità;
saremmo costretti a rimanere per sempre in balla delle emozioni nega­
tive. Ma fortunatamente esse non hanno alcun centro reale. Ciò che
opera è un centro artificiale che può essere distrutto e disperso, e ci
sentiremo assai meglio quando non vi sarà più. Ma è già molto riuscire
a capire questa possibilità; abbiamo cosl tante convinzioni, cosl tanti
pregiudizi e persino principi riguardo alle emozioni negative, che è
difficilissimo sbarazzarsi dell'idea che esse siano necessarie e inevi­
tabili. Finché crediamo che sono necessarie, inevitabili, o addirittura
utili per poterei esprimere e molte altre cose, non possiamo far nulla.
È necessaria una certa lotta mentale per rendersi conto che le emo­
zioni negative sono del tutto inutili, non hanno alcuna funzione posi­
tiva, e che tuttavia, nello stesso tempo, tutta la nostra vita è basata
su di esse. Nessuno lo capisce.
D. A me sembra che certe circostanze ci costringono di fatto ad
avere emozioni negative.
O. Credere che le emozioni negative siano prodotte dalle circostan­
ze è una delle nostre più forti illusioni. Tutte le emozioni negative sono
in noi, dentro di noi... Pensiamo sempre che delle nostre emozioni ne­
gative siano responsabili o gli altri, o le circostanze. Pensiamo sempre
cosl. E questa è la nostra principale illusione. Le nostre emozioni ne­
gative sono dentro di noi e noi stessi ne siamo le causa. Non esiste
assolutamente una sola ragione inevitabile per cui un atto di qualcuno
o certe circostanze debbano procurarmi un'emozione negativa. È solo
una mia debolezza.
D. Allora, quando muore il nostro migliore amico, dovremmo con­
servare il buon umore?
O. La morte di un amico o un qualsiasi dolore non sono emozioni
negative, sono sofferenza. La sofferenza può produrre un'emozione ne­
gativa solo se vi identificate con essa. La sofferenza può essere reale,
le emozioni negative non sono reali. A ogni modo, la sofferenza occupa
una parte molto limitata nella nostra vita, mentre le emozioni negative·
ne occupano la maggior parte, si impossessano di tutta la nostra vita.
E sapete perché? Perché le giustifichiamo. Pensiamo che siano pro­
dotte da qualche causa esterna. Quando sappiamo che non possono
essere prodotte da cause esterne, la maggior parte di esse scompare.
Questa è la prima condizione: dobbiamo capire che non possono essere
prodotte da cause esterne, se vogliamo liberarcene. In genere esistono
perché le accettiamo, le giustifichiamo, attribuendole a cause esterne;
e cosl non le contrastiamo. Ecco che cosa è importante capire.
Le emozioni negative
25
D. Per quale motivo ci preoccupiamo tanto di conservare le emo­
zioni negative?
O. L'abitudine : ci siamo abituati alla loro presenza, e non possia­
mo più farrie a meno. Che farebbero tante persone se venissero a man­
care le emozioni negative?
D. Non è forse la nostra immaginazione che fa peggiorare le emo­
zioni negative?
O. Esse non possono esistere senza immaginazione. Il dolore della
sofferenza di per sé non è un'emozione negativa, ma lo diventa quando
subentrano l'immaginazione e l'identificazione. La sofferenza emotiva,
come il dolore fisico, in sé non è un'emozione negativa, ma lo diventa
quando cominciate a ricamarci sopra.
D. Per lottare contro le emozioni negative dobbiamo osservare di più
e sforzarci di vincere la forte identificazione con l'emozione?
O. Sì. Parleremo in un secondo tempo dei metodi per contrastare
le emozioni, perché ci sono molti metodi, e ben precisi, ciascuno cor­
rispondente a una diversa emozione. Prima di tutto dovete combattere
l'immaginazione negativa e l'identificazione. Ciò è sufficiente a elimina­
re molte delle abituali emozioni negative, o comunque a ridurle con­
siderevolmente. Dovete incominciare cosl, perché si può iniziare a
far uso di metodi più efficaci nei confronti delle emozioni negative
soltanto quando si è già capaci, entro un certo limite, di lottare contro
l'identificazione e si è già fatta cessare ogni immaginazione negativa.
Questa deve essere totalmente eliminata. Finché ciò non è avvenuto,
è inutile studiare altri metodi. Voi potete fermare l'immaginazione ne­
gativa; e lo studio del processo di identificazione potrà già contribuire
a !imitarla. Ma la vera lotta contro le emozioni negative comincia più
tardi, ed è basata innanzitutto sulla esatta comprensione di come ven­
gono a crearsi, di che cosa c'è dietro di loro, di quanto siano inutili
e di quanto si perda per il piacere di abbandonarsi alle emozioni nega­
tive. Quando vi renderete conto di quanto perdete, forse troverete l'e­
nergia sufficiente per fare qualcosa al riguardo.
D. Da quello che ha detto, mi sembra che lei presupponga che ab­
biamo un 'Io', superiore a tutti gli altri, che è in grado di agire . . .
O. Non è che sia superiore: alcuni 'Io' intellettuali non sono in­
fluenzati dal centro emotivo e possono vedere le cose con imparzialità.
Possono dire: " Ho avuto questa emozione negativa per tutta la vita.
Che cosa ne ho guadagnato? Niente. Ho solo pagato e ho continuato
a pagare. Ciò significa che è inutile " .
D . Quando si è in preda a un'emozione negativa, possiamo arrestar­
la per mezzo del pensiero?
O. No, ma si può preparare il terreno in anticipo. Se vi esercitate
26
Le emozioni negative
per lungo tempo a creare l'atteggiamento mentale appropriato, questo
vi aiuterà in seguito ad arrestare le emozioni negative nella loro fase ini­
ziale. Ma se hanno già preso il soppravvento non è più possibile arre­
starle.
D. Ma ci debbono essere sicuramente occasioni in cui non si han­
no sentimenti negativi e tuttavia, per qualche motivo del tutto giusto,
ci si sdegna o ci si arrabbia . . .
O . I motivi giusti non esistono. Dovete capire una volta per tutte
che non esiste nessun motivo giusto per essere arrabbiati. E l'ira è in
voi, non è nella motivazione. Le emozioni negative non risiedono nelle
cause esterne, sono dentro di voi. Una volta che si è compreso questo,
si può iniziare a riflettere sulla situazione in modo corretto. Ma se an­
cora credete che esistano motivi esterni, ciò significa che non avete
ancora iniziato a pensare correttamente.
D. Perché la compagnia di determinate persone suscita emozioni ne­
gative più intense e più frequenti che in altri casi?
O. Le persone che sono soverchiate dalle emozioni negative e dal­
l'identificazione producono reazioni simili negli altri. In questi casi
bisogna imparare a isolarsi, tramite il ricordo di sé e la non identifi­
cazione. Isolarsi non significa diventare indifferenti.
D. Le emozioni negative sono sempre collegate in qualche modo
con l'identificazione?
O. Sempre. Le emozioni negative non possono esistere senza l'iden­
tificazione e l'immaginazione negativa. Queste due cose sono le basi
psicologiche delle emozioni negative, mentre le loro basi meccaniche
consistono nell'errato funzionamento dei centri.
D. Talvolta in un primo momento riesco a non esprimere un'emo­
zione negativa, ma poi essa continua a cercare di manifestarsi.
O. Ciò significa che ne ha eliminato soltanto la manifestazione ester­
na e che deve cercare di eliminarne la causa. Non sto parlando del­
l'emozione ma della causa dell'espressione. C'è una differenza. L'emo­
zione è una cosa e l'espressione un'altra. Cerchi di scoprire la differenza.
D. A che punto inizia l'espressione delle emozioni negative? Spesso
un'emozione, per esempio, la delusione, persiste nonostante gli sforzi
per eliminare l'immaginazione e l'identificazione. Se si riuscissero a
fare le giuste osservazioni e i giusti sforzi per vincere l'immaginazio­
ne e l'identificazione, potrebbe scomparire? Oppure continuerebbe a
persistere a dispetto di tutto questo? E se persiste, significa che la si
sta ancora esprimendo?
O. Dipende dalla situazione. In questo caso sono state mescolate
insieme molte cose. Dovete capire che se state parlando del non espri­
mere le emozioni negative, dovete parlare soltanto del non esprimere
Le emozioni negative
27
le emozioni negative. Se state parlando delle cause o dei motivi delle
emozioni, allora dovete parlare soltanto di questo e non menzionare la
questione dell'espressione. Una cosa alla volta.
D. È solo tramite l'osservazione che si può capire che la causa del­
l'espressione di una emozione negativa è diversa dalla causa dell'emo­
zione?
O. Non ho detto di fare confronti. Ho detto di parlare di una cosa
sola. Ho detto esattamente di non fare domande di questo tipo, di
non pensare a due cose nello stesso tempo. Se volete parlare della cau­
sa dell'espressione delle emozioni negative, parlate di questo. Se vole­
te parlare della causa delle emozioni negative, parlate della causa delle
emozioni negative. Ma non parlate delle due cose allo stesso tempo.
D. Se riesco a trattenermi dall'esprimere un'emozione negativa, i
risultati sono un'estrema irritabilità e una conseguente vulnerabilità a
tutte le cose esterne.
O. Certo, se cercate di sopprimere l'espressione vi sentite irritabili.
Questo significa che vi identificate. Cercate di conservare l'identifica­
zione e di eliminare l'espressione. Dovete cominciare con l'eliminare
l'identificazione.
D. È possibile che gli sforzi per controllare le emozioni negative
siano causa di stanchezza?
O. No. Tali sforzi ci danno molta più energia, non possono stan­
care. Potete stancarvi se vi limitate a reprimere l'espressione. Ma non
ho mai detto di reprimere. Ho detto: "Non esprimete; trovate le ragio­
ni per non esprimere". Il reprimere non è di alcun aiuto, perché prima
o poi l'emozione negativa salterà fuori. Si tratta di trovare le ragioni,
di pensare correttamente.
D. Si tratta di cambiare atteggiamento?
O. Proprio così. Infatti l'espressione dell'emozione dipende sem­
pre da un modo di pensare errato.
D. Vorrei che mi aiutasse a capire meglio come affrontare le emo­
zioni negative.
O. Dovete fare uno sforzo personale, ma prima di tutto dovete
classificare le vostre emozioni negative. Dovete scoprire quali sono
le emozioni negative che provate più spesso, perché si manifestano, che
cosa le provoca, e cosl via. Dovete capire che la sola possibilità di con­
trollare le emozioni è data dalla facoltà di pensare, e che il risultato
non è immediato. Se voi pensate nel modo giusto per sei mesi, ciò
avrà un effetto sulle emozioni negative, perché esse derivano da un
modo di pensare sbagliato. Se iniziate oggi a pensare correttamente,
questo non cambierà le emozioni negative di domani, ma il prossimo
gennaio potrebbe esserci qualche cambiamento.
28
Le emozioni negative
D. Quando penso alle emozioni negative, capisco perfettamente che
sono in noi stessi, e tuttavia subito dopo continuo ancora a essere ne­
gativo e a esprimere emozioni negative. Ciò accade semplicemente per­
ché non sono uno?
O. Primo, perché non siete uno e secondo, perché non provate nel
modo giusto. Come ho detto, si tratta di un lavoro lungo, e non ci
possono essere cambiamenti immediati. Se continuano a ricorrere le
medesime emozioni negative, se esse sono costanti, si cadrà sempre al
medesimo punto. Se ci si fosse osservati meglio, si sarebbe capito
quello che stava per accadere, o che era già accaduto, e se si fosse
pensato correttamente in precedenza, si sarebbe potuta opporre qualche
resistenza. Ma se l'atteggiamento non è quello giusto, se non si pensa
correttamente, allora si è indifesi, e l'emozione negativa ritornerà a
manifestarsi nello stesso momento e nello stesso modo, e cosi via...
La prima cosa che si deve fare è imparare a non esprimere le emo­
zioni negative, perché quando le esprimiamo siamo in loro potere. E
a questo punto non si può fare nulla. Innanzitutto si deve imparare a
non esprimerle. Poi si può cercare di non identificarsi, di creare un giu­
sto atteggiamento e di ricordarsi di se stessi.
Per quanto riguarda le emozioni negative, voglio che vi rendiate
conto che impedire la loro espressione e lottare contro di esse sono
due pratiche completamente diverse. Prima di tutto si cerca di impe­
dirne l'espressione. Non si può far nulla contro le emozioni negative, se
non si è già imparato a impedirne l'espressione. Quando si è raggiun­
to un certo controllo e si ha la capacità di non esprimere l'emozione
negativa, allora è possibile studiarle. Innanzitutto si deve capire quan­
to siano sbagliate e inutili, e poi che non possono esistere senza l'iden­
tificazione. Dopo averlo compreso, si deve cercare di dividerle in tre
categorie: non ho detto che sia subito possibile, ci vorrà molto tempo,
ma si deve continuare a provare. La prima è quella delle emozioni ne­
gative, più o meno ordinarie, di ogni giorno, che si manifestano fre­
quentemente e sono sempre associate all'identificazione. Ovviamente,
dovete osservarle e dovete già avere un certo controllo sulla loro
espressione. Poi dovete incominciare ad affrontarle, cercando di non
identificarvi, evitando l'identificazione il più spesso possibile, non so­
lo riguardo a queste emozioni ma anche a qualsiasi altra cosa. Se crea­
te in voi stessi la capacità di non identificarvi, ciò influenzerà le emo­
zioni e le vedrete scomparire.
Le emozioni che appartengono alla seconda categoria non si mani­
festano ogni giorno. Sono assai difficili e complesse, e dipendono da
qualche processo mentale come il sospetto, il sentirsi feriti e altri sen­
timenti simili. Sono le più difficili a vincersi. Potete affrontarle crean-
Le emozioni negative
29
do il giusto atteggiamento mentale, pensando correttamente, non nel
momento in cui siete in preda all'emozione negativa, ma nelle pause,
quando siete tranquilli. Sforzatevi di trovare il giusto atteggiamento,
il modo di' vedere giusto, e rendeteli permanenti. Se create un modo
di pensare corretto, ciò toglierà ogni forza alle emozioni negative.
Infine ci sono le emozioni della terza categoria, che sono molto più
intense, molto più difficili, e assai rare. Contro di esse non si può far
nulla. I due metodi precedenti, ossia la lotta contro l'identificazione
e la creazione di giusti atteggiamenti, non sono di nessun aiuto. Quando
si presentano queste emozioni, potete fare solo una cosa: dovete sfor­
zarvi di ricordarvi di voi stessi. Usate l'emozione per ricordarvi di voi
stessi. Dopo qualche tempo, questo le cambierà. Tuttavia è una cosa
speciale, e dovete esserci preparati.
Questi sono i metodi per affrontare le emozioni negative. Poiché ci
possono essere differenti emozioni negative, non potete usare sempre
i medesimi metodi, indiscriminatamente. Ma dovete essere pronti a ogni
evenienza. Come ho detto all'inizio, non sarà facile vincerle, è una
lotta difficile, ma il tempo vi sarà maestro. E ricordate, non confon­
dete mai tutto ciò con l'espressione dell'emozione negativa. Questa vie­
ne prima. Se ne è parlato sin dalla prima conferenza: prima di poter fare
qualsiasi altra cosa, si deve imparare a controllare la manifestazione
delle emozioni negative. Finché non si è in grado di far cessare l'espres­
sione, è completamente impossibile agire nei confronti delle emozioni.
Ma se si impara a controllare l'espressione, allora si può incominciare.
Ricordatevi che non potete far nulla quando siete in preda a un'emo­
zione negativa; potete agire soltanto prima o dopo.
D. Lei parla delle emozioni negative e della loro espressione come
di due argomenti del tutto separati; potrei avere più informazioni a
questo riguardo?
Q. Ne parlo separatamente perché per queste cose sono necessarie
conoscenze differenti. L'idea del non esprimere le emozioni negative
appare nella prima conferenza. Nel momento stesso in cui si inizia l'os­
servazione di sé è necessario osservare e tentare di non esprimere le
emozioni negative, e si deve lavorare su questo per lungo tempo. Poi,
successivamente, vengono date molte altre spiegazioni e altre pratiche,
e solo dopo moltissimo tempo si giunge allo studio delle emozioni in
quanto tali e allo studio dei metodi per cambiare le emozioni. Pertan­
to si tratta di cose del tutto differenti, che non possono essere asso­
ciate. Dovete capire che dopo qualche tempo che venite agli incontri,
alle conferenze, e tutto il resto, voi cominciate a dimenticare la cro­
nologia delle idee, mentre è molto utile ricordare l'ordine in cui sono
apparse.
30
Le emozioni negative
Le emozioni negative
II
D. Non riesco ancora a capire come tutte le cause delle emozioni
negative siano in me. Credo che ci debbano essere alcune cause che
provengono dall'esterno.
O. Se lei si osserva, capirà. Le cause esterne restano sempre le
stesse, ma talvolta causano in lei un'emozione negativa e talvolta no.
Perché? Perché le vere cause sono in lei. Le cause esteriori sono solo
apparenti. Se lei è in un buono stato d'animo, se ricorda se stesso,
se non si identifica, nulla di ciò che accade all'esterno (relativamente
parlando, non intendo riferirmi alle catastrofi) è in grado di produrre
in lei un'emozione negativa. Se lei è in un cattivo stato d'animo, se si
identifica, se è immerso nelle immaginazioni o in qualcosa del genere,
qualunque cosa che sia appena sgradevole produrrà in lei violente emo­
zioni. Si tratta di osservare.
D. Ma non riesco a capire come certe cose, ad esempio il compor­
tamento degli altri, non possano essere la causa di emozioni negative.
O. Perché sono solo delle macchine, e non c'è un motivo per cui il
comportamento di una macchina debba essere la causa di emozioni ne­
gative. Se una macchina vi colpisce, è colpa vostra; avreste dovuto to­
gliervi di mezzo. Se provate un'emozione negativa, la colpa non è
della macchina, è vostra. La negatività è in voi. L'influenza degli altri
su di voi non è cosl forte come credete, è solo il risultato di un'identi­
ficazione. Potete essere molto più liberi se non vi identificate, e qual­
che volta siete più liberi. Ecco perché ho detto che si deve osservare.
Se osservate attentamente, vedrete che talvolta vi identificate di più
e talvolta vi identificate di meno; e per questo motivo, talvolta siete
completamente in balla delle emozioni negative e talvolta potete op­
porre una certa resistenza. Imparare a resistere alle emozioni negative
può richiedere molto tempo, ma non è impossibile; è possibile. E im­
portante capire una cosa riguardo alle emozioni negative: le temiamo
troppo, le consideriamo troppo potenti. Saremo in grado di contrastar­
le solo se siamo perseveranti e non le consideriamo inevitabili e onnipotenti.
,
D. Recentemente, mentre parlavo con una persona, mi sono accorto
che mi stavo irritando ma, sebbene abbia tentato di opporre resisten­
za, non ho avuto alcun successo. Come posso riuscire a controllare la
collera?
O. Questo è un esempio di meccanicità. Non si può controllare la
collera quando ha già iniziato a manifestarsi. Non può essere altri­
menti, è già troppo tardi; è già scoppiata. C'è solo un modo per potet
controllare emozioni simili, come la collera. Ci vuole molto tempo.
Le emozioni negative
31
La lotta deve incominciare nella vostra mente. Dovete innanzitutto sco­
prire qual è il vostro modo di pensare. Supponiamo che dobbiate in­
contrare una certa persona e supponiamo che questa susciti la vostra
collera, che si manifesta. Ciò non vi piace. Come la potete arrestare?
Dovete partire dallo studio del vostro pensiero. Che cosa pensate di
questa persona: non che cosa provate nei suoi confronti quando siete
in collera, ma che cosa pensate di lei quando siete calmi? Potreste
scoprire che litigate mentalmente con lei, che volete provarle che ha
torto, che le ricordate tutti i suoi errori, che siete convinti che in
genere si comporti male nei vostri confronti. Ed è qui che sbagliate.
Dovete imparare a pensare correttamente; dovete trovare il modo di
pensare correttamente. Se ci riuscirete, ecco che cosa accadrà: anche se
l'emozione è molto più rapida del pensiero, essa è solo temporanea,
mentre il pensiero può essere reso permanente; cosl, ogni volta che
l'emozione proromperà, si troverà dinanzi questo pensiero permanente
e non potrà più continuare a manifestarsi. Pertanto potete contrastare
l'espressione delle emozioni negative, come si è dimostrato nel prece­
dente esempio, solamente creando un pensiero corretto permanente. È
impossibile spiegare in poche parole che cosa significhi pensare cor­
rettamente; dovete studiarlo. Se ricordate quello che ho detto riguardo
alle parti dei centri, potrete trovare una risposta: nella maggior parte
dei casi e nella maggior parte delle situazioni della vita ordinaria, le
persone pensano solo con la parte meccanica del centro intellettuale,
ma ciò non è sufficiente, bisogna usare la parte intellettuale del centro
intellettuale.
D. È perché le parti inferiori dei centri interferiscono tra di loro
che non riusciamo a rimanere nelle parti superiori?
O. Non possiamo considerare ciò una causa. La causa principale è
l 'identificazione.
D. Il modo più semplice per evitare l'identificazione è il ricordo
di sé?
O. È l'unico modo, perché sono due aspetti della medesima cosa,
che non possono esistere indipendentemente. Ma voi vi dimenticate
sempre dell'identificazione e di ricordarvi di voi. Cercare di ricordarsi
di sé e cercare di non identificarsi sono i mezzi principali per passare
nelle parti superiori dei centri.
D . La conquista di emozioni negative, come ad esempio la paura,
può creare energia?
O. Certamente. È uno dei mezzi più efficaci per accumulare energia.
Tutte;: le possibilità di sviluppo dipendono dalla conquista e dalla tra­
sformazione delle emozioni negative. Un uomo affetto dalle emozioni
negative non farà mai nulla.
32
Le emozioni negative
D. In cosa si possono trasformare le emozioni negative?
O. Sarebbe meglio dire che le si deve vincere. Ma se proprio vole­
te, si può dire che vengono trasformate in un certo tipo di emozione
alla quale si associa moltissima comprensione, in un'emozione delle
parti superiori dei centri. Quasi tutte le emozioni negative che abbia­
mo ora . possono essere trasformate in emozioni delle parti superiori
dei centri. Ma affinché questo avvenga, dobbiamo avere raggiunto una
certa comprensione, essere convinti che tutto ciò è necessario ed essere
decisi ad attuarlo.
D. Sono le emozioni negative che ci impediscono di accedere a que­
sti livelli emotivi?
O. Si. Il denaro che abbiamo è più che sufficiente, ma lo spendia­
mo tutto in cose spiacevoli. Se ne risparmiamo una quantità sufficien­
te, potremo usarlo nel modo giusto. La possibilità di usarlo dipende
dalla quantità a disposizione.
D. La paura è realmente un'emozione negativa?
O. Nella maggior parte dei casi è un'emozione negativa. La vera
paura risiede nel centro istintivo, ed è, relativamente parlando, assai
rara. Nella maggior parte dei casi la paura è immaginaria, è dentro
di voi.
D. Avete detto che il dolore è un'emozione negativa?
O. Il dolore appartiene al centro istintivo. Ci è molto utile, ci av­
visa del pericolo.
La divisione in emozioni del centro istintivo ed emozioni del centro
emotivo è molto importante e la potete trovare solo in questo siste­
ma. Le emozioni del centro istintivo e le emozioni del centro emotivo
sono affatto diverse, e in tutti gli altri sistemi non sono mai interamen­
te separate le une dalle altre. Ma senza questa separazione non si può
comprendere nulla. Le emozioni istintive, sia positive che negative, so­
no sempre utili.
Ci troviamo in una condizione molto strana, perché le emozioni po­
sitive non appartengono al nostro centro emotivo ordinario ma al cen­
tro emotivo superiore, e le emozioni negative non appartengono al cen­
tro ordinario ma esistono in un centro artificiale. Pertanto il nostro
centro emotivo non è né positivo né negativo, e il centro emotivo su­
periore non ha emozioni negative. Le emozioni negative sono una spe­
cie di creazione artificiale. Come vengono create? Il centro emotivo
prende del materiale dal centro istintivo, e crea le emozioni negative
con la parte negativa del centro istintivo e con l'aiuto dell'immagina­
zione. Le emozioni negative possono essere eliminate proprio perché
non hanno alcun centro reale. È un lavoro alquanto difficile, ma dove­
te rendervi conto che finché esistono le emozioni negative non può es-
Le emozioni negative
33
serci nessuna possibilità di sviluppo, perché 'sviluppo' significa svilup­
po di tutto quello che è nell'uomo. Le emozioni negative non possono
svilupparsi, per noi sarebbe davvero disastroso se lo potessero. Quin­
di, se cerchiamo di creare la consapevolezza, allo stesso tempo dob­
biamo lottare contro le emozioni negative.
Inoltre, quando si parla delle emozioni negative, si presenta anche
il problema di come affrontare le emozioni che non sono negative e
che possono essere persino piacevoli. Se potete provare queste emozio­
ni senza identificarvi (anche nel caso di emozioni piuttosto personali,
come l'amicizia e l'affetto), e se esse non si trasformano in emozioni
negative, allora io dico sempre che dal punto di vista di questo siste­
ma esse non possono recare alcun danno, sebbene altri sistemi le con­
siderino altrettanto nocive, il che è un'esagerazione. Ma se le emozioni
piacevoli generano emozioni negative, esse non possono indubbiamen­
te coesistere con lo sviluppo. Dovete scegliere tra queste due cose, per­
ché non le potete avere entrambe. Alcuni particolari tipi di emozioni ne­
gative debbono essere eliminate prima che si possa anche solo pensare
a qualsiasi serio sviluppo .
D. Avete forse detto che le emozioni negative derivano da un uso
errato del centro istintivo?
O. No. Le emozioni negative sono create a partire dal materiale pre­
so dal centro istintivo. Questo materiale è di legittima proprietà del
centro istintivo, al quale è stato abusivamente sottratto.
D. Come mai le emozioni negative sembrano influenzare in modo
cosl rilevante il funzionamento del centro istintivo?
O. Le emozioni negative influenzano tutti i centri. I centri sono
talmente collegati tra loro che non si può avere un'emozione negativa
particolarmente forte o violenta (e grazie all'identificazione, non ce
c'è n'è una che non diventi forte) senza influenzare tutti i centri. Se si
ha un'emozione negativa, non si può allo stesso tempo fare bene qual­
che altra cosa o pensare correttamente. Tutto è sbagliato: si mangia
nel modo sbagliato, si respira nel modo sbagliato, si cammina nel modo
sbagliato, si lavora nel modo sbagliato.
Le emozioni negative
III
D. Una volta ha detto che alcune emozioni negative rendono impos­
sibile il lavorare seriamente. Significa forse che esse debbono essere
totalmente estirpate prima che si possa cominciare? E che cosa inten­
de con 'lavorare seriamente'?
O. Per me, lavoro serio significa non solo lo studio, ma un cambia-
34
Le emozioni negative
mento. Prima si devono studiare alcune cose, poi si lavora per cam­
biarle. Ma poiché anche lo studio non può procedere senza un certo
cambiamento - perché i due processi dello studiare e del cambiare
non sono mai interamente separati - uno studio più serio di quello
iniziale può già essere considerato un lavoro serio. Alcune emozioni
negative rendono praticamente impossibile lavorare seriamente, perché
esse guastano qualsiasi risultato; una parte di voi lavorerà e l'altra
parte guasterà tutto. Pertanto, se si inizia questo lavoro senza aver
vinto le emozioni negative, dopo qualche tempo ci si può ritrovare
in una condizione peggiore di quella iniziale. Vi sono stati diversi casi
di persone che, desiderando conservare le proprie emozioni negative,
hanno reso impossibile ogni loro progresso nel lavoro. Anche se in
certi momenti ne erano consapevoli, non riuscivano a fare uno sforzo
sufficiente e in seguito le emozioni negative divennero più forti.
D. Potrebbe dirci qualcosa di più sull'uso del giusto atteggiamento
per combattere le emozioni negative? Deve essere qualcosa di più della
semplice non identificazione.
O. Certo che è qualcosa di più; significa pensare correttamente ri­
guardo a un determinato soggetto. Prendiamo un esempio: quasi tutte
le nostre emozioni negative sono fondate sull'accusa; il colpevole è
qualcun altro. Se ci rendiamo conto che nessuno può essere colpevole
nei nostri confronti, che noi stessi siamo la causa di tutto ciò che ci
accade, e perseveriamo in tali pensieri, questo cambierà le cose, ma non
subito, ovviamente, perché molte volte questa comprensione verrà
troppo tardi. Dopo un certo tempo, tuttavia, il· pensare in modo cor­
retto, il creare il giusto atteggiamento o il corretto punto di vista, può
diventare un processo permanente, e allora le emozioni negative si ma­
nifesteranno solo occasionalmente. Il processo di pensare correttamen­
te riesce a dominare le emozioni negative proprio perché è divenuto
permanente, e le può sopraffare sin dall'inizio.
D. Mi accorgo di passare gran parte del mio tempo in uno stato
negativo, non ben definito, e non riesco a far nulla a questo riguardo.
O. Certo, ma dovete esservi reso conto che ciò è generalmente col­
legato a qualche tipo di identificazione o di immaginazione. Quando
lei scoprirà le differenti manifestazioni di questo stato negativo, le
sarà possibile contrastarlo, perché la lotta avviene nella mente. Potrà
rifiutare certi punti di vista e accettarne altri, e molto presto sarà in
grado di vedere una differenza.
Tutto ciò è connesso con un grosso problema, perché se da un certo
punto di vista siamo molto meccanici e non possiamo fare nulla, da
un altro punto di vista, invece, possiamo cominciare a fare alcune cose,
anche se forse non molte. In noi ci sono alcune possibilità, ma non le
Le emozioni negative
35
usiamo. È vero che non si può 'fare', vale a dire che non si può cam­
biare quello che si sente quando lo si vuole, ma ci si può obbligare a
pensare a un argomento. Questo è l'inizio. Si deve sapere che cosa è
possibile e cominciare da n, perché la possibilità di 'fare' aumenta
molto rapidamente. Ci si può obbligare a pensare a un argomento in
un certo modo, oppure ci si può obbligare a non pensare.
Il pensiero ha un enorme potere, ma non ce ne rendiamo conto. Non
mi sto riferendo alla spiegazione filosofica di questo potere. Il potere
sta nel fatto che, se si pensa sempre a certe cose in modo corretto,
questo può diventare permanente, diventa un atteggiamento perma­
nente.
Potreste scoprire un'inclinazione a manifestazioni emotive sba­
gliate di qualche tipo: in un primo momento non potete far nulla,
perché, tramite un modo di pensare scorretto, avete sviluppato la ten­
denza a questo tipo di reazioni. Ma se iniziate a pensare correttamente,
dopo un certo periodo svilupperete la tendenza a reagire in modo di­
verso. Però questo metodo deve essere capito e questa comprensione
deve essere molto profonda. Lo si può applicare a molte e diverse co­
se. In realtà, questa è l'unica cosa che potete fare. Non potete 'fare'
nient'altro. Non si può lottare direttamente contro le manifestazioni
negative, perché esse sono inafferrabili; l'unico modo di prevenirle
consiste nel prepararsi adeguatamente prima che esse si manifestino.
Se la comprensione della loro nocività è solo momentanea, ciò non sa­
rà di alcun aiuto; deve essere molto profonda, altrimenti si dovrà an­
cora affrontare un processo altrettanto difficile per preparare il terre­
no prima di un'altra manifestazione. Non ci si rende conto di quanto
si perde a causa di queste manifestazioni spontanee di carattere ne­
gativo, che rendono impossibili tantissime cose.
D. Anche se comincio a pensare correttamente, non riesco a contra­
stare la tendenza all'imitazione: quando sento qualcuno che si lamen­
ta anch'io comincio a lamentarmi...
O. Cominciare a pensare correttamente non può produrre effetti
immediati. Bisogna pensare correttamente per molto tempo e àllora ci
saranno dei risultati, ma non immediatamente. Per creare i giusti at­
teggiamenti mentali ci vogliono mesi o anni, e il crearli è una confer­
ma della decisione effettiva e seria di non cedere alle manifestazioni
negative. Non capiamo quanto perdiamo a causa di queste ultime.
Perdiamo esattamente ciò che vogliamo ottenere.
D. Ma come è possibile premunirsi quando si sa che ci si troverà
in presenza di qualcosa che provoca sempre un'emozione negativa?
O. A questo ho già risposto. Prima di tutto si deve perdere l'abitu­
dine di esprimere le emozioni negative. Finché ciò non è avvenuto è
36
Le emozioni negative
impossibile parlare di qualunque altra cosa. Ecco perché già nelle pri­
me conferenze viene spiegato, assieme all'osservazione di sé, che si de­
ve imparare a non esprimere le emozioni engative. Non si può fare
niente finché si continuano a esprimere le emozioni negative, senza mai
tentare di farle cessare. E tutti sono capaci di non mostrare ciò che pro­
vano; non mi sto riferendo ai casi eccezionali, ma a quelli ordinari. La
negatività dipende completamente dall'identificazione, dall'immagina­
zione e da una particolare caratteristica, cioè dal permettere a se stessi
di esprimerla. Si crede sempre di non poterla arrestare e pertanto si
considera del tutto giusto manifestare le proprie emozioni. Prima di
tutto, quindi, ci si deve liberare di questa illusione, perché si può far
cessare la manifestazione delle emozioni negative. E se voi dite 'non
voglio farlo', vi crederò, ma non vi crederò se dite 'non posso farlo'.
D. Non riesco a immaginare nessun modo di pensare che non dipen­
da dalle associazioni.
O. È proprio così. Ma si possono cercare nuove associazioni, oppure
si può continuare a pensare tramite le vecchie associazioni senza fare
nessun tentativo per cambiarle. L'idea è di cercare nuove associazioni
introducendo nuovi punti di vista.
D. Sono rimasto colpito dalle limitazioni della nostra capacità di
pensare. Da che cosa dipendono?
O. Solo quando troverete in voi stessi esempi di un modo migliore
di pensare, che usi le parti superiori dei centri e che abbia una maggio­
re consapevolezza, capirete in che cosa consistono queste limitazioni.
Sappiamo che la nostra mente è limitata, ma non sappiamo in che cosa
è limitata. Quando vi renderete conto di questi due modi di pensare
e sarete in grado di metterli a confronto, capirete dove sta la differenza
e sarà possibile parlare delle cause. Per esempio, posso dirvi quali siano
le deficienze del nostro pensiero, ma ciò non significherà nulla per voi,
se non avete a disposizione osservazioni personali. Prima di tutto, ogni
pensiero è troppo breve, dovrebbe durare molto più a lungo . Quando
avrete fatto l'esperienza dei pensieri brevi e dei pensieri lunghi, ca­
pirete.
Dalle domande che mi sono state poste, mi accorgo che non com­
prendete come si manifestano le cose nuove. È difficile pensare a esse
perché siamo abituati a pensare per assoluti, o tutto o niente. Ma si
debbono capire due cose. La prima è che qualsiasi cosa nuova all'inizio
si manifesta a sprazzi. Appare e scompare. Solo dopo un certo tempo
questi attimi si allungano, e continuano ad allungarsi, sino a divenire
percettibili e visibili. Non c'è niente che si manifesti immediatamente
in forma completa. Tutte le cose che possiamo acquisire appaiono, poi
scompaiono, appaiono di nuovo, e tornano a scomparire. Dopo un lun-
Le emozioni negative
37
go periodo appaiono e rimangono per un po', permettendoci di dar
loro un nome, di notarle.
La seconda è che dobbiamo capire come ci inganniamo quando pen­
siamo nel modb ordinario: che possiamo 'fare', che non siamo colpevo­
li, che i colpevoli sono tutti gli altri, e cosl via. Dobbiamo cambiare
questo modo di pensare, dobbiamo capire quanto poco possediamo.
D. È meglio dire sempre 'io sono il colpevole'?
O. Questo è ugualmente sbagliato. Sarebbe semplicemente una scu­
sa per non pensare, una soluzione già pronta. Dobbiamo pensare ogni
volta.
D. Come possiamo prolungare questi attimi?
O. Facendo in modo che si ripetano le cause che li hanno prodotti.
Non voglio proporre nessun esempio, perché indurrebbe all'immagina­
zione. Tutto ciò che posso dire è che sforzandosi di ricordarsi di sé si
possono vedere alcune cose che ora non si vedono. I nostri occhi non
sono cosl limitati come pensiamo. Possono vedere molte cose, ma non
le notano.
D. Non è forse necessario percepire le cose in modo diverso prima
di poter pensare differentemente, percepire le cose nelle loro reciproche
relazioni e non come entità a sé stanti e separate?
O. Non si può percepire in modo diverso finché non si pensa in
modo diverso. Possiamo controllare soltanto i pensieri; non possiamo
controllare le percezioni. La percezione non dipende dai nostri desi­
deri o dalle nostre decisioni, dipende soprattutto dallo stato di consa­
pevolezza, dall'essere più svegli. Se si riesce a rimanere svegli per un
tempo sufficiente, diciamo per un'ora, si possono vedere molte cose
che ora non si vedono.
Gli atteggiamenti negativi
O. Sarebbe un'ottima cosa se poteste studiare l'argomento degli at­
teggiamenti negativi nello stesso modo in cui avete studiato le emozio­
ni negative.
Abbiamo già dedicato abbastanza tempo allo studio dell'aspetto psi­
cologico degli atteggiamenti negativi, ma questo argomento presenta
molti altri aspetti. Penso che dovremmo cercare di capire come la que­
stione degli atteggiamenti negativi ci metta in relazione con molte altre
possibilità. Vedete, la questione degli atteggiamenti negativi è una spe­
cie di ponte, una sorta di introduzione che ora ci conduce al capitolo
successivo dei nostri studi. Sino a ora il centro di gravità del nostro
lavoro, per lo meno dal punto di vista pratico, è stato in noi stessi,
è consistito nello studio e nel ricordo di sé, e cosl via. Nello stesso
38
Le emozioni negative
tempo, sin dall'inizio è stato spiegato che uno studio corretto dell'uo­
mo deve essere affiancato dallo studio dell'universo, e di fatto abbiamo
già ricevuto alcune idee che riguardano l'universo (quali il Raggio di
Creazione, i cosmi, gli idrogeni, ecc.) ma solo in linee molto generali;
e abbiamo anche un'idea delle leggi che regolano la vita dell'uomo.
Nello schema relativo al centro magnetico abbiamo parlato delle in­
fluenze alle quali l'uomo è sottoposto, le influenze A, B e C. Le in­
fluenze C si manifestano solo a un certo momento, e per pochissime
persone.
Poi abbiamo parlato del significato di queste influenze A, B e C.
Questo è connesso con l'idea spiegata all'inizio, che l'uomo è una mac­
china controllata dagli eventi esterni, dalle cose che lo circondano. Ma
non abbiamo mai specificato quali siano queste cose, le abbiamo con­
siderate solo in quanto influenze. Ora è giunto il tempo di studiare
queste influenze, dobbiamo imparare a suddividere le cose in categorie,
mentre il lato pratico consisterà nell'apprendere a controllare le in­
fluenze, a divenire ricettivi ad alcune di esse, e a non essere ricettivi
nei confronti di quelle che non vogliamo. Questo è, per cosl dire, il
'programma'.
Quello che ho chiamato il 'nuovo capitolo' si riferisce allo studio
della vita. Sino a ora il centro di gravità del nostro studio è stato co­
stituito da noi stessi; anche se continuerà a essere così, è necessario
incominciare a studiare le cose esterne e cercare di capire, di formarsi
una corretta opinione riguardo alle cose esterne. Non saremo in gra­
do di proseguire, né di andare troppo lontano, se non impareremo a
distinguere tra gli eventi esterni. Abbiamo già imparato a far questo,
entro certi limiti, in relazione a noi stessi, e comunque dobbiamo essere
capaci di capire che cosa è bene e che cosa è male (intendendo i ter­
mini 'bene' e 'male' nel loro significato più elementare ) . Se il nostro
scopo è il lavoro, se lo scopo consiste nel risvegliarci, nel liberarci o
in cose del genere, allora, da questo punto di vista, possiamo conside­
rare come 'male' tutto ciò che impedisce il nostro lavoro, tutto ciò che
distoglie la nostra energia dal lavoro o che lo ostacola, e 'bene' tutto
ciò che ci dà energia e aiuta il nostro lavoro, tutto ciò che lo favorisce.
Ora dobbiamo imparare a studiare gli eventi esterni, gli eventi su
vasta scala, e scoprire che cosa è bene e che cosa è male dal punto
di vista di una possibile evoluzione. Se negli eventi esterni scopriamo
qualcosa che favorisce l'evoluzione, ci troviamo immediatamente a do­
ver affrontare un quesito : come è possibile per l'evoluzione indivi­
duale, cioè l'evoluzione di un piccolo numero di persone, influenzare
la condizione generale degli uomini? Abbiamo già sentito parlare del
circolo esoterico, dei circoli intermedi e del circolo meccanico. E se
Le emozioni negative
39
osserviamo lo stato attuale delle cose, se cerchiamo di pensare alla
vita esterna, e ci chiediamo in che condizione si trovi, come la possia­
mo considerare dal punto di vista del circolo esoterico, allora vedremo
sicuramente che la condizione dell'umanità è ben lontana dall'essere
favorevole.
Infatti, da un lato noi sappiamo che non tutti possono essere
nel circolo esoterico, e tuttavia, contemporaneamente, nella vita ci
possono essere precise influenze del circolo esoterico; e a questo ri­
guardo possiamo sicuramente dire che tali influenze non esistono nel­
la nostra vita. La vita va avanti da sé. In che condizione si trova il
circolo esoterico? Non lo sappiamo ; è una questione puramente teori­
ca. Ma di fatto nella vita non possiamo vedere alcun segno che provi
un preciso controllo delle cose da parte del circolo esoterico.
I principi di cui ora vi sto parlando debbono essere compresi da
punti di vista assai diversi. Negli anni in cui abbiamo studiato l'uomo
e la struttura generale dell'universo su vasta scala, siamo giunti a trar­
re delle conclusioni molto utili; ora dobbiamo ritrovare tutte le con­
clusioni a cui eravamo giunti in precedenza. Ho parlato delle 48 leggi,
dell'uomo-macchina, delle influenze A, B e C ; ci sono molte altre idee
alle quali dovete pensare da soli: dovete trovare quali di esse ci met­
tono in relazione con il problema della nostra posizione rispetto alle
cose esterne. In linea di massima, questa è la situazione dell'uomo:
egli è una macchina, ed è governato da alcuni tipi di correnti che pro­
vengono dalle grandi macchine che lo circondano. Quali sono queste
grandi macchine? Tutti i grandi avvenimenti, le guerre, le rivoluzioni,
le civiltà, le religioni, la scienza, l'arte, le invenzioni dell'ultimo secolo;
tutte queste cose continuano a produrre diverse influenze sull'uomo,
che vive sotto il loro potere.
A questo proposito vorrei ricordare solo un punto che è necessario
capire e dal quale è bene osservare tale questione. Come ricorderete,
parlando dei centri si è spiegato che, da questo punto di vista, noi
non siamo in grado di controllare le nostre funzioni, cioè i nostri pen­
sieri, movimenti o emozioni, perché, nel migliore dei casi, la volontà
dell'uomo riesce appena a controllare un solo centro, e gli altri centri
si contrapporranno a questa volontà. Supponiamo che io sappia già
tutto ciò che si deve sapere, e che decida di pensare in un modo
nuovo. Comincio a pensare in un modo nuovo; ma poi mi metto a
sedere nella solita posizione, o a fumare una sigaretta nel solito modo,
e mi ritrovo di nuovo nei vecchi pensieri.
Ed è cosl anche con le emozioni; si decide di cambiare il proprio
modo di sentire nei riguardi di qualcosa, ma poi si pensa nel solito
vecchio modo e immancabilmente tornano a ripresentarsi le medesime
40
Le emozioni negative
emozioni negative, e non si ha alcun controllo sulla situazione, che,
in questo senso, è quasi disperata.
Si è poi spiegato, parlando delle scuole, che solo in esse esiste una
possibilità, cioè, che solo in seguito a un lavoro cosl organizzato si
possono simultaneamente sviluppare e controllare i centri. E si è spie­
gato che per il controllo del centro motorio è necessaria un'organizzazio­
ne e la volontà di qualcun altro. Come ricorderete, abbiamo parlato
dell'esercizio dello 'stop', e di altre cose del genere. Ma qual è la si­
tuazione delle persone che non conoscono queste scuole? Intellettual­
mente ammettiamo che da qualche parte debbono esistere scuole, ma
non sappiamo dove. È stato spiegato molto chiaramente, e ciò deve
essere considerato un fatto indubbio, che è impossibile studiare il cen­
tro motorio, o lavorare su di esso, senza un insegnante che abbia una
specifica esperienza in questo aspetto del lavoro, che ne abbia una
conoscenza approfondita e che sia specificamente preparato a questo ri­
guardo. Ma anche nelle scuole ci sono molti problemi, per esempio, il
problema dell'età. Se un uomo è giovane, può iniziare a lavorare sul
centro motorio, ma se è anziano ciò diventa più difficile, quasi impos­
sibile, perché le abitudini motorie sono molto forti ed è arduo arriva­
re alla loro origine.
Pertanto, a questo punto ci si può domandare: ciò significa che è as­
solutamente impossibile ottenere qualche risultato senza una scuola,
oppure vi è qualche possibilità? Parleremo di questo in un secondo
tempo, e vedremo che tale possibilità esiste, e che è necessariamente
collegata alla questione di cui ora stiamo trattando. È impossibile agi­
re simultaneamente su due centri, sul centro del pensiero e sul centro
emotivo, perché si intrometterà sempre il centro motorio. Il centro
motorio lavorerà inconsciamente a favore della meccanicità, perché è
abituato a operare in un certo modo, e ostacolerà tutti i centri. Dobbia­
mo quindi accettare questo fatto come una delle condizioni che limi­
tano il nostro lavoro. E infatti questa è una delle 48 leggi.
Quando sappiamo tutto ciò, possiamo capire la nostra situazione. E
dobbiamo lavorare sul centro emotivo e sul centro intellettuale. Dob­
biamo ricordare tutto ciò che abbiamo imparato a questo riguardo, e
riguardo alle emozioni negative. Dobbiamo ricordare tutto ciò che ab­
biamo ora capito a proposito delle emozioni negative. E dobbiamo ag­
giungere che i nostri atteggiamenti sono una sorta di fili che ci connet­
tono con gli eventi, e che certe correnti prodotte dalla natura di tali
atteggiamenti passano attraverso questi fili; la natura della corrente
determina il tipo di influenza che riceviamo da un dato evento. Un
grande avvenimento produce su di noi un'influenza, che può tuttavia
essere cambiata dal nostro atteggiamento. Questo è il solo modo in
Le emozioni negative
41
cui possiamo compensare l'influenza del centro motorio. Diversamen­
te, anche se lavoriamo per più di trent'anni, rimarremo sempre allo
stesso punto. Impereremo, conosceremo e capiremo di più, ma ci tro­
veremo sempre nello stesso atteggiamento negativo e nella stessa emo­
zione negativa. Se si fa ricorso soltanto alla propria energia, non c'è
nessuna possibilità di cambiare tale situazione. Ma se cambiando il
nostro atteggiamento nei confronti di qualche influenza esterna, cam­
biamo così il carattere dell'influenza, questo potrà equilibrare il lavoro
dei centri e ci aiuterà a superare l'intervallo tra la nota in cui ci tro­
viamo e la nota in cui vorremmo trovarci.
Per oggi non posso dilungarmi in ulteriori spiegazioni; è un gros­
so problema e ritorneremo a parlarne. E ora, per favore, pensate e fate
tutte le domande che potete, cercando di ricordare che ora dobbiamo
pensare secondo questi criteri. Che cosa ci potrà aiutare in questo la­
voro? Soltanto una maggiore conoscenza, una maggiore conoscenza di
noi stessi e una maggiore conoscenza delle cose.
È necessario comprendere una nuova cosa, che è molto importante,
riguardo al funzionamento negativo del centro emotivo e del centro
intellettuale. E riflettendo su questo punto possiamo capire che erano
necessari tutto il lavoro precedente, tutti quei discorsi, tutte quelle
teorie, per poter parlare in questo modo. Se avessi detto le stesse cose
a principianti, le avrebbero fraintese.
Ecco ciò che voglio dire: all'inizio, quando si è parlato per la pri­
ma volta delle parti negative dei centri, la parte negativa del centro
emotivo è stata considerata una cosa del tutto legittima. E anche la
parte negativa del centro intellettuale è stata considerata inevitabile. Ma
quando si procede e si cominciano a studiare i diversi tipi di emozioni,
si comprende che la parte negativa del centro emotivo non solo è inu­
tile, non solo è illecita, non solo è la causa di tutti i mali, ma, e ciò
è ancora più importante, non ha alcun diritto di esistere, non è affat­
to necessaria. Abbiamo già parlato molto di questo e non mi ripeterò.
È invece assai più difficile capire che lo stesso vale anche per il centro
intellettuale. Anche la parte negativa del centro intellettuale non è
necessaria. Ma ci vuole un maggiore sforzo mentale per rendersene
conto. Possiamo comprenderlo quando ci accorgiamo di non sapere co­
sa siano gli atteggiamenti positivi, così come non sappiamo cosa siano
le emozioni positive.
E ora arriviamo a una cosa che secondo me è molto interessante.
Quello che voglio dire è che i centri con cui viviamo non sono affat­
to centri. Abbiamo già spiegato che il centro formatorio è soltanto un
apparato di registrazione, ed è già stato detto con chiarezza che non è
un centro. Anche il centro emotivo ordinario non è un centro; è una
42
Le emozioni negative
specie di organo sensorio, che non può essere definito un vero e pro­
prio centro, perché, dopo tutto, i centri sono solo tre: quello emotivo,
quello intellettuale e quello motorio-istintivo-sessuale. Il centro emo­
tivo superiore e il centro intellettuale superiore differiscono da quelli
ordinari, in primo luogo per la velocità, e secondariamente, perché in
essi non ci sono parti negative, non c'è alcun 'No'. Ed è proprio il 'No'
a far funzionare i nostri centri a una velocità ridotta. Se in un centro c'è
un 'No', esso non può funzionare correttamente. Per noi è impossibile
capire i veri centri, cioè i centri superiori, che funzionano senza il 'No'.
Perché è impossibile? Perché pensiamo con un centro in cui c'è il 'No' ,
e pertanto non possiamo capire che cosa significhi pensare o sentire
senza alcun 'No'.
Voglio ricordarvi una cosa, che non è in relazione con la Dottrina
Speciale, ma che si trova in un altro libro. Quando abbiamo letto il
capitolo intitolato " Misticismo sperimentale", ho richiamato la vostra
attenzione su alcune interessanti esperienze che ho avuto quando ho
pensato a certe cose in un certo stato. In tale occasione avevo capito,
del tutto inaspettatamente, che potevo pensare ad alcune cose ma non
ad altre, perché non esistevano. Ciò non significa che avessi un atteg­
giamento negativo nei loro confronti. Non potevo costringermi a pen­
sare a esse: erano semplicemente inesistenti. Non c'era nessun senti·
mento negativo. E mi ero posto diverse domande; in certi casi ero riu­
scito ad analizzarle e a trovarvi qualcosa; ma per altre domande non
c'era risposta, erano forme vuote, parole senza alcun significato. Que­
sto è un esempio di come un certo centro non ben identificato, comun­
que, un qualche tipo di centro pensante, possa funzionare senza 'No'.
I veri centri possono vedere ciò che esiste e ciò che non esiste, e pos­
sono pensare solo alle cose esistenti; per essi le cose inesistenti sem­
plicemente non esistono.
Inoltre la nostra mente ordinaria non sa come vivere senza negazio­
ni; la negatività, di qualsiasi forma, ha una parte così importante nel
nostro modo di pensare, che ci sembra impossibile pensare senza 'No'.
Quanto abbiamo detto in parte indica la via, e in parte mostra la dif­
ficoltà della via. È conoscenza. E la conoscenza è necessaria; è la sola
cosa che ci può aiutare, in questa via.
D. Avete .detto che i fili sono i nostri atteggiamenti negativi?
O. Non è necessario che siano negativi.
D. Se cambiamo questi atteggiamenti, saremo in grado di ricevere influenze esterne differenti?
O. Sì.
D. E dobbiamo cercare di discriminare tra le influenze A, B e C?
O. Prima di tutto, poiché stiamo parlando degli eventi, dobbiamo
Le emozioni negative
43
studiare gli eventi esterni, e non solo le cose interiori. Sino a ora ab­
biamo detto che tutte le cause sono dentro di noi; ora cercheremo di
trovare le cause nelle cose esterne. Per esempio, se pensiamo allo stato
evolutivo dell'umanità in rapporto all'esoterismo, vedremo che ci sono
molte cose che ostacolano una possibile evoluzione, e altre cose che
hanno una certa utilità, che possono aiutare. Dobbiamo cercare di crea­
re certe norme di comprensione, o meglio, una certa qualità di com­
prensione, nei riguardi delle cose esterne; ciò significa che non dobbia­
mo giudicarle in base alle simpatie o antipatie personali, o al fatto che
ci piacciano o no, ma cercare di valutarie dal punto di vista del loro
rapporto con questa possibile evoluzione. In altre parole, dobbiamo
considerarle dal punto di vista dell'aumento del potere dell'esoterismo.
Perché l'evoluzione dell'umanità significa l'aumento del potere del cir­
colo esoterico sulla vita.
Per quanto riguarda le 'influenze', è necessario capire che in ogni
momento siamo circondati da moltissime grandi cose in movimento,
che ci influenzano indipendentemente dal fatto che ne siamo consape­
voli, ci influenzano sempre. Si possono avere opinioni molto precise nei
loro confronti, si possono avere opinioni molto precise riguardo alle
guerre, alle rivoluzioni, agli eventi della vita sociale, alla vita politica,
all'arte; oppure si può essere indifferenti, negativi, per lo più negativi
o per lo più positivi; ma in ogni caso ciò che per un aspetto è positivo,
per un altro è negativo, non cambia nulla. Gli uomini sono influenzati
da queste cose; e quel che definiscono un atteggiamento positivo non
indica in realtà un atteggiamento positivo, ma semplicemente che a
essi piacciono certe cose. Il vero atteggiamento positivo è del tutto
differente. È più facile definire l'atteggiamento positivo dell'emozione
positiva, perché si riferisce al pensiero. Il vero atteggiamento positivo
implica la comprensione della cosa in quanto tale, e la comprensione
della qualità della cosa dal punto di vista, per cosl dire, dell'evoluzione
e di ciò che la ostacola. Le cose che sono contrarie, cioè che non aiu­
tano, non vengono prese in considerazione, sono semplicemente inesi­
stenti, per quanto grandi possano essere esternamente. E se scompaio­
no, perché non le si vede, ci si può liberare della loro influenza. Ma è
anche necessario capire che il non vedere le cose sbagliate non signi­
fica essere indifferenti; è completamente diverso dall'indifferenza. In­
fatti è indubbio che coloro che sono indifferenti non vedono le cose,
ma le cose continuano egualmente a influenzarli.
D: Lei ha detto che l'atteggiamento positivo implica la comprensione.
O. Per esempio, come ho già detto, quando mi trovavo in quel
particolare stato che è stato descritto nel capitolo sul " Misticismo spe­
rimentale ", mi ero posto diverse domande, e avevo scoperto che po-
44
Le emozioni negative
tevo analizzare certe cose mentre per altre ciò era impossibile,
non esistevano.
perché
Bisogna pensare alle cose facendo uso delle ordinarie facoltà emo­
tive e intellettuali e cercando di scoprire il loro rapporto con l'evolu­
zione, l'evoluzione come noi la intendiamo, cioè quale aumento del­
l 'influenza dei circoli interni e quale sviluppo delle possibilità di acqui­
sire il giusto tipo di conoscenza da parte del giusto tipo di persone.
D. Vuol dire che dobbiamo cercare di inquadrare cose come la po­
litica, l'educazione e la religione, e vedere quale di esse aiuti l'evolu­
zione?
O. Dobbiamo capire qual è il loro peso. Cercate di ricordarvi, ciò
è già stato spiegato a proposito delle parole. Le parole hanno un diverso
peso, ed è necessario sentirne il peso, essere capaci di soppesarle.
D. Suppongo che lei valuti molto poco la politica.
O. Non faccio alcuna valutazione. C'è politica e politica.
Dovete capire che ci troviamo di fronte a un problema molto dif­
ficile. Dobbiamo scoprire che cosa è bene e che cosa è male, e non
dobbiamo sottrarci a questo compito. Finora, con l'aiuto del lavoro
siamo stati capaci di definire il bene e il male in rapporto a noi stessi;
ora dobbiamo uscire dal guscio per guardarci intorno, usando gli stessi
metodi e gli stessi principi. Se per le cose esterne usiamo principi di­
versi da quelli che usiamo per noi stessi, finiremo sicuramente per tro­
varci in una situazione impossibile, e non otterremo mai nulla.
D. Possiamo allora usare gli stessi metodi, per noi stessi come per
gli eventi esterni?
O. Certo. I principi sono gli stessi. Ma, ancora una volta, a que­
sto riguardo dovete ricordare qualcosa di ciò che avete imparato in
precedenza; qualcosa che vi mostrerà quale è la via possibile e quale
è impossibile. Dovete ricordare quanto si è detto in relazione ai cosmi:
un cosmo non rappresenta l'universo, ma tre cosmi rappresentano l'in­
tero universo. Non c'è nessuna analogia tra l'universo e i singoli
cosmi.
D. Quando parlate di 'sviluppo dell'uomo', vi riferite all'uomo in
quanto individuo?
O. Che differenza c'è? Il principio è il medesimo; ciò che è bene
per lo sviluppo di un uomo, vale anche per lo sviluppo di dieci uomini,
e ciò che è bene per dieci, è bene anche per duecento, è sempre lo
stesso.
Si possono analizzare gli eventi in base all'idea dei diversi tipi di
influenze, C, B e A. Le influenze A derivano da combinazioni di forze
del tutto meccaniche e accidentali. Le influenze B sono tutto ciò in
cui inizialmente vi è una certa intenzione consapevole, che però cambia
Le emozioni negative
•
45
molto rapidamente, distorcendo e alterando, divenendo distorta e al­
terata, oppure che, in certi casi, rimane a un livello più o meno pu­
ramente formale, ma si tratta di una forma meccanica. E le influenze
C sono tuttò ciò che è originato dalla consapevolezza e che agisce
consapevolmente.
Chiarito questo, possiamo chiederci : quante influenze del terzo ti­
po vediamo? E dobbiamo rispondere che non ne vediamo mai. Quando
cerchiamo, troviamo soltanto certe manifestazioni dell'influenza B; e
qualsiasi forma di influenza B è circondata da ogni possibile pericolo
e ci sono infiniti tipi di forze che tentano di distruggerla. Molte for­
me di influenza B scompaiono, per così dire, sotto i nostri occhi; oggi
non si possono più trovare certe cose che potevano essere trovate die­
ci anni fa, o anche meno.
È probabile che stiamo vivendo in un'epoca molto interessante, ma
è impossibile dirlo con sicurezza, perché praticamente in ogni periodo,
in ogni epoca, si pensa 'questa è un'epoca straordinaria'. Non c'è stato
un momento nella storia in cui non si sia pensato 'questa è un'epoca
del tutto unica'. E tuttavia nella nostra epoca esistono alcuni grandi
avvenimenti, che non si sono mai manifestati in precedenza. Per esem­
pio, potete dirmi con precisione qual è la cosa più straordinaria del
nostro tempo?
D. Le cose che vanno molto più in fretta?
O. Ma perché? In realtà il tempo continua a essere lo stesso.
D. L'instabilità?
O. Nessuna differenza, è sempre la stessa. Ci potrebbe essere più
stabilità ora, non lo sappiamo; ma se c'è instabilità, questa è un effet­
to e non una causa. Perché pensate che l'instabilità sia una caratteri­
stica del nostro tempo e perché ci sarebbe dovuta essere una maggiore
stabilità ai tempi di Cesare?
D. Le invenzioni? Le scoperte scientifiche?
O. Sì. Ma capite cosa è cambiato? Prendete duecento anni fa e ora.
Quanta forza era usata allora e quanta forza è usata ora? Queste forze
entrano sempre di più nella vita, e le invenzioni sono assolutamente
senza direttive, pertanto non si sa mai quello che può essere inventa­
to domani. Ciò è molto evidente a livello pratico, perché ora un'inven­
zione può essere scartata dopo tre anni, mentre vent'anni fa un piano­
forte, o qualcos'altro, poteva durare per tutta una vita.
D. Lei ha forse detto che cambiando gli atteggiamenti negativi sarebbe possibile compensare la mancanza di lavoro speciale sul centro
motorio?
O. Sì, ma dovete ricordare che questo avviene solo molto più avan­
ti. Tuttavia, se impariamo realmente a creare atteggiamenti corretti
46
Le emozioni negative
nei confronti delle cose, saremo in grado di cambiare la qualità delle
influenze che riceviamo; allora esse potranno vincere l'influenza nega­
tiva del centro motorio automatico. Non c'è altro modo di vincerla.
D. L'aumento delle invenzioni significa un aumento delle influen­
ze A?
O. No, non significa un aumento delle influenze A. Se volete, si po­
trebbe definire anche cosi, ma ciò che è importante è l'aumento della
quantità di forza che viene usata. Oggi si usano enormi quantità di
energia che prima non si sarebbero mai potute usare, e questa energia
può essere diretta in questa o in quella direzione. A mio avviso, questo
rende unico il nostro tempo. Nella storia non c'è mai stàto un periodo
simile, sebbene certamente anche cinquecento anni fa si pensava che la
propria epoca fosse eccezionale. Davvero, se si esamina la storia non
si può trovare un'epoca simile alla nostra.
D. Allora, se apparisse un uomo consapevole, potrebbe ...
O. Un uomo consapevole non può apparire da solo. Un uomo con­
sapevole può 'fare' soltanto tramite altri uomini, che siano pronti ad
accettare la sua guida.
D. In che modo la questione delle invenzioni cambia la possibilità
di evoluzione per l'uomo?
O. Può far si che presto non ci potrebbe essere più nulla da evol­
vere. Supponete che qualcuno inventi qualcosa per distruggere la terra,
tutta la vita sulla terra; non ne siamo lontani!
D. Siamo all'inizio della nostra stessa distruzione?
O. Non sto parlando dei fatti; sto parlando di principi, delle inven­
zioni, che sono fuori controllo. E se si continua cosi, sarà impossibile
dire quale sarà la prossima invenzione, e dove andremo a finire con
tutte queste invenzioni, e quale forza potrà arrestarle. Non intendo di­
re che tutto ciò potrebbe essere fermato o cambiato; ne ho parlato solo
per dimostrare che, forse, viviamo in un'epoca interessante.
D. Se viene usata più energia. . .
O. Ciò significa che le forze possono essere usate per una cosa o
per l'altra.
D. Viene usata a favore della meccanicità invece che per l'evolu­
zione ...
O. Non mi sto riferendo all'evoluzione. Ma supponete che la gente
si porti in tasca delle bombe. Dio solo sa che cosa potrebbe succedere !
Non intendo dire niente di più. Queste invenzioni hanno anche un al­
tro aspetto: le macchine, in particolare le grandi macchine, costringono
a lavorare in un certo modo; oppure, le cose accadono in un certo
modo a . causa delle macchine che possono funzionare solo in un certo
modo, e devono essere alimentate. Si inventano sempre più macchine
Le emozioni negative
47
per scopi sempre più diversi, e tutte queste macchine debbono essere
alimentate. Non intendo dire alimentate con carburanti, voglio dire
che devono essere tenute in funzione.
D. Quel che è strano è che queste invenzioni sono state escogitate
per risparmiare l'energia dell'uomo.
O. In che senso risparmiare? In realtà significa usarne di più. Sono
state costruite con l'intenzione di risparmiare l'energia dell'uomo, di
evitargli il lavoro manuale, ma anche le macchine necessitano di una
manutenzione, devono essere alimentate e tenute pulite. Ed è vero che
risparmiano l'energia, ma nel senso che danno la possibilità di usar­
ne di più.
D. Ha detto che ci sono alcune influenze alle quali dovremmo esse­
re più ricettivi?
O. Certo. Ci sono differenti influenze, alcune dannose e altre utili,
e sicuramente sarebbe bene se potessimo sapere quali influenze sono
dannose e quali utili.
D. Ho cercato di pensare quali siano le influenze utili.
O. Se ci si limita a pensare e non si cerca di essere troppo intelli­
genti, si potrà capire quali sono utili e quali sono dannose. Ma è certo
che se si cerca di essere troppo intelligenti si finirà per non distingue­
re la destra dalla sinistra.
D. È possibile deviare questa energia?
O. Sl, è possibile riuscire a non essere ricettivi.
D. Mi sono chiesto : che tipo di individui usciranno fuori da tutto
questo chiasso?
O. Probabilmente con le orecchie lunghe!
D. Oppure senza orecchie ! Gli esseri umani si adattano alle circo­
stanze esterne?
O. Sembra che sia cosl, a giudicare dall'esistenza dei negri; il loro
adattamento al sole è migliore del nostro. Comunque, da quanto si
sa della storia, non c'è stato alcun cambiamento percettibile negli orga­
ni o nelle funzioni. Tuttavia voi potreste dire che non c'era mai stato
un tale chiasso!
D. Avrei pensato che un'epoca come questa, in cui le macchine di­
ventano sempre più grandi e sempre più umane nelle loro funzioni,
fosse sfavorevole alle idee esoteriche, perché tanto più l'uomo può co­
struire una macchina che fa il lavoro di cinque o sei uomini, quanto
più egli crede di poter sottomettere le forze ai suoi fini e di esserne il
padrone; e ciò annulla l'idea che sia possibile operare un cambiamento
in se stessi.
O. Molto probabilmente; ma in questo caso la cosa principale non
è l'uso delle macchine. Le macchine si fanno servire dagli uomini, e
48
Le emozioni negative
controllano realmente i movimenti e la vita degli esseri umani: il luo­
go dove essi vivono, il cibo che mangiano . . . Non c'è dubbio che esse
li controllano, perché le macchine vogliono tenere gli uomini per se
stesse. Ma la cosa importante è l'invenzione in quanto tale.
Vedete, ora diamo per scontate tante cose, come i treni e così via,
dimenticando che di fatto sono una novità; non notiamo come tali
cose cambino in un periodo relativamente breve e ovviamente visibile.
Possiamo vedere che le cose cambiano e che, nello stesso tempo, la di­
rezione delle invenzioni non è controllata e non può essere controllata.
Tutto è completamente casuale o accidentale; nessuno decide quali in­
venzioni siano utili o necessarie, e nessuno può dire da che punto di
vista possono essere considerate, perché non appena le persone comin­
ciano a pensare, cominciano a litigare, e ciascuno pensa che la sua idea
sia la più utile. Qualcuno potrebbe anche dire che la cosa più utile che
si può portare in tasca è una piccola bomba capace di distruggere la
popolazione di Londra! Altri diranno che la cosa più utile è trovare
una cura per la consunzione, e altri ancora la scoperta della fotogra­
fia a colori. Pertanto come è possibile giungere a un accordo riguardo
alla migliore invenzione o a ciò che è utile e a ciò che è inutile?
D. Debbo dire che non capisco da dove venga tutta questa forza in
più. Deriva dal fatto che si usa per le invenzioni la forza che si do­
vrebbe usare per cercare di evolversi?
O. Di che evoluzione sta parlando?
D. C'è veramente più forza oppure si tratta della stessa forza in­
dirizzata in un'altra direzione?
O. C'è più forza. Quaranta, o anche trent'anni fa, non era possibile
viaggiare in una vettura da settanta cavalli, ora è possibile.
D. Sembra che la fase delle invenzioni sia un effetto della prospe­
rità americana.
O. No, non potete considerare la questione in modo così limitato.
D. Molte cose sono gli sviluppi delle invenzioni di venti o trenta
anni fa.
O. È sempre così.
D. Per noi è importante capire, essere passtvl, rimanere tranquilli,
ridurre al silenzio gli atteggiamenti e le emozioni negativi che sono in
noi, e ascoltare con chiarezza tutto ciò che avviene attorno a noi?
O. No, no. Dobbiamo imparare e sapere; non dobbiamo !imitarci
ad ascoltare vagamente; non udiremo nulla se non sappiamo che cosa
ascoltare. Pertanto, in questo caso si tratta semplicemente di pensare,
di mettere insieme le cose, tutte le cose che già sappiamo, tutti i prin­
cipi, e di essere capaci di vedere come stanno veramente le cose quan­
do siamo pronti a parlare, di vederle da un nuovo punto di vista. Pen-
Le emozioni negative
49
sare in modo nuovo è molto difficile, perché il vecchio modo di pen­
sare viene perpetuato non solo dagli atteggiamenti corporei e dalle emo­
zioni negative, ma anche dai modi di pensare abituali, dagli atteggia­
menti e dalle influenze delle cose. Supponiamo di avere un certo at­
teggiamento nei confronti di qualcosa, che a sua volta cerca in tutti i
modi possibili di conservare in noi tale atteggiamento; riuscire a cam­
biare atteggiamento, a dirigerlo, sarà un grande progresso.
Atteggiamenti giusti e sbagliati
D. So che ciò che mi impedisce di pensare alle idee in maniera pra­
tica è un atteggiamento distruttivo, che inizia cercando di trovare dif­
ficoltà e obiezioni. Qual è il metodo migliore per indebolire questo
atteggiamento?
O. Lo studio. Questa è un'osservazione realmente interessante, per­
ché molte persone, e non necessariamente solo quelle nel lavoro, vivo­
no solo di obiezioni; si sentono intelligenti soltanto quando possono
trovare un'obiezione a qualche cosa. Quando non vi riescono, sentono
che non stanno lavorando, o pensando, sentono di non essere nulla.
D. Ha detto una volta che gli atteggiamenti giusti sono un mezzo
per combattere le emozioni negative. Si riferiva agli atteggiamenti ne­
gativi o positivi, in quanto accettazione o in quanto rifiuto?
O. Non si tratta tanto di rifiutare, quanto invece di comprendere.
Quando ho parlato di atteggiamenti giusti e sbagliati io intendevo ti­
ferirmi agli atteggiamenti giusti o sbagliati nei confronti delle emo­
zioni, perché possiamo avere atteggiamenti giusti o sbagliati nei con­
fronti della nostra negatività, e ciò varia secondo le circostanze. Non
si può generalizzare. Ma ora sto parlando degli atteggiamenti in quan­
to tali. In certi casi dobbiamo avere atteggiamenti positivi e in altri
negativi, poiché talvolta l'incapacità di comprendere è dovuta a un
atteggiamento sbagliato. Alcuni possono avere un atteggiamento nega­
tivo verso ogni singola cosa, mentre altri cercano di assumere un atteg­
giamento positivo laddove è necessario un atteggiamento negativo .
Per capire certe cose si deve avere un atteggiamento negativo; mentre
in altri casi si può capire solo se si è, per cosl dire, positivi. Ma anche
un atteggiamento troppo positivo può rovinare le cose. In questo caso
uso i termini 'positivo' e 'negativo' nel senso ordinario, in quanto ap­
provazione o disapprovazione.
D. Gli atteggiamenti sono governati dalle emozioni?
O. Cercate di comprenderli indipendentemente dalle emozioni. Per­
ché possono essere indipendenti: in realtà non sono altro che punti di
vista e, entro certi limiti, sono sotto il nostro controllo. Se un punto
50
Le emozioni negative
di vista è corretto, si ha un effetto; se non è corretto, se ne ha un
altro. Ci possono essere molti e diversi punti di vista.
D. Si riferisce ai punti di vista riguardo alla vita e alle cose?
O. Pensate da voi. Cercate di scoprire che cosa si intende con ' at­
teggiamento' e 'punto di vista'.
D. Si può definire l'atteggiamento o il punto di vista in relazione
al lavoro?
O. Certamente, oppure in relazione a qualcos'altro. Si può avere
un atteggiamento verso qualsiasi cosa.
D. Come si possono cambiare i propri atteggiamenti?
O. Innanzitutto studiando se stessi e la vita in base ai criteri di
questo sistema. Cosl si cambia atteggiamento. Questo sistema consiste
in un diverso modo di pensare, o meglio in diversi atteggiamenti, non
si tratta soltanto di conoscenza. Quindi, è necessaria una certa valuta­
zione; dovete capire il valore relativo delle cose .
D. È sempre possibile avere un atteggiamento corretto nei confron­
ti della vita ordinaria?
O. Certo che è possibile, ma l'atteggiamento non è sempre lo stesso,
e qui sta la difficoltà. Si tratta dello stesso principio che abbiamo di­
scusso in relazione ai differenti tipi di azione. Ci possono essere anche
differenti atteggiamenti. Per il momento ne prenderemo in considera­
zione solo due : quello positivo e quello negativo, non nel senso di
emozioni positive o negative, ma in relazione alla parte positiva o ne­
gativa del centro intellettuale, cioè alla parte che dice 'sl' e alla parte
che dice 'no'. Questi sono i due atteggiamenti principali.
Dobbiamo capire che non possiamo controllare nulla, che siamo mac­
chine, che per noi tutto dipende dal caso. Ma se ci limitiamo a parla­
re di questi fatti, non li cambieremo. Per cessare di essere meccanici
sono necessarie altre cose. Innanzitutto è necessario cambiare atteggia­
mento. I nostri atteggiamenti verso la conoscenza, gli amici, il sistema,
il lavoro, lo studio di sé, e cosl via, sono una delle cose sulle quali
abbiamo un certo controllo. È necessario comprendere che non possia­
mo fare nessuna cosa, possiamo soltanto cambiare i nostri atteggia­
menti.
Riflettere sugli atteggiamenti è molto importante poiché spesso as­
sumiamo un atteggiamento negativo nei confronti di cose che potrem­
mo capire solo con un atteggiamento positivo. Per una corretta com­
prensione è necessario un corretto atteggiamento. Per esempio, alcuni
potrebbero assumere accidentalmente un atteggiamento negativo verso
qualcosa che è connesso con il lavoro. In tal caso la loro comprensione
rimane bloccata e non potranno capire nulla fino a che non cambie­
ranno atteggiamento. Ma per capire molte altre cose della vita è ne-
Le emozioni negative
51
cessario avere un atteggiamento negativo. Ci sono cose che possono
essere comprese soltanto con un atteggiamento positivo e altre che
possono essere comprese soltanto con un atteggiamento negativo.
D. Per quanto riguarda i giusti atteggiamenti, spesso ho la sensa­
zione che non sia giusto non ascoltare il punto di vista opposto.
O. Talvolta è cosl e talvolta no. Il punto di vista è una cosa e
l'atteggiamento negativo è un'altra cosa.
D. Può spiegarci meglio perché per capire una cosa sono necessari
certi atteggiamenti?
O. Pensateci; cercate di capire da soli perché per comprendere sono
necessari certi atteggiamenti. Ci sono molte, molte cose nella vita che
non potrete mai comprendere senza un atteggiamento sufficientemente
negativo nei loro confronti. Molto spesso le discussioni non portano a
nulla perché non si ha un atteggiamento negativo. Se si considerano
positivamente certe cose, non se ne capirà mai nulla. Pertanto, talvol­
ta un atteggiamento negativo è molto utile. D'altra parte, quando si
assume un atteggiamento negativo nei confronti delle cose che si riferiscono al lavoro, alle regole o ai metodi del lavoro, ci si esclude da
ogni ulteriore comprensione. Si può comprendere, secondo le proprie
capacità, solo finché si è positivi.
D. Dire di avere un atteggiamento nei confronti di qualcosa non è
forse solo un sinonimo per identificarsi?
O. Niente affatto. Atteggiamento significa punto di vista. Si può
avere un punto di vista rispetto alle cose senza essere identificati. Mol­
to spesso l'identificazione è il risultato di un atteggiamento sbagliato.
D. Il nostro atteggiamento nei confronti della falsa personalità è po­
sitivo ?
O. Sl, sempre. Ci piace e la glorifichiamo, pensiamo che sia la no­
stra parte migliore.
D. Allora, se avessimo nei suoi confronti un atteggiamento negati­
vo, potremmo incominciare a comprenderla?
O. Incominceremo a comprenderla quando avremo un atteggiamen­
to negativo nei suoi confronti.
D. Non c'è il rischio che un atteggiamento negativo porti con sé
un'emozione negativa?
O. Sl, il rischio è grave, ma se non vi identificate con l'atteggiamen­
to negativo, l'emozione non potrà manifestarsi. Di fatto noi abbiamo
molte emozioni negative perché non abbiamo un atteggiamento suffi­
cientemente negativo nei loro confronti. Può sembrare paradossale, ma
se trovate gli esempi giusti, vedrete che è cosl.
D. Vuoi dire che per ottenere il risveglio si deve odiare l'indo­
lenza?
·
52
Le emozioni negative
O. No. Odiare è un'emozione negativa. Sto parlando di atteggia­
mento negativo.
D. È l'atteggiamento sbagliato a indurci alla giustificazione?
O. Sì.
3
Il ricordo di sé
Il ricordo di sé
agosto 1939
O. Ora dovete trarre alcune deduzioni da tutto quello che avete
udito finora e da tutte le osservazioni fatte in precedenza. Se ritorna­
te all'inizio, quando abbiamo parlato per la prima volta della consape­
volezza e dell'assenza della consapevolezza, osservando le funzioni, voi
tutti dovete aver notato la medesima cosa. Dovete aver notato che
qualunque cosa facciamo, qualunque cosa diciamo, pensiamo o sen­
tiamo, non ci ricordiamo mai di noi stessi.
L'espressione 'ricordarsi di sé' è voluta e intenzionale, perché spesso
nella conversazione ordinaria si dice : 'Si dimenticò di se stesso', 'non
si ricordò di se stesso', 'si ricordò di se stesso in tempo' . In realtà, non
ci ricordiamo mai completamente di noi stessi. Non ci ricordiamo mai
di noi stessi in tempo. Non ci rendiamo mai conto di essere presenti,
di essere consapevoli, di essere qui.
Ecco che cosa si deve capire; e allo stesso tempo si deve capire che,
se ci sforziamo a sufficienza per un periodo abbastanza lungo, possia­
mo aumentare la nostra capacità di ricordarci di noi, e cominciamo a ti­
cardarci di noi stessi più spesso, cominciamo a ricordarci di noi stessi
più profondamente, cominciamo a ricordarci di noi stessi in relazione
a un maggior numero di idee: l'idea della consapevolezza, l'idea del la­
voro, l'idea dei centri, l'idea dello studio di sé, l'idea delle scuole.
Cominciamo a ricordarci di noi stessi in relazione a tutte queste idee.
Quindi, una delle prime questioni è come ricordarsi di se stessi,
come rendere se stessi più consapevoli. E scoprirete che le emozioni
negative sono uno dei principali fattori che impediscono di ricordarci
di noi stessi. Pertanto, una cosa dipende dall'altra. Non si può lottare
contro le emozioni negative se non ci si ricorda di più di se stessi, e
non ci si può ricordare di più di se stessi se non si lotta contro le
emozioni negative. Se ricorderete queste due cose, capirete meglio tut-
54
Il ricordo di sé
to. Dunque, ogni volta che vi pensate, cercate di tenere a mente queste
due idee, che sono collegate.
D. Poiché il ricordo di sé è cosl importante, potrebbe darci alcune
indicazioni per aiutarci a capirlo?
O. La prima cosa, e la più importante, è capire che non ci ricordia­
mo di noi stessi, il significato di ciò e quanto perdiamo di conseguenza.
Comprendendo quanto perdiamo non ricordandoci di noi stessi, avremo
un potente stimolo a ricordarci di noi ogni volta che sia possibile. Que­
sto è il solo modo per giungere a una reale comprensione. Innanzitutto
dobbiamo ricordarci che non ci ricordiamo di noi stessi, poi, quanto per­
diamo; infine, quanto miglioreremo se riusciremo a ricordarci noi stessi.
D. Sembra che ci siano diversi gradi di ricordo di sé; intendo dire
gradi che possiamo osservare da soli.
O. Sl, ci sono parecchi livelli, ma noi parliamo sempre del livello
successivo, non possiamo parlare di più livelli allo stesso tempo; non
credo che lei stia parlando dei diversi livelli, lei si sta riferendo a una
maggiore o minore emotività.
D. A volte sembra di essere consapevoli solo mentalmente ...
O. Il ricordo di sé diventa sempre emotivo. Ciò di cui lei sta par­
lando è solo l'inizio. Potete cercare di ricordare voi stessi usando la
mente, ma ricordare realmente voi stessi, anche se solo per un breve
periodo, diventa emotivo. Non stiamo parlando di livelli ma di una
cosa precisa. Dovete provare, sempre di più.
D. È possibile ricordarsi di se stessi con il centro emotivo e lascia­
re che il centro intellettuale continui a fare ciò che sta facendo?
O. In realtà il vero ricordo di sé incomincia quando voi vi ricordate
di voi stessi con il centro emotivo. Ma questo può avvenire solo dopo
molte altre cose, solo dopo che si è ottenuto un certo controllo del
centro emotivo. Agli inizi, tutto ciò che possiamo fare è cercare di non
esprimere le emozioni negative. Poi dobbiamo studiare le emozioni ne­
gative e imparare a lottare contro di esse; e il solo modo di farlo è
lottare contro l'identificazione. Dopo un lungo lavoro otteniamo un
certo controllo del centro emotivo, e solo allora si potrà discutere per
quale scopo dobbiamo usarlo.
D. Qual è la differenza tra il ricordo di sé e l'osservazione di sé?
O. Sarebbe meglio se andassero di pari passo. Ma agli inizi, quando
si sta imparando a ricordarsi di sé, è sufficiente essere consapevoli di
se stessi. E se contemporaneamente si è anche consapevoli di altre
cose, dell'ambiente, delle persone, dei propri scopi, delle proprie idee ,
tanto meglio. Ma prima di tutto bisogna essere consapevoli di se stessi,
perché nella vita ordinaria si può essere consapevoli di molte cose ma
mai di se stessi, e ciò non serve a niente. Agli inizi questi due processi
Il
ricordo di sé
55
vengono considerati distintamente. Lo scopo del ricordo di sé consi­
ste solamente nell'essere consapevoli di se stessi. Nell'osservazione di
sé si esaminano anche diversi altri fatti.
D. E l'osser\razione di sé è un fatto del tutto mentale, non è vero?
O. Sl, deve essere mentale, ma può variare.
D. Si può osservare se stessi dal punto di vista emotivo?
O. No, non è realmente possibile, ma potrebbe accadere. Al momen­
to voi non avete alcun controllo del centro emotivo e pertanto non
potete farlo; ma può accadere, e successivamente un elemento emotivo
deve entrare a far parte dell'osservazione di certe cose.
D. Come si può riconoscere il ricordo di sé?
O. Innanzitutto ci deve essere una comprensione mentale. Si deve ca­
pire che cosa significa e che cosa significherebbe essere in tale stato.
E inoltre la nostra distanza dal ricordo di sé può variare. Anche se
non si può mai dire con certezza, la distanza tra tale stato e il nostro
attuale stato varia; dopo un certo tempo si comprende mentalmente
che cosa è il ricordo di sé, e un giorno si può dire che è lontano cin­
quemila miglia, e un altro giorno solo tremila miglia; c'è una differenza.
D. Sto cercando di scoprire che cosa è il ricordo di sé ...
O. Cerchi di capire che cosa non è ricordo di sé, perché è più fa­
cile. È uno stato in cui siamo sempre e non lo notiamo mai. Cominci
dunque con il 'non ricordo'.
D. La difficoltà di questo lavoro è che per me nessuna idea è com­
pletamente chiara.
O. Il pensiero formatorio e le parole non possono chiarire le idee.
Molti credono di capire una cosa quando possono darle un nome,
e non si accorgono che si tratta solo di un artificio. Si può dire che
una cosa è realmente vera ed è realmente esistente quando la si può
sentire, e quando può essere verificata dalla consapevolezza superiore
e dalla mente superiore. Le scuole non si occupano delle ordinarie idee
intellettuali, e questo è il motivo per cui nessuno in Europa (se si pren­
dono in considerazione gli ultimi duecento anni, all'incirca) , nonostan­
te tutte le scoperte e tutta la scienza, è potuto arrivare all'idea del ri­
cordo di sé e alla possibilità di ricordarsi di sé. Ciò vuol dire che non
ci può essere chiarezza senza i centri superiori; vuol dire che senza i
centri superiori non si può giungere alla verità. Le scuole sono opera
dei centri superiori; ci danno qualcosa che non possiamò ottenere da
soli, perché possiamo usare solo la mente ordinaria. E la mente ordi­
naria ha limiti precisi, che non può superare. Può accumulare materia­
le, dimenticarlo, accumularlo di nuovo e dimenticarlo di nuovo, e può
ridurre questo sistema a una pura assurdità, procedendo troppo diret­
tamente in un'unica direzione.
56
Il ricordo di sé
D. Lo scopo del ricordo di sé è la graduale scoperta dell' 'io' per­
manente?
O. Non si tratta di scoprire ma di preparare il terreno. L' 'io' per­
manente non c'è, deve crescere . Ma non può crescere finché è sepolto
nelle emozioni negative, nell'identificazione e in tutto il resto. Quindi
si deve cominciare con il preparargli il terreno. Ma prima di tutto è
necessario capire che cosa è il ricordo di sé, perché il ricordarsi di sé
sia preferibile al non ricordarsi di sé, quali ne saranno gli effetti, e
cosi via. È necessario pensarvi molto.
Si possono ottenere molte cose, ma solo tramite l'emozione, non
in altro modo. Più si è emotivi, più si può ottenere. Quando ci si tro­
va nella condizione di poter accedere al centro emotivo superiore, si
rimarrà sorpresi nello scoprire quanto sia possibile capire in una sola
volta; poi si ritorna allo stato normale e si dimentica tutto. È molto
strano : se si accede al centro emotivo superiore per un breve periodo,
tramite il continuo ricordo di sé e altri metodi, si rimane sorpresi da
quanto sia possibile capire in una sola volta, ma non si è capaci di
conservarne il ricordo. Anche se si trascrive tutto, ciò non avrà alcun
significato quando lo si leggerà in seguito con il centro intellettuale .
D. È possibile ricordarsi di sé mentre si fanno altre cose?
O. Si, è possibile. Si deve creare una certa energia particolare, un
punto (nel senso comune del termine) , che può essere creato soltanto
quando c'è una tensione emotiva molto forte. Tutto il lavoro preceden­
te è solo una preparazione. Se, quando ci troviamo in uno stato di ten­
sione emotiva molto intensa, cerchiamo di ricordarci di noi stessi, in
seguito ne conserveremo il ricordo e saremo in grado di ricordarci di
noi stessi. Dunque, è solo tramite un'emozione molto intensa che si
può creare la base per il ricordo di sé. Ma ciò non può avvenire senza
una preparazione perché allora, anche se si presentano questi momenti,
non se ne trarrà nulla. Questi momenti emotivi appaiono di tanto in
tanto, ma noi non li usiamo, perché non sappiamo come usarli . Ma
se ci si è sufficientemente sforzati di ricordarsi di sé, e se il ricordo
di sé è abbastanza torte nei momenti di tensione emotiva, allora rimar­
rà una traccia, che servirà a ricordarsi di sé nel futuro.
D. In che cosa consiste la preparazione di cui avete parlato?
O. Nello studio di sé, nell'osservazione di sé, nella comprensione
di se stessi. Non si può ancora cambiare nulla, e non c'è una sola cosa
che si possa rendere diversa. Tutto continua a succedere nel solito mo­
do, ma c'è già una differenza: si vedono molte cose che prima non si
vedevano, e molte cose incominciano già ad accadere in maniera di­
versa. Ciò non significa che si sia cambiato alcunché, esse succedono
in maniera diversa.
Il ricordo di sé
57
D. Ma qual è la cosa più importante che dobbiamo fare ora?
O. Tutto ciò di cui stiamo parlando è egualmente importante, il
ricordo di sé, il non identificarsi, il non considerare, lo studio di sé,
lo studio dei centri, tutto questo. Non c'è una cosa migliore di un'altra.
Tutto è necessario.
D. Il ricordo di sé è molto più difficile in alcune circostanze della
vita. Le dovremmo dunque evitare?
O. È un errore credere che le circostanze della vita, vale a dire le
circostanze esterne, possano cambiare o influenzare qualcosa. Questa
è un'illusione. Riguardo al fatto di evitarle o meno, cercate di evitarle,
oppure cercate di assimilarle. Ma anche se riuscite a evitarle, vedrete
che sarà esattamente la stessa cosa; ci possono essere eccezioni, ma il
bilancio finale rimane immutato.
D. Qualunque sforzo io faccia, non riesco mai a raggiungere uno
stato simile a quelli che si manifestano accidentalmente. Che cosa po­
trei fare in particolare a questo riguardo ?
O. Potete fare degli sforzi, ma voi dite che questi stati si manife­
stano accidentalmente. Tuttavia, se si tratta di ciò che penso, essi sono
il risultato dei vostri sforzi, degli sforzi precedenti, che in un primo
momento non si era manifestato. Ma se voi non aveste fatto degli
sforzi, non ci sarebbe stata nessuna manifestazione accidentale. Più
sforzi fate, più ci saranno momenti 'accidentali' di ricordo di sé, di com­
prensione, di emotività, e così via. Essi sono tutti il risultato di uno
sforzo. In questo caso non riusciamo a collegare la causa con l'effetto;
ma la causa rimane e produrrà il suo effetto. Probabilmente non riu­
sciamo a collegarli a causa di molte piccole cose : l'identificazione, l'im­
maginazione, e così via. Ma la causa è là, e troverà il momento oppor­
tuno per dare i suoi risultati. Non dobbiamo mai aspettarci risultati
immediati. Per avere risultati immediati bisogna aver lavorato a lun­
go e aver creato un certo tipo di livelli permanenti. E anche in tal
caso i risultati appaiono solo in condizioni di forte emotività. Se po­
tessimo provocare una maggiore intensità emotiva, per mezzo della vo­
lontà, del desiderio o dell'intenzione, potremmo vedere molte cose in
modo diverso. Ma questo non è possibile. Il nostro livello emotivo è
molto basso e per questo la maggior parte del lavoro che facciamo
ora, anche se lavoriamo realmente, non può dare risultati immediati.
Ma c'è sempre qualcosa che rimane, che non si perde. Nessuno sforzo
va perduto; però deve essere seguito da altri sforzi, ancora più intensi.
Quindi uno dei primi quesiti che dobbiamo risolvere è come divenire
più emotivi, ma questo non ci è possibile. Il secondo quesito è come
usare gli stati emotivi, quando si presentano, e questo è possibile; ecco
a che cosa ci dobbiamo preparare. Quando gli stati emotivi e la ten-
58
Il ricordo di sé
sione emotiva si manifestano, noi sprechiamo tutto identificandoci o
facendo cose di questo genere. Ma ci sarebbe la possibilità di usarli.
D. Ricordare in continuazione la sensazione della tensione emotiva
è un modo di farne uso?
O. No, intendo dire usare realmente. Se cercate di ricordare voi
stesso in uno stato emotivo (lo vedrete da voi, si tratta di osservare)
ciò vi darà una diversa capacità di pensare, una diversa capacità di
comprensione. Potrete capire le cose in modo completamente diverso.
Se l'emozione è molto forte, e se in tale occasione vi ricordate di voi
stesso, vedrete in modo differente anche le cose : vedrete molte cose
che ora non potete vedere. Ma questo non si può descrivere, deve
essere un'esperienza personale.
D. Talvolta, dopo uno sforzo per ricordare me stesso, mi resta la
sensazione che gli oggetti inanimati, come i tavoli o le sedie, abbiano
in qualche modo una specie di consapevolezza, di coscienza, che è loro
propria, ma in seguito tutto questo mi sembra sempre così incredibile,
che non posso crederci.
O. Eliminate ogni possibilità di immaginazione. Dite così: voi sen­
tite qualcosa di nuovo nelle cose. Ma se cominciate a spiegare questo
fatto, cominciate a immaginare. Non cercate di spiegare. Lasciate le
cose così come sono. A volte si possono avere strane sensazioni, ma
le spiegazioni sono sempre sbagliate, perché si percepisce con un appa­
rato eccellente, e si spiega con un meccanismo molto rozzo, che in
realtà non può spiegar nulla. Ecco che cosa accade, molto spesso.
D. C'è un modo per affrontare quegli stati piuttosto indeterminati,
tristi e negativi, che si manifestano quando ci si sente stanchi o a terra?
O. Sì, molti modi, ma anche supponendo che la depressione sia ta­
le da impedire qualsiasi immediata iniziativa, se in precedenza, in una
condizione più favorevole, avete fatto degli sforzi, ciò vi sarà di aiuto.
Comunque sia, non dovete identificarvi, dovete ricordarvi che passerà,
che non è normale, e anche questo può aiutare.
D. Mi dico che si tratta soltanto di stanchezza, e così via, ma ciò
non risveglia nessun entusiasmo.
O. Non ci si può far niente. In queste occasioni dovete fare ciò che
è assolutamente necessario, sapendo che passerà. Non possiamo essere
sempre gli stessi. Talvolta è possibile lottare contro questi stati e tal­
volta è impossibile, ma non ci si deve mai identificare con essi, non si
deve credere che siano permanenti. Noi crediamo sempre alle cose
se siamo in uno stato emotivo, perché il centro emotivo non conosce
il domani, per il centro emotivo tutto è presente, tutto è permanente.
Non ci si deve dunque identificare con questa sensazione : si deve sa­
pere che cambierà.
Il ricordo di sé
59
D. Si possono fare sforzi solo tramite la funzione intellettuale?
O. Ci possono essere sforzi di diverso tipo, ma agli inizi possiamo
essere guidati soltanto dalla comprensione. Pertanto per un lungo pe­
riodo tutto il lavoro deve concentrarsi sulla comprensione. Quando si
capiscono meglio le cose, molte altre cose diventano possibili.
Il furbacchione e il diavolo
2 marzo 1 939
D. Può dirmi con esattezza che differenza c'è tra due uomini in pun­
to di morte, dei quali uno ha imparato l'arte del ricordo di sé, mentre
l'altro non ne ha mai sentito parlare?
O. No. Per descrivere una cosa simile ci vorrebbe la fantasia di
uno scrittore. Le possibilità sono tante poiché le circostanze e gli uo­
mini sono cosl diversi tra loro. La domanda non può essere posta in
questo modo.
D. Il ricordo di sé equivale a sviluppare la capacità di ricordare a
piacimento?
O. Non si tratta di ricordare ma di essere consapevoli di se stessi.
Si fa uso del termine 'ricordo' soltanto perché non ce ne, sono altri
a disposizione. Ma in tutte le lingue si ritrovano queste espressioni co­
muni, quali ti sei dimenticato di te stesso, non ti sei ricordato di te,
mi sono ricordato di me stesso, egli si ricordò di se stesso. Le sto ri­
spondendo da un punto di vista strettamente ordinario ma credo che
quanto si è detto sia in relazione ad alcune delle sue domande sul ri­
cordo di sé. Per quanto riguarda il significato del ricordo di sé per un
uomo in punto di morte, credo che farò meglio a narrarvi una storia. È
una vecchia storia, raccontata nei gruppi di Mosca nel 1916, sull'ori­
gine del sistema e del lavoro, e sul significato del ricordo di sé. In
un paese sconosciuto, in un'epoca sconosciuta, accadde che un furbac­
chione passasse davanti a un caffè e incontrasse un diavolo . Il diavolo
era in pessime condizioni, affamato e assetato, e il furbacchione portò
il diavolo nel locale, ordinò che gli fosse portato un caffè e gli chiese
perché fosse ridotto cosl male. Il diavolo rispose che non si facevano
affari. In passato egli era solito comprare anime per cucinarle sul car­
bone, perché le persone che morivano avevano anime molto grasse
che egli poteva portare all'inferno e i diavoli erano tutti contenti, ma
ora tutti i fuochi dell'inferno erano spenti, perché quando le persone
morivano non c'erano anime. Allora il furbacchione suggerl che forse
avrebbero potuto fare qualche affare assieme. " lnsegnami come fare le
anime, e io ti farò un segnale per indicarti quali persone hanno un'ani-
60
Il ricordo di sé
ma fatta da me ", egli disse, e ordinò dell'altro caffè. Il diavolo spiegò
che egli avrebbe dovuto insegnare alle persone di ricordare se stesse,
di non identificarsi, e così via, e allora, dopo qualche tempo, esse avreb­
bero sviluppato un'anima. Il furbacchione si mise al lavoro, organizzò
dei gruppi e insegnò alla gente a ricordare se stessa. Alcuni di questi
individui cominciarono a lavorare seriamente, cercarono di non iden­
tificarsi, e così via. Infine morivano e per molti anni, quando arriva­
vano alle porte del paradiso, c'era S. Pietro con le sue chiavi da un lato
e il diavolo dall'altro, e quando S. Pietro stava per aprire le porte, il
diavolo diceva: " Posso farti una domanda? Hai ricordato te stesso? " .
E se rispondevano : " Sì, certamente ", il diavolo diceva: " Scusatemi,
quest'anima è mia ". Ciò andò avanti per parecchio tempo, finché riu­
scirono in qualche modo a comunicare alla terra quello che stava suc­
cedendo alle porte del paradiso, e alcune persone andarono dal fur­
bacchione e dissero: " Perché ci insegni a ricordare noi stessi se, quando
diciamo che abbiamo ricordato noi stessi, ci prende il diavolo? " . Ma
il furbacchione disse: " Vi ho forse insegnato a dire che avete ricorda­
to voi stessi? Io vi ho insegnato a non parlare" . Allora esse obiettaro­
no: " Ma quelli sono S. Pietro e il diavolo ", e il furbacchione disse:
"Ma avete forse visto S. Pietro e il diavolo nei gruppi? Benissimo, non
parlate. Alcuni non parlano e riescono a entrare in paradiso. lo non
solo ho fatto un patto con il diavolo, ma ho anche preparato un pia­
no per ingannarlo, ma se si parla . . . " .
La consapevolezza
1 6 gennaio 1940
D. Possiamo considerare la consapevolezza di sé come una forma
intensificata del ricordo di sé?
O. Potete fare tutte le considerazioni che volete, ma questo non
servirà a niente. Bisogna fare qualcosa. Se passiamo il nostro tempo a
trovare nuovi nomi per cose che non possediamo, non ne ricaveremo
nessun vantaggio. Si è cercato di fare così per migliaia di anni, senza
nessun risultato.
Le sveglie
1 6 gennaio 1 940
D. Ho visto che quando scopro un metodo per ricordarmi di me
stesso, tale metodo funziona per alcune volte, e poi perde la sua effi­
cacia.
Il ricordo di sé
61
O. I metodi debbono essere continuamente cambiati, non possono
funzionare a lungo, fa parte del nostro stato. È un fatto, non c'è biso­
gno di analizzarlo. Più le cose sono nuove e inaspettate, meglio funzio­
neranno. Ciò · è conforme al principio fondamentale di tutta la vita,
fisica e mentale. Generalmente, dal punto di vista ordinario, possiamo
osservare soltanto i cambiamenti delle nostre associazioni. Non ci è
possibile percepire le associazioni permanenti ; notiamo solo i cambia­
menti. Pertanto quando subentra l'abitudine, si deve creare una sve­
glia di qualche tipo; poi ci si abitua anche a questa sveglia, che non
funziona più. Se fate suonare la sveglia in continuazione, la noterete
solo quando si fermerà.
La coscienza e le contraddizioni
16 gennaio 1 940
D. Credo che mi sarebbe utile se qualcuno potesse mostrarmi alcune
delle mie contraddizioni.
O. Voi dovete trovarle. Se non le volete vedere, nessuno può tro­
varle per voi. E per prima cosa dovete essere sincero con voi stesso.
D. Non riesco a capir bene che cosa vuoi dire che la coscienza signi­
fica la percezione simultanea di tutte le nostre emozioni.
O. Se non ne avete nessuna esperienza (non intendo dire un'espe­
rienza completa, ma almeno approssimativa) , è molto difficile a spie­
garsi. Ma sono sicuro che avete avuto questa eseprienza, anche se al
momento non l'avete notata, e perciò non la potete ricostruire. Signifi­
ca che possiamo avere sentimenti contraddittori nei confronti della me­
desima cosa. Non significa la percezione di tutte le emozioni esistenti,
ma che nei riguardi di una singola cosa, che può essere una persona,
una situazione o un oggetto, non importa, ora si prova un sentimento
e ora un sentimento del tutto diverso. E talvolta ci sono momenti in
cui si possono percepire simultaneamente tutte le proprie emozioni
nei confronti di un medesimo oggetto. Ma bisogna attendere di essere
in grado di notarli, non li si può inventare.
D. Lo stato di ricordo di sé potrebbe costituire un aiuto per questo?
O. Si, gli sforzi per ricordarsi di sé potrebbero aiutare a tale scopo.
1 7 gennaio 1940
D. Ci è stato detto di pensare alla coscienza, e poi ci sono state
spiegate le ragioni per cui non riusciamo a pensare contemporaneamen­
te a tutte le nostre emozioni.
62
Il ricordo di sé
O. Non collegate queste due cose. Se le usate nella stessa frase, es­
se perdono ogni significato.
La coscienza
26 gennaio 1 940
D. Come posso mettere in relazione la coscienza e il fatto di non
essere capace di sentire tutte le mie emozioni contemporaneamente?
O. La coscienza è una cosa molto strana. La si può capire molto
bene dal punto di vista ordinario, e può esistere nelle persone ordi­
narie. È un senso ·emotivo della verità. Ma nella gente comune è co­
stretta a operare in condizioni molto difficili e deve sempre lottare
contro la falsa personalità, e pertanto si manifesta solo assai di rado .
Il ricordo di sé. 1944
D. Ricordare se stessi e porsi la domanda 'Chi sono io? ' è la stessa
cosa?
O. No. La comprensione dell'idea del ricordo di sé è collegata al­
l'idea che non si può ricordare, e che per tutta la vita non lo si è mai
notato.
D. Se potessimo ricordare noi stessi saremmo, come voi dite, svegli, non è vero?
O. Proprio così.
D. Si potrebbe dire che questa è coscienza di sé?
O. Ci possono essere diversi livelli, e differenti tempi. Le cose non
arrivano tutte in una volta. Ma tutto inizia con la comprensione che
non riusciamo a ricordare.
Ridere
7 marzo 1 945
O. Ricordate che l'ultima volta ho detto che il ridere può essere
di aiuto nel momento in cui si comincia a manifestare il ricordo di sé?
D. È perché il ridere aiuta a rilassarsi?
O. No, aiuta a ricordarsi di sé, in un certo modo .
D. Ma sembra che quelli che ridono di più siano i meno consapevoli .
O. Non intendo dire che sia sempre opportuno ridere.
D. Ciò ha a che fare con il senso dell'umorismo?
Il ricordo di sé
63
O. Sto parlando della manifestazione, non della causa. Se si è col­
piti da un bastone e si ride, il risultato è il medesimo.
D. Per alcune persone è più facile ridere che per altre?
O. Per alcune persone è del tutto inutile. Continuano a ridere, ma
non ottengono nulla.
D. Potete spiegare gli idrogeni in relazione ai centri?
O. Credo che questo sia già stato detto sin dall'inizio ... Il centro
intellettuale lavora con l'idrogeno H 48. Il centro motorio e istintivo
con l'idrogeno H 24 , il centro emotivo superiore con l'idrogeno H 12,
e il centro mentale superiore con l'idrogeno H 6.
D. Allora, secondo questo schema, in mancanza di uno sforzo sup­
plementare, per questi centri sarebbe impossibile funzionare?
O. Il ridere può aiutare a produrre una certa quantità di energia.
Per esempio, sol 48 si sviluppa ulteriormente sino a divenire si 1 2 .
Non sempre ciò è dovuto a uno sforzo, può essere accidentale. In
ogni caso, può essere prodotta una certa quantità di H 6.
La consapevolezza e le funzioni
1 6 gennaio 1940
D. Come posso accedere alla parte intellettuale del centro motorio?
O. Non potete fare queste domande separatamente. Ogni controllo
delle funzioni dipende dallo stato di consapevolezza; più si diventa
consapevoli, più si potrà agire appropriatamente per questo o quello
scopo. La sua domanda dimostra che lei non comprende che tutto è
collegato. Si può fare una cosa tralasciando altre cose. Il controllo del­
le funzioni si acquisisce aumentando l'intensità della consapevolezza,
vale a dire, risvegliandosi. Finché si è completamente addormentati,
non si ha alcun controllo, le cose possono succedere oppure possono
anche non succedere.
D. Le nostre funzioni influenzano i nostri stati? Il mio stato cam­
bia, ma non sono riuscito a trovarne il motivo.
O. Ci possono essere molti motivi. Potrebbe dipendere dalle fun­
zioni oppure da molte altre cose. Tuttavia deve capire che questo si
riferisce solamente al cambiamento dello stato di consapevolezza a li­
vello ordinario : significa essere più addormentati o essere meno addor­
mentati.
D. Un uomo che sta cominciando a svegliarsi potrebbe sviluppare
un senso di dualità interiore?
O. Questa è un'osservazione? Se è un'osservazione, è una cosa; ma
se è solo filosofia è un'altra cosa, ed è completamente inutile. Non vi
64
Il ricordo di sé
sarà di aiuto decidere in un senso, se poi le cose accadono in modo di­
verso. Dovete affrontare l'oggi, e non un possibile domani.
1 7 gennaio 1 940
D. Ben presto ho cominciato a nutrire sentimenti negativi verso tutte
le cose che mi interessavano nel lavoro, che mi sono sembrate terri­
bilmente difficili e tediose. Come si può uscire da questa insidia?
O. Bene, è un ottimo stato per il ricordo di sé, potete farne uso.
Tanto più si è negativi, tanto più è facile ricordare se stessi, se si
comprende che si può uscire da questo stato. Esso deve farvi ricordare
di voi, altrimenti rimarrete sempre in uno stato di emozioni negative .
4
L'identificazione
Lo stato di identificazione
agosto 1939
D. Credo di non avere le idee chiare riguardo all'identificazione.
Significa che sono le cose a controllarci invece di essere noi a control­
lare le cose?
O. È molto difficile descrivere l'identificazione, perché non è pos­
sibile definirla. Ordinariamente non siamo mai liberi dall'identificazio­
ne. Se crediamo di non identificarci con niente, ci stiamo identificando
con l'idea di non avere identificazioni. Ma non si può descrivere l'iden­
tificazione in termini logici. Si deve scoprire e cogliere un momento
di identificazione, e poi paragonare le altre cose a quel momento. L'i­
dentificazione è ovunque, in ogni momento della vita ordinaria. Non
appena si inizia l'osservazione di sé, alcune forme di identificazione
diventano immediatamente impossibili. Ecco perché sarete considera­
ti noiosi dai vostri amici, che passano da una cosa all'altra di momen­
to in momento. Diranno che non vi interessate di niente, che siete in­
differenti, e così via. Nella vita ordinaria quasi tutto è identificazione.
L'origine dell'idea, l'origine della parola, è molto interessante. Indub­
biamente è un'idea che si ritrova negli scritti dell'Induismo e del
Buddhismo. In genere viene definita come 'attaccamento' o 'non at­
taccamento' . Ma, vedete, avevo letto questi libri prima di incontrare
il sistema e non avevo capito che cosa significasse. Fu solo in seguito,
dopo aver udito la spiegazione del sistema, che iniziai a capire il signi­
ficato di questa idea. 'È una caratteristica psicologica molto importante,
che permea tutta la nostra vita, ma non la notiamo, perché siamo im­
mersi in essa. È inutile cercare definizioni. Si devono trovare esempi.
Osservate come si comporta il gatto con un topo o un coniglio : questa
è identificazione. E anche il topo a sua volta si può identificare, in
qualche altro modo. Poi trovate in voi stessi le analogie con questa
immagine. Dovete però capire che l'identificazione è un fatto di ogni
66
L'identificazione
momento, e non soltanto un evento eccezionale. Per noi l'identificazio­
ne è uno stato quasi permanente, è l'espressione principale della falsa
personalità, ed è proprio a causa di ciò che non riusciamo a liberarci
della falsa personalità. Si deve essere in grado di vedere questo stato
a parte, si deve separarlo da noi, e ciò può essere fatto soltanto cer­
cando di diventare più coscienti, cercando di ricordarsi di sé, di es­
sere consapevoli di se stessi. Solo quando si è divenuti più consapevoli
di se stessi si può lottare contro manifestazioni quali l'identificazione,
il mentire, e contro la stessa falsa personalità.
D. Quando sono identificato, trovo che è quasi sempre con cose
dentro di me.
O. Forse è vero, e forse no; ma non importa. Si può credere che
ci si sta identificando con una cosa e in realtà ci si sta identificando
con un'altra. Non fa assolutamente nessuna differenza. Ciò che conta
è lo stato di identificazione: è lo stato di identificazione che non ci fa
sentire nel modo giusto, che non ci fa vedere nel modo giusto e che
non ci permette di giudicare nel modo giusto. L'oggetto dell'identifi­
cazione non è importante: il risultato è comunque lo stesso.
D. Allora, il modo per vincere l'identificazione . . .
O. Quella è un'altra cosa. Varia sempre, secondo le circostanze. Pri­
ma la si deve vedere, poi si deve contrapporle qualcosa.
D. Che cosa intende con 'contrapporle qualcosa'?
O. Semplicemente che si deve volgere l'attenzione verso qualcosa
di più importante. Si deve imparare a distinguere ciò che è importante
da ciò che non lo è, e se si volge l'attenzione verso le cose più impor­
tanti, si diviene meno identificati con le cose che non lo sono. Si
deve capire che l'identificazione non è mai di alcun vantaggio, e rende
le cose più confuse e più difficili. In alcuni casi questa comprensione
può essere già di aiuto. Ma la gente crede che l'identificazione sia un
vantaggio, non si accorge che non fa altro che rendere tutto più dif­
ficile . . .
Ecco come funziona il nostro pensiero ordinario. Pensiamo che l'i­
dentificazione sia necessaria, mentre in realtà non fa altro che guastare
le cose. In essa non c'è assolutamente nessuna energia utile, c'è soltan­
to un'energia distruttiva.
D. L'identificazione è soprattutto un fatto emotivo?
O. In essa è sempre presente un elemento emotivo, una specie di
turbamento emotivo, che a volte diventa abituale, per cui non si nota
neppure che è un'emozione.
D. C'è uno stato intermedio tra il ricordo di sé e l'identificazione?
O. Ci sono diversi aspetti della medesima cosa. Non ricordare equi­
vale a identificarsi. Se non si è identificati ciò vuoi dire che ci si sta
L'identificazione
67
ricordando di sé, entro certi limiti, e forse senza neanche esserne con­
sapevoli. Ci sono molte diverse gradazioni.
L'identificazione e l'energia
D. Cosa può aiutarmi a voler lavorare? Se 'vorrò di più' aumenterò
la mia capacità di lavorare, oppure anche questo non sarà sufficiente?
O. Ma chi sarà a volere, se a essere interessato è solo un 'io', men­
tre gli altri 'io' non lo sono? Lei dice 'io' come se lei fosse qualcosa
che è diverso ed è separato da questi 'io'. Anche se un 'io' prende una
decisione, si potrà poi svegliare un altro 'io' che non ne saprà niente.
Cosi sta la situazione, e lei deve cercare di fare il possibile; non so­
gni di cose che non può fare. Nessuno può aiutarla a voler lavorare,
è lei stesso che deve volere, e deve fare ciò che le è possibile. In questo
modo la sua volontà aumenterà. Se lei non fa ciò che le è possibile,
perderà anche questa possibilità e lavorerà sempre di meno. Ma se lei
fa ciò che le è possibile, riuscirà a volere sempre di più. Come pos­
siamo aumentare la capacità di lavorare? Lavorando; non c'è altro
modo. Se lei impara a fare piccoli sforzi, avrà piccoli risultati; se farà
maggiori sforzi, otterrà maggiori risultati.
Bisogna impegnare più energia nelle cose, vale a dire, nello studio
di sé, nell'osservazione di sé, nel ricordo di sé, e così via. Ma per po­
ter impegnare una maggiore energia, bisogna scoprire dove va a finire
l'energia.
Ogni mattina ci si sveglia con una certa energia, che può essere usa­
ta in molti modi differenti. Per il ricordo di sé, lo studio del sistema,
e cosi via, è necessaria una certa quantità di energia. Ma se si usa
questa energia per altre cose, non ne rimarrà per questo scopo. Que­
sto è un fatto importante. Cercate di calcolare ogni mattina quanta
energia intendete impegnare nel lavoro, e quanta ne volete dedicare
ad altre cose. E anche rispetto al tempo, per esempio, vedrete che im­
pegnate pochissimo tempo nel lavoro (seppure lo fate) , mentre passate
la giornata dedicandovi a cose del tutto inutili; e potrebbe anche an­
dar bene se si trattasse di cose piacevoli, ma nella maggior parte dei
casi non si tratta neppure di cose piacevoli. E come risultato di questa
insufficienza di calcoli, di questa mancanza di statistiche elementari,
non capiamo neppure perché, nonostante tutte le nostre migliori inten­
zioni, e le nostre migliori decisioni, alla fine non riusciamo a far nulla.
Ma come possiamo fare qualcosa se non impegniamo nessuna energia
e non dedichiamo nessun tempo a questo scopo?
Se impegniamo un certo tempo e una certa energia, vedremo ben pre­
sto dei risultati. In tutti i tipi di lavoro o di studio il livello è determi-
68
L'identificazione
nato dalla maggiore o dalla minore quantità di energia. Può accadere
che venga impegnata una certa energia, che però non è sufficiente : an­
che in tal caso non ci sarà mai alcun risultato. Si continuerà semplice­
mente a girare in tondo, rimanendo più o meno nello stesso posto.
D. L'energia può essere immagazzinata?
O. È un'assoluta necessità. Tutto il futuro dipende da questo. Ma
non si può cominciare a pensare di immagazzinare l'energia se prima
non si è capaci di fermare le perdite. E questo è possibile, non ci sono
scuse. Si usa la propria energia in modo sbagliato, la si spreca nell'iden­
tificazione e nelle emozioni negative. Il considerare, il mentire, il par­
lare inutilmente, l'esprimere le emozioni negative, sono come delle fal­
le da cui si disperde la nostra energia. L'energia potrà essere immagaz­
zinata se si fermeranno queste perdite.
D. È possibile tramutare l'energia della collera in qualche altra cosa?
In quei momenti si ha una tremenda energia, ma non si sa come
usarla.
O. Bisogna non identificarsi. Si ha una tremenda energia, che è in­
dipendente da noi, e ci fa agire in un certo modo. Perché? Come si
può entrare in contatto con essa? Tutto dipende dall'identificazione.
Basta cessare l'identificazione e si avrà questa energia a disposizione .
I n che modo ? Non lo s i può fare immediatamente. Ci vuole una certa
pratica. Bisogna esercitarsi nelle situazioni più facili, perché se l'e­
mozione è molto forte non si può far nulla. Bisogna sapere di più,
essere preparati. Se si sa come non identificarsi al momento giusto, si
avrà a disposizione molta energia. Che cosa poi se ne farà, è un'altra
questione. Infatti essa può essere nuovamente dispersa in qualcosa che
è completamente inutile. Ci vuole molta pratica. Non si può imparare
a nuotare in un mare in burrasca, si deve imparare là dove le acque
sono calme. Allora, forse, se si cadrà in un mare tempestoso, si riu­
scirà a nuotare.
D. Allora se si è identificati è più difficile essere consapevoli?
O. È impossibile. Si tratta di due cose completamente opposte. O
si è identificati o si è consapevoli. Non si può essere l'uno e l'altro .
È una delle difficoltà che si presentano nelle fasi più avanzate, quando
si dice di voler diventare consapevoli ma non si vuole rinunciare alle
identificazioni preferite. Queste due cose non possono coesistere. Nella
vita ci sono molte cose che sono incompatibili, e queste sono tra le
più incompatibili.
si deve sapere perché
D. Quando si lotta contro l'identificazione,
,
si è identificati?
O. Si è sempre identificati perché non si può farne a meno e non
in funzione di qualche particolare scopo. Come si può sapere perché
L'identificazione
69
ci si identifica? Ci si identifica perché non se ne può fare a meno. Ma
si deve sapere perché si sta lottando. Questo è ciò che conta. E ci so­
no molte più possibilità di successo se non lo si dimentica. Molto spes­
so si inizia a lottare e poi se ne dimentica il perché.
Ci sono molte forme di identificazione. Innanzitutto è necessario ve­
derle. Si tratta di un processo e non di semplici momenti. Ci identifi­
chiamo in continuazione. Il primo passo è riconoscere l'identificazio­
ne; il secondo è lottare contro di essa per liberarcene.
D. Quando si prova compassione per i dolori degli altri, come si
può stabilire a che punto incomincia l'identificazione?
O. Se si impara a osservare se stessi, si scoprirà che l'identificazione
inizia quando si intromette l'immaginazione. L'identificazione può es­
sere evitata finché si ha a che fare con dei fatti, ma non appena comin­
cia a funzionare l'immaginazione si è perduti.
D. Come si può evitare la reazione che si manifesta dopo le sensa­
zioni di grande entusiasmo?
O. Questa reazione è un risultato dell'identificazione. Essa non po­
trà manifestarsi se si lotta contro l'identificazione. Non è quello che
lei definisce 'entusiasmo' che crea tale reazione, ma l'identificazione.
L'identificazione è sempre seguita da una simile reazione.
D. Si può dire che un uomo annoiato non è identificato con niente?
O. Anche la noia è identificazione, una delle più grandi.
D. Identificazione con che cosa?
O. Con se stessi. Con la falsa personalità. Con qualcosa in se stessi.
D. L'identificazione è sempre una manifestazione della falsa personalità?
O. La falsa personalità non può manifestarsi senza identificazione,
cosl come non ci possono essere emozioni negative senza identificazio­
ne. E dipendono dall'identificazione molte altre cose dannose che sono
in noi, ogni forma di menzogna, ogni forma di immaginazione. Prima
di tutto ci si identifica con l'immagine o l'idea immaginarie di se stes­
so. Si dice: 'Questo sono io', mentre in realtà non si tratta dell' 'io',
ma della propria immaginazione. E anche per quanto riguarda il men­
tire, non si può mentire senza identificazione, perché in tal caso sareb­
bero menzogne di poco conto e nessuno potrebbe crederci. Vale a di­
re, prima si deve ingannare se stessi e poi si possono ingannare gli
altri.
D. Come mai non possiamo fermare l'identificazione?
O. Non lo so, ma, per esempio, pensare al sistema, alle idee, ai
principi e alle regole, aiuta a diminuire l'identificazione.
D. Intende dire che dobbiamo non solo non identificarci con quel­
lo che stiamo facendo, ma anche non identificarci con noi stessi?
70
L'identificazione
O. Non si tratta tanto di quello con cui ci si identifica. Dovete
ricordare che l'identificazione è uno stato. Dovete capire che molte co­
se che attribuite a cause esterne in realtà sono in voi. Prendete la pau­
ra, per esempio. La paura non dipende dalle cose. Quando si ha
paura, si può essere spaventati anche da un portacenere. Ciò si mani­
festa spesso negli stati patologici, e uno stato patologico è soltanto
uno stato ordinario intensificato. Prima si ha paura, e poi si sceglie di
che cosa aver paura. Ecco perché è possibile lottare contro queste cose,
perché esse sono dentro di noi. Le emozioni istintive costituiscono un
caso a parte. La paura istintiva può essere del tutto appropriata; un
cattivo sapore o un cattivo odore sono dei fatti. Ma le emozioni nega­
tive sono basate sull'immaginazione. Ci si induce in uno stato di in­
vidia, di gelosia o di paura, e poi si cercano gli oggetti.
D. Lei ha detto che se si potesse fare cessare completamente l'iden­
tificazione, si potrebbero eliminare le emozioni negative. Intende dire
che tutte le emozioni negative sono collegate all'identificazione?
O. Sl, si basano tutte sull'identificazione, non possono esistere sen­
za di essa. Ma il processo dell'identificazione può essere arrestato, non
del tutto, ma per brevi momenti. Se riuscite ad arrestarlo per mezz'ora,
potrete studiare. Esiste la possibilità di identificarsi di meno, e che
le emozioni negative divengano meno rilevanti.
D. Ho visto che talvolta riesco a liberarmi da un'emozione nega­
tiva identificandomi con qualcosa di gradevole.
O. Lei usa l 'espressione 'identificato' in un senso sbagliato. Lei non
può dire 'identificandomi' , può piuttosto dire 'interessandomi a qualco­
sa'. E questo può funzionare per un certo tempo, ma se lei finisce ve­
ramente con l'identificarsi, da un punto di vista pratico sarà esattamen­
te la stessa cosa. L'unica differenza è che lei può interessarsi a una co­
sa gradevole senza essere identificato ; ma non può interessarsi a una
cosa sgradevole senza essere identificato.
D. Qualche volta mi sento molto spaventato, mi sembra di non sa­
pere che cosa sto facendo e che cosa voglio. Lascio che la negatività
abbia il sopravvento.
O. Innanzitutto non dovete 'lasciare' che questo succeda. Poi, quan­
do vi trovate in uno stato di dubbio, dovete ricordare di sforzarvi, e
di fare appello ad altri 'io' che abbiano una maggior capacità di valuta­
zione. Non c'è altro modo per vincere i dubbi.
D. È possibile comprendere qualcosa tramite l'identificazione?
O. Che cosa potete capire quando siete profondamente addormen­
tati?
E che cosa è l'identificazione, se non un sonno profondo? Se ci
si ricorda del proprio scopo, se ci si rende conto della propria posizio-
L'identificazione
71
ne e se si vede il pericolo del sonno, ciò potrà aiutare a dormire di
meno.
D. Come posso riuscire a liberarmi dall'identificazione?
O. Comprendendo di essere addormentato. Finché lei non riesce a
capire di essere addormentato, non potrà succedere nulla; quando lo
capirà, vorrà risvegliarsi. Quando ci si rende conto di essere addor­
mentati, che tutti sono addormentati, allora si capisce che la sola via
d'uscita è svegliarsi. Tutto qui.
D. Se si è compreso di essere addormentati e . . .
O. Non ci sono 'se'. 'Se' è già u n sogno. Tutti i sogni cominciano
con 'se'. Cercate di pensare a questo.
L'unica cosa che si deve comprendere è che si è addormentati. Si
devono trovare modi per svegliarsi, ma prima bisogna rendersi conto
di essere addormentati. Paragonate il sonno e il risveglio. Tutte le idee
del lavoro cominciano con l'idea del sonno e della possibilità di sve­
gliarsi. Tutte le altre idee che si trovano nella vita possono essere in­
telligenti, accurate, ma sono sempre idee di individui addormentati de­
stinate ad altri individui addormentati. Il sonno è il risultato di molte
cose: della divisione delle personalità, dei differenti 'io', delle contrad­
dizioni, delle identificazioni, e cosl via. Ma la prima cosa è la com­
prensione pura e semplice, senza teorizzazioni, del fatto di essere ad­
dormentati.
D. Come si può scoprire quello che potremmo fare, ma che non
stiamo facendo?
O. Ma non si può far niente. E anche la comprensione che non è
possibile fare alcunché è un'ulteriore dimostrazione del sonno. Che
cosa si può fare quando si dorme? Si può soltanto sognare, fare sogni
di diverso tipo, sogni brutti e sogni belli, ma rimanendo sempre nello
stesso letto. I sogni possono essere differenti, ma il letto è lo stesso.
D. Intendo dire che possono passare giorni senza che io riesca a
fare un qualsiasi sforzo.
O. Sicuro. Ma intanto lei può capire se stesso in modo diverso e
può vedere le cose in modo diverso. Questo è il punto di partenza
per ogni cambiamento.
D. Mi sorprende come la mia comprensione delle cose possa varia­
re. Ci sono idee che un giorno hanno un grande significato e il giorno
successivo non significano più nulla.
O. È proprio cosl. Lei deve sempre ricordarsi del sonno e della
possibilità di risvegliarsi. Nella vita ordinaria, nelle condizioni ordina­
rie, tutti sono addormentati, e anche lei è addormentato. Ci si può sve­
gliare, per alcuni momenti, quando si pensa al lavoro; ma è un risve­
glio che è solo parziale, e molto limitato, molto raro. Lei non è dif-
72
L'identificazione
ferente dalle altre persone. Anche lei è addormentato. Ciò le indicherà
come agire, intendo dire, la comprensione di tutto questo, quando la
comprensione diventerà più profonda.
D. Qualche volta, quando penso di essere stato un po' più vicino
a riconoscere il sonno, mi rimane un senso di indifferenza; mi sento
triste e oppresso.
O. Sì, questa è comprensione, ma è ancora parziale. Più la com­
prensione diventa profonda, più si è in grado di sentire.
D. Alcune volte sento che le cose hanno molto più valore di quan­
to comunemente appaia. Si può usare il ricordo di tali momenti per
cercare di ravvivare questa sensazione?
O. La sola arma, il solo mezzo che abbiamo a disposizione è il ri­
cordo di sé. Se cerchiamo di ricordarci di noi stessi, e ci riusciamo,
incominciamo immediatamente a comprendere le cose e a vedere cose
nuove, e così via; vale a dire, diventiamo più svegli. Come possiamo
consolidare questo stato? Soltanto tramite la comprensione di essere
addormentati, di essere assai raramente consapevoli nel corso della gior­
nata. Se, la sera, ripensiamo al giorno trascorso, potremo forse vedere
che tutto è accaduto, e che non c'è stato un solo momento in cui ab­
biamo osservato la situazione dall'esterno, capendo cosa stava succe­
dendo e vedendo che noi eravamo al centro degli eventi. E giorni e
settimane possono trascorrere in questo modo, e allora, che cosa ci si
può aspettare? Il solo modo di cambiare le cose è diventare più svegli;
non c'è altro modo.
Questo sistema è valido per molti aspetti, ma dà troppe idee, e le
persone si identificano con queste idee, si addormentano in queste
idee, e parlano ora di una cosa, ora di un'altra. Ci si deve concentrare
su di un unico fatto : il sonno e il risveglio, e la possibilità di risve­
gliarsi. Se ci si limita a pensare a questo, a comprendere e a sentire
questo, la possibilità diventa reale. Ma fino a quando non ci si è resi
conto di tutto ciò, non c'è nessuna possibilità. In tal caso si parlerà
di questo sistema come si può parlare di qualsiasi altra cosa, e nien­
te più.
L'identificazione con le delusioni
1 7 gennaio 1 940
D. Ultimamente mi sento più insoddisfatto del solito, di me stesso
e degli scarsi risultati dei miei sforzi. Il mio risveglio personale sarà
aiutato da quello che potrà fare lei, oppure è necessaria qualche al­
tra cosa?
L'identificazione
73
O. lo non posso far nulla. Sto già facendo tutto ciò che è possibile,
relativamente alle circostanze e alla situazione. Lei deve fare di più,
e soprattutto non si deve identificare con la negatività di questo senso
di delusione, e con cose del genere. È una delle cose peggiori.
D. Ma come si può impedire che ciò avvenga?
O. Può ravvivare il suo pensiero. In questo sistema ci sono molte
cose. Può prendere un argomento e lo può mettere a confronto con le
sue domande personali, può confrontare il modo in cui prima pensava
con il modo in cui ora pensa, e vedrà di aver ottenuto una cosa, e
un'altra, e un'altra ancora.
Questo l'aiuterà a continuare a lottare.
Atteggiamenti
3 febbraio 1 938
D. Quando si dice di avere un atteggiamento nei confronti di qual­
cosa, non si sta forse solo usando un altro termine per indicare l'iden­
tificazione?
O. No. Atteggiamento vuol dire punto di vista. Si può avere un
punto di vista riguardo alle cose senza essere identificati.
5
L'essere, la conoscenza e le influenze
L'attenzione, il risveglio e le influenze
30 maggio 1 93.5
D. Come possiamo riconoscere l'irrealtà di noi stessi se non riuscia­
mo a vedere ciò che è reale, e a fare un confronto . . .
O . No, questo è impossibile, come si può constatare quando si cer­
ca di cambiare qualcosa. Certo, molte cose sarebbero molto più facili
se si potesse avere un'esperienza degli stadi successivi. Ma non è pos­
sibile. Anche nell'attuale stato ci sono molti livelli. Se li paragoniamo
possiamo capire che ci possono essere livelli inferiori e superiori. L'at­
tenzione è connessa con differenti parti dei centri. In alcune parti l'at­
tenzione è impossibile, in altre non si può essere senza attenzione .
Tutto ciò è materiale per l'osservazione.
D. Raggiungere il livello dell'attenzione equivale all'inizio del ve­
ro 'io'?
O. No, ma è la preparazione del materiale necessario a tale scopo.
Talvolta fate domande alle quali dovreste essere in grado di rispon­
dere voi stessi. Per esempio, riguardo all'aiutare gli altri. Cercate di
chiedere a voi stessi: come si può aiutare gli altri? Che cosa significa?
Supponiamo che pensiate che la cosa più importante sia svegliarsi. Co­
me potete cercare di svegliare le persone che non lo vogliono? Anche
se cercate di svegliarle, non succede niente. Innanzitutto debbono de- .
siderare di svegliarsi. Non si possono svegliare le persone con la forza,
indipendentemente dalla loro volontà. Questa è una delle più impor­
tanti idee dell'esoterismo. È proprio in questo senso che si ha la li­
bertà di scegliere, perché il risveglio non avrebbe alcun valore se si
potesse essere svegliati artificialmente. La natura delle cose che pos­
sono svilupparsi fa sl che esse non possono essere date, ma debbono
svilupparsi. Si possono dare alcune cose, ma altre no. Ci sono cose che
possono svilupparsi solo grazie agli sforzi dell'uomo. A causa della
loro stessa natura, si può dipendere soltanto dalla propria volontà, per-
L'essere, la conoscenza e
le influenze
75
ché esse possono svilupparsi solo grazie ai propri sforzi. La natura può
creare un pittore, ma non i quadri. È la stessa cosa.
D. A che cosa è dovuto il desiderio di svegliarsi?
O. Nella vita meccanica l'uomo è sottoposto a diversi tipi di influen­
ze. La maggior parte di esse è originata dalla vita stessa, altre sono
create nel circolo interiore e poi vengono immesse nella vita. La vita
degli uomini è condizionata da entrambi questi tipi di influenze. In
mezzo alle influenze ordinarie l'uomo trova idee che provengono da
una fonte diversa, pur avendo la stessa forma delle altre influenze e
pur essendo indistinguibili da esse esternamente. Sta all'uomo distin­
guere tra questi due tipi di influenze. Se lo fa, le influenze del se­
condo tipo si uniscono tra loro e formano un centro magnetico. 'Cen­
tro' nel senso che queste influenze sono aggregate insieme e agi­
scono insieme in un certo modo, producendo una certa influenza
sull'uomo, cambiandolo. Da qui nasce l'interesse per questo tipo di
idee. Con l'aiuto del centro magnetico, l'uomo può riconoscere un
altro tipo di influenze, le influenze C. (Le influenze A sono quel­
le create nella vita, le influenze B sono quelle create nel circolo
interiore e poi immesse nella vita) . Se non c'è il centro magnetico,
o se è troppo debole, o se ci sono due o tre centri magnetici,
l'uomo non potrà riconoscere l'influenza C. In che cosa consiste l'in­
fluenza C? Nelle influenze che sono consapevoli non solo per quanto
riguarda la loro origine ma anche per la loro azione ; sono le influenze
delle scuole.
D. Come è possibile avere più centri magnetici?
O. Ho conosciuto un uomo che ne aveva dodici.
D. Come si forma il centro magnetico?
O. Queste influenze tendono a vivere insieme. Hanno una densità
diversa dalle influenze A. Si aggregano tra loro.
D. Che cosa significa avere dodici centri magnetici?
O. Succede quando si crede in troppe teorie differenti.
D. È meglio avere un solo centro magnetico?
O. Solo uno va bene. Averne due vuoi dire cambiare idea ... Se ce
n'è più di uno, è il [ ? diavolo ] .
D. Un buon centro magnetico può essere ingannato?
O. Un centro magnetico può essere considerato buono e tuttavia
essere appagato da false influenze.
D. Le false influenze C sono un accidente?
O. Tutto è accidente. Dipende dal centro magnetico se l'uomo può
riconoscere l'influenza C o meno. Non può essere fato, non può essere
volontà. Pertanto l'entrare in contatto con le influenze C è dovuto o
all'accidente o alla relazione di causa ed effetto.
76
L'essere, la conoscenza e le influenze
D. Il centro magnetico è un accidente?
O. Non esattamente. È una combinazione di molte cause.
D. Se si sta agendo con le influenze C, il centro emotivo sta lavo­
rando con H 1 2 ?
O . Non immediatamente. Si deve avere una sufficiente quantità di
questo carburante. Il nostro centro emotivo funziona con H 24, per­
ché non possiamo permetterei H 1 2 . È troppo caro, e anche se ne
abbiamo, lo sprechiamo immediatamente in emozioni negative .
D. Le influenze possono agire solo sulla personalità?
O. Ma la personalità è mischiata all'essenza.
L'influenza C e il centro magnetico; le quattro vie e la via oggettiva;
l'essere e la conoscenza
12 settembre 1 935
D. Mi pare sia stato detto che il centro magnetico è fuori della leg­
ge dell'accidente?
O. Non ho mai detto che il centro magnetico è fuori della legge del­
l'accidente. Ho detto che se un uomo dotato del centro magnetico en­
tra in contatto con l'influenza C, egli diventa libero là dove ha luogo
tale contatto (nel centro magnetico) . Per tutti gli altri aspetti della
vita egli è lo stesso di prima, ed è sottoposto alla legge dell'accidente .
Ma l'influenza C è consapevole e ricade sul centro magnetico, che così,
relativamente a questo punto di contatto, non è sottoposto all'acci­
dente.
D. Il centro magnetico funziona solo in relazione alle scuole?
O. Sì, è in relazione con la Quarta Via. Nella via religiosa è neces­
sario un altro tipo di centro magnetico. Il centro magnetico che condu­
ce a una scuola yogi o a un monastero è diverso dal centro magnetico
che conduce all'eventuale gruppo, che può introdurre alla Quarta Via.
Coloro che sono dotati di un centro magnetico religioso non sarebbero
in grado di lavorare in queste circostanze, non avrebbero una suffi.
dente iniziativa. Nella via religiosa bisogna obbedire. In questa via
si deve avere una mente più aperta; bisogna capire. Nelle scuole yogi
e nella via religiosa si può fare a meno della comprensione per un
lungo periodo, si deve solo fare quello che viene ordinato. Nel nostro
caso, il risultato è proporzionale alla comprensione. Un fachiro non ha
bisogno del centro magnetico. Egli può diventare fachiro accidental­
mente; comincia a imitare istintivamente, e questo, dopo un certo
tempo, lo fa diventare un fachiro, senza che intervengano né l'emo­
zione né l'intelletto.
L'essere, la conoscenza e le influenze
77
D. E il risultato è evidente ?
O. Certo. Se è il risultato della consapevolezza, come può essere
inconsapevole?
D. Stavo pensando a risultati minori.
O. I risultati minori corrispondono a una consapevolezza minore.
All'inizio la consapevolezza si manifesta solo per brevi attimi, a spraz­
zi, che poi diventano periodi sempre più lunghi. Da questo dipendono
tutte le altre cose.
D. Non si può trarre alcuna consapevolezza dall'esperienza comune
della vita?
O. Di regola no. Vediamo che nella vita generalmente si tende a
perdere la consapevolezza; le persone hanno qualche barlume di consa­
pevolezza quando sono giovani, ma poi li perdono. Ci sono eccezioni,
ma stiamo parlando della regola. Le eccezioni sono molto rare.
D. La maggiore comprensione del sistema corrisponde all'uso della
parte superiore del centro intellettuale?
O. Sono coinvolte le parti superiori di tutti i centri. Non si può
capire il sistema con le parti meccaniche o emotive.
Voglio suggerirvi il giusto modo di pensare alle esperienze della
vita. Ci sono le tre vie tradizionali e la Quarta Via, che può assumere
molte forme. Questo sistema appartiene alla Quarta Via. Queste quat­
tro vie sono chiamate le vie soggettive. Per ora consideratelo sempli­
cemente un nome. Si suppone che queste vie producano certi effetti.
Ma le stesse cose possono essere ottenute al di fuori di qualsiasi via,
possono essere semplicemente ottenute dalla vita. Questa è detta la via
oggettiva. Le possibilità offerte dalle vie soggettive possono essere ot­
tenute anche al di fuori di queste vie. Ma ciò avviene raramente e
richiede molto tempo. Le vie soggettive sono delle scorciatoie. In teo­
ria, si può ottenere tutto dalla via oggettiva, ma, in pratica, la vita è
troppo breve per questo. Ci sono persone che riescono ad acquisire
un essere permanente per mezzo della via oggettiva. Ma noi stiamo
cercando delle scorciatoie, una possibilità di fare qualcosa consapevol­
mente, senza aspettare.
D. Consideri la musica, si può ottenere molto dalla musica.
O. Ma è soltanto un aspetto, non riguarda tutto l'essere. Sarebbe
uno sviluppo molto unilaterale. Noi parliamo di cambiamento dell'es­
sere solo quando sono implicati tutti gli aspetti. La musica, l'arte, non
sono sviluppo. Sono soltanto la capacità di usare una parte . I grandi
artisti possono essere persone insignificanti.
D. C'è qualche relazione tra l'essere e la conoscenza?
O. C'è una relazione molto importante ; sono due cose strettamen­
te collegate. In un certo stato dell'essere è possibile solo una certa
78
L'essere, la conoscenza e le influenze
conoscenza. Se si vuole conoscere di più, si deve cambiare il proprio
essere. A che cosa corrisponde l'attuale stato dell'essere? Innanzitutto
è il nostro stato di consapevolezza; lunghi periodi di sonno, intercalati
da alcune brevi intuizioni di un altro stato. Non c'è unità; si è in ba­
lla delle emozioni negative, e così via. In tale stato si può possedere
un'enorme quantità di conoscenza che non è in grado di cambiare l'es­
sere, e una quantità molto limitata di conoscenza che è in grado di
cambiarlo. In questo stato molte domande non possono avere una ri­
sposta. Se vogliamo una risposta che non sia solo teorica ai grandi quesi­
ti, dobbiamo cambiare il nostro essere. Allora, forse, sapremo. Quello
che è certo è che ora non possiamo sapere. Quando c'è troppa differen­
za tra la conoscenza e l'essere, si hanno cattivi risultati. Se si potesse
sviluppare l'essere indipendentemente dalla conoscenza, sarebbe inu­
tile. E se, per un colpo di fortuna o con un artificio, si potesse otte­
nere una maggiore conoscenza senza che ci sia un cambiamento del­
l'essere, anche questo sarebbe inutile, perché non si sarebbe in grado
di farne uso.
D. Lei ha detto che per un colpo di fortuna o accidentalmente pos­
siamo acquisire una conoscenza che oltrepassa il nostro essere, o vi­
ceversa. Se ciò accadesse dopo che si è iniziato a lavorare in una scuo­
la, potrebbe darci qualche vantaggio?
O. Se si sa tutto non c'è bisogno di andare a scuola. No, si tratta
di un'altra cosa. Ho detto che si può cambiare l'essere anche al di fuori
di una scuola, e che però questo accade assai di rado. Ma posso anche
dire che se si ottiene l'essere o la conoscenza, per così dire, immerita­
tamente, nella maggior parte dei casi ciò che si ottiene è incompleto,
e può solo far peggiorare la situazione, con l'eccezione di alcuni casi
molto rari di via oggettiva. Ma in tal caso, di solito ci vogliono alme­
no trecento anni. E succede così raramente che non vale la pena di par­
larne. In un secondo tempo vi saranno spiegati alcuni esempi di vie
sbagliate, perché se si comprende la via sbagliata, si può capire meglio
la via giusta. Per esempio, si possono fare sforzi perché si è spinti dalla
paura. Un monaco può riuscire a creare l'essere per paura del diavolo.
Ma non sarà quello giusto, perché sarà basato su un'emozione ne­
gativa.
D. Ma quasi tutti gli sforzi non sono forse dovuti alla paura?
O. No, in tal caso non si tratta degli sforzi giusti. Gli sforzi sono
giusti se derivano dalla comprensione, e non dalla paura. Se una casa
è in fiamme e voi fuggite, non è a causa della paura.
D. Chi arriva a conoscere la verità viene scambiato per un pazzo
dalla gente.
O. Sarebbe molto stupido da parte sua parlare a chiunque della ve-
L'essere, la conoscenza e le influenze
79
rità, anche a coloro che non vogliono conoscere la verità. Ma perché
pensare che un uomo che conosce la verità possa essere un idiota?
D. Stavo pensando ai Misteri. La religione permette di avere con­
vinzioni inconfutabili . . .
O. Le convinzioni non sono conoscenza. Nel nostro livello d i essere
possiamo avere convinzioni, ma non possiamo conoscere. Perché? Per­
ché non capiamo di essere limitati dal nostro stato di consapevolezza.
Forse non potremo giungere alla conoscenza neppure in un altro stato;
non possiamo esserne certi, ma potrebbe anche essere possibile. Se
consideriamo i livelli inferiori, possiamo constatare che la conoscenza
che si può avere nel sonno profondo è inferiore a quella che si può
avere nell'altra forma di sonno a occhi aperti che è la veglia. Pertanto
la conoscenza è proporzionale allo stato di risveglio.
Snataka, vagabondo, lunatico, khas-namous
O. Le domande giuste e i problemi giusti sono quelli che riguarda­
no l'essere e il modo di poter cambiare l'essere, che cercano di scoprire
i punti deboli del nostro essere e i modi per lottare contro di essi . . .
Ora vorrei parlare di una cosa interessante, cioè della suddivisione
degli uomini in base alle possibilità di cambiamento del loro essere.
Perché c'è una tale suddivisione.
In breve, si può dire così: in relazione alle possibilità di sviluppo,
alle possibilità di lavoro nella scuola, le persone possono essere divise
in quattro categorie, non paragonabili a nessun'altra divisione, comple­
tamente a parte. Inoltre, l'appartenenza all'una o all'altra categoria non
è permanente e varia rispetto alle condizioni ordinarie; voglio dire,
si può essere in una categoria e credere di appartenere a un'altra cate­
goria. Riguardo a tutto questo c'è molta immaginazione, e nella vita
ordinaria nessuno conosce realmente queste categorie, che non vengono
prese in considerazione. Ma contemporaneamente si deve capire che
si può arrivare al lavoro solo da una categoria; ma ciò non è possibile
né dalla seconda, né dalla terza. La quarta categoria esclude qualsiasi
possibilità. Questa divisione significa soltanto che, in linea di massima,
le persone non si trovano tutte nella stessa posizione in rapporto alle
possibilità di lavoro. Ci sono persone per le quali esiste la possibilità
di cambiare il proprio essere; ci sono molte persone per le quali ciò
è praticamente impossibile, perché hanno ridotto il loro essere a uno
stato tale che non ci può essere per loro un punto di partenza; e ci so­
no persone che, con diversi mezzi e con diversi metodi, hanno già di­
strutto la possibilità di cambiare il loro essere.
80
L'essere, la conoscenza e le influenze
Pertanto, anche se gli uomini nascono, per così dire, con gli stessi
diritti, possono perderli molto facilmente.
Negli scritti indù e buddhisti troviamo un tipo d'uomo ben definito
e un tipo di vita che può portare al cambiamento dell'essere. Sfortu­
natamente è molto difficile tradurre questa parola, che è 'snataka' o
padre di famiglia. 'Padre di famiglia' significa semplicemente un uomo
che conduce una vita ordinaria. Un tale uomo può avere dubbi riguar­
do alle cose ordinarie ; può fare sogni riguardo alle possibilità di svi­
luppo; può giungere a una scuola dopo un certo tempo, sia già anzia­
no sia ancora giovane; può trovarsi in una scuola, e può lavorare in una
scuola. È la prima categoria.
Le altre due categorie di persone sono chiamate 'vagabondi' e 'luna­
tici'. Ma 'vagabondi' non significa necessariamente persone in miseria;
essi possono essere ricchi, e tuttavia essere vagabondi nel loro atteg­
giamento nei confronti della vita. 'Lunatici' non significa che in essi
c'è una deficienza della mente ordinaria; tra di essi ci possono essete
uomini di stato, professori, e così via.
Queste due categorie non possono essere interessate in una scuola.
I vagabondi perché non danno alcun valore a nessuna cosa; i lunatici
perché hanno falsi valori. Pertanto essi non si rivolgeranno mai a una
scuola.
Per prima cosa è necessario capire queste tre categorie dal punto di
vista della possibilità di cambiamento dell'essere. In seguito, dopo aver­
le comprese e riscontrate nella propria esperienza, tra le proprie co­
noscenze, nella vita, nella letteratura, e così via, si sarà in grado di
capire qual è la quarta categoria di persone, coloro che io chiamo 'i
vuoti', che hanno distrutto in se stessi, in diversi modi, ogni possibi­
lità di sviluppo. In condizioni ordinarie, nella vita ordinaria, in tempi
ordinari, essi non sono altro che criminali o veri e propri pazzi, nien­
te di più . Ma in alcuni periodi della storia, in tempi come questi, per
esempio, molto spesso hanno un ruolo di primo piano, e possono di­
ventare persone molto importanti. Ma dobbiamo lasciar perdere que­
sto argomento per concentrarci sulle prime tre categorie .
D. Questa possibilità di crescita dell'essere è connessa con la volon­
tà di obbedire a certe leggi e principi?
O. Non necessariamente. Ma fa parte della via del monaco, per
esempio, che deve cominciare con l'obbedire. Esistono altre strade in
cui non si comincia con l'obbedire, ma con lo studiare e il comprendere.
Non potete disobbedire alle leggi generali in quanto sono esse a farvi
obbedire. Potete sottrarvi ad alcune di esse solamente mediante la
crescita dell'essere; non esiste altra maniera.
D. Ne consegue, allora, che gli individui collegati con una scuola,
L'essere, la conoscenza e le influenze
81
anche se solo mm1mamente, fanno parte di coloro che possono cam­
biare il loro essere?
O. Certamente, se hanno interesse nella scuola e sono sinceri nel
loro atteggiamento verso di essa, ciò mostra che fanno parte di quelli
che possono cambiare. Ma vedete, in ciascuno di noi esistono caratteri­
stiche di vagabondo e di lunatico. Essere collegati con una scuola non
significa che siamo già liberi da queste caratteristiche. Esse hanno una
certa parte in noi e, studiando l'essere, le dobbiamo scoprire, dobbia­
mo sapere in che maniera impediscono il nostro lavoro, e dobbiamo
lottare contro di esse. Ciò è impossibile senza una scuola. Come ho
detto prima, i vagabondi possono non soltanto essere ricchi, ma posso­
no anche essere ben sistemati nella vita, pur essendo vagabondi. I lu­
natici possono essere individui molto colti e avere una posizione im­
portante nella vita pur essendo lunatici. Non è sufficiente considerare
i vagabondi e i lunatici in un senso puramente letterale.
D. Una delle caratteristiche del lunatico è che egli vuole determina­
te cose in modo sproporzionato rispetto alle altre, in maniera tale che
ciò sarà male per lui nel complesso?
O. 'Lunatico' significa avere falsi valori. I lunatici non possono
avere una giusta discriminazione dei valori. Un lunatico corre sempre
dietro falsi valori. Egli è sempre formatorio. Il pensiero formatorio è
sempre difettoso e i lunatici sono particolarmente affezionati al pensa­
re formatorio : questo è il loro principale affetto in una maniera ò nel­
l'altra. Esistono parecchie maniere diverse di essere formatorio. Per
esempio, vi ho dato un esempio di pensiero formatorio mezz'ora fa,
quando vi ho parlato delle persone che dicono che la guerra non è
necessaria, perché tutte le dispute e le difficoltà possono essere risolte
con riunioni, negoziati e cose di questo tipo. Se voi formulate la cosa
in questo modo e non aggiungete che i negoziati sono possibili solo in
certi periodi e non sempre, se pensate che siano sempre possibili, que­
sto è formatorio e completamente sbagliato, perché non sono sempre
possibili. Un principio giusto, se viene assolutizzato, può diventare
completamente sbagliato; e il pensiero formatorio assolutizza qualsiasi
cosa.
D. Non avevo mai pensato che si può cercare di trovare il vagabondo
e il lunatico in se stessi. Il lato vagabondo in noi stessi è una sorta
di irresponsabilità che è pronta a buttare tutto a mare?
O. Proprio così. A volte ciò può prendere forme molto poetiche:
" Non esistono valori nel mondo " , " Nulla vale niente " , " Tutto è rela­
tivo " : queste sono le frasi favorite.
D. Allora mi sembra che le regole che abbiamo in questo lavoro ci
offrano una particolare opportunità di vedere il vagabondo in noi.
82
L'essere, la conoscenza e le influenze
O. Sì, ciò è vero per alcune di esse. Ma in realtà il vagabondo non
è così pericoloso. Il più pericoloso è il lunatico, un insieme di falsi
valori e pensiero formatorio.
D. Che cosa determina a quale categoria un uomo appartiene?
O. Un certo atteggiamento verso la vita, un certo atteggiamento
nei confronti delle persone, e certe possibilità che si hanno. Questo
è tutto. Ciò è valido per tutte e tre le categorie. La quarta categoria
sta a sé.
A proposito della quarta categoria, vi darò appena qualche definizio­
ne, da cui poi potremo cominciare. Nel sistema questa categoria ha un
nome speciale, formato da due parole turche: 'Khas-Namous'. Una del­
le prime cose a proposito di un 'Khas-Namous' è che egli non esita mai
a sacrificare la gente o a causare un'enorme sofferenza, unicamente
per le proprie ambizioni personali. Come un 'Khas-Namous ' sia pro­
dotto è un'altra faccenda. Ciò ha inizio dal pensiero formatorio, con
l'essere un vagabondo e un lunatico contemporaneamente.
D. Nella quarta categoria, dunque, è impossibile che avvenga un
qualsiasi cambiamento dell'essere?
O. Sì, perché un tale uomo è già divenuto un vuoto. Un'altra defi­
nizione è che egli è cristallizzato negli idrogeni sbagliati. La categoria
dei 'Khas-Namous' non può interessarvi praticamente, perché non ave­
te nulla a che vedere con tali individui; vi imbattete però con i risulta­
ti della loro esistenza, e così via. Ma questa è una cosa particolare che
richiederà un discorso a parte.
Per noi è impot:tante comprendere la seconda e la terza categoria,
perché possiamo trovare in noi stessi caratteristiche di entrambe, spe­
cialmente della terza. Al fine di lottare contro la seconda, occorre di­
sciplina di scuola e una generale disciplina interiore; si deve diventare
disciplinati, perché non esiste disciplina in un vagabondo. Nella terza
categoria ci può essere una gran quantità di disciplina, soltanto che è
del genere sbagliato, tutta formatoria. Quindi la lotta contro il pensare
formatorio è la lotta contro il lunatico in noi stessi, e la creazione di di­
sciplina e autodisciplina è lotta contro il vagabondo in noi.
Per quanto riguarda le caratteristiche di un uomo della prima cate­
goria, tanto per cominciare questi è un uomo pratico; non è formato­
rio ; deve avere una certa disciplina, altrimenti non sarebbe quello che
è. Quindi pensare pratico e autodisciplina sono caratteristiche della
prima categoria. Un tale uomo ne ha a sufficienza per la vita ordinaria,
ma non abbastanza· per il lavoro, quindi nel lavoro queste due caratte­
ristiche debbono aumentare e crescere.
D. La possibilità del padre di famiglia esiste in tutti?
O. Non in tutti. Ho già detto che ci sono individui che hanno per-
L'essere, la conoscenza e le influenze
83
so la capacità del pensare pratico o la capacità di sviluppo. In tal caso
essi sono completamente lunatici o vagabondi, a seconda di quello
che hanno perduto.
D. Intendete dalla nascita?
O. Questo non lo sappiamo. Non possiamo parlarne : possiamo par­
lare soltanto dei risultati. Sappiamo che nel lavoro si deve avere la ca­
pacità di pensare praticamente e un atteggiamento pratico, e si deve
avere sufficiente disciplina per accettare la disciplina di scuola.
D. Che cosa intendete per pensare pratico?
O. Esattamente ciò che è chiamato pensare pratico nel linguaggio
comune, vale a dire la capacità di calcolare le cose in circostanze di­
verse; niente di più. Questa stessa capacità può essere applicata alle
idee del lavoro, ai principi della scuola, alle regole, a tutto.
D. Sembra che gli individui nella categoria dei lunatici o in quella
dei vagabondi sono più lontani del padre di famiglia da qualsiasi rico­
noscimento della verità.
O. Non c'è garanzia di ciò. Soltanto le potenzialità sono differenti,
non i fatti. Per quanto riguarda i fatti, essi possono trovarsi esatta­
mente allo stesso livello in relazione a questo, ma la loro possibilità è
diversa. Come parecchie altre cose, le persone non differiscono per
quanto riguarda le manifestazioni; non ci sono differenze tra le perso­
ne meccaniche . Ma le possibilità sono diverse. Uno può cambiare e un
altro no; uno può cambiare soltanto se accade un miracolo, un altro
può cambiare grazie ai propri sforzi, con un certo aiuto. Ci sono di­
verse possibilità.
D. Avete detto che tutti abbiamo parti di vagabondo, lunatico e
padre di famiglia?
O. Cercate di non pensare a ciò in questi termini. Cercate parole
vostre : cosa si intende per 'padre di famiglia', cosa si intende per 'vaga­
bondo', cosa si intende per 'lunatico' . Cercate di capire senza usare que­
ste parole, che non sono una descrizione, ma soltanto un accenno a de­
terminate possibilità.
D. Se si dice di non amare l'autodisciplina, questa può essere con­
siderata una descrizione?
O. Non una descrizione; solamente una caratteristica. Prima di tutto
il vagabondo non ha valori; per lui, tutto è lo stesso; per lui non
esiste bene e male; e per effetto di ciò, o in connessione con ciò, egli
non ha disciplina. Il lunatico ha falsi valori : stima ciò che non ha
valore e non stima ciò che ha valore. Queste sono le caratteristiche
principali, non una descrizione. Il padre di famiglia possiede almeno
certi valori da cui può cominciare e certi atteggiamenti pratici nei ri­
guardi delle cose. Sa che se vuole mangiare deve lavorare.
84
L'essere, la conoscenza e le influenze
D. A proposito della quarta categoria di uomini, che hanno annul­
lato ogni possibilità di sviluppo, tale situazione si viene a creare per
effetto di qualche forma di straordinario egoismo?
O. Sì, nella maggioranza dei casi. Ma non è questo che ci interessa
dal punto di vista pratico. È utile conoscere questa categoria solamen­
te perché a volte questi individui svolgono un ruolo importante nella
vita sociale. Ma essi sono già là : non possiamo né aiutarli né annientarli.
Dobbiamo pensare a noi stessi, al nostro atteggiamento, e principal­
mente alla nostra comprensione. Perché se comprendiamo, va già me­
glio ; possiamo accettarli più facilmente, e conosciamo i loro modi.
D. Qual è il significato dell'idea rappresentata da queste tre cate­
gorie: vagabondo, lunatico, padre di famiglia?
O. Se si considerano le possibilità di cambiamento dell'essere, gli
uomini possono essere suddivisi in tre categorie: coloro che hanno dei
valori e un atteggiamento pratico nei confronti delle cose; coloro che
non hanno valori e non hanno un atteggiamento pratico nei confronti
delle cose; e coloro che hanno valori sbagliati. La cosa importante è
che una parte rilevante di noi tutti, anche se riteniamo di avere qualche
atteggiamento pratico e qualche valore, non ha valori o ha falsi valori.
D. Cosa ci può aiutare a ottenere una maggiore discriminazione?
O. Separate in voi stessi il meccanico dal conscio, osservate quanto
poco ci sia di consapevole, come questo agisca raramente, e quanto sia
forte il meccanico : atteggiamenti meccanici, intenzioni meccaniche, de­
sideri meccanici, e così via.
15 novembre 1 945
D. Come si può definire il male fatto da un Khas-Namous? Potreb­
be essere considerato inconsapevole?
O. È troppo complicato. Non si può cominciare in questo modo.
È una specie di falsa scuola. È molto rara . . . anche se c'è, e si espande.
Il Khas-Namous deve creare se stesso distruggendo la coscienza. In noi
la coscienza è addormentata; un Khas-Namous può incominciare a esi­
stere solo se la uccide.
D. Se il male non è una forza, allora che cos'è?
O. Questa non è una domanda giusta. Potete dire : " Che cosa è? " ,
ma se dite, " Se non è una forza, che cos'è? " , l a domanda diventa im­
possibile. Il male può provenire solo dalle nostre azioni inconsapevoli .
Pertanto, per non fare il male dobbiamo evitare le azioni inconsape­
voli. E si può anche dire che il male consapevole non esiste.
L'essere, la conoscenza e le influenze
85
Il centro di gravità
7 luglio 1 942
O. Parliamo un po' di che cosa significa 'creare la luna in se stessi'.
Non è una cosa che si può spiegare in una frase, perché si tratta di
un'espressione simbolica. I simboli, sotto forma di diagrammi o di
espressioni simboliche, vengono usati per scopi ben precisi. Un simbolo
esprime parecchie idee contemporaneamente. Se significasse solamente
un'unica idea, la risposta sarebbe semplice. Ma un simbolo viene usa­
to per evitare lunghe descrizioni e per concentrare molte idee in una
sola espressione.
Come si decifra un diagramma o un'espressione simbolica? Per poter
decifrare un simbolo è necessario conoscere l'ordine delle idee che es­
so racchiude. Per esempio, in riferimento all'enneagramma, impariamo
che è uno schema generale di ogni cosmo. Poi ci viene detto che esso
rivela il rapporto tra la Legge del Tre e la Legge del Sette. Poi impa­
riamo che un cosmo sta a un altro come zero sta all'infinito. Per ri­
spondere a una di queste domande dobbiamo aver risposto a quella
precedente. Pertanto dobbiamo conoscere l'ordine delle domande.
Ora se ci chiediamo che cosa significhi creare la luna in noi stessi,
dobbiamo prima domandarci: che cosa è la luna? Qual è la funzione
della luna nei confronti dell'uomo, dell'uomo in quanto individuo ?
Che cosa succederebbe s e l a funzione esercitata dalla luna venisse a
mancare? Sarebbe vantaggioso oppure no? Noi sappiamo, per esempio,
che la luna controlla tutti i nostri movimenti. Se la luna scomparisse,
non saremmo in grado di fare alcun movimento, crolleremmo come una
marionetta alla quale sono stati tagliati i fili.
Dobbiamo renderei conto che tutto ciò si riferisce all'essere. Quali
sono le caratteristiche del nostro essere? La caratteristica principale
del nostro essere è che noi siamo una molteplicità, in noi non c'è unità.
Se vogliamo lavorare sul nostro essere, farlo corrispondere maggior­
mente al nostro scopo, dobbiamo cercare di divenire uno. Ma questo
è un fine assai lontano. Cosa significa divenire uno? Il primo passo,
che è ancora assai lontano, sta nel creare un centro permanente di gra­
vità. Questo è ciò che significa creare la luna in noi stessi. La luna è
il centro permanente di gravità della nostra vita fisica. Se creiamo in
noi stessi un centro di gravità, non abbiamo bisogno della luna.
Prima però dobbiamo decidere cosa significhi l'assenza di un 'io'
permanente. A questo proposito ritroveremo molte caratteristiche, di
cui ci è stato parlato, ma queste devono essere stabilite definitivamente
mediante l'osservazione. Poi dobbiamo cominciare a lottare contro le
caratteristiche che ci impediscono di divenire uno. Dobbiamo lottare
86
L'essere, la conoscenza e le influenze
contro ( l ) l'immaginazione, (2) le emozioni negative, (3) l'ostinazione.
Prima che questa lotta possa avere successo, dobbiamo renderei conto
che, per quanto riguarda l'ottenere un centro di gravità, l'immaginazio­
ne peggiore è la convinzione di poter fare una qualsiasi cosa da soli.
Dopo di ciò, dobbiamo scoprire le emozioni negative che ci impedisco­
no di fare quello che ci vien detto in relazione al sistema. Perciò è ne­
cessario rendersi conto che l'ostinazione può essere infranta soltanto
facendo ciò che ci vien detto . Non può essere infranta da quello che
si decide da sé, perché sarebbe ancora ostinazione.
Che cosa è l'ostinazione? L'ostinazione è ostinazione. Ma non si
tratta della parola che si trova nel dizionario; essa è sempre una lotta
contro un'altra volontà. L'ostinazione non può manifestarsi che oppo­
nendosi a un'altra volontà.
Lasciate che mi ripeta. Il lavoro sull'essere è sempre lotta: contro
ciò che vi piace o non vi piace fare. Mettiamo che abbiate voglia di
pattinare e vi venga detto di ricordare voi stessi. Allora dovete lottare
contro il vostro desiderio di andare a pattinare. Che cosa c'è di più
innocente del pattinare? Eppure vi tocca lottare contro di esso, e altre
cose di questo tipo. Ogni giorno, ogni ora, ci sono cose che non pos­
siamo fare, ma ci sono anche cose che possiamo fare. Pertanto dobbia­
mo osservare una giornata e vedere cosa possiamo fare ma non fac­
ciamo. Non può esistere una regola che dica : " Dovete ricordare voi
stessi " . Se ci fosse avreste il diritto di rispondere " Non posso " (anche
se ciò significherebbe che non avete voluto, o non a sufficienza) . Se vi
vien detto di fare o di non fare qualcosa . . . poniamo che vi venga detto
di partecipare a quanti più incontri potete, e che voi perdiate una,
due, tre conferenze; ciò significa che non volete nulla, che non volete
lavorare.
Avete sufficiente conoscenza. Ora è necessario intensificare il lavo­
ro sull'essere. Noi cerchiamo sempre di non fare ciò che ci è stato detto
o consigliato, lo evitiamo. Pensate all'ostinazione: si può lavorare con­
tro l'ostinazione soltanto se si fa ciò che ci è stato detto.
D. E se i consigli a fare certe cose provengono da se stessi?
O. Sto parlando soltanto dei consigli che io vi do.
D. Che cosa ci avete detto di non fare?
O. Questo dovete ricordarlo voi.
D. Ma non siamo noi che dobbiamo prendere la prima decisione di
lavorare, di venire qui, per esempio?
O. Certo. Ma tuttavia è sempre necessario capire che la peggiore
immaginazione è pensare che voi potete decidere che cosa fare.
D. Ho ragione a pensare che se si vuoi progredire nel sistema ogni
altra cosa della vita deve diventare complementare a questo?
L'essere, la conoscenza e le influenze
87
O. Togliete il 'se' dalla domanda e vedrete che essa non esiste.
D. Questo sarebbe il centro di gravità permanente, non è cosl?
O. Per quanto riguarda il centro di gravità, ho detto che è una meta
assai lontana. A Pietroburgo veniva dato come esempio un uomo in
cammino verso un certo luogo, che è la sua meta. Una cosa rimaneva
giusta, e cioè la direzione. Ma seguendo questa direzione egli poteva
trovare altri luoghi sul suo cammino. Oppure poteva partire nella dire­
zione sbagliata, nel qual caso ogni nuova meta lo avrebbe portato an­
cora più lontano dalla meta originale.
D. Potrebbe ripetere la seconda cosa che ha detto riguardo alle emo­
zioni negative ?
O. Dovete scoprire le emozioni negative che vi impediscono di
ascoltare ciò che vi viene detto e di seguir! o. Può darsi che quel giorno
voi siate stati disturbati da me, o da qualcun altro, o dal tempo. E
dopo vi sentite giustificati a non far nulla.
D. Potrebbe ripetere quanto ha detto riguardo all'ostinazione? E
come la si può valutare?
O. Cercate di contare quante cose voi non fate in un giorno, che
potreste invece fare; cose che vi dispensate dal fare.
D. E dopo che le abbiamo contate, che cosa dobbiamo fare?
O. Fate, semplicemente. Fate tutte le cose che avete ascoltato. Che
altro?
D. Che scopo ha lottare contro l'ostinazione?
O. Ricordatevi come siamo partiti. Lo scopo era quello di creare
un centro di gravità, di creare la luna in se stessi. E questo è impossi­
bile se c'è ostinazione.
D. Forse è la luna a farci deviare.
O. La luna è indifferente. Ci aiuta a fare qualsiasi movimento, in­
discriminatamente. Se abbiamo un centro permanente di gravità ci aiu­
terà a fare solo certi movimenti.
D. Come si possono scoprire gli 'io' che ci impediscono di fare le
cose che ci è stato detto di fare?
O. La prima volta che vi accorgete che non avete fatto qualcosa co­
me vi era stato consigliato, cercate di trovarne la causa. La seconda
volta, trovatene di nuovo la causa, e cosl via.
D. La causa non è forse molto spesso l'inerzia e la pigrizia mentale?
O. Queste sono solo parole. Se guarda meglio, o se prende un bino­
colo, forse vedrà qualcos'altro.
D. L'ostinazione è l'espressione dell' 'io' predominante in quel mo­
mento?
O. Sl, in un momento è l'espressione di un 'io', in un altro momen­
to di un altro 'io'.
88
L'essere, la conoscenza e le influenze
D. Quali altre cose possono essere nostre immaginazioni?
O. Molte cose. Osservate. Si può immaginare che si sta lavorando,
per esempio.
D. È la mancanza dell'energia per fare sforzi a impedirci di lavorare?
O. Questa è immaginazione. Abbiamo sempre sufficiente energia per
fare qualcosa. Prendete in considerazione una giornata, e vedete tutte
le cose che avreste potuto fare e che non avete tentato di fare.
D. Può essere un'attività prendere in considerazione un giorno e
studiare la propria immaginazione, le proprie emozioni negative e la
propria ostinazione?
O. No, no. Questa non è un'attività, è attività tutto quello che ri­
guarda questo lavoro. Evitarla o eluderla è un crimine.
D. È possibile che una persona, invece di rinunciare ad alcuni dei
suoi più forti 'io', li usi per favorire il suo vero scopo?
O. Ho detto che nessuno può far molto da solo. Se ci è stato detto
di fare questo, va bene. Ma se lo si inventa, probabilmente si tratta
di un sotterfugio.
D. Perché ci è stata data l'ostinazione?
O. Come fate a sapere che ci è stata data? Io credo che l'abbiamo
inventata noi.
D. Come possiamo determinare ciò che possiamo fare e ciò che non
possiamo fare?
O. Cercando di fare. E può anche darsi che ci si trovi a dire : " Stra­
no, non avrei mai pensato di poter fare questo " .
D . S e l a luna controlla tutti i nostri movimenti, è tra le cose che ci
rendono meccanici?
O. No, non ci rende meccanici: la luna controlla i nostri movimen­
ti perché siamo meccanici.
D. Come definireste l'opposto del centro permanente di gravità?
O. Assenza di un centro di gravità permanente. Che cos'è l'opposto
di un uomo col cappello? Un uomo senza cappello. Niente di più.
D. All9ra non abbiamo un centro di gravità attualmente?
O. Tutti i lunatici hanno un centro di gravità. Uno crede di esse­
re Napoleone, e questo è il suo centro di gravità. Un altro crede di
essere Maometto, è il suo centro di gravità. Un altro ancora, di essere
Dio, ed è il suo centro di gravità.
D. E la gente ordinaria lo ha?
O. No, la gente ordinaria crede un attimo di essere Napoleone, un
altro attimo di essere Maometto, e un altro ancora di essere Dio. Non
c'è nessun centro di gravità.
D. Si può ottenere il centro di gravità solo con l'aiuto del lavoro
di scuola?
L'essere, la conoscenza e le influenze
89
O. Provate a attenerlo senza il lavoro di scuola. Potete arrivare al
lavoro di scuola soltanto dopo aver tentato ogni altra cosa, e dopo aver
scoperto che non potete far nulla. Allora si può cominciare a parlare.
D. Fino a che punto è letterale l'affermazione che la luna controlla
tutti i nostri movimenti individuali?
O. Verificatelo.
D. Ciò che lei chiama 'lotta' è fare sforzi, come lo sforzo di venire
qui ogni sera. Ma cosa succede se non si è consapevoli della lotta?
O. Allora le cose accadono. Le cose che ci possono accadere sono
di quattro tipi : possono essere dovute all'accidente, alla relazione di
causa ed effetto, al fato, alla volontà. La lotta dipende dalla volontà,
dall'intenzione. Non si possono fare sforzi senza esserne consapevoli.
Se si vuole qualcosa e si decide, si agisce, e si ottiene ciò che si vole­
va, questa è volontà. Ecco che cosa è importante.
D. Credo di aver sentito dire che studiando i gruppi di 'io', si potrà
capire come i gruppi di 'io' si aiutino tra loro.
O. In questo caso ciò che è importante è l'azione della volontà. Al­
l'inizio ci è stato parlato solo di tre cose: la volontà, il fato e l'acciden­
te. Poi siamo giunti alla conclusione che ci deve essere una quarta ca­
tegoria, corrispondente al karma. Ma a questa parola sono collegate mol­
te associazioni sbagliate, a causa della teosofia. Allora abbiamo usato
l'espressione 'causa ed effetto', in relazione a questa vita e limitatamen­
te a se stessi. Però da un altro punto di vista tutto il mondo è cer­
tamente fondato su causa ed effetto.
D. Di queste quattro categorie, la volontà è quella che viene usata
meno di frequente, non è così?
O. Ma si deve usare la volontà. Non si è mai pronti per il lavoro,
però si deve lavorare lo stesso. E se si è pronti, ci viene dato dell'al­
tro lavoro per il quale non si è pronti .
D. Questo ci porta all'uomo n. 5.
O. All'origine delle idee di scuola c'è la volontà dell'uomo n . 5 .
Queste idee non possono venire d a persone come noi.
L'essere e la conoscenza
D. Vorrei sapere con più esattezza che cosa si intende per 'essere'.
Per quello che posso capire, è qualcosa che è più permanente di una
collezione di 'io' in continuo movimento.
O. Non faccia le cose così complicate. Il suo essere è tutto lei stes­
so. La conoscenza è separata. Si può visualizzare separatamente tutto
ciò che si sa, ma il nostro essere è tutto ciò che si è. Secondo tale
90
L'essere, la conoscenza e le influenze
suddivisione, si consiste in due cose : ciò che si sa e ciò che si è. Ciò
che si è, è il nostro essere; ciò che si sa, è la nostra conoscenza.
Dal punto di vista dello sviluppo, l'idea è che il lavoro sulla cono­
scenza senza il lavoro sull'essere è insufficiente. Non solo si deve acqui­
sire una certa conoscenza, ma bisogna anche imparare a lavorare sul
proprio essere, bisogna cambiare il proprio essere. La conoscenza dipen­
de dall'essere. Se corrisponde allo stato in cui si è, una maggiore cono­
scenza può essere usata, capita, può essere messa in relazione a tale
stato. Il solo sviluppo della conoscenza non è sufficiente, e a un cer­
to momento si deve arrestare, perché non fa più progredire ma regre­
dire; infatti, se l'acquisizione della conoscenza non è accompagnata da
un cambiamento dell'essere, tutto ciò che si sa verrà distorto.
D. Nell'acquisizione della conoscenza, che parte ha l'essere?
O. L'essere è il vostro stato. In uno stato si può ottenere una cer­
ta conoscenza, ma se si sviluppa un altro stato si può ottenere una
maggiore conoscenza. Se si è divisi in diversi 'io' che si contraddicono
tra di loro, è molto difficile acquisire conoscenza, perché ogni parte
avrà la sua conoscenza, che capirà a modo suo, e pertanto non si po­
trà giungere che a una minima comprensione. Se si diventa uno, è cer­
tamente più facile acquisire conoscenza, e la si può ricordare e capire .
L'essere è uno stato, è l'unità delle condizioni interiori, non più se­
parate.
D. Il nostro essere cresce con la conoscenza ?
O. No, l'essere non può crescere d a s é . L a conoscenza, anche s e è
molto buona, non può far crescere l'essere. Si deve lavorare sulla co­
noscenza e sull'essere separatamente, altrimenti si cesserà di capire la
conoscenza ottenuta.
Generalmente, sappiamo di più sulla nostra conoscenza di quanto
sappiamo sul nostro essere. Siamo a conoscenza di quanto poco sap­
piamo di noi stessi; sappiamo che in ogni momento facciamo errori,
riguardo a ogni cosa; sappiamo di non poter prevedere le cose, di non
poter capire le persone, né le cose. Tutto ciò lo sappiamo, e ci rendia­
mo conto che è il risultato della nostra insufficiente conoscenza. Ma
sebbene con il pensiero ordinario distinguiamo le differenze tra gli
oggetti, non riusciamo a capire le differenze delle persone riguardo al­
l'essere. Si prenda un pezzo di carta e vi si scriva ciò che costituisce
il nostro essere, e si vedrà che esso non può svilupparsi da sé. Per
esempio, una caratteristica del nostro essere è che noi siamo macchine ;
un'altra, che viviamo solo in una parte limitata della nostra macchina;
un'altra ancora, è la molteplicità di cui abbiamo parlato nella prima
conferenza. Noi diciamo 'io', ma questo 'io' è differente in ogni mo­
mento. Un momento dico 'io', ed è un 'io; cinque minuti dopo dico
L'essere, la conoscenza e le influenze
91
'io', ed è un altro 'io'. Dunque abbiamo molti 'io', tutti sullo stesso li­
vello, e non esiste un 'io' centrale che possa controllare tutti gli altri.
Questo è lo stato del nostro essere. Non siamo mai uno, e non siamo
mai gli stessi. Se si scrivono tutte queste caratteristiche, si potrà vede­
re che cosa potrebbe costituire un cambiamento dell'essere, e che cosa
può essere cambiato . In ogni singola caratteristica c'è qualcosa che
può cambiare; e un piccolo cambiamento in una caratteristica significa
un cambiamento anche in un'altra.
L'essere è ciò che si è. Più si conosce se stessi, più si conosce il
proprio essere. Se non si conosce se stessi, non si conosce il proprio
essere. E se si rimane allo stesso livello di essere, non si può ottenere
un'ulteriore conoscenza.
D. Per lavorare sull'essere, è necessario impegnare tutto il tempo
che abbiamo a disposizione nel corso della giornata, non avere mai tem­
po libero?
O. Lei vuoi cominciare con l'impossibile. Cominci con ciò che è
possibile. Cominci facendo un passo alla volta. Cerchi di fare quel po­
co che le è possibile, e i risultati si faranno vedere. C'è sempre un limi­
te, non &i può fare di più di ciò che è possibile. Se si cerca di fare
troppo, non si farà niente. Ma, a poco a poco, vedrà che è necessario
pensare correttamente, avere i giusti atteggiamenti. Ci vuoi tempo, per­
ché è da molto tempo che gli uomini sono in balla delle emozioni ne­
gative, dell'immaginazione negativa, e cosl via. Ma a poco a poco tutto
ciò scomparirà. Non si può cambiare tutto immediatamente.
Dobbiamo sempre e solo pensare al passo successivo, a un passo al­
la volta. Possiamo capire che il nostro essere può divenire un po' più
unificato e padrone di sé di quanto non lo sia ora: questo possiamo
capirlo. In seguito, possiamo pensarlo ancora un po' più unificato, ma
non completamente, non definitivamente.
D. È possibile giudicare il cambiamento del proprio essere senza
ingannarsi?
O. Sl, ma prima di essere in grado di giudicare il cambiamento, si
deve conoscere il proprio essere quale è attualmente. Una volta che
si sono conosciute le principali caratteristiche del proprio essere, si sa­
rà in grado di percepirne i cambiamenti.
D. Da cosa dipende la differenza di livello tra la comune gente ad­
dormentata?
O. Dall'attendibilità. Ci sono persone sulle quali si può fare un
maggiore affidamento e persone sulle quali si può fare un minore af­
fidamento. Ciò vale anche per il lavoro. Le persone instabili non posso­
no ottenere nulla.
D. Cominciamo tutti dallo stesso livello?
92
L'essere, la conoscenza e le influenze
O. Più o meno, ma ci sono variazioni. La cosa principale è l'atten­
dibilità.
D. Come si fa a sviluppare il proprio essere?
O. Tutto ciò che avete imparato, tutto ciò che avete ascoltato sulla
possibilità di sviluppo, si riferisce all'essere. Sviluppare l'essere innan­
zitutto significa svegliarsi, poiché la caratteristica principale del nostro
essere è che siamo addormentati. Cercando di risvegliarci cambiamo il
nostro essere; questa è la prima cosa. Poi ve ne sono molte altre : crea­
re l'unità, non esprimere le emozioni negative, osservare, studiare le
emozioni negative, cercare di non identificarsi, evitare i discorsi inutili:
tutto questo è lavoro sull'essere. In tal modo si ottiene indubbiamen­
te una certa conoscenza, che però rimane separata, se si tratta solo di
una conoscenza intellettuale. Essere è potere, potere di fare; e il po­
tere di fare è il potere di essere differenti.
La conoscenza e l'essere
O. Dopo tutte le conferenze che sono state tenute, dopo tutto quel­
lo che si è ascoltato e che è stato detto riguardo a questo sistema, do­
vrebbe essere molto chiaro che senza scuole non c'è alcun modo di
ottenere una vera conoscenza, una conoscenza oggettiva, vale a dire una
conoscenza proveniente da una mente superiore.
Tale conoscenza ci insegna come studiare l'uomo, come studiare l'u­
niverso, e anche come studiare l'uno in relazione all'altro.
La conoscenza oggettiva permette di conoscere il mondo reale, usan­
do i principi della relatività e della scala e tramite la conoscenza delle
due leggi fondamentali dell'universo: la Legge del Tre e la Legge del
Sette.
L'approccio alla conoscenza oggettiva avviene tramite lo studio di
un linguaggio oggettivo. Se vi ricordate, ho detto che lo studio di que­
sto sistema comincia con lo studio di un nuovo linguaggio, e ve ne ho
dato parecchi esempi : i centri, le divisioni dei centri, la suddivisione
degli uomini in n . l , 2, 3, 4, e cosl via. Queste sono tutte espressioni
di tale linguaggio.
Il passo successivo è lo studio di se stessi, lo studio della macchina
umana, e la comprensione del posto dell'uomo nell'universo. La cono­
scenza di se stessi è sia una meta che un mezzo.
Ma se un uomo vuole svilupparsi, la sola conoscenza non è sufficien­
te; egli deve lavorare per cambiare il livello del suo essere. Però cam­
biare l'essere è difficilissimo, e sarebbe quasi impossibile senza l'aiuto
della conoscenza. Dunque, la conoscenza e l'essere debbono crescere
parallelamente, anche se sono due cose completamente separate.
L'essere, la conoscenza e le influenze
93
Nella scuola le condizioni sono tali che sin dai primi passi il lavoro
procede simultaneamente su due linee, quella della conoscenza e quel­
la dell'essere. Perché il lavoro sull'essere sia possibile, è necessaria una
certa comprensione dei principi e dei metodi di scuola.
Né la conoscenza né l'essere presi separatamente possono dare una
giusta comprensione, perché la giusta comprensione è la 'risultante' del­
la crescita simultanea della conoscenza e dell'essere.
Per crescita della conoscenza si intende il passaggio dal particolare
al generale, dai dettagli al complessivo, dall'illusorio al reale. La cono­
scenza ordinaria è sempre una conoscenza dei dettagli che ignora l'in­
sieme; una conoscenza delle foglie, o delle venature e delle dentellatu­
re delle foglie, che è all'oscuro dell'albero . La vera conoscenza non solo
fa vedere il dettaglio, ma anche il posto, la funzione e il significato di
questo dettaglio in relazione al tutto.
D. Se esistono differenti livelli di conoscenza, allora possiamo avere
soltanto la conoscenza che appartiene al nostro livello?
O. Esattamente. Ma se noi riuscissimo ad avere tutta la conoscenza
che è ottenibile al nostro livello, allora il nostro livello cambierebbe.
Il fatto è che noi non abbiamo tutta la conoscenza che è possibile al
nostro livello, ne abbiamo troppo poca.
D. La conoscenza può solo derivare da una diretta connessione con
il lavoro?
O. Fin dall'inizio vi sono state comunicate certe idee sulla macchi­
na umana; per esempio, riguardo alle quattro funzioni, ai differenti
stati di consapevolezza, riguardo al fatto che viviamo in uno stato che
oscilla tra alti e bassi, che talvolta è prossimo alla consapevolezza di
sé e talvolta è più vicino al sonno. Quando vi è stato detto questo, vi
è stato anche detto di verificarlo da voi stessi. Se vi limitate ad ascol­
tare queste cose, o a leggerle, esse rimangono semplici parole. Ma
quando cominciate a verificarle di persona, quando capite ciascuna
funzione in voi stessi e scoprite ciò che sentite nei loro confronti, al­
lora diviene conoscenza. L'essere è completamente separato. Anche se
nel vostro stato attuale fate ogni possibile sforzo, potete tuttavia sen­
tire che dalla vostra conoscenza potreste ottenere molto di più, e che
però il vostro essere non è sufficiente. Pertanto è necessario lavorare
sull'essere, renderlo più forte e più definito. Allora dalle stesse parole
potrete estrarre più conoscenza.
D. Ma una certa conoscenza non aumenta l'essere di un uomo?
O. No, non può. Anche una conoscenza enorme di per sé non può
accrescere l'essere. Il lavoro per accrescere la conoscenza e quello per
accrescere l'essere sono due cose differenti: gli sforzi necessari sono
differenti.
94
·.
L'essere, la conoscenza e le influenze
D. Se la comprensione è la risultante della conoscenza e dell'essere,
non riesco a vedere come questi possano combinarsi.
O. Ogni comprensione, ogni momento in cui si comprende qualco­
sa, è una combinazione di conoscenza ed essere. La comprensione è il
risultato dell'esperienza : di una certa esperienza relativa all'essere e di
una certa esperienza relativa alla conoscenza.
D. Non mi è ancora chiaro che cosa intendete per 'essere' e 'stato di
essere'.
O. Tutto ciò che esula dalla conoscenza si trova nel vostro essere.
Molte cose entrano a far parte dell'essere. Si può essere più divisi o
più integri, più addormentati o meno addormentati. Tutto ciò è un'e­
spressione dell'essere. Si può mentire di più o mentire di meno, ama­
re o non amare il mentire, avere una sensazione di meccanicità o no.
Generalmente, lo stato dell'essere sta a indicare una maggiore o mi­
nore coerenza nelle azioni. Un'eccessiva contraddizione tra una cosa
e l'altra è segno di una debolezza dell'essere. Non si capisce che se un
uomo è molto incoerente, la sua conoscenza diventa in gran parte inat­
tendibile. Lo sviluppo unilaterale di un aspetto, che si tratti della co­
noscenza o dell'essere, dà risultati molto negativi. Esistono alcune scuo­
le, molto inadeguate, e dirette da persone indegne di dirigere scuole,
che sviluppano soltanto un aspetto, con pessimi risultati.
Ma bisogna sviluppare entrambi gli aspetti dell'uomo. L'essere inclu­
de tutto il nostro potere di 'fare'. La conoscenza è soltanto ausiliaria ;
può essere di aiuto. M a per poter cambiare i l nostro essere, prima di
tutto - ed è qui che entra in scena la conoscenza - dobbiamo ren­
derei conto del nostro stato e capirlo. Appena iniziamo a comprendere
lo stato del nostro essere, contemporaneamente impariamo che cosa
fare con noi stessi, che dobbiamo ricordarci di tutti i diversi 'io', che
dobbiamo lottare contro funzioni inutili come il mentire, l'immaginazione, le emozioni negative e così via.
D. Che cosa intendeva quando ha detto che lo sviluppo della sola
conoscenza o del solo essere dà cattivi risultati?
O. Forse è meglio che ve lo dica come mi è stato insegnato la prima
volta. Nel primo caso, quando la conoscenza si sviluppa in modo spro­
porzionato all'essere, il risultato è quello che vien detto 'un debole
yogi', un uomo che sa tutto ma che non può far nulla. Nel secondo
caso, quando l'essere si sviluppa in modo sproporzionato alla conoscen­
za, il risultato è 'un santo stupido', un uomo che può far tutto, ma
che non sa nulla.
D. Le influenze B sono di aiuto per la crescita dell'essere?
O . Dovreste già sapere che se non si assorbe una certa quantità di
influenze B, non si può entrare in contatto con le influenze C. Mi vie-
L'essere, la conoscenza e le influenze
95
ne spesso chiesto perché non ho gruppi per i bambini. Ciò è dovuto
al fatto che le persone debbono avere una sufficiente esperienza, deb­
bono aver prima tentato diverse cose, ed esserne rimaste deluse. Altri­
menti esse considereranno il sistema al livello delle influenze B, lo
degraderanno, e non saranno capaci di percepirne la differenza da qual­
siasi altra cosa che abbiano letto o ascoltato. Si deve prima avere un'e­
sperienza delle influenze B per poter capire se il sistema è una cosa or­
dinaria o non ordinaria.
Se cercate di paragonare questo sistema con altri, troverete che esso
si differenzia dai sistemi, sia filosofici sia di altro tipo, per l'importan­
za attribuita a questa idea dell'essere. Gli altri sistemi si occupano del­
la conoscenza o del comportamento. Essi presumono che noi, così co­
me siamo, possiamo conoscere di più o possiamo comportarci differen­
temente. Nei sistemi religiosi la 'fede' e il 'comportamento' sono ge­
neralmente considerati volontari. Si può essere buoni o cattivi, e di­
pende dalla propria volontà. Questo è il solo sistema che offre l'idea
di differenti livelli dell'essere. Al nostro attuale livello di essere ci so­
no una conoscenza, una fede, un comportamento, che sono tutti deter­
minati dall'essere. La prima cosa è la conoscenza, quanto poco sappia­
mo. Si comincia a studiare se stessi; ci si rende conto di essere una mac­
china, ma che è possibile diventare coscienti. La meccanicità inizia a
un certo livello dell'essere. Tutto ciò che essa può o non può fare, di­
pende da questo livello. Cercate di capire che cosa si intende quando
si dice 'essere', 'livelli dell'essere', 'cambiamento dell'essere'. Gli altri
sistemi considerano la conoscenza o il comportamento morale come in­
dipendenti dall'essere. L'idea più importante e più caratteristica di
questo sistema è l'idea dell'essere. Questo sistema dice che tutto, le
forze, le energie, i differenti tipi di attività, tutto dipende dal livello
dell'essere. Ciò che ci impedisce di conoscere di più è il livello a cui
è il nostro essere. Nello stesso tempo, la più lieve differenza nel livello
dell'essere dischiude nuove possibilità di conoscenza e di azione. Tutte
le nostre facoltà sono determinate dal livello del nostro essere.
D. Avevo capito che si è tutti sullo stesso livello.
O. Sì, in rapporto all'uomo n. 4. Ma ci sono persone che sono più
distanti dal livello dell'uomo n . 4 e altre che sono più vicine. Come
in qualsiasi altra cosa, ci sono diverse gradazioni. C'è una grande di­
stanza tra un livello e l'altro, ma ci sono stati intermedi. E in noi av­
viene la stessa cosa : ciascuno di noi può essere differente in diversi
momenti.
D. Potrebbe dare ulteriori spiegazioni riguardo alle gradazioni che
ci sono tra noi e l'uomo n. 4 ? Vorrei capire.
O. Questa è una domanda giusta. Potete capire tramite l'osserva-
96
L'essere, la conoscenza e le influenze
zione degli altri e di voi stessi. Ci sono dei gradi. Ci sono gli uomini
l , 2 e 3 , che non sono affatto interessati alla possibilità di svilupparsi,
di acquisire conoscenza, o a cose di questo tipo. Poi ci sono coloro che
hanno la possibilità di una certa comprensione, ma che passano da una
cosa all'altra: il loro è un interesse senza direzione. Poi ci può essere
un diretto interesse, l'inizio del centro magnetico, la crescita del cen­
tro magnetico, l'incontro con le scuole, ci possono essere molte scuole,
di un tipo o dell'altro, e si può passare attraverso molte scuole sba­
gliate. Infine si incontra il lavoro. E anche in questo caso ci sono
diverse gradazioni. A tale riguardo sono già state spiegate molte cose.
Gli uomini n. l , 2 e 3 possono essere assai differenti, possono essere
prossimi a delle possibilità, essere lontani da qualche possibilità, o
anche senza nessuna possibilità.
D. Lei ha parlato degli altri sistemi e della condotta morale. Ho
ragione a pensare che non possiamo capire oggettivamente che cosa sia
bene e che cosa sia male, se non siamo a conoscenza dello scopo com­
plessivo?
O. Che cosa intende con complessivo? Prima dobbiamo stabilire a
che livello stiamo parlando, su quale scala. L'umanità è già una scala
molto grande.
D. La scala dell'umanità deve adattarsi alla vita organica.
O. Probabilmente, ma non necessariamente.
D. Allora giusto e sbagliato non possono esistere oggettivamente.
O. Perché no? La vita organica è un cosmo ausiliario. Quello che
può essere giusto per gli interessi di un cosmo più piccolo, può essere
sbagliato o indifferente in un cosmo superiore. Ma questo è puramen­
te teorico . Quando discutiamo dobbiamo lasciar perdere le grandi cose,
e rimanere il più vicino possibile a quanto ci riguarda. Per prima co­
sa dobbiamo collegare questo problema con le tre linee di lavoro. La
prima linea consiste nello studio, nella lotta contro le funzioni inutili,
come l'identificazione e le emozioni negative. Tutto ciò che aiuta que­
sta prima linea di lavoro è giusto. Nella prima linea tutto ciò che si
ottiene è solo per se stessi. Questo è il principio. Nella seconda linea
di lavoro non si può tenere tutto per sé, bisogna dare agli altri. Il
cerchio si allarga; la comprensione di ciò che è giusto e di ciò che è
sbagliato si estende. Si deve imparare non solo a capire, ma anche a
spiegare. E presto ci si accorge che si possono capire certe cose solo
spiegandole agli altri. La terza linea è l'idea di scuola. Il cerchio si al­
larga ulteriormente. Si entra in relazione con il mondo esterno . Allora
bene e male è ciò che aiuta o ostacola su di una scala ancora più gran­
de. Dobbiamo pensare in questo modo .
La prima linea riguarda solo voi stessi.
L'essere, la conoscenza e le influenze
97
La seconda linea riguarda le persone nel lavoro.
La terza linea riguarda l'intero mondo esterno, e tutto il presente
e il futuro del lavoro.
Vedete come tutto si amplia? Ci sarebbero molte cose da discutere
a questo proposito. Questo inoltre semplifica le cose, perché abbiamo
sempre un punto di applicazione.
Vi consiglio di prestare un'attenzione particolare allo studio e alla
comprensione dell'idea delle tre linee. È uno dei principi del lavoro di
scuola. Se lo applicate, vi diverranno chiare molte cose. Il sistema offre
questi strumenti in abbondanza; se li usiamo, ci apriranno prima una
porta, e poi un'altra.
Frammenti da un incontro (S. D.)
Se pensiamo alla questione delle differenti influenze alle quali la
vita dell'uomo è sottoposta, vedremo che per noi è importante distin­
guere le influenze create nella vita dalle influenze la cui origine è si­
tuata a� di fuori della vita. È nec�ssario capire tale differe�a; .tut.to �l
resto dipende da questa comprens10ne e anche dalla capactta dt dtscn­
minazione riguardo a questi due tipi di influenze. Ma è difficile sepa­
rarle. Se, nel ricevere questi due tipi di influenze, non le separiamo,
cioè se non vediamo e sentiamo la loro differenza, anche la loro azione
su di noi non sarà separata; esse agiranno su di noi nello stesso modo,
allo stesso livello, e produrranno gli stessi risultati.
Ma se le distinguiamo, i risultati delle influenze la cui origine è
situata al di fuori della vita si concentreranno in noi· le ricorderemo
nel loro insieme, le sentiremo nel loro insieme, e, do o un certo tem­
po, esse formeranno in noi un centro magnetico, che inizierà ad at­
trarre a sé le altre influenze dello stesso genere . In tal modo il centro
p
magnetico crescerà.
Si può iniziare il lavoro soltanto se si ha un centro m agnetico. Se
considerate le persone che incontrate nella vita vedrete che alcune han­
no un centro magnetico, mentre altre non lo hanno. Se un uomo ha il
giusto tipo di centro magnetico, questo lo può aiutare a entrare i�
contatto COn il terzo tipo di influenze, le influenze dirette. S� non Sl
capiscono i tre tipi di influenze, non si potrà vedere la relaztone che
c'è tra il lavoro di scuola e la vita, e perché il lavoro di scuola è li­
mitato, perché soltanto poche persone sono in grado di parteciparvi.
Ci sono molti tipi differenti di influenze A, ma esse sono . . .
98
L'essere, la conoscenza e le influenze
Le influenze (frammento da un incontro. S. D.)
O . . . . [ come è possibile che le influenze del] passato giungano sino
a noi? Esse non vivono a lungo; hanno breve vita, a eccezione di due
o tre tipi, circondati da un tale groviglio di adattamenti meccanici che
in realtà diventano influenze A. Possono sopravvivere solo in questa
forma.
D. Chi le può distruggere?
O. Tutto, tutte le forze, tutte le forze meccaniche; esse per natura
sono l'opposto delle forze meccaniche, e indubbiamente le forze mec­
caniche le distruggono.
D. Conoscete circostanze che siano favorevoli all'attività delle in­
fluenze B ?
O. Possiamo immaginarle, m a non le conosciamo. Riusciamo forse a
vedere uno stato di cose tale da non distruggere l'influenza B, ma da
permetterle di esistere e di funzionare? Non è necessario inventare
nulla; è sufficiente vedere come stanno le cose.
D. Se sapessimo come indirizzare l'energia, tutto sarebbe utile, sup­
pongo ...
O. No, questa è un'altra questione; nello stesso tempo è verissimo
che tutto può essere reso utile; non si tratta soltanto di indirizzare
l'energia, ma anche di creare correnti adatte, trasformate in influenze
giuste. Ma questo può avvenire solo molto più avanti.
Vedete, tutte le opinioni non valgono nulla; non portano da nessuna
parte. Bisogna pensare in modo differente, in un modo nuovo, e ve­
dere le cose diversamente. E questo vuoi dire vedere cose che ora non
vediamo; quest'ultima cosa è forse la più difficile, perché siamo abituati
a vedere solo certe cose. È un grande sacrificio rinunciare a vedere le
cose che siamo abituati a vedere. Siamo abituati a pensare che vivia­
mo in un mondo più o meno confortevole; certo, ci sono cose spiace­
voli come le rivoluzioni, le guerre, ma nel complesso è un mondo con­
fòrtevole, un mondo ben intenzionato. È difficilissimo liberarsi del­
l'idea di un mondo fatto a fin di bene. Poi dobbiamo senza dubbio ca­
pire che non vediamo affatto le cose; come nell'allegoria della caverna
di Platone, vediamo solo i riflessi delle cose che hanno luogo alle
nostre spalle; le cose che vediamo hanno perso la loro realtà. È come
nella caverna; molto spesso siamo governati non dalle cose, ma dalla
nostra idea delle cose, · dalla nostra opinione delle cose, dalla nostra
immagine delle cose. Questa è la cosa più interessante. Cercate di pen­
sare a tutto ciò, e la prossima volta ne riparleremo.
L'essere, la conoscenza e le influenze
99
Le influenze B
1 7 gennaio 1 940
D. Se ricordo perché sono arrivato al lavoro, ricordo anche come ci
sono arrivato. Se le cose si limitano ad accadere, perché sembrano col­
legate, come se ci fosse sempre un'intenzione che le guida?
O. Questo è stato spiegato a proposito delle influenze B. Vedete,
se voi siete arrivati al sistema, a questo o a un altro simile, se non
siete pronti, non rimarrete, come molti altri che si limitano a venire e
ad andarsene perché non possono toccar nulla, e ciò significa che non
erano pronti. In un certo senso la preparazione è accidentale, ma nello
stesso tempo, se considerate le persone che si trovano esattamente nel­
le medesime circostanze, vedrete che alcuni divengono pronti e altri no,
e ciò mostra qualcosa che fa parte della natura individuale. Ma le in­
fluenze in quanto tali, sono accidentali, non possono essere intenzio­
nali. Int endo dire che esse sono intenzionali per quanto riguarda la loro
origine, ma accidentali nel mondo.
6
Lo scopo
Fare l'impossibile, il cambiamento dell'essere,
l'emozione e lo sforzo
D. Ci è stato detto che il vero lavoro sull'essere richiede la compren­
sione di come ottenere la giusta conoscenza. Avete anche detto che
dobbiamo capire che cosa vogliamo.
O. Ci sono parecchie ragioni per questo. La comprensione è la più
grande delle forze che possono operare in noi un cambiamento. Più
c'è comprensione, migliori saranno i risultati dei nostri sforzi.
D. Mi è del tutto impossibile giudicare le variazioni del livello del
mio essere. Posso rendermi conto della conoscenza, ma i cambiamenti
dell'essere mi sfuggono.
O. Ciò che si capisce dipende dal livello dell'essere. Vedo che lei
non capisce che cosa significa livello dell'essere. Come ho spiegato nel­
la prima conferenza, una delle principali caratteristiche del nostro
essere è che abbiamo molti 'io'. Un'organizzazione di lavoro, una di­
rezione di lavoro, significherà un cambiamento dell'essere.
D. Che grado di essere si aspetta da noi?
O. Mi aspetto che voi comprendiate; è impossibile determinare le
gradazioni dell'essere a parole.
D. Se siamo macchine, come possiamo cambiare il nostro essere?
O. Non potete aspettare finché cambiate. Nel lavoro c'è un principio
molto importante: non si deve mai lavorare secondo le proprie forze,
ma sempre oltre le proprie forze. È un principio permanente. Nel la­
voro si deve sempre fare di più di quanto è possibile. Solo così si può
cambiare. Se si fa solo ciò che è possibile, si rimane dove si è. Bisogna
fare l'impossibile. Non si deve considerare la parola 'impossibile' se­
condo una scala troppo ampia. Tuttavia il poco che si può fare, signi­
fica già molto. Si deve fare di più di quanto si può, o non si cambierà
mai. Nella vita non è così, nella vita si fa soltanto ciò che è possibile
Si deve capire che il solo scopo è il cambiamento dell'essere. La me-
Lo scopo
101
ta da raggiungere sono gli stati superiori di consapevolezza, è la capa­
cità di lavorare con i centri superiori. Tutto il resto è a questo scopo,
esiste per poter ottenere questo. Si debbono fare mille cose che non
sembrano avere alcuna relazione con tutto ciò, e che invece sono tutte
necessarie, perché si vive al di sotto del livello normale. La prima
cosa è raggiungere il livello della normalità, poi si deve cercare di svi­
luppare nuove possibilità e nuove cose.
Spesso succede che le persone dicono di aver lavorato a lungo, sen­
za vedere alcun risultato. Ma per ottenere anche solo un poco, il lavo­
ro deve avere una diversa intensità. È come imparare una lingua. Se
si imparano dieci parole al giorno, dopo dieci o quindici anni si sarà
ancora allo stesso punto, si sarà imparato qualcosa e qualcosa sarà sta­
to dimenticato. Il lavoro necessita di uno sforzo permanente, di uno
sforzo molto intenso e continuo. La preparazione richiede molto tem­
po, e ci vuole molto tempo per cose quali il lavoro contro gli impedi­
menti, è un lavoro lento. E non si deve solo pensare agli ostacoli ma
anche alla meta, e ciò richiede uno sforzo differente.
D. Che cosa significa : cercare di fare l'impossibile?
O. Cambiare il proprio stato, ricordarsi di sé. Per muovervi da que­
sto punto morto dovete fare di più, dovete fare più sforzi che nella
vita ordinaria. Ci si dimentica di questo, oppure si pensa che per il
lavoro sia sufficiente sforzarsi come nella vita, o anche meno. E ciò è
veramente impossibile. Lo sforzo ha molti e diversi aspetti. Talvolta
lo sforzo per non fare qualcosa, o per farla in modo diverso, è maggio­
re dello sforzo per fare qualcosa. Gli sforzi possono essere di diverso
tipo, ma all'inizio siamo guidati soltanto dall'intelligenza e dalla com­
prensione. Pertanto per un lungo periodo tutto il lavoro si deve con­
centrare sulla comprensione. Quando si capiscono meglio le cose, di­
venteranno possibili molte altre cose.
D. Per quanto riguarda il ricordo di sé, come ci si può sforzare in
modo adeguato?
O. Si deve cercare di capire che cosa è questo sforzo, perché ci si
vuole sforzare. Quanta più energia si impiega, tanto più si capisce, e
migliori saranno i risultati. Quando ci si rende conto di quanto si per­
da non ricordandosi di sé, si avrà un forte stimolo a ricordarsi di sé
ogni volta che sia possibile. Più si comprende che non ci si ricorda di
sé, che cosa questo significhi e cosa significherebbe ricordarsi di sé,
quanto si perde non ricordando se stessi e quanto si potrebbe ottenere
ricordandosi di sé, tanto più si faranno sforzi.
D. Ogni volta che provo sensazioni emotive sul lavoro, finisco ben
presto con il distruggere tutto.
O. Soltanto l'identificazione è distruttiva. L'emozione può solo da-
102
Lo scopo
re una nuova energia, una nuova comprensione. Lei scambia l'emozio­
ne con l 'identificazione. Lei non conosce un'emozione che sia esente
dall'identificazione.
D. C'è un modo per aumentare la propria comprensione?
O. Non ce n'è uno, ce ne sono migliaia. Tutto ciò di cui abbiamo
parlato dal primo giorno sino a oggi, riguarda i modi di accrescere la
comprensione. Ma principalmente si deve lottare con gli ostacoli, con
le cose che impediscono la comprensione. Si potrà iniziare a capire di
più soltanto quando questi ostacoli saranno stati rimossi. Ma gli osta­
coli, se si escludono gli aspetti comuni dell'identificazione e cosl via,
sono individuali. Si deve scoprire quali siano i propri ostacoli, si deve
scoprire che cosa costituisce un impedimento. In genere vi accorgerete
che si tratta di qualche forma di identificazione, che voi percepite in
modo diverso perché vi riguarda direttamente, di persona. Le diffi­
coltà di un'altra persona possono sembrarvi una cosa molto semplice,
ma le difficoltà personali vi appaiono difficilissime, quasi insormonta­
bili, finché non decidete altrimenti. Non si tratta di una cosa impossi­
bile; non vi è chiesto nulla di impossibile. Dovete solo essere perseve­
ranti e agire in una certa maniera, ricordando che cosa è stato detto .
D. Prima di iniziare il lavoro ero pieno di piccoli entusiasmi, e di
cose del genere. Capisco che molti di essi erano basati sull'immagina­
zione, ma ora mi sembra di aver perso ogni sensibilità. È una sensa­
zione molto deprimente, e non posso credere che anche le altre perso­
ne si trovino nella stessa situazione.
O. Purtroppo, invece, sono nelle stesse condizioni. Uno dei maggiori
problemi è proprio quello di poter ottenere una maggiore intensità
emotiva, perché se si conta sull'intelletto non si va troppo lontano.
L'unica cosa è sforzarsi, sforzarsi e ricordare le diverse linee di lavoro,
cercando di non identificarsi, di ricordare se stessi, cercando, in ogni
modo: sforzarsi, sforzarsi. . . Questo diventa un grande problema, per­
ché ci sono tante cose che si contrappongono . . . Ma se ci si sforza a
sufficienza, la capacità emotiva aumenta. Più si fanno sforzi, più si può
diventare emotivi. Il fatto che tutti continuano a fare questa domanda,
o che, comunque, anche se non fanno domande, siano sensibili a questo
problema, dimostra che non si fanno abbastanza sforzi.
D. Lei dice che bisogna sforzarsi di più. Intende dire sforzarsi di
essere sensibili alle emozioni oppure sforzarsi di lavorare?
O. La domanda non può essere formulata in questo modo. Si tratta
di sforzarsi di lavorare, semplicemente. Non ci si può sforzare di essere
sensibili, nessuno sforzo potrà aiutarci in questo.
D. Lei ha detto che quando si fanno sforzi per essere emotivi ci so­
no molte cose che ci contrastano.
Lo scopo
103
O. Non si possono fare sforzi per essere emotivi. Questo è comple­
tamente sbagliato. Non si possono fare sforzi per essere emotivi, ma
si possono fare sforzi. Se si sta facendo qualcosa, la si può fare senza
sforzarsi, cercando di fare il meno possibile, oppure ci si può impe­
gnare al massimo. L'emozione può apparire solo come risultato di una
certa pressione. Nelle condizioni ordinarie, nella vita comune, ciò si
limita ad accadere; accade qualcosa che induce in uno stato emotivo.
Il problema è come produrre l'emozione, come provocare l'emotività
in se stessi. E posso dire che nella nostra attuale condizione, abbiamo
una sola possibilità: lo sforzo. Che però non è lo sforzo di produrre
l'emozione. Tale sforzo non esiste. Tuttavia, uno sforzo prolungato
e molto intenso in qualsiasi lavoro si faccia, dopo un certo periodo ac­
crescerà la sensibilità emotiva, e questo non può certo avvenire imme­
diatamente. Un certo periodo di sforzi su diverse linee aumenterà cer­
tamente le vostre emozioni.
D. Perché deve essere cosl difficile fare sforzi? La ragione è, alme­
no in parte, che finché non abbiamo un certo controllo sulle emozioni
negative, non abbiamo sufficiente energia?
O. No. Il controllo delle emozioni negative è una meta distante.
Non possiamo aspettare che ciò avvenga. Gli sforzi possono sembrare
difficili perché non siamo preparati mentalmente. Non pensiamo a essi
in modo giusto. E non accettiamo, neppure mentalmente, che sia ne­
cessario fare sforzi. Questa è la causa delle maggiori difficoltà. Quando
si evidenzia la necessità di fare sforzi è come uno shock, è una cosa
inaspettata, che ci coglie alla sprovvista.
Il desiderio di lavorare e i molti 'io'
D. Vorrei trovare il modo di prendere una decisione irrevocabile nei
confronti del lavoro.
O. Una delle nostre più grandi illusioni è quella di credere che si
possano prendere decisioni. Per poter prendere decisioni bisogna essere,
perché, cosl come siamo, un piccolo 'io' prende le decisioni e preten­
de che un altro 'io', che non ne sa nulla, le esegua. Questa è una delle
prime cose che dobbiamo capire : cosi come siamo, non possiamo pren­
dere delle decisioni, neppure per quanto riguarda le cose di poco con­
to; le cose accadono, semplicemente. Se lo comprendiamo nel modo
giusto, cominciamo a cercarne le cause, e quando le scopriremo, sare­
mo finalmente in grado di lavorare e, forse, di prendere decisioni, ma
per molto tempo solo in relazione al lavoro e non ad altre cose.
La prima decisione che dovete prendere è quella di fare il vostro
104
Lo · scopo
lavoro, e con regolarità, di ricordarvene, di non lasciare che vi sfugga
di mano . Dimentichiamo le cose con troppa facilità. Decidiamo di fare
sforzi, certi tipi di sforzi e certi tipi di osservazioni, e poi intervengono
cose del tutto ordinarie, ottave ordinarie, che interrompono tutto, e
ce ne · dimentichiamo completamente. In seguito ce ne ricordiamo di
nuovo, per poi tornare a dimenticare, e così via. Bisogna dimenticare
di meno e ricordare di più. Certe percezioni, certe cose che sono già
state comprese e capite, debbono restare sempre con voi, dovete cer­
care di non dimenticarvene.
La difficoltà principale è che cosa fare e come d si può costringere
a fare dò che si è deciso. Il problema sta nel riuscire a costringersi a
pensare con regolarità, a lavorare con regolarità. Solo così si potrà
iniziare a vedere se stessi, cioè a vedere che cosa è più importante e
che cosa è meno importante, dove si debba concentrare l'attenzione, e
così via. Altrimenti, che cosa accade? Si decide di lavorare, di fare
qualcosa, di cambiare le cose, per poi rimanere dove si era prima. Cer­
cate di pensare al vostro lavoro, a che cosa cercate di fare e perché,
a quali sono le cose che vi aiutano nel lavoro e quali quelle che vi ostaco­
lano, esteriormente e interiormente . Come ho detto spesso, è utile anche
pensare agli avvenimenti esterni, specialmente ora, perché vi mostrano
quanto dipenda dal fatto che la gente è addormentata, che è incapace
di pensare correttamente, incapace di comprensione. Una volta che lo
avete constatato all'esterno, potrete applicarlo a voi stessi. E in voi
stessi troverete la medesima confusione nei confronti di diverse cose. È
difficile pensare, è difficile capire dove si deve cominciare a pensare ;
se lo capite, cominciate a pensare nel modo giusto.
Se trovate il modo di pensare correttamente riguardo a una cosa,
dò vi aiuterà subito a pensare correttamente al riguardo di altre cose.
La difficoltà è che la gente non pensa a niente in modo corretto .
D. Ciò che trovo più allarmante in me stesso è la facilità con cui
cado in uno stato che rende impossibile ogni sforzo.
O. Sì, ma se vi proponete di sforzarvi regolarmente, questo vi aiute­
rà a proseguire.
D. Come si può impedire che gli sforzi regolari divengano puramen­
te formali, che cosa si può fare perché non perdano il loro significato?
O. Il ricordo di sé non può mai diventare formale. Se gli sforzi di
questo tipo diventano formali, dò è indice di un sonno molto profon­
do. E quindi è necessario fare qualcosa per svegliarsi. Bisogna parti­
re dall'idea della meccanidtà e dai risultati della meccanicità.
È proprio così. Tutto passa rapidamente e scompare, e alla fine d
si trova con nulla. E si ricomincia a fare un qualche sforzo cosciente,
che torna a dileguarsi. Come si può impedirgli di scomparire in que-
Lo ·scopo
105
sto modo? Nel nostro ordinario modo di pensare e di sentire ci sono
molte tendenze meccaniche, e queste tendenze meccaniche ci fanno
sempre andare nella solita direzione. Vogliamo pensare in un altro
modo, vogliamo essere differenti, vogliamo lavorare in un altro modo,
sentire in modo nuovo, ma non succede nulla, perché ci sono tutte
quelle tendenze che ci fanno ritornare indietro. Bisogna studiare quel­
le tendenze, bisogna trovarne la spiegazione, capirle. Pensate al conti­
nuo uso della parola 'io', quando non si ha alcun diritto di dire 'io'.
Si può dire 'io' solo se si parla di se stessi in relazione al proprio la­
voro per un determinato scopo : lo studio di sé, lo studio del sistema,
il ricordo di sé, eccetera. Solo in questi casi si può dire 'io'. Negli altri
casi si deve continuare a usare quella parola perché non ve ne sono
altre, ma ci si deve rendere conto che non si tratta del nostro reale
'io', ma solo di una piccola parte di esso. Quando si impara a distin­
guere questa differenza, quando ciò diviene quasi un'abitudine (non
nel senso ordinario di abitudine, ma per il fatto che diventa costante) ,
si potrà percepire se stessi nel modo giusto. Ma se si dice sempre 'io',
senza fare distinzioni, ciò va a vantaggio delle tendenze meccaniche,
che vengono rafforzate. E quante sono le cose che facciamo senza aver­
ne affatto l'intenzione ! E questo prende tutta la nostra energia, cosic­
ché non rimane nulla per il reale lavoro.
D. Il continuo cambiamento degli 'io' è il risultato dell'abitudine?
O. Si, ma sono tutti cambiamenti nello stesso posto, si gira in tondo
nello stesso posto . In realtà, non sono cambiamenti. . . Si vuole produr­
re un cambiamento, ma il cambiamento può solo essere il risultato di
uno sforzo continuo. Ordinariamente, meccanicamente, non si fa che
girare in tondo.
D. Si può essere responsabili?
O. Certo. Ma in relazione a che cosa? Se cominciate un certo tipo
di lavoro, siete responsabili nei confronti di quel lavoro o, per lo meno,
dovreste esserlo. E chi è responsabile? Se per voi tutto è 'io', dovreste
sapere che esistono molti 'io'; alcuni sono responsabili, altri non lo
sono, perché non hanno nulla a che fare con questo lavoro. In voi
ci sono diverse parti.
D. Qual è la dote che possiedono soltanto le poche persone in grado
di svilupparsi?
O. Sono molte, non una sola. Cercate di pensare nuovamente alle
differenti parti di voi stessi, e forse troverete quali esse siano; questo
è l'unico approccio pratico. Troverete delle parti che lavorano e delle
parti che non possono lavorare, e allora forse potrete capire quali sono
le doti adatte al lavoro, e quali non lo sono. In linea di massima, si
può dire cosi : si comincia con la capacità di valutare, è bene cominciare
106
Lo scopo
con questa; alcune persone hanno valori reali, altre hanno falsi valori,
e altre ancora non hanno alcun valore. Con i differenti 'io' succede lo
stesso : alcuni apprezzano le cose reali, altri le cose sbagliate, e altri
non apprezzano nulla. Lo potete riscontrare anche in voi stessi.
D. Mi sembra che gli altri abbiano qualcosa che può svilupparsi,
che io non ho. Vedo sempre i miei lati negativi, le cose che mi impe­
discono di lavorare.
O. Chi sta lavorando? È qualcosa, che è anche in lei. Certi 'io' sono
interessati al lavoro, mentre altri 'io' non vogliono occuparsene. Per
poterlo capire è sufficiente osservare, non è necessario altro. Allora si
vede che un 'io' è collegato con un altro 'io', e con un altro ancora.
L' 'io' che vuole lavorare è legato a molti altri 'io'. In questo modo si
potranno trovare in se stessi molti gruppi di 'io'.
Le idee e la loro realizzazione
3 settembre 1 935
O. Il sistema non può spiegare tutto. Ci sono molte cose che noi
sappiamo benissimo, ma che continuano a ingannarci, soprattutto per
quanto riguarda le parole. È molto difficile capire il valore delle parole.
I 'poveri di spirito' sono coloro che non credono alle parole, e i 'ric­
chi', coloro che credono alle parole. Spesso si dice (e ciò è connesso
con le triadi) : " Se faccio questo o quello, sarà magnifico ". Non si ca­
pisce che è impossibile fare esattamente ciò che si desidera, che tutto
sarà un po' differente, e che alla fine sarà del tutto diverso. E quando
ci si accorge che è differente, si dice: " Sl, ma l'idea originale era molto
buona". Invece non era affatto buona. Poteva sembrare magnifica co­
me idea, ma quando la si è voluta realizzare, si è trasformata nel suo op­
posto. L'idea è inevitabilmente sottoposta a un cambiamento, a cau­
sa della frizione. Ci sono alcune idee che possono passare attraverso
le triadi, e altre per cui ciò è impossibile, che possono esistere soltanto
nella forma di una forza, o di mezza forza, o di un quarto di forza.
D. Ciò significa che queste idee non possono essere realizzate?
O. Se vengono realizzate, diventano differenti, se non il proprio
opposto. Pensate alla psicoanalisi o al bolscevismo. Ecco perché le cose
vanno cosl male : non si capisce che molte magnifiche idee non posso­
no essere messe in pratica in quella forma. Non si capisce che ci sono
idee completamente vuote, senza nessun contenuto, e che ci sono idee
molto pesanti. La gente {le masse, gli uomini l , 2 e 3) vive in base
a queste idee inesistenti. E ogni dieci anni, se ci si guarda indietro, si
può vedere che erano idee sbagliate, perché se ne possono già vedere
Lo scopo
107
i risultati. Ma non si riesce a capire che ciò vale anche per le proprie
idee, che appartengono alla medesima categoria.
D. Può fornire delle prove?
O. Certo� In molti casi, se siete sinceri, vedrete immediatamente
che certe idee non sono .realizzabili. Per esempio, il disarmo. Il modo
più semplice per capirlo è limitarsi a osservare seriamente e chiedersi:
questo è realizzabile oppure no? Prendiamo, per esempio, le idee so­
cialiste, la cui unica forma pratica è il bolscevismo. Perché è l'unica?
Perché ci sarà sempre un'opposizione e, nella lotta, le idee formatorie
del socialismo diventano criminali, se vogliono sopravvivere.
D. Come mai il bolscevismo sta diventando capitalismo? L'idea era
quella della distribuzione delle ricchezze . . .
O. No, questo era soltanto scritto negli opuscoli. Quello che vole­
vano era il potere, e per questo hanno dovuto abbandonare i principi.
Sicuro, cercano di ripetere quante più parole è possibile. Ma le idee
socialiste non potranno mai essere realizzate, perché ci saranno sempre
opposizioni e lotte. Se ogni opposizione venisse a mancare, lo stato di
equilibrio forse non durerebbe più di mezz'ora. La lotta cambia sempre
i risultati, ma le idee di scuola costituiscono un'eccezione. La lotta può
solo migliorarle, perché sono fatte per la lotta; esse sono state create
da menti superiori, partendo dai risultati, come un racconto iniziato a
partire dalla fine e fatto risalire al suo inizio. Ogni buon racconto, se
c'è una trama, può essere scritto soltanto a partire dalla fine. Così tutto
quadrerà nel modo giusto. Nel nostro caso avviene la stessa cosa. Il
buffo è che gli stessi scrittori non sono sempre consapevoli che stanno
scrivendo a partire dalla fine. Molti credono di scrivere partendo dal­
l'inizio.
D. Ci possono essere cose irrealizzabili in relazione al proprio scopo?
O. Il sistema mostra che cosa è realizzabile e che cosa non lo è.
D. Trovo difficile mantenere le decisioni. È forse meglio non prenderne?
O. Ci son,o decisioni che alla fine possono essere realizzate, e altre
che sono impossibili. Ma se non si prendono decisioni, non si cercherà
mai di fare alcunché. Si debbono prendere solo le decisioni che sono
possibili, e tali decisioni devono essere ricordate. Nel lavoro sono ne­
cessarie certe cose. Ci sono impegni comuni che sono obbligatori per co­
loro che vogliono lavorare nel sistema. Le sue decisioni si riferiscono
a questo oppure no? Bisogna cominciare dall'inizio e bisogna ricordar­
si sempre perché si è incominciato. Vuole le cose che si possono otte­
nere dalla vita ordinaria, o altre cose? Vale la pena cercare di ottener­
le? Ci sono cose che non si possono ottenere nel modo ordinario, per
le quali non c'è nessuna garanzia che sia possibile attenerle. Per esem-
108
Lo scopo
pio, l'ordine può essere sbagliato. Le cose si ottengono in un certo or­
dine, che noi non conosciamo. Che sia possibile ottenere alcune cose,
è del tutto certo, ma non c'è nessuna garanzia al riguardo. Oppure,
forse, si otterrà qualcos'altro. Ma anche se non si riesce a attenerle,
si può esser certi che non c'è nessun altro modo di poterle ottenere.
Gli incroci
19 settembre 1 935
D. Qualche volta una linea di azione mi diventa particolarmente
chiara. Ciò che era difficilissimo diviene allora semplicissimo, ed è so­
stenuto dall'entusiasmo. So per esperienza che se non seguo subito
questa linea di azione, tale opportunità non si presenterà più per lun­
go tempo, se pure si ripresenterà. Queste linee di azione ben definite
talvolta sono il risultato di sforzi, ma spesso non riesco a farli risali­
re a nessuna causa. Qual è il motivo di tutto ciò, e cosa posso fare
perché questi momenti vengano più spesso e durino di più? Ho in­
contrato questi momenti per tutta la vita, e sono giunto a pensare che
è inutile intraprendere qualsiasi azione importante senza quella che
viene ordinariamente chiamata ispirazione.
O. Non posso rispondere senza sapere la natura e la direzione di
queste linee di azione. In linea di massima, ciò che lei dice è del tutto
vero. Nelle condizioni ordinarie ci sono periodi in cui non accade nul­
la, e poi ci si trova a un incrocio . Tutta la vita è fatta di strade e di
incroci. Se si ha un centro di gravità, anche le svolte agli incroci pos­
sono divenire più sistematiche. Perché se una cosa continua a essere
più importante, si continua sempre a prendere la stessa direzione. Ma
l'ispirazione non ha nulla a che fare con tutto questo. Lei si rende
semplicemente conto di trovarsi in un momento in cui può fare qual­
cosa.
Gli incroci
26 settembre 1935
Dovete cominciare con qualche idea concreta. Cercate di trovare
quali sono i reali ostacoli che vi impediscono di essere attivi nel lavoro .
Nel lavoro bisogna essere attivi; se si è passivi non si può ottenere
nulla . . .
Spesso dimentichiamo come abbiamo iniziato, a che punto e perché
&bbiamo iniziato, e per lo più non pensiamo mai alla nostra meta, ma
Lo scopo
109
soltanto ai piccoli dettagli. Ma i dettagli non hanno senso se non sono
in relazione a uno scopo . Il ricordo di sé non serve a nulla se non si
ricordano gli scopi del lavoro e l'originale scopo principale. Se non c'è
un ricordo emotivo di questi scopi, gli anni passano e si rimane nello
stesso stato. Non è sufficiente educare la mente. Bisogna educare la
volontà. Bisogna capire che cosa è la volontà. Di tanto in tanto, in
noi si manifesta la volontà. La volontà è il risultato dei desideri. Nel
momento in cui si ha un forte desiderio, c'è volontà. In quel momen­
to dobbiamo studiare la nostra volontà, per vedere che cosa si può
fare. In noi non c'è volontà, ma solo ostinazione e caparbietà. Se si
capisce questo, si deve avere il coraggio di rinunciare alla propria vo­
lontà, per ascoltare quello che è stato detto. Si deve stare attenti a
questi momenti, non li si deve perdere. Non intendo dire che essi deb­
bano essere creati artificialmente, anche se in una casa di insegnamen­
to vengono create particolari opportunità per rinunciare alla propria vo­
lontà, cosicché se si rinuncia alla propria volontà, si potrà poi avere
una volontà propria. Ma anche le persone che non vivono in questi
luoghi, se si osservano e sono attente, possono cogliersi in questi mo­
menti e domandarsi che cosa devono fare.
Ciascuno deve scoprire qual è il suo caso. Questa idea è collegata a
quella degli incroci. Gli incroci sono i momenti in cui è possibile fare.
Viene sempre il momento in cui si può essere di aiuto in questo lavo­
ro, oppure no. Quando si presenta una tale opportunità e la si perde, se
non si fa in modo di usare il lavoro organizzato in cui vengono costan­
temente create opportunità, prima che se ne presenti un'altra potrà
forse passare un anno, o anche più.
Lo scopo
D. Può dirmi quale scopo bisognerebbe avere, cioè, che cosa è pos­
sibile ottenere tramite il lavoro?
O. Sl, possiamo parlare degli scopi. Ma, come dico sempre, voi do­
vete avere i vostri scopi personali. Se li avete, allora avremo a dispo­
sizione un materiale migliore per poter parlare.
Vedete, la determinazione e la definizione dello scopo è un momen­
to molto importante nel lavoro. È impossibile parlare degli scopi in
generale, perché di solito succede che si riesce a definire corretta­
mente il proprio scopo e a determinare la direzione giusta, ma poi ci
si propone uno scopo che è molto lontano. Quindi si comincia a impa­
rare e ad accumulare materiale, in vista di tale scopo. La volta succes­
siva, quando si cerca di definire lo scopo , lo si definisce in maniera
1 10
Lo scopo
leggermente differente, proponendosi uno scopo un po' più vicino. E
si continua così, trovando sempre uno scopo un po' più vicino, fino ad
arrivare a uno scopo vicinissimo, che può essere domani o dopodomani .
Questo è il modo giusto di procedere riguardo agli scopi, se ne par­
liamo in maniera non specifica.
Ma in realtà abbiamo già accennato a molti scopi. Ci si vuole uni­
ficare. Molto bene; è un ottimo scopo. Ci si vuole liberare. Come?
Soltanto quando si acquista il controllo della macchina. Si può dire :
" Voglio essere consapevole " . Molto bene. Si può dire: " Voglio avere
volontà " . Ottimo. " Voglio essere sveglio " . Anche in questo caso, be­
nissimo. Questi scopi sono tutti sulla stessa linea, ma a distanze di­
verse.
D. Sono giunto alla conclusione che la maggior parte dei miei sco­
pi sono troppo distanti, e voglio lavorare di più a livello pratico.
O. Sì, prima di poter raggiungere gli scopi più lontani, ci sono
molte cose che lei deve fare nelle immediate circostanze, e questa è
la differenza tra il sistema e quasi tutti gli altri sistemi. In quasi tutti
gli altri sistemi, l'inizio è situato a una distanza di almeno diecimila
miglia e pertanto essi non hanno alcun significato pratico. Questo
sistema, invece, inizia in questa stanza: questa è la differenza, ciò
che si deve innanzitutto capire.
D. Ogni volta che mi propongo uno scopo limitato, devo sempre
tenere in vista lo scopo finale?
O. Dipende dalle intenzioni che si hanno. Non si è mai gli stessi,
neppure per due giorni consecutivi. In alcuni giorni si ha più successo,
in altri meno. Tutto quello che possiamo fare è controllare ciò che è
possibile. Non potremo mai controllare le cose più difficili, se non pos­
siamo controllare le cose facili. Ogni giorno, ogni ora, ci sono cose
che potremmo controllare e che non controlliamo. Pertanto non pos­
siamo avere nuove cose da controllare. Siamo circondati da cose che
abbiamo trascurato. Soprattutto non controlliamo il nostro pensiero.
Pensiamo a ciò che vogliamo in modo vago; ma se non si formula ciò
che si vuole, non accadrà nulla. È la prima condizione. Ma ci sono
molti ostacoli.
D. Ho cercato spesso di pensare a cosa voglio, ma l'unica cosa che
scopro è una gran confusione.
O. Esattamente. È proprio quello che stavo dicendo. Dovete ren­
dervi conto di quanto sia difficile definire ciò che si vuole. Supponia­
mo che vi sia data la possibilità di scegliere liberamente ciò che volete
avere : non saprete che cosa dire. E invece dovete capirlo e saperlo;
dovete essere capaci di formulare quello che volete.
D. Quando cerco di controllare l'espressione delle emozioni nega·
Lo scopo
111
tive, ottengo risultati che facilitano la mia vita ordinaria; mi sembra
che il mio lavoro sia in funzione di risultati immediati e non del ri­
sveglio. Si tratta di uno scopo sbagliato?
O. Non è una questione di giusto o sbagliato ; per lei, la questione
è di conoscere il suo scopo. Pensi allo scopo. Lo scopo deve sempre es­
sere nel presente e riferirsi al futuro.
D. Nel cercare di definire il mio scopo mi sono reso conto di non
saperlo e che per me è necessario scoprirlo, se voglio procedere.
O. Temo che lei si limiti a pensare in modo astratto. Non deve fa­
re altro che immaginare di andare in un grande magazzino con molti
reparti. Lei deve sapere che cosa vuoi comprare. Come può ottenere
qualcosa se non sa che cosa vuole? Il problema va affrontato in questo
modo. La prima domanda è : Che cosa si vuole? Una volta chiarito
questo, ci si potrà domandare: vale la pena di pagare? Abbiamo abba­
stanza denaro? Ma la prima domanda è: 'Che cosa? '.
Il pagamento è uno dei principi più importanti del lavoro, e si deve
capire che è assolutamente necessario. Se non si paga non si può otte­
nere nulla; e si può ottenere soltanto quello per cui si è pagato, nulla
di più.
Pagare significa sforzo, studio, tempo, molte cose.
D. Il mio desiderio di una maggiore conoscenza è sincero, ma non
ho nessuna reale intenzione di cambiare il mio attuale modo di essere.
O. Sì, questa è un'osservazione molto buona, perché quasi tutti ci
troviamo esattamente nelle stesse condizioni. Vogliamo ottenere qual­
cosa senza dare niente, ed ecco perché non abbiamo nulla. Se avessimo
realmente deciso di ottenere questo tipo di conoscenza, o anche sempli­
cemente una qualsiasi piccola cosa, e se ci sforzassimo per attenerla
senza badare a nient'altro, la otterremmo. Questo è molto importante.
Diciamo di volere la conoscenza, ma in realtà non la vogliamo. Non
è immaginazione, non importa come la chiamate, potete definirla in
altri modi, è un particolare atteggiamento mentale. Si è disposti a pa­
gare per qualsiasi altra cosa, ma in questo caso non si vuoi pagar nul­
la, e pertanto il risultato è che non si ottiene nulla.
D. Se cerco di formulare con chiarezza ciò che voglio, ho la viva
impressione che ciò che voglio non esista.
O. Sì, è sempre così, ma questa non è una formulazione. È ovvio
che se ci fosse, lei non lo vorrebbe, perché lo avrebbe già. Vede, ciò
è collegato a molte cose. Non pensate di poter risolvere questo pro­
blema rapidamente. Siamo così abituati a pensare in modo sbagliato
nei confronti di tante cose, che non sappiamo neppure come comincia­
re a pensare nel modo giusto. È del tutto vero che ciò che vogliamo
non c'è, ma che cosa è? Questa è ciò a cui dobbiamo pensare, e abbia-
1 12
Lo scopo
mo paura di pensarci. Diciamo : " Se non è in questa stanza, non esiste " .
Ecco come pensiamo di solito. Ma è un modo di pensare sbagliato.
D. Ho cercato di pensare a che cosa voglio ottenere dal lavoro. I
molti 'io' che sono in me apprezzano il lavoro in modo alquanto vago,
e sento che questo mi trattiene.
O. È vero, è molto utile conoscere in modo più preciso. Dobbiamo
continuare a ritornare alla questione di che cosa vogliamo dal lavoro .
Non usate la terminologia del sistema, ma scoprite quello che volete.
Se dite che volete essere consapevoli, va benissimo, ma perché? Che
cosa volete ottenere divenendo consapevoli? Non dovete pensare che
sia possibile rispondere immediatamente a questa domanda. È molto
difficile. Dovete continuare a pensarci. Dovete anche capire che prima
di riuscire a ottenere ciò che volete, dovete sapere che cosa volete. È
una condizione molto precisa. Non è possibile ottenere alcunché se
non si sa che cosa si vuole e se non si può dire " Io voglio questo " .
Forse si otterrà qualcosa o forse no; m a non ci sarà mai u n risultato
se non si sa quel che si vuole. Inoltre, dovete volere le cose nell'ordine
giusto.
D. Che cosa significa?
O. Bisogna studiare e capire il giusto ordine delle possibilità. Que­
sto è un argomento molto interessante.
D. Vuoi dire il loro ordine nel sistema?
O. Voglio dire il loro ordine con l'aiuto del sistema. Ma potete for­
mularlo come volete. Dovete essere sinceri con voi stessi. Dovete sa­
pere esattamente ciò che volete, e poi dovete chiedervi : " Per ottenere
questo potrà essermi d'aiuto il sistema? " , e cosl via. Ma bisogna sa­
pere ciò che si vuole.
Ho parlato della questione dello scopo perché vorrei consigliarvi di
riflettere, di rivedere le vostre idee nei confronti dello scopo, e di pen­
sare a come potreste definire il vostro scopo ora, dopo uno studio ul­
teriore. È inutile definire uno scopo che è irraggiungibile, ma se si
definisce uno scopo che si può sperare di ottenere, il proprio lavoro
diviene consapevole e serio.
Se mi fosse posta una domanda a questo riguardo, risponderei che
ciò che si può ottenere, ciò che ci spetta dopo un certo periodo di ap­
plicazione al lavoro, è vedere noi stessi. Ogni altra cosa che possiamo
ottenere (come la consapevolezza, l'unità, la connessione ai centri su­
periori) , viene dopo, e noi non conosciamo l'ordine in cui queste cose
si presenteranno. Ma dobbiamo ricordare una cosa: finché non otter­
remo questo, sino a che non vedremo noi stessi, non potremo ottenere
nient'altro. E sino a che non iniziamo a lavorare in funzione di questo
scopo, non possiamo dire di aver iniziato a lavorare. Pertanto, dopo
Lo scopo
1 13
un certo tempo dobbiamo essere in grado di formulare il nostro scopo
immediato come la capacità di vedere noi stessi. Non di conoscere noi
stessi (che viene più tardi) , ma di vedere noi stessi.
Lo scopo
lunedì 1 0 gennaio 1 938
O. In una domanda si è accennato all'idea dello scopo. Vorrei con­
sigliarvi di riflettere a tale riguardo, di considerare quali erano le vo­
stre opinioni circa lo scopo, in che modo, dopo aver studiato a lungo
queste idee, potete ora definire il vostro scopo, e come potreste spie­
gare tutto ciò agli altri. Supponiamo che una persona nuova al lavoro
vi chieda: " Quale può essere il mio scopo? " , come potreste spiegarle
che cosa è lo scopo, che cosa potrebbe ottenere e che cosa deve cer­
care di ottenere? Sarebbe inutile descriverle uno scopo che per lei
sarebbe irraggiungibile, ma se potete darle uno scopo che può sperare
di realizzare, il suo lavoro sarà consapevole, serio.
Voi ricordate quell'esempio (credo di non averne parlato agli ulti­
mi gruppi, perché richiedeva troppo tempo), Gurdjieff proponeva sem­
pre questo esempio· per mostrare come si delinea lo scopo. Supponete
che un uomo cammini una notte nell'oscurità, in un luogo non abita­
to o su di una strada, e che veda una luce che proviene da qualche
parte. Supponete che cominci a camminare verso quella luce, che di­
viene la sua meta, e che a un certo momento questa luce scompaia a
causa di una collina, o per qualche altra ragione, e che egli veda un'al­
tra luce, e successivamente una terza, cambiando più volte direzione,
fino a trovarsi direttamente di fronte alla luce che si rivela come il
suo scopo. Anche tutte le altre luci erano una meta, ma quando capisce
che non c'è nient'altro che lo divide dalla luce, capisce anche il suo
scopo. Ora, se qualcuno vi chiedesse di tradurre tutto ciò nel linguag­
gio ordinario, che cosa direste riguardo a quest'ultimo scopo? Alcuni
forse riusciranno a vedere subito questo scopo, ma è molto impro­
babile; tuttavia, al di là delle supposizioni, come potreste descriverlo?
D. Non si tratta forse di una sempre maggiore crescita della comprensione?
O. Troppo generico.
D. Non direi, perché se non si capisce, non si può vedere la luce.
O. È molto generico, non c'è nessun soggetto. Non può dire 'sempre maggiore', o cose del genere. Forse avete pensato a questa defini­
zione o forse no, ma se mi venisse chiesto, risponderei cosl: ciò che si
può ottenere, che può essere promesso come risultato (purché si lavo-
1 14
Lo scopo
ri, ovviamente) è che dopo un certo periodo si vedrà se stessi. Questa
è l'unica cosa che si deve ottenere prima di tutto. Non conosciamo
l'ordine in cui si manifestano le altre cose, i centri superiori, la consa­
pevolezza superiore, e molte altre cose. Esse possono manifestarsi solo
in un secondo tempo, ma non sappiamo in quale ordine. Sappiamo so­
lo una cosa (la sappiamo oppure no) , e cioè che fin quando non ve­
diamo noi stessi, ogni altro risultato è i�possibile. Non possiamo dire
di avere incominciato a lavorare, che il lavoro sia realmente iniziato,
fino a che non incominciamo a lavorare consapevolmente con questo
scopo in vista; prima si impara ciò che è possibile e ciò che è impossi­
bile, e dopo un certo tempo si deve essere in grado di formulare lo
scopo, che è la possibilità di vedere se stessi; innanzitutto dobbiamo
essere in grado di vedere noi stessi.
D. Si tratta di una combinazione di osservazione di sé e di ricordo di sé?
O. No, non è cosl, significa avere un quadro esatto di se stessi.
D. È possibile avere un quadro completo di se stessi?
O. Non può essere completo, ma è già qualcosa; tuttavia all'inizio
potrebbe essere completo.
D. È possibile arrivare al punto in cui si vede ciò che si è?
O. Certamente, questo è l'inizio; se non si ottiene questo, non si
può incominciare nessun lavoro serio, si può solo studiare, ma tale
studio è parziale e rimane separato dal vedersi, queste due cose non po­
tranno mai unirsi.
D. È molto difficile essere sicuri di dire la verità a se stessi.
O. È molto difficile. Ecco perché non ho detto di parlare o di co­
noscere; ho detto che si 'vede'; si deve vedere il quadro della situazio­
ne, prima uno, poi un altro, e un altro ancora, e li si deve mettere a
confronto; non si può vedere tutto in un solo momento.
D. E questo quadro corrisponderà a quello che gli altri vedono?
O. Questo non posso dirlo; quando si vede, si può paragonare.
D. Come si può verificare che ci si sta vedendo correttamente?
O. Con l'esperienza ripetuta.
D. E se l'esperienza che si ripete fosse anch'essa sbagliata?
O. La capacità di ingannare noi stessi è cosl grande, che possiamo
continuare a ingannare noi stessi.
D. Mi chiedevo se c'era qualche verifica.
O. Credo che quando subentra un elemento emotivo, questo aiuta
a verificare; si chiama coscienza.
D. Ma non implica forse anche il vedere parte delle proprie ca­
ratteristiche?
O. Può darsi.
Lo scopo
115
D. Vuol dire che all'improvviso ci si sveglia e ci si vergogna?
O. Questa è emozione, ma dipende da che cosa si vede. Successi­
vamente si potrà discutere di come usare queste emozioni; ma io sto
solo parlandò del fatto di vedere, di quello che si potrebbe dire ai prin­
cipianti.
D. Vuol dire che si vedrà una totale meccanicità?
O. Questo è solo un aspetto, ve ne sono molti.
D. Il quadro che vediamo è costituito dalle nostre differenti per­
sonalità?
O. No.
Gli scopi
25 aprile 1938
D. Come posso imparare ad agire in modo diverso nella vita, in
modo da sfuggire alle emozioni limitate e ricorrenti che solitamente
provo?
O. Questo è il nostro scopo, è lo scopo di tutto il lavoro. Per
questo si organizza il lavoro, si devono studiare differenti teorie, ricor­
dare diverse re&ole, e così via. Quello di cui lei parla è lo scopo fina­
le. Prima dobbiamo lavorare nel sistema. Quando impariamo ad agire
relativamente al sistema e all'organizzazione, impariamo ad agire
nella vita; ma non si può imparare subito ad agire nella vita, se non
si passa attraverso il sistema.
D. Se siamo completamente deboli, se in noi non c'è nessuna forza,
da che fonte possiamo trarre l'energia che è necessaria anche solo per
incominciare il lavoro su noi stessi?
O. È necessario avere una certa forza. Se siamo totalmente deboli
non possiamo far nulla. Inoltre, se non avessimo avuta alcuna forza,
non ci saremmo interessati di tutto questo. Se ci rendiamo conto della
nostra situazione, abbiamo già una certa forza, e una maggiore cono­
scenza aumenta questa forza. Dunque, ne abbiamo a sufficienza. In
un secondo tempo, la forza è originata dalle nuove conoscenze, dagli
ulteriori sforzi.
Lo sviluppo
1 7 gennaio 1940
D. Una buona parte di me non vuole svilupparsi. Come posso raf­
forzare la parte che vuole svilupparsi?
O. Deve fare quello che può, oltre a questo non può far nulla.
L' 'io' che vuole crescere, crescerà, ma può crescere solo con i vostri
1 16
Lo scopo
sforzi; allora, in un certo modo farà sl che gli altri 'io' non interferi­
scano.
D. Come posso costruire una direzione reale, uno scopo più forte?
O. Nel solito modo, costruendo lei stesso; si può essere più forti
di se stessi.
D. Noi siamo la somma di diversi 'io'. Come si fa a sapere di quali
'io' ci si può fidare? Come si può sapere se l' 'io' che ha preso la deci­
sione è quello giusto?
O. Non si può saperlo, ed è la nostra condizione. E dobbiamo ac­
cettarla fino a che non cambiamo; ma si lavora con l'idea di un pos­
sibile cambiamento, e più ci si rende conto dello stato disperato nel
quale ci si trova, più si avrà energia.
D. C'è qualcosa in noi per cui non desideriamo abbastanza di cam­
biare? Se il nostro desiderio fosse sufficientemente forte, potremmo ri­
cevere un aiuto?
O. Sì, certo, ma non mi esprimerei cosl. Voi avete tutto l'aiuto che
è possibile, ora sta a voi lavorare, sta a voi fare qualcosa. Indubbia­
mente, in condizioni differenti, con una preparazione differente, e se
anche le circostanze fossero diverse, le cose potrebbero essere organiz­
zate in modo migliore, e forse potrebbe essere dato di più. Ma non si
tratta tanto di quanto è dato, ma di quanto può essere ricevuto, per­
ché generalmente si riceve solo una minima parte di ciò che è stato
dato.
L'unità
5 settembre 1945
D. Vi ho sentito dire che l'uomo n. 5 è un uomo dotato di unità.
Che cosa significa 'unità' in questo caso?
O. Lei ricorderà il diagramma con 'io', 'io', 'io', 'io', 'io'. Bene, in
lui questo non c'è.
D. Quali sono gli altri attributi dell'uomo n. 5, oltre all'unità?
O. Sono parecchi. Deve liberarsi di molti 'io'.
D. Che cosa posso fare per ottenere l'unità?
O. Sia uno. Vinca tutta la molteplicità degli 'io'.
D. Come possiamo cambiare l'essere?
O. Il cambiamento dell'essere consiste nell'essere uno. Non per
sempre, ma cercate di esserlo per cinque minuti, poi per dieci.
D. Che cosa è l'ostinazione?
O. L'ostinazione si oppone all'unità. Ci vien detto : " Non fare co­
sì " , e si dice: " Io voglio fare cosl " .
Lo scopo
117
12 settembre 1945
D. Non capisco che cosa intendesse dire quando mi ha consigliato
di cercare di essere uno per cinque minuti al giorno.
O. Bene, che altro posso dire? Deve cercare di non permettere che
i differenti 'io' si interrompano e si contraddicano l'un l'altro. Se non
per cinque minuti, cercate di farlo per quattro, o per tre. Non è suffi­
ciente dire che non si riesce a farlo. Descrivete il processo. Perché
non sarebbe possibile?
7
Il lavoro
Le scuole e le tre linee di lavoro
28 febbraio 1 935
O. Voglio che pensiate alle tre linee di lavoro, perché queste con­
ferenze, così come le avevo progettate, sono ora giunte al termine. Vi
ho dato tutti i termini che sono necessari per lo studio del sistema, e
vi ho spiegato la posizione di questo sistema in relazione agli altri. Ri­
corderete che ho parlato delle diverse vie. Ci sono quattro vie. Le
tre vie tradizionali, la via del fachiro, la via del monaco e la via dello
yogi hanno una caratteristica particolare, che costituisce anche la loro
difficoltà: si deve incominciare con quello che è più difficile, vale a
dire, si deve rinunciare a tutto e si deve iniziare immediatamente una
vita completamente nuova. E poi ho detto che c'è una quarta via, che
differisce dalle altre tre soprattutto per il fatto che in essa si può pro­
cedere pur rimanendo nelle ordinarie condizioni di vita, continuando
il proprio lavoro normale e facendo esattamente le stesse cose che
si facevano prima. Da quello che ho detto, si è più o meno potuto ca­
pire che questo sistema, questo tipo di scuola, appartiene alla Quarta
Via, vale a dire che ha tutte le particolarità e tutte le caratteristiche
delle scuole della Quarta Via. Poi ho detto che ci sono diverse scuole,
a seconda del livello delle persone che vi studiano. Ci sono scuole per
uomini n. 6 che studiano e desiderano diventare uomini n. 7 ; ci sono
scuole per uomini n. 5 che vogliono divenire uomini n. 6 ; ci sono scuo­
le per uomini n. 4 che vogliono divenire uomini n. 5 e ci sono molti
gradi inferiori di scuole per coloro che stanno studiando che cosa si­
gnifica uomo n. 4 e come divenire n. 4, eccetera. Ma tutte le scuole
della Quarta Via, di ogni grado, di ogni livello, hanno certe caratteri­
stiche particolari. Innanzitutto sono sempre collegate a qualche tipo
di lavoro oggettivo. Per esempio, le scuole che si dedicavano alla co­
struzione delle cattedrali gotiche nel medioevo, erano scuole della
Quarta Via.
Il lavoro
119
Non lo si deve interpretare troppo letteralmente. Non vuoi dire che
tutte le cattedrali furono costruite da scuole, ma che le scuole erano
le ispiratrici di queste costruzioni. La costruzione delle cattedrali
gotiche era; per qualche ragione a noi ignota, il loro scopo og­
gettivo e visibile. Ma al di là di questo c'erano scuole con i loro
scopi precisi. Questi scopi possono essere conosciuti oppure no, possono
essere capiti oppure no; non importa, perché in ogni modo vi sono lo
stesso.
Il lavoro di scuola può avere successo solo se si lavora su tre linee.
La prima consiste nel proprio lavoro personale, nel proprio studio per­
sonale; la seconda, nel lavoro con gli altri; la terza, nel lavoro che è a
favore della scuola, o che si pone gli scopi di questo lavoro di scuola,
che possono essere più o meno noti.
Fino a ora voi avete lavorato sulla prima linea, avete studiato ciò
che vi ho dato, che vi ho spiegato, e avete cercato di capire, e cosl via.
Ora, se volete continuare, dovete cercare di lavorare sulla seconda li­
nea e, se è possibile, sulla terza linea, anche se quest'ultima viene mol­
to più tardi. Se scoprite di poter far qualcosa in relazione alla terza
linea, potete parlarne, e ne discuteremo assieme. Ma attualmente è ne­
cessario lavorare sulla seconda linea. Dovete sforzarvi di pensare a come
trovare più lavoro sulla prima linea, a come sia possibile cominciare a
lavorare sulla seconda linea, e a come avvicinarvi al lavoro sulla terza
linea. Altrimenti il vostro studio non darà alcun risultato, e non sarete
in grado di continuare perché, come ho già detto, queste conferenze, co­
sl come erano intese, sono giunte alla fine; dovete riflettere su come sia
possibile farle continuare, e in quale forma, a come rimanere collega­
ti con qualche tipo di lavoro.
Cerchiamo di parlarne, fate delle domande.
[Una domanda che riguarda il discutere sulle conferenze ] .
O. La discussione i n quanto tale non sarà di eccessivo aiuto.
D. Che cosa potrebbe esserci oltre alla discussione?
O. Dovete pensare a quali siano le vostre necessità, lasciando da
parte le discussioni. Avete bisogno di istruzioni, avete bisogno che vi
sia mostrata la via. Non potete trovare la via da soli, nessuno lo può;
la condizione dell'essere umano è tale che gli deve essere mostrata la
via, che non può trovarla da sé.
Si può anche dire, per esprimerci meglio, che si entra nella seconda
linea di lavoro in questo modo: questi gruppi si sono protratti per un
certo tempo; prima di voi c'erano altri, e uno dei principi del lavoro
di scuola è che si possono ricevere istruzioni e consigli riguardo a tutte
queste cose non solo da me, ma anche dalle persone che sono già state
con me in precedenza, che hanno studiato già da parecchi anni prima che
120
Il lavoro
voi arrivaste. La loro esperienza è molto importante per voi, perché an­
che se lo volessi, non potrei dedicarvi piì1 tempo di quanto mi è pos­
sibile. Queste altre persone devono integrare ciò che vi sto dando e,
da parte vostra, dovete imparare a trarne vantaggio, a usare la loro
esperienza, dovete trovare il modo di farle parlare, di ottenere da loro
quello che possono darvi.
In parte con questa idea, e in parte con alcune altre idee, abbiamo
organizzato una casa, dove alcuni di voi sono già stati e dove altri po­
tranno venire in seguito. Tuttavia non potrete trarre troppi vantaggi
da questa casa, perché non c'è più posto per altre persone. Potrete ve­
nire di tanto in tanto a parlare, ma per quanto riguarda il lavoro che vi
si sta facendo, è impossibile accogliervi perché talvolta ci sono fino a
sessanta persone contemporaneamente. Questa casa sta già per scop­
piare.
L'esperienza dimostra che per potere ottenere tutto ciò che è possi­
bile da queste idee, è necessaria una certa organizzazione, l'organizza­
zione di gruppi di persone non solo al fine di discutere certe cose, ma
anche per lavorare insieme, per esempio, per lavorare nel giardino o
nella casa, oppure per fare qualche altro lavoro, che può essere inven­
tato o iniziato. Quando si lavora insieme a qualche cosa, per fare espe­
rienza, si incominciano a vedere in se stessi e negli altri diverse cose,
che non si notano quando ci si limita a discutere. Discutere è una cosa
e lavorare un'altra. Tuttavia, ciò non è assolutamente necessario o
obbligatorio per tutti. Ci possono essere molte e differenti variazioni.
Alcune persone lavorano meglio in queste condizioni, altre lavorano
meglio in altre; per alcune persone ci vuole questo tipo di organizza­
zione, per altre persone, un'organizzazione di diverso tipo. Pertanto
in tutte le scuole esistono differenti tipi di organizzazioni, e le persone,
se non diventano sgradevoli o irascibili, possono sempre trovare quel­
lo che va bene per loro, senza inutili sacrifici, perché non ci si aspettano sacrifici.
Ma dovete riflettere su tutto questo, dovete rendervi conto che sino
a ora gli altri si sono presi cura di voi. Le persone che erano già da
prima nei gruppi vi hanno cercato, vi hanno parlato. Ci si è presi cura
di voi, ma ora dovete prendervi cura di voi stessi ; ora dovete pensare
a come potete rimanere collegati, a come poter seguire conferenze.
Dovrete aver cura di voi stessi, e in seguito dovrete prendervi cura
non solo di voi stessi, ma anche delle persone nuove. Anche questo farà
parte del lavoro, e in tal modo entrerete in contatto con la terza linea
di lavoro.
Per quanto riguarda tutto ciò, voi potete incominciare sin da ora.
L'organizzazione della scuola, e in particolare l'organizzazione dei grup·
Il lavoro
121
pi, ha bisogno di certe regole, perché, dato che la gente viene senza
conoscersi e senza sapere di che si tratta, si debbono imporre e inven­
tare alcune regole. Per esempio, una delle regole per i nuovi gruppi
(anche se non credo di aver insistito su questo nel vostro caso, perché
non c'era nessuno che ascoltava) è che non si deve parlare con le per­
sone all'esterno del gruppo. L'esperienza insegna che all'inizio è inu­
tile dare questa regola, perché nessuno obbedisce. Si incomincia a ca­
pire l'importanza di questa regola solo quando la situazione si capovol­
ge, e gli amici insistono perché si parli, mentre non si vuole più par­
lare. A ogni modo, fino a ora c'è stata la regola che non si dovreb­
be parlare; ma adesso io cambio tale regola: dovete parlare ai vostri
amici, dovete scoprire che cosa pensano, dovete informarli della possi­
bilità di conferenze, portarli qui, se ci riuscite. Se fallite, fallite. Non
mi aspetto troppo successo da questo, ma sarà un'esperienza interessan­
te ascoltare il parere dei vostri amici sia su di voi, sia su queste idee .
Come vi ho spiegato, la regola che vi proibiva di parlare aveva lo
scopo di aiutarvi a non mentire, perché quando si parla di cose che
non si conoscono, si incomincia necessariamente a mentire. Pertanto,
se dopo llVer ascoltato una o due conferenze, si incomincia a parlare di
ciò che si è udito e a esprimere le proprie opinioni, si inizia a mentire .
Questo è assai importante, perché si deve lottare contro la menzogna,
ed ecco perché si è imposta questa regola, per aiutare a non mentire.
Ora dovete cercare di dire la verità, e nello stesso tempo, se c'è qual­
cuno che potrebbe essere interessato, avete ogni autorizzazione a par­
lare, ma a condizione che veniate qui quando ci sono gli incontri, a dir­
ci le vostre impressioni, a dirci le reazioni dei vostri amici, che cosa
hanno detto al riguardo, eccetera. Questo sarà un materiale interes­
sante, e in tal modo preparerete un certo numero di persone. Molto
spesso alcuni sono interessati, ma non ascoltano abbastanza a lungo .
Molti sono troppo impazienti, non si concedono un tempo sufficiente
ma balzano subito a conclusioni e decisioni.
D. Si può usare questo sistema per capire altri sistemi, per esempio
le Upanishad?
O. Credo che sia troppo difficile. Sì, si potrebbe, ma non ancora.
Credo che dovete avere una maggiore conoscenza di questo sistema
per poter vedere i collegamenti, specialmente in relazione agli antichi
sistemi, che in pratica non appartengono al nostro tempo. Per esem­
pio, ho detto che ci sono tre vie tradizionali, la via del fachiro, la via
del monaco e la via dello yogi. Ma al tempo in cui furono scritte le
Upanishad tali vie non esistevano: queste divisioni ci sono solo nel
nostro tempo. E non c'erano neppure duemila anni fa, al tempo di
Cristo o poco prima. Le cose cambiano, ma indubbiamente se studia-
122
Il lavoro
mo questo sistema per un periodo sufficientemente lungo, e se com­
prendiamo i principi cosmici generali delle scuole, sarà possibile met­
tere a confronto i diversi sistemi e capire il loro linguaggio.
D. Se dico di capire meglio il Buddhismo dopo aver conosciuto que­
sto sistema, è una menzogna?
O. Il suo commento mi interessa molto perché, sebbene non sappia
troppo al riguardo, da quello che ho letto negli scritti buddhisti mi pare
ci siano molte somiglianze. Solo che in essi si è continuato a scrivere
una cosa dopo l'altra, senza mettere in evidenza che una cosa è più
importante di un'altra. Ma la comprensione di sé aiuta certamente a
capire molte cose.
Il lavoro
25 settembre 1935
O . Voglio ripetere quello che ho detto a un altro gruppo. Anche
se siete venuti in diversi momenti, avete tutti incominciato con le con­
ferenze psicologiche, che sono tutte allo stesso livello. Vi ho detto
che se continuiamo a procedere a questo ritmo, d vorranno trecento
anni per ottenere qualche risultato, ma possiamo espandere questo
tempo, perché si possono vivere trecento anni in un mese. Dipende
dalla comprensione. Tutte le scorciatoie dipendono dalla comprensio­
ne. Il sistema vi aiuta solo se aiutate voi stessi; non può creare nulla.
Se ci muoviamo lentamente le influenze C diventano influenze B.
Coloro che desiderano continuare, continueranno. Ma fin dall'inizio
vi avverto che se non vi sforzerete abbastanza sarà tutto inutile. Gli
sforzi debbono essere organizzati. Che cosa significa? Significa che se
non capite il nostro lavoro, non potremo aiutarvi. Potete essere aiutati
solo se entrate nel nostro lavoro. Si deve lavorare su tre linee. Prima
di poter capire questo, bisogna capire le diverse linee di lavoro in se
stessi: il lavoro intellettuale, o acquisizione della conoscenza; il lavoro
emotivo, o lavoro sulle emozioni; e il lavoro sulla volontà, o lavoro
sulle proprie azioni. Noi non abbiamo una forte volontà, come quella
dell'uomo n. 7 . Ma in certi momenti abbiamo una volontà. La volontà
è la risultante dei desideri. La volontà si manifesta nei momenti in cui
c'è un forte desiderio di fare o di non fare qualcosa. Soltanto questi
momenti sono importanti. Il sistema può aiutare solo coloro che si
rendono conto di non poter controllare la propria volontà. Il sistema
li aiuterà a controllare la propria volontà, altrimenti dovranno fare
quello che viene loro ordinato. Dovete pensare a come si può organiz­
zare il lavoro per avere risultati in meno di trecento anni.
D. Intende dire che ognuno lo deve capire da sé?
Il ·lavoro
123
O. È necessario capire gli scopi del lavoro, la sua storia; che cosa
sarà necessario nel futuro. Più si comprende, meglio è. Se si fa qual­
cosa con comprensione, si ottengono risultati maggiori; se si fa con
una comprensione limitata, si hanno scarsi risultati.
Per esempio, dovete capire che voi avete ricevuto queste idee e
siete venuti qui perché altre persone hanno lavorato prima di voi, im­
pegnando la propria energia e il proprio tempo. Ora dovete condividere
questa responsabilità. Non potete continuare a ricevere idee se non
condividete le responsabilità. È del tutto naturale. Avete ricevuto que­
ste idee senza nessuna condizione. A nessuno viene chiesto di fare
più del possibile, ma ora dovete sentire questa responsabilità e, se non
oggi, almeno domani, si deve 'fare'. Fare che cosa? Bisogna capire che
cosa si deve esigere da se stessi. Noi studiamo i metodi di scuola, e
questo è il solo modo di studiarli.
D. Può dare un esempio di condivisione della responsabilità?
O. No. Bisogna capire che cosa è utile, che cosa è necessario. Poi
si tratta di capire che cosa si può fare, se non subito, almeno in se­
guito. Ma non si può rispondere con una prescrizione. Prima di entra­
re nei vecchi gruppi, chiesi: " Ci sono condizioni per entrare nel la­
voro, e come .reagite se una persona fa delle promesse e poi le rompe? " .
E mi fu risposto: " Non c'è nessuna condizione " . Alle macchine viene
data piena libertà. Le condizioni vengono poste solo quando gli indi­
vidui hanno ottenuto una conoscenza e una comprensione sufficienti
per poterle accettare. A quel punto le condizioni diventano necessarie.
Ma fino ad allora non ci sono condizioni.
Non voglio dire che ora è il momento di ricevere condizioni, ma
dovete aspettarvele. Dovete cercare di capire i principi e le fasi del
lavoro di scuola. Non potete lavorare per tutta la vita nello stesso
modo. In un secondo tempo, tutto diventa più difficile. Ma le diffi­
coltà sono anche un aiuto, un aiuto a ricordarsi di sé, a non identifi­
carsi, eccetera. Sono condizioni molto vecchie e dovete capire che han­
no lo scopo di aiutarvi. Di solito, gli individui non vogliono condizioni,
non vogliono regole. Chiedono : " Perché debbono esserci regole? " . Per
esempio, si può desiderare di parlare, e questo viene proibito. Osserva­
re questa regola non è piacevole. La scuola aiuta creando difficoltà per
le manifestazioni meccaniche. A poco a poco siamo circondati da cose
sgradevoli. Questo è il solo modo in cui una scuola può aiutare.
D. La prima cosa è osservare noi stessi? Non si può proprio fare
nulla?
O . Si può e non si può . Si cammina in strade in cui non si può
voltare, e poi si arriva agli incroci, dove si può voltare. In questi
brevi momenti, teoricamente si può cambiare qualcosa. È utile vedere
124
Il lavoro
la propria vita da questo punto di vista, vedere i lunghi periodi in cui
non c'è possibilità di cambiamento, e poi i momenti in cui c'è una
possibilità di cambiamento . Si deve imparare a scoprire questi mo­
menti. Nel lavoro è lo stesso, solo che in questo caso gli intervalli
sono più rapidi.
D. Che cosa dobbiamo fare?
O. Pensare.
D. È sufficiente pensare?
O. Si deve cominciare di lì.
D. Vorrebbe che noi prendessimo ora una decisione?
O. No. Non stiamo ancora applicando i metodi di scuola, li stiamo
solo studiando. Non stiamo ancora facendo nulla, non stiamo ponendo
nessuna condizione. Vorrei solo che capiste i metodi. Prima o poi ar­
riverete al momento in cui potrete ricevere una nuova conoscenza solo
a certe condizioni. Le condizioni sono generali per l'intero gruppo, o
individuali secondo le circostanze personali.
D. Questo interferirà con le nostre attività normali?
O. No. Si potrebbe incominciare facendo qualcosa che interferirà,
ma questa sarebbe una libera scelta personale, e non una condizione; è
meglio che vi dia qualche esempio . Il mio lavoro, per esempio, è in­
cominciato con la terza linea. Subito dopo aver cominciato, mi furono
poste condizioni. Il mio gruppo era a Mosca. La condizione che mi fu
posta era o di organizzare un gruppo a Pietroburgo, o di venire a
Mosca. Non potevo andare a vivere a Mosca, e cosi fui costretto a
organizzare un gruppo a Pietroburgo, senza sapere praticamente niente.
Poi alcune persone cominciarono a tenere conferenze a Pietroburgo,
e mi fu possibile studiare. Potevo scegliere o di non far niente, o di
andare a Mosca, o di organizzare un gruppo a Pietroburgo. Voi avete
cominciato senza condizioni, ma presto ci saranno alcune condizioni,
anche se non cosl rilevanti come nel mio caso. Questo è un esempio
di un tipo di condizioni relative alla terza linea .
Per quanto riguarda la seconda linea, quando furono organizzati i
gruppi, fu posta una condizione : quando ci incontravamo dovevamo
raccontare la nostra vita, era ammessa solo la pura verità. Dopo molti
tentativi e sforzi, ci rendemmo conto che non era possibile, perché
nessuno conosce la sua vita. Invariabilmente si finiva con l'inventare,
solo che le invenzioni erano differenti. Ma in tutti i casi si trattava di
un mentire inconscio. Fu solo quando cercammo di metterla in prati­
ca che capimmo il significato di questa condizione. Sembrava una cosa
molto semplice, ma ci mostrò quanto si è lontani dalla comprensione .
Crediamo che basti voler fare qualcosa per essere in grado di farla.
Comunque io non vi darò questa condizione.
Il lavoro
125
Se si decide di essere sinceri, si devono abbattere le barriere artifi­
ciali. Ma la decisione stessa di farlo è molto difficile. Ci sono molte
riluttanze, per esempio si dice : " Non mi piace questa gente " ; " Non
parlerò di nie stesso davanti a questa gente " . Sono vent'anni che sen­
to parlare di 'questa gente'.
D. Se si è sinceri e se si sono superati tutti gli ostacoli, vengono im­
posti degli obblighi più grandi?
O. Secondo i principi del lavoro, non ci si aspetta che nessuno fac­
cia quello che non può, ma solo quello che, nella sua condizione, gli
è possibile. A Pietroburgo mi trovavo nella giusta posizione per orga­
nizzare un gruppo, altrimenti non mi sarebbe stata posta questa con­
dizione.
D. Stavo piuttosto pensando alla necessità di abbandonare il siste­
ma. Si organizza un gruppo e succede qualcosa. . .
O. S e l e condizioni divengono impossibili, quasi sempre vengono
create alcune circostanze per aiutarvi a continuare. Naturalmente ci può
essere la guerra, o la rivoluzione, come in Russia. Tuttavia, in quel
caso, a quelli che volevano andare via fu offerta una possibilità. . .
I l tempo è contato per tutti. Dopo u n certo tempo, voi cambiate
e io vi parlo in modo diverso. Che siate o no all'altezza per questo è
un'altra faccenda, ma dopo un certo tempo mi aspetto da voi cose
diverse.
D. Se si eccede nell'osservare se stessi, è dimostrato che il lavoro
si arresta.
O. Non eccedete. Se vi limitate a osservare, questo aiuta il lavoro.
Si può sempre osservare senza bloccare il lavoro sulle energie. Ma se
cominciate a identificarvi, questo danneggia il lavoro. Tuttavia, se tro­
vate difficile osservare voi stessi mentre state lavorando a livello ener­
getico, non fatelo. Cominciate con cose più facili. Iniziare con le cose
più difficili è un segno di pigrizia, perché così ci si può giustificare,
dicendo che sono impossibili.
D. Se mi accorgo di non poter ricordare me stesso. . .
O. Non è mai possibile. Ma lei può osservare tutte le cose che fa
senza ricordarsi di se stesso, e può capire quanto sarebbe vantaggioso
ticordarsi di sé. Più lo apprezzerete, più cercherete di ottenerlo.
Imparare a lavorare: una breve storia del lavoro
mercoledì 9 ottobre 1 935
O. Voglio ripetere alcune cose che ho già detto in una delle prece­
denti conferenze, perché alcuni di voi non hanno potuto ascoltarle. Se
continuiamo a lavorare come stiamo facendo ora, ci vorranno trecento
126
Il lavoro
anni per ottenere un qualsiasi risultato visibile, anche se m1mmo. Se
ci rendiamo conto di non avere a disposizione trecento anni, e se vo­
gliamo ottenere qualcosa, bisogna lavorare a un ritmo maggiore. Che
cosa significa? Significa che è impossibile lavorare solo teoricamente.
Senz'altro vi ricordate delle influenze B e C. La C è l'influenza diretta,
trasmessa oralmente. L'influenza B non può mai diventare un'influen­
za C, ma un'influenza C può facilmente diventare un'influenza B. Que­
sto significa che non si può ricostruire il sistema a partire dai libri;
dai libri si possono ottenere solo frammenti. L'influenza C può essere
facilmente degradata. Il lavoro deve essere pratico. Le idee esoteriche
che non passano all'attuazione pratica diventano pura e semplice filoso­
fia, vale a dire che si limitano a essere una ginnastica intellettuale che
non porta a nulla.
Che cosa significa lavorare praticamente? Significa lavorare non so­
lo sull'intelletto, ma anche sulle emozioni e sulla volontà. Il lavoro
sull'intelletto consiste nell'imparare a pensare in modo nuovo, crean­
do nuovi punti di vista, distruggendo le illusioni. Il lavoro sulle emo­
zioni consiste nel non esprimere le emozioni negative, nel non identi­
ficarsi, nel non considerare, e, in seguito, è anche lavoro sulle emozio­
ni stesse. Che cosa significa il lavoro sulla volontà? Che cos'è la volon­
tà negli uomini l , 2 e 3 ? È la risultante dei desideri. La volontà è la
linea che nasce dall'unione dei desideri, e poiché i nostri desideri cam­
biano in continuazione, in noi non c'è una linea permanente. Dun­
que, la volontà ordinaria dipende dai desideri, e i desideri pos­
sono essere molto differenti; desideri di fare qualcosa e desideri di
non fare qualcosa. Nell'uomo ordinario la volontà si manifesta in for­
me molto limitate. L'uomo non ha una volontà, in lui ci sono soltanto
ostinazione e caparbietà.
Dobbiamo chiederci su cosa può essere fondata la volontà dell'uomo
n. 7. Può essere fondata solo su di una completa consapevolezza, e ciò
implica una conoscenza e una comprensione collegate a una consapevo­
lezza oggettiva, e un 'io' permanente. Pertanto, sono necessarie tre co­
se: la conoscenza, la consapevolezza e un 'io' permanente. Soltanto
coloro che possiedono queste tre cose possono avere una vera volontà;
vale a dire una volontà indipendente da qualsiasi altra cosa e basata
solamente sulla consapevolezza, sulla conoscenza e su un 'io' per­
manente.
Chiedetevi ora su che cosa si fondano l'ostinazione e la caparbietà.
È molto interessante constatare che si fondano sempre sull'opposizio­
ne. Un esempio di ostinazione può essere quello di un uomo che non
sa fare qualcosa e rifiuta l'aiuto di chi si offre di spiegargliela, dicen­
dogli: No, voglio fare da me " . L'ostinazione nasce dall'opposizione.
H
Il lavoro
127
La caparbietà è più o meno la stessa cosa, ma più in generale. La ca­
parbietà può essere una specie di abitudine.
Per poter studiare come si comincia a lavorare sulla volontà, come
si trasforma la volontà, bisogna rinunciare a essa. Questa è un'espres­
sione molto pericolosa se viene fraintesa. È importante capire esatta­
mente che cosa significa rinunciare alla volontà. Il problema sta nel
come farlo. Per prima cosa si deve cercare di collegare e coordinare
i pensieri, le parole e le azioni con le idee, le richieste e gli interessi
del sistema. Abbiamo troppi pensieri accidentali che trasformano il tut­
to. Se vogliamo far parte del lavoro, dobbiamo verificare tutti i nostri
pensieri, tutte le nostre parole e azioni, dal punto di vista del lavo­
ro. Alcune cose potrebbero danneggiare il lavoro. Dunque, se volete
lavorare non siete più liberi; dovete perdere l'illusione della libertà.
Ma ci si deve chiedere se siamo liberi, se abbiamo qualcosa da per­
dere. La sola libertà che abbiamo è quella di poter danneggiare il la­
voro e gli altri. Imparando a non danneggiare il lavoro, impariamo a
non danneggiare noi stessi, a non compiere azioni irresponsabili e scon­
clusionate. Pertanto non rinunciamo a nessuna cosa reale.
Nella vita non ci sono occasioni per poter applicare tutto questo; non
si conosce nessun lavoro, e pertanto non si possono coordinare i pro­
pri pensieri; parole e azioni. Ma quando si incomincia a lavorare, entro
un certo limite ciò diventa subito possibile.
Collegate questa idea con un'altra idea, che il tempo è contato. Ciò
significa che nel corso del tempo le richieste cambiano. Agli inizi, la
sola richiesta è che non si parli. Dopo un certo tempo è richiesta la
comprensione. In questo caso ci sono due condizioni; non credere in
niente e non fare nulla se non si capisce perché e che cosa si sta facendo.
Dopo qualche tempo si giunge al punto in cui nulla è indipendente
dal lavoro, in cui ci sono pochissime azioni che non sono in rapporto
con il lavoro. Ciò non vuoi dire che si deve interrompere ogni attivi­
tà, ma che non si deve decidere da soli. Non si deve prendere l'inizia­
tiva di decidere, ma si fa riferimento all'opinione di qualcun altro.
Questo al momento non vi riguarda. Ma verrà il tempo in cui vi verrà
tolta la responsabilità. La scuola offre la possibilità di non essere re­
sponsabili. In tal modo si impara a seguire una linea, e questa è la
maniera per creare la volontà. Se lavorate per molto tempo seguendo
una linea retta, in seguito la vostra volontà seguirà una linea retta.
La volontà è creata dalla ripetizione.
Bisogna lavorare per cambiare l'essere. Se affrontate questo compito
cosl come fate qualsiasi altra cosa nella vita ordinaria, la vita sarà
troppo breve. Solo se usiamo i metodi perfezionati del lavoro di scuola
potremo ottenere un cambiamento dell'essere duraturo, tale da poter
128
Il lavoro
forse sopravvivere alla morte. Altrimenti i nostri tentativi saranno
troppo disordinati.
Per questo lavoro la prima condizione è quella di sapere che cosa
si deve fare e perché lo si deve fare.
Alcuni tra voi sanno che a questo proposito ho tracciato una breve
storia del lavoro.
D. Non capisco come sia possibile rinunciare alla volontà e contem­
poraneamente non fare nulla se non si è capito.
O. È esattamente la stessa cosa. Significa che se non capite, dovete
andare da qualcuno e chiedere. Se non capite che cosa sia giusto e
che cosa sbagliato, chiedete. La prima condizione è che non dovete
far niente finché non capite.
Il cambiamento di questi due principi è stata la causa della mia se­
parazione dal gruppo originale.
Vi racconterò brevemente la storia del lavoro. Nell'autunno del 1907
mi imbattei in scritti, libri e persone collegati con idee molto interes­
santi e per me nuove. Ricordo una conversazione a questo riguardo. Dis­
si : " Se fosse possibile accettare come un dato di fatto che la coscien­
za può manifestarsi separatamente dal corpo fisico, si potrebbero prova­
re molte altre cose. Ma non lo si può considerare dimostrato " . Com­
presi che la chiaroveggenza, la comunicazione con i defunti, e tutte
queste cose non sono dimostrate. Alcune possono essere vere e altre
inventate, ma non c'è nulla di provato.
Cominciai a lavorare su questa linea. Ritornai a vecchie idee che mi
avevano interessato dieci anni prima, e che riguardavano le dimensio­
ni superiori, ma questa volta le considerai dal punto di vista psicologi­
co e non da quello matematico. Cominciai a leggere gli scritti dell'oc­
cultismo; mi interessai molto ai tarocchi, eccetera. Feci anche esperi­
menti, che talvolta ebbero successo, ma che non poterono essere ripe­
tuti, e che pertanto non potevano essere considerati veri esperimenti.
Non mi fu possibile giungere a risultati stabili.
Così arrivai alla conclusione che è necessaria una scuola. Nel perio­
do in cui stavo finendo A new Model of the Universe, arrivai all'idea
della necessità di una scuola. Andai in India per cercare una scuola
yogi, e vi rimasi fino all'inizio della guerra. Scoprii cose interessanti,
ma non del tipo che volevo. Non riuscii a trovare una scuola che fosse
sufficientemente scientifica e che rispondesse alle mie aspettative, seb­
bene fossi convinto che esistessero scuole simili. Mi imbattei solo in
scuole devozionali, con un maestro e i suoi discepoli raggruppati at­
torno a lui, che credevano a tutto quello che diceva e facevano quello
che veniva loro comandato. Per questo non era necessario andare in
India, perché potevo trovare scuole di questo tipo anche in Russia. In
Il lavoro
129
alcuni monasteri russi c'erano scuole molto buone. Ma non era la mia
via. Inoltre, ero particolarmente scettico nei confronti di queste scuo­
le devozionali.
Ritornai in Russia con l'idea di aver trovato qualcosa, ma non quello
che volevo. Pensavo di ritornare in India dopo la guerra per continua­
re a cercare altre scuole. A quel tempo ero convinto che la guerra sa­
rebbe finita presto. Quando capii che la guerra non ha mai fine, ab­
bandonai l'idea.
In Russia, a Mosca, incontrai un piccolo gruppo, e molto presto mi
accorsi che era una scuola. Cominciai a lavorarvi nel 1 9 15, e ne ot­
tenni molte idee. Il primo principio di questa scuola era che non bi­
sogna fare niente finché non si è capito, e il risultato di ogni sforzo
era misurato in base alla comprensione. La comprensione era il princi­
pio più importante. Un altro principio era che non bisogna credere in
niente; ognuno doveva verificare ogni cosa, poteva accettare o non ac­
cettare le cose, ma non si doveva mai agire per fede. Inoltre, coloro
che guidavano la scuola dovevano far ragionare le persone, e non ge­
nerare fanatismi.
Lavorai in questa scuola fino al 1 9 1 8 . C'era una comunicazione co­
stante tra Mosca e Pietroburgo, poi andammo tutti nel Caucaso. Nel
1918 mi separai da G. perché qualcosa era cambiato. Egli cambiò i pri­
mi principi e chiese alle persone di credere , e di fare quello che diceva
anche se non capivano. Tutti lo abbandonarono, a eccezione di quattro
persone, tre delle quali erano nuovi venuti. Da allora venni in contat­
to con lui due volte, e cercai di aiutarlo, e fu solo alla fine del 1923
che mi separai definitivamente da lui.
Era un greco del Caucaso, un uomo molto interessante. Aveva viag­
giato in Persia e nell'Asia Centrale russa, e aveva studiato in modo
particolare i dervisci e i sufi. Evidentemente egli entrò in contatto con
una scuola che non era orientale, dalla quale ottenne la sua conoscenza.
Vi sto parlando di questo anche in relazione alle domande che si
fanno a proposito del libro di Landau.
Alcuni dicono : " Come posso fare promesse, se non conosco lo sco­
po finale che lei si propone? " . E io dico che se non conoscete lo sco­
po dopo due anni, è inutile continuare. Vi è stato spiegato quali sono
gli scopi, e questo dovrebbe essere del tutto chiaro. lo non esigo nes­
suna promessa. Come ci possono essere condizioni e accordi con per­
sone che non sono? Che tali persone incomincino a esistere, innanzi­
tutto. Quando in loro qualcosa diverrà permanente, e cominceranno
a capire il lavoro e i suoi scopi, potranno andarsene o continuare. Ma
non ci possono essere promesse. Se si vuole continuare a studiare, si
devono accettare certe condizioni. Vale a dire che si deve rendere lo
130
Il lavoro
studio pratico. Non è sufficiente lavorare riguardo a un solo aspetto;
si deve lavorare su ogni aspetto. Se il lavoro non viene considerato con
sufficiente serietà, è una perdita di tempo. Voi avete il diritto di an­
darvene, e io ho il diritto di interrompere le conferenze, pertanto non
ci sono obblighi né da una parte né dall'altra. In verità, io vorrei scri­
vere, ma non mi è possibile, perché dedico il mio tempo a queste co­
se. Ma ciò è necessario, poiché è il solo modo per istituire una scuo­
la. Quando potrò dire: " Se muoio domani, il lavoro potrà continuare " ,
vorrà dire che è stata costituita una scuola. Ma se tutto dipende da
me, ciò significa che la scuola non è sufficientemente stabile.
Soltanto il lavoro di scuola e la disciplina di scuola offrono la pos­
sibilità di cambiare l'essere . Sono cose indispensabili almeno per un
certo periodo, poi si potrà lavorare da soli. Scuola vuoi dire tante per­
sone. Queste persone devono avere una preparazione. Con G. le cose
andarono male, perché prima egli fu molto esigente nel scegliere le
persone, ma in seguito accettò le persone senza nessuna preparazione.
D. Quali sono le condizioni?
O. Non ci sono condizioni, e non ci può essere nessuna condizione,
tranne questa: cercate di capire quello che state facendo. È meglio non
far nulla che fare qualcosa senza capire.
D. Si può cominciare a lavorare sulla seconda linea solo quando è
stata costituita una scuola?
O. Se non fosse così, sarebbe un lavoro da dilettante, mentre il
lavoro sulla seconda linea deve essere professionale. Inoltre non può
esistere una scuola su scala troppo ridotta. Soltanto un certo numero
di persone offre una sufficiente varietà di tipi. E soprattutto in In­
ghilterra, ora , c'è una varietà molto limitata di tipi. Perché il lavoro
di gruppo abbia successo, è necessaria la varietà dei tipi. Perché è ne­
cessaria? Perché altrimenti non ci sarebbe nessuna frizione, nessuna
opposizione; e le persone crederebbero di capirsi tra loro.
Dunque, all'inizio ho cominciato con l'idea di dimostrare l'esistenza
del miracoloso. Ho trovato delle prove, ma sono giunto alla conclusio­
ne che è necessaria una scuola. E quando ho trovato una scuola sono
giunto alla conclusione che si deve cambiare il proprio essere. Pertan­
to, come vedete, gli scopi cambiano. Dapprima mi era sembrato ne­
cessario provare certi fatti; ma quando ne ebbi le prove, esse non fu­
rono di alcun aiuto. Mi era sembrato che fosse necessaria una scuola ;
ma quando la trovai, vidi che bisognava cambiare il proprio essere .
Ho capito anche le ragioni del mio scetticismo nei confronti delle
scuole devozionali. Per esempio, Brunton ha trovato alcune scuole e
descrive molto bene le persone, gli yogi che ha incontrato, che potevano
cadere in trance, eccetera. Questa è una via molto pericolosa. Entrare
Il lavoro
131
in trance equivale alla creazione di immaginazione nel centro emotivo
superiore. E questo è un vicolo cieco, una volta che siete entrati non
potete più uscire e non potete procedere. L'idea è di controllare l'im­
maginazione. Se, invece, tramite certi metodi, voi la trasformate in
immaginazione del centro emotivo superiore, otterrete estasi, gioia, ma
dopo tutto si tratta solo di sonno a un livello superiore. E non c'è
via di uscita. Anche prima di conoscerne la teoria, ero sempre stato
scettico verso questi metodi emotivi.
Le regole
O. Voglio parlarvi dei principi e dei metodi che riguardano l'orga­
nizzazione e il funzionamento delle scuole, e particolarmente delle re­
gole perché , se non le capite, non vi sarà possibile capire molte altre
cose relative al lavoro.
Normalmente una scuola è un luogo in cui si può imparare qualcosa.
Ci possono essere scuole di lingue moderne, scuole di musica, scuole
di medicina, eccetera, ma il tipo di scuola a cui mi riferisco è un luogo
dove non solo si impara ma anche si diventa differenti. Una tale scuo­
la non solo deve trasmettere conoscenze ma anche aiutare a cambiare
il proprio essere; in caso contrario sarebbe soltanto una comune scuo­
la filosofica.
Che cosa contribuisce a fare una scuola? Prima di tutto, la compren­
sione dei principi del lavoro di scuola, e secondariamente una discipli­
na di un certo tipo ben definito, unita a certe regole. Quando le perso­
ne vengono alle conferenze ricevono certe regole che devono osserva­
re. Queste regole sono le condizioni in base alle quali esse vengono ac­
cettate e possono ricevere la conoscenza. Osservare queste regole, o
condizioni, è il loro primo pagamento, e la prima prova.
Le regole sono una delle cose più importanti in qualsiasi tipo di scuo­
la. Se non ci sono regole , non c'è scuola. Neppure una falsa scuola
può esistere senza regole. Se è una scuola falsa, ci saranno regole false,
ma deve comunque esserci un qualche tipo di regole. Una scuola può
anche essere definita come un certo numero di persone che accettano
e seguono alcune regole, dunque le regole sono la cosa principale. Que­
sto è un argomento di conversazione molto interessante quando ci si
trova insieme. Posso vedere che non si pensa alla necessità delle rego­
le. Le persone si ritengono collegate con il lavoro, ma non capiscono
neppure le regole più semplici. Le regole non sono fatte per la conve­
nienza, né per la comodità: sono fatte per la scomodità, per il disagio,
e in questo modo possono aiutare il ricordo di sé.
Dovete capire che tutte le regole esistono in funzione del ricordo
132
Il lavoro
di sé. Oltre ad avere uno scopo in se stesse, esse sono tutte in funzio­
ne del ricordarsi di sé. Non ci sono regole che abbiano un altro scopo,
anche se apparentemente esse si propongono diversi fini. Se non ci so­
no regole, non c'è lavoro. Se non si capisce la necessità delle regole , la
scuola diviene impossibile.
Alcune persone non capiscono neppure dove inizia il lavoro; non
pensano al lavoro in quanto lavoro; lo considerano come se fosse una
cosa ordinaria. Dopo un certo periodo vi è una cosa necessaria, obbli­
gatoria, perché non si può lavorare senza di essa, ed è la valutazione.
Da un lato le persone vogliono lavorare, e dall'altro vogliono continua­
re a considerare le cose nello stesso modo. Ma se vogliono lavorare,
tutto ciò che si riferisce al lavoro, tutto ciò che ne è la causa, deve es­
sere considerato in modo diverso, e invece si pensa di poter conside­
rare le cose nel solito modo. Ciò che trovo insufficiente è il lavoro,
e la comprensione del lavoro, e la valutazione del lavoro. Manca so­
prattutto la valutazione. Si dà tutto per scontato, e tutto viene consi­
derato da un punto di vista ordinario, per cui non cambia nulla.
Molto dipende dall'atteggiamento e dal lavoro personali. Un'orga­
nizzazione che per una persona è una scuola, per un'altra non lo è.
D. Se le scuole sono in realtà cose viventi, perché muoiono?
O. Che cosa intende dicendo che le scuole sono cose viventi? È
troppo vago e indefinito. Ma se lo si considera letteralmente, è del tutto
chiaro perché le scuole muoiono. Ogni essere vivente prima o poi muo­
re. Se muoiono le persone, anche le scuole devono morire. Nelle mie
conferenze ho spiegato che le scuole hanno bisogno di alcune condi­
zioni. Se vengono a mancare queste condizioni, anche la scuola è di­
strutta. Se a Canton o a Nanchino ci fosse stata una scuola, nelle at­
tuali condizioni sarebbe distrutta, cesserebbe di esistere .
D. Ma potrebbero rimanere le idee.
O. Le idee non possono volare. Hanno bisogno di teste umane. E
una scuola non è fatta di idee. Dimenticate sempre che la scuola in­
segna a migliorare il nostro essere.
D. C'è qualche relazione tra la vita in comune e l'organizzazione
delle scuole?
O. Dipende da che tipo di vita in comune intendete. Per esempio,
qualche tempo fa, in Russia, c'erano le cosiddette 'colonie tolstoiane' .
L a maggior parte di esse aveva l a stessa storia. C'erano persone che
decidevano di vivere insieme, che compravano un po' di terra, e così
via; poi, dopo i primi tre giorni, cominciavano a litigare, e tutto finiva
nel nulla.
D. Intendevo rifetirmi a un gruppo di persone che abita nella
stessa casa.
Il lavoro
13 3
O. Prima di tutto dipende da chi l'ha organizzato. Se è stato orga­
nizzato da loro stessi, generalmente finisce nel nulla. Ma se è stato
organizzato secondo principi precisi e in base a regole ben definite, in
certi casi può essere utile.
D. Non essere capaci di continuare con il sistema, una volta che si
è incominciato, non è forse peggio di non avere mai incominciato?
O. Se avete realmente incominciato, nessuno può fermarvi eccetto
voi stessi.
D. Come si può conciliare questa affermazione con quello che ha det­
to sul fatto che non c'è garanzia?
O. Dipende dal vostro lavoro. Come posso garantire il vostro lavoro?
D. Ma continuerebbero a esserci le possibilità di lavorare, se si sta
1avorando?
O. Se non avvengono catastrofi. Viviamo in tempi insicuri. Per
quanto riguarda il fatto della garanzia: ciò che possiamo ottenere di­
pende dai nostri sforzi e si lavora a proprio rischio e pericolo. Ma do­
po qualche tempo, si incomincia a vedere : " Ho ottenuto questo, che
prima non avevo " , e " Ho ottenuto quello, che prima non avevo " . Cosi,
a poco a poco, ci si sente più sicuri.
D. Suppongo anche che lei non ci può garantire di non ingannarci
in merito alle nostre esperienze. Non si possono forse scambiare le
illusìoni per fatti?
•
O. Si, molto facilmente; ma se si ricorda tutto quello che ci è sta­
to detto, si impara a discriminare, a essere meno soggetti al potere
dell'illusione.
D. Mi sono reso conto della possibilità di perdere tutto quello
che ho ottenuto qui, e questo mi spaventa. Vorrei sapere come posso
rendere permanente questa conoscenza.
O. Quanto potete ottenere e la possibilità di riuscire a continuare
a lavorare dipendono dal livello del vostro essere. Dipende da voi se
il lavoro si arresta quando c'è la guerra. In realtà non cambia nulla.
La guerra non ha mai fine.
D. Per poter lavorare sull'essere, dobbiamo dedicarvi tutta la gior­
nata, senza concederci nessun tempo libero?
O . Lei comincia con l'impossibile. Cominci con ciò che è possibile.
Cominci facendo un solo passo, cerchi di fare un poco, e i risultati si
faranno vedere. C'è sempre un limite, non può fare di più di quello
che è possibile. Se si vuoi far troppo , non si fa nulla. Ma a poco a
poco capirà che sono indispensabili pensieri e atteggiamenti corretti.
Ci vuoi tempo, perché si è stati a lungo in balla delle emozioni negati­
ve, dell'immaginazione negativa e di cose del genere. Ma a poco a po­
co tali ostacoli spariranno. Non si può cambiare tutto immediatamente.
134
Il lavoro
Di solito siamo più informati della nostra conoscenza che del no­
stro essere. Sappiamo quanto poco sappiamo di noi stessi; sappiamo
che in ogni momento facciamo errori, riguardo a qualsiasi cosa; sap­
piamo di non poter prevedere le cose, di non poter capire né le perso­
ne né le cose; sappiamo tutto questo, e tutto questo è il risultato del­
Ia nostra insufficiente conoscenza.
Riguardo al nostro essere, per esempio, sappiamo qual è il primo in­
dizio, come possiamo averne una prima idea nella molteplicità di cui
abbiamo parlato nella prima conferenza. Noi diciamo 'io', ma questo
'io' è diverso in ogni momento. Un momento dico 'io', ed è un 'io';
cinque minuti dopo dico 'io' ed è un altro 'io'. Questo è Io stato del
nostro essere. Non siamo mai unificati, non siamo mai gli stessi. Lo
studio dell'essere incomincia cosl, studiando la molteplicità, studian­
do i molti 'io' che sono in noi, le funzioni inutili, le emozioni negative .
Tutto questo è già studio del nostro essere.
D. Lo studio dei nostri rapporti con gli altri ci può aiutare a capire
l'essere?
O. Sì, certamente. Per esempio, dai nostri rapporti con gli altri,
possiamo capire le nostre reazioni meccaniche. Decidiamo di compor­
tarci in un certo modo nei confronti degli altri, e il momento succes­
sivo, o il giorno dopo, ci comportiamo in un modo del tutto diverso.
�· È possibile riuscire a concepire il nostro essere nel suo insieme,
come una cosa sola?
O. No. Dobbiamo sempre e solo pensare al passo successivo, un
passo alla volta. Possiamo vedere il nostro essere un po' più raccolto
di quanto non sia ora; questo possiamo vederlo. Una volta che abbia­
mo capito questo, possiamo pensarlo un po' più raccolto, ma non an­
cora completamente, non ancora in modo definitivo.
D. Come si può sviluppare il proprio essere? Si deve far ricorso al­
l'attenzione, all'osservazione di sé, al ricordo di sé?
O. La prima cosa è conoscere se stessi; poi bisogna seguire tutte le
pratiche che sono state consigliate, cominciando con il non esprimere
le emozioni negative, cercando di non identificarsi, lottando contro
l'immaginazione , cercando di ricordare se stessi. Sforzatevi di ricorda­
re ciò che vi è stato detto. In questo modo si sviluppa l'essere.
Breve storia del lavoro; le linee di lavoro (S. D.)
O. Ho ricevuto molte lettere, e non posso dire che dimostrino
molta comprensione. In qualche modo vi è sfuggita la cosa più im­
portante. In realtà ho detto che è inutile continuare, se è possibile di-
Il lavoro
135
re in anticipo che non si otterrà nulla. Si può ottenere qualcosa solo
a certe condizioni. La prima condizione è di capire quello che si vuole,
e quanto si è disposti a pagare. Perché si deve pagare per tutto; tutto
quello che si può ottenere dipende da un certo sforzo; non si può ot­
tenere nulla se non si dà nulla. E per essere in grado di fare questi
sforzi è importante capire le · condizioni in base alle quali si può lavo­
rare. Si deve sapere che cosa si sta facendo e perché lo si sta facendo,
e che cosa si può ottenere da questo sforzo. Parleremo in un secondo
tempo delle condizioni materiali. Innanzitutto è necessaria la compren­
sione. E prima di tutto è necessario capire come sia possibile ottenere
la comprensione e che cosa si debba comprendere.
Vi traccerò una breve storia del lavoro. Circa ventotto anni fa, mi
imbattei in una serie di idee che si riferivano alla possibilità di svilup­
pare i poteri latenti dell'uomo. Ricordo una conversazione a proposito
di questo argomento. Allora io dissi: " Se fosse possibile provare che
la coscienza umana (ora la chiamerei intelligenza) può operare separa­
tamente dal corpo fisico, molte altre cose sarebbero immediatamente
dimostrate " . Cominciai a leggere tutti i libri che potei trovare su que­
ste idee; ritornai ai concetti riguardanti le dimensioni, alle quali mi
ero già interessato in precedenza; feci esperimenti e ottenni risultati
int�ressanti. Ma non riuscii a ottenere risultati sempre identici, fissi, non
potei controllarli. Alla fine mi convinsi che esistono certe cose, ma
che non potevo dominarle, che non potevo affatto controllarle. Mi
convinsi della necessità di una scuola. Cosl mi recai in Oriente per
cercare scuole. Non posso dire che fu un completo insuccesso. Trovai
alcuni collegamenti, ma per la maggior parte si trattava di scuole de­
vozionali, che si basavano su atteggiamenti molto emotivi nei confron­
ti del maestro, e sull'accettazione di tutto ciò che veniva detto. Que­
ste scuole non mi interessavano. Ma non trovai scuole più attendibili,
e più sane dal punto di vista psicologico.
Quando ritornai in Russia, incontrai una piccola scuola molto inte­
ressante. Le idee di quella scuola mi piacevano , e a poco a poco potei
scoprire che non si trattava di idee inventate, ma di idee che venivano
da una vera scuola, e che erano collegate a scuole reali. Il sistema di­
mostra di provenire da una mente superiore, perché si fonda su idee
che non sono riscontrabili nella scienza e nella filosofia ordinarie. È
ovvio che la struttura originale del sistema proviene dalle scuole, vale
a dire da un'intelligenza superiore.
Lavorai con quel gruppo sino al 1918, dopo di che non solo io ma
anche tutti gli altri ci separammo dall'uomo [ che dirigeva il gruppo ] .
Spiegherò successivamente il perché. Ciò che imparai cambiò la mia
idea sulla ricerca del miracoloso. Compresi che la causa del relativo
136
Il lavoro
insuccesso dei miei esperimenti e dei miei tentativi di trovare una scuo­
la consisteva nel fatto che non si possono studiare queste cose con me­
todi scientifici. I metodi scientifici presuppongono una mente intellet­
tuale ordinaria, e una mente intellettuale ordinaria non può superare
se stessa. È necessaria una mente superiore. Si tratta di un cambiamen­
to dell'essere. A un certo livello dell'essere sono possibili solo certe
cose. E non si può cambiare il proprio essere per mezz'ora e poi ritor­
nare all'essere ordinario. Capii anche perché non mi piacevano, non
mi davano fiducia, le scuole devozionali. Sotto molti aspetti erano un
modo di coltivare l'immaginazione. Tutti gli stati di trance, i samadhi,
e così via, non erano altro che immaginazione del centro emotivo su­
periore (oppure del centro emotivo ordinario) . Questa conduce in un
vicolo cieco, per cui diventa impossibile passare a qualsiasi esperien­
za superiore.
Così capii che il vero lavoro deve essere lavoro sull'essere, e che
senza di esso non si può fare niente. Ma il lavoro sull'essere richiede
la comprensione dello scopo, dei metodi, e delle condizioni che sono
necessari. Nel lavoro ci sono due condizioni principali:
l . Non si deve credere in nulla, si deve verificare tutto .
2 . Una condizione ancora più importante, che si riferisce al 'fare' :
non s i deve fare niente sino a che non s i capisce perché e a quale sco­
po lo si sta facendo.
Si debbono comprendere questi due principi. È vero che ci si può
rendere conto di non sapere nulla , di non sapere che cosa si deve fa­
re, e che è possibile chiedere consigli in merito a cosa si deve fare .
Ma questo succede solo in circostanze molto favorevoli, e in questo ca­
so, si deve fare ciò che ci è stato detto. Se si chiede e non si fa quel­
lo che vien detto, si perde la possibilità di chiedere ancora.
La ragione per cui io e gli altri ci siamo separati dal gruppo origi­
nale è stata che, sebbene agli inizi si desse molta importanza ai due
principi, per cui non si può avere 'fede' e non si deve fare nulla fin­
ché non si sia capito, in seguito l'uomo che guidava il gruppo cambiò,
e chiese che le persone credessero in lui e facessero le cose senza ca­
pire.
È poi necessario capire ciò che riguarda le tre linee di lavoro. La pri­
ma linea è lo studio di sé e lo studio del sistema; la seconda è il la­
voro con gli altri, e la terza il lavoro per la scuola. Dovete capire che
il lavoro sulla seconda linea non dipende da voi. Non potete comincia­
re a lavorare sulla seconda linea se non vengono organizzate per voi
alcune particolari condizioni. Né potete organizzare il lavoro sulla se­
conda linea da soli. Ciò non può dipendere dall'iniziativa personale.
Per quanto riguarda la terza linea, è molto importante capire l'idea
Il lavoro
13 7
generale della ragione per cui esiste questo lavoro , e come aiutarlo .
L'idea è di costituire una scuola, cioè di rendere possibile il lavoro
secondo le regole e i principi di scuola, prima studiando queste rego­
le e questi · principi, e poi mettendoli in pratica. Per questo sono ne­
cessarie molte condizioni. Una condizione, naturalmente, è che sono
necessarie le persone. Ci sono· persone preparate, che avrebbero la ca­
pacità di sviluppare queste idee, ma non le conoscono. Pertanto bi­
sogna trovare queste persone; bisogna trovare il tipo giusto di persone
e trasmettere loro queste idee. Ma per poterlo fare, dobbiamo averle
capite noi stessi.
Indubbiamente è necessario anche l'aspetto materiale. Il lavoro ha
bisogno di denaro come qualunque altro lavoro, qualsiasi altra attività.
Vi spiegherò come viene organizzato questo aspetto. Venti anni fa
è stato dimostrato che non si può stabilire un pagamento preciso, per­
ché alcune persone non possono pagare , e altre possono pagare solo
molto poco. Così fu deciso che ognuno doveva pagare quanto gli era
possibile. Nessuno fu mai rifiutato perché non poteva pagare, ma ciò
era possibile solo perché pagavano gli altri. Il principio è questo : quel­
li che pagano, pagano per il passato, mai in anticipo. Pertanto deve
trascorrere un certo tempo prima che possano pagare. Inoltre quelli che
pagano non possono porre nessuna condizione né stabilire nessun ac­
c�rdo.
Ricorderete l'esempio della scala. Il sentiero non comincia sullo
stesso livello della vita. Tra la vita ordinaria e il sentiero c'è una scala,
e la condizione per poter salire su questa scala è che se si vuole salire
sul gradino successivo, si deve mettere qualcun altro sul proprio gra­
dino. È stato spesso chiesto il significato di questo: significa lavorare
in relazione alla scuola, portare gente, trovare i mezzi per la scuola,
eccetera. Voi siete qui già da un anno, almeno quelli che sono venuti
lo scorso settembre. Vi è stato possibile venire a studiare perché tutto
era stato organizzato e finanziato da coloro che sono venuti prima di
voi. E in questo modo essi vi hanno messi al loro posto.
Lo scopo del lavoro è quello di costituire una scuola. In essa si pos­
sono avere molte linee di investigazione : scientifica, psicologica, ecce­
tera. Queste linee appariranno quando verranno persone con una spe­
ciale preparazione e cominceranno a essere interessate al sistema.
D. È molto difficile non credere a nulla, verificare sempre ogni
dichiarazione.
O. Che cosa significa credere? Si può accettare tutto immediatamen­
te senza verificare, o si può verificare. Io spiego sempre quali teorie
possono essere verificate e quali no, se non per analogia. Alcune di es­
se possono essere direttamente provate, altre possono esserlo solo per
138
Il lavoro
analogia, per cui al principio possono essere prese solo come ipotesi.
Ma in nessun caso voi dovete credere.
È molto interessante che, sebbene nella serie di idee che incontrai
inizialmente la direzione fosse giusta, si era ecceduto riguardo allo
'studio dei poteri latenti dell'uomo' . Tutte le cose di cui si parlava,
tutti quei poteri, esistono , ma non per noi. Noi possiamo giungere a
quel livello solo a certe condizioni.
D. Quali sono queste condizioni?
O. Il ricordo di sé. E questo significa anche non identificarsi, non
considerare, non avere emozioni negative, non essere in potere dell'im­
maginazione, non essere in balìa degli 'io' immaginari, molte cose.
D. Da dove provengono la Legge del Tre e la Legge del Sette?
O. Dalla scuola. Ma non dovete valutare le idee per la loro reputa­
zione, bensì per il loro reale valore.
D. Mi chiedevo se erano state prese dalla Bibbia.
O. Non possono essere state prese dalla Bibbia. La Legge del Sette
aiuta a capire la meccanicità della vita. Né l'idea delle ottave né l'idea
delle triadi possono essere state inventate . . .
D. Per quanto riguarda il lavoro sulla seconda linea, è necessario
chiedere un'opportunità?
O. A tutti viene data un'opportunità, ma solo nel contesto del la­
voro organizzato.
D. È possibile lavorare su se stessi senza la seconda linea?
O. Si comincia dalla prima linea. In seguito la seconda e la terza
linea aiutano la prima. Ciascuna linea aiuta tutte le altre.
Talvolta gli interventi o le domande delle persone dimostrano chiara­
mente che per loro è inutile continuare. Per esempio, un tale ha chie­
sto se poteva studiare anche altri sistemi contemporaneamente a que­
sto. Dunque è chiaro che egli deve andarsene e aspettare di aver stu­
diato altri sistemi , per vedere se ne è soddisfatto o insoddisfatto. Fa­
cendo questa domanda egli ha già fatto una scelta. Non bisogna con­
fondere le cose. Tuttavia, è utile studiare anche i sistemi fasulli, se
si sa che sono fasulli e se non ci si identifica.
Il nostro lavoro può essere brevemente descritto così : studieremo
dei sistemi, sia conosciuti che occulti. Faremo una certa scelta e studie­
remo solo quelli che derivano dall'idea della possibilità di uno svilup­
po interiore dell'uomo. Solo questi sistemi sono interessanti. Non vale
la pena sprecare il nostro tempo per gli altri, che mancano della cosa
più importante . Perché è importante solo una cosa: la possibilità di
sviluppo, di cambiamento. Se rimaniamo quello che siamo, non serve
a nulla studiare. Noi siamo macchine mosse dalle circostanze. Dun­
que, il nostro campo di studio è chiaramente delineato ed è sufficien-
Il lavoro
139
temente ampio, ma deve essere molto esclusivo. Non possiamo inclu­
dervi ogni cosa.
Un'altra persona ha detto di non avere bisogno di studio esoterico,
o di" lavoro sulla seconda e sulla terza linea. L'unica cosa che la interes­
sa è lo studio psicologico. Ma la psicologia non si contrappone all'eso­
terismo. E la prima linea è ancora più esoterica delle altre. All'origine
di tutte le linee ci sono scuole, e la seconda e la terza linea sono solo
un aiuto.
La volta scorsa ho parlato della volontà. Bisogna · prima capire che
cosa è la volontà. Noi non abbiamo una volontà: in noi ci sono solo
ostinazione e caparbietà. L'ostinazione equivale all'arroganza. La ca­
parbietà è il contrapporsi a qualcosa, alle regole, eccetera. Entrambi im­
plicano una specie di opposizione a qualcosa, ed è solo in tal modo che
possono esistere. L'uomo non è dotato di una volontà originale, che
possa esistere senza doversi contrapporre e che sia permanente. Ecco
perché è necessario domare la volontà. In tal modo la si addestra cosl
che in seguito possa seguire una linea ben definita. Quando la volontà
è divenuta sufficientemente forte, non è più necessario limitarla. Dun­
que la volontà non può essere lasciata cosl come è, perché ora tende a
disperdersi in tutte le direzioni. Deve essere addestrata, e per poterla
educare è necessario fare molte cose sgradevoli, come, per esempio,
del lavoro fisico. L'esperienza ha dimostrato che il lavoro fisico è mol­
to utile nelle scuole. Ultimamente, abbiamo cercato di creare un'orga­
nizzazione in cui le persone possano vivere e lavorare insieme. Questo
offre l'opportunità di studiare le altre persone. In alcune scuole ci
sono speciali esercizi fisici, ma in assenza di questi, il lavoro fisico ne
fa le veci. Ma tutto questo si riferisce alla seconda linea, deve essere
lavoro organizzato.
D. Parlando della seconda linea, si riferiva al fatto che non possia­
mo 'fare'?
O. Noi non possiamo 'fare ' nella maggior parte delle situazioni. Ma
un individuo non può organizzare il lavoro sulla seconda linea per se
stesso; tale lavoro deve essere predisposto.
D. Educare la volontà vuoi dire contrapporsi ai desideri. Ho sco­
perto che quando entro in una camera in disordine, mi irrito. Dovrei
lavorare per non esprimere questa irritazione ?
O. Sl, dovete sempre lavorare contro l'espressione delle emozioni
negative. Ma perché vi irritate? L'irritazione è sempre una reazione
alla meccanicità degli altri. Ma lei può studiare la sua meccanicità.
Tutto quello che può fare nel suo caso, è studiare quale sia la causa;
poi trovi il giusto atteggiamento e si contrapponga all'espressione del­
le emozioni negative.
140
Il lavoro
Per la prossima volta, preparate domande soltanto in relazione a
quello che ho detto. La prima cosa è fissare gli atteggiamenti. Devo
capire per ognuno di voi se valga la pena proseguire o se non sia me­
glio aspettare.
D. Ci verrà detto come possiamo aiutare finanziariamente?
O. Generalmente c'è una sottoscrizione in gennaio, o in qualche
altro periodo. Se vuole inviare del denaro, la signora K. le darà l'in­
dirizzo. Ma non dovete credere che sia una condizione . Solo in un se­
condo tempo diventerà una condizione. Ora è del tutto libero. Tutta­
via, se ognuno pensa che saranno gli altri a pagare, prima o poi saremo
costretti a chiudere.
D. Che tipo di lavoro fisico è stato suggerito?
O. Non è stato suggerito nulla. Ho detto che deve essere orga­
nizzato.
D. Si potrebbe avere un esempio [che riguardi il lavoro fisico ] ?
Sinceramente, non capisco.
O. Non so come spiegarlo. Qualsiasi tipo di lavoro fisico va bene.
Ricordo la prima volta che nel Caucaso dovetti trasportare tutto il ba­
gaglio fino al terzo piano. Fu un ottimo lavoro fisico. L'idea è che
quando un certo numero di persone lavorano insieme, nella casa, nel
giardino, con gli animali, eccetera, la situazione non è facile . Esse pos­
sono lavorare individualmente, ma quando lavorano insieme è difficile .
Si criticano a vicenda; s i intralciano ; portano via le cose che gli altri
stanno usando. È un ottimo aiuto per il ricordo di sé. Ma non si tratta
di un lavoro che si possa organizzare da soli. Se si è interessati a que­
sta idea, si può entrare a far parte del lavoro che già esiste. Ma sol­
tanto quando se ne sente la necessità. Non si deve pensare che sia una
specie di aiuto magico.
D. Che cosa intende con lavoro sulla terza linea? Cercare di in­
teressare altre persone?
O. Se lei conosce le persone giuste, va bene. In alcuni casi può pro­
vare lei direttamente; in altri casi è meglio chiedere prima a me. Non
so ancora quando avremo nuove conferenze.
D. Possiamo allora parlare agli altri delle conferenze?
O. È meglio se prima mi chiedete se nell'immediato futuro ci sa­
ranno nuove conferenze. In certi casi è meglio che non parliate con la
gente prima di averlo chiesto a me. Rispetto a questo ci sono alcune re­
gole. Per esempio, le persone che sono già state nei gruppi non posso­
no tornare di nuovo. Pertanto bisogna prima sapere qualcosa sulle
persone.
D. Lei dice che non dobbiamo aver fede, e il Nuovo Testamento
parla della fede.
Il lavoro
141
O. C'è fede e fede. La fede di cui si parla nel Nuovo Te­
stamento è un'emozione superiore, simile all'amore, è un'emozione nei
centri superiori. Il Nuovo Testamento è scritto in modo strano; in esso
i livelli sorio mischiati intenzionalmente, perché è scritto per una
scuola. È detto che dobbiamo aver fede. Ma come possiamo averla?
La fede, nel suo pieno significato, è un'emozione positiva. La sua imi­
tazione è solo superstizione oppure è credere invece di verificare. In
alcuni casi è semplicemente pigrizia mentale.
La prossima volta che ci incontreremo sarà mercoledì. Dovete ca­
pire che proseguiremo soltanto finché sarà utile. Perciò dovete fare
domande . In seguito dividerò le persone in piccoli gruppi, che incon­
treranno i membri più anziani per parlare di argomenti sepciali. Tra
circa un mese forse faremo delle letture. Cercate di preparare domande
relative a quello che ho detto.
Che cos'è lo studio?
O. Che cosa è lo studio? Dal punto di vista ordinario, studiare si­
gnifica studiare le cose cosl come sono. Per esempio, un tavolo viene
studiato in quanto tale; ma non si prende in considerazione l'idea di
un miglioramento del tavolo.
Nel sistema l'idea dello studio è necessariamente collegata all'idea
di un miglioramento. Noi possiamo usare solo una minima parte delle
nostre capacità. Lo studio sviluppa le nostre capacità. L'uomo ha il
diritto di essere consapevole di sé, anche cosl come è, senza nessun
cambiamento . Se vuole ottenere una consapevolezza oggettiva deve
realizzare molti e diversi cambiamenti in sé, ma la consapevolezza di
sé può averla anche ora. Studiando, si vedrà che l'uomo vive al di
sotto del suo livello normale. Se si studia nel modo giusto, si cambia.
Lo scopo deve esssere il cambiamento.
All'inizio troverete molte contraddizioni nell'uomo. L'uomo non è
mai lo stesso, anche nel suo stato ordinario, continua sempre a cam­
biare. Studiando questi cambiamenti, egli può venire a conoscenza della
possibilità di ulteriori cambiamenti. L'uomo è una macchina, ma è
una bicicletta che può divenire un'auto, e un'auto che può divenire un
aeroplano. In una tale macchina non possono non esserci contraddi­
zioni; per certi aspetti è cosl, e per altri è differente. Le analogie non
possono essere complete, perché non possono essere portate avanti
all'infinito . L'uomo è una macchina perché egli è solo una stazione tra­
smittente; non può produrre nulla, - non può fare un'azione da sé
senza una causa esterna. Ma allo stato attuale non è neppure una mac­
china che funziona bene.
142
Il lavoro
In tutta questa strana combinazione che è l'uomo, la sola cosa che
può essere cambiata è la consapevolezza. In verità l'uomo può essere
più consapevole. Ma prima deve rendersi conto di essere una macchi­
na, per potere stringere alcune viti, allentarne altre, e cosl via. Deve
studiare, ecco dove comincia la possibilità di cambiare. Quando l'uo­
mo si rende conto di essere una macchina, e quando sa qualcosa ri­
guardo a questa macchina, egli capisce che essa può lavorare in diver­
se condizioni di consapevolezza, e cercherà di darle queste migliori
condizioni di consapevolezza.
Ci viene detto che l'uomo ha la possibilità di vivere in quattro sta­
ti di consapevolezza , ma che cosi come è, vive solo in due di essi.
Sappiamo anche che le nostre funzioni sono divise in quattro catego­
rie. Pertanto studiamo le quattro categorie di funzioni nei due stati
di consapevolezza. Contemporaneamente, ci accorgiamo che si mani­
festano dei barlumi di consapevolezza di noi, e che ciò che ci impedi­
sce di avere ancora attimi di consapevolezza è il fatto che non ci ri­
cordiamo di noi, che siamo addormentati.
In un serio studio di se stessi, la prima cosa necessaria è capire i
diversi stati di consapevolezza e anche il fatto che ci sono gradi di
consapevolezza. Dovete ricordare che non si passa da uno stato di
consapevolezza all'altro, ma che essi si sommano. Ciò significa che se
siete in uno stato di sonno, quando vi svegliate, allo stato di sonno
si aggiunge quello di 'sonno a occhi aperti'; se divenite consapevoli
di voi stessi, questo stato si aggiunge a quello di 'sonno a occhi aperti';
e quando si ottiene lo stato di consapevolezza oggettiva, questo si ag­
giunge allo stato di consapevolezza di sé. Non c'è un netto passaggio
da uno stato a un altro. Perché? Perché ogni stato consiste di diffe­
renti gradi. Come nel sonno voi potete essere più o meno addormen­
tati, cosl nello stato in cui siamo ora, si può essere più vicini o più
lontani dalla consapevolezza di sé.
La seconda cosa che è necessaria per un serio studio di sé, è studia­
re le funzioni, osservandole, imparando a suddividerle nel modo giu­
sto, imparando a riconoscere ciascuna separatamente. Ogni funzione
ha una sua attività personale, una sua specialità. Le funzioni devono
essere studiate separatamente e si deve capire con chiarezza quali siano
le loro differenze, ricordando che esse sono controllate dai differenti
centri.
Non possiamo vedere i centri, ma ci è possibile osservare le
funzioni. Osservandole, si vede che esse sono differenti; più le si os­
serva, più materiale si ha.
La suddivisione delle funzioni è molto importante. Il controllo di
qualsiasi nostra facoltà può essere ottenuto solo con l'aiuto della co-
Il lavoro
14 3
noscenza. Ogni funzione può essere controllata solo se conosciamo le
particolarità e la velocità di ciascuna di esse.
L'osservazione delle funzioni deve essere collegata allo studio de­
gli stati di consapevolezza e dei gradi di consapevolezza. È necessario
capire che la consapevolezza e le funzioni sono cose completamente
diverse. Muoversi, pensare, percepire, sentire: queste sono funzioni;
esse possono funzionare in modo del tutto indipendente dalla consape­
volezza, possono funzionare meccanicamente. Essere consapevoli è
una cosa completamente diversa. Se siamo più consapevoli, le nostre
funzioni diventano immediatamente più acute.
Ricordate l'esempio delle diverse macchine che funzionano in diver­
se condizioni di luce? Le macchine sono fatte in modo da funzionare
meglio con la luce che all'oscurità; in ogni momento in cui c'è più lu­
ce, le macchine funzionano meglio. La luce è la consapevolezza e le
macchine sono le funzioni. Non possiamo aumentare la luce, non c'è
un interruttore. Non abbiamo nessun controllo sulla luce, ma possiamo
avere un certo controllo sulle macchine, per lo meno su alcune di
esse.
L'osservazione delle funzioni è un lavoro lungo. Bisogna trovare
molti esempi per ciascuna di esse. Studiando, cominciamo a vedere che
non possiamo studiare ogni cosa sullo stesso livello, e che non pos­
siamo osservare noi stessi imparzialmente. Inevitabilmente vediamo che
alcune funzioni sono giuste e altre indesiderabili, dal punto di vista
del nostro scopo. E dobbiamo avere uno scopo, altrimenti lo studio
non può avere nessun risultato. Se ci rendiamo conto di essere addor­
mentati, lo scopo è il risveglio; se d rendiamo conto di essere macchi­
ne, lo scopo è cessare di essere macchine. Se vogliamo essere più con­
sapevoli, dobbiamo studiare che cosa ci impedisce di ricordard di noi
stessi. Pertanto dobbiamo introdurre una certa valutazione delle fun­
zioni in base alla loro utilità o dannosità in relazione al ricordo di sé.
Il ricordo di sé è uno sforzo che agisce sulle funzioni. Si incomincia
a ricordare se stessi con la mente, perché si ha un certo controllo sui
processi mentali e si possono formulare i pensieri in un certo modo,
e questa formazione di processi mentali dà momenti di consapevolez­
za. Non è possibile fare sforzi che agiscono direttamente sulla consa­
pevolezza, ma si possono fare sforzi che agiscono sui pensieri. Se
si persevera in tali sforzi, i momenti di consapevolezza saranno più
frequenti e permarranno più a lungo. Poi, a poco a poco, il ricordo di
sé cessa di essere puramente intellettuale e acquista la capacità di
risvegliare.
D. Perché i momenti di consapevolezza sono cosl rari?
O. Per mancanza di carburante. Se non c'è elettricità, se avete una
144
Il lavoro
torcia tascabile, se la batteria è in cattivo stato, il risultato è un breve
sprazzo di luce e niente più. La consapevolezza è luce; la luce è il ri­
sultato di una certa energia; se non c'è energia, non c'è luce.
D. Sarebbe corretto dire che il segreto di ogni sviluppo della consa­
pevolezza consiste nella conservazione e nel controllo dell'energia?
O. No, questo è solo parte del segreto, anche se la conservazione e
l'aumento dell'energia sono molto importanti. Ma di per sé non sono
sufficienti; si deve sapere come si controlla l'energia. L'energia è l'a­
spetto meccanico della consapevolezza.
D. Come si può imparare a controllare meglio l'energia?
O. Non possiamo partire con l'idea del controllo. Per potere con­
trollare anche una piccola cosa dobbiamo conoscere l'intera macchina.
Per prima cosa, dobbiamo controllare noi stessi dal punto di vista del­
la consapevolezza; dobbiamo cercare di ricordarci di noi stessi. Poi
dobbiamo arrestare le perdite inutili di energia. Noi sprechiamo l'ener­
gia nell'immaginazione, considerando, mentendo, identificandoci, espri­
mendo le emozioni negative, parlando inutilmente. Queste sono le prin­
cipali forme di perdita dell'energia. Dunque, innanzitutto dobbiamo
fermare le perdite che causano lo spreco dell'energia; poi dobbiamo
accumulare energia tramite il ricordo di noi; infine, possiamo sistema­
re le cose. Non si può incominciare in nessun altro modo.
D. Si può immagazzinare l'energia?
O. Sì, l'energia può essere immagazzinata quando si è in grado di
farlo. Ma ora non si tratta tanto di immagazzinarla quanto di non
sprecarla. Se non la sprechiamo in cose inutili abbiamo abbastanza
energia per tutto quello che vogliamo fare. Si è già detto quali siano
queste cose inutili: l'identificazione, le emozioni negative, molte azioni
meccaniche; ma la cosa peggiore è esprimere le emozioni negative. Se
si riesce ad arrestare l'espressione delle emozioni negative, si rispar­
mierà tanta energia da non sentirne mai più la mancanza.
Possiamo sperare di divenire esseri consapevoli solo se useremo nel
modo giusto l'energia che ora viene usata nel modo sbagliato. La mac­
china è in grado di produrre sufficiente energia. Ma la si può sprecare
se ci si arrabbia o ci si irrita, o in altre cose di questo genere, e allora
ne rimane ben poca. Un organismo normale produce una quantità di
energia che è sufficiente non solo per tutti i centri ma anche per poter
essere accumulata. Non c'è nessun problema con la produzione, è l'uso
che è sbagliato.
D. Si può creare energia per mezzo di uno sforzo consapevole?
O. Che cosa intende dire con questo? L'energia viene creata natu­
ralmente dai tre tipi di cibo. Con il ricordo di sé si può aumentare
la produzione delle sostanze superiori, che può ricevere un ulteriore
Il lavoro
145
incremento dalla lotta contro le emozioni negative. Ma è impossibile
creare dal nulla. Neppure Dio può farlo.
D. Quando lei ha parlato di sistemare le cose, intendeva riferirsi al
tentativo di far funzionare meglio i centri? E che cosa può contribuire
a questo migliore funzionamento?
O. Tutto il lavoro su voi stessi, cioè lo studio e la conoscenza e il
ricordo di se stessi. Prima dobbiamo imparare a conoscere la macchina
e poi impareremo a controllarla. Dobbiamo riordinare le funzioni in
modo che ciascuna faccia il lavoro che le spetta. La maggior parte del­
le nostre attività sono il frutto di un centro che fa il lavoro di un altro
centro; l'incapacità di raggiungere il nostro livello normale dipende
dall'incapacità di far funzionare correttatl\çnte i nostri centri. Molte
delle cose inspiegabili che possiamo osservare sono dovute al funziona­
mento inappropriato dei centri.
D. Funzionamento inappropriato dei centri significa che i centri in­
terferiscono tra loro?
O. Ci sono due forme di funzionamento errato dei centri. Essi pos­
sono interferire, vale a dire che un centro lavora al posto di un altro,
oppure l'uno prende l'energia da un altro.
Talvolta i centri debbono collaborare tra loro. La macchina è co­
struita in modo tale che, se per una ragione o per l'altra un centro si
arresta, per evitare interruzioni un altro centro può funzionare al suo
posto per un certo periodo ma, naturalmente, con risultati peggiori.
L'idea originale di questa disposizione è del tutto giusta, ma nella vita
comune ciò è divenuto spesso la causa di disturbi fisici e mentali, per­
ché il centro intellettuale non può mai fare le funzioni del centro mo­
torio o istintivo, e il centro motorio non può sostituire quello intellet­
tuale. Ma nello stato di identificazione, i centri preferiscono far questo;
preferiscono fare un lavoro sbagliato e non fare il proprio lavoro.
Alla fine diventa una specie di cattiva abitudine, e mescolando le
funzioni essi cominciano a mescolare le energie, cercando di ottenere
energie più potenti per le quali non sono adatti.
Il lavoro su se stessi
3 febbraio 1 938
D. Il lavoro su se stessi dopo qualche tempo acquista un certo slan­
cio, oppure continua a rimanere egualmente difficile? È come spinge­
re un carro in salita?
O. Credo che diventa più difficile, perché diventa sempre più rami­
ficato. Si comincia su di una linea, poi dopo un certo tempo si passa
a lavorare su tre linee, e ciascuna di esse si divide e continua a divi-
146
Il lavoro
dersi, e questo richiede continuamente attenzione e sforzo. Non c'è
inerzia in questo tipo di azione, è una triade differente.
D'altra parte, si acquisisce una maggiore energia, si diventa più con­
sapevoli, e questo in un certo senso facilita le cose, ma il lavoro in
quanto tale non può mai diventare più facile.
Gli stati di consapevolezza e la condizione fisica di attenzione vigile
1 0 febbraio 1 938
D. Gli stati di consapevolezza superiore sono necessariamente ac­
compagnati da una condizione fisica di attenzione vigile? So, per esem­
pio, che non ci si può ricordare di sé quando si è fisicamente addor­
mentati, o quando si è vicini al sonno.
O. Nella maggior parte dei casi, sl. Si è più vigili in tutti i centri.
D. La consapevolezza interiore riguarda la mente, oppure l'emoti­
vità, o sia l'una che l'altra?
O. Riguarda non solo queste ma anche altre cose, come le sensazio­
ni istintive e le sensazioni motorie.
Per quanto riguarda la prima domanda, quella relativa alla condi­
zione fisica di attenzione vigile, è molto difficile dare una risposta ge­
nerica, perché in alcune circostanze gli stati superiori di consapevolez­
za possono produrre stati di trance. Ciò accade in due casi. Nel primo
caso, ciò viene provocato intenzionalmente, allo scopo di risparmiare
energia o per qualche altro motivo affine. Nel secondo, sono stati usa­
ti metodi sbagliati, e le scuole non sono quelle giuste. Ci sono molte
scuole che possono produrre stati superiori di consapevolezza solo
nella condizione di semi-paralisi fisica, di trance. In genere, questo è
sbagliato, perché non c'è altro modo di creare tali stati; ma in altri
casi, quando oltre a questi metodi ce ne sono anche altri, può essere
del tutto lecito. Talvolta, all'osservatore occasionale può sembrare di­
verso dallo stato di attenzione vigile.
Il lavoro
13 gennaio 1 939
D. Che cosa intende quando parla di 'lavoro' ?
O. Lavoro è una parola con un significato molto esteso . Innanzitut­
to, lo studio di sé è lavoro. Venire alle conferenze è lavoro. Ma dal
punto di vista del sistema, 'lavoro' significa il lavoro ai fini o del­
l'acquisizione della conoscenza, o dello studio riguardante il cambia­
mento dell'essere. In ogni caso si deve avere un obiettivo molto chia-
Il lavoro
147
ro, e non ci si deve limitare a lavorare per studiare se stessi o per otte­
nere il controllo di sé, o per altri motivi simili. Pertanto, cosi come
noi lo intendiamo, il 'lavoro' implica l'acquisizione della conoscenza
e del controllo di sé.
D. Quale formula potrebbe definire più esattamente l'obiettivo che
tutti i membri di tutti i gruppi hanno in comune?
O. Ho già detto che si vuole conoscere se stessi e si vuole acquisire
la capacità di controllo. La prima idea è conoscere, e la seconda è
acquisire il controllo di se stessi.
D. È corretto presumere che tutti i membri abbiano un comune
obiettivo?
O. In questo senso, sl, perché altrimenti non sarebbero impegnati
nello stesso lavoro. Tutti quelli che sono collegati al lavoro, debbono
lavorare seguendo certe linee precise, altrimenti esso non ha senso e
non può continuare. La direzione deve essere sempre la stessa, per cui
coloro che non sono interessati a mantenere questa direzione e che
non hanno gli stessi scopi, se ne vanno. Coloro che rimangono debbono
avere lo stesso scopo.
D. Penso che l'esperienza generale sia che il primo contatto con il
sistema porta più distruzione che costruzione.
O. Secondo il mio punto di vista, l'idea di costruzione e distruzio­
ne è sbagliata. Non c'è niente che venga distrutto; ma quando si inizia
a lavorare si scopre di non possedere affatto quello che si immaginava
di avere. Ciò significa che si trattava di un'illusione, che deve essere
sacrificata. Si possono avere o cose reali o illusioni; questa è la realtà,
e non si perde nulla di ciò che si possiede veramente; si perde solo
l'idea di possedere qualcosa che non si possiede.
Spesso molti rimangono delusi dal lavoro perché, sin dagli inizi, co­
minciano a scegliere e a prendere alcune cose invece di altre, e così,
dopo qualche tempo, non hanno più il sistema, ma la loro personale
&elezione di esso, e questo non funziona. Altri vogliono capire solo in­
tellettualmente e non vogliono fare esperimenti su se stessi e osser­
varsi; vogliono solo pensare in modo intellettuale, ma questo è impos­
sibile, non si può considerare tutto sullo stesso livello.
D. Ci verrà detto quando potremo cominciare il lavoro pratico?
O. Avete fatto del lavoro pratico sin dal primo giorno. Se aveste
fatto solo un lavoro teorico, significherebbe che non avete fatto nulla.
Per prinia cosa, dovete osservare che non vi ricordate di voi stessi
e dovete osservare i centri. Questo lavoro è pratico fin dall'inizio.
La prima condizione del lavoro è che non dobbiamo mai dimentica­
re il nostro scopo originale, quello che vogliamo ottenere. Le persone
vengono per diversi motivi. Alcune vogliono conoscere. Si rendono
148
Il lavoro
conto che c'è una certa conoscenza e che forse ci sono, da qualche par­
te, persone che sanno, e vogliono ottenere questa conoscenza. Altre
si sono invece rese conto della propria debolezza e hanno capito che
se potranno liberarsene le cose andranno diversamente. Le persone,
dunque, vengono per diversi motivi, e non devono mai dimenticare
perché hanno iniziato. Anche se qualcuno può rammentarglielo, ciò non
servirà a gran che se non se ne ricorderanno da sole.
D. Lo sviluppo di un uomo dotato di un intelletto eccellente è ne­
cessariamente più veloce di quello di un uomo le cui capacità intellet­
tuali sono più scarse?
O. Talvolta sl, talvolta no; ma l'intelletto non è cosl importante
come l'equilibrio dei centri e lo sviluppo della consapevolezza, poiché
anche nelle condizioni ordinarie gli uomini l, 2 e 3 possono essere più
o meno svegli, più o meno consapevoli, per cosl dire. Un uomo dotato
di un ottimo intelletto può essere completamente addormentato, e
può anche non iniziare a lavorare, perché potrebbe essere cosl sicuro
del proprio lavoro intellettuale e cosl identificato con esso da non
incominciare mai il reale lavoro. E allora il suo intelletto lo farà ar­
restare. Questo succede spesso.
D. Si può dire che la sofferenza è in un certo senso essenziale per
ottenere un cambiamento dell'essere?
O. Sl, certamente, ma dipende dal modo in cui intendete la soffe­
renza. Dal piacere non si ottiene nulla; l'unica cosa che se ne ricava
è una sofferenza che, se sufficiente, può esserci utile. Tuttavia, non se
ne può ottenere troppa dal piacere. Ogni sforzo è sofferenza; ogni com­
prensione è sofferenza, perché ci sono molte cose sgradevoli che si
possono capire riguardo a se stessi e a tutte le altre cose; ci sono mol­
te forme di sofferenza. Inoltre ci sono alcune sofferenze che non sono
necessarie, e dobbiamo imparare a non identificarci con certe sofferen­
ze, pertanto il nostro atteggiamento nei confronti della sofferenza de­
ve avere molti aspetti. Ma indubbiamente la sofferenza è necessaria,
e talvolta alcuni non riescono a lavorare per paura della sofferenza; ma
nella maggior parte dei casi, si tratta di sofferenza immaginaria.
Come aumentare il desiderio di lavorare
D. Vorrei sapere come posso aumentare il mio desiderio di lavo­
rare.
O. È impossibile rispondere a questa domanda, perché solo lei può
sapere come aumentare la sua valutazione del lavoro. Deve pensare;
deve confrontare le idee ordinarie con queste idee; deve cercare di
trovare in che senso queste idee le sono di aiuto. È impossibile dare
Il lavoro
149
una descrizione generica di come lo si debba fare. Qualsiasi cosa fac­
ciamo nel lavoro tende a far aumentare la valutazione. Cerchi dun­
que di non perder nulla di quello che viene dato, perché tutte le
idee hanno questo scopo. Tutte le teorie aumenteranno il suo desi­
derio di lavorare , non potranno certo diminuirlo. Ma non c'è un la­
voro speciale a questo riguardo, né ci può essere. Si deve capire che
siamo addormentati, e allora si manifesterà questo desiderio.
D. Mi chiedo se tutti i desideri per le altre cose della vita fanno
diminuire il proprio desiderio di lavorare.
O. Non necessariamente. Ci sono molte cose che possiamo avere
dalla vita, e che tuttavia non tolgono nulla al lavoro. E completamen­
te sbagliato pensare che tali cose costituiscano sempre una contrad­
dizione, anche se possono costituire una contraddizione. Si possono
desiderare cose nella vita che in un modo o in un altro rendono im­
possibile il lavoro. Supponiamo che si desiderino cose per le quali
bisogna andare in Nuova Zelanda; non si può averle e continuare a
lavorare a Londra. Ma se le cose che si desiderano sono a Londra,
non c'è nessun motivo per cui non si dovrebbe continuare a lavo­
rare. Bisogna dunque imparare a fare una distinzione tra i desideri.
Alcune cose sono indubbiamente impossibili. È formatorio dividere
le cose della vita dalle cose del lavoro, e poi mettere ogni cosa in­
sieme, come fa lei. Bisogna dividere meglio, capire meglio.
La direzione del lavoro
O. Parlando del lavoro in generale, delle possibilità e della direzione
del lavoro, è stato spiegato quanto segue. Primo, bisogna rendersi con­
to di essere addormentati; secondo, ci si deve svegliare. Se ci si sve­
glia, si può morire. Quando si muore, si può nascere. Questa è la di­
rezione. È utile pensare a questo, capire che cosa significa sonno, che
cosa significa svegliarsi, che cosa significa morire e che cosa significa
nascere. E supponiamo di voler nascere. Non possiamo nascere finché
non moriamo. Non possiamo morire finché non ci svegliamo. Non ci
possiamo svegliare finché non ci rendiamo conto che siamo addormen­
tati. Pertanto ci sono dei passi ben definiti.
D. Che cosa significa 'morire' nel senso in cui lei parla?
O. 'Morire' significa morire, scomparire, non essere, non esistere.
Nel Nuovo Testamento ci sono molti passi in cui è scritto che finché
il seme non muore, non può nascere. È la stessa cosa. È inutile morire
nel sonno, perché allora non si può nascere. Prima ci si deve svegliare.
Ho detto, primo, rendersi conto del sonno; secondo, svegliarsi. Le
altre cose vengono in seguito.
150
Il lavoro
Le tre linee di lavoro
D. Se sono necessarie tre linee di lavoro per lavorare su se stessi e
se le condizioni lo rendono impossibile, che cosa si può fare?
O. Teoricamente, nulla; ma praticamente si può cominciare con
una linea, come in genere si fa, e non sempre è la linea giusta. Poi a
poco a poco si giunge ad avere le tre linee.
D. Ma poi sopravviene l'intervallo e non possiamo continuare.
O. Perché no? Sarà più difficile, ma non si debbono considerare
gli intervalli come parte del fato.
D. Se due persone cercano di aiutarsi a vicenda, questo fa parte
della seconda linea?
O. No. Nella seconda linea non c'è iniziativa. Ma deve esserci una
certa preparazione. Si deve aver compreso la necessità di lavorare con
gli altri. La maggior parte delle persone pensa che sarebbe più facile
lavorare da soli. Quando si comincia a capire che questo è fisicamente
impossibile, che si può lavorare su se stessi solo perché ci sono queste
altre persone, ciò vuol dire che c'è comprensione, ma non è ancora la
seconda linea. Dovete capire che le persone che incontrate vi sono ne­
cessarie come lo stesso sistema. Allora potrete fare qualcosa. Questo
sarà un inizio.
D. Mi sembra impossibile fare la seconda linea di lavoro senza fare
anche la prima, e che la terza linea debba includere anche la prima.
O. Per favore, per favore, per favore, per favore ! Vi ho detto al­
meno diecimila volte di non mischiare le cose teoriche e le cose pra­
tiche. Che cosa intende per seconda linea di lavoro?
D. Lavorare con gli altri.
O. Lavoro significa azione. Se siete nella stessa stanza con altre
persone, questo non è lavoro. Lei non sa che cosa è la seconda linea
di lavoro. Teoricamente, la seconda linea è il lavoro con gli altri. Ma
non significa stare nella stessa stanza con altre persone o fare il loro
stesso lavoro.
Lo sforzo
16 gennaio 1 940
D. Ho sempre pensato che ci sia qualche merito nel fare una cosa
solo perché è sgradevole e non si ha voglia di farla.
O. No. Ci sono molte cose sgradevoli, e si possono fare molti sfor­
zi che sono completamente inutili. Questa è un'osservazione sbagliata .
Il lavoro
151
1 7 gennaio 1940
D. Come posso utilizzare meglio i momenti in cui sento la miraco­
losità del sistema?
O. Fate sforzi più regolari, non sforzi occasionali.
D. Non posso fare volontariamente neppure dei minimi sforzi. Co­
me posso capire pienamente se sarebbe il caso di farli?
O. Non può far nulla a questo riguardo , deve cominciare con pic­
coli sforzi.
8
La volontà
Fare: la legge dell'accidente
27 febbraio 1 935
. . . Ci sono due cose che è importante capire : noi non possiamo 'fare' e
viviamo sotto la legge dell'accidente. Per lo più la gente pensa di po­
ter 'fare', di poter ottenere quello che vuole, e che se non ci riesce,
ciò è soltanto dovuto al caso. Riguardo all'accidente, la gente pensa che
sia molto raro, che nella maggior parte dei casi si tratta di causa ed
effetto. Questo è completamente sbagliato. Bisogna imparare a pensa­
re nel modo corretto. Allora vedremo che tutto accade, e che viviamo
sotto la legge dell'accidente.
Si confondono le ottave con gli incroci. Il punto di incontro delle
ottave è accidentale. Per quanto riguarda il 'fare', è difficile capire che
quando degli uomini costruiscono un ponte, questo non è 'fare'; è so­
lo il risultato di tutti gli sforzi precedenti. È accidentale.
D. Ma se essi vogliono costruirlo e viene costruito?
O. È solo un'apparenza. Dovete pensare al primo ponte che ha co­
struito Adamo e a tutta l'evoluzione del ponte. All'inizio è accidenta­
le: un albero cade attraverso un fiume, poi l'uomo costruisce qualco­
sa di simile, e cosl via , e cosl via. Non si sta 'facendo', una cosa de­
riva dall'altra.
D. Quando le persone cercano di diventare coscienti, ciò non è forse
dovuto a quello che fanno?
O. Sì; e allora si vede che non si può fare. Nel cercare di diventa­
re consapevole, tutto il lavoro dell'uomo è personale. Quando si co­
struisce un ponte, si usa l'esperienza precedente.
D. Inventare non è forse 'fare'?
O. È il risultato di quello che è stato preparato.
D. La cosa che si aggiunge ai tentativi precedenti non è forse la
più importante?
O. È solo una piccola cosa, un'associazione, una supposizione. Anche
le invenzioni sono accidentali.
La volontà
153
D. Volete dire che il ponte è una cosa e lo sforzo un'altra? E che
il concorso di queste due cose è accidentale?
O. No. Sto cercando di dire che se non fosse mai esistito un ponte
in precedenza e se voi ne aveste costruito uno, questo sarebbe 'fare'.
Ma l'edificazione di un ponte è solo un'accozzaglia di accidenti e di
fallimenti.
Lo sforzo
D. Ci viene detto che dobbiamo sforzarci. Che cosa si intende con
sforzo? Secondo il modo di pensare comune, lo sforzo è prodotto dal­
la volontà ed è seguito da un risultato (volontà - sforzo - risultato) .
Come si può conciliare il fatto che 'non si ha volontà', che 'non si può
fare', con quello che 'si debbono fare degli sforzi', 'si deve lavorare
su se stessi', ovvero, che si deve esercitare un'azione energica e inten­
zionale? Che cosa c'è prima e dopo lo sforzo? Lo sforzo considerato
a sé stante non è altro che una parola.
O. È difficile rispondere a tutte queste cose in una volta. La nostra
volontà è semplicemente la risultante dei diversi desideri. La volontà
mostra la direzione. Nell'uomo comune la volontà segue un percorso
a zigzag, o gira in cerchio. La volontà mostra la direzione degli sforzi .
Gli sforzi costituiscono il nostro denaro. Dobbiamo pagare con lo sfor­
zo. In base all'intensità dello sforzo e alla sua opportunità (al fatto,
cioè, che sia il momento giusto per lo sforzo, oppure no) , si ottengo­
no risultati. Lo sforzo ha bisogno di conoscenza, della conoscenza dei
momenti nei quali può essere utile. Quando l'ottava agisce in quanto
tale, lo sforzo non può essere di nessun aiuto. Ci vuole una lunga pra­
tica per imparare a produrre e ad attuare gli sforzi.
D. Lei parla di fare sforzi. Ciò che se ne trae è che il desiderio di
fare sforzi dovrebbe manifestarsi solo in certe occasioni, di tanto in
tanto.
O. Non il desiderio, ma la comprensione della necessità.
D. Qual è il momento giusto per fare sforzi?
O. Gli sforzi che si possono fare sono sforzi di osservazione di sé
e di ricordo di sé. Quando si sente parlare degli sforzi, si pensa agli
sforzi per fare. Ma questi sarebbero sforzi a vuoto, sbagliati. Invece,
lo sforzo dell'osservazione di sé e del ricordo di sé è giusto, perché
può dare risultati appropriati.
D. E allora, com'è possibile per un uomo cambiare?
O. Egli non può cambiare finché rimane sottoposto alle leggi della
vita meccanica. L'inizio delle possibilità comincia con il primo gradino
(nel diagramma di 'La Vita, la Scala e la Via') .
154
La volontà
Chi è l'uomo n. 4 ?
L'uomo n . 4 h a una direzione.
È un uomo che comincia a lavorare al di fuori delle leggi?
Tutto questo riguarda i gradi. Un uomo che vive nel circolo
esterno è sottoposto alla legge dell'accidente. Oppure, se un uomo è
dotato di un tipo o di un'essenza molto pronunciati, la sua vita è sotto­
posta alle leggi del suo tipo, o alle leggi del fato. Ma questo non è un
vantaggio. Quando un uomo comincia a lavorare in direzione della con­
sapevolezza, questo crea in lui una quantità di nuove triadi (nuove
azioni) . E questo vuoi dire un cambiamento, forse non percettibile, ma
dal punto di vista cosmico è un cambiamento.
Solo gli sforzi individuali possono aiutare un uomo a passare dal cir­
colo esterno al circolo esoterico. Ciò che riguarda un uomo nel circolo
esterno, non riguarda un uomo che ha iniziato a lavorare. Questi è sot­
toposto a leggi differenti, o meglio, leggi differenti cominciano a in­
fluenzare l'uomo che inizia a lavorare.
Ciascun circolo è sottoposto a leggi differenti.
D.
O.
D.
O.
L'ostinazione: rinunciare alla propria volontà
10 ottobre 1 935
O. Per quanto riguarda l'idea di rinunciare alla propria volontà :
più che altro è un modo di dire. Gli uomini l , 2 e 3 non hanno una
volontà, in loro ci sono soltanto ostinazione e caparbietà. Cercate di
capire che cosa significa. La caparbietà consiste nel volere o nel fare
qualcosa che è proibito, proprio perché è proibito. L'ostinazione si ha ,
per esempio, quando non riusciamo a fare qualcosa e rifiutiamo l'aiuto
che ci viene offerto, dicendo : " No, voglio fare da me " . Questi sono i
due tipi di volontà che abbiamo. Sono basati sull'opposizione. La ve­
ra volontà dipende solo dalla consapevolezza, dalla conoscenza e da
un 'io' permanente. Noi, così come siamo, non abbiamo la volontà.
Abbiamo solo ostinazione e caparbietà. La nostra volontà è la risultante
dei desideri. I desideri possono essere molto ben mascherati. Per esem­
pio, un uomo vuole criticare qualcuno, e definisce il suo atteggiamen­
to sincerità. Ma il desiderio di agire così può essere tanto forte che
egli deve fare uno sforzo realmente grande per fermarlo, e un uomo
non può fare veri sforzi da solo .
Per creare la volontà, l'uomo deve cercare di coordinare ogni singola
azione alle idee del lavoro; per ogni azione deve chiedersi: come sarà
dal punto di vista del lavoro? È utile o dannoso per me o per il lavo­
ro? Se non lo sa, può chiedere. Se un uomo è stato a lungo nel lavo-
La volontà
155
ro, praticamente non c'è una sua sola azione che non riguardi il lavo­
ro, non ci sono azioni indipendenti. Pertanto non si è liberi, nel senso
che non si può agire avventatamente e senza discriminare. Prima di
agire, si deve pensare. Se non si è sicuri, si può chiedere. Questo è
il solo metodo che permette di creare la volontà.
E per tale scopo è necessaria l'organizzazione della scuola. Senza una
scuola non si può far nulla.
D. Che cosa significa rinunciare alla volontà?
O. Significa rinunciare alla puerilità, all'inefficienza, alla menzogna.
16 ottobre 1 935
D. C'è una legge per cui se si rinuncia alla propria ostinazione, si
ottengono sempre le cose desiderate? È quello che accade sempre nel
mio caso : se voglio qualcosa e sento una tremenda opposizione da par­
te degli altri, quando rinuncio al desiderio ottengo il risultato desiderato .
O. Questa non è ostinazione. Lei ha considerato alcune cose come
scontate. Ha reso definite le cose indefinite , e ha reso indefinite le co­
se definite. Che cos'è l'ostinazione? Non riguarda tutto quello che si
vuole. Se ho fame e voglio mangiare, ciò non ha nulla a che fare con
l'ostinazione. L'ostinazione è una particolare volontà: è preferire di
agire da soli; nel nostro caso consiste nel non prendere in conside­
razione il lavoro e i principi del lavoro. Noi stiamo parlando dei prin­
cipi del lavoro e dell'ostinazione. Possiamo fare le cose a modo nostro,
oppure no. Se la mia ostinazione si manifesta nell'imprecare, e io vi
rinuncio perché ciò va contro i principi del lavoro, dove sono i risul­
tati desiderati di cui lei parla?
D. Come possiamo lavorare contro l'ostinazione? È possibile per
noi, così come siamo, riconoscere i momenti in cui abbiamo una reale
volontà?
O. Non può parlare di una reale volontà, perché non la possiamo
avere. Tutto ciò che abbiamo sono l'ostinazione e la caparbietà, o vo­
lontà limitate che cambiano continuamente. La volontà reale è una me­
ta molto lontana; dipende da un 'io' permanente, dalla consapevolezza
e dall'individualità. E noi non l'abbiamo. Per quanto riguarda come si
possa lavorare contro l'ostinazione, potete studiare il sistema. Il siste­
ma avanza alcune richieste circa le cose che dovete o non dovete fare .
Per esempio, non dovete parlare, perché altrimenti direte solo bugie.
Non potete parlare del sistema prima di conoscere e di capire. Così, sin
dall'inizio, entrate in contatto con idee del lavoro che si contrappon­
gono all'ostinazione. Se vi dimenticate del lavoro, non potete lavorare
contro l'ostinazione. L'unico modo per combattere l'ostinazione è ri-
156
La volontà
cordate il lavoro. Può darsi che in un certo momento il lavoro non
abbia nulla a che fare con tutto ciò, ma in un altro momento si sarà
obbligati a prenderlo in considerazione, e allora si capirà che cosa signi­
fica rinunciare all'ostinazione. Chiedetevi: è giusto oppure no dal pun­
to di vista del lavoro? Questa è lotta contro l'ostinazione.
D. Potrebbe dare più spiegazioni riguardo alla rinuncia dell'ostina­
zione in favore della volontà, e a come sia possibile favorire l'inizio di
questo processo?
O. Rinunciare alla volontà è un'espressione alquanto sbagliata. Se­
condo il modo di pensare ordinario ciò implica tre cose. La prima im­
plicazione è che la rinuncia alla volontà sia una cosa permanente. " Se
rinunciamo alla nostra volontà, che cosa ci rimane? " . Ma le persone
non hanno una volontà a cui rinunciare. Nel migliore dei casi, la vo­
lontà può esistere solo per pochi minuti. Pertanto si può rinunciare
non a tutta la volontà ma solo a pochi minuti di essa. E se qualcuno
a cui si affida la propria volontà, accetterà di riceverla, ne riceverà
solamente tre minuti. La volontà è misurata dal tempo. Si può rinun­
ciare solo a un momento di volontà .
La seconda implicazione è che rinunciare alla volontà significhi fare
qualcosa che non si vuoi fare, mentre nella maggior parte dei casi si
tratta di non fare quello che si vorrebbe fare. È una cosa assai dif­
ferente.
La terza cosa è evitare di pensare per estremi, di immaginare i casi
più difficili. Cominciate con i casi più semplici e ordinari. Rinunciare
alla volontà significa semplicemente ricordarsi del lavoro, dedicarla al­
le richieste, ai principi e alle regole del lavoro. Cosl si impara a crea­
re la volontà, e questo è il metodo per svilupparla. Rinunciare alla vo­
lontà in realtà significa svilupparla.
D. Per quel che capisco, bisogna rinunciare all'ostinazione degli 'io'
temporanei, e la resistenza a questa ostinazione deve venire dall' 'io'
osservatore. L' 'io' osservatore è l'embrione dell' 'io' permanente?
O. L' 'io' osservatore è l'embrione dell' 'io' permanente, ma non ha
volontà. Non ha una volontà che possa opporsi all'ostinazione. Che co­
sa si può opporre all'ostinazione? Ci sono solo due cose che possono
contrapporsi : il lavoro e l'ostinazione. L'ostinazione vuole parlare, ma
c'è una regola contro il parlare. Nasce una lotta e il risultato dipende
da quale di queste due forze vincerà.
D. Smettere di esprimere le emozioni negative non è più o meno la
stessa cosa che rinunciare alla caparbietà?
O. Perché vuole trasformare una cosa in un'altra? La caparbietà
può avere molte forme che non hanno un rapporto preciso con le emo­
zioni negative.
La volontà
157
1 7 ottobre 1935
D. Rinunciare all'ostinazione implica rinunciare alla propria capacità
di giudizio?
O. Dipende. Che cosa significa rinunciare alla volontà? Come ci
si può riuscire? È molto importante ricordare quello che dico. Si pos­
sono commettere tre errori a questo riguardo. Il primo consiste nel
pensare che si tratti di un atto definitivo : si rinuncia alla volontà e
non si ha più volontà. Questa è un'illusione, perché non abbiamo una
volontà tale che possiamo rinunciarvi. I nostri sprazzi di volontà dura­
no non più di tre minuti. La volontà è misurata dal tempo. Se in una
occasione rinunciamo a tre minuti di volontà, domani ci ritroveremo
con altri tre minuti di volontà. La rinuncia alla volontà è un processo
continuo, non è un'azione. Una singola azione non significa nulla.
La seconda cosa è ricordare i principi per i quali avete rinunciato
alla volontà; per esempio, ricordare le regole. Ad esempio, c'è la re­
gola di non parlare del sistema; il desiderio naturale è di parlare. Se
vi sapete controllare, ciò vuoi dire che rinunciate alla vostra volontà
e obbedite a questa regola. Ci sono molti altri principi che per essere
seguiti richiedono la rinuncia alla propria volontà.
D. Rinunciare alla propria volontà significa non agire se non si è
compreso?
O. Vedete, ritorniamo alle solite cose. Spesso si pensa che rinun­
ciare alla volontà significhi fare qualcosa. Ma raramente è cosl. Nella
maggior parte dei casi viene detto di non fare qualcosa. C'è una gran­
de differenza. Per esempio, si vuoi dire a qualcuno che cosa si pensa
di lui, e non si deve farlo. È una questione di addestramento. La vo­
lontà può crescere se si lavora su se stessi e si costringe la propria vo­
lontà a obbedire ai principi del lavoro. Le cose che non riguardano il
lavoro non possono essere messe in relazione con esso. Ma più si en­
tra nel lavoro, e maggiore è il numero delle cose che cominciano a
essere collegate a esso. Per questo però c'è bisogno di tempo.
La volontà
Di solito abbiamo una cattiva volontà. Molto raramente siamo dota­
ti di buona volontà. Non si sa come pensare a questo problema. Da
una parte si comprende di essere macchine, ma il momento successivo
si vuole agire secondo le proprie opinioni personali. Allora, in quel
preciso momento bisogna essere capaci di fermarsi, di non fare quello
che si vorrebbe fare. Ma questo non riguarda i momenti in cui non si
158
La volontà
vuole far nulla. È solo quando si scopre che si sta andando contro le
regole, o i principi, oppure contro ciò che è stato detto di fare, che
si deve essere capaci di fermarsi. Accade spesso che le persone conti­
nuano a studiare ma non si accorgono di questi momenti. Credono
che stanno lavorando quando non succede nulla, e se si presentano
questi momenti, non se ne accorgono. Il lavoro non può essere sempre
lo stesso. In certi momenti sono sufficienti le teorie, lo studio passivo .
ln altri momenti è necessario opporsi alle proprie tendenze, fermarsi .
Noi non possiamo fare
1 1 gennaio 1 939
O. È importante ricordare che non possiamo fare niente. Se ricor­
date questo, ricorderete molte altre cose. Generalmente, ci sono tre o
quattro ostacoli principali, e se non si cade a causa di uno di questi
si cadrà a causa di un altro. Uno di questi ostacoli è il fare. Ci sono
alcuni principi fondamentali che non devono essere mai dimenticati.
Per esempio, che si deve badare a se stessi e non agli altri; che non
si può far nulla da soli e che si può cambiare solo con l'aiuto del si­
stema, dell'organizzazione, e grazie al lavoro personale e allo studio
del sistema. Si debbono scoprire queste cose e bisogna ricordarsene.
D. Come si può essere sicuri di ricordarle?
O. Immaginate di cominciare a progettare di fare qQalcosa. Solo
quando cercate realmente di fare qualcosa in modo diverso da come so­
litamente accade, capite che è assolutamente impossibile fare altrimen­
ti. Per cambiare anche una sola piccola cosa è necessario uno sforzo
enorme. Ma finché non si prova non si potrà mai capire. Non si può
cambiare niente, se non per mezzo del sistema. Questo generalmente
viene dimenticato. Metà delle domande riguardano sempre il fare : co­
me cambiare questo, come distruggere quello, come evitare quell'altro,
e così via.
D. Ci può spiegare più chiaramente l'importanza di ricordarci che
non possiamo fare?
O. Ogni cosa accade. Non si può far nulla. Dal momento della no­
stra nascita al momento della nostra morte le cose accadono, e conti­
nuano ad accadere, mentre noi pensiamo che stiamo facendo . Questa
è la nostra normale e ordinaria situazione nella vita, e perfino la più
piccola possibilità di fare qualcosa si presenta solo per mezzo del lavo­
ro, e dapprima riguarda soltanto se stessi, non il mondo esterno. An­
che in se stessi il fare molto spesso inizia con il non fare. Prima di
poter fare qualcosa in cui non si riesce, non si debbono fare molte cose
La volontà
159
che prima si facevano. Non ci si può svegliare desiderando semplice­
mente di svegliarsi, ma si può impedire a se stessi, per esempio, di dor­
mire troppo a lungo, o altre cose di questo genere.
D. Qualche volta si ha una possibilità di scelta tra due possibili
avvenimenti?
O. Solo nelle cose molto piccole. E anche in questo caso, se si nota
che le cose stanno andando in un certo modo e si decide di cambiar­
le, si scoprirà che ciò è terribilmente faticoso. E pertanto si ritorna
alle solite cose.
D. Quando si comincia realmente a capire che non si può fare, si
ha bisogno di molto coraggio. Lo si può trovare se ci si libera della
falsa personalità?
O. Non si giunge subito a questa comprensione. Essa viene dopo
un certo periodo di lavoro su di sé, in modo che quando si giunge a
questa comprensione, si sono già comprese molte altre cose , e prin­
cipalmente che c'è modo di cambiare, se si fa uso dei mezzi giusti nel
luogo giusto e nel momento giusto. Ma bisogna avere questi mezzi, che
possono essere offerti solo dal lavoro. È molto, molto importante giun­
gere a questa comprensione, perché senza di essa non si faranno le
cose giuste e si troveranno solo giustificazioni.
D. Non ho capito che cosa intendeva quando ha detto che se non si
è giunti a questa comprensione si troveranno giustificazioni.
O. Non si vuole rinunciare a questa idea di poter fare, e anche se
si comprende che le cose accadono, si trovano giustificazioni. " Questo
è accidentale, ma domani sarà diverso " . Ecco perché non possiamo ca­
pire questa idea. Per tutta la vita vediamo che le cose accadono ma
continuiamo a spiegare questo fatto come un incidente, come un'ecce­
zione alla regola che per noi è possibile 'fare'. O dimentichiamo, o
non vediamo, o non facciamo abbastanza attenzione. Pensiamo sempre
che da un momento all'altro potremo cominciare a fare. Ecco come si
pensa comunemente a questo riguardo. Per avere un esempio, potete
ripensare alle occasioni in cui avete cercato di fare qualcosa e non ci
siete riusciti, e quindi avete spiegato il vostro fallimento come un inci­
dente, un'eccezione.
Se le cose si ripetono, vi credete di essere di nuovo in grado
di fare, e se vi trovate di fronte a un altro fallimento, questo sarà an­
cora soltanto un incidente. È molto utile riesaminare la propria vita
da questo punto di vista. Volevate una cosa ed è accaduta una cosa di­
versa. Se siete sinceri lo vedete. Se non lo siete, vi persuaderete che
quello che è accaduto è esattamente ciò che volevate.
D. È possibile forzare una situazione?
O. In certi casi può sembrare che sia cosl, ma in realtà le cose sono
160
La volontà
già accadute. Se non fossero accadute in quel modo, non sarebbero acca­
dute. Quando le cose accadono in un certo modo noi siamo trasportati
dal corso degli eventi, ma crediamo di essere noi a dirigerlo.
D. Se per un momento ci si sente capaci di fare, per esempio, di
assolvere un compito particolare nel lavoro ordinario, come si può spie­
gare?
O. Se si è abituati a fare qualcosa, si impara a seguire un certo ti­
po di avvenimenti, o, se si vuole, a iniziare un certo tipo di avveni­
menti, poi questi si sviluppano , e non si fa che seguirli, anche se si
crede che li si sta guidando.
D. Se avessimo il giusto atteggiamento. . .
O . No, l'atteggiamento non ha nulla a che fare con questo. L'atteg­
giamento può essere quello giusto, la comprensione può essere corretta,
ma si troverà ancora che le cose succedono in un certo modo, qualun­
que esse siano. È molto utile ricordare i casi in cui si è cercato di fare
diversamente, e come si è sempre dovuti ritornare alle solite cose.
Anche se si era riusciti a deviare leggermente dal corso usuale, ci sono
forze enormi che riportano alle vecchie abitudini.
D. Quando lei dice che non possiamo impedire che succedano le
stesse cose, intende dire fino a che il nostro essere non è cambiato?
O. Non mi stavo riferendo al lavoro. Ho detto che è necessario ca­
pire che noi non possiamo fare, da soli. Quando lo avremo pienamen­
te compreso, potremo pensare che cosa è possibile fare, quali condi­
zioni, quale conoscenza e quale aiuto siano necessari. Ma prima biso­
gna rendersi conto che, nella vita comune, è impossibile fare qualcosa
in modo diverso. Soltanto quando lo si è compreso a livello emotivo
si può procedere. Finché non si è completamente certi, è impossibile
continuare.
D. Quando diventiamo consapevoli delle personalità contraddittorie
che sono in noi, vorremmo prendere soluzioni drastiche in proposito
Che cosa si può fare?
O. Per potere fare qualcosa, bisogna quasi sempre sapere di più,
specialmente nel caso delle contraddizioni. Per esempio, incontro spes­
so questo caso: qualcuno dice di sapere che cosa non va in lui, e vuo­
le fare qualcosa perché sia eliminato. Dopo aver parlato un po' con
questa persona mi rendo conto che essa in realtà non vuole cambiare
quanto dice.
Quando si vuole realmente fare qualcosa, se ne troverà il modo, ma
talvolta sono necessarie conoscenze speciali. Si può essere consapevoli
di certe contraddizioni, si può volerle eliminare, ma esse continuano
a rimanere. Talvolta è necessario sapere come si deve fare.
La volontà
161
Fare
1 7 gennaio 1 940
D. La piena comprensione che non si può far niente non è già un
grande passo in avanti in direzione del fare?
O. Talvolta è un passo troppo lungo, perché ci si rende conto di
non poter fare qualcosa che si sarebbe dovuto fare, e quando lo si ca­
pisce è troppo tardi.
(
9
Le leggi alle quali è sottoposta la vita dell'uomo
La giustizia, la natura, la fuga
27 giugno 1935
O. Ritorniamo al problema della giustizia. È interessante dal punto
di vista del linguaggio. Che cosa è la giustizia?
D. Qualcosa che è imparziale nei confronti sia di una persona che
di un'altra.
O. Chi sarebbe imparziale? Come possibilità, questo è accettabile.
Se si considerano le cose in generale, è pura fantasia. Dimenticate che
la vita organica è basata sull'assassinio. Una cosa mangia l'altra: gatti
e topi. Che cosa è la giustizia per i gatti e i topi? Questa è la vita.
Non vi è nulla di bello. Dunque, dov'è la giustizia?
D. Perché si pensa che la natura sia bella, se è così che funziona?
O. Che cosa è bello? Ciò che piace.
D. Come può Dio essere amore, se Egli ha creato la natura in
questo modo?
O. Per un certo scopo. Inoltre, che cosa intendete con natura? An­
che un terremoto è natura. Ma per il momento applichiamo il termine
di 'natura' solo alla vita organica. Evidentemente è stata creata così
perché non c'era altro modo. Come possiamo chiedere il perché? È sta­
ta fatta così. Se non ci piace, dobbiamo studiare metodi per sfuggire
da essa. Questa è l'unica possibilità. Ma non dobbiamo immaginare che
sia bella. Non dobbiamo pretendere che i fatti siano diversi da come
sono.
D. Ha intenzione di mettere l'uomo sullo stesso livello del resto
della vita organica?
O. Non c'è nessuna differenza, se non che gli altri esemplari sono
pienamente sviluppati, mentre l'uomo è sviluppato solo a metà.
D. L'uomo può andare oltre la legge dell'assassinio?
O. C'è la possibilità di sfuggire a tale legge.
D. In quali modi si può sfuggire all'assassinio?
Le leggi alle quali è sottoposta la vita dell'uomo
�
163
O. L'uomo è sottoposto a 1 92 leggi. Può certamente sfuggire ad
alcune di esse.
D. Avete detto che gli uomini sono responsabili per quello che
fanno mentre gli animali non lo sono?
O. Gli uomini n. l, 2 e 3 sono meno responsabili; gli uomini n. 4,
e quelli dei livelli successivi, sono più responsabili. La responsabilità
aumenta.
D. Che cosa significa responsabilità?
O. Per prima cosa, l'animale non ha nulla da perdere, ma l'uomo
sì. Inoltre, una volta che ha incominciato a crescere, l'uomo deve pa­
gare per ogni errore che compie.
D. Questo implica una giustizia.
O. No, non si può chiamare giustizia il fatto che si deve pagare per
i propri errori.
D. Giustizia non significa ricevere ciò che si merita?
O. Quasi tutti sono convinti che essa consista nell'ottenere ciò che
si vuole e non ciò che si merita. Giustizia significa una certa correla­
zione tra azioni e i risultati delle azioni. E questo certamente non esi­
ste, e non può esistere, sotto la legge dell'accidente. Una volta che sia­
mo venuti a conoscenza delle leggi principali, ci rendiamo conto di
vivere in un posto molto brutto, in un posto che è davvero molto
brutto. Ma dal momento che non possiamo essere altrove, dobbiamo
capire che cosa possiamo fare in questa situazione. Però non dobbiamo
immaginare che le cose siano migliori di quello che sono.
D. Le cose rimarranno così come sono fino a che tutti non saran­
no divenuti consapevoli?
O. Le cose rimarranno così come sono, ma si può sfuggire a esse.
È necessaria molta conoscenza per sapere a che cosa si può sfuggire
e a che cosa non si può sfuggire. Ma la prima lezione che dobbiamo
imparare, la cosa più importante che ci impedisce di sfuggire, è che
non ci rendiamo neppure conto della necessità di conoscere la nostra
situazione. Chi ne è consapevole, si trova già in una situazione mi­
gliore.
La prigione
D. Prima ha detto che se non riusciamo a uscire dalla prigione in
una vita, non ne potremo più uscire. Che cosa intende per prigione?
O. Una prigione è una prigione. Gli stessi principi valgono per
tutte le prigioni. Una volta che siete sepolti, è troppo tardi per fare
qualcosa. Da un altro punto di vista, se non si è fatto niente in una
164
Le leggi alle quali è sottoposta la vita dell'uomo
vita, si raddoppia la possibilità di non fare niente in quella successi­
va. Il principio è che si può sempre fare domani quello che non si è
fatto oggi. Se si rafforza questo principio, lo si farà dopodomani.
D. Uscire dalla prigione significa sfuggire ad alcune delle leggi alle
quali è sottoposta la vita umana?
O. C'è una sola legge alla quale si deve sfuggire. E se lei chiede
quale, risponderò: "Questo è formatorio, questo è formatorio! ".
Le leggi
D. Le leggi che governano il nostro mondo, la vita organica, sono
più o meno di 48?
O. Secondo il diagramma del Raggio di Creazione, 48 leggi gover­
nano la terra, come la gravità e cosl via. Le leggi alle quali è sottoposta
la vita sulla terra sono moltissime, il movimento, le leggi fisiche, le
leggi chimiche. La vita organica è governata da 96 leggi.
D. Come la luna?
O. Il numero delle leggi è lo stesso ma le manifestazioni sono com­
pletamente differenti. La vita organica non è simile alla luna. La lu­
na è un corpo cosmico, la vita organica è uno strato sottile che ri­
copre la superficie della terra. Il numero delle leggi mostra solo il gra­
do di relatività di un dato elemento, ma non il suo essere o la sua con­
sistenza, pertanto non ci sono somiglianze.
D. Potrebbe dare un esempio di una legge?
O. Molte di esse le conoscete. Prendete l'uomo: egli è sottoposto
alle leggi fisiche, alle leggi biologiche, alle leggi fisiologiche che sono
proprie dell'uomo, come la temperatura, il clima, eccetera. Conosciamo
alcune di queste leggi, ma ci sono molte leggi delle quali non sappia­
mo nulla. Ci sono leggi cosmiche che non appartengono alle tre leggi
della terra; esse sono in relazione a un campo di azione più grande e
governano cose che, dal nostro punto di vista, sembrano banali e in­
significanti. Per esempio, c'è una legge precisa per la quale ogni classe
di esseri viventi può mangiare solo un certo tipo di cibo (da una certa
densità a una certa densità). L'uomo può mangiare cose che vanno da
una certa densità a una certa densità, che sono comprese tra una certa
qualità e un'altra. Ed egli non può cambiare questa legge, cosl come
non può cambiare l'aria che respira o la temperatura alla quale può
esistere. Ci sono molte cose simili, e sono tutte leggi alle quali è sotto­
posta la vita dell'uomo. Ma ci sono molte altre cose che non possiamo
conoscere; ci sono molte cose che non sappiamo riguardo alle condizio­
ni in cui viviamo.
Le leggi alle quali è sottoposta la vita dell'uomo
165
D. Lei ha detto che mentre progrediamo dovremmo eliminare alcu­
ne delle leggi? Ha detto che l'uomo è sottoposto a 96 leggi.
O. Ho detto che la vita organica è sottoposta a 96 leggi. La vita
dell'uomo è sottoposta a un numero assai maggiore di leggi. Alcune
sono leggi biologiche, fisiche, e così via, poi ci sono leggi molto sem­
plici, come l'ignoranza, per esempio. Noi non conosciamo noi stessi:
questa è una legge. Se iniziamo a conoscere noi stessi, ci liberiamo di
una legge. Non possiamo sapere che questa è una legge, questa è un'al­
tra legge, questa è una terza legge. Per molte di esse non abbiamo nomi.
Tutti gli uomini sono sottoposti alla legge dell'identificazione. Questa
è una legge. Coloro che cominciano a ricordarsi di se stessi possono
liberarsi della legge dell'identificazione. In tal modo possiamo cono­
scere le leggi. È necessario conoscere, capire a poco a poco la natura
delle leggi dalle quali ci si può liberare. Quindi si deve cercare di libe­
rarsi da una legge, poi da un'altra. Questo è il modo di studiarle in
pratica.
D. Di che cosa dobbiamo liberarci?
O. Ci si può liberare dell'identificazione, delle emozioni negative,
dell'immaginazione...
D. Queste non sono abitudini?
O. Le abitudini sono suddivisioni più limitate. Le leggi ci gover­
nano, ci controllano, ci dirigono. Le abitudini non sono leggi.
D. Intende dire che sulla terra dobbiamo essere sottoposti a que­
ste leggi?
O. Non è che possiamo cadere o non cadere in loro potere. Non
ce lo chiedono, siamo incatenati.
D. Ma possiamo liberarci?
O. Sì, ma a certe condizioni. A questo punto entrano in scena le
vie, le quattro vie sono vie di liberazione dalle leggi superflue. Senza
scuole è impossibile sapere da quali leggi ci si può liberare, o come tro­
vare il modo di liberarsene. L'idea è che noi siamo sottoposti a molte
leggi meccaniche. Si può giungere a liberarsi da alcune di queste leggi
sottoponendosi ad altre. Non c'è altro modo. Per sfuggire al potere di
una legge, ci si deve sottomettere a un'altra legge. Questa è l'idea, in
generale. La via può essere mostrata, ma si deve lavorare da soli.
D. Ogni successo personale è il risultato di uno sforzo contro il
fato?
O. Il fato può essere favorevole oppure no. Bisogna conoscere il
proprio fato. Ma questo non ci può liberare. Perciò ci sono le vie.
Le quattro vie sono modi per liberarci dalle leggi. Ma ciascuna ha le
proprie caratteristiche. Nelle tre vie tradizionali il primo passo è il
più difficile. Nella Quarta Via si resta nelle stesse condizioni, e si de-
166
Le leggi alle quali è sottoposta la vita dell'uomo
ve cambiare in queste condizioni. Queste condizioni sono le migliori
per noi, perché sono le più difficili.
Commentario al diagramma del cibo
4 luglio 1939 (vecchia versione)
O. È importante capire che il Diagramma del Cibo o Diagramma
della Nutrizione in realtà consiste in tre differenti fasi.
La prima fase mostra come accadono le cose nel comune uomo nor­
male: l'ottava del cibo compie tutto il cammino da do 768 a si 12; ci
sono tre note dell'ottava dell'aria e una nota dell'ottava delle impres­
sioni.
La seconda fase mostra che cosa succede quando si è già manifesta­
ta una certa quantità di ricordo di sé: do 48 (le impressioni) viene
trasformato in re 24, e re 24 si trasforma in mi 12. Si 12 (dell'ottava
del cibo) è già presente al piano inferiore. L'ottava dell'aria in mi 48
riceve uno shock dall'ottava delle impressioni e diventa fa 24, che vie­
ne poi trasformato in sol 12. Sol 12 è trasformato in la 6 e persino
in si 3. Ma dovete capire che la comune aria che respiriamo non può
contenere una grande quantità di questi idrogeni superiori. Il signifi­
cato chimico e la formula chimica di questo processo sono noti. L'aria
è satura di idrogeni superiori che, in certi casi, sono assorbiti dall'or­
ganismo nel corso della respirazione. Ma si deve capire che in ogni ca­
so la quantità di questi idrogeni superiori è molto limitata.
La terza fase mostra che cosa succede quando un secondo shock con­
scio è dato al posto giusto. Il primo shock conscio è necessario in do
48. Il secondo shock conscio occorre quando il mi 12 dell'ottava delle
impressioni e il si 12 dell'ottava del cibo si sono fermati nel loro svi­
luppo e non possono più procedere da soli. Anche se esistono carbonii
nell'organismo che potrebbero aiutarli a essere trasformati, essi si tro­
vano lontanissimi e non possono essere raggiunti, perciò è necessario
un altro sforzo. Lo sforzo deve iniziare da mi 12, quindi si deve com­
prendere che cosa è mi 12 psicologicamente. Possiamo chiamarlo le
nostre emozioni ordinarie, cioè tutte le forti emozioni che possiamo
avere. Allorché le nostre emozioni raggiungono un certo grado di in­
tensità, c'è mi 12. Ma in realtà solamente le nostre emozioni spiacevoli
raggiungono mi 12; le nostre emozioni piacevoli ordinarie raggiungono
difficilmente mi 12, rimangono 24. Ma le nostre emozioni spiacevoli
possono raggiungere mi 12; non è che esse siano realmente mi 12, ma
sono basate su mi 12, hanno bisogno di mi 12 per poter essere prodot­
te. Pertanto questo secondo sforzo è lavoro sulle emozioni negative.
Le leggi alle quali è sottoposta la vita dell'uomo
167
È importante capire dove sono necessari gli shock consci, perché se
lo comprendete, ciò vi aiuterà a comprendere parecchie altre difficol­
tà nel Dia,gramma del Cibo.
Dovete anche comprendere che queste tre ottave non sono di egual
forza. Se prendete la forza dell'ottava del cibo, vedrete che dà alcuni
risultati, alcuni effetti che possono essere misurati; può essere capita.
Sebbene la materia presa dall'aria abbia una parte importantissima,
l'ottava dell'aria rappresenta una quantità molto piccola, mentre l'ot­
tava delle impressioni può avere un enorme significato in relazione al
ricordare se stessi, agli stati di consapevolezza, alle emozioni, e cosl
via. Possiamo dire che il rapporto tra le tre diverse ottave non è
uguale, perché una ha più sostanza, e un'altra ha pochissima sostanza.
D. Lo sforzo di controllare l'attenzione agisce come primo shock
conscio, portando il carbonio 12 a do 48?
O. No. Non è sufficiente. Ci deve essere il ricordo di sé , anzi il ri­
cordo di sé unito all'osservazione di sé, due attività. Questo è ciò che
produce la consapevolezza. Voglio dire che si cerca di divenire consa­
pevoli e in questo modo si dà uno shock. Si cerca di diventare più con­
sapevoli di se stessi e del proprio ambiente, di ogni cosa. Che cosa
significa la parola 'consapevolezza'? Significa 'conoscere unitamente'.
D. Possiamo sapere di più riguardo al carbonio 12? Da che fonte
proviene?
O. Non è la fonte che è importante. Ciò che è importante è come
farlo venire. Non importa da dove viene, perché non possiamo veder­
lo, non possiamo trovarlo, né sappiamo dove sia questo posto. Indub­
biamente, il carbonio 12 normalmente viene dal centro emotivo, e la
materia con cui il centro emotivo funziona è l'idrogeno 12; ma esso
vi affluisce o vi viene portato soltanto dal ricordo di sé e dall'osser­
vazione di sé. Dunque è il metodo che è importante, non la fonte di
provenienza.
D. Sembra che nello stato ordinario dell'uomo non ci sia carbonio 12.
O. Ce n'è pochissimo, cosl poco che è appena sufficiente per la vita,
ma non abbastanza per lo sviluppo.
D. Qual è la fonte potenziale dell'emozione positiva?
O. Mi 12, in unione con uno sforzo speciale, può produrre l'emo­
zione positiva.
D. Qual è il secondo shock cosciente che cambia il carattere della
fabbrica chimica?
O. Se vuole, posso dirle qual è, ma non servirà a niente, perché è
esattamente quello che non possiamo fare. È la trasformazione delle
emozioni negative in emozioni positive. Ciò è possibile solo dopo un
lungo lavoro sul ricordo di se stessi, quando si può essere consapevoli
168
Le leggi alle quali è sottoposta la vita dell'uomo
per un tempo sufficientemente lungo, e quando il centro emotivo su­
periore comincia a funzionare. Dunque, si trova vicino al livello del­
l'uomo n. 5. È ciò che ci porta al livello di uomo n. 5. Ed è molto lon­
tano da dove ci troviamo ora.
D. Qual è il rapporto tra le emozioni negative e la Tavola del Cibo?
O. È difficile rispondere, perché le due cose appartengono a linee
di studio differenti. Noi studiamo le emozioni negative solo psicologi­
camente, non abbiamo bisogno del Diagramma del Cibo per studiarle.
Nella maggior parte dei casi, mi 1 2 corrisponde all'emozione negativa.
È molto raro che abbiamo una percezione di mi 1 2 che non sia ne­
gativa.
D. C'è qualcosa di sbagliato in mi 12?
O. No , in se stesso non ha nulla di sbagliato, ma in ogni momen­
to può diventare negativo.
D. Possiamo avere un certo controllo delle impressioni?
O. Si può ottenere il controllo solo con l'aiuto del ricordo di sé.
Più ci si ricorda di se stessi, maggiore è il controllo che si ha. Se ci
si ricorda di se stessi a sufficienza, si possono arrestare certe impressio­
ni, ci si può isolare, le impressioni verranno ma non potranno penetra­
re in voi; e ci sono altre impressioni alle quali ci si può aprire, ed esse
verranno senza alcun indugio. Tutto dipende dal ricordo di sé.
D. All'inizio lo sforzo per ricordarsi di sé sembra ridurre le im­
pressioni.
O. Non possono essere ridotte, solo aumentate, se è ricordo di sé.
Se si tratta del pensare al ricordo di sé, si può avere l'impressione che
diminuisca alcune impressioni.
D. Non capisco come le impressioni possano essere cibo. Avrei pen­
sato che avessero qualcosa a che fare con la consapevolezza.
O. La ricezione delle impressioni è accompagnata da una certa ener­
gia. Tutta l'energia che si riceve è cibo.
D. Ci può dire qualcosa di più riguardo ai diversi tipi di impressioni ?
O. Potete imparare molto di più osservando che facendo domande,
perché siete voi che sapete che cosa vi attrae di più, che cosa vi attrae
di meno, che cosa vi ripugna e cosl via, e certamente ci sono molte
cose puramente soggettive. Alcuni sono attratti da una cosa e altri la
trovano repellente. Ci sono impressioni che vanno al centro intellet­
tuale, impressioni che vanno al centro emotivo, impressioni che vanno
al centro motorio e impressioni che vanno al centro istintivo. Alcune
di esse ci piacciono di più, altre ci piacciono di meno. Tutto ciò è ma­
teriale per l'osservazione.
D. Le impressioni che riceviamo vengono tutte da fonti esterne?
O. Vengono dall'esterno e da noi stessi: dall'interno e dal di fuori.
Le leggi alle quali è sottoposta la vita dell'uomo
169
D. Ci sono impressioni buone e altre cattive, oppure esse sono sem­
plicemente come le rendiamo?
O. Alcune impressioni possono essere cattive in sé; non so come
le impressioni possono essere buone in se stesse, perché, se si è addor­
mentati, come si possono avere buone impressioni? Sicché anche se
le impressioni sono buone in sé, al fine di trarre vantaggio da esse, è
necessario essere più desti. Le cattive impressioni invece possono ve­
nire nel sonno, non c'è nulla che possa fermarle.
D. Veramente io intendevo impressioni piacevoli o spiacevoli.
O. Parecchie impressioni piacevoli possono essere assolutamente
cattive. Cercate di comprendere una cosa: le impressioni possono esse­
re classificate mediante gli idrogeni. Ricorderete che abbiamo detto
che ciascuna impressione è cibo: che è un determinato idrogeno, del­
l'uno o dell'altro tipo, oppure di un altro ancora; generalmente, consi­
deriamo come norma l'idrogeno 48. Poi ci può essere il 24, il 12, o
anche, più raramente, il 6, ci sono comunque tutti gli idrogeni, inclusi
quelli inferiori. Le impressioni possono appartenere agli idrogeni infe­
riori della terza scala fino al 1 2000, più o meno. E che cosa significa
questo? Serve a mostrare da dove viene l'idrogeno, da quale livello del
mondo. A che cosa serve la Tavola degli Idrogeni? Dividiamo il Rag­
gio di Creazione in tre ottave e in dodici strati, per cosl dire, e ciascun
idrogeno viene o da uno strato, o da un altro, o da un terzo. Se pren­
diamo l'idrogeno 96 , sappiamo esattamente da dove viene. Se pren­
diamo l'idrogeno 12, sappiamo che viene da una posizione elevata del
Raggio di Creazione. Potete prendere l'impressione 768 o qualsiasi
altra impressione e se ricordate la Tavola degli Idrogeni, saprete da
dove viene.
D. Ci è stato detto di scegliere le impressioni come il cibo. Come
possiamo distinguerle?
O. Mediante l'osservazione. È più facile analizzare le impressioni
che il cibo. Vi possono convincere che qualcosa è un buon cibo, ma
ve lo vendono inscatolato, e scoprite che è immangiabile; ma nel caso
delle impressioni, osservando, paragonando, talvolta parlando con gli
altri, potete capire quali di esse appartengono ai livelli superiori e quali
ai livelli inferiori. Per esempio, tutte le impressioni negative apparten­
gono ai livelli inferiori, e pertanto non potete dividere tali impressioni
in 'piacevoli' e 'spiacevoli'. Esse sono o positive o negative, ma non
positive nel senso con cui usiamo questo termine nel caso delle emo­
zioni positive, bensl positive in quanto opposte a negative. Tuttavia,
la cosa principale è essere svegli.
D. Anche se si riesce a distinguere un tipo di impressioni da un
a1tro, non vedo come le possiamo accettare o rifiutare.
170
Le leggi alle quali è sottoposta la vita dell'uomo
O. Bisogna essere svegli. Se siete addormentati non lo potete fare.
Ma quando siete svegli (magari non immediatamente, perché ci vuole un
certo lavoro), dopo essere stati vinti più volte dalle impressioni sba­
gliate, riuscirete a isolarvi. Prima però è necessario sapere quali sono
le impressioni sbagliate che ci influenzano, e poi possiamo trovare i
metodi particolari per isolarci.
D. Intende dire che se si osserva, si possono evitare quelle impres­
sioni che ci rendono negativi?
O. Non ho parlato delle cose che vi rendono negativi, ma delle im­
pressioni negative. Lei sta cambiando il significato. La domanda era:
"Le impressioni in se stesse sono neutre, oppure sono buone o catti­
ve?". E ho spiegato che ci sono impressioni positive e impressioni ne­
gative. Non ho detto nulla riguardo al fatto di diventare negativi. Qual­
siasi cosa può renderei negativi, anche la migliore cosa del mondo può
renderei negativi. Questo dipende dal nostro stato.
D. Non capisco che cosa voleva dire riguarqo alla provenienza del­
le impressioni relativamente alla Tavola degli Idrogeni.
O. Vengono dai differenti livelli dei mondi. Dovete ricordare il Rag­
gio di Creazione. Qual è la differenza tra i diversi mondi? Prendete i
mondi 3, 12, 24. Il mondo 3 è direttamente sottoposto alla Volontà
dell'Assoluto, ci sono solo tre leggi. Nel Mondo 6 si manifesta la mec­
canicità, tutto diventa già più meccanico; nel Mondo 12, la meccanicità
aumenta e cosl via. Ma il Mondo 12 è di gran lunga migliore di quel­
lo 1536, pertanto un'impressione che viene dal Mondo 12 è un certo
tipo di impressione, e un'impressione che viene da un livello inferiore
alla terra, diciamo dalla luna, è differente. Una è materia leggera, pie­
na di vibrazioni, l'altra è piena di vibrazioni lente e dannose.
D. Ma se le impressioni sono, per esempio, dello stesso idrogeno
del ferro...
O. Questo non ha nulla a che fare con le impressioni. Cercate di
capire. La questione delle materie in se stesse è una faccenda del tutto
diversa. In questo caso non c'entra affatto. Ora stiamo considerando
la Tavola degli Idrogeni dal punto di vista per cui ciascun idrogeno
mostra il suo luogo di provenienza. Se trovate che le impressioni sono
pesanti, sgradevoli (è difficile trovare gli aggettivi giusti in una lingua
straniera), potete dire che esse provengono da qualche parte inferiore
del Raggio di Creazione. Le cose che vi fanno arrabbiare, che vi fanno
odiare gli altri e vi danno una sensazione di grossolanità, di volgarità,
di violenza, sono tutte impressioni che vengono dai mondi inferiori.
D. Si può smettere di avere impressioni se lo si vuole?
O. No, no di certo. È impossibile fermare completamente le impres­
sioni, ma ci si può isolare da un certo tipo di impressioni e attrarre a
Le leggi alle quali è sottoposta la vita dell'uomo
171
sé un altro tipo di impressioni, naturalmente se le sapete riconoscere.
Si possono attrarre le impressioni desiderabili e respingere quelle inde­
siderabili.
D. Allora possiamo scegliere le impressioni?
O. Sì, fino a un certo punto, perché dobbiamo già capire di non es­
sere costretti ad accettare certe impressioni. Innanzitutto sono da evi­
tarsi le impressioni sbagliate. Ci sono persone che si fermano nelle
strade ad aspettare che avvenga un incidente stradale, e poi ne parlano
sino al prossimo incidente; tali persone accumulano impressioni sbaglia­
te. Coloro che collezionano ogni tipo di scandalo, coloro che vedono
qualcosa di sbagliato in ogni cosa, accumulano impressioni sbagliate.
Dovete pensare non tanto a scegliere le impressioni giuste, quanto a
isolarvi da quelle sbagliate. Solo in questo modo otterrete un certo
controllo. Se cercate di scegliere le impressioni giuste, finirete solo
con l'ingannarvi.
D. È possibile sapere quali impressioni sono buone e quali sono non
buone per noi?
O. Lei vuole un catalogo di impressioni, e ciò non è possibile. Più
tardi dovrete capire personalmente, per voi e per le persone che cono­
scete, quali impressioni sono buone e quali sono cattive. Dopo qual­
che tempo dovete iniziare lo studio delle impressioni sbagliate, per­
ché, anche se non potete attrarre le impressioni desiderabili, sin dai
primi momenti potete isolarvi dalle impressioni sbagliate di un certo
tipo.
D. Possiamo veramente controllare le impressioni che riceviamo?
O. Ho appena detto in che modo si possono controllare. Ma dovete
capire che, per controllare le impressioni, si deve essere già relativa­
mente svegli. Se si è addormentati non si può controllare nulla. Per
controllare anche le cose più semplici e banali, bisogna svegliarsi e
praticare, perché se si è abituati a impressioni sbagliate, ciò richiederà
del tempo. Un 'io' saprà che è necessario isolarsi, mentre gli altri dieci
'io' gradiranno queste impressioni; spesso ci sono 'io' che gradiscono
impressioni totalmente sbagliate.
D. Nel nostro stato attuale, le impressioni sono tutte sullo stesso
livello?
O. Oh, no. Le impressioni hanno un'estensione straordinaria. Nel
Diagramma del Cibo prendiamo come norma H 48. Queste sono im­
pressioni indifferenti, per così dire, possono essere di un tipo o di
un altro; in se stesse non producono nessun effetto. Ma tuttavia sono
cibo.
D. Abbiamo solo impressioni 48?
O. Le impressioni 48 vengono prese come esempio, come norma
172
Le leggi alle quali è sottoposta la vita dell'uomo
per quanto riguarda le impressioni. Perché? Perché esse rappresentano
la grande maggioranza delle impressioni che riceviamo. Esse d raggiun­
gono come 48, e nel nostro stato ordinario restano tali, non si sviluppa­
no, non producono nessun effetto. L'uomo non potrebbe vivere in que­
ste condizioni. Ma d sono molte impressioni 24, non così numerose co­
me le 48, ma in una certa quantità; in alcuni casi molto rari d possono
anche essere impressioni 12, ma continuiamo a prendere in considera­
zione le 24. Dunque l'uomo riceve non solo le impressioni 48, ma an­
che quelle 24. Queste non sono descritte nel Diagramma del Cibo per­
ché si trasformano. Se arrivano come 24, possono essere facilmente tra­
sformate in 12, e forse è possibile che siano ulteriormente trasforma­
te. Ma vengono in quantità molto basse.
Queste ordinarie impressioni 48 vengono trasformate anche nel ca­
so dell'uomo comune che non ha imparato a ricordare se stesso, ma in
modo affatto diverso. Esse vengono ulteriormente sviluppate, o sono
aiutate a svilupparsi ulteriormente, da reazioni di un certo tipo, per
esempio dal ridere. Il ridere ha una parte molto importante in rela­
zione alle impressioni, ma ricordatevi che stiamo parlando dell'uomo
comune. Tramite il ridere molte impressioni 48 vengono trasformate
in 24. Ma, come è già stato detto in precedenza, dò avviene solo per­
ché è necessario per la vita. Ricorderete che ho detto che la fabbrica
chimica funziona solo per il proprio mantenimento. Essa produce ogni
sorta di materiali preziosissimi, ma li usa tutti per la propria esisten­
za. Non ha riserve e non ha nulla con cui potersi sviluppare. Pertanto
se l'uomo vuole cambiare e trasformarsi, se vuole risvegliare le sue
potenzialità latenti, egli non può solo contare sui mezzi meccanici che
sono in lui, ma deve cercare mezzi consapevoli. Ma l'organismo del­
l'uomo è un'invenzione talmente meravigliosa che tutto viene preso
in considerazione, tutto ha un suo senso, per così dire, cosicché anche
le funzioni che come il ridere sembrano soltanto espressioni inutili, in
realtà aiutano a trasformare certe impressioni che altrimenti non po­
trebbero che andare perdute.
Si può dire che per l'uomo al livello ordinario che non fa nessun
tentativo di capire che cosa significhi ricordarsi di sé, o che non ha
mai sentito parlare del ricordo di sé, o che non ha mai avuto la pos­
sibilità di ricordarsi di sé, il ridere assolva una certa precisa funzione
nell'organismo. Esso sostituisce il ricordo di sé in modo assai limitato
e insufficiente; in ogni caso aiuta a elevare le impressioni; le impres­
sioni più amorfe e meno interessanti diventano più vivaci.
D. Questo non vale certo per tutte le volte che si ride, immagino.
O. No. Ma è la sua funzione principale. Ci sono molti tipi diversi
di riso. Ci può essere il ridere meccanico nella parte meccanica della
Le leggi alle quali è sottoposta la vita dell'uomo
173
parte meccanica del centro emotivo, che è solo un ridere scioccamente.
D. Se per caso arrivano delle impressioni 48 e cambiano, ciò avviene
davvero molto rapidamente?
O. Le impressioni 48 arrivano continuamente. Come ho detto, una
certa quantità di esse cambia meccanicamente; ma la maggior parte
resta immutata. Può essere cambiata diventando consapevoli, o quando
si cerca di diventare consapevoli.
La comprensione della verità
21 marzo 1 945
O. Come sapete, precedentemente è stato detto che non si hanno
emozioni positive. Conoscere il modo di creare emozioni positive vie­
ne definito come il secondo sforzo consapevole.
Il primo sforzo consapevole è relativo al ricordo di sé. Il secondo
sforzo consapevole è in relazione alla coscienza. Se si è capito che
cosa è, bisogna saperla conservare. È la comprensione della verità a
livello emotivo. Una volta ottenuta, non la si deve perdere. Le azioni
e le parole sbagliate la fanno perdere molto facilmente.
D. Si tratta forse del centro emotivo superiore?
O. Si tratta di emozione. Cercate di afferrarne il significato.
D. Se questa coscienza viene perduta, la si può riottenere?
D. È molto difficile, ed è molto pericoloso perderla. Senza di essa,
la vita è molto più facile. Quando la si perde, ci si sente sollevati.
D. Non crede che sia possibile travisarla secondo la propria convenienza?
O. In tal caso non è coscienza.
D. L'acquisizione della coscienza avviene per gradi?
O. L'acquisizione della coscienza è graduale. La coscienza è già in
noi, ma è addormentata. Dovete scuoterla e continuare a scuoterla.
Ma se mentite a voi stessi o a chi cerca di farvi vedere, la perdete.
D. Come si può dire qual è la verità?
O. La coscienza lo sa.
D. Allora bisogna proseguire nella propria direzione o ci sarà qualcuno che ci guida?
O. Probabilmente dovrete essere guidati.
D. Ma la coscienza non è forse comune a tutti?
O. Sl, ma è addormentata. Quando si sveglia, ciascuno capisce; capisce le cose nello stesso modo.
D. Possiamo avere la coscienza senza la consapevolezza?
O. Viene prima la coscienza.
D. Viene solo dopo il primo sforzo consapevole?
174
Le leggi alle quali è sottoposta la vita dell'uomo
O. Viene quando ci si avvicina al secondo sforzo consapevole. Tut­
tavia è vero che prima si deve fare qualcosa in relazione al primo
sforzo.
D. Se non è ancora il prodotto di uno sforzo consapevole, come la
si può perdere?
O. Si può perdere tutto. Si può risvegliare la coscienza e poi tor­
nare ad addormentarsi proprio quando si è a questo punto.
D. Non dipende dal proprio livello di moralità?
O. No, una cosa può essere morale in questo paese e immorale in
un altro. Ricordatevi della parola 'formatorio': significa la parte mecca­
nica del centro intellettuale. Non potete fare affidamento su di essa.
D. Si nasce con differenti gradi di coscienza?
O. Alcuni hanno attimi di coscienza molto presto, ma non durano.
D. L'emozione della coscienza viene sentita come paura o rimorso?
O. Come verità; perché usare altre parole?
D. È quella che chiamano la voce silenziosa della coscienza?
O. No! No! Quando la udite non è affatto una voce silenziosa.
D. In che cosa si sarà cambiati dopo il risveglio della coscienza?
O. Non si sarà più cosl dipendenti dai respingenti. Chi è addor­
mentato è del tutto dipendente dai respingenti. I respingenti sono con­
gegni meccanici che ci impediscono di vedere la verità. Distruggete i
respingenti e comincerete a vedere la verità. E questo può essere mol­
to sgradevole.
D. Come si comincia a risvegliare la coscienza?
O. Non mentendo a se stessi.
D. Allora la comprensione della verità distrugge tutti i respingenti?
O. No, i respingenti devono essere stati distrutti in precedenza.
D. La comprensione a livello emotivo della verità varia da un individuo all'altro? Ci sono diversi modi di vedere.
O. Nella coscienza non è cosl. Il modo di vedere è uno solo. Non
si apprende che cosa è la verità. La si vede, semplicemente, se la co­
scienza ha cominciato a risvegliarsi. Ma si deve cominciare a eliminare
quelli che sono i reali respingenti.
D. Il risveglio della coscienza è accompagnato dalla conoscenza del
vero scopo?
O. Come si può farne a meno? Il metodo non è un'invenzione.
D. È una questione di sensibilità?
O. Forse è una questione di molta sensibilità, senza l'interferenza
dei respingenti.
D. Quando dice che la coscienza è la comprensione a livello emotivo
della verità, la verità di cui lei parla è un'astrazione.
O. No, no. È un fatto, non un'astrazione.
Le leggi alle quali è sottoposta la vita dell'uomo
175
D. Riguarda un fatto particolare in un particolare momento?
O. Sl, riguarda un caso particolare, una particolare relazione, sem­
pre cose particolari.
D. Se ci si sente coscienti, contemporaneamente ci possono essere
anche i respingenti?
O. O l'uno o l'altro; ma non entrambi contemporaneamente.
D. Possiamo riuscire a capire da soli se stiamo mentendo a noi
stessi?
O. Noi sappiamo sempre quando mentiamo, ma ciò non è sufficien­
te a impedirlo.
D. Perché non si può smettere di mentire a se stessi? È per pi­
grizia?
O. Semplicemente perché è gradevole.
D. Che cosa è un respingente? Una convinzione religiosa può essere
un respingente?
O. Non parliamo mai di cose religiose. No, è una specie di salvaguardia che l'uomo stesso crea per evitare la verità.
D. I respingenti non implicano una mancanza di comprensione?
O. No, generalmente si sa da che cosa ci si sta proteggendo.
D. Gli uomini preferiscono non capire.
O. Esattamente. Talvolta vi ho dato degli esempi. Molto, molto
tempo fa, a Mosca, c'era un uomo che era sempre in ritardo. Il suo re­
spingente era che non accettava di essere in ritardo. Era cosl sicuro di
non essere mai in ritardo, che dopo aver creato questo respingente
poteva arrivare in ritardo tutte le volte che voleva.
D. È possibile avere un respingente come quello a cui avete ac"
cennato e contemporaneamente avere coscienza riguardo ad altre cose?
O. No, no. O il respingente o la coscienza.
D. La coscienza distrugge la pace della mente?
O. Alcuni lo credono, soprattutto quando siedono su due sedie.
D. Che cosa intende quando parla del perdere nuovamente la co­
scienza?
O. Intendo che ci si addormenta a questo riguardo.
D. Una macchina potrebbe sviluppare l'equivalente dei respingenti
e non essere capace di sviluppare la coscienza?
O. Le cose meccaniche si sviluppano in modo meccanico. Ma le co­
se opposte possono essere sviluppate solo consapevolmente.
D. La coscienza è principalmente la comprensione di essere addor­
mentati?
O. No, no, dovete cominciare con la consapevolezza. Non riusciamo
a ricordarci di noi stessi. Non siamo consapevoli di noi stessi. Si pos­
sono trovare molti altri esempi.
176
Le leggi alle quali è sottoposta la vita dell'uomo
D. La coscienza entra in gioco solo in relazione alle altre persone?
O. Possono esserci sprazzi di coscienza. Molto prima di avere il
controllo della consapevolezza, possiamo avere sprazzi di coscienza.
D. Se si è coscienti, si arriverà inevitabilmente al secondo shock
conscio?
O. Se si è fatto un buon lavoro riguardo al primo shock, ci si può
arrivare.
D. Ci si arriva da sé?
O. Nulla viene da sé, se non le cadute.
D. Quando parlate del primo shock consapevole, vi riferite solo al­
lo sforzo che ha avuto successo?
O. Soltanto allo sforzo che ha avuto successo. Per quanto possiamo
essere consapevoli di noi stessi? Un secondo è meglio di niente. Ma
non se ne può ricavare molto. Non si può imparare il cinese studiando
una parola al giorno.
D. Il contenuto della coscienza cambia continuamente?
O. È la direzione che cambia, non il contenuto. Un giorno trovate
un'applicazione, un altro giorno un'altra.
D. Qual è la natura della verità che la nostra coscienza riconosce?
O. La coscienza comprende le verità elementari, che sono relative
alle persone, a ciò che fanno e che dicono; non quelle relative ai pia­
neti. C'è un'altra cosa da notare in rapporto alla Legge del Tre. La
Legge del Tre è difficile fino a che non ci si rende conto delle diffe­
renze nelle attività delle persone. Per qualche tempo questo può es­
sere difficile. Prima di poter procedere, dobbiamo imparare a distin­
guere le differenze in cose che comunemente non vediamo.
D. C'è una triade per èostruire una casa.
O. Questo è troppo formatorio; dimenticate tutto ciò che avete udi­
to. È necessario pensare al fatto che c'è una differenza tra le cose che
non possiamo capire. C'è una differenza tra le azioni, non sta nel mo­
tivo, non sta nella ricompensa. La nostra mente non può distinguere.
Ma quando viene spiegata, possiamo cominciare a vederla.
D. La coscienza vede la differenza tra le attività?
O. Non la vede, ma può aiutare a vederla.
D. Gli aspetti concreti di queste attività sono i medesimi, dove sta
allora la differenza?
O. Se si vede, si vedrà la differenza.
D. Che cosa ci impedisce di vederla?
O. La cecità.
D. Abbiamo qualche possibilità di riuscire a vedere?
O. Oh sl. Prima si deve imparare con la mente e poi, a poco a
poco, si comincia a vedere.
Le leggi alle quali è sottoposta la vita dell'uomo
177
D. Vuol dire a vedere le forze?
O. A vedere le differenti attività. Prima, possiamo imparare a ve­
dere. Ma vedere è una parola difficile, perché se diventiamo minima­
mente consci possiamo vedere molte cose che ora non possiamo vedere.
Se ci rendiamo conto di quante cose non possiamo vedere, possiamo
imparare molto. Noi capiamo le differenze delle materie, per esempio
della carta e del legno, ma non possiamo capire la differenza delle
nzioni.
D. È possibile seguire le diverse forze di una triade, per esempio,
nel costruire una casa?
O. No, studiate questi esempi. La prima cosa è che, cosi come sia­
mo, con la mente ordinaria, non possiamo vedere la differenza.
Ci sono sei attività possibili per l'uomo, la settima è possibile so­
lo per l'Assoluto. In tutti gli altri mondi ne sono possibili solo sei:
·
.
l
3
2
l
3
2
l
3
3
2
2
l
2
2
l
3
3
l
Queste sono combinazioni di forze. Tre forze hanno sei possibili
<:ombinazioni. È difficile parlare dell'Assoluto usando il nostro lin­
guaggio. Dunque, ci sono sei attività, ma non possiamo metterle in
relazione alle forze. Bene, questa è la prima categoria: cercare di ri­
cordare se stessi, il lavoro esoterico, e anche le forme migliori dell'arte,
della poesia, forse della musica. La seconda si riferisce all'intellettuale
'Superiore: invenzioni, scoperte. La terza si riferisce al lavoro profes­
sionale: sarto, medico. La quarta, semplicemente al lavoro fisico: se­
gare la legna. La quinta: distruzione. La sesta: crimine. Ma voi non
'Sapete di quale triade si tratta, e non lo saprete per molto tempo.
Sforzatevi solo di capire la differenza tra il costruire una casa (tutto
lo sforzo, la progettazione, i materiali) e il bruciare una casa: un fiam­
mifero è sufficiente. In un caso ci vuole sforzo; nell'altro tùtto proce­
·de da sé, non c'è nessun problema di motivazione.
D. Volete che noi scopriamo le connessioni tra l'attività e il risveglio
<:Iella coscienza?
O. Non si tratta del risveglio della coscienza ma del cercare di sve­
gliarla! Il lavoro di scuola, il seguire i metodi di scuola, è allo stesso
1ivello della migliore poesia, della migliore arte.
D. La comprensione delle idee del sistema equivale alla coscienza?
O. È procedere in direzione della coscienza. Ma non c'è nessuna
garanzia finché non si è arrivati.
D. Il risveglio della coscienza è un'attività?
O. È sulla stessa linea. Se si fa realmente qualcosa.
178
Le leggi alle quali è sottoposta la vita dell'uomo
11 aprile 194.5
D. Chiunque fa questo lavoro creativo, voglio dire, le persone che
vengono a questa s�ola e che fanno un lavoro creativo...
O. Non posso parlare così... di lavoro creativo. Dico solo che c'è
un tipo di attività che include la migliore arte e la migliore poesia. Mi
è stato chiesto se i poeti e i pittori sono più consapevoli. La risposta
è no, tuttavia essi usano questa speciale attività. Se un artista è con­
sapevole, allora si tratta di arte oggettiva.
D. Ha detto che quando la coscienza è stata risvegliata e torna ad
addormentarsi, non è più possibile risvegliarla di nuovo. Dobbiamo
prendere alla lettera questa affermazione?
O. In certi casi può risvegliarsi di nuovo. Ma molto di rado. Non
da sé, però, ci vuole lavoro.
D. Ci sono gradi di coscienza?
O. Probabilmente, cosl come ci sono per la consapevolezza. Per
quanto potete ricordarvi di voi stessi? Un minuto, due minuti? Lo
stesso accade con la coscienza.
D. Se si riesce a ottenere solo un momento di coscienza o di con­
sapevolezza, che cosa succede quando è finito? Possiamo riottenerlo
o è perduto?
O. Ci vuole un costante lavoro. Non può avvenire da sé.
D. Lei aveva detto che se lo si perdeva, non era più possibile ri­
cuperarlo.
O. Non ho detto che è 'impossibile', ho detto che è 'difficile'. Ma
tutto è difficile, ad eccezione di quello che accade. Ciò che accade è
facile.
D. Il crimine è la manifestazione esteriore di una emozione negativa?
O. Non possiamo semplicemente dire cosl. Dietro ai crimini ci sono
sempre tracce di emozioni negative , memorie di emozioni negative, ma
non si può dire che il crimine è un'emozione negativa.
D. Il crimine non è forse contrario alla legge in quanto tale?
O. Veramente, la mia esperienza non è troppo vasta.
D. Non è solo un'azione sporadica?
O. Può essere un'azione preparata, può essere un'azione abile; ci
sono molte possibilità.
Tutto ciò è necessario. Molto presto capirete quanto sia utile. Ma
non è facile capirlo, perché è un'idea piuttosto insolita.
D. Se la prima attività è connessa alle forme superiori di arte, dove
possiamo collocare le forme inferiori?
O. Sono solo sciocchezze e non le prendiamo in considerazione.
D. Ma c'è gente che passa la propria vita in queste cose.
Le leggi alle quali è sottoposta la vita dell'uomo
179
O. Se è arte, è arte, è una forma superiore, o comunque sufficiente­
mente elevata.
D. Allora come descrive le altre attività, di scrittori, di musicisti,
eccetera?
O . In questi casi si tratta solo di lavoro fisico, o di lavoro profes­
sionale, non so ... È molto utile distinguere tra un'attività e un'altra. E
si deve ricordare che è una cosa nuova, nessuno ci ha mai pensato.
D. Che..valore ha lo studio di queste attività?
O. Bene, è una cosa che è molto importante conoscere. Quando si
capiscono le attività, si avranno le risposte di molte domande.
D. Questo ci renderà migliori?
O. Più intelligenti.
D. Lei ha detto che quando un uomo scrive una poesia, questo potrebbe essere lavoro fisico. Non lo capisco.
O . Ma è proprio così. Ci sono biblioteche piene di tali poesie.
D. Lei scoraggia le attività che non raggiungono un livello superiore?
O. Non le incoraggio né le scoraggio. Alcune le riconosco come arte,
altre le chiamo sciocchezze.
D. Lei ha descritto cinque attività, non ha descritto il crimine.
O . Siete voi che dovete fare le domande. Studiate tutti i tipi di cri­
mini. Capite quali vi piacciono di più e quali vi piacciono meno. Il
crimine è una cosa veramente terribile. Nel pensiero ordinario non c'è
neppure l'inizio della comprensione della differenza tra le attività. Un
giorno, quando questa comprensione comincerà a rivelarsi ai vostri
occhi, vi sembrerà una rivelazione.
D. Queste attività sono collegate a diversi stati di consapevolezza?
O. No, stiamo parlando solamente dell'uomo comune, degli stati
di consapevolezza ordinari.
D. L'arte superiore non richiede un certo grado di consapevolezza
di sé?
O . Ci sono molti buoni poeti, molti buoni pittori, ma sono uomini
ordinari. Possono adoperare la triade speciale, ma questo non li rende
uomini n. 5.
D. L'uso delle parti giuste dei centri non potrebbe essere l'indizio di
una giusta attività?
O . La giusta attività è quello che si vuole. Se si vuole una cosa e
se ne ottiene un'altra, è un'attività sbagliata. Ma questo non ha nulla
a che fare con la consapevolezza. È una funzione come il respirare, il
vedere. In alcune attività si può cercare di essere consapevoli, in altre
ciò non è possibile.
D. Quando trasportare i ceppi di legna diventa un'attività meccani­
ca, come si può introdurre il ricordo di sé?
180
Le leggi alle quali è sottoposta la vita dell'uomo
O. Nessuno vi impedisce di ricordarvi di voi stessi mentre traspor­
tate i ceppi di legna; qualcuno dice perfino che questo lavoro aiuta:
più i ceppi sono pesanti, migliore è il ricordo di sé. I principianti han­
no constatato che il ricordarsi di sé è collegato a un lavoro fisico
pesante.
D. Se si esclude la particolare attività nella quale si è impegnati, non
si può avere più di una superficiale conoscenza delle altre, non è vero?
O. Credo che più o meno ci siano tutte note. Si è fatto riferimento
alla poesia. È la stessa attività che cercare di ricordare se stessi, anche
se è differente per quanto riguarda la pratica.
D. Le sei attività sono tutte necessarie per l'esistenza dell'uomo?
O. Si può fare a meno di una di esse.
D. Quale?
O. Il crimine.
D. L'uomo, non un uomo, potrebbe vivere senza il crimine?
O. Si dice di si. Non sono uno specialista in materia.
D. Per coscienza risvegliata s'intende lo stato di consapevolezza
di sé?
O. No, coscienza risvegliata significa coscienza risvegliata, niente
di più. Significa cercare di essere sinceri e onesti. Non si può dire nul­
la di più. Sarà molto interessante se si riusciranno a ottenere anche bre­
vi periodi di consapevolezza. Si vedranno cose che non si sono mai vi·
ste prima.
D. Vedremo cose che sono in noi stessi o negli altri?
O. Vedrete cose con i vostri occhi ordinari, le vedrete negli altri.
D. Mi sembra che l'attività del primo tipo sia impossibile senza il
risveglio della coscienza.
O. Essa serve proprio per il risveglio. Ha diverse sfumature, può
essere musica, può essere pittura, può essere studio di sé. La triade è
la medesima.
D. Questo tipo di vedere del quale avete appena parlato è accompagnato da una maggior quantità di emozioni negative?
O. Ne avete fatto l'esperienza?
D. Si.
O. No, lei non sa quello di cui sto parlando. Perché sto parlando
di una cosa precisa. Se più persone ci arriveranno, potremo parlarne.
Sto parlando di una cosa precisa che può essere veduta. Alcuni parlano
di risveglio, ma se costoro non accennano a questa cosa, si può esser
certi che è immaginazione o semplicemente una menzogna.
D. Potrebbe citare un esempio per noi?
O . Supponiamo che ve ne parli e che domani voi diciate di averla.
Ciò sarebbe sospetto. Preferisco aspettare.
Le leggi alle quali è sottoposta la vita dell'uomo
181
18 aprile 1 945
D. La coscienza è il risveglio emotivo della consapevolezza?
O. La coscienza è un'emozione speciale, e generalmente è addor•
mentata. Deve essere scossa a lungo prima di potersi risvegliare.
D. La coscienza è il nostro personale riconoscimento del bene e del
male, non in relazione alla legge?
O. Generalmente no. In casi particolari, la coscienza è un'emozione
particolare per mezzo della quale possiamo vedere quello che è giusto
e quello. che è sbagliato.
D. Cè qualche rapporto tra la coscienza risvegliata e le attività?
O. No, no, si tratta di cose completamente diverse. Le sei attività
sono accessibili a tutti, indipendentemente dalla coscienza. Solo alcu­
ne cose possono essere collegate, le altre no.
D. Qualcuno potrebbe agire al livello della prima attività, senza
avere risvegliato la coscienza?
O. Oh si. Ci sono molti grandi poeti che non hanno mai sentito
parlare della coscienza.
D. Cosa dobbiamo assolutamente fare per risvegliare la coscienza?
O. Abbiamo parlato di molte cose. È utile pensare a che cosa sia
il ricordo di sé e a quale sia il motivo per .cui non possiamo ricordare.
Non si può vivere di una cosa sola. Ci sono molte cose che favorisco­
no il risveglio della coscienza. Lo studio dei respingenti, per esempio.
D. Se non facciamo nulla al riguardo, non ci stiamo forse illudendo
sul risveglio della coscienza?
O. Proprio così. Bisogna scuoterla un po'.
D. È la coscienza a non avere rapporti con nessuna delle sei attività?
O. È necessaria· soltanto per una attività: il crimine. Come si può
essere un criminale senza coscienza?
D. Conie possiamo anche solo cominciare a studiare i respingenti?
Non l'ho ancora capito.
O. Cerchi prima di capire che cosa sono i respingenti.
D. Prima non dobbiamo forse smettere di mentire a noi stessi?
O. Ciò è molto utile. Incominciate con questo, e in un tempo rela­
tivamente breve ci arriverete.
D. Possiamo considerare i respingenti come le contraddizioni che so­
no in noi?
O. No, le contraddizioni sono il risultato dei respingenti.
D. Che cosa intende dicendo che per commettere crimini è necessa­
rio avere la coscienza?
O. Così dicono alcuni criminali. Se la coscienza non è sveglia non
c'è nessun piacere nel crimine. Bene, esamini qualcos'altro riguardo alle
·
182
Le leggi alle quali è sottoposta la vita dell'uomo
attività; un uomo può scrivere poesie, un altro non può scrivere nep­
pure pessime poesie. Si tratta della capacità di usare la triade.
D. Perché alcune volte siamo capaci di usare la triade giusta e altre
volte no?
O. Non ho mai visto un uomo che può scrivere poesie di giovedl.
D. Pensa che sarebbe possibile scrivere poesie di giovedl con un
certo sforzo?
O. No, è impossibile, con o senza sforzi. È un'espressione russa:
"Di giovedi dopo la pioggia".
D. Vorrei sapere dell'attività della distruzione.
O . Bene, talvolta è molto piacevole e talvolta è spiacevole. Gene­
ralmente è più facile che fare la minestra, per esempio. Per preparare
una minestra ci vuole lavoro, pianificazione. Per gettarla via non ci
vuoi niente.
D. La capacità di usare le triadi giuste dipende dall'uso corretto dei
centri?
O. Non so. So solo che una persona può usare una triade in un
certo momento, mentre per altre è impossibile. È molto utile riflet­
tervi, altrimenti possiamo attribuirlo alla coscienza o a qualcosa del
genere.
D. Lo scopo di questo lavoro è quello di farci arrivare al pieno ri­
sveglio della coscienza?
O. Non si può definire cosi specificamente. Per procedere in dire­
zione della consapevolezza bisogna risvegliare la coscienza. Altrimenti
si finirà con l'inciampare in qualche cosa. Ciò può essere definito ri­
svegliare la consapevolezza.
D. L'uso corretto delle triadi è collegato all'uso corretto dei centri?
O . Si sta riferendo all'uso delle sei triadi? Quasi tutti possono usa­
re alcune di esse. Per altre è più difficile. Ci vuole una particolare ca­
pacità. È molto utile metterle a confronto e cercare di capirne le dif­
ferenze.
D. Un respingente è una forma del mentire a se stessi?
O. Come può un respingente esistere senza di questo? Ma né la per­
sona in questione né gli altri si rendono conto che si tratta di una
menzogna.
D. Còme cominciano a formarsi i respingenti?
O . Può succedere che un bambino cada e che questo possa essere
la causa della creazione di un respingente; potrebbe incominciare a di­
re: "Io non cado mai".
lO
I centri nell'uomo
L'energia proviene da tre tipi di cibo
15 giugno 1939
D. Un tipo di energia può essere cambiato in un altro tipo?
O. Ciò avviene da sé quando è necessario. Ogni centro è predispo­
sto a funzionare con un certo tipo di energia, e riceve esattamente
ciò che gli è necessario. Tuttavia, tutti i centri si rubano reciproca­
mente energia, e un centro che necessita di un tipo superiore di ener­
gia è costretto a funzionare con un tipo inferiore, oppure un centro
fatto per funzionare con un'energia delicata usa un'energia esplosiva,
e perciò è tutto sbagliato. Ecco come funziona la macchina. Immagi­
nate tre stufe, una funziona a petrolio, una a legna e un'altra a che­
rosene. Supponiamo che in quella adatta per la legna venga messo del
cherosene; l'unica cosa che può succedere è un'esplosione; e se pen­
sate a un'automobile, capite che non può funzionare a legna o a
carbone.
D. Ci sono diversi tipi di energia, cioè, possiamo parlare dell'energia
emotiva, dell'energia intellettuale e cosi via, come di diversi tipi di
energia?
O . Non è esattamente cosi, ma possiamo parlare di centri e possia­
mo parlare di energie: un centro ha un tipo di energia, e un altro cen­
tro ne ha un altro; e le energie possono essere indicate dal tipo di
idrogeni in cui sono incluse. Il centro intellettuale funziona con H 48,
il centro motorio e istintivo con H 24, e cosi via.
Dobbiamo distinguere i quattro tipi di energia che operano in noi:
l'energia fisica (per esempio, muovere questo tavolo); l'energia vitale
(che permette al corpo di assorbire il cibo, di ricostituire i tessuti, e
cosi via; il processo di trasformazione delle cellule è continuo e co­
stante); l'energia psichica, o mentale, con la quale funzionano i cen­
tri; e l'energia della consapevolezza, che è la più importante.
Per ogni tipo di azione, di pensiero, o per essere consapevoli, dobbia-
184
I
centri nell'uomo
mo avere la corrispondente energia. Se non l'abbiamo, c'è un abbas­
samento e funzioniamo con un'energia inferiore, cioè conduciamo sem­
plicemente una vita animale e vegetale. Poi abbiamo di nuovo pensie­
ri, accumuliamo di nuovo energia e possiamo essere consapevoli per­
breve tempo.
L'energia fisica, anche se in enorme quantità, non può produrre nep­
pure un pensiero. Per il pensiero ci vuole qualcosa di diverso, di più
forte.
Prima di pensare a immagazzinare l'energia, dobbiamo smettere df
sprecarla. Sprechiamo l'energia nell'immaginazione, nel considerare,
identificandoci, nelle emozioni negative e nel parlare inutilmente: in
questo consistono le principali perdite di energia. Ecco perché è ne­
cessario smettere di identificarsi.
L'energia psichica è l'energia con cui funzionano i centri. Voi la
chiamate energia mentale o psicologica.
Tutti i tipi di energia fisica possono essere ridotti al movimento.
L'energia fisica non può essere accumulata oltre un certo limite. L'ener­
gia psichica non può essere limitata.
L'energia della consapevolezza è più veloce e più esplosiva degli al-­
tri tipi di energia .
Ma, anche se la conservazione e l'aumento dell'energia sono moltO.
importanti, il segreto per sviluppare la consapevolezza non sta in esse.
Non sarebbero sufficienti, perché si deve sapere come controllare
l'energia. L'energia è l'aspetto meccanico della consapevolezza.
D. Come si può imparare a controllare meglio l'energia?
O . Non si può incominciare con l'idea del controllo. Per poter con­
trollare una piccola cosa dobbiamo conoscere l'intera macchina. Innan­
zitutto dobbiamo controllare noi stessi dal punto di vista della consa­
pevolezza, dobbiamo cercare di ricordarci di noi. Poi dobbiamo porre
fine agli inutili sprechi di energia, cioè il considerare, il mentire,
l'espressione delle emozioni negative. Dunque, prima di tutto dobbia­
mo smettere di sprecare energia; poi dobbiamo accumularla, ricordan­
doci di noi ; infine, possiamo sistemare le cose. Non si può incomincia­
re in nessun altro modo.
D. Nel grande accumulatore c'è sempre la stessa quantità di energia?
O . Dipende da molte cose: dal funzionamento della macchina, dai
cibo, dal fatto che si sprechi o no l'energia. Un normale organismo
produce un'energia sufficiente non solo per tutti i centri, ma anche
per l'immagazzinamento. La produzione va bene, è l'uso che può essere
sbagliato.
I
centri nell'uomo
185
La voce
14 ottobre 1 937
D. Ho notato di avere una voce diversa a seconda delle emozioni
o delle persone. Perché succede questo?
O. Chi ha orecchie per intendere, può percepire molti cambiamenti
nella voce. Ogni centro, ogni parte di un centro, ogni parte di una
parte di un centro, ha una voce differente. Ma pochi hanno orecchie
per udirle. Coloro che sono in grado di farlo possono udire molte
cose. Per esempio, se si dice la verità c'è una voce; se si mente, un'al­
tra voce; e un'altra ancora se ci si basa sull'immaginazione. È inequi­
vocabile.
D. Si riferisce all'intonazione?
O. Sì, e anche al vero e proprio suono della voce. Se ci si allena,
il centro emotivo può sentire le differenze.
Il diagramma del cibo
1 0 gennaio 1 938
D. Si sa che cosa è il carbonio 1 2 nella triade del ricordo di sé?
O. Probabilmente una certa energia del centro emotivo. Riguardo
a questo non ci possono essere errori, perché l'aumento dell'osserva­
zione provocato dal ricordo di sé ha sempre un elemento emotivo.
Può avvenire da sé, quando improvvisamente si cominciano a vedere
le cose in maniera diversa, e diventa un fatto emotivo. Ciò significa
che in questo particolare luogo non siamo sufficientemente emotivi.
Ricordando noi stessi apportiamo a questo luogo l'elemento emotivo.
Ciò è in parte collegato al ridere. Se riceviamo impressioni e non
ne possiamo fare niente, queste non possono essere ulteriormente as­
similate, e le espelliamo con il ridere. Quando certe impressioni colpi­
scono simultaneamente le parti positive e quelle negative nei centri,
ciò provoca il ridere. Per liberarsi di questa impressione sgradevole
(sgradevole perché contraddittoria), la si espelle. Ridere significa espel­
lere le impressioni contraddittorie che non possono essere armonizzate.
Ecco perché i centri superiori sono esenti dal ridere.
D. Dunque il riso è una cosa inutile?
O. Nel nostro stato è necessario. Ma non è necessario nei centri
superiori, perché in essi ciò che è emotivo è anche intellettuale, e ciò
che è intellettuale è anche emotivo. Inoltre, i centri superiori non
sono suddivisi in parti negative e parti positive.
D. Ci sono forme di riso che non equivalgono all'espulsione di im,
pressioni?
186
I centri nell'uomo
O. Si, ci sono diverse forme di riso.
D. Gli altri carbonii 12 sono la stessa cosa? Voglio dire in mi 48
e in sol 48.
O. Possono essere gli stessi. Credo che ci sia una piccola differenza
in sol 48. Lo stesso carbonio che funziona in do 48, funziona anche
in mi 48. Ma in sol 48 può essere leggermente diverso, anche se ha
sempre un elemento emotivo. Tuttavia in sol 48 può essere istintivo­
emotivo. È del tutto possibile che sol funzioni mediante il carbonio 1 2
proveniente dal centro istintivo, che ne è sempre dotato. Ma esso ap­
partiene a un'ottava molto piccola; proviene dall'aria. Questa ottava
arriva a la 6, ma è molto esile.
D. Il riso sembra avere un effetto fisiologico.
O. Si, un'impressione può creare una tensione, e il riso fa rilassare.
I centri superiori e il vedere
3 febbraio 1 938
D. Può spiegarci che cosa intende con vedere se stessi?
O. Come posso farlo? Come posso spiegare che cosa significa ve­
dere se stessi in uno specchio? È esattamente la stessa cosa.
D. Sì, ma si vedono molte personalità.
O. No. Alcune associazioni. Più le potete vedere separatamente,
meglio è.
D. Non c'è da aspettarsi niente di teatrale, vero? Come nell'esem­
pio che ci avete citato, di un uomo che stava tornando a casa in un
calesse e che si trovò avvolto tra le fiamme?
O . Soggettivamente, può accadere qualsiasi cosa. Alcune persone
reagiscono in quel modo. In realtà, nel nostro linguaggio ciò significa
un momento di collegamento al centro emotivo superiore, e in tale
occasione alcuni reagiscono con molte visioni soggettive. Ma non è
obbligatorio. Ci possono essere le visioni, oppure no.
D. C'è qualche segno che bisogna cercare?
O. Gli unici segni sono dal punto di vista del ricordo di sé, per­
ché ciò è il risultato di essersi ricordati di sé per un certo periodo.
Come venga il ricordo di sé, è un'altra cosa. In questo caso, è stato
descritto nel libro (credo si trattasse del libro di Bucke, non è vero?).
Questo è un caso, ci possono essere molti altri metodi. Ma si tratta
sempre di un qualche ricordo di sé che produce questi collegamenti
con il centro emotivo superiore. Dapprima dà luogo a visioni sogget­
gettive. Si cominciano a vedere le cose come allegorie e simboli, tal­
volta in modo molto interessante. Poi si vedono cose che è impossi-
I centri nell'uomo
187
bile descrivere. Con il centro emotivo superiore si possono vedere cose
che non sono visibili agli occhi ordinari. Non sto parlando di cose
'astrali', ma di cose che sembrano del tutto ordinarie. Ci si meraviglia
di non averle potute vedere prima. Cose che sono comunque visibili,
anche se non le si vede.
D. Che tipo di cose?
O. Come posso spiegarlo? Molte cose. Per esempio, si possono ve­
dere i pensieri, però solo se si è a un livello superiore. Normalmente
è impossibile, ma li si può vedere mediante il centro emotivo supe­
riore. Ciò non avviene agli inizi, ma quando si è giunti a un livello
superiore. Agli inizi si vedono molte cose che ordinariamente riman­
gono invisibili.
D. Che cosa c'è di vero in cose come 'lo svolgimento del Linga
Sharira'?
O. Questa è una terminologia appartenente a un'altra scuola e che
quindi per noi non significa nulla. Sono solo parole. Comunque, non
ho mai trovato niente di serio in tutto questo e, anche se a quel
tempo non sapevo nulla, per esempio, dei centri superiori, quando
li conobbi tutto acquistò un senso. Per esempio, conoscevo già la dif­
ferenza tra il mentale superiore e l'emotivo superiore, prima di sapere
dell'esistenza dei centri superiori.
Il centro emotivo superiore usa le stesse forme, può dare una mag­
giore conoscenza riguardo agli stessi soggetti che ora conosciamo, op­
pure può presentarli sotto forma di allegorie. Ma nel centro mentale
superiore non ci sono forme. È un modo di pensare completamente
differente, sono idee completamente differenti.
D. Non riesco mai a superare questo rapporto soggetto-oggetto!
Non conosco nient'altro.
O. Ma vi assicuro, basta un passo, un solo passo dal nostro stato
ordinario, e tutti questi valori cambiano... Vedete, noi basiamo le
nostre costruzioni intellettuali su certe idee, su certi concetti, certe
parole; e se facciamo anche solo un passo oltre il nostro stato ordi­
nario, tutto cambia. Ecco perché è cosl difficile fare affidamento sulle
parole.
La meccanicità
1 agosto 1939
D. Non capisco che cosa significa agire meccanicamente, perché
sembra che passiamo metà della vita a imparare a fare le cose mecca­
nicamente, come nel caso dello scrivere. Tutto questo deve essere
annullato?
188
I
centri nell'uomo
O. Lei sta parlando del centro motorio. Non mi riferivo a questo.
Alcune cose, come molte cose istintive, sono meccaniche e debbono
rimanere tali. Esse non sono meccaniche in se stesse, ma meccaniche
per l'uomo. E lo stesso avviene nel caso del centro motorio. Sono i
pensieri meccanici e i sentimenti meccanici che debbono essere stu­
diati e che possono essere cambiati, devono essere cambiati. Il pen­
siero meccanico non vale un soldo. Si può pensare meccanicamente
a molte cose, senza ottenere alcunché. Se si pensa in modo meccanico,
si riesce a usare soltanto una piccola parte del proprio centro intellet­
tuale, solo la parte meccanica, l'apparato formatorio, e non vale la
pena di perderei tempo.
D. La meccanicità va considerata come un fatto da osservare o
come un male da combattere?
O. Vede, non capirà mai la meccanicità se parla in questo modo,
in relazione a piccole cose. Ma quando considera, o riscontra nella
memoria come facciamo in modo del tutto meccanico le cose più abo­
minevoli, e in seguito non capiamo come siamo potuti arrivare a tanto,
allora capirà che cosa è la meccanicità. Per tutta la vita facciamo
meccanicamente ciò che non faremmo mai consapevolmente. Ecco che
cosa si deve capire. E se consideriamo la nostra vita, anno dopo anno
e mese dopo mese, troviamo cose che non avremmo mai fatto se fos­
simo stati consapevoli, oppure vediamo le cose che non facciamo e
che avremmo voluto fare se fossimo stati consapevoli. Cosl bisogna
osservare la meccanicità.
Sulla meccanicità
(Traduzione da una nota in russo)
Possiamo capire che cosa sia la meccanicità e tutto l'orrore della
meccanicità, soltanto quando facciamo qualcosa di orribile e ci ren­
diamo pienamente conto che è stata la meccanicità che è in noi a
spingerei a tanto. Se cerchiamo di nascondere questo fatto, di trovare
scuse e spiegazioni, non lo comprenderemo mai. Bisogna essere molto
sinceri con se stessi per poterlo vedere. Può essere terribilmente dolo­
roso, ma dobbiamo sopportarlo e cercare di capire che solo confes­
sandolo interamente, prima a se stessi e poi forse anche ad altre per­
sone, se ci viene detto di farlo, potremo evitare di ripetere questo
errore. Una completa e totale comprensione, senza nessun tentativo
di nascondere la realtà delle cose, può già contribuire a cambiare i
risultati. Non c'è altro modo. Se invece ci spaventiamo, se diventiamo
negativi e ci offendiamo quando ci viene detto, e quando ci viene
I
centri nell'uomo
189
chiesto di essere sinceri, non avremo nessuna possibilità e nessuna oc­
casione di riuscire a sfuggire ai tentacoli della meccanicità.
Noi siamo i suoi schiavi, ma con grandi sofferenze possiamo infran­
gere la sùa forza. Se cerchiamo di evitare la sofferenza, se cerchiamo
di convincerci che in realtà non è accaduto nulla e che le cose pos­
sono continuare ad andare come prima, non solo non ce ne libere­
remo mai, ma diventeremo sempre più meccanici, e molto presto fini­
remo con l'arrivare a un tale stato di meccanicità che non ci sarà
più nessuna possibilità e nessuna opportunità per noi.
Nella vita è sempre così. Ma nel lavoro c'è una possibilità. Solo
la sincerità e il completo riconoscimento di questo fatto e dei suoi
inevitabili risultati, possono aiutarci a scoprire e a distruggere i re­
spingenti con l'aiuto dei quali inganniamo noi stessi. In questo caso
i respingenti sono sempre in relazione al giustificarsi e al trovare
scuse. Talvolta vi si aggiunge l'autocommiserazione, altre volte il ri­
sentimento nei confronti degli altri, oppure accuse e sentimenti nega­
tivi. "Sono stati loro a farmelo fare ", "noi non intendevamo farlo".
Oppure (e anche questa è l'espressione di un respingente), possiamo
ripeterei che, dopo tutto, non ha nessuna importanza . Gli uomini pos­
sono fare cose veramente terribili, dopo essersi persuasi che non ha
importanza.
L'uso dell'energia sbagliata da parte dei centri
8 agosto 1939
D. Può parlarci ancora dei centri che usano l'energia sbagliata, so­
prattutto in relazione a tutto il parlare che continua dentro di me
mentre sto facendo un lavoro? Dipende da questo?
O. No, non dipende da questo. Non è un fatto che possa essere
considerato in relazione alle sue esperienze personali, deve essere con­
siderato su una scala più ampia.
In questo diagramma, il centro emotivo superiore e il centro intel­
lettuale superiore non sono collegati ai centri inferiori: funzionano
del tutto separatamente. Ma il centro emotivo ordinario talvolta rag­
giunge 12 e talvolta 24, dipende. Sfortunatamente, esso raggiunge 12
solo nel caso delle emozioni negative, perché se giunge a 12 nel caso
di emozioni che non sono negative, giunge alle emozioni positive e
passa al centro emotivo superiore. 48 (il centro intellettuale) può fun­
zionare con l 'energia del centro sessuale; 24 (il centro motorio) può
funzionare con l'energia 48; è tutto confuso, e ogni centro soprattutto
cerca di accaparrarsi un idrogeno sbagliato, per questo non va bene
niente.
190
I centri nell'uomo
D. Che cosa succede se il centro intellettuale funziona con H 24?
O. Diventa un po' pazzo, inventa teorie impossibili, fantastiche,
diventa molto fanatico, ha un solo punto di vista riguardo alle cose
e cosl via; come i bolscevichi, i fascisti, o altre cose del genere. Per
esempio, inventa una teoria, una teoria molto formatoria, e poi cerca
di imporla alla gente con la violenza: ecco che cosa accade se funziona
con 24. Normalmente dovrebbe funzionare con 48. In tal caso conti­
nuerà a essere alquanto inutile, ma sarà più o meno decente.
D. Il centro intellettuale può formulare con 48?
O. Sl, certamente, ma anche in questo caso sarà alquanto inutile,
e le formulazioni saranno lunghe, con l'uso di parole lunghe.
D. Dunque perché il pensiero possa usare gli idrogeni superiori ci
vuole un apparato completamente differente?
Centro
Intel lettuale
Centro
Emotivo
0 0
0 0
Centro
Istintivo
Centro
Motori o
Centro
Mentale
Superiore
Centro
Emotivo
Superiore
I
centri nell'uomo
191
O. Certo. Ogni apparato è adatto per un certo idrogeno. Uno può
funzionare con l'idrogeno 12, un altro con il 24, e un altro ancora
con il 48. Se li scambiate, tutto andrà storto.
Il centro formatorio
16 gennaio 1940
D. Qual è l'uso legittimo del centro formatorio?
O. Questo è affar vostro. Generalmente, se il centro intellettuale
funziona normalmente, se le altre parti funzionano, il centro forma­
torio svolge le sue funzioni abbastanza bene; dovete pensare solamente
al funzionamento sbagliato del centro formatorio.
D. Può spiegarmi di nuovo che cosa vuoi dire, dicendo che il cen­
tro formatorio può solo vedere il bianco e il nero?
O. Non è stato detto esattamente cosl. Esso paragona due cose
come se in ogni data linea esistessero solo due cose; questa è una
delle sue particolarità.
D. Come posso capire più chiaramente il funzionamento del centro
formatorio?
O. Ricordi gli esempi del passato. Un esempio di pensiero forma­
torio è quando si dice: " È stato detto che... ". Cerchi di capire che
cosa è stato detto.
D. L'arrivare troppo presto a conclusioni è una caratteristica del
pensiero formatorio?
O. Il pensiero formatorio sa tutto, o non sa nulla.
D. Una delle cose che mi hanno aiutato è stato scoprire che in
realtà non ascolto mai. Sono sempre occupato o nel preparare una
risposta o nel trovare un altro punto di vista. Se riesco a costringermi
ad ascoltare, in seguito posso pensare a ciò che è stato detto in ma­
niera differente.
O. Questa è un'ottima osservazione. Molto spesso accade di pen­
sare che le cose non ci sono state spiegate, mentre in realtà non
abbiamo ascoltato. Pertanto cercate semplicemente di ascoltare e os­
servate voi stessi, il modo in cui ascoltate.
1 7 gennaio 1940
D. Stiamo usando l'apparato formatorio quando studiamo o leggia­
mo qualche cosa che richiede uno sforzo mentale per capire?
O. Sì, in condizioni normali usiamo il centro formatorio in modo
192
I
centri nell'uomo
del tutto giusto, ma ricorderete che ho detto che il centro formatorio
è esattamente la parte meccanica del centro intellettuale. E se la parte
emotiva e la parte intellettuale funzionano correttamente, la parte
meccanica (formatoria) fa quello che deve fare. Ma se le parti emo­
tiva e intellettuale non funzionano correttamente, il centro formatorio
prende il loro posto, e incomincia a funzionare in modo sbagliato .
Dunque, se sta a l suo posto non c'è nessun problema, come accade
per qualsiasi altra cosa.
Il miracolo
4 ottobre 1944
D. Che cos'è la normalità?
O. La normalità è la capacità di svilupparsi. E voi dovreste g1a
.capire che cosa implica. Bisogna imparare a non mentire. Noi abbia­
mo descrizioni assai accurate riguardo al mentire, mentre di solito gli
altri sistemi ne sono privi. Cosl si può allegramente mentire. Parlare
di cose che non si conoscono come se le si conoscessero, è mentire.
D. Ma non ci sono molti casi in cui le persone credono di sapere,
e non è vero, e tuttavia non ne sono consapevoli?
O. Il risultato è lo stesso. C'è una specie di legge delle percen­
tuali. Si possono fare alcuni errori, ma quanti? Recentemente stavo
studiando del materiale della Società per le Ricerche Psichiche. Ne
avevo già sentito parlare a Pietroburgo. Ultimamente ho sentito par­
lare della Società Americana. Stanno studiando la chiaroveggenza e la
trasmissione del pensiero. Ma la chiaroveggenza e la trasmissione del
pensiero sono funzioni dell'uomo n. 5. Tuttavia pensano di poterle
studiare. Dunque, questo è mentire. Partono dall'idea che se alcune
cose esistono, di conseguenza appartengono a tutti. È questo che causa
la menzogna.
1 1 ottobre 1 944
O. Stavo cercando di arrivare a una domanda che qui nessuno mi
ha fatto. Ma io la feci a Pietroburgo. Chiesi : "Che cosa è il mira­
<:olo? ". Personalmente, io non avrei risposto o avrei detto che i mi­
racoli non esistono. Ma mi fu risposto che è un livello che osserva
ciò che accade a un altro livello, sottoposto a leggi differenti. Come
nel caso di chi vive sulla terra, sotto 48 leggi, e osserva ciò che ac­
cade sotto 24 leggi. Sono arrivato alla conclusione che questa do-
I
centri nell'uomo
193
manda viene posta di frequente. Per esempio, la settimana scorsa
abbiamo parlato della telepatia. Questo è un miracolo. La gente usa
quel termine troppo facilmente. Ho avuto la possibilità di osservare
il fenomeno, e so quanto sia difficile e quanto costi. Mi hanno par­
lato della Società Americana per le Ricerche Psichiche. Tutto ciò è
completamente fantastico. Parecchio tempo fa, c'era una Società per le
Ricerche Psichiche anche a Londra. Studiavano i fenomeni dei cadaveri
che camminano, ma anche qualcosa riguardo ai sogni che era inte­
ressante. Ma ora si crede di parlare di fatti. Questa è una menzogna!
Mi è stato chiesto perché non mi curo di cose simili. Non vale la
pena investigare certe cose, perché per esse bisogna pagare in anti­
cipo. Bisogna pagare ed essere in grado di pagare. E se si fosse pa­
gato ciò che costa, non se ne parlerebbe.
D. Il dottor Rhine dichiara che non si tratta di qualcosa che si
acquisisce, bensl di una capacità innata.
O. E io dico che queste sono sciocchezze. Non è affatto una capa­
cità innata. La trasmissione del pensiero è possibile solo se si paga
in anticipo. Non è una cosa che si incontra per la strada. È possibile
fare delle osservazioni al riguardo nell'ambito di una scuola, ma non
nelle strade.
D. Da quello che ho capito, il dottor Rhine ha scoperto che alcuni
hanno ereditato questa capacità dai genitori o dai nonni.
O. Questa è solo immaginazione, perché non si è mai trovato di
fronte a un solo caso reale. Se ciò fosse accaduto, non ne parlerebbe.
Lo cito soltanto come un esempio negativo. Devono presentare casi
reali, e comunque la sua teoria non ha nessun valore. Deve esserci
qualche idea di partenza. Innanzitutto, non credo affatto nell'eredita­
rietà. È un'idea del tutto sbagliata. Per prima cosa bisogna pagare.
Può essere il risultato di un'esperienza emotiva molto intensa, ma non
può succedere in assenza di questa, non può semplicemente succedere.
Se , ciò ci è chiaro, si sa che ogni tentativo di eludere questo punto
è vano. Perché si tratta di un fatto emotivo e non intellettuale. La
chiaroveggenza deve avere un proprio motivo. Per l'uomo n. 5 può
essere un'esperienza ordinaria, ma è tale solo in relazione alle leggi
dell'uomo n. 5.
D. Che cosa intende per esperienza emotiva molto intensa?
O. Si debbono avere stati emotivi molto più intensi di quelli che
si provano nella vita ordinaria. Ci sono stati molti esperimenti, ma
non sta a me descriverli. Noi stiamo parlando di sviluppo.
D. Un'emozione intensa riguarda la parte emotiva del centro emo­
tivo? È un'emozione superiore?
O. No, è un'emozione comune, non è un'emozione superiore, ma
194
I
centri nell'uomo
è molto più intensa che nella vita ordinaria. La telepatia, la chiaro­
veggenza, la conoscenza del futuro, provengono soltanto da stati emo-­
tivi. L'emozione superiore è un'altra cosa. È più o meno permanente.
D. Ciò che dà il controllo sui centri superiori è il fatto di sfor­
zarsi al massimo? Intendo riferirmi al controllo sulle forze, a un
livello diverso.
O. No, i centri superiori sono inaccessibili agli sforzi, derivano
dalla consapevolezza. Quando si è consapevoli per un tempo suffi­
ciente, ci si arriva. Ma io sto parlando di esperimenti.
D. Quando lei parla di forti emozioni che creano la chiaroveggen­
za, intendete dire che bisogna provocarle su di sé mediante qualche
metodo?
O. Io non ho usato questi metodi. Ne ho usati altri. Debbo dire
che non lo si può fare da soli. Questo metodo richiede l'intervento
di altri. Per quanto poi riguarda la chiaroveggenza, ho parlato con
molti teosofi, che si supponeva avessero esperienza di chiaroveggenza,
ma · solo uno di essi aveva avuto l'esperienza che, secondo le mie
conoscenze, deve avvenire all'inizio. Si trattava di Mead.
D. Se un'emozione inaspettata colpisce all'improvviso una persona,
si può avere una trasmissione telepatica mentre tale emozione è in
atto?
O. Deve considerare la cosa nell'altro senso. Se tale persona ha
avuto un momento di telepatia, ciò significa che deve aver avuto
l'emozione. Ma l'emozione non produce necessariamente la telepatia.
D. Se si vede qualcuno che non ci si aspettava di vedere e che
non è veramente presente, di che si tratta? È immaginazione, o che
cosa?
O. O si deve andare da un medico, o si è andati troppo dal medico.
D. Nel momento in cui ci sforziamo, non possiamo forse ricordarci
di noi stessi per una frazione di secondo?
O. No, i secondi non sono sufficienti. Ciò che ora potete fare
è ricordare che non vi potete ricordare di voi stessi. Contemporànea­
mente, fate le altre cose che vi sono state dette, come cercare di
non esprimere le emozioni negative. Allora forse sarete capaci di ti­
cardarvi di voi. Ma questo conta solo quando si protrae per un certo
periodo. Il processo diviene più rapido, se al ricordo di sé si colle­
gano certe emozioni.
D. Che cosa significa questo collegamento con forti emozioni?
O. Sappiamo che cos'è un forte stato emotivo. Se è collegato a
esso, il processo può essere cento volte più rapido.
D. Per il ricordo di sé, ci vuole emozione?
O. Non può essere intellettuale. Non si può starsene seduti tran·
·
I
centri nell'uomo
195
quilli e pensare a quello che passa inosservato. Prima bisogna avere
paura del proprio stato. Cercate di ricordare che se fate tutto quello
che vi viene detto e vi attenete a ciò, arriverete ai centri superiori.
Questo è lo scopo. Ma è molto importante non pensare di esserci
già, o diventerà isterico, nevrotico.
D. Alla capacità di fare miracoli sono connesse certe condizioni?
O. Si.
D. Potete parlarcene?
O. Non so che tipo di miracoli v1 mteressano. Circa venti anni
fa, a Londra, parlai con un uomo di come potessero essere calcolati.
La stessa notte, nella casa in cui dormivo, c'era una stanza buia, in
cui credevo di aver lasciato la luce accesa. Era molto freddo, e non
volevo alzarmi. Allora cominciai a calcolare quali sforzi sarebbero
stati necessari, prima per vedere se la luce era accesa e poi per spe­
gnerla. Arrivai alla conclusione che per vedere, mi sarebbe stata ne­
cessaria tutta l'energia vitale che viene usata in ventiquattro ore,
per cui anche se fossi riuscito a farlo, sarei potuto morire; mentre
per spegnerla, mi sarebbe stata necessaria l'energia usata dalla terra
per ruotare intorno al proprio asse in un giorno.
·
15 novembre 1944
D. Secondo il sistema, qual è il significato delle parole 'Ricerca
Psichica?
O. Se volete proprio saperlo, direi che innanzitutto è una que­
stione di scuola. L'uomo non può fare nulla da sé. Se si parte con
l'idea che è necessaria una scuola, potrà succedere qualche cosa. Si
parla di percezioni extra-sensoriali, ma non si comincia cosi.
D. Si manifesta solo come risultato di un lungo lavoro?
O. È una domanda che fu posta a Pietroburgo: " Se si paga di
più, e si continua a pagare sempre di più, si può ottenere qualco­
sa? " . Ma questo significa sacrificio. Però non deve esserci troppa osti­
nazione, neppure per un sacrificio.
D. L'ostinazione non è forse l'illusione di poter controllare le cose
secondo la nostra volontà?
O. Proprio così. Significa illudersi. E c'è una differenza tra con­
trollo e illusione.
196
I
centri nell'uomo
1 4 marzo 1 945
D. I centri superiori sono dotati di accumulatori?
O. Probabilmente, ma non ne parliamo.
D. Il ricordo di sé impedisce la perdita di energia immagazzinata
negli accumulatori?
O. Credo di sì, perché moltissima energia viene usata in azioni
inconsapevoli.
D. Allora il centro inferiore è in qualche modo collegato al grande
accumulatore?
O. Tutti i centri sono collegati a esso. Anche quello istintivo. È an­
che possibile un collegamento diretto, ma richiede uno sforzo imma­
ne, e questo è pericoloso. Ci si può uccidere, anche se di solito ci
si addormenta. Ma nell'uomo n. 5 l'energia può semplicemente scor­
rere attraverso questi piccoli accumulatori.
D. Si parla di fermare le perdite di energia e di accumulare ener­
gia. A che scopo?
O. Le perdite di energia sono solo sprechi: se perdiamo l'atten­
zione, possiamo impiegare enormi quantità di energia in casi che ne
richiedono solo pochissima. E possono esplodere all'improvviso le emo­
zioni negative, distruggendo tutta l'energia che abbiamo.
D. Se si ha un'energia sufficiente per le comuni attività, in che
occasioni è necessario accumulare ulteriore energia?
O. Per certe cose che si vogliono fare, non si dispone a sufficienza
dell'energia appropriata. Per molte cose che si vogliono fare, ci vuole
un'energia molto raffinata. Sono necessarie emozioni positive, e per
queste c'è bisogno di una certa quantità di carbonio 3 nell'accumu­
latore.
E, bisogna anche saperle usare.
D. Ho osservato che passo da uno stato buono a uno negativo
con la velocità di un lampo. È dovuto al fatto che non ricordo me
stesso?
O. No, è dovuto al centro emotivo, il quale cambia così rapida­
mente che è impossibile seguirlo.
D. Lei ha parlato di 'io' che mutano continuamente; c'è qualche
relazione con quanto si è appena detto?
O. Sl, se una sensazione emotiva colpisce gli 'io', essi possono cam­
biare così rapidamente che potreste pensare che siano milioni.
D. A causa di un dolore intenso, ho sperimentato un'emozione ne­
gativa che stava per diventare positiva. Può essere?
O. È possibile, ma è stato semplicemente un caso. Non vuoi dire
che si può ripetere di nuovo. È un fatto molto raro, ma per talune
I centri nell'uomo
197
persone accade. Può essere che nel momento di dolore acuto, senza
saperlo, lei abbia fatto lo sforzo giusto, collegando mi 1 2 con C3 .
D. Come si può fare uno sforzo che agisca su mi 12?
O. Bisogna aver studiato a lungo prima che si possa anche solo pen·
sare a questo. Posso dire che è molto interessante ma molto sconcer-­
tante; si hanno esperienze completamente nuove.
D. Che tipo di nuove esperienze?
O. Come posso descriverle, se per esse non ci sono parole? Bi.
sogna arrivarci, e non aggiungere niente con l'immaginazione .
11
Cosmologia
La Legge del Tre
Qualsiasi materia del mondo che ci circonda, il cibo che mangiamo,
l'acqua che beviamo, l'aria che respiriamo, le pietre delle nostre case,
i nostri corpi, ogni cosa è permeata da tutte le materie che esistono
nell'universo. Non c'è bisogno di studiare o di analizzare il sole per
trovare la materia solare; questa materia è in noi stessi, è il risultato
della divisione dei nostri atomi. Nello stesso modo abbiamo in noi
materie di tutti gli altri mondi. Da questo punto di vista, l'uomo è
davvero un universo in miniatura; in lui ci sono tutte le materie che
compongono l'universo, in lui agiscono le stesse forze e le stesse leggi
che governano la vita dell'universo. Pertanto, studiando l'uomo stu­
diamo l'universo e viceversa.
Ma il paragone tra l'uomo e l'universo può essere completo solo
se consideriamo l'uomo nel pieno senso della parola, cioè l'uomo in
cui sono sviluppati i poteri e le potenzialità che gli sono connaturali.
Un uomo sottosviluppato, un uomo che non ha completato la propria
evoluzione, non può essere considerato un'immagine completa del mon­
do, è un mondo non finito.
Come si è detto in precedenza, le leggi sono ovunque le stesse,
su tutti i piani. Le medesime leggi, manifestandosi nei diversi mondi,
cioè in diverse condizioni, producono fenomeni differenti. Lo studio
della relazione tra le leggi e i piani sui quali esse si manifestano, ci
conduce allo studio della relatività.
Pertanto la Legge del Tre introduce la relatività nella nostra defi­
nizione di materia. Dal punto di vista del sistema, ogni materia può
esistere in quattro stati, secondo la forza che attraversa l'oggetto in
questione. Dunque, invece di un ferro, abbiamo quattro ferri, e quat­
tro rami, e cosi via. Queste materie hanno nomi differenti. Padre,
madre, figlio: carbonio, ossigeno, azoto. La famiglia è l'idrogeno. Il
figlio è l'inizio di una nuova famiglia.
Se poniamo le tre forze in una sequenza, secondo l'ordine in cui
Cosmologia
199
si uniscono, otterremo l'ordine l, 2, 3; ma le materie che servono
come conduttori di queste forze, a seconda della loro densità, saranno
nell'ordine: carbonio, azoto, ossigeno. Pertanto le forze saranno nel­
l'ordine l , 3, 2. Tuttavia per la futura creazione, per la formazione
della triade successiva, l'azoto deve, per così dire, ritornare ancora
una volta al terzo posto, nell'ordine l , 2, 3 e in questo modo diventa
il carbonio della triade successiva.
La Legge del Tre si manifesta egualmente in ogni cosa del mondo.
Se prendiamo in considerazione il Raggio di Creazione, dobbiamo ri­
cordare che i mondi sono collegati tra di loro e si influenzano tra
di loro secondo la Legge del Tre. In altre parole, i primi tre mondi,
presi insieme, producono il fenomeno che influenza i mondi succes­
sivi, e così via. L'Assoluto è il conduttore della forza attiva, il mondo
successivo è il conduttore della forza passiva, e quello dopo, o Mon­
do 6, è il conduttore della forza neutralizzante. In altre parole, l'As­
soluto è C, il Mondo 3 è O, il Mondo 6 è N. Ma il Mondo 6 (o
azoto), per la sua densità, sta tra il Mondo l e il Mondo 3. In altre
parole, la forza dell'Assoluto deve prima, per così dire, toccare il
Mondo 6; e solo in seguito può penetrare nel Mondo 3. Per poter
capire questa relazione, sarà utile ricorrere a un'analogia che potrà
illustrare la relazione tra l'Assoluto e i mondi successivi. Ogni cosa
nel mondo è simile: " come in alto, così in basso". Il Microcosmo
riflette in se stesso l'intero universo. Per trovare questa analogia, ci
sarà utile ricordare che. la Volontà dell'Assoluto raggiunge solo il
Mondo 3; successivamente si manifesta sotto forma di leggi mecca­
niche.
Se prendiamo l'uomo come l'Assoluto e cerchiamo di scoprire gli
estremi che possono essere raggiunti dalla sua volontà, dentro di sé,
anche la più superficiale conoscenza della fisiologia umana ci darà una
risposta. La volontà dell'uomo (considerata come concetto potenziale)
può governare i movimenti dell'intero organismo, delle singole mem­
bra, di alcuni organi e del respiro. Se un uomo concentra la sua at­
tenzione sulla punta del suo naso, comincia a percepirla. Tramite
questa concentrazione egli può anche provocare un leggero senso di
irritazione in alcune parti del corpo, cioè in qualche tessuto. Ma non
può in alcun modo manifestare la sua volontà relativamente a una
singola cellula del corpo. Le cellule sono troppo piccole per questo.
La mia volontà si può manifestare solo in relazione ai tessuti, ma non
in relazione alle cellule.
Se consideriamo l'uomo come analogo all'Assoluto, i tessuti corri­
sponderanno al Mondo 3, e le cellule al Mondo 6.
Cerchiamo ora di vedere come mai le forze che emergono dall'Asso-
200
Cosmologia
luto per manifestarsi nel Mondo 3, devono passare per il Mondo 6 .
L'analogia ci mostra molto chiaramente la necessità di una tale direzio­
ne della forza. La volontà dell'uomo può influenzare un tessuto, ov�
vero un frammento di tessuto in alcune parti del corpo. Ma un tessu­
to è composto di cellule. Per poter influenzare il tessuto, la volontà
deve prima influenzare le cellule che compongono quel dato frammen­
to di tessuto. Il tessuto è un mondo differente in relazione alle cellu­
le, ma nello stesso tempo i tessuti non esistono separatamente dalle
cellule, perché essi sono composti di cellule.
Il Mondo 3 è separato dal Mondo 6; ma contemporaneamente esso
(cioè, Tutti i Mondi) è composto di mondi 6, cioè di mondi simili al
nostro Mondo 6 : la Via Lattea. Per poter influenzare parte del Mon­
do 3 (Tutti i Mondi) , l'Assoluto deve prima influenzare un certo nu­
mero di mondi 6 (Tutti i Soli), di cui il Mondo 3 è composto.
Cosl, nel passaggio delle forze, i Mondi l, 3, 6 sono dapprima nel­
l'ordine l , 3, 6, e poi nell'ordine l, 6, 3. Per un ulteriore passaggio
di forze essi devono di nuovo riassumere l'ordine l, 3, 6 . L'azoto della
prima triade diviene, in questo caso, il carbonio della seconda triade,
cioè la Via Lattea è il conduttore della forza attiva in relazione all'ossi­
geno e hll'azoto che seguono.
Che cosa sarà l'ossigeno e che cosa l'azoto nella seconda triade?
Nell'ordine del Raggio di Creazione, l'ossigeno sarà il Mondo 12, o il
sole, e l'azoto il Mondo 24, o i pianeti. Poiché l'azoto sta tra il carbo­
nio e l'ossigeno, la forza che viene dal carbonio, cioè dalla Via Lattea,
o dalle stelle, deve prima passare per i pianeti per raggiungere il sole.
Di primo acchito può sembrare strano, ma se visualizziamo la strut­
tura del sistema solare, vedremo chiaramente che non può essere al­
trimenti. In questo caso non servono analogie. Immaginate il sole
circondato dai pianeti, che si muovono intorno a esso; più distanti,
alcuni gruppi di stelle, da cui emanano certe influenze in direzione del
sole. Ma il sole non rimane immobile; sappiamo che anche esso si muo­
ve e i pianeti, ruotandogli intorno, si muovono nello spazio con esso,
formando ciascuno con il proprio moto una spirale attorno all'asse
centrale del sole. L'asse centrale del sole è completamente racchiuso
nella spirale dei pianeti che lo circondano, e nessuna influenza può rag­
giungere il sole senza prima passare per i mondi dei pianeti, cioè sen­
za penetrare attraverso gli anelli della spirale.
In seguito, l'azoto della seconda triade, cioè i pianeti, diventando
il carbonio della terza triade, deve trovare l'ossigeno e l'azoto corri­
spondenti. Nel nostro raggio di creazione, l'ossigeno è la terra. Ma
non c'è azoto nel raggio di creazione astronomico. Pertanto, se i pia­
neti avessero dovuto trasmettere direttamente la loro influenza alla ter-
Cosmologia
201
ra, non avrebbero potuto farlo. La terra è incapace di ricevere influenze
planetarie. Così, per rendere possibile il passaggio di forze tra i pia­
neti e la terra nel raggio di creazione astronomico, è stato creato un
particolare dispositivo, una macchina speciale, che costituisce, per così
dire, l'organo sensorio della terra, la vita organica sulla terra.
La vita organica sulla terra è l'azoto della terza triade. Le forze
che provengono dai pianeti cadono dapprima sulla vita organica; la
vita organica le riceve e le trasmette alla terra. La vita organica è un
sottile strato sensibile che ricopre il globo terrestre e che riceve le in­
fluenze planetarie che altrimenti andrebbero perdute, perché sarebbe­
ro riflesse dalla nuda superficie della terra.
Se ricordiamo l'organizzazione estremamente complicata delle ter­
minazioni dei nervi sensibili del nostro organismo, per esempio, le ter­
minazioni dei nervi del gusto e dell'odorato, non ci parrà strano che
l'uomo venga definito come una terminazione nervosa sensoriale della
terra.
Naturalmente, un prato erboso è per molti aspetti differente dal­
l'uomo; esso riceve solo alcune delle influenze planetarie, e in quantità
assai limitata. L'uomo riceve influenze molto più complesse. Ma a que­
sto riguardo le persone sono molto diverse le une dalle altre. Gli uomi­
ni per lo più sono importanti solo relativamente alla massa e sola­
mente la massa riceve l'una o l'altra influenza. Altri sono capaci di ri­
cevere le influenze individualmente: si tratta di influenze che le mas­
se non possono ricevere, perché esse sono sensibili solo alle influenze
grossolane.
La vita organica della terra, funzionando da azoto della terza triade,
è anche il carbonio della quarta triade del nostro raggio. In altre pa­
role, essa conduce la forza attiva che può così unirsi con l'ossigeno e
l'azoto corrispondenti. La terra è l'ossigeno, e la luna l'azoto, tramite
il quale le influenze della vita organica vengono trasmesse alla terra.
Ora, se suddividiamo il Raggio di Creazione in quattro triadi e se
ci ricordiamo che la somma di ciascuna triade è un particolare idrogeno,
otterremo quattro idrogeni o quattro densità della materia, o quattro
materie di differente densità, delle quali è composto l'universo. Ma
prima di studiare e di esaminare i reciproci rapporti di queste quattro
materie, dobbiamo studiare alcune delle altre leggi fondamentali che
governano la nostra vita. La legge fondamentale successiva alla Legge
del Tre, è la Legge delle Ottave.
C
Assoluto
Tutti i Mondi O
Tutti i Soli
N
202
Cosmologia
Assoluto
Tutti
mondi
3
Tutti
soli
6
Sole
12
Pianeti
24
Vita organica
48
Terra
Luna
Tutti i soli
Sole
Tutti i pianeti
c
o
N
Vita organica
Tutti i pianeti
Terra
c
o
N
Vita organica
Terra
Luna
c
o
N
Il Raggio di Creazione può essere considerato un'ottava discenden­
te. Dopo re, l'ottava ha il suo do: anche questo è l'Assoluto. Ci sono,
per così dire, due Assoluti: uno inizia il raggio, l'altro lo conclude.
Un Assoluto è il Tutto, l'altro è il Nulla. Ma non ci possono essere
due Assoluti, perché, per la sua stessa natura, l'Assoluto è uno; per­
tanto il 'Tutto' include il 'Nulla', oppure il 'Nulla' include il 'Tutto'.
La nostra mente è costruita dualisticamente e non può capire l'identità
degli opposti. Noi dividiamo tutto, anche l'Assoluto. In realtà, quella
che noi chiamiamo l'antitesi degli opposti esiste solo nella nostra con­
cezione del mondo, nella nostra percezione soggettiva del mondo. Ma
Cosmologia
203
anche se lo comprendiamo, non riusciamo a tradurre questa compren­
sione in parole; il nostro linguaggio non ha parole che includono si­
multaneamente la tesi e l'antitesi. Ma queste parole esistevano in alcu­
ne lingue antiche, nel sanscrito, per esempio. Si può prendere come
esempio la parola sat, che significa contemporaneamente 'essere' e
'non-essere' . Per noi questi due concetti sono opposti, e la nostra men­
te non può comprenderli come un'unica idea, cosl come non riesce a
comprendere le immagini di alcune divinità indù, che uniscono in sé
aspetti completamente opposti.
Nell'ottava cosmica il primo intervallo è riempito dalla Volontà
dell'Assoluto. La vita organica è lo speciale adattamento che riempie
l'intervallo tra i pianeti e la terra. Essa è stata creata sotto forma di
un'ottava laterale o addizionale, che comincia nel sole. Ora, se consi­
deriamo l'ottava cosmica nell'ordine del passaggio delle forze secondo
la Legge del Tre, otteniamo la prima triade, che consiste nei Mondi l ,
3, 6 che, nel loro insieme, danno l'idrogeno l . La seconda triade (6,
12, 24) dà l'idrogeno 2 . La terza triade dà l'idrogeno 3 e la quarta,
l'idrogeno 4 . Questi quattro idrogeni possono venire considerati corri­
spondenti ai quattro punti fondamentali dell'universo. La prima vo­
lontà corrisponde all'Assoluto, perché l'Assoluto ne entra a far parte
in qualità di forza attiva; la seconda volontà corrisponde al sole, la
terza alla terra e la quarta alla luna.
In seguito esamineremo il passaggio delle radiazioni tra questi quat­
tro punti. Consideriamo le radiazioni tra ogni coppia di punti sotto
forma di un'ottava. Otteniamo cosl tre ottave: Assoluto-sole; sole­
terra; terra-luna.
do
si
0 la
do· @ sol
si @ fa
l ta lsollta l
@) mi
@
�
re
204
Cosmologia
Bisogna notare che, sebbene ci siano sei intervalli, solo tre di essi
devono essere riempiti dall'esterno. Gli intervalli tra do - si sono riem­
piti dalla Volontà dell'Assoluto, dall'influenza della massa del sole
sulle radiazioni che passano attraverso di esso, e dall'influenza della
massa della terra sulle radiazioni che passano attraverso di essa.
Il Raggio di Creazione
1 7 gennaio 1 935
O. Molte domande relative al Raggio di Creazione possono trovare
una risposta solo quando l'idea stessa del Raggio di Creazione è stata
compresa. Nel Raggio di Creazione non c'è nulla di nuovo, niente che
non conosciate, solo che i fatti sono disposti differentemente. Certi fat­
ti, come quello che noi viviamo sulla terra, che la terra è uno dei pia­
neti, che i pianeti sono parte del sistema solare, e altre cose del ge­
nere, sono ovvi, ma quando pensiamo al mondo in cui viviamo, di so­
lito non li disponiamo nello stesso ordine. Tuttavia, la disposizione
è necessaria anche per la soluzione di qualsiasi problema ordinario:
come nella comune aritmetica, bisogna disporre i propri dati in un
certo modo, un modo che implica la comprensione di come risolvere
il problema. Lo si definisce enunciazione del problema, e anche il
Raggio di Creazione è una specie ·di enunciazione del problema di
come definire il posto dell'uomo nel mondo. Ciò significa non solo
l'esatta collocazione dell'uomo, ma anche il collegamento di tale col­
locazione al maggior numero di punti di riferimento che sia possibile.
Pertanto dobbiamo stabilire quale sia il posto dell'uomo sulla terra,
poi il posto della luna, poi quello dei pianeti, del sole e così via. In
tal modo possiamo capirci l'un l'altro quando parliamo del mondo.
Innanzitutto il Raggio di Creazione viene studiato dal punto di vista
del linguaggio, ma ci sono anche molte altre idee che sono collegate al
Raggio di Creazione.
Ci può essere una certa difficoltà solo nella comprensione dell'idea
dell'Assoluto. Per esempio, è stato chiesto perché la Volontà dell'Asso­
luto non si manifesta nel nostro mondo. La legge dell'Assoluto è la
sua Volontà. Questa disposizione dei dati mostra che la Volontà del­
l'Assoluto, a differenza delle leggi meccaniche di questo mondo, non
si può manifestare nel nostro mondo perché per farlo dovrebbe di­
struggere tutti gli altri mondi intermedi. Cercate di riflettere su que­
sto, è molto importante. Entro certi limiti, questa idea può essere ca­
pita distinguendo in se stessi i momenti di 'volontà' e i momenti in
cui le cose si limitano a procedere meccanicamente. Mi riferisco alla
Cosmologia
©
o
O
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H3072
205
206
Cosmologia
'volontà' nel senso in cui tale parola viene usata nella vita ordinaria,
nella comune conversazione, e non nel senso di volontà creativa. In
certi momenti della vita si debbono fare sforzi, in altri le cose si li­
mitano ad accadere, continuano ad andare avanti, una dopo l'altra. Per
esempio, si è addormentati e non ci si vuole alzare; poi si fa lo sforzo
di alzarsi, dopo di che per molto tempo le cose accadono senza sforzo,
procedono in modo del tutto naturale. E supponiamo che si giunga a
un altro momento: si è rimandato a lungo di scrivere una lettera, poi
si fa uno sforzo e si prende la penna. Se considerate le cose da questo
punto di vista, capirete che la Volontà dell'Assoluto non può essere
manifestata dalla meccanicità, ma può solo dare l'impulso iniziale.
Il raggio di Creazione offre la possibilità di studiare alcuni principi
molto importanti, senza i quali è impossibile capire il mondo: il prin­
cipio della relatività e il principio della scala. Ma di questi parlerò in
seguito, quando avremo un po' più di materiale.
Il principio della scala è una cosa semplice. L'idea è che possiamo
sapere molto di più di quanto ordinariamente sappiamo, se da una
parte studiamo le cose adeguate e collegate a noi e, dall'altra, le cose
che sono più lontane da noi e che non hanno nessuna precisa relazione
con la nostra vita (in modo più astratto e su scala ridotta) . In tal
modo possiamo ottenere tutta la conoscenza necessaria senza dover stu­
diare troppo; possiamo sapere tutto ciò che ci è necessario, e tale co­
noscenza comprenderà pochissime cose inutili. Questo è l'unico modo
per ottenere la conoscenza necessaria, perché se si studia tutto indiscri­
minatamente, si finirà con il non sapere le cose necessarie.
Il principio di relatività entra in scena quando cominciamo a capire
che la nostra vita è sottoposta a diverse leggi. E non siamo sottoposti
a un solo insieme di leggi, ma a una grande quantità di leggi diverse.
Era stata fatta una domanda: " Quali sono le 48 leggi? " . Se pren­
diamo in considerazione le 4 8 leggi, dobbiamo capire che ciascuna di
esse è un sistema di leggi molto esteso. Una legge è rappresentata
dall'insieme delle leggi fisiche che esistono sulla terra; un'altra, di­
ciamo, dall'insieme delle leggi biologiche, e così via. Sappiamo qual­
cosa delle leggi fisiche e biologiche, ma ci sono molte leggi che ci so­
no completamente sconosciute. Per esempio, ci sono le leggi cosmi­
che che .non appartengono alle tre leggi della terra, ma sono relative
a un campo di azione più ampio, e che governano alcune cose che dal
nostro punto di vista appaiono banali e insignificanti. Per esempio, c'è
una legge precisa per cui ogni classe di esseri viventi può mangiare
soltanto un certo tipo di cibo (la cui densità varia entro certi limiti) .
L'uomo può mangiare le cose che vanno da una certa densità a un'al­
tra, da una certa qualità a un'altra, e non può cambiare questa legge,
Cosmologia
207
così come non può cambiare l'aria che respira o la temperatura alla
quale può esistere. Ci sono molte cose simili, e sono tutte leggi alle
quali la vita dell'uomo è sottoposta. Ma grande è la nostra ignoranza
a questo riguardo, non conosciamo molte cose in merito alle condi­
zioni in cui viviamo.
Il Raggio di Creazione è un aiuto, uno strumento o un metodo per
pensare in modo nuovo. Sappiamo della suddivisione dell'uomo in set­
te categorie, e anche ogni altra cosa dovrebbe essere divisa nello stesso
modo. Il pensiero ordinario è suddiviso in pensiero n. l , 2 e 3. Il
pensiero n. l è soprattutto imitativo; il pensiero n. 2 è più emotivo,
ed è basato su ciò che piace e ciò che non piace; il pensiero n. 3
è il pensiero teorico, logico, perfetto se resta entro i suoi limiti, ma
del tutto sbagliato quando viene applicato a cose che vanno al di là
delle sue capacità. Questo è tutto ciò che ci è noto nella vita comune.
Il pensiero n. 4 comincia con il Raggio di Creazione, e questa è una
cosa che dovete cercare di capire. Il Raggio di Creazione non è un'al­
tra teoria, simile alle altre che conoscete; è un certo riordinamento
del materiale già noto. E il pensiero n. 4 è un tipo di pensiero che
a poco a poco si libera da ogni contraddizione . Nel pensiero n . 3 ,
qualunque linea si prenda, si incontra immediatamente qualche altra
teoria che contraddice quella che si sta sostenendo. Nel pensiero n . 4,
non immediatamente, ma gradualmente, si arriva a comprendere che
è possibile pensare senza contraddizioni, è possibile capire che le con­
traddizioni in realtà non sono contraddizioni.
Il pensiero ordinario ha sempre molte contraddizioni. Per ogni ted­
ria ve n'è una opposta. Per esempio, se prendiamo in considerazione
il mondo, o pensiamo che esiste una specie di Volontà Divina che
crea e protegge ogni cosa, o pensiamo che le cose semplicemente ac­
cadono da sé. Un altro esempio è la contrapposizione tra volontà e
meccanicità, oppure tra predestinazione e casualità. Quando si studia
il Raggio di Creazione, si vede che in esso sono contenute tutte queste
cose. Queste opinioni sono giuste da un certo punto di vista, e il
Raggio di Creazione le comprende tutte. C'è una teoria per cui la
mente umana, così come la conosciamo, non può inventare una men­
zogna assoluta, non può inventare nulla che non abbia una qualche
relazione con la verità. Qualunque cosa la mente umana possa inven­
tare, sarà sempre una parziale rappresentazione della verità. Per esem­
pio, se un uomo cerca di disegnare un nuovo animale, dovrà servirsi
di parti di animali conosciuti. Egli non può inventare qualcosa che
non è mai esistito, ma deve servirsi del materiale tratto dalla reale
osservazione della vita. E così non può inventare una teoria che sia
completamente sbagliata. Il Raggio di Creazione vi mostra come tutte
208
Cosmologia
le teorie contraddittorie che riguardano la predestinazione o la libertà,
la libertà di scegliere, il libero arbitrio, oppure, se volete, la volontà
divina e la meccanicità, e così via, possono essere riconciliate in un
unico sistema; vi mostra come nel loro insieme queste opinioni, cia­
scuna delle quali rivela un aspetto della verità, non si contraddicono
l'un l'altra. Una cosa è giusta in un certo contesto, e un'altra cosa
è giusta in un altro contesto, ma sono sbagliate entrambe se vengono
applicate alla totalità. In seguito capirete che non si possono appli­
care certe cose alla totalità, perché la totalità non è un'unità, ma è assai
varia, ha moltissimi aspetti. Ecco che cosa ci rivela il Raggio di Crea­
zione. Ogni opinione ha il suo contesto, mostra un aspetto della tota­
lità, ma non rappresenta la totalità, e in relazione alla totalità è
sbagliata.
La Legge del Tre va capita in una forma più complessa di quanto
può sembrare a prima vista. È del tutto vero che ci sono tre forze.
Ma si deve capire che esse non differiscono l'una dall'altra nello stesso
modo in cui l'attività differisce dalla passività, secondo la nostra co­
mune concezione dei termini. L'attivo e il passivo sono entrambi at­
tivi; una forza non può essere passiva, le forze sono tutte attive. Ma
in un dato momento si manifesta una certa differenza nella loro atti­
vità, e questa differenza è la causa di tutta la varietà del mondo.
Inoltre, ogni forza che al momento può essere attiva, il momento
dopo, in un'altra triade, può diventare passiva, o neutralizzante, e que­
sto cambiamento delle forze, il fatto che una diventa l'altra, crea
tutti i fenomeni che noi osserviamo. Ma anche questo non è suffi­
ciente. Bisogna capire che ci sono precise combinazioni di forze. Tutti
i fenomeni che osserviamo, tutte le nostre azioni, tutte le azioni degli
altri, tutto ciò che osserviamo può essere diviso in classi precise. Que­
sti diversi tipi di avvenimenti non hanno nulla in comune, producono
risultati differenti, necessitano di sforzi differenti, e così via. Queste
divisioni sono molto difficili perché le classi sono molto estese; inol­
tre non vediamo la terza forza, vediamo solo i risultati.
Se ci viene insegnato, possiamo distinguere due tipi di azione. Per
esempio, il primo tipo sono le azioni violente, come l'incendiare una
casa. L'altro tipo di attività è costruire una casa. L'azione mediante la
quale si brucia una casa non è sufficiente per costruire una casa. Il
terzo tipo è più difficile a vedersi. Le azioni che appartengono al pri­
mo tipo sono azioni violente o avvenimenti naturali. Quasi tutti i
fatti biologici appartengono al primo tipo. Pertanto la prima triade
non si riferisce solo alla violenza, ci sono molte cose comuni della vita
che appartengono a questa categoria, come la nascita, la morte e così
via. La maggior parte delle attività umane appartiene al secondo tipo,
Cosmologia
209
anche se una buona parte di esse appartiene al primo tipo. Il secondo
tipo significa sempre sforzo o sacrificio.
Al primo tipo appartengono o i fenomeni naturali o la violenza.
Quando diciamo che le cose accadono in modo naturale, ciò significa
che esse accadono per mezzo della prima triade. Una volta è stato
chiesto : " Se le cose accadono naturalmente, se siamo naturalmente
sottoposti a 48 leggi, perché dovremmo cercare di cambiare? " . Ma
tutta la nostra vita consapevole e intenzionale è una lotta contro ciò
che è naturale. Se ci limitiamo a voler seguire ciò che è naturale, non
ci muoveremo mai dal punto morto in cui ci troviamo.
Forse qualcuno può trovare un esempio del terzo tipo. Forse si
possono individuare riferimenti al terzo tipo di triade nel Nuovo Te­
stamento, e probabilmente anche in altri scritti. Per esempio : " Mise­
ricordia io voglio e non sacrificio ", si riferisce al terzo tipo, sarebbe
un'azione per mezzo della terza triade (ma la parola 'misericordia' non
è giusta, poiché il significato è alquanto diverso).
Ora dobbiamo cercare di capire la seconda grande legge cosmica, la
Legge del Sette. Le triadi si riferiscono agli avvenimenti; ogni sin­
golo avvenimento, grande o piccolo che sia, significa un certo incon­
tro di tre forze. Ma una successione di avvenimenti procede secondo
la Legge del Sette, la Legge dell'Ottava. Se, in modo molto elemen­
tare, consideriamo l'universo in quanto consistente di vibrazioni, os­
servando queste vibrazioni si noterà che esse non continuano nello
stesso modo in cui sono iniziate. Sia che le vibrazioni aumentino o
diminuiscano, c'è una certa irregolarità nella loro diminuzione o nel
loro aumento. Se prendiamo in considerazione l'aumento di vibrazioni,
è stato notato che in un periodo tra un certo numero di vibrazioni
e il raddoppiamento di tale numero, ci sono due luoghi o due mo­
menti nei quali le vibrazioni rallentano, per poi ripartire. Poi si è vi­
sto che questo aumento procede con un'irregolarità che ha una certa
regolarità. Questa irregolarità regolare è stata calcolata ed è stata
espressa con una certa formula. Tale formula, che è l'espressione di
una legge cosmica, fu poi applicata alla musica, dando luogo alla scala
maggiore. Ma in precedenza essa esisteva già come formula di una
certa legge cosmica.
Per studiare gli avvenimenti, se li consideriamo singolarmente, dob­
biamo capire le triadi, a quale triade appartiene ciascun avvenimento,
e cosl via. Se consideriamo invece la successione degli avvenimenti,
dobbiamo conoscere le ottave discendenti e ascendenti. È impossibile
capire le ottave senza sapere se sono ascendenti o discendenti, e pro­
prio questo accade nel pensiero ordinario, quando si studiano le ot­
tave ascendenti scambiandole per discendenti, e viceversa.
210
Cosmologia
Il Raggio di Creazione può anche essere spiegato come un'ottava,
e considerato una successione di avvenimenti. Il primo intervallo è
riempito dalla Volontà dell'Assoluto. Per poter riempire l'intervallo
tra i pianeti e la terra, è stato creato a livello cosmico uno speciale
strumento, una speciale macchina. Questa macchina è la vita organica
sulla terra. La vita organica ha un ruolo molto importante nel Raggio
di Creazione; essa garantisce la trasmissione delle energie e rende pos­
sibile la crescita del Raggio. Il punto di crescita del Raggio è :la
luna. L'idea è che la luna diventerà come la terra, e la terra come
il sole; allora apparirà un'altra luna e continuerà cosl fino a un certo
punto. Ma questo è un po' al di là delle nostre possibilità. La vita
organica è una specie di apparato ricevente per raccogliere le influenze
che provengono dai pianeti del sistema solare. Inoltre, svolgendo que­
sta funzione, servendo da mezzo di comunicazione tra la terra e i
pianeti, la vita organica nutre la luna. Tutto ciò che vive serve gli
scopi della terra; tutto ciò che muore nutre la luna . In un primo
tempo può sembrare strano, ma quando capiamo le leggi che gover­
nano la vita organica, le leggi sulle quali essa è fondata, capiremo
che tutta la vita organica si basa su una legge molto dura, la legge
per cui una classe di esseri viventi si nutre di un'altra classe di esseri
viventi. È un ordinamento molto crudele, che tuttavia permette alla
vita organica non solo di essere autosufficiente, ma anche di nutrire
la luna e di servire alla trasmissione delle energie. In tal modo essa
serve lo scopo dei mondi più grandi, dei pianeti, della terra, e della
fine del Raggio di Creazione: la luna. Pertanto la vita organica è
utile per molti scopi.
Ora sorge la domanda: " Come possiamo provarlo? " . Potremo tro­
vare certe prove in seguito, per analogia, studiando l'uomo, perché
l'idea è che l'uomo è fatto in base agli stessi principi del Raggio di
Creazione. Ci sono molte cose che non possiamo dimostrare oggetti­
vamente, ma che forse potremo provare studiando noi stessi.
Il Raggio di Creazione contraddice molte opinioni generalmente ac­
cettate, ma non è in contraddizione con nessuna teoria veramente scien­
tifica. Ma la nostra mente è piena di speculazioni affatto prive di ogni
scientificità; una di queste speculazioni è la teoria nebulare, secondo la
quale il sole è il più giovane e la luna la più vecchia (se si prendono in
considerazione sole, terra, luna). Generalmente si suppone che il sole
sia il più giovane, che si raffredderà e diventerà come la terra, e che
la terra si raffredderà e diventerà come la luna. Ma dal punto di vista
del Raggio di Creazione questa è una teoria del tutto sbagliata: il sole
è il più vecchio e la luna è la più giovane. La luna non è ancora com­
pletamente nata, ma è prossima alla nascita.
Cosmologia
211
D. Avete usato la parola 'sforzo' in relazione al secondo tipo di
triade?
O. Si, sforzo e sacrificio. In certi casi, come vedrete in seguito a
proposito del corpo umano, il funzionamento procede senza sforzi vi­
sibili, perché si tratta di materia e macchinario altamente organizzati.
Ma anche in questa circostanza, in alcuni momenti è necessario lo
sforzo.
D. Può dare un esempio di persone che scambiano un'ottava di­
scendente per un'ottava ascendente?
O. Supponiamo di incontrare dei selvaggi, una popolazione selvag­
gia; pensiamo che siano primitivi, e che cominceranno a sviluppare
la civiltà e la cultura. Ma non ci rendiamo conto che nella maggior
parte dei casi sono i discendenti di uomini civilizzati . Molto spesso
scambiamo la degenerazione per evoluzione.
D. La scala ascendente significa sempre miglioramento?
O. Ancora una volta, forse si, forse no. L'idea di un'evoluzione
meccanica è uno dei peggior tipi di speculazione; non vi è mai stata
una prova, nessuno ha mai visto un solo esempio di tale evoluzione.
Dovrebbe significare la formazione autonoma di elementi più com­
plessi a partire da elementi meno complessi. Ciò equivale ad aspet­
tarsi che una casa possa erigersi da sé, a partire da un mucchio di
mattoni.
D. Qual è l'azione reciproca che avviene tra la terra e la luna?
O. L'azione della luna sulla nostra vita è puramente meccanica.
Potrebbe essere più semplice capire se considerate che la luna agisce
da sé, per puro peso, sulla nostra vita, e riceve in cambio energie
superiori, materie superiori, che a poco a poco la rendono viva. Se
ricordiamo i quattro tipi di energia (meccanica, vitale, psichica e con­
sapevole) , ciò significa che la luna agisce per mezzo dell'energia mec­
canica, semplicemente con il suo peso, come un elettromagnete.
D. La Legge del Tre funziona negli avvenimenti in successione?
O. Si, sempre, ma le forze cambiano il loro valore; ciò che era
attivo diventa passivo, e ciò che era passivo diventa neutralizzante.
All'inizio prendiamo in considerazione la comune definizione di ener­
gia e materia. Un certo tipo di energia funziona in un certo tipo di
materia. Qualsiasi tipo di materia diviene leggermente differente quan­
do media il funzionamento di una forza attiva; intendo dire diffe­
rente rispetto alla medesima materia che serva da conduttore a una
forza passiva o neutralizzante. Prendete il ferro: quando attraverso
di esso passa una forza attiva, è un tipo di ferro; quando è una forza
passiva ad attraversarlo, è un altro tipo di ferro. Se si prende il me­
desimo ferro quando non è attraversato da nessuna forza, è un quarto
212
Cosmologia
tipo di ferro. Questi quattro tipi di ferro, quattro tipi di materia,
hanno differenti denominazioni : vengono chiamati carbonio, ossigeno,
azoto o idrogeno, secondo il tipo di forza che li attraversa. Ogni ma­
teria che non sia in relazione a una triade, può essere chiamata idro­
geno; in altre parole, è una materia che non è in rapporto con nes­
sun'altra cosa. Ma in una triade qualsiasi materia può essere chiamata
carbonio, ossigeno o azoto. In un secondo tempo vi mostrerò una Ta­
vola degli Idrogeni dove è possibile, mediante il semplice uso di
cifre, avere le precise definizioni di tutte le materie secondo la loro
funzione in rapporto all'uomo .
D. Se si considerano gli avvenimenti al posto della materia, si può
dire che essi sono di tipo diverso a seconda della forza che agisce
tramite loro?
O. Sl, certo, gli avvenimenti saranno completamente differenti a
seconda di quale triade sta funzionando. È interessante, vedete, per­
ché noi tutti sappiamo, per esempio, che la stessa frase, le stesse
parole, possono avere un significato diverso a seconda di chi le dice.
Se è una persona a dirle, esse avranno un significato, ma se è un'altra
persona a dirle, il significato sarà differente. Oppure la stessa persona
può dirle in momenti diversi, e il significato sarà diverso.
Tutto ciò sembra soltanto complicato, ma vedrete presto che è
molto semplice. Non include nuove informazioni, o solo molto poche,
ma con l'aiuto di questo linguaggio saremo in grado di parlare di
cose nuove mentre con la lingua ordinaria è quasi impossibile, perché
le nostre parole sono troppo vaghe, non sono abbastanza precise.
La crescita nel Raggio di Creazione
1 0 gennaio 1 938
D. Nel Raggio di Creazione la parola 'crescita' sembra usata per il
processo in cui le materie più sottili diventano più dense. Nell'uomo
avviene il contrario.
O. La parola 'crescita' ha molti significati. Il Raggio di Creazione
è su scala enorme. Crescita significa espansione. Lei ha perfettamente
ragione dicendo che nel corso dell'espansione le materie più sottili
diventano più dense.
Il collegamento tra i pianeti e la terra
9 febbraio 1 938
Uno dei difetti della conoscenza ordinaria è che essa considera le
cose troppo separatamente. Le cose sono più collegate di quanto pen-
Cosmologia
213
siamo. Non c'è una cosa che non sia collegata. Se ci si affida al co­
siddetto punto di vista scientifico comune, le cose vengono conside­
rate troppo separatamente. Per esempio, considerate la questione del
collegamento tra i pianeti e la terra. Negli ultimi quindici anni ci
sono state molte nuove teorie scientifiche, soprattutto nella geologia,
che sono molto interessanti e che corrispondono esattamente alle idee
di questo sistema. A dire il vero, questo indirizzo nel campo della
geologia è iniziato molto tempo fa, ma non era mai stato espresso
come una teoria precisa in nessun libro. L'insoddisfazione per le teo­
rie correnti ha avuto inizio più di quarant'anni fa e comincia ora a
dare risultati. Sono apparsi alcuni libri che pongono la geologia su
basi completamente differenti da ciò che si pensava quarant'anni fa,
e in queste nuove idee non c'è praticamente nulla che non corrisponda
esattamente a questo sistema. Se siete interessati, troverete molto
materiale, per esempio, sul significato della vita organica e su tutto
ciò che è in relazione a essa, sul significato della vita organica per lo
sviluppo della terra. La vecchia scienza, la scienza del diciannovesimo
secolo, considerava la vita organica sulla terra come un accidente, ma
la moderna geologia ha provato in modo definitivo che essa è il fat­
tore più importante per la vita sulla terra. La superficie della terra, o la
vita sulla terra, sarebbe completamente differente senza la vita organi­
ca, e dunque non si tratta di un accidente.
In effetti, la geologia moderna sostiene che non si può provare che
sulla terra non sia sempre esistita la vita organica. Ciò non significa
che la vita organica sia sempre esistita ma, per quanto possiamo ca­
pire, non si può provare il contrario.
Se ciò vi interessa, procuratevi qualche libro moderno sull'argomen­
to. Io ne conosco due, che sono stati tradotti dal russo in francese
(ma è una traduzione molto cattiva) . Uno è La Géochimie di W . Ver­
nadsky, e l'altro La Biosphère dello stesso autore; ma probabilmente
questi non sono i soli libri, perché queste idee si manifestano sempre
in più menti.
Il Raggio di Creazione
1 0 febbraio 1938
D. Il Raggio di Creazione è un'ottava discendente?
O. Dal punto di vista dell'espansione, della differenziazione.
D. Non possiamo mai del tutto sfuggire alla conclusione che l'As­
soluto sia limitato a un qualche luogo spaziale.
O. Ma si tratta di spazio, anche se lo spazio comincia a manife-
214
Cosmologia
starsi solo nel Mondo 6 . L'Assoluto e il Mondo 3 sono al di là o al
di fuori dello spazio. Lo spazio è limitazione, e ciò comincia solo
nel Mondo 6.
D. Ricorda di aver detto che il tempo dell'uomo è la sua vita?
O. È il suo tempo. Il tempo della terra è la vita della terra. Il
tempo del sole è la vita del sole.
D. Che cosa è lo spazio per l'uomo, vita?
O. Lo spazio è la limitazione delle sue possibilità sulla terra. A
tale riguardo, è solo limitazione. In realtà spazio e tempo sono la
stessa cosa. Da un lato sembra spazio e dall'altro sembra tempo.
D. Allora in realtà è solo un fatto soggettivo?
O. C'è una limitazione oggettiva. Si può avere più tempo, si può
avere più spazio di quanto si ha.
D. Qual è il tempo medio per l'uomo?
O. Quanto può vivere un uomo? Quello è il suo tempo.
D. Qual è la relazione matematica tra questo tempo e il tempo
della terra e del sole?
O. Di questo parleremo in seguito. C'è una relazione. Avete mai
sentito parlare del tempo nei diversi cosmi?
D. Per quanto riguarda lo spazio e la limitazione, lo spazio non è
forse infinito?
O. No. Ciascun livello ha il proprio spazio. Vedete, noi non siamo
abituati a considerare praticamente queste cose. Per esempio, lo spa­
zio del sole è il sistema solare. Non può uscirne. Questa è limitazione .
Commentari riguardanti il raggio di creazione
28 giugno 1 938
O. Ho parlato dello studio dell'uomo e dello studio del mondo
in cui vive, prima di tutto per stabilire il suo posto nell'universo, e
in secondo luogo per capire perché l'uomo è quello che è, e perché
non può essere differente; perché si trova in tali circostanze. Non pos­
siamo trovare le risposte a tutte queste domande se studiamo l'uo­
mo separatamente dall'universo, dobbiamo studiarlo parallelamente
all'universo. In un certo senso, egli è analogo all'universo. Se con­
sideriamo l'universo nella sua totalità e l'uomo in relazione a esso,
capiremo meglio certe leggi studiando l'uomo, e capiremo meglio altre
leggi studiando l'universo. Per quanto riguarda lo studio dell'universo,
si deve innanzitutto capire il metodo che usiamo: studiamo l'universo
in base al principio della scala, considerato in maniera molto semplice.
Per esempio, voi conoscete la vostra casa, il luogo in cui vivete, su
Cosmologia
215
una scala proporzionata al vostro corpo, ma non conoscete la città in
cui vivete sulla stessa scala, la conoscete su scala molto più piccola;
ne conoscete soltanto le parti che avete bisogno di conoscere, i posti
dove dovete andare. Conoscete meglio alcune parti e altre meno, e
probabilmente non c'è luogo che conoscete bene come la vostra casa.
E conoscete l'Inghilterra su scala ancora più piccola. Lo stesso prin­
cipio viene usato per la geografia e per l'astronomia. Per esempio, stu­
diamo la terra su una scala perché viviamo sulla terra, ma conside­
riamo tutti insieme gli altri pianeti del sistema solare, perché non ab­
biamo bisogno di studiarli separatamente. In un modo o nell'altro essi
influenzano la nostra vita, ma si tratta soltanto dei pianeti del siste­
ma solare che conosciamo. I pianeti degli altri sistemi non li studiamo
affatto; ci limitiamo a prendere in considerazione i soli, includendo
tutto ciò che è sotto l'influenza di questi soli. In seguito, troverete
voi stessi esempi di questo metodo particolare. Normalmente, le per­
sone non pensano in questo modo e separano completamente lo studio
dell'universo dallo studio dell'uomo. Accumulano cosl una certa cono­
scenza, ma tale conoscenza non è in relazione ad alcunché.
Seguendo il nostro metodo, diverso dagli altri, noi studiamo l'uomo
in quanto parte della vita organica della terra. La vita organica è una
specie di sottile strato sensibile che ricopre la terra e che serve a un
certo scopo ben definito. In genere, possiamo dire che serve alla
comunicazione, perché senza di essa il sole, i pianeti e la luna non
sarebbero sufficientemente in comunicazione con la terra, e senza l'aiu­
to della vita organica molte cose andrebbero perdute. La vita orga­
nica assorbe le vibrazioni che provengono dall'esterno e le trasmette
alla terra. E questa funzione è condivisa dall'uomo, dagli animali e
dalle piante.
Noi siamo qui sulla terra. La vita organica, della quale facciamo
parte, è sottoposta a influenze di tutti i pianeti; siamo anche sotto­
posti a influenze del sole, a influenze di tutti i soli e, forse, di tutti
i mondi. Naturalmente, le influenze di tutti i mondi sull'uomo indi­
viduale sono assai limitate, ma sappiamo di essere influenzati dal sole.
Non sappiamo molto delle influenze della luna, ma essa ha una parte
molto importante nella vita organica. Se non si comprende che tutto
è collegato e che la vita organica dell'uomo sulla terra è collegata ai
pianeti e al sole, è impossibile capire la posizione dell'uomo e la sua
attuale vita cosl come esse sono. Per esempio, se non si capisce que­
sto diagramma, è impossibile capire un'espressione che viene usata in
relazione all'uomo: che egli vive in un posto molto brutto dell'uni­
verso; e che molte cose che noi consideriamo ingiuste, contro le quali
lottiamo, o cerchiamo di lottare, in realtà sono il risultato della posi-
216
Cosmologia
zione della vita organica sulla terra. Se fossimo sulla luna, le cose
andrebbero ancora peggio; non ci sarebbe nessuna possibilità di svi­
luppo. Ma sulla terra c'è una possibilità di svilupparsi, vale a dire,
noi possiamo sviluppare alcune nostre parti.
Le influenze planetarie ci raggiungono solo in minima parte. Gene­
ralmente, le influenze planetarie sono sentite solo dalle masse; per­
tanto le influenze planetarie sono responsabili delle guerre, delle rivo­
luzioni e delle altre cose di questo tipo; ma gli individui sono sotto­
posti àlle influenze planetarie solo in minima parte, perché nell'uomo
la parte che può essere influenzata dai pianeti, cioè l'essenza, è poco
sviluppata.
Entro certi limiti, l'uomo è anche sottoposto all'influenza del sole,
e può ricevere influenze molto elevate se sviluppa i centri superiori
e si collega con essi. Quindi, svilupparsi significa passare da un tipo
di influenze all'altro. Attualmente, siamo particolarmente sottoposti al­
l'influenza della luna. Se ci sviluppiamo, potremo essere più sensibili
alle influenze dei pianeti, del sole o ad altre influenze. Per poter
ricevere queste influenze dobbiamo diventare sempre più consapevoli.
D. In che modo siamo sotto l'influenza della luna?
O. La luna controlla i movimenti. Se muovo il braccio, è la luna
che lo fa, perché ciò non può avvenire senza l'influenza della luna.
La luna è come il peso negli orologi antichi, tutto il meccanismo si
muove a causa sua.
D. Perché i pianeti influenzano l'uomo a livello di massa e non
a livello individuale?
O. La parte dell'uomo che può essere influenzata dai pianeti è o
molto ridotta e poco sviluppata, o troppo mescolata con la persona­
lità. La personalità respinge tutte queste influenze, e l'uomo è sotto­
posto alla Legge dell'Accidente. Se l'uomo vivesse nell'essenza, sa­
rebbe sottoposto alle influenze planetarie o, in altre parole, alla legge
del fato. Se questo sarebbe o no un vantaggio, è un'altra questione;
in certi casi può essere meglio, in altri peggio ; in genere è meglio.
Ma i raggi planetari non possono penetrare nella personalità.
Le persone appartenenti alla massa sono soggette alle influenze pla­
netarie in parti del loro essere che sono sempre disponibili, e pertanto
le influenze riescono a influenzare le masse dell'umanità; ma normal­
mente non hanno effetto sugli individui, oppure accade molto rara­
mente.
D. Una folla è dotata di essenza e di personalità?
O. Ciascun individuo ne è dotato, ma per quanto riguarda una
folla, è un po' differente. La maggior parte delle persone di una folla
è costituita da uomini n. l , vale a dire uomini che vivono nel centro
Cosmologia
217
motorio e 1stmt1vo. Le principali forze motnc1 dell'uomo n. 1 sono
l'immaginazione e l'imitazione; e quando essi sono in potere dell'im­
maginazione e dell'imitazione, assorbono molto facilmente le influenze
meccaniche; iniziano a imitarsi l'un l'altro, e ne risulta un grande
effetto.
D. Il nostro scopo è svilupparci affinché gli individui siano sotto­
posti alle influenze planetarie?
O. Non saranno influenze individuali, ma dipenderanno dal pro­
prio tipo. Gli individui saranno invece differenti secondo la loro es­
senza.
D. Ci può dire di più sulle influenze del sole?
O. Queste cose le potete trovare normalmente nei libri. Ma le in­
fluenze consapevoli, o la possibilità di influenze consapevoli, verranno
da un'altra parte.
D. Non capisco che cosa lei intenda quando parla dell'influenza
consapevole del sole.
O. Non posso parlare di questo ora; ci arriveremo più tardi.
La Legge del Sette
12 giugno 1 945
O. Devo spiegare lo scopo per cui ho parlato della Legge del Sette.
Dobbiamo studiare gli intervalli e per arrivare a questo, dobbiamo
esaminare i gruppi e le regole di gruppo. Non parlo di scuole, perché
sarebbe troppo. Ma dobbiamo studiare le regole. Molte persone che
hanno studiato per anni non capiscono le regole. Solo usando le regole
nel lavoro di gruppo, si possono dare gli shook e si può mantenere
dritta la linea. Non c'è altro modo. Nei gruppi di scuola potete osser­
vare come si mantiene dritta la linea.
D. C'è un ordine secondo il quale queste regole debbono essere
osservate, con cui fare questi passi?
O. Non c'è una regola. Le regole vengono impartite di volta in
volta, ed è necessario discuterle. Ogni persona può dire ciò che ca­
pisce. Ma la discussione delle regole è una questione a parte. Tutte
le cose sbagliate accadono perché si vive come se i gruppi e le regole
non esistessero. Le regole sono necessarie per l'osservazione di sé e
specialmente per lo studio della Legge del Sette.
D. Per studio delle regole intendete l'osservazione della resistenza
alle regole?
O. No, no, ciò sarebbe formatorio. Considerate una certa regola
e capite quando viene applicata.
218
Cosmologia
D. Lei discuterà le regole in questa occasione?
O. Se vuole discutere le regole, trovi un momento in cui ne sto
parlando. Colga l'occasione.
D. Da dove hanno origine queste regole?
O. Dalla necessità. Possiamo anche considerare le regole che io stes­
so ho dovuto inventare. Ma c'erano già molte regole prima che noi
fossimo nati. Invece, le regole che ho dovuto creare sono state intro­
dotte perché erano necessarie. Per esempio, un gruppo andò male e
deviò. Cosl fui obbligato a separare il resto e a proibire di parlare
di quel gruppo. Se qualcuno desiderava parlarne, doveva andarsene
immediatamente ed entrare in quel gruppo.
D. La settimana scorsa ho sentito dire che lo shock è ineluttabile.
O. Sl, talvolta anche le regole sono ineluttabili. Si è in difficoltà
e si ricordano le regole. Ciò può essere di grande aiuto. Una signora
in Inghilterra ha chiesto: " Perché dobbiamo avere regole? " .
D. Per ottenere una certa consapevolezza, possiamo !imitarci a pen­
sare o dobbiamo lavorare per questo?
O. Ci vuole la scuola; e il gruppo. Questa è l'unica possibilità. Se
si lavora, si può capire di più.
D. Non capisco che cosa sia un'ottava discendente.
O. Prima di tutto, il Raggio di Creazione. Assoluto, Mondo 6, Via
Lattea, sole (nel senso di sistema solare), mondo planetario, terra, lu­
na : questa è l'ottava discendente. Poi considerate gli idrogeni, come
viene creato l'idrogeno 6. Mondo animale, mondo vegetale, riprodu­
zione. Tutto questo è un'ottava discendente. Aumenta la quantità.
D. Non capisco come la si possa mettere in relazione alla Legge del
Sette e alle vibrazioni.
O. Bene, se vogliamo parlare dell'ottava discendente, questa è un'ot­
tava discendente: la vita fisica, la crescita degli animali, delle piante,
i pesci, crescere, riprodursi. Tutto ciò è discendente.
D. L'ottava ascendente comincia a partire da noi, non è vero?
O. È ascendente solo il lavoro personale che crea consapevolezza in
noi stessi. Questo è solo un esempio che non richiede un'eccessiva
riflessione. E possiamo fare qualcosa su questa linea solo con l'aiuto
delle scuole.
D. Gli animali sono il termine di un'ottava discendente e l'uomo
è l'inizio di un'ottava ascendente?
O. Sl, se lavora. Se si limita a dormire, non si può dire che ci sia
un'ottava ascendente. Ma se incomincia a svegliarsi, sl, c'è un'oppor­
tunità.
[ Ouspensky appoggia sulla lavagna il diagramma del Raggi� di
Creazione] .
Cosmologia
219
L'intervallo è riempito dalla vita organica. Gli uomini n. l, 2, 3,
e per evitare inutili domande, n. 4 , vivono nella vita organica. L'uomo
n. 5 appartiene già a un mondo diverso. Egli è sottoposto alle leggi
del mondo fa ed è libero dalle leggi del mondo mi. Se lo sviluppo
continua, l'uomo n. ·6 appartiene al mondo sol e il n. 7 al mondo la.
D. Intende dire che l'uomo è ancora se stesso, ma non è più sottoposto a così tante leggi?
O. Non ho detto questo, ma si può dire cosl.
D. Questo è in relazione agli idrogeni superiori?
O. No, è meglio non fare confusioni. Stiamo trattando dell'uomo.
Un uomo può essere l , 2, 3, e divenire 4, poi 5 . In quanto uomo
n. 5, si suppone che egli viva nel mondo interiore.
D. A quale tipo di leggi può sfuggire l'uomo?
O. Alle leggi dettate dalla sua stupidità.
D. Capisco come potrebbe sfuggire alla Legge dell'Accidente, ma
non ne vedo altre.
O. Bene, può sfuggire ad alcune leggi dell'accidente. Molto utile.
D. Quale parte dell'uomo può essere sottoposta a fa? Non è possi­
bile nessun cambiamento fisico, pertanto chiedo: quale parte di lui?
O. Credo che si tratti dell'intero uomo. Non penso che in questo
caso si possano fare suddivisioni. Considerate l'uomo come un'unità.
Voi ricordate senz'altro il diagramma dei molti 'io'. Forse non sono
così tanti, alcuni non sono così persistenti. Ricorderete che l'uomo
n. 5 ha già un'unità. Il suo cervello non è così diviso. Non ci sono
tanti 'io' indipendenti. Bene, avete ricevuto la risposta alla vostra
domanda. Può essere utile.
D. Nei momenti di attenzione, l'uomo ha una maggiore unità ri­
spetto agli 'io'?
O. Forse. Ma non si può parlare di questo senza sapere qual è la
scala. Quanto questi momenti siano lunghi, quanto siano intensi, e
così via.
D. Le regole della scuola sono concepite per la crescita dell'essere?
O. Sì. Talvolta esse possono essere state create in qualche altra scuo­
la. Ma sono state tutte studiate per rafforzare le ottave.
D. Crede che siamo in grado di riconoscere un uomo n. 5 ?
O . Usate l'immaginazione. Questa è buona immaginazione. Immaginate l'uomo n. 5.
D. Veramente nessuna di queste leggi opera in modo ordinario?
O. Le leggi operano ovunque.
D. Possiamo capirle solo così come le capiamo?
O. Se le interpretiamo correttamente, possiamo capirle come le ca­
pisce un uomo n. 5. Alcuni possono comprendere, altri no. Così come
220
Cosmologia
alcuni possono scrivere poesie e altri no. Si tratta di un certo tipo
di percezione.
D. A questo punto, ci potrebbe dire qualcosa per aiutarci a ricor­
dare noi stessi?
O. Spiacente, non in questo momento. È necessario lo sforzo, sem­
pre più sforzo. Ma prima di sforzarsi bisogna capire. Immaginate un
uomo che ricorda se stesso. Non sto scherzando, ciò è molto utile.
D. Se ricordasse se stesso non sarebbe un uomo ordinario, non
è così?
O. Bene, immaginatelo. Non possiamo giudicare dai risultati fisici,
solamente fisiologici. Un uomo consapevole di se stesso, delle sue
azioni, sempre consapevole.
D. Tale consapevolezza implica il cambiamento della sua condi­
zione?
O. Deve essere così, solo che non possiamo riconoscerlo. Possiamo
trovare qualcosa in relazione al Diagramma del Cibo, ma questa non
è una prova.
D. Nell'uomo n. 5 il cambiamento non dovrebbe necessariamente
essere sempre lo stesso? Oppure dipende dal punto di partenza?
O. Sì, ma penso che ci debbono essere cambiamenti che ci possono
servire da sicura indicazione, come l'unità.
D. Quando dice di cercare di immaginare l'uomo n. 5, ciascuno
di noi ne immaginerà uno differente?
O. Sì, ma supponendo che coincidano.
D. Se cerchiamo di immaginare l'uomo n. 5 , potremmo trovare alcune coincidenze nelle nostre scoperte? Di carattere fisiologico?
O. È vero, potrebbe succedere.
D. L'uomo n. 5 è sempre il prodotto di scuole?
O. Non vedo nessun'altra possibilità. È già così difficile con l'aiuto
delle scuole, che non riesco a immaginare che sia possibile senza tale
aiuto.
D. Mi sembra che dovremmo sapere di più dell'uomo n. 4 .
O. L'uomo n. 4 è uno che s a ciò che vuole.
D. La settimana scorsa ho sentito dire che l'uomo n. 4 è sottoposto
all'influenza del Mondo 24, che consiste in vibrazioni. Ciò significa
che ogni mondo ha vibrazioni completamente diverse?
O. Tutti i mondi consistono in vibrazioni. Il Mondo 24 è per l'uo­
mo n. 5 e non per quello n. 4. Ricordate il Raggio di Creazione.
D. Che cosa si intende esattamente per vibrazione?
O. In questo caso, equivalgono a leggi. Il Mondo l , una legge; il
Mondo 3, tre leggi, e così via.
D. L'uomo n. 5 ha la personalità?
Cosmologia
221
O. Chiedeteglielo. Come posso saperlo? Perché no? Ma non può
avere due personalità, oppure tre.
D. La settimana scorsa ci ha suggerito di usare la nostra immagi­
nazione . . .
O. Per uno speciale scopo.
D. . .. per accertare come potrebbe essere un uomo che ricorda se
stesso.
O. Ebbene, lo avete scoperto?
D. Per quanto ho potuto capire, egli non sarebbe colpevole di emo­
zioni negative.
O. Molto piacevole.
D. Inoltre, sarebbe in grado di controllare la sua immaginazione,
che non potrebbe diventare negativa.
O. Anche questo è molto piacevole.
D. Sarebbe\ un uomo incapace di avere rapporti con l'uomo così
come è attualmente.
O. Ebbene, tni dispiace ma non posso farci niente, questa è la sua
conclusione.
D. Quando otterremo i nostri shock ?
O. Quando ne abbiamo bisogno, se preghiamo come si deve.
D. Non si deve sviluppare la volontà per riempire gli intervalli?
O. Se si può, certamente, è la cosa migliore. Ma non si può aspet­
tare di sviluppare la volontà, bisogna saper correre il rischio.
D. È possibile misurare un'ottava nel nostro tipo di studio?
O. No, nessuno è in grado di misurare le ottave. Lo si può fare
solo nella musica. Negli altri casi se ne vedono i risultati e solo quan­
do è troppo tardi. Ma se si è sottoposti a regole, si è avvisati al mo­
mento giusto, e si è indotti a svoltare al momento giusto. Questo
è ciò che si può ottenere.
La prossima volta vorrei parlare nuovamente della Legge del Tre.
Ci sono sei attività. Voglio che le studiate e che capiate con quali
ottave procedono. Ma non possono essere paragonate. Ciò che nel­
. l'una è giusto, nell'altra è sbagliato.
D. È sbagliato cercare di usare per ogni attività la forza di volontà?
O . Non abbiamo volontà. Mi dica per quanto si può ricordare di
lei. Per quanto riesce ad arrestare i pensieri senza addormentarsi e
senza dimenticare ciò che sta facendo?
D. Mi riferivo all'uso della forza di volontà in altre attività, come
il forzarsi a fare certe cose.
O. Mi dica per quanto si può ricordare di sé, e io le dirò quanto
le ci vorrà per arrivare alla forza di volontà .
D. L'ottava discendente viene mai usata nel lavoro di scuola?
222
Cosmologia
O. Noi viviamo grazie alle ottave discendenti, siamo nati a causa
di un'ottava discendente. Se vogliamo seminare del grano o allevare
conigli, dobbiamo usare le ottave discendenti: crescere, moltiplicare, di­
minuire. Tutta la vita è popolata da milioni di ottave discendenti.
D. Ciò riguarda tutto quello che facciamo? Tutte le piccole ottave,
i milioni di ottave discendenti, entrano a far parte di ciò che facciamo
quotidianamente?
O. Non ho parlato di quello che facciamo, ho parlato di quello
che fa tutta la natura.
D. Che dire di attività ordinarie, come il cucire?
O. Non siamo noi ad agire. Noi guardiamo e osserviamo. Crediamo
di fare, ma è la natura che fa.
D. Ogni attività ha la sua piccola ottava?
O. Ce n'è una per ciascuna.
D. Lei dice che le vibrazioni delle ottave discendenti sono mani­
festazioni della natura. Ora, l'ottava ascendente ...
O. L'ascendere è il lavoro di scuola. Non se ne conosce nessun'altra
forma. Tutto il resto è discendente, in una forma o nell'altra.
D. Come possiamo sapere quando incominciamo a deviare dalla linea dritta?
O. Lo sappiamo sempre.
D. Ma non sempre sappiamo con esattezza in che momento.
O. Talvolta sappiamo esattamente in che momento accade, talvolta
lo sappiamo entro mezz'ora.
D. Lei ha detto che osservare le regole può agire come uno shock?
O. Non l'osservare le regole, ma usare le regole, ricordare le regole,
seguire le regole. In questo modo produciamo azioni, risultati.
D. C'è qualche motivo per cui parliamo sempre di tre ottave?
O. Quali, le Tre Ottave di Radiazione? Le tre ottave della macchina umana?
D. Mi sembra che parliamo sempre di tre.
O. Le cose son fatte cosi, perché? Perché era il modo più opportuno.
D. Vincere la tendenza a esprimere le emozioni negative può darci
lo shock che ci è necessario?
O. Si, se avete agito bene. Ma ciò vuoi dire realmente bene. Non
vincerle una volta, e poi tornare a esprimerle.
D. In che modo possiamo sapere di aver deviato dalla linea dritta?
O. Non so. Abbiamo una linea dritta? Nell'architettura si possono
vedere linee dritte che non sono visibili nella natura. Ma per questo
sono necessari strumenti.
D. In questo momento la cosa più importante per il nostro svilup­
po è conoscere di più le regole ?
Cosmologia
223
O. È sempre utile, è sempre utile sin dall'inizio. Solo in questo si
può sempre trovare un aiuto.
D. Dobbiamo sempre pensare a possibili regole e poi fare domande?
O. No, no. Ho detto che l'immaginazione può essere di aiuto, ma
non nel caso delle regole.
D. Ma come possiamo scoprire quali sono le regole?
O. Dovete conoscerne almeno una. Cominciate da quella e ne potrete trovare un'altra.
D. L'uomo n. 5 ha il controllo delle emozioni.
O. Per lo meno di alcune. Più di noi, comunque.
D. Ciò significa che in lui non si manifestano emozioni negative?
Che l'uomo n. 5 può liberarsi di esse?
O. Possono manifestarsi, ma le può controllare. Può trasformare le
emozioni negative in positive.
D. Mi sembra di aver capito che l'attività superiore dell'uomo, cioè
il lavoro di scuola, sia un'attività consapevole.
O. È senz'altro più consapevole che ammazzare le mosche. Ma non
è consapevole. Bisogna stare attenti con questa parola.
D. Posso chiedere qual è l'effetto del giusto funzionamento dei centri sullo stato di ricordo di sé?
O. Lo aiuta.
D. Come si può giungere al controllo del funzionamento dei centri?
O. Si deve pensare in modo corretto. Cosl è più facile. Noi abbiamo
un certo controllo del pensiero. Dunque possiamo imparare a pensare
correttamente.
D. Quando l'uomo usa i suoi centri in modo corretto, le sue atti­
vità cambiano?
O. Questa è una domanda importante. Più avanti, ma non ora, ciò
sarà collegato ai tipi.
D. Ho cercato di capire perché mi è difficile comprendere l'idea
delle ottave discendenti; se penso a una sinfonia, alla risoluzione di
un problema scientifico, all'apprendimento di una lingua, alla costru­
zione di una casa, riesco a vedere solo ottave ascendenti.
O. Perché? È tutto meccanico. Perché dovrebbero essere ascendenti?
D. Tuttavia penso al crimine e alla distruzione come ottave di­
scendenti.
O. Perché? Potrebbero essere ottave ascendenti. In ogni caso, è del
tutto ingiustificato definire il crimine discendente.
D. Questo modo di pensare sbagliato dipende dal livello da cui
vedo le cose?
O. In un'ottava ascendente, qualcosa deve ascendere. Se non sa­
pete che cosa, allora deve essere discendente.
224
Cosmologia
D. Il risultato determina la direzione di un'ottava?
O. Si, se lo si capisce correttamente.
D. Se deviamo dal nostro scopo e ce ne allontaniamo, ma poi le
nuove impressioni e una nuova comprensione stimolano la ripresa
dello sforzo, in che relazione è tutto questo all'ottava?
O. Si continua, ma in una direzione sconosciuta.
D. Che rapporto c'è tra il nostro studio e l'ottava di evoluzione?
O. Bene, potremmo dire che è una preparazione.
D. Una preparazione al primo passo?
O. A ciò che precede il primo passo.
D. Ci sono ottave non finite, che terminano a mi o a si?
O. L'universo deve essere pieno di ottave non finite. Come le no­
stre vite, piene di cose incominciate e mai finite.
D. Quando un'ottava cambia direzione a mi e a si, ciò implica un
cambiamento di attività?
O. Un cambiamento può implicare che anche tutto il resto cambi .
D. Quando in un'ottava viene raggiunto un intervallo, bisogna im­
piegare una diversa attività, una diversa triade, per impedire all'ot­
tava di cambiare direzione?
O. Bisogna impiegare qualcosa, ma non si sa che cosa. Ci vuole
uno scuotimento particolare.
D. Il 'bene' è sempre collegato a un'ottava ascendente?
O. Si, è collegato a certe cose. Ma non sarei cosi categorico. È ve­
rissimo che è collegato a uno sviluppo della consapevolezza. Ciò che
accade, non può essere definito 'bene'. Può accadere una buona cosa,
non c'è nessuna legge che lo impedisca, ma non ci si può fidare. Il
bene deve essere creato. Non può accadere accidentalmente. Il male
può accadere accidentalmente.
l cosmi
O. Cercate di ricordare quello che avete sentito dire sui cosmi,
perché è una divisione molto interessante. È diversa dal Raggio di
Creazione. Nel Raggio di Creazione abbiamo preso in considerazione
la mappa astronomica del mondo dove non esiste l'uomo. In questo
caso incominciamo con l'uomo. L'uomo fa parte della vita organica;
la vita organica è sulla terra ; la terra è uno dei pianeti del sistema
solare, e il resto è lo stesso che nel Raggio di Creazione.
Nel mondo ci sono sette cosmi, dall'Assoluto all'uomo. Essi hanno
denominazioni greche : 'Protocosmo' (l'Assoluto) ; 'Megalocosmo', che
significa grande cosmo (Mondo 3) ed è anche chiamato 'Haghioco­
smo'; 'Macrocosmo' (Mondo 6) ; 'Deuterocosmo' o secondo cosmo (Mon-
Cosmologia
225
·do 1 2 ) ; 'Meso (mediano) cosmo' (la terra); 'Tritocosmo' o terzo co­
-smo (la vita organica) ; e 'Microcosmo' (l'uomo) .
Nei libri appaiono le espressioni 'Macrocosmo' e 'Microcosmo', ma
nient'altro. Sono frammenti di un insegnamento più completo riguar­
dante i cosmi. Il macrocosmo e il mictocosmo sono cosl lontani tra
1oro che in realtà non c'è nessun collegamento.
Cercate di ricordare quello che ho detto prima sul respiro. Il re­
spiro è una misura di tempo. Il nostro respiro è di circa tre secondi.
-È una misura cosmica; non può essere né allungato né accorciato. Lo
·stesso vale anche per le ventiquattro ore : in parte dormiamo, in parte
siamo attivi. Anche questo fa parte di disposizioni cosmiche. Nella
vita organica gli individui sono più o meno sulla stessa scala, sono
·cioè sottoposti alla stessa legge. E si deve capire una cosa che è inte, ressante: il giorno e la notte dell'uomo, il sonno e la veglia, le ven­
tiquattro ore, rappresentano il respiro della vita organica.
Questo è tutto il materiale che ci fu dato a Pietroburgo, e dal quale
·dovevamo dedurre tutto il resto. Innanzitutto bisognava trovare il
rapporto tra il respiro e le ventiquattro ore, pertanto dividemmo le
-ventiquattro ore per tre secondi. Il risultato fu 30 .000, e ci ricordam­
mo che 30.000 era anche il rapporto tra le velocità dei centri . Poi
-dividemmo tre secondi per 30 .000 e questo diede il risultato di
1 / 1 0 .000 di secondo, che corrispondeva alla più rapida impressione
visiva. Poi moltiplicammo le ventiquattro ore per 30.000, ottenendo
ottantadue anni, vale a dire la lunghezza media della vita umana.
Avevamo dunque ottenuto quattro cifre : 1 / 1 0 .000 di secondo, tre
'Secondi, ventiquattro ore, e ottantadue anni. Ne parlammo e G . disse
che era perfettamente giusto, che avevamo trovato i valori esatti e
'il loro significato, e che tali valori corrispondono a disposizioni cosmi­
�he che riguardano tutti i mondi. I rapporti tra queste cifre sono
ripetuti in tutti i mondi. Se si moltiplica per 30 .000 si va alla destra
-del diagramma; se si divide per 30.000, si va alla sinistra dell'uomo
nel diagramma. Pertanto, quello che per noi è un respiro, per la vita
organica è un'impressione; quello che per noi è giorno e notte, per
1a vita organica è un respiro, e così via. Così nella vita organica l'im­
pressione più rapida è di tre secondi; il respiro è di ventiquattro ore;
·n sonno e la veglia corrispondono a ottant'anni. Per la terra, l'im­
pressione è di ventiquattro ore; il respiro, di ottant'anni; giorno e
notte, due milioni e mezzo di anni. Per il sole, l'impressione è di
.-ottant'anni.
Dunque, la vita dell'uomo corrisponde alla più rapida impressione
visiva del sole. E così, se potesse vederci, la nostra vita di ottant'anni
:per il sole non sarebbe altro che un lampo.
226
Cosmologia
La relazione tra i cosmi è differente dalla relazione tra gli elementi
del Raggio di Creazione. Ogni cosmo è tridimensionale. Contempora­
neamente, un cosmo è in rapporto a un altro come zero all'infinito.
Ogni cosmo è vivo ed è costituito secondo le stesse leggi. Entro
certi limiti ogni cosmo è analogo a un altro, e il loro tempo è basato
sulla stessa legge. Ma ciascuno ha il proprio tempo.
Tuttavia, i cosmi non sono completamente analoghi gli uni agli
altri. Per poter capire tutte le leggi relative ai cosmi, si devono pren­
dere in considerazione tre cosmi e li si deve studiare parallelamente.
Nel loro insieme essi daranno tutte le variazioni delle leggi. Ma non
le potrete capire da un solo cosmo.
D. Lei intende l'infinito come un termine esatto o Io usa solo come
un elemento di paragone?
O. Lo intendo nel modo ordinario : come il limite di un possibile cal­
colo. Significa il rapporto tra un'unità a un certo numero di dimensio­
ni e un'unità a un numero maggiore di dimensioni. Equivale a un'ul­
teriore dimensione. Infatti, sebbene i cosmi siano di per sé tridimensio­
nali, nello stesso tempo un cosmo è quadridimensionale rispetto a un
altro cosmo. Se considerate l'uomo come tridimensionale, rispetto al­
l'uomo la vita organica sarà a quattro dimensioni, la terra a cinque di­
mensioni, il sole a sei dimensioni; e, poiché ci sono solo sei dimensioni,
ciò significa che l'uomo non esiste nel Macrocosmo, che esiste solo nel
sistema solare. Ricordate quante volte avete chiesto che cosa signifi­
casse l' 'immortalità nel contesto del sistema solare' ? Vedete, si dice
cosl perché l'uomo non esiste al di fuori del sistema solare.
D. Perché lei dice che d sono solo sei dimensioni?
O. Sei dimensioni corrispondono alla realizzazione di tutte le pos­
sibilità. Tutto è compreso in sei dimensioni.
D. Il tempo della vita organica è 30.000 volte più veloce del tempo
dell'uomo?
O. Dovete riflettere su questo.
D. Non c'è il pericolo di confondere il tempo con ciò che accade
nel tempo? Queste due cose non sono in realtà identiche?
O. No, c'è una differenza. Il tempo in realtà si basa sulla perce­
zione immediata. Nel nostro caso, la velocità di percezione per unità
di tempo è di 1 / 10 .000 di secondo; per il sole è di ottant'anni. Ciò
mostra la differenza tra l'uomo e il sole e vi dà un'idea di quanto
il tempo dell'uomo sia differente da quello del sole.
D. Ciò significa che l'intera vita di un uomo può essere racchiusa
in un istante della vita del sole?
O. No, la vita dell'uomo è la vita dell'uomo. Non può essere ri­
dotta ad alcunché. Tuttavia, se il sole fosse in grado di vedere la vita
Cosmologia
'
227
dell'uomo, non sarebbe altro che un istante. Ma per l'uomo rimane
quella che è.
D. E il tempo
dell'uomo finisce con la sua vita?
·
O. Viene misurato dalla sua vita. Non può essere certo misurato
al di fuori della sua vita. Quello che lei chiama il tempo dell'uomo
è il tempo quale viene osservato dal centro intellettuale. Se riusciamo
a essere consapevoli in relazione ai centri motorio e istintivo, siamo
anche in grado di capire qual è il tempo della vita organica. Il centro
emotivo superiore è al livello dei pianeti e il centro mentale superiore
è al livello del sole.
D. È possibile procedere verso sinistra nel Diagramma dei Cosmi?
O. Sì, è possibile. Anche se ci limitiamo a prendere in considera­
zione altri due cosmi, il successivo corrisponderà a quello che viene
definito 'il secondo microcosmo', e questo corrisponde alla cosiddetta
'grande cellula'. La sua vita è di ventiquattro ore. Quello ancora dopo
sarà il 'terzo microcosmo', 'la piccola cellula'. Per ora, ecco cos'è im­
portante a questo proposito: se la capacità di essere consapevoli nel
centro istintivo equivale alla capacità di essere consapevoli sulla scala
del livello superiore, ciò vuoi dire anche che possiamo essere consa­
pevoli sulla scala . di quello inferiore. Se la capacità di comprendere il
tempo aumenta in una direzione, aumenta anche nell'altra. Se questa
capacità si estende ancora di più in una direzione, si estenderà in mo­
do corrispondente anche nell'altra.
D. La terra ha una consapevolezza?
O. È dotata di intelligenza. Per quanto riguarda la consapevolezza,
non si sa. Ogni cosa ha un'intelligenza, cioè ogni elemento che ha
un'esistenza separata, una funzione particolare. Indubbiamente ogni
cosmo ha la propria intelligenza.
D. Mi sembra che tutti i diversi tipi di tempo alla fine si riducano
alla stessa cosa.
O. Ciò significa che lei pensa in modo sbagliato. Cerchi di capire
le implicazioni di tutto questo. Lei può già vèdere che l'uomo non
esiste nel Macrocosmo, e questo vuoi dire qualcosa. Cerchi di trovare
tutte le altre implicazioni.
D. Quando dice che l'uomo non esiste, è nello stesso senso per cui
un atomo non esiste?
O. L'uomo non esiste in alcun modo dopo il sole. Se la sesta di­
mensione finisce con il sistema solare, non c'è altro posto. Ricordate
che una volta ho detto che questa tavola non consiste in atomi? È
éollegato a questo.
D. Ciò significa che le cellule muoiono in ventiquattro ore?
O. Alcune cellule muoiono in ventiquattro ore, e sono cellule mol-
228
Cosmologia
to importanti. Si sa ben poco riguardo alla reale vita delle cellule.
Per quanto riguarda le piccole cellule, non è assolutamente possibile
stabilire nulla. Tutto ciò che sappiamo può solo provenire dal lavoro
di una mente superiore.
D. Non capisco che cosa significa intelligenza, quando lei ne parla
in questo modo.
O. L'insieme di tutte le capacità di conoscere e di adattarsi. Credo
che questo sia sufficiente per definirla. Conoscenza e adattamento.
D. Come possiamo incominciare a pensare che il sole e la terra
ricevono impressioni?
O. Si può pensare solo dal punto di vista numerico, e si può con­
siderare come tutto sembrerebbe diverso a tale velocità di percezione.
Ma la differenza sarebbe troppo grande. Prendete in considerazione la
vita organica e l'uomo, e capirete come tutto ciò che vediamo, i co­
muni fenomeni come il movimento delle stelle, l'evidente movimento
del sole, i fenomeni atmosferici come la pioggia e la neve, cambie­
ranno con il cambiare della percezione. Infatti, tutte le nostre osser­
vazioni del mondo sono basate. su di una particolare velocità di per­
cezione, che non cambia mai. Se cambiasse, per esempio, passando
alla velocità di percezione del centro istintivo, allora l'intero mondo
cambierebbe. Si può cosl capire come tutto ciò che attualmente ve­
diamo in realtà è un fatto soggettivo.
Se considerate di nuovo questo diagramma, vedrete che è possibile
calcolare queste misure di tempo. La vita del Protocosmo sarà equi­
valente a un numero di ventinove cifre. Per quanto riguarda questo,
ci sono alcune analogie molto interessanti di cui parleremo in seguito .
Si possono dire o pensare molte cose in relazione a questa tavola
dei tempi. Non è tutto qui. Ci sono molti altri dettagli, ma innanzi­
tutto si debbono capire i principi fondamentali da cui ha origine e
il suo significato reale.
D. Che cosa intende per intelligenza?
O. L'intelligenza di questo tavolo, per esempio, è la sua capacità
di adattamento. In circostanze molto asciutte, si restringerà un po' o
potrà anche sbriciolarsi. In caso di umidità, si espanderà leggermente.
Ci sono molte cose di questo genere. Indubbiamente la capacità di
adattamento degli oggetti inanimati è molto limitata, ma è quel che
intendiamo per Intelligenza. Talvolta ne possiamo vedere manifesta­
zioni molto interessanti, e ce ne sono molte che non riusciamo a
osservare, perché sono troppo veloci o troppo lente. La materia vi­
vente ha molta più intelligenza. Anche un vegetale ne ha di più. Può
girarsi verso il sole, può assorbire certe sostanze e rigettarne altre. La
materia morta come quella di questo tavolo è al livello di H 1536 e
Cosmologia
229
ha una capacità di adattamento molto limitata. Il legno di un albero
vivente è assai più intelligente, più adattabile.
Ecco come possiamo fare confronti. Con queste cose si procede
molto lentamente ed è impossibile spiegarle a parole. Dobbiamo cer­
care i fatti.
D. Dire che il tempo è una dimensione dello spazio ci aiuterà
a capirlo?
O. No, non sarà di nessun aiuto. Invece ci aiuterà trovare in noi
stessi analogie relative al tempo nei diversi cosmi. Ecco perché ne
abbiamo parlato in relazione ai centri, quando cioè abbiamo parlato
dei diversi tempi dei diversi centri. La relazione esistente tra i centri
è in un certo senso simile a quella tra i diversi cosmi. Così va stu­
diato il tempo. Il metodo filosofico non sarà di nessun aiuto. Può es­
sere molto interessante, molto utile, ma non ai fini pratici.
D. Una violenta tempesta, che dura ventiquattro ore, è qualcosa
che la terra non può percepire?
O. Oppure per la terra potrebbe avere un significato completamen­
te diverso, una forma del tutto diversa.
D. Come possiamo pensare alla terra?
O. Bisogna capire che la terra non è soltanto un corpo rotondo,
stazionario, ma è anche in moto. Per esempio, se il nostro presente
psicologico è di tre secondi, il presente della terra sarà di ottant'anni.
In questo periodo la terra gira intorno al sole ottanta volte, e il sole
si sposta nella propria direzione, per cui sarà un corpo molto compli­
cato, e non una semplice sfera, a produrre tutto questo movimento.
E dovete anche ricordare che la luna si muove intorno alla terra,
formando una specie di guaina entro la quale si muove la terra, e
questa è una forma completamente differente. L'altro giorno c'è stata
una domanda sull'influ.enza delle stelle e ho risposto che l'influenza
delle stelle deve essere molto limitata. Tutti i pianeti sono circondati
dai loro satelliti. Pensate al sistema solare e considerate questa con­
dizione dei tempi differenti; avrete un'immagine completamente di­
versa da quella di un insieme di sfere immobili. Tutto è collegato,
tutto forma un unico corpo.
D. Queste scale sono puramente ipotetiche?
O. No, si suppone che provengano da una mente superiore, che
dovrebbe conoscere la verità. Ma sono state adattate per la nostra
mente. Non possono essere complete e intere. I principi sono corretti,
ma tra di essi ci sono grandi spazi vuoti. Noi dobbiamo cercare di
fare qualcosa con questi frammenti e in tal modo arriveremo a una
comprensione più completa. Se i princìpi fossero esposti integralmente,
non saremmo in grado di capirli.
230
Cosmologia
Abbiamo parlato dei cosmi più piccoli dell'uomo. Il secondo mieto­
cosmo, la cellula, ha una vita di ventiquattro ore. Il terzo, la piccola
cellula, ha una vita di tre secondi. Poi c'è un quarto microcosmo, lo
possiamo chiamare molecola; e un quinto, l'elettrone. L'esistenza della
molecola sarà di 1 / 1 0.000 di secondo, e quella dell'elettrone ancora
più breve. Potete dunque capire che è solo superstizione scientifica
dire che è possibile conoscere queste cose. Si crede di poterle vedere,
ma non è possibile. Si possono vedere solo le tracce; non i corpi in
movimento, ma ripetizioni di movimenti . Vedete, questa tavola dei
tempi dimostra molto bene l'impossibilità del principio di Aristotele,
per cui ogni cosa è sempre la stessa. Su scale differenti, le cose sono
differenti. Il principio di Aristotele fu formulato semplicemente per
confutare l'ordinaria concezione del miracolo: alberi che camminano ,
cani che possono parlare e così via. Nel nostro giardino gli alberi
non camminano, dunque essi non possono camminare in nessun giar­
dino. Questa era l'idea di Aristotele. Ma se le cose hanno un tempo
differente, non possono essere analoghe. Non potete aspettarvi di ve­
dere una molecola che esiste per 1 / 1 0 .000 di secondo.
D. Se la vita dell'elettrone è così breve, è come se fosse non esi­
stente per l'uomo?
O. Sì che esiste, ma solo in forma di ricorrenza, come nella luce.
Non possiamo vedere l'elettrone, ma che cosa sono i raggi di luce?
Ricorrenza di elettroni. Ecco che cosa sono i cosiddetti 'quanti'. Ve­
dete, gli scienziati scoprono un fenomeno e gli danno un nome, ma
non riescono a spiegarlo.
D. L'arte può cambiare l'intelligenza della materia?
O. Forse. Stiamo parlando solo della densità dal punto di vista co­
smico, e dell'intelligenza che varia a seconda della densità. È del tutto
possibile che l'intelligenza della materia possa essere cambiata dal­
l'arte, così come un pezzo di una macchina è forse più intelligente
di un semplice pezzo di ferro. Ma questo non cambia il principio.
Inoltre ci sono altre cose. Per esempio, in un secondo tempo voi
vedrete che l'intelligenza, oltre che dalla densità, è misurata in base
a ciò che se ne serve come cibo. Infatti tutte le cose che sono nel
mondo o mangiano qualcosa o sono mangiate da qualcosa, e questo
determina il loro posto. Ogni cosa nel mondo, dai metalli sino al­
l'Assoluto, è cibo per qualche cosa. L'Assoluto non serve da cibo ad
alcunché.
Tutto Io studio dei cosmi è lo studio del rapporto tra questo tempo
e quello dei differenti cosmi. Vedrete che ciò costituisce un ottimo
fondamento per pensare in modo nuovo. Si deve trattare con tali dif­
ferenze, numeri e quantità ! Ma si deve imparare a trattare con que-
Cosmologia
231
ste cose. Quando ci parlò dei cosmi, G. disse che la scienza e1 la filo­
sofia hanno inizio dai cosmi e che senza questa idea non sono nulla.
Cercate di capirlo.
E certamente questa tavola del tempo è un'appendice molto impor­
tante del sistema. In seguito vedrete come si può ritrovare questa
conoscenza in diversi sistemi, negli antichi sistemi. Infatti ne sono
rimaste alcune tracce.
Potete usare questa tavola dei tempi per pensare in modo nuovo.
Se ricorderete questo diagramma, includendovi i piccoli cosmi, avrete
un'enorme gamma di quantità a cui pensare. Dovete imparare a ren­
dere più facile la visualizzazione, a rendere più facile il confronto.
Se vi limitate a pensare a un numero di ventisette cifre, ciò in realtà
non significa nulla. Ma forse potrete riuscire a renderlo più accessibile.
Vedete, ci sono due problemi. Pensate a un orologio : è un sistema
di diverse ruote; finché gira la ruota più grande, devono esistere an­
che le ruote più piccole. L'intero meccanismo deve esistere simulta­
neamente. Ma allo stesso tempo le ruote più piccole si consumano.
Ecco dove si presenta l'idea della ripetizione. Le ruote più piccole
esauriscono la loro vita, e la loro vita viene ripetuta fintanto che la
ruota più grande ne ha bisogno. Se la ruota più grande scompare,
scompaiono anche le ruote più piccole. Dunque, quando arriviamo alle
piccole quantità di cui possiamo vedere i risultati visibili, ciò significa
che stiamo considerando la loro ripetizione e non il loro tempo. Do­
vete cercare di capirlo. Non possiamo vedere gli elettroni perché essi
esistono per un tempo troppo breve. Quando vediamo la luce, vedia­
mo la quinta e la sesta dimensione: il ripetersi della vita dell'elet­
trone. Ecco perché non possiamo dire che cos'è la luce.
Nella filosofia indiana si dice che " Brahma inspira ed espira l'uni­
verso ". Questo coincide con la nostra tavola dei tempi, se a Brahma
sostituite il Protocosmo. Il respiro di Brahma corrisponde alla vita
del Macrocosmo, della nostra galassia. Si possono trovare molti fram­
menti simili. Per esempio, 'Il Giorno e la Notte di Brahma', 'Un'Età
di Brahma', 'un giorno della luce è mille anni del mondo', 'mezza
miriade di anni è un sold anno per la luce', e così via.
La tavola del tempo
21 marzo 1938
D. Se la più rapida impressione della terra è di ventiquattro ore
ed essa gira attorno al proprio asse, in che modo la terra vede se
stessa?
O. Ciò significa che la terra non sa di girare. Forse noi tutti gi-
232
Cosmologia
riamo così e non lo notiamo, perché avviene troppo rapidamente. Se
girassimo alla stessa velocità della terra non potremmo mai render­
cene conto.
In tal caso forse ci potremmo vedere come rotondi. La terra vede
se stessa in modo completamente differente, non come noi la vedia­
mo. Essa ha due movimenti, uno attorno al sole e l'altro insieme ai
sole, e pertanto potrebbe avere qualche forma strana. Potrebbe asso­
migliare a una mucca, per esempio, o a un uccello; non si sa .
Non sappiamo come la terra vede se stessa
25 aprile 1 938
D. Ha detto che non si sa a cosa assomiglia la terra. Mi pare che
abbia aggiunto che il suo movimento è una spirale. Non ho capito
che cosa voleva dire con quelle parole. Se la terra si muove secondo
una spirale, ciò significa che ogni cosmo si muove a spirale?
O. In realtà è una cosa molto semplice. lnnanzitutto, ho detto che
non si sa come la terra veda se stessa. Ho detto che, per esempio, se
consideriamo il respiro come il presente (per noi, tre secondi) sappia-·
mo di poter rimanere per tre secondi a guardarci in uno specchio ..
Conosciamo la forma del nostro corpo, le sue dimensioni e così viar
in relazione alle altre cose nella stanza. Ora, in che modo la terra
può vedere se stessa in un periodo di ottant'anni? Ho detto che in
ottant'anni, la terra gira ottanta volte attorno al sole. Ciò significa
che forma una spirale attorno al sole, una spirale ellittica . Ma allo
stesso tempo si muove obliquamente con il sole. Dunque, se conside­
riamo questa spirale dalla forma molto allungata che allo stesso tempo·
si muove obliquamente con il sole, avremo una forma alquanto dif­
ferente. Non conosciamo tutti i movimenti del sole, ma comunque
ci sono parecchi altri movimenti che cambieranno ulteriormente la for-­
ma del corpo della terra nel corso di ottant'anni. Senza dubbio la
terra non si potrà vedere quale noi la immaginiamo, un corpo rotondo­
nello spazio. Essa vedrà se stessa in modo completamente diverso, ma
come, non si sa.
Per quanto riguarda gli altri cosmi, ci sono differenti cosmi e per­
ciò non posso rispondere. Sono diversi e in posizioni diverse.
Il diagramma dei piani
24 marzo 1 938
O. Bene, comincerò a parlare del nuovo diagramma. Ma prima devo
spiegare alcune cose.
Cosmologia
233
Molto spesso mi vengono poste domande riguardo agli animali. lo
dico sempre che l'uomo non è un animale. È alquanto differente.
Bisogna capire che dal punto di vista del sistema tutti gli esseri vi­
venti, tutti gli animali della terra, incluso l'uomo, sono divisi in tre
categorie: a tre piani, a due piani, a un piano. L'uomo ha tre piani;
gli animali, due piani; e gli animali più elementari, come il lombrico,
hanno solo un piano. Pertanto tutti gli 'esseri viventi' hanno tre, due
o un piano. Queste categorie differiscono tra loro e sono sottoposte
a leggi diverse. Conoscete la normale classificazione scientifica, che
raggruppa gli esseri viventi in famiglie, specie, o in base a ciò che
mangiano (carnivori, erbivori, onnivori, e così via) oppure in base
al modo in cui nascono (se vivipari, ovipari, eccetera) . Ci sono molte
e diverse divisioni e in realtà sono tutte insoddisfacenti, perché con­
fondono molti elementi e non si basano su un unico principio ge­
nerale di divisione. Nel sistema invece c'è un unico principio ben
definito di classificazione. In un primo tempo sembra troppo sempli­
ce, e si è portati a pensare che secondo questa divisione molti esseri
differenti possono appartenere alla stessa categoria. In realtà, invece,
questa classificazione è molto precisa e rigorosa, nonostante sia sem­
plice.
Quello che mangiano;
Quale aria respirano;
In quale ambiente vivono.
Se la interpretate nel modo giusto, vedrete che sulla terra non ci
sono due esseri identici. Sono tutti differenti. Non esistono due ani­
mali che mangino la stessa cosa, respirino la stessa aria, e vivano
nello stesso ambiente. Per poterlo capire, bisogna pensare corretta­
mente e trovare molti esempi.
Ricordo una conversazione che ho avuto qualche tempo fa con un
dottore che venne a farmi visita a Lyne. Egli non faceva parte del
sistema. Stavamo passeggiando e andammo a vedere i maiali. Mi disse
quanto il maiale fosse vicino all'uomo, forse l'animale più vicino, per
la lunghezza degli intestini e molte altre cose, per il fatto che è anni­
voto e così via. In realtà egli si sbagliava terribilmente; il maiale è
molto lontano dall'uomo. Mangia cose completamente differenti. L'uo­
mo morirebbe se mangiasse lo stesso cibo. Il maiale può facilmente
vivere di sole ptomaine per un lungo periodo. Dunque vedete che
è pericoloso accettare le classificazioni puramente scientifiche.
Le possibilità di alimentazione dell'uomo sono limitate all'idrogeno
768. Tutti gli altri animali possono mangiare anche altre cose oppure
non riescono a cibarsene completamente. Anche gli animali simili, co-
234
Cosmologia
me l'asino e il cavallo, in realtà sono del tutto differenti. Non possono
avere esattamente la stessa dieta. Il cavallo probabilmente morirebbe
con la dieta dell'asino, e l'asino diverrebbe troppo grasso con la
dieta del cavallo.
D. Non capisco che cosa intende con 'quale aria respirano'.
O. Proprio questo. Per esempio, consideri l'ape. Il cibo dell'ape
è superiore al nostro, ma l'ape può vivere nell'alveare, e questo è im­
possibile per l'uomo. Non potrebbe sopravvivere con quell'aria.
D. Molti uccelli possono mangiare le stesse cose, non è vero? Vi
sono moltissimi uccelli che si nutrono di vermi.
O. Ma mangiano vermi differenti.
D. Che cosa intende per 'ambiente' ?
O . L'uomo vive nella stessa aria che respira. Una larva, per esem­
pio, può vivere in un fiore, in ciò che mangia. Quello è il suo am­
biente, mentre il nostro ambiente è l'aria. I pesci vivono nell'acqua,
ma respirano la nostra stessa aria.
Devo avvertirvi che questo diagramma va considerato in modo del
tutto distinto da tutti gli altri. Non è parallelo a nessun altro e le
espressioni usate non possono essere spiegate con termini connessi ad
altri diagrammi. È su scala del tutto differente ed è completamente
diverso. Se cercate di tradurlo in un altro linguaggio, non ne otterrete
nulla.
Enneagramma
Abbiamo visto l'aspetto esterno della struttura geometrica del sim­
bolo. La sua forma è determinata dall'espressione della Legge del Sette
su cui è basata l'ottava. È simmetrica relativamente al tono do, cioè
in un certo senso il tono do può essere considerato come neutraliz­
zante. Quando abbiamo parlato dell'applicazione della Legge delle Ot­
tave alla struttura degli elementi chimici, ogni sostanza ottenuta se­
condo un certo ordine aveva simbolicamente il nome di un idrogeno
di differenti gradi di densità e di altre qualità che la determinavano
come materia. In base alla Legge del Tre, essa era costituita di ma­
terie attive, passive e neutralizzanti, che venivano corrispondentemente
denominate carbonio, ossigeno e azoto, ottenendo la seguente strut­
tura:
c
o
N
(
H
Nello stesso senso in cui il tono do è il risultato e contemporanea­
mente neutralizza l'ottava, anche l'idrogeno fu quindi considerato con-
Cosmologia
235
temporaneamente come risultato e come neutralizzante, cioè come se
fosse simile all'azoto . La materia dell'idrogeno è una sintesi, è il ri­
sultato dell'interazione di tre sostanze: il carbonio attivo, l'ossigeno
passivo, uniti dall'azoto neutralizzante, vale a dire che è costituito
secondo la legge dell'unità una e trina.
Nello stésso modo il tono do, l'apice indicato dal numero 9, nel suo
insieme è costituito in base alla stessa legge: il triangolo 9-3-6 che
unisce questi tre punti in un unico insieme, punti che non entravano
a far parte del periodo (chiamiamo cosl la complessa figura geome­
trica dentro il simbolo) , unisce insieme la Legge del Tre e la Legge
del Sette. Solo i tre numeri precedentemente nominati non entrano
a far parte del periodo. Due di essi corrispondono alle regole della
scala, il terzo è, per cosl dire, superfluo, ma tuttavia sostituisce il
tono fondamentale che non era entrato a far parte del periodo. Ma
se ricordate che ogni cosa o fenomeno capace, secondo la legge della
relatività, di interagire con un fenomeno simile (che ha 'uguali diritti'),
risuona come il tono do di un'ottava corrispondente, forse vedrete
in questo il simbolo del fatto che do può uscire dal suo cerchio ed
entrare in una relazione precisa con un altro cerchio, cioè che esso
in un altro ciclo ricopre il ruolo che nel fenomeno in considerazione
è svolto dagli shook che riempiono gli intervalli dell'ottava. Ecco
perché anche in questo caso, avendo tale potenzialità, esso è colle­
gato dal simbolo di tre-in-uno con quei punti dell'ottava in cui avven­
gono shock a causa di principi estranei, in cui l'ottava è permeabile,
per potersi collegare a ciò che è fuori di essa. La Legge del Tre ri­
sulta dalla Legge del Sette ; il triangolo si delinea per mezzo del pe­
riodo e queste due figure, combinate assieme, danno la struttura in­
teriore dell'ottava e i suoi toni, la sua struttura atomica, per cosl
dire . . . [ Segue una spiegazione sul posto degli intervalli] .
Le leggi di simmetria sono poco studiate in Occidente, ma proba­
bilmente anche voi conoscerete la cosiddetta asimmetria simmetrica,
cioè una precisa simmetria che apparentemente manca di simmetria.
Il simbolo che esaminiamo è l'immagine della più perfetta sintesi della
Legge delle Ottave, poiché [l'ottava] simmetrica deve formare e con­
tenere in se stessa la simmetria che abbiamo appena nominato. Inol­
tre, indicando evidentemente l'intervallo in un luogo sbagliato, mo­
strerà a quelli che sono capaci di leggere il simbolo, quale shock, e
dove, sarà richiesto per portare si a do. Ciò spiega la circostanza già
nominata nella conferenza sui meccanismi della struttura del mondo,
cioè, che il passaggio di la-si ha, dal punto di vista della differenza
del numero delle vibrazioni dei toni, una lunghezza maggiore di tutti
gli altri passaggi nell'ottava. Parimenti, le indicazioni del simbolo nei
236
Cosmologia
riguardi dello shock necessario nell'intervallo mi-fa sono quasi esatte,
ma ora non posso parlarne dettagliatamente. Tutto ciò che posso dire
è che dovete ricordare il ruolo di questi shock nei processi che hanno
luogo nell'uomo e nell'universo. Se esaminiamo l'applicazione della
Legge delle Ottave ai cosmi, anche se prendiamo in considerazione il
solo piano terrestre, essa viene espressa così :
re
do
si
la
sol
fa
Sole
mi
re
do
si
la
Terra
Si è detto che il passaggio da do a si, il riempimento dell'intervallo,
avviene all'interno dell'organismo del sole . Quando abbiamo parlato
dell'Assoluto, è stato chiaramente detto che questo passaggio è un
atto interno di volontà. Ma il passaggio fa-mi avviene meccanicamente,
per mezzo di una speciale macchina, la quale permette al fa che vi
entra di acquisire le proprietà del sol sovrastante, senza cambiare il
proprio tono, dopo una serie di processi; unitamente a questo, essa
dà al fa la capacità di un passaggio indipendente (una riserva di ener­
gia interna, per così dire) per la trasformazione nel tono successivo
(mi, in questo caso). La stessa cosa accade in tutti i processi. Se esami­
niamo i processi di nutrizione e quelli relativi al funzionamento del­
l'organismo umano, vi troveremo gli stessi intervalli e gli stessi shock.
L'uomo ingerisce tre tipi di cibo. Ogni cibo è l'inizio di una nuova
ottava.
Per scoprire le proprietà dell'intervallo, dobbiamo esaminare accu­
ratamente la prima ottava del cibo nel piano inferiore. Quando esso
nel suo processo di trasformazione raggiunge la fase che corrisponde
alla nota mi (il terzo), si avvicina all'intervallo, che non può superare
senza aiuto. Il secondo do viene in suo aiuto (l'aria che entra con il
respiro), passa in re e, unendosi al terzo mi, Io fa passare in fa. Il
cibo e le bevande di cui ci nutriamo nella stragrande maggioranza
dei casi, vengono introdotti nell'organismo in quantità molto più gran-
Cosmologia
237
di di quanto è richiesto. Non possono essere completamente assimi­
lati, cioè il processo chimico mediante il quale il corpo fabbrica le
sostanze necessarie per l'esistenza richiede una stretta corrispondenza
tra le parti componenti. Per chiarire questo, prenderemo qualche esem­
pio dalla chimica. Il sale comune è una combinazione, in certe condi­
zioni, del metallo sodio con il gas cloro. Se prendiamo 23 libbre di
sodio e 35,5 libbre di cloro, otterremo esattamente 58,5 libbre di
sale comune. Ma se invece delle 23 libbre di sodio, ne prendiamo 30 ,
e la quantità di cloro rimane invariata, le 7 libbre eccedenti di sodio
non entreranno in combinazione. Analogamente, se con 23 libbre di
sodio prendiamo 40 libbre di cloro, ne rimarranno inutilizzate 4,5
libbre. In entrambi i casi otterremo 58,5 libbre di sale comune . In al­
tre parole, sodio e cloro si combinano secondo un rapporto costante
di pesi, nella proporzione 2 3 : 35,5. Tutti gli elementi chimici hanno
questa particolarità delle proporzioni costanti e tutti i pesi atomici
sono stati calcolati in base a questa proprietà. Nello stesso modo, per
fabbricare nell'organismo una sostanza con precise proprietà, bisogna
introdurre la materia grezza in una quantità definita che corrisponde
esattamente a quella della materia con la quale entra in combinazione.
Ciò si riferisce sia all'aspetto quantitativo che a quello qualitativo del
fenomeno. Il cibo che entra nell'organismo umano è trasferito dalla
materia trasformata nella fase del ]0 mi nella sostanza della fase del
3° fa, mediante una combinazione chimica con il do dell'aria. Ciò
significa che il processo della respirazione entra in interazione con il
processo di assimilazione e di digestione del cibo. La materia finale
di tale processo sarà una materia della fase del ]0 si, che richiede un
nuovo shock per passare al do finale. Poiché il diagramma che stiamo
esaminando mostra che al processo prendono parte tre ottave, la loro
influenza si riflette nel risultato finale e ne determina la qualità. In
altre parole, nel passaggio graduale da una fase a un'altra, ci sono
ovunque precisi elementi determinanti. Si deve usare la materia della
fase del 3° si per ottenere un risultato conosciuto in precedenza, che
determina la qualità e la quantità della sostanza richiesta. Ecco perché
gli esercizi respiratori, senza la conoscenza di tutte le leggi, non da­
ranno i risultati voluti. Ma anche supponendo che un uomo sappia
regolare le parti componenti del processo, i due elementi determinanti,
il cibo e la respirazione, ciò non sarà sufficiente. In questo caso biso­
gna conoscere ed essere capaci di regolare il terzo elemento determi­
nante, cioè il cibo del piano superiore, la prima ottava, quella che
in questa circostanza abbiamo denominato ipoteticamente come 'im­
pressioni'. Il risultato richiesto viene ottenuto solo nel caso di una
completa e armoniosa corrispondenza di tutti e tre i tipi di cibo, ot-
238
Cosmologia
tenuta intensificando o indebolendo le diverse parti del processo. Ecco
perché gli esercizi respiratori non strettamente coordinati con tutti
gli altri processi a loro collegati possono recare all'uomo danni irre­
parabili. Lo shock che viene dall'esterno, tramite la materia dell'aria
e il processo meccanico della respirazione, e riempie l'intervallo mi-fa,
è simile allo shock che riempie questo intervallo in qualsiasi altra
ottava. E il processo di sviluppo dell'ottava all'interno del corpo uma­
no, la trasformazione del . 3° do del cibo, tramite una serie di fasi,
nel do dell'ottava successiva, è simile agli stessi processi che avven­
gono altrove. Quando abbiamo determinato la prima ottava cosmica
del nostro già esistente Raggio di Creazione, passante attraverso il
sole e la terra, i singoli toni di questa ottava sono stati distribuiti
come è mostrato nel diagramma.
Assoluto
do
si
Tutti i soli
la
sol
Sole
Tutti i pianeti fa
mi
Terra
Vita organica re
do
Luna
Poi questa ottava originale, secondo la legge del Tre in uno, è
stata scissa in tre ottave secondarie e lo stesso raggio è stato deter­
minato alquanto diversamente:
Assoluto
Tutti i soli
Sole
Tutti i pianeti
do
si
la
sol
fa
mi
re
do
si
la
sol
fa
mi
re
Cosmologia
239
In questo modo il cosmo, con i tre piani della sua struttura, è di­
venuto simile alla corrispondente struttura a tre piani dell'uomo. Nelle
ottave cosmiche del secondo ordine c'è l'intervallo fa-mi, che è sotto­
posto all'insieme di tutte le influenze che si radunano in tale luogo,
e qui ha luogo un processo simile all'intero processo di passaggio
del cibo nell'organismo umano: la trasformazione del do di un'ottava
nel do dell'ottava successiva. Pertanto a questi luoghi sono assegnate
'macchine' simili al corpo umano. Il processo del passaggio di fa-mi
può essere rappresentato schematicamente in questo modo :
Terra
Vita organica
Luna
do
si
la
sol
fa
mi
re
do
Il fa cosmico entra in questa macchina in modo simile al cibo del
piano inferiore e inizia il suo ciclo di trasformazione. Di conseguenza,
all'inizio, risuona nella macchina come do, il 3° do. La materia che
entra nel piano intermedio, in modo simile all'aria della respirazione,
è la materia della nota sol dell'ottava cosmica, che aiuta il 3° mi del­
l'ottava a passare in fa, riempiendo l'intervallo tra loro, e risuonando
come do. Nel debito luogo, il ciclo raddoppiato, per cosi dire, è rag­
giunto dal ciclo della materia del tono del la cosmico, che entra nel
piano superiore della macchina, come 1 ° do. Riassumendo il processo,
fa entra nella macchina come 3° do, si trasforma nel 3° do dell'ottava
superiore ed esce dalla macchina come un tono che è capace di. pas­
sare nel tono successivo. Ho detto precedentemente che fa, senza cam­
biare di tono, ottiene le proprietà di sol e anche la sua capacità di
passare nel tono successivo, cioè mi, in questo caso. Intendevo dire
quanto segue: come vediamo, il cibo della macchina è rappresentato
dai toni cosmici, la, sol, fa. In ordine consecutivo, secondo la Legge del
Tre, la sarà attivo, sol neutralizzante, e fa, il principio passivo. n
principio attivo, entrando in interazione con il passivo (al quale è uni­
to mediante il principio neutralizzante), produce un certo risultato.
In precedenza si è fatto notare che, se il numero che determina le
proprietà del principio attivo è 'n', lo stesso numero per il principio
passivo è '4n', e per il risultato '2n', vale a dire che simbolicamente
è rappresentato cosi:
240
Cosmologia
2n
+n
4n-
Se sostltmamo queste quantità con i toni che alimentano la mac­
china, otterremo il seguente simbolo :
= sol
+la
-fa
Questo mostra anche che la materia fa unendosi alla materia la,
produce come risultato la materia sol. E poiché tale processo ha luogo
nell'ottava che si sviluppa, per così dire, all'interno del tono fa (in
modo simile a quanto è stato detto riguardo al tono do, quando ab­
biamo esaminato il simbolo) , possiamo dire che fa, senza cambiare
tono, ottiene le proprietà di sol. Può sembrare che abbiamo deviato
dal nostro proposito originale di studiare il simbolo, ma in realtà,
per coloro che possono capire, ci siamo avvicinati alla sua compren­
sione. Come una sintesi perfetta, esso contiene in se stesso tutti gli
elementi della conoscenza e della legge che esprime, e da--tale sim­
bolo può essere dedotto e interamente sviluppato tutto /éfò di cui ab­
biamo parlato fino a ora. Quello che ho detto oggi è meno di una
piccola frazione di quanto si può dire su questo argomento. Lo pren­
deremo ancora in considerazione più avanti. Non credo affatto di aver­
vi spiegato qualcosa, e non avevo neppure questo scopo in mente.
Il mio scopo era di dare un'idea di. . .
Estratto
mercoledì 4 maggio 1938
O. Ci sono state alcune buone domande, ma non abbastanza; do­
vreste chiedere di più. L'enneagramma, anche in questa forma elemen­
tare . . . Io ho dato di più in questo gruppo la prima volta che ho par­
lato di quanto ci fu dato a Pietroburgo. Quando ci parlarono del­
l'enneagramma ci dissero molto poco, e tutto il resto dovemmo sco­
prirlo da noi; per esempio, io vi ho dato tre ottave ma a noi fu data
solo un'ottava, solo il cerchio, le linee e un'ottava, niente di più; voi
avete avuto di più e dovreste fare più domande.
Innanzitutto cominciamo con questa spiegazione: che cosa è l'en­
neagramma? L'enneagramma è un simbolo; che cosa è un simbolo?
Cosmologia
241
Potete spiegarlo, potete formulare che cosa intendete per simbolo?
Noi tutti usiamo la parola simbolo, ma possiamo formulare che cosa
è un simbolo?
D. È il geroglifico di un oggetto, qualcosa che lo rivela in modo
essenziale?
O. Sì, ma questo non è sufficiente. Non mi piacciono le defini­
zioni. Ho chiesto solo se qualcuno ricorda come generalmente viene
definito un simbolo, perché, anche se lo ricordate, non è la defini­
zione giusta. Vedete, il significato iniziale del simbolo apparve in un
modo molto interessante. Nell'antica Grecia, il termine 'simbolo' ave­
va un significato molto particolare. Quando un uomo andava a com­
battere, o in viaggio, o qualcosa del genere e rimaneva lontano per
molto tempo, se si presentava la necessità di comunicare con lui gli
veniva inviato un messaggero. Ora, colui che era partito aveva preso
con sé il cosiddetto simbolo, una tessera spezzata in due, e il mes­
saggero portava la seconda metà; se coincideva con l'altra parte, ciò
voleva dire che il messaggero veniva da casa. Dunque 'simbolo' si­
gnificava coincidenza, ma in seguito ebbe molti altri significati. In
questo sistema, tuttavia, indica semplicemente un disegno che deve
coincidere con idee superiori, non ne è l'espressione completa ma
si limita a mostrare come sono in rapporto tra loro; per esempio,
la Legge del Tre viene espressa con un triangolo, e il quadrato è il
simbolo dei quattro elementi, che nell'antica chimica venivano chia­
mati fuoco, acqua, aria, terra, e che noi chiamiamo C.,O.,N.,H., e ve
ne sono altri chiamati pentagramma, esagramma. Pertanto è un sim­
bolo e non un diagramma [ ... ] ; è un simbolo che include molti dia­
grammi. Ecco come deve essere interpretato.
L'evoluzione
Mi avete detto che nel vostro gruppo è sorto il problema dell'evo­
luzione e che non sapete come conciliare l'idea di evoluzione quale
esiste nel pensiero moderno con le idee del nostro sistema, o Dot­
trina Speciale.
Innanzitutto debbo dirvi che l'idea di evoluzione in questo senso
non è né confutata né confermata dalla Dottrina Speciale, e che non
è obbligatorio né accettare né negare la Dottrina. La Dottrina Spe­
ciale non accetta l'evoluzione come è intesa comunemente, cioè come
evoluzione delle specie mediante processi meccanici in direzione del­
l'uomo. Nella Dottrina Speciale la parola 'evoluzione' viene usata in
relazione all'uomo con il significato di sviluppo consapevole, volonta-
242
Cosmologia
rio e intenzionale di un individuo, secondo linee precise e in una pre­
cisa direzione, nel corso della sua vita terrena.
Ma per poter capire alcune altre teorie della Dottrina Speciale che
si riferiscono all'universo, ai processi cosmici e alla vita organica, è
utile avere una corretta comprensione delle idee di evoluzione. Ecco
perché ho introdotto nel primo capitolo del mio libro A New Model
of the Universe alcuni punti di vista sull'evoluzione, che mi avevano
aiutato a capire e ad apprezzare le idee della Dottrina Speciale.
L'idea di evoluzione è ora penetrata in ogni branca del pensiero
scientifico. La cosmogonia, l'astrofisica, la geologia, le scienze biolo­
giche, la paleontologia, le scienze sociali, le scienze economiche, l'an­
tropologia e la storia della cultura, la storia delle religioni, la storia
dell'arte, la filologia, la psicologia, cercano tutte di strutturarsi in base
all'evoluzione, e ciascuna di esse dà per scontati i principi fondamen­
tali dell'evoluzione. Il più importante di questi principi afferma lo
sviluppo delle forme più ricche e complesse dalle forme più semplici
ed elementari in tutti i regni della natura, prodotto da leggi universali
inevitabili e imn�utabili. L'evoluzione è generalmente accettata, viene
insegnata nelle scu le. Nessuna nuova teoria è considerata accettabile se
non viene spiegata dal punto di vista dell'evoluzione, o se non spiega
l'evoluzione. E tuttavia, per quanto possa sembrare strano, l'evolu­
zione è soltanto un'ipotesi, e, sfortunatamente, un'ipotesi che è esi­
stita troppo a lungo. Essa è apparsa per la prima volta sotto forma
scientifica nella teoria di Kant-Laplace; in seguito Darwin ne fece la
base delle sue deduzioni e subito dopo fu generalizzata e introdotta
in tutte le possibili branche della conoscenza o della speculazione da
Herbert Spencer. Il principale impulso allo sviluppo dell'idea di evo­
luzione fu dato dalla sua applicazione alle scienze biologiche da parte
di Darwin, e al pensiero in generale da parte di Spencer. Entrambi
erano genii, e l'idea di evoluzione come opera di genio sarebbe stata
uno dei più bei monumenti al pensiero umano, se fosse stata confu­
tata subito dopo la sua apparizione, perché in realtà si tratta di un
errore geniale. Ma purtroppo i genii sono invariabilmente seguiti da
uomini comuni e insignificanti, che cercano di collegarsi ai loro nomi,
e seguono i loro passi senza sapere dove essi realmente conducano.
In quanto ipotesi, l' 'evoluzione' mostra la necessità di un sistema
generalizzato. E in quanto teoria essa avrebbe dovuto essere confu­
tata molto presto, perché non si è mai trovata neppure una singola
prova della sua più semplice asserzione. Sembra quasi strano dire que­
sto, considerando quanto profondamente l'evoluzione sia entrata a far
parte del nostro comune modo di pensare. Ma rimane il fatto che non
esistono prove dell'evoluzione in una sola linea di ricerca scientifica .
�
)
Cosmologia
243
Ogni singola linea di pensiero o di conoscenza che si collega all'evo­
luzione basa sempre le sue asserzioni su altre linee. Né ha prove in
se stessa o per se stessa. Se non fosse esistita un'idea filosofica, cioè
puramente metafisica, di evoluzione, la teoria di Kant-Laplace sarebbe
stata impossibile; se non ci fossero state l'idea metafisica dell'evolu­
zione e la teoria di Kant-Laplace, la teoria di Datwin sarebbe stata
molto debole ; se non ci fossero stati la metafisica, la teoria di Kant­
Laplace e Darwin (o Wallace), Herbert Spencer e i suoi contempora­
nei non sarebbero stati in grado di creare la comune idea di evolu­
zione. E attualmente se ciascuna linea scientifica o di pensiero che si
basa sull'evoluzione, o accetta l'evoluzione, si isolasse per un ·momen­
to, per cercare in se stessa prove dell'evoluzione, non ne troverebbe
nessuna. Ciascuna, per quanto la riguarda, non riesce a provare l'evo­
luzione. Ma nel loro insieme tutte affermano la verità dell'evoluzione,
e l'evoluzione è generalmente accettata da tutte. E l'idea di evoluzione
che ne risulta può essere espressa da una formula assai strana : una
successione di 'meno' che sommati danno un 'più' . Questo mi ri­
corda una storia che ho letto una volta a proposito di una donna
irlandese che vendeva mele, e che diceva che sebbene avesse una certa
perdita per ogni mela, tuttavia ne vendeva così tante che alla fine
doveva esserci un guadagno.
Parlando seriamente, vorrei mettere in evidenza che se ci fosse una
qualche verità nell'evoluzione, essa sarebbe stata dimostrata in modo
inconfutabile, innanzitutto dalle scienze biologiche. Dalla teoria del­
l'evoluzione si deduce che le specie possono cambiare e che le forme
più semplici ed elementari possono produrre le forme più ricche e
più complesse. Ma nulla di simile è mai stato osservato dopo l'appa­
rizione della teoria dell'evoluzione. Il fatto dell'assenza di tali osser­
vazioni è continuamente celato dall'apparizione di un numero sempre
maggiore di nuove teorie. Quando vengono direttamente interrogati,
i biologi rispondono che la mutazione delle specie non può essere
osservata perché per i mammiferi il periodo necessario per la muta­
zione di una specie in un'altra equivale approssimativamente a trenta­
mila anni, cioè a un grande ciclo astronomico. Ma i comuni lettori o
gli studenti non vedono l'inganno di questa risposta. Ciò può esser
vero in relazione ai mammiferi, se le asserzioni generali degli evolu­
zionisti sono vere, ma non può essere vero anche in relazione a tutte
le classi di esseri viventi, alle piante più semplici, a certi insetti e mi­
crorganismi, cioè non può essere vero per quanto riguarda gli esseri
che si moltiplicano con una rapidità assai maggiore dei mammiferi.
E il periodo necessario per il passaggio da una specie a un'altra si
abbrevia in proporzione all'aumento della rapidità di moltiplicazione.
244
Cosmologia
Dal tempo di Darwin, alcune piante e alcuni insetti, con la loro rapi­
dità di riproduzione, avrebbero dovuto fornire esempi evidenti della
mutazione delle specie. E negli ultimi decenni la microbiologia avreb­
be dovuto offrire delle prove assolute delle teorie evoluzionistiche, se
in esse ci fosse stata qualche verità. Vi darò solo un esempio di os­
servazioni microbiologiche che avrebbero dovuto dimostrare un cam­
biamento evolutivo in una data specie, qualora questo avvenga. Circa
trent'anni fa, in Russia, il professor Metalnikoff iniziò un certo espe­
rimento, con lo scopo di stabilire la lunghezza dell'esistenza del gene
di un certo microrganismo. Al tempo in cui l'esperimento fu iniziato,
in biologia c'erano due punti di vista. Secondo il primo punto di vista
gli organismi unicellulari che si moltiplicano in condizioni favorevoli
erano praticamente immortali. Per il secondo punto di vista, gli orga­
nismi unicellulari che si moltiplicano per divisione potevano avere solo
un preciso numero di generazioni, dopo di che sarebbero inevitabil­
mente scomparsi in quanto specie. Gli esperimenti furono iniziati a
Mosca al principio del secolo. Durante la rivoluzione i batteri, che
continuavano a moltiplicarsi, furono trasferiti in Crimea, e in seguito
a Parigi, e continuano ancora a moltiplicarsi. Secondo il professar Me­
talnikoff l'esperimento prova l'immortalità della cellula. Ma quello che
è particolarmente interessante per noi è che prova anche l'inesistenza
dell'evoluzione, perché per una cellula che si moltiplica con straordi­
naria rapidità nello spazio di ore, talvolta di minuti, trent'anni rap­
presentano un ciclo di tempo paragonabile ai nostri periodi geologici,
cioè a milioni e milioni di anni. Durante tutto questo periodo non è
successo niente, e ne possiamo dedurre che non succederà niente.
12
La falsa personalità
La falsa personalità
Rispondendo a una domanda sui metodi per il ricordo di sé, Ous­
pensky disse:
Se ricordaste tutto ciò che è stato detto, potreste ricordarvi di voi
stessi entro dieci settimane. Per esempio, considerate lo studio della
falsa personalità; questo è uno dei metodi più rapidi. Quanto più ca­
pirete la falsa personalità, tanto più ricorderete voi stessi. Ciò che
impedisce maggiormente il ricordo di sé è la falsa personalità. La falsa
personalità non può e non vuole ricordarsi di sé, e non vuole neppure
che nessun'altra personalità ricordi. Essa non fa altro che cercare di
arrestare il ricordo di sé, poi prende qualche forma di sonno e lo chia­
ma ricordo di sé. Allora è completamente felice.
D. Lo studio della falsa personalità consiste nell'analizzare se stessi?
O. Sì, entro certi limiti.
D. Mi pareva che lei avesse detto che non era bene farlo.
O. Questo era al tempo della prima conferenza; allora dissi che il
tempo per l'analisi sarebbe venuto quando avremmo conosciuto le
leggi. Ora stiamo studiando queste leggi, quindi è sicuramente il mo­
mento di analizzare sempre di più. Vedete, le regole riguardanti l'os­
servazione e il modo di pensare date nella prima conferenza sono
un'altra cosa. Con il passare del tempo esse cambiano e si modificano.
Quello che non si può fare nel primo mese, lo si deve fare già nel
secondo. Sia le difficoltà che le possibilità continuano ad aumentare.
D. E per quanto riguarda l'idea di non essere capaci di 'fare'?
O. Non si 'fa' mai, le cose accadono. Ma quando decido di lavorare
sul ricordo di me stesso, allora sto già facendo. Non sarà di alcun
aiuto chiedere il perché, già lo so. L'analisi va usata con attenzione,
quando è necessaria e non per ogni cosa. Talvolta è solo una perdita
di tempo.
D. La falsa personalità è completamente falsa?
246
La
falsa personalità
O. La falsa personalità è una cosa speciale. Voi siete opposti a essa.
Bisogna farla sparire, o comunque non deve intromettersi in questo
lavoro. Ciò vale per tutti, tutti debbono cominciare con questo. Innan­
zitutto dovete riconoscere la vostra falsa personalità, e non dovete
assolutamente darle fiducia: non dovete credere alle sue idee, alle sue
parole, alle sue azioni. Non potete distruggerla, ma potete renderla
inattiva per qualche tempo, poi, a poco a poco, la potete rendere più
debole.
D. Lei ha detto che non si deve credere a nulla che sia connesso
alla falsa personalità, ma sembra che non ci sia altro.
O. Non è vero. Una cosa c'è, voi, e ci sono gli 'io' immaginari.
L'unica cosa reale siete voi, e dovete imparare a distinguerlo. Potete
trovare in voi stessi qualcosa di ben definito, qualcosa che è perma­
nente, sufficientemente solido, anche se può essere molto piccolo, mol­
to elementare.
D. Ognuno deve avere una falsa personalità?
O. Non c'è nessun obbligo, ma non ho mai incontrato nessuno che
ne fosse sprovvisto.
D. Si potrebbe dire che la falsa personalità tende a scomparire più
facilmente quando si invecchia?
O. No. Se non si fa nulla per contrastarla, cresce. Non può dimi­
nuire da sola. Se è lasciata a sé, può solo crescere; potranno cambiare
i gusti e cosl via, ma cresce. Questo è il solo sviluppo che accade
nella vita meccanica, non ce n'è nessun altro.
D. La falsa personalità è direttamente collegata alla meccanicità?
O. La falsa personalità è la parte più meccanica che c'è in noi; è
cosl meccanica che per lei non c'è nessuna speranza. Deve sparire,
ma non lo vuole.
D. Come possiamo cominciare a comprendere la falsa personalità?
O. Dovete sapere che cosa è, localizzarla, per cosl dire; questo è
il primo passo. Dovete rendervi conto che tutta l'identificazione, tutto
il considerare, tutte le menzogne, tutte le menzogne che diciamo a
noi stessi, tutte le debolezze, tutte le contraddizioni, visibili e invi­
sibili, fanno parte della falsa personalità.
D. Il considerare è sempre un segno di falsa personalità?
O. Il considerare è considerare. Indubbiamente è una delle funzioni
della falsa personalità, ma non deve cercare di spiegare una parola per
mezzo di un'altra.
D. Talvolta mi osservo mentre considero o mi identifico, e mi ac­
corgo che ciò è dovuto all'immagine che ho di me stesso. Tale imma­
gine ha molti aspetti. In questo modo posso arrivare a conoscere la
falsa personalità e a · indebolirla tramite l'osservazione?
La
falsa personalità
247
O. Sl, molto bene. È l'unico modo, ma solo se non ve ne stancate,
perché in principio molti cominciano con baldanza, ma poi ben presto
si stancano e iniziano a usare la parola 'io' indiscriminatamente, senza
chiedersi 'Quale 'io' ? ', 'Quale parte di 'io'?'. Il nostro principale ne­
mico è la parola 'io', perché in realtà non abbiamo nessun diritto di
usarla nelle condizioni ordinarie. Solo molto più tardi, dopo un lungo
lavoro, possiamo cominciare a pensare a uno dei gruppi di 'io' (come
quello che è stato chiamato maggiordomo interinale) che si sviluppano
a partire dal centro magnetico, in quanto 'io'. Ma nelle condizioni
ordinarie, quando dite : 'Non mi piace', dovete chiedervi: 'A quale
dei miei 'io' non piace? ' E in tal modo ci si deve continuamente ri­
cordare della molteplicità che è in noi. Se ci si dimentica una volta,
sarà più facile dimenticarsi la volta successiva. Nel lavoro ci sono
molti buoni inizi, poi ci si dimentica di questo e le persone comin­
ciano a lasciar correre, e alla fine l'unico risultato è che sono dive­
nute più meccaniche di prima.
D. La capaCità di lavorare aumenta nella misura in cui si è capaci
di indebolire la falsa personalità?
O. Tutto quello che si può ottenere, lo si può ottenere solo alle
spese della falsa personalità. In seguito, quando è stata distrutta, si
possorio ottenere molte cose alle spese di altre cose, ina per molto
tempo si deve vivere, per cosl dire, lontano dalla falsa personalità.
D. Tutte le forme di ostinazione sono necessariamente contrarie al
lavoro?
O. Tutte le forme di ostinazione appartengono alla falsa persona­
lità, pertanto prinia o poi bisognerà sacrificarle.
D. È possibile che la falsa personalità sia interessata o attratta
dalle idee del sistema? .
O. Sl, certamente. Solo che allora avrete il sistema alla luce della
falsa personalità, e sarà un sistema diverso.
D. Se è possibile che ciò accada, che ne è di questo interesse nel
processo di indebolimento della falsa personalità?
O. Ma questo interesse non fa che rafforzare la falsa personalità,
indebolendo il sistema. Nel momento in cui la falsa personalità si
accaparra il sistema, comincia ad aggiungere una parola qui e una
parola là. Non potete immaginare in quale incredibile forma mi ritor­
nano certe idee. Tralasciando una parola da una frase, si ha un'idea
completamente diversa, e la falsa personalità è pienamente giustifi­
cata e può fare ciò che le piace, e cosl via. Ecco dove sta il pericolo.
D. Ho fatto queste domande perché talvolta metto in dubbio la
genuinità del mio interesse per il lavoro ; può darsi che stia menten­
do a me stesso.
·
248
La falsa personalità
O. Ma solo lei può rispondere a questo; e anche in questo caso
solo se lei non dimentica i principi fondamentali, e non dice 'io'
quando si tratta soltanto di un 'io'. Deve arrivare a conoscere gli altri
'io' e a ricordarsene. Se lei se ne dimentica, dimenticherà ogni cosa .
Finché se ne ricorderà, potrà ricordare ogni cosa. Il grande pericolo
è dimenticarsi. Allora basta un leggero cambiamento in qualche cosa
per rendere tutto sbagliato.
D. Il sistema può creare in una persona una falsa personalità?
O. Sicuramente no. Sistema significa tutto quello che è stato detto
nel senso in cui è stato detto. Se lo si modifica, consapevolmente o
inconsapevolmente, non può più essere chiamato sistema. In tal caso sa­
rà un falso sistema, una falsificazione del sistema. Pertanto la sua do­
manda è sbagliata. Il sistema può essere paragonato (se ricordate quel­
la conversazione) all'arte oggettiva. L'arte oggettiva differisce dall'arte
ordinaria in questo senso: un'opera d'arte creata oggettivamente, con
tutta la conoscenza dei metodi, delle triadi, delle ottave, produrrà
sempre il medesimo effetto, mentre nell'arte comune i risultati sono
accidentali, e variano da un giorno all'altro. Ciò che accade con l'arte
oggettiva, accade anche nel caso del sistema, ma solo finché esso ri­
mane corretto. Nel momento in cui non è più corretto o in cui si
dimentica o si tralascia qualcosa, si avranno immediatamente risultati
sbagliati.
D. La falsa persnalità è il principale ostacolo alla consapevolezza?
O. Sì, è quello principale, ma ci sono anche molte abitudini mec­
caniche. Talvolta anche le abitudini meccaniche dei centri possono
costituire un ostacolo, perché le abitudini meccaniche di un centro
trasmetteranno la meccanicità a un altro centro .
Ma la falsa personalità dice sempre 'io', si considera sempre un
'io' permanente e attribuisce a se stessa molte capacità, quali la con­
sapevolezza, la volontà e così via; se non è controllata, sarà sicura­
mente un ostacolo per qualsiasi cosa.
D. Ma la falsa personalità non esiste forse se non come un sogno?
O. Essa non esiste realmente ma immaginiamo che esista. Esiste
nelle sue manifestazioni, ma non come parte di noi stessi. Non cer­
cate di definirla, o vi perderete nelle parole, e bisogna trattare con
i fatti. Le emozioni negative esistono, ma nello stesso tempo non
esistono. Non sono dotate di un centro reale. Questa è una delle di­
sgrazie del nostro stato : siamo pieni di cose inesistenti.
D. Nel lottare contro la falsa personalità, qualche volta si crede
di averla riconosciuta, ma si vuole sapere che cosa va fatto in seguito.
O. Fate sempre qualcosa che è sgradito alla falsa personalità, e
troverete molto presto quello che non le piace. Se continuate, essa
La falsa personalità
249
si irriterà sempre più e si mostrerà sempre più chiaramente, e molto
presto non ci saranno più dubbi al riguardo.
D. Se si potesse eliminare la falsa personalità . . .
O. Non · si può eliminare nulla. Sarebbe come cercare di tagliare
la propria testa. Ma si può rendere la falsa personalità meno insi­
stente, meno permanente. Se in un certo momento sentite il pericolo
della manifestazione della falsa personalità e trovate il modo di fer­
marla, incominciate nel modo giusto. La questione dell'eliminazione
non c'entra affatto, è collegata a cose completamente diverse. Voi do­
vete controllarla. Ma se si pensa di poter fare qualcosa, e nello stesso
tempo si rifiuta di lavorare su questo, per una ragione o per l'altra,
allora le cose andranno male. Le persone si possono entusiasmare fin­
ché non vengono a sapere cosa devono fare, ma quando lo sanno,
sviluppano un atteggiamento negativo e cercano di evitarlo o di inter­
pretarlo in un altro modo. Ecco che cosa dovete capire : la falsa per­
sonalità si difende.
Dovete capire che cosl come siete, a questo livello, non potete
neppure iniziare a lavorare. Dovete cambiare una cosa o un'altra .. Ma
ciò varia secondo la diversità delle persone. Potete trovare quel che
dovete cambiare solo in base alle vostre osservazioni personali. Tal­
volta ciò diviene del tutto chiaro, e solo allora inizia la lotta, perché
la falsa personalità incomincia a difendersi.
Innanzitutto si deve conoscere la falsa personalità. Tutto ciò di cui
stiamo parlando si riferisce alla prima fase, cioè alla comprensione
che non conosciamo la falsa personalità, che per poterla conoscere
è necessario studiarla, che tutto il lavoro che possiamo fare è alle
spese della falsa personalità, che tutto il lavoro che possiamo fare su
noi stessi consiste nel diminuire il potere della falsa personalità, o
che se cerchiamo di lavorare lasciando indisturbata la personalità, tutto
il lavoro sarà inutile. Molti hanno cercato di ingannare se stessi, pen­
sando di poter lavorare lasciando indisturbata la falsa personalità, e
non sono giunti a nulla.
Bisogna capire che la falsa personalità è una combinazione di tutte
le menzogne, le caratteristiche e gli 'io' che non saranno mai utili in
nessun senso o in nessun modo, sia nella vita che nel lavoro, come le
emozioni negative.
D. Cercare di osservare la negatività, l'identificazione, e cosl via,
è l'inizio del riconoscimento della falsa personalità?
O. Sl, ma bisogna essere sinceri con se stessi. E anche la sincerità
non è sufficiente, perché bisogna sapere come si può essere sinceri.
D. La falsa personalità è interamente basata sulle emozioni nega­
tive?
250
La
falsa personalità
O. Se fossero esattamente la stessa cosa, perché avremmo dovuto
inventare delle parole differenti? E se si tratta di cose differenti,
perché lei le mette insieme? La falsa personalità comprende molte
cose oltre alle emozioni negative. Per esempio, comprende le abitu­
dini mentali negative, i modi di pensare sbagliati. La falsa personalità,
o parte della falsa personalità, è sempre basata su modi di pensare
sbagliati, perché dovremmo dunque confonderla con le emozioni ne­
gative? Tuttavia, entro certi limiti ciò che lei dice è vero, perché se
alla falsa personalità si tolgono le emozioni negative, essa crolla : non
può esistere senza di loro.
D. Quindi tutte le emozioni negative derivano dalla falsa persona­
lità?
O. Sl, certamente. Come potrebbe essere altrimenti? Essa è, per
cosl dire, un organo speciale per le emozioni negative, per manife­
starle e produrle, per godere delle emozioni negative. Come ricor­
derete, ho detto che le emozioni negative non sono dotate di un cen­
tro reale. La falsa personalità funge da centro per le emozioni ne­
gative.
I ruoli
5 febbraio 1936
D. Si può pensare che alcuni gruppi di 'io' siano utili?
O. Alcuni sono utili, altri sono artificiali, e altri sono patologici.
Per esempio, non ho ancora parlato dell'idea dei ruoli. Tutti inter­
pretano ruoli. Ciascuno nella propria vita interpreta cinque o sei ruoli.
Ciò avviene inconsapevolmente, oppure, se si cerca di interpretarli
consapevolmente, ben presto ci si identifica con essi, e si torna a in-·
terpretarli inconsapevolmente. L'insieme di questi ruoli costituisce
l' 'io' immaginario.
La caratteristica principale
1 1 gennaio 1 938
O. C'è stata una domanda riguardq alle caratteristiche principali.
Vorrei spiegare meglio questo termine, perché credo che qualche volta
non viene usato nel senso giusto. Come ho detto precedentemente, è
necessario pensare alla falsa personalità, e in certi casi si può vedere
chiaramente una specie di caratteristica principale che si manifesta in
ogni cosa, come a un asse attorno al quale tutto gira. Ciò può essere
La falsa personalità
251
mostrato, ma la persona in questione dirà: " È assurdo, tutto, ma non
questo! " . Oppure talvolta ciò è così ovvio che è impossibile negarlo,
ma con l'aiuto dei respingenti è possibile dimenticarsene nuovamente.
Conosco pèrsone che erano riuscite a dare un nome alla propria ca­
ratteristica principale in più occasioni e che per un certo periodo
erano riuscite a ricordare. Poi le incontrai di nuovo, e avevano dimen­
ticato, oppure quando ricordavano avevano un'espressione, e quando
avevano dimenticato ne avevano un'altra, e cominciavano a parlare
come se non ne avessero mai parlato in nessun modo. Ma è una cosa
che dovete capire da voi. Quando sarete voi a percepirla, allora la
conoscerete. Se vi viene solamente detta, potete sempre dimenticare.
D. È la stessa cosa del difetto principale?
O. Sì, è la caratteristica principale della falsa personalità.
D. Come si può arrivare a conoscere questa caratteristica principale?
O. Studiando la falsa personalità. Quando ne avrete trovate molte manifestazioni, forse vi sarà possibile trovare la caratteristica.
La triade statica
ottobre 1 938
O. Cerchiamo di parlare della relazione tra la falsa personalità e le
altre parti. Bisogna capire che in ogni uomo, in ogni momento, lo svi­
luppo procede mediante quella che può essere definita una 'triade sta­
tica'.
Il primo triangolo mostra lo stato dell'uomo nella vita ordinaria.
Il secondo mostra lo stato dell'uomo quando incomincia a svilupparsi.
Tra il primo e il secondo triangolo intercorrono lunghi periodi, e
sono ancora più lunghi se si considera la fase successiva. Ci sono mol­
te fasi, ma questa è la via di sviluppo relativa alla falsa personalità .
Ho indicato tre fasi; sarebbe meglio indicarne almeno quattro, o
cinque o sei, ma anche queste tre fasi sono sufficientemente esplicative.
Questo diagramma può essere esteso dopo l' 'io' permanente. L' 'io'
permanente ha pure molte forme differenti.
Si possono mostrare molte fasi differenti, ma ricordate sempre che
nessuna è permanente. Ciascuna fase può durare per mezz'ora, poi può
sopravvenire un'altra fase, e in seguito una fase differente. Così pro­
cede lo sviluppo.
La triade è composta dal corpo, dall'anima e dall'essenza (in un
punto) ; dall' 'io' (cioè quello che riguarda me stesso: tutti i sentimen­
ti e le sensazioni che non fanno parte della falsa personalità), nel se­
condo punto ; e dalla falsa personalità (il ritratto immaginario di se
252
La falsa personalità
stessi), nel terzo punto. Nell'uomo comune la falsa personalità conti­
nua a definire se stessa come 'io'. Poi, dopo qualche tempo, se l'uomo
è capace di permetterlo, il centro magnetico inizia a crescere. Egli può
definirlo come interessi speciali, ideali, idee, in qualsiasi modo, ma il
significato è che quando un individuo comincia a percepire in se stesso
il centro magnetico, egli trova che una parte di sé si è separata, e da
questa parte ha inizio la sua crescita. Ma tale crescita può aver luogo
solo alle spese della falsa personalità. Se si è formato il centro magne­
tico, egli può incontrare una scuola, e quando inizia a lavorare, deve
Corpo e Essenze
'lo' permanente
Molti 'lo'
lavorare contro la falsa personalità. Ciò non significa che la falsa per­
sonalità scompare, significa solo che non è sempre presente. All'inizio
è quasi sempre lì, ma quando il centro magnetico comincia a crescere,
essa scompare, talvolta per mezz'ora, talvolta anche per un giorno. Poi
ritorna per una settimana. Dunque, tutto il lavoro deve essere diretto
contro la falsa personalità.
Quando la falsa personalità scompare per un breve periodo, l' 'io' di­
viene più forte. Solo che non è veramente l' 'io', ma sono molti 'io'.
Più lunghi sono i periodi nei quali la falsa personalità scompare, più
La falsa personalità
253
forte diventa l' 'io' (formato di molti 'io'). Il centro magnetico può
essere trasformato nel maggiordomo interinale, e quando il maggior­
domo interinale ottiene il controllo della falsa personalità, trasferisce
tutte le cose inutili dalla parte della falsa personalità, mentre dalla
parte dell' 'io' rimangono solo le cose necessarie. Poi, in una fase più
avanzata, può accadere che dalla parte dell' 'io' venga l' 'io' permanen­
te, con tutto ciò che gli è connesso. In tal caso, i molti 'io' saranno
dalla parte della falsa personalità. Ma ora non possiamo dire troppo
riguardo a questo. Ci sarà l' 'io' permanente con tutto ciò che gli è
connesso, ma non sappiamo che cosa gli è connesso. L' 'io' permanen­
te ha funzioni completamente differenti, un punto di vista completa­
mente differente.
Questo diagramma raffigura uno stato, poi uno stato leggermente
differente, e poi un altro stato. Con il suo aiuto potete avere la rap­
presentazione dei diversi stati dell'uomo, iniziando dai più elementari.
Nello stato più elementare la falsa personalità è attiva, l' 'io' passivo.
Corpo, anima ed essenza rimangono sempre neutralizzanti. Quando,
dopo molte e molte fasi, si manifesta l' 'io' permanente, l' 'io' diviene
attivo, i molti 'io' diventano passivi, e la falsa personalità scompare.
Tra questi due estremi si possono tracciare molti diagrammi differen­
ti, e inoltre ci sono anche parecchie altre possibilità.
Ho definito questa triade come 'statica', perché il corpo, l'anima e
l'essenza rimangono sempre nello stesso posto, come forza neutraliz­
zante, e le altre forze cambiano solo molto lentamente. Pertanto l'in­
tera triade è più o meno nello stesso posto per tutto il tempo.
D. Questo diagramma implica che il corpo e l'essenza a volte stanno
dalla parte della falsa personalità e a volte dall'altra, a seconda di chi
predomina?
O. No. Se il corpo e l'essenza sono normali, sono imparziali e non
stanno né da una parte né dall'altra. Ma se in loro c'è qualcosa di
sbagliato, stanno dalla parte della falsa personalità.
D. La triade statica può rappresentare altri tipi di lavoro oltre alla
lotta contro la falsa personalità?
O. La triade statica rappresenta voi, non il lavoro. Vi mostra lo
stato del vostro essere, che cosa siete in un dato momento. Uno dei
punti, corpo ed essenza, è sempre lo stesso, ma la relazione degli altri
due punti cambia.
Tutte le vostre azioni dipendono dalla triade statica che è in atto.
Alcune azioni richiedono un certo stato della triade statica e altre azio­
ni richiedono un altro stato della triade statica.
D. In relazione a questo diagramma, la falsa personalità si trasforma
da forza attiva in forza passiva nel momento in cui la capiamo?
254
La falsa personalità
O. No, non nel momento in cui la capiamo. Non può essere trasfor­
mata in forza passiva senza molti sforzi.
D. Fino a ora avevo avuto l'impressione che la falsa personalità fos­
se l'insieme di tutti i molti 'io' . Questo diagramma mi ha reso le cose
un po' oscure.
O . Fra questi molti 'io', ci sono molti 'io' positivi, che potrebbero
essere l'inizio di un'altra personalità. La falsa personalità non può svi­
lupparsi, perché è completamente sbagliata. Ecco perché dico che tutto
il lavoro deve concentrarsi sulla falsa personalità. Se si fallisce nel la­
voro, è perché non si è prestata sufficiente attenzione alla falsa per­
sonalità, perché non la si è studiata e non si è lavorato contro di essa.
D. La falsa personalità ha diversi 'io' ?
O. Ha molti 'io', ma sono tutti immaginari.
D. Che cosa accade al centro magnetico quando la falsa personalità
scompare?
O. Il centro magnetico e la falsa personalità non possono coesistere.
Da questo punto di vista sono come il sole e la luna.
D. Il mahifestarsi dell' 'io' permanente indica la scomparsa della
falsa personalità?
O. È un'eventualità cosl lontana che non ne possiamo parlare. Ma
la falsa personalità non può manifestarsi neppure contemporaneamente
al centro magnetico. Se ciò accadesse, lo danneggerebbe. Tutto il la­
voro si deve concentrare sulla falsa personalità. Altrimenti sarà un la­
voro inutile e destinato a fallire in breve tempo.
D. Tutte le preferenze e le avversioni fanno parte della falsa perso­
nalità?
O . Nella maggior parte dei casi, sl. E anche quelle che originaria­
mente non ne facevano parte, che dipendono da cause reali, debbono
tutte passare attraverso la falsa personalità.
D. Bisogna conoscere completamente la falsa personalità per poter
combattere contro di essa? Mi sembra che se ne possa avere solo una
conoscenza frammentaria.
O. Bisogna conoscerla. È come una razza speciale di cane. Se non
la conoscete, non potete parlarne. Se l'avete vista, allora potete par­
larne. Una conoscenza frammentaria, come quella di cui lei parla, è già
sufficiente. Ogni frammento è dello stesso colore. Se avete visto quel
tipo di cane una volta, lo riconoscerete sempre. Abbaia in un modo
particolare, cammina in un modo particolare, tutto ciò che lo riguarda
è differente.
Questo diagramma mostra che il lavoro o la degenerazione personali
avvengono in relazione alle diverse manifestazioni della falsa persona­
lità, mentre il corpo, l'anima e l'essenza rimangono sempre gli stessi .
La
falsa personalità
255
Dopo qualche tempo anch'essi ne saranno influenzati, ma non entrano
a far parte delle fasi iniziali. Il corpo rimarrà lo stesso. L'essenza
cambierà in un secondo tempo, ma non partecipa all'inizio del lavoro.
In questo sistema, ci si riferisce all'essenza solo in quanto mischiata
alla personalità; non la consideriamo separatamente perché non abbia­
mo a disposizione nessun mezzo per lavorare sull'essenza separata dalla
personalità.
D. Il cambiamento di una triade statica in un'altra dipende dal cam­
biamento dell'essere, cioè da un cambiamento connesso alla forza neu­
tralizzante, o più in particolare dal principio vitale dell'anima che cam­
bia dopo il secondo shock consapevole?
O. Sì, si tratta di un cambiamento dell'essere, ma generalmente per
cambiamento dell'essere si intendono cambiamenti più grandi, più se­
ri, anche se ogni piccolo cambiamento è anche un cambiamento del­
l'essere. Quando parliamo di cambiamento dell'essere, parliamo del
cambiamento da uomo n. l , 2 e 3 in uomo n. 4, per esempio. Questo
è un cambiamento dell'essere. Ma, naturalmente, questa grande trasfor­
mazione consiste di molte piccole trasformazioni. Pertanto anche in
questo caso si può parlare di cambiamento dell'essere. Tuttavia, questo
è solo un diagramma ausiliare: esso aiuta a rappresentare, a descrivere
a voi stessi, tutte le fasi che si attraversano dalla comune esistenza
meccanica al lavoro di scuola. In tal modo non dovete descriverle con
le parole, ma potete averne un quadro completo. Chi ha detto che
l'anima cambia dopo il secondo shock consapevole? Questa è pura
immaginazione. Quando ho parlato del cambiamento, non l'ho mai col­
legato al cambiamento dell'essenza, o dell'anima, o del corpo. Per
quanto possiamo vedere, il punto che rappresenta il corpo, l'anima e
l'essenza, rimane immutato, purché essi siano normali. Se sono difet­
tosi, allora è una cosa diversa, ma ora non stiamo parlando di questo :
li consideriamo una forza permanente. Il cambiamento avviene solo
negli altri due punti della triade.
D. Nella triade statica c'è un punto in cui un gruppo di 'io' , non
collegati al centro magnetico, è attivo mentre la falsa personalità è
passiva?
O. Che cosa intende per attivo? Quando ho detto che alcuni gruppi
di 'io' o personalità diventano attivi, mi riferivo a quelli che circolano
attorno al centro magnetico. Prima il centro magnetico, e poi quegli
'io' disposti attorno al centro magnetico, si contrappongono alla falsa
personalità. Poi, a un certo momento, il centro magnetico diventa at­
tivo e la falsa personalità passiva.
Il centro magnetico è l'insieme di un certo gruppo di preferenze. Il
centro magnetico non vi guida, perché il guidare implica un progresso
256
La
falsa personalità
e voi rimanete nello stesso posto, ma quando si presentano le cose,
con l'aiuto del centro magnetico si è capaci di distinguerle, oppure di
capire se una cosa d piace o meno; si può fare una scelta. Prima di
entrare nel lavoro, il centro magnetico è un certo punto che si trasfor­
ma in un dato insieme di interessi. Quando si incontra il lavoro, esso
si interessa al lavoro di scuola, e poi scompare in quanto centro magne­
tico, perché il centro magnetico è debole. In questo diagramma ho de­
scritto le fasi iniziali del lavoro, e quindi vi ho raffigurato solo poche
combinazioni. Nella fase iniziale, si può tracciare una triade con il cor­
po, l'anima e l'essenza, la falsa personalità e gli 'io', supponendo che
tali 'io' siano già divisi in certi gruppi. Uno di questi gruppi è il centro
magnetico. Ci sono altri gruppi, che non sono collegati ma non sono
neppure ostili al centro magnetico, i quali possono esistere a sé ed
eventualmente svilupparsi in una cosa migliore. I gruppi di 'io' che so­
no sempre ostili e sempre dannosi costituiscono la falsa personalità.
La separazione
16 gennaio 1940
D. Si potrebbe parlare di più della questione della separazione? Si
tratta di separare l' 'io' da me stesso, oppure di sviluppare uno specia­
le 'io' osservatore o custode?
O. Dell' 'io' custode non ne so nulla. Ma si deve sapere da che
punto di vista si vuoi separare. Per esempio, lei vuole separare la per­
sonalità che vuole lavorare da quella che non sa nulla del lavoro? Ci
sono molte divisioni, pertanto deve decidere quali divisioni vuole se­
parare. Si può pensare all'essenza e alla personalità, e questa è solo
una proposta teorica; si può pensare ai differenti 'io' in quanto oppo­
sti a un particolare 'io'; oppure si può pensare a una personalità in
quanto contrapposta a tutte le altre personalità. Io non so quale sia la
divisione che vuole, quindi innanzitutto lo deve decidere.
13
Il pagamento
La pecora consapevole
27 febbraio 1936
D. Lo sforzo verso la consapevolezza è necessario al Raggio di Crea­
zione?
O. Lasci perdere il Raggio di Creazione . Parli di quanto la riguarda
personalmente. Se fossimo più consapevoli, non saremmo altro che mac­
chine consapevoli. L'uomo dal quale ho imparato questo sistema mi ha
detto che in alcune scuole, mediante metodi speciali, si poteva rendere
consapevole una pecora. Ma essa rimaneva semplicemente una pecora
consapevole. Gli chiesi che cosa ne avevano fatto di questa pecora
consapevole, ed egli rispose che se l'erano mangiata.
L'idea della pecora consapevole è questa: supponiamo che un uomo
sia reso consapevole da qualcun altro. Egli diventerà uno strumento in
mano ad altri. Sono necessari i propri sforzi perché altrimenti, anche
se un uomo è reso consapevole, non sarà in grado di trarne vantaggio.
La consapevolezza e la volontà, per la loro stessa natura, non possono
essere date. Ogni cosa deve essere comprata, nulla viene dato gratis . La
cosa più difficile è imparare a pagare. Si ottiene esattamente quel che
si è pagato. Se lo si potesse spiegare in poche parole, non ci sarebbe
nessun bisogno di una scuola. Questo fatto viene sottolineato molto vi­
gorosamente nel Nuovo Testamento . Evidentemente coloro che hanno
scritto i Vangeli lo reputavano molto importante. È l'idea del buon
mercante.
D. Si può acquisire la volontà volendo qualcosa che non si ha?
O. Sl, superando gli ostacoli, altrimenti si sarà come la pecora con­
sapevole di cui vi ho parlato.
Imparare a pagare
D. Ha detto che dobbiamo capire la necessità del pagamento. Ma
prima di poter pagare, si deve capire la necessità di una scuola ed es-
258
Il
pagamento
sere interessati all'organizzazione. Allora il pagamento, in forma di
servizio e di denaro, sarà un'ovvia conseguenza e richiederà pochissimi
sforzi.
O. Lei sta confondendo due cose: l'organizzazione e il pagamento.
Il pagamento è del tutto diverso dal dare denaro o cose simili. Il paga­
mento è un principio : l'offerta di servizi e di denaro è una questione
di possibilità. Sfortunatamente, c'è soltanto un'unica parola 'pagamento',
e pertanto deve essere usata con diversi significati. Il pagamento in
denaro dipende in parte dalla comprensione e in parte dalle possibilità.
L'altro pagamento è quello più importante e bisogna capire che è asso­
lutamente necessario. . .
D. Come posso scoprire qual è per me il pagamento?
O. Non posso parlare in generale. È lei che lo deve sapere. Per
esempio, per quanto riguarda me stesso, quando incontrai questo si­
stema non avevo denaro, ma potevo organizzare le cose, · fare arrivare
denaro, creare delle possibilità e cose simili. Ma fare questo non era
un pagamento, era solo aiutare l'organizzazione. Il pagamento avvenne
quando rimasi in Russia dopo la rivoluzione, quando sapevo che sa­
rebbe stato impossibile lavorare e che presto o tardi sarebbe stato ne­
cessario andarsene. Invece di lasciare la Russia, vi rimasi per tre anni ,
senza sapere come sarei potuto uscire. Questo fu un pagamento.
D. La comprensione delle regole è una forma di pagamento?
O. No, la comprensione non è un pagamento, è un guadagno.
D. Un giusto atteggiamento è un pagamento?
O. No, non è un pagamento. Anche questo è un guadagno ... Il pa­
gamento è un principio che deve essere capito sin dall'inizio. Paga­
mento significa sforzo, studio, tempo, molte cose. Ma questo è solo
l'inizio, perché il pagamento deve essere utile per qualche scopo. Tut­
tavia, da questo punto di vista, il pagamento non ha nulla a che fare
con il denaro.
D. Il pagamento implica la rinuncia all'ostinazione?
O. Non capisco perché sia necessario collegare le due cose. Si ri­
nuncia all'ostinazione per il proprio bene, e non come pagamento.
D. Per pagamento lei intende anche il sacrificio, come il sacrificio
di certe forme di considerazione?
O. No, il sacrificio della considerazione non è un sacrificio. È solo
un piacere.
D. Esiste un giusto modo di pagare?
O. Certamente, si può pagare in un modo o in un altro, e ognuno
deve scoprirlo da solo ... Ma nessuno può ottenere alcunché se non può
pagare. Le cose non possono essere date, possono solamente essere
comprate. Se si ha la conoscenza, non si può darla a un'altra persona;
Il
pagamento
259
anche in questo caso, essa deve pagare per averla. Solo allora si può
avere questa conoscenza. È una legge cosmica. Questa idea è sottoli­
neata molto vigorosamente nel Nuovo Testamento. L'uomo deve pa­
gare, deve comprare le cose, non può averle per nulla.
D. Cosa significa esattamente un pagamento che non è un pagamen­
to in denaro ?
O. È quello di cui sto parlando, dovete scoprirlo da soli. Talvolta
vi viene richiesto, ma talvolta potete capirlo da soli. Significa sempre
un certo sforzo, un certo fare, diverso da quello che fareste natural­
mente, e deve essere necessario o utile al lavoro. Prima vi ho dato un
esempio. Avevo capito qual era la situazione in Russia e non sarei
mai rimasto dopo l'inizio della rivoluzione, perché c'erano molte diffi­
coltà e molte cose sgradevoli; e tuttavia, a causa del lavoro, rimasi in
Russia : era il 1 9 1 7 e non potei andarmene sino al 1920, e questo fu
parte del mio pagamento. È solo un esempio, perché era necessario per
il lavoro, in qualche modo era necessario, non dovete prenderlo alla
lettera.
D. Non capisco la differenza tra sforzo e pagamento.
O. Gli sforzi possono essere un pagamento, ma debbono essere utili.
D. Il pagamento non è anche una questione di ricettività?
O. È necessario capire il lavoro in generale, le necessità del lavoro,
quello che è utile per esso, che può aiutarlo. Una volta che si è capito
questo, si troverà la maniera di fare qualche cosa di utile, anche se non
si ha denaro, o cose simili. L'atteggiamento dipende da voi e dalla vo­
stra comprensione; l'opportunità dipende dalle circostanze.
D. C'è un rapporto tra il lavoro su di sé e il pagamento?
O. Se non si lavora su se stessi non si sarà in grado di pagare. Ecco
come sono in relazione. Chi pagherà? La falsa personalità non può
pagare.
D. Sarebbe più facile ricordare se stessi se ci fosse una maggiore
chiarezza riguardo a certe cose.
O. Non possiamo ricordare noi stessi se tutto rimane immutato. Se
vogliamo veramente ricordare noi stessi, dobbiamo cercare di cambia­
re qualcosa. Non possiamo avere le cose nuove e conservare le vecchie,
non c'è posto, e quindi dobbiamo far loro posto. Succede così anche
per le cose ordinarie. Se si vuole molto, si deve dare molto. Se si vuole
poco, si darà poco. Fate le vostre valutazioni, e capirete.
D. Credo che forse ci si inganna sul fatto di voler cambiare.
O. Molto spesso. Questa è un'ottima osservazione, perché assai di
frequente ci si persuade di voler cambiare ma nello stesso tempo si
vuole conservare ogni piccola cosa, e allora dove sta il cambiamento?
Se si vuole conservare tutto, il cambiamento è impossibile. Pensare al
260
Il
pagamento
cambiamento significa anche pensare a cosa si potrebbe rinunciare, a
quello che non si vuole conservare.
D. C'è qualcosa in noi che ci impedisce di volere sufficientemente
il cambiamento? Se lo desiderassimo abbastanza, potremmo avere l'aiu­
to necessario?
O. Sì, certamente, ma non mi esprimerei in questo modo . Voi
avete tutto l'aiuto possibile, e ora sta a voi lavorare, sta a voi fare
qualcosa. Indubbiamente, in condizioni diverse, con una diversa prepa­
razione, e se anche le circostanze fossero diverse, le cose potrebbero
essere organizzate meglio. Tuttavia la questione non è quanto è dato,
ma quanto viene ricevuto, perché generalmente viene assimilata solo
una piccola parte di quello che viene dato.
La comprensione
25 ottobre 1 938
D. Lei ha detto che ci sono diversi modi per pagare ciò che si ha,
e che non si tratta di pagare in denaro. Uno di essi potrebbe consistere
nel dedicare tutto il proprio tempo a Lyne, se fosse necessario?
O. In alcuni casi potrebbe trattarsi di questo. Tuttavia non si può
dire così, come se per tutti fosse la stessa cosa. Potrebbe essere una
cosa oppure un'altra. Ma veramente io non ho parlato di questo. Ho
parlato soprattutto della comprensione. Mi riferisco alla comprensione
del lavoro, della necessità del lavoro, dell'idea generale del lavoro.
Interessarsene: ecco che cosa ho detto che era obbligatorio. Non è pos­
sibile capire da sé i metodi e tutto il resto finché non si capisce, non
voglio dire il 'piano', perché questo è troppo determinato, ma la dire­
zione del lavoro. E la comprensione della direzione potrà aiutare a ca­
pire molte cose più limitate.
Vedete, non si può evitare la propria responsabilità per questa parte
del lavoro, e se per una ragione o per l'altra la si riesce a evitare, allora
si perde tutto, oppure, anche se non si perde ciò che si è ottenuto, non
si può più ottenere alcunché.
D. Esiste un modo per accrescere la propria comprensione?
O. Non ce n'è uno solo, ce ne sono migliaia. Tutto ciò di cui ab­
biamo parlato sin dal primo giorno riguarda i modi per accrescere la
comprensione. Ma bisogna soprattutto lottare contro gli ostacoli, contro
le cose che impediscono la comprensione. Solo rimuovendo questi osta­
coli si può iniziare a capire di più. Ma gli ostacoli, a eccezione dei co­
muni connotati dell'identificazione e così via, sono individuali. Bisogna
scoprire i propri ostacoli, scoprire che cosa ci impedisce di progredire.
Il
pagamento
261
Generalmente si vedrà che essi corrispondono all'una o all'altra forma
di identificazione, ma quando ciò diventa un fatto individuale, perso­
nale, può dare una sensazione diversa. Le difficoltà di un altro posso­
no sembrarvi molto semplici, mentre le vostre sembrano insormontabili
e non potete far nulla, finché non lo volete. Non si tratta di una cosa
impossibile. Non vi viene richiesto nulla di impossibile. Si deve solo
essere perseveranti e agire in un certo modo, ricordando quello che è
stato detto.
D. Non si ritorna al problema di come sia possibile capire di più?
O. Per quanto riguarda lo studio di voi stessi, la prima cosa è capire
il vostro particolare ostacolo, che cosa vi impedisce di capire, e quindi
dovete lottare contro di esso. Ci vuole tempo. Non lo si può scoprire
immediatamente. In alcuni casi è molto chiaro, lo si può capire quasi
subito. In altri bisogna lavorare prima di scoprirlo.
D. Il lavoro di gruppo può essere di aiuto in questo caso?
O. Lo capirete quando vi sarà possibile parteciparvi. Ma non dovete
riporre troppe speranze nel lavoro di gruppo, perché, sebbene sia utile
per far vedere molte cose, per sperimentare, per provare e così via,
rimane un'ambiente artificiale, fatto di circostanze artificiali. Nel mo­
mento in cui si esce dal gruppo, ci si trova nelle circostanze naturali.
Quindi, in alcuni casi il lavoro di gruppo può indicare la via, ma il
lavoro deve avvenire nelle comuni circostanze. A che serve essere mol­
to bravi nel gruppo, se poi divenite una macchina e vi identificate non
appena ne uscite? Ciò sarebbe completamente inutile.
D. Il pagamento è connesso a una qualche perdita di se stessi?
O. È connesso a una perdita oppure a uno sforzo. In questo modo
per voi ci sarà un guadagno, anche se lo potreste considerare una
perdita.
La rinuncia
7 febbraio 1 940
D. Trovo che l'idea di dover rinunciare a certe cose comporta molte
emozioni negative. Non so a che cosa devo rinunciare.
O. Non si preoccupi. Quando è necessario rinunciare a qualcosa, lo
si capisce perfettamente. Lei corre troppo. Se non capisce a che cosa
deve rinunciare, ciò vuol dire che non è ancora arrivato il tempo di
pensarci. Bisogna incominciare in un altro modo. L'idea della necessità
di rinunciare a qualcosa viene solo quando si sa a che cosa si deve
rinunciare, pertanto è del tutto inutile pensarvi in modo intellet­
tuale. Per sapere a che cosa si deve rinunciare non c'è mai bisogno
262
Il
pagamento
di risolvere enigmi. Di solito è già abbastanza difficile, per cui non
c'è bisogno di enigmi. Finché lei può fare qualcosa nelle attuali con­
dizioni, significa che in realtà non c'è ancora questo problema, che
non la riguarda. Forse un giorno si renderà conto di qualche partico­
lare emozione negativa o magari di una qualche immaginazione e cosl
via, e capirà che se vuole conservare questa emozione negativa non potrà
più lavorare. Si comincia sempre cosl.
14
I l pensare
Esempi dei tre linguaggi
27 giugno 1935
D. La luna è responsabile della meccanicità?
O. Tutti i movimenti, siano essi meccanici o meno, dipendono dalla
luna. La luna è come il peso di un orologio. Tutti i movimenti delle
lancette dipendono dal peso. Se si toglie il peso, il movimento delle
lancette si dovrà necessariamente fermare.
D. Gli sforzi del lavoro, di ricordare se stessi, sono sforzi che agi­
scono contro tale peso?
O. Non si possono fare questi paragoni . . . Ci sono scuole filosofiche,
teoriche e pratiche. E c'è un linguaggio filosofico, teorico e pratico.
Anche in questo sistema usiamo tre linguaggi. Non dobbiamo confon­
derli. Una parte della sua domanda è formulata in un linguaggio filo­
sofico (quella riguardante la luna) , e l'altra in un linguaggio pratico
(la parte relativa al ricordo di sé) . Queste sono due scale differenti.
I · differenti linguaggi significano scale differenti. Quando usiamo il
linguaggio filosofico, parliamo su scala ridotta : l'Assoluto, il Raggio
di Creazione, eccetera. Quando la scala è teorica, possiamo calcolare.
La scala pratica è quando parliamo delle nostre azioni personali. È
importante non confondere questi linguaggi. Tutte le idee cosmologi­
che sono espresse in linguaggio filosofico.
D. Per quanto riguarda i linguaggi : la Tavola del Cibo è pratica?
O. È filosofica. Dobbiamo sapere molto di più per renderla teorica.
Quando potremo dare un nome a ogni cosa e potremo stabilirne i rap­
porti, allora diventerà teorica. Lo studio dei centri è teorico, oppure
può essere filosofico, dipende da come lo si considera. Lo stesso si può
dire per quello che riguarda il ricordo di sé. Dipende da voi farlo di­
ventare realmente pratico. Alcune idee devono rimanere filosofiche,
altre possono diventare teoriche, e altre pratiche. Ma se le si considera
in modo generico, formatorio, saranno tutte filosofiche. L'uso di que-
264
Il
pensare
sto o quel linguaggio per certe idee è intenzionale. Nell'applicazione
pratica esso può cambiare.
D. Un'idea filosofica deve diventare teorica prima di poter diventa­
re pratica?
O. Certe idee devono rimanere filosofiche. È sufficiente dividerle
per sapere quali idee possono essere considerate solo filosoficamente ,
quali teoricamente, e quali devono essere pratiche.
I tre linguaggi
1 4 giugno 1 939
Dovete ricordare che, quando ho detto che lo studio di questo siste­
ma inizia con lo studio di un nuovo linguaggio, non ho parlato di un
solo linguaggio ma di tre modi di pensare, o di tre linguaggi, se
volete.
Nel nostro sistema, e comunque in ogni sistema, sia o no ricono­
sciuto, ci sono tre differenti linguaggi : filosofico, teorico, pratico.
Quando dico 'questo è teorico' oppure 'questo è filosofia' rispondendo
alle vostre domande, ciò significa che il linguaggio è sbagliato. Non si
può chiedere qualcosa in un modo filosofico e aspettarsi una risposta
pratica. Una domanda astratta non può ricevere una risposta concreta.
Dovete anche ricordare che in questo contesto le parole 'filosofico',
'teorico' e 'pratico' hanno un significato opposto a quello comune .
L'approccio filosofico è il più facile, quello teorico è più difficile, e
quello pratico è il più difficile di tutti. Ci può essere una conoscenza
filosofica, idee molto vaghe; ci può essere una conoscenza teorica,
quando si calcolano le cose. Con il linguaggio filosofico si parla non
tanto delle cose, quanto delle possibilità; in altre parole, non si parla di
fatti. Con quello teorico, si comincia a parlare di fatti, ma molto lon­
tani, che non ci riguardano da vicino. E con il linguaggio pratico si parla
di cose sulla stessa scala di noi stessi e di tutto ciò che ci circonda .
Pertanto in realtà si tratta di una differenza di scala.
Quel che è importante e quel che non lo è
27 febbraio 1 939
D . Mi è difficile riconoscere cosa è importante e cosa non lo è. Se
mi accorgo di fare qualche cosa perché sto considerando, cerco di fer­
marmi. Interrompere le cose di poca importanza può servire come una
specie di pratica in vista di cose più grandi?
Il
pensare
265
O . Tutto serve se si impara qualche cosa, se vi mostra qualcosa, vi
spiega qualcosa.
Il pensare
1 6 gennaio 1 940
D. Ogni volta che cerco di riflettere alle diverse cose del programma
non faccio nessun progresso. Non riesco a fare altro che ripetere quali
sono.
O. Ripetere non serve a nulla. Deve cercare di pensare. Quindi de­
ve scoprire qualcosa di nuovo, che non ha mai visto prima, o nuovi
punti di vista, nuove angolazioni. Cerchi di parlarne con altre persone
perché è molto utile, non in quel momento, ma nel tempo libero.
D. La mia incapacità a pensare in modo nuovo o di avere un qual­
siasi pensiero nuovo riguardo agli stessi argomenti, mi ha mostrato ve­
ramente quanto sia meccanica e formatoria la mia mente. Che cosa
posso fare?
O. Deve sviluppare il ricordo di sé ; è l'unico modo. Deve realmente
sforzarsi per cinque minuti o di essere consapevole di se stesso o di
scacciare tutti i pensieri, e se lo farà seriamente, potrà aiutarla.
D. Ho notato che spesso mi balenano in mente pensieri di una
straordinaria lucidità e freschezza. Come ci si può procurare tali intui­
zioni riguardo agli argomenti che si desiderano?
O. Bisogna ricordare se stessi di più, più profondamente, meglio.
Non c'è altra risposta; e poi bisogna anche sforzarsi di pensare da
punti di vista diversi, o su diversa scala. Cerchi di collegare una cosa
tra quelle che ha pensato in precedenza, o che ha fatto prima, o alle
quali prima non riusciva a rispondere. Se lei collega correttamente al­
meno una cosa, tutto il resto diverrà più chiaro.
D. È difficile mantenere una linea di pensiero nonostante le ordi­
narie cose che avvengono nella propria testa: il materiale è cosl limitato!
O. No, il materiale è molto, è qualcos'altro che è limitato: il desi­
derio, o lo sforzo; qualcosa è limitato, ma non il materiale.
D. Vorrei conoscere la causa della resistenza a non lasciare entrare
i pensieri, quei pensieri che continuano a introdursi energicamente
nella nostra coscienza.
O. Ci sono due cause: la causa della resistenza è una cosa e la causa
dei pensieri che continuano a creare interruzioni è un'altra. Quest'ul­
tima consiste nel modo di pensare ordinario, cioè non si può mai man­
tenere una linea perché intervengono le associazioni accidentali. La re­
sistenza è un'altra cosa; dipende da una mancanza di abilità, dall'in-
266
Il
pensare
capacità di agire in modo appropriato, dalla mancanza di esperienza,
se volete; dipende dal non pensare in modo intenzionale, seguendo una
certa linea. Ma questa capacità può essere esercitata.
D. La meccanicità è la forza di attrazione del sonno?
O. Certamente.
D. Ha detto di cercare di arrestare i pensieri per cinque minuti o
di essere consapevoli di se stessi.
O. È la stessa cosa, dà gli stessi risultati. Per alcuni è più facile la
prima, per altri la seconda. Indubbiamente arrestare i pensieri è uno
sforzo più meccanico, e quindi talvolta è più facile. Ma non importa,
il risultato è lo stesso, se lo fate bene. Non il risultato di quei parti­
colari cinque minuti, ma in generale.
17
gennaio 1 940
D. Come posso imparare a pensare a un livello differente?
O. Deve considerare gli argomenti ai quali vuole pensare e trovare
qualche rapporto personale con una o due questioni, un qualche inte­
resse personale, poi questo crescerà e si svilupperà. Per personale in­
tendo quello che pensava prima, le domande che si era poste prima,
che erano venute da sé, alle quali non aveva mai potuto rispondere,
o cose simili. E quando lei sarà capace di poter veder meglio qual­
cosa, questo stimolerà le altre cose.
D. Per quanto riguarda il pensare a un dato argomento, mi sembra
che si possa pensare a tutto ciò che si è udito a tale riguardo, cer­
cando di capire nuovi aspetti o nuovi collegamenti. Oppure ci si può
sforzare di impedire qualsiasi pensiero, e talvolta si può percepire qual­
cosa che riguarda l'argomento in questione. Questi metodi sono en­
trambi utili?
O. Lei parla di 'fare', ma in realtà ciò che lei può ottenere da
questo programma è di poter vedere e osservare diversi modi di pen­
sare, perché un giorno lei pensa in un modo e un altro giorno in
altro modo riguardo alla stessa cosa. Deve osservare tutto questo,
invece di cercare di 'fare'. Lei non può fare nulla.
25 gennaio 1 94 1 , Lyne
O. Bene, se c'è qualche domanda, ora è tempo di farla. Forse po­
tete trovarne qualcuna all'ultimo momento.
D. Ha qualche idea di come ci sarà possibile continuare?
Il
pensare
267
O. Certamente. Fintanto che avremo questa casa, ci sarà qualche
tipo di lavoro. Se diverrà impossibile tenere la casa, allora anche il
lavoro sarà impossibile.
Vedete, me ne vado soprattutto per questo. Qui non posso far nul­
la. Là forse potrò fare qualcosa per il futuro, per Lyne oppure ini­
ziando qualcosa di nuovo laggiù, e poi vedere quando sarà possibile
far venire tutte le persone. Questa è la mia opinione.
D. L'idea è di iniziare nuovi gruppi laggiù?
O. Questo non posso dirlo. Dipenderà da quello che sarà possibile,
forse sarà possibile incominciare in un modo, oppure in un altro. Per
quanto riguarda alcune delle questioni tecniche per l'organizzazione del
lavoro qui, ne potremo parlare domani sera o forse un altro giorno
(mi restano ancora tre giorni) . Ora se avete qualche domanda più
generale, fatela.
D. Si ricorda di aver detto non molto tempo fa che non voleva
affatto andarsene, che questo avrebbe significato il crollo di tutto?
O. Di che crollo sta parlando?
D. Non l'avevo capito.
O. Indubbiamente non ho nessuna voglia di andarmene, ma qui
non posso far nulla; là potrò fare qualcosa. Questo è tutto ciò che
posso dire.
D. Mi era sembrato che lei intendesse il crollo del lavoro in que­
sto luogo.
O. La situazione è crollata quando è incominciata la guerra. Ho
cercato di proseguire con i gruppi, di iniziarne di nuovi, ma all'ester­
no non può essere fatto niente, e questo lavoro non può esistere
senza crescere. Se non può crescere, non può proseguire. È possibile
per qualche tempo tenere insieme un certo numero di persone per
un lavoro personale, come avviene in questa casa. Per questo vi ho
consigliato di fermare i pensieri. Sembra una cosa di poco conto, ma
se lo fate regolarmente per due o tre volte al giorno, vedrete che
ci saranno risultati. È la miglior cosa che potete fare al momento.
Lo è sempre, ma ora è quasi la sola cosa, la cosa principale. Se lo
farete, troverete una via d'uscita, e farete molte altre cose.
D. Che tipo di altre cose?
O. Se farete ciò che vi ho detto, lo vedrete. Dopo qualche tempo .
Sono necessari molti mesi.
D. Vuoi dire che se impariamo . . .
O. No, non potete imparare, potete praticare.
D. . . . allora diverrà chiaro che cosa dovremo fare?
O. No, non si tratta di teorie. Bisogna sforzarsi direttamente. Non
ci sono aiuti. Tutto ciò che già sapete, tutto ciò che avete già impa-
268
Il
pensare
rato non serve. È particolarmente importante evitare tutte le teorie
su quello che potrebbe accadere. Provate e vedrete.
D. Può spiegarci perché è impossibile organizzare incontri e perché
tutto questo non può crescere all'esterno?
O. Perché non possiamo lavorare a Colet Gardens. Molte persone
se ne sono andate ; ed è difficile incontrarsi là, la sera; in genere,
tutte le comunicazioni sono difficili; io non posso stare a Londra;
una cosa dopo l'altra.
D. Come si può impedire che la forza che si ottiene fermando i
pensieri diventi pericolosa per noi stessi?
O. Non può mai essere pericolosa. Praticate e vedrete. Quello che si
ottiene è un certo controllo, niente di più.
D. Non può venire adoperata in modo pericoloso?
O. Come? Innanzitutto è necessario farlo, poi si vedrà che cosa
si ottiene. Si ottiene solo un maggiore controllo di sé, ci si ricorda
maggiormente di sé. Per chi potrebbe essere pericoloso? In che senso ?
D. Non può forse intervenire l'idea del diavolo, e farci ingannare?
O. Se si incomincia a ricordare se stessi, il diavolo non oserà av­
vicinarsi. Ha più paura di questo che dell'incenso, come usavamo dire
in Russia.
D. Per noi sarà possibile rimanere in contatto con lei, ricevere le
sue istruzioni, e cosl via?
O. Finché funziona la censura, potremo comunicare.
D. Sl, naturalmente finché è possibile scrivere lettere.
D. Come gruppo, ci sono pericoli speciali dai quali dovremmo guar­
darci ?
O. Pericoli in che senso? Si tratta sempre delle stesse cose, l'iden­
tificazione, il considerare, e cosl via. I pericoli sono sempre gli stessi.
Non ci sono nuovi pericoli. Non possiamo cambiare le circostanze
esteriori. Il parlare, l'immaginazione negativa, (juesti sono i pericoli.
Mi riferisco al parlare inutile, al parlare che è come una droga, al­
l'espressione delle emozioni negative, e cosl via.
Nello stesso tempo dovete capire che le cose fatte in una occasione
come questa hanno molto più valore di quelle fatte in una situazione
tranquilla. Quando le cose sono più facili, molte accadono quasi mec­
canicamente. In un momento come questo, esse richiedono uno sforzo.
Tutto ciò che fate, ogni cosa che potete fare è importante, e prima
o poi tutto darà risultati. Spero che non durerà tanto come allora,
ma oggi viviamo in un'epoca simile a quando stavamo nel Caucaso,
negli anni 1 9 1 7 , 1 9 1 8 e 1 9 1 9 . Non facevamo altro che spostarci in
diversi posti nel Caucaso, finché non riuscimmo a fuggire a Costan­
tinopoli, e tutto ciò che fu fatto allora diede molti più risultati di
Il
pensare
269
quanto avrebbe potuto in tempi più tranquilli. Ma, come ho già detto,
spero che non durerà così tanto.
D. Dovremmo tutti fare del nostro meglio per venire in America?
O. Non posso dirlo. Prima devo arrivarci e poi vedremo.
D. Come potremo ricevere gli shock quando diventano necessari?
O. Gli shock sono a disposizione. Attualmente dovreste pregare
per avere meno shock ! È molto importante che rimaniate insieme, è
la cosa più importante . Se riuscirete a conservare questa casa, allora
il futuro sarà più facile.
D. Prima di partire, lascerete qui qualche organizzazione?
O. Questa esiste già. Ho solo parlato di qualche dettaglio tecnico.
D. Ho la viva impressione che questa è la fine di un certo periodo ,
e che in seguito ci potrà essere l'inizio di un altro periodo, ma c'è
una sorta di fase intermedia che può essere molto difficile.
O. Proprio cosi. Ma non sono d'accordo con lei che questa sia
la fine. La fine è stata quando è iniziata la guerra.
D. C'è qualche particolare principio che dovremmo ricordare, che
ci possa aiutare durante questa fase intermedia?
O. Cercate di ricordarvi di voi stessi e non dimenticate di arre­
stare il flusso dei pensieri, il più spesso possibile e ogni volta che
potete. In tal modo ricorderete il lavoro e ricorderete ogni altra cosa.
D. Ciò significa arrestare i pensieri senza niente di speciale a cui
pensare in seguito?
O. No, no, non c'è nulla a cui dover pensare. Smettete di pensare.
È un grande errore credere che per poter fermare i pensieri si debba
pensare a qualcosa.
D. E in seguito?
O. Nulla. Smetta · di pensare, semplicemente.
D. Quando si è più liberi dai pensieri, si può sapere meglio che
cosa si vuole?
O. Non posso dire niente riguardo alla libertà dai pensieri. Per
due, tre, quattro volte al giorno, per cinque minuti, cercate di smet­
tere di pensare. Non ho mai detto nulla sul fatto di essere liberi dai
pensieri . È una cosa assai diversa.
D. Supponiamo che ci sia una percentuale molto bassa di persone
che cercano di ricordare se stesse, o di smettere di pensare, o di
fare qualcosa, che cosa accadrà?
O. Ho parlato a quelli che vogliono farlo, e ho parlato di quelli
che vogliono farlo.
D. Gli altri non rovineranno tutto?
O. Ho parlato di fermare i pensieri, non di non fermarli. Ho par­
lato di ricordarsi di sé, non di non ricordarsi.
270
Il
pensare
D. Ci sarà possibile metterei in contatto con tutti coloro che non
vengono regolarmente ma solo saltuariamente?
O. Certo. Dipende da voi e da loro.
D. Dunque, le persone possono venire qui, se vogliono?
O. Se vengono solo per parlare di Mussolini o di cose del genere,
non ne vale certo la pena. Ma se vengono per lavorare, è un'altra
cosa, le possibilità sono molte.
D. Con chi dovremmo metterei in contatto?
O. Con coloro che vogliono lavorare, se lo vogliono. Ma sono loro
che debbono mettersi in contatto.
D. Mi sembra che al momento una delle cose più importanti sia
avere un giusto atteggiamento e un giusto modo di pensare riguardo
alla situazione qui, e particolarmente in relazione a lei e Madame
in America.
O. Io e Madame in America . . . Che cosa significa avere un giusto
atteggiamento? Dipende da quello che accadrà laggiù. Io ho parlato
del vostro atteggiamento nei confronti del lavoro in generale, e que­
sto dipende moltissimo da ciò che fate ora, dal vostro lavoro perso­
nale, dal ricordarvi di voi, dal non identificarvi, e anche dal lavoro
per cercare di far continuare l'organizzazione.
D. Dovremmo considerare questa idea di smettere di pensare come
una specie di compito che ci spetta mentre lei sarà via?
O. Non servono altre parole. Smettere di pensare vuoi dire smet­
tere di pensare.
D. Ciò vale per tutte le circostanze: bisogna smettere di pensare
mentre si lavora, mentre si siede quietamente e cosi via?
O. Si deve provare. Non ci sono istruzioni a questo riguardo. È
una cosa individuale. Provi i diversi modi e li metta a confronto.
Dovete capire che il valore non sta nel risultato, ma nello sforzo.
Indubbiamente, più voi capite perché lo state facendo, più sarà pro­
ficuo.
D. In realtà mi pare che sia questa la nostra, o almeno la mia,
posizione attuale: finora abbiamo dato tutto per scontato. Lei ci ha
dato tutto. Se riusciremo a far sì che qualcosa continui durante que­
sto difficile periodo, tutti quelli che saranno capaci di continuare im­
pareranno a valutare e faranno un'esperienza che li porterà ad avere
una giusta valutazione in un modo altrimenti impossibile?
O. È proprio cosl.
D. Sembra una prova molto difficile.
O. Ci sono sempre prove. È un esame permanente. Vedete, rice­
vere le cose che vengono date, parlarne, discuterne, è una cosa. Ma
fare sforzi, creare qualcosa è ben diverso.
Il
pensare
271
D. La difficoltà sta nell'avere oggi, dopo tutti questi mesi, l'ener­
gia emotiva sufficiente per compiere questi sforzi.
O. Alcune cose sono chiare : è evidente che cosa è necessario fare
adesso. Per. quanto riguarda il lavoro personale, cercate di ricordarvi
di più di voi stessi; per quanto riguarda il lavoro esterno, cercate
di lavorare con la gente e di fare in modo che le cose continuino.
D. Può spiegarci in che cosa consiste il vero valore dello smettere
di pensare?
O. Nel controllo. I pensieri sono incontrollati. Cercando di arre­
starli, si crea un controllo. In tal modo si crea il ricordo di sé.
D. In una delle prime conferenze, lei ha parlato della conoscenza
del sistema in quanto rappresentata simbolicamente da una moneta
spezzata a metà, e di noi come dei custodi di questa moneta. .
O. No, ciò che ho detto allora è completamente diverso. Si trattava
della spiegazione della parola 'simbolo' .
D . Ma siamo responsabili nei confronti del sistema?
O. Ho solo parlato di ciò che potete fare per voi stessi e in voi
stessi, non del custodire le idee. Ma forse questo potrà esservi di
aiuto, se volete, per farvi ricordare di voi stessi nel modo giusto,
per farvi ricordare di ogni cosa nella giusta proporzione, nella forma
giusta.
Se vi sembra di non ricordare bene qualcosa, non cercate di pen­
sarci. E per non pensarci, dovete controllare il pensiero, perché voi
vorrete pensarci, e quella cosa continuerà a entrarvi nella mente in
forma frammentaria, danneggiando il pensiero. In tal modo potrete
applicare il controllo.
D. È utile discutere tra di noi ciò che riguarda i tentativi di smet­
tere di pensare?
O. Non riesco a capire di che cosa potete discutere riguardo allo
smettere di pensare. Forse se ne potrà discutere tra due anni, se voi
seguirete questa particolare linea di lavoro per due anni. Allora forse
avrete materiale per poter discutere. Ma ora sarebbero soltanto chiac­
chiere.
D. Non mi volevo riferire alla discussione dei risultati, ma alla pos­
sibilità di parlarne per ricordarcene, per ricordarci di fare gli sforzi
dovuti.
O. Non mi sembra che la discussione possa aiutarvi. Vi compiace­
rete della discussione in quanto tale, e penserete : " Ora noi possiamo
arrestare i pensieri, li abbiamo già arrestati... " .
D. È veramente possibile smettere completamente di pensare?
O. Provi. Completamente o non completamente, ho appena detto
che è lo sforzo che è importante e non il risultato.
272
Il pensare
D. Ciò che sembra difficile è superare questo periodo in cui do­
vremo lottare perché le cose non si disgreghino.
O. Non è detto che si debbano necessariamente disgregare. Sarebbe
male se si disgregassero a causa del nostro fallimento. Questa è una
cosa. Ma se le cose sono distrutte da cause esterne, non importa.
Qualcosa rimarrà, e potrà tornare a manifestarsi in seguito, se le cir­
costanze migliorano, oppure potrà crescere di nuovo in un altro posto.
D. Si deve dunque continuare, indipendentemente dal fatto che tut­
to si può disgregare?
O. Ma non può disgregarsi se voi lo fate continuare. Sono due
cose opposte. Lo abbiamo provato noi stessi. In particolare nel 1 9 1 8
e nel 1 9 1 9 ci trovammo più volte in condizioni veramente difficili,
molto più difficili di quanto si possa dire, perché c'erano molte cose
che è impossibile ricordare o elencare, ma riuscimmo a farcela. Dun­
que anche ora c'è la possibilità di farcela. E riuscimmo a far ripar­
tire il lavoro, dunque esiste la possibilità di far ripartire il lavoro .
D. Prima è stata posta una domanda sulla possibilità di comunicare con lei...
O. È sempre possibile scrivere.
D. Ci lascerà qualche scritto da leggere?
O. Ci stavo appunto pensando. Se riesco a finire qualcosa, l'avrete.
Se avrò il tempo di scrivere quando sarò laggiù, vi invierò ciò che
avrò scritto. Ma non contateci troppo. Ci sono sempre le stesse diffi­
coltà di correzione, di traduzione, tutte le complicazioni, ma dopo
un certo tempo le cose potranno essere sistemate. Comunque, avete
a disposizione un materiale sufficiente.
Per esempio, avete parlato delle persone che vengono solo occasio­
nalmente. Ho ascoltato le conversazioni più divertenti tra persone che
non avevano imparato nulla da me, riguardo alle sei attività e alle
triadi, e a chissà che cosa. Questo è pericoloso. Pericoloso per loro.
Pertanto dovete spiegare che se non hanno mai sentito parlare di
qualcosa, è meglio che non ne parlino. In ogni caso, nessuno deve
parlare di queste cose senza il mio permesso.
D. Lo scorso inverno quei piccoli gruppi di lettura che abbiamo
tenuto qui mi erano sembrati molto utili, e mi chiedevo se qualche
volta non sarebbe possibile incontrarci perché qualcuno ci legga qual­
cosa.
O. Sl, si può fare, ma sapete che leggere senza un commento spes­
so è del tutto inutile. Ho cominciato a preparare qualcosa da leggere,
e la signora K. sta traducendo un libro sul Monte Athos. In questo
libro non c'è niente di eccezionale, l'autore descrive solo le sue im­
pressioni ; non sa molto, ma è un bravo scrittore. Una volta tradotto,
Il
pensare
273
penso che sarà utile leggerlo e discuterlo. Il Monte Athos è un posto
interessante. Ci sono altri libri al riguardo, ma qui sta la difficoltà
di cui parlavo. Si legge senza conoscere l'autore, e la cosa principale
è invece capire la sua mentalità, il suo punto di vista. Per esempio,
ho appena finito un libro e vorrei leggerlo anche qui per sentire la
vostra opinione, solo un breve passaggio. Voi leggete il libro e in
un certo senso date fiducia a quest'uomo, egli dà una certa idea di
quello che è il Monte Athos, ma poi vi trovate cose cosl buffe, cosl
strane.
[ Lettura di un brano da Monks of Athos di Dawkins ] .
Dunque, avete un quadro della mentalità di questo uomo. Egli non
aveva capito nulla di quel monaco. Innanzitutto non aveva capito che
il monaco probabilmente non voleva preparare il tè per loro; secondo,
probabilmente non aveva tè; terzo, probabilmente non aveva un posto
in cui mettere la sua teiera o bricco, o quello che era. Era un monaco
senza fissa dimora, e pertanto portava con sé tutti i suoi averi do­
vunque andava, e probabilmente quella era la cosa che gli era più
cara. Ma quest'uomo non l'aveva capito. Dunque, ecco che cosa vo­
glio dire: leggete questi libri e pensate che l'autore abbia capito qual­
cosa. Perciò se leggete, dovete leggere molto attentamente.
D. Questo signore non aveva studenti quando teneva le lezioni a
Oxford !
O. Non mi meraviglia!
D. Pensa di ritornare prima della fine della guerra?
O. Posso parlare solo di quello che farò oggi. Il resto è solo una
questione di avvenimenti; capite che cosa significa? Le circostanze
non possono essere mutate.
In seguito [ rivolgendosi alla signora K . ] potete continuare anche
con Roussoff. Potreste leggerlo più avanti, dà un quadro interessante
della vita in Russia. Capirete molte cose sulle quali avevate idee com­
pletamente sbagliate. L'autore fu ucciso nel 1 9 1 7 dai bolscevichi, as­
sieme ad altre centocinquanta persone.
Se poi troverò qualcosa di interessante da leggere, ve lo invierò.
D. La stampa delle conferenze psicologiche è stata ultimata?
O. Disgraziatamente, non ancora, e neppure la correzione delle bozze, ma dovrebbe essere quasi finita.
D. Vuol dire che ne potremo avere una copia?
O. Lo si vedrà in seguito.
D. In Oriente, le condizioni per lavorare sono più favorevoli che
in America?
274
Il
pensare
O. Dunque, sono stato in Oriente nel 1 91 4 , e in America solo in
precedenti incarnazioni che non ricordo, e quindi non posso fare con­
fronti!
Dovete capire che per me non è affatto piacevole andarmene. Si­
gnifica abbandonare venti anni di lavoro (per il momento, voglio dire,
perché forse in seguito potrà nuovamente continuare) . Ma qui non
si può fare niente. Là, forse potrò fare qualcosa. Questo si vedrà. Se
le cose qui miglioreranno , allora sarà importante, e capirete perché
è stato importante, tenere Lyne. Se l'avremo, potremo incominciare
immediatamente quando tornerò. Se potessimo conservare Colet Gar­
dens sarebbe ancora meglio, ma sarà molto difficile riuscirvi. Se lo
affittassimo a breve scadenza, in seguito potremmo riaverlo e iniziare
subito i gruppi e tutto il resto. Forse Colet Gardens potrebbe essere
usato in qualche altro modo. Non so come. Ma le circostanze cam­
biano.
Indubbiamente potreste pensare, ed è piuttosto utile farlo, che
avremmo potuto prevedere come sarebbero andate le cose, e potrem­
mo essere andati in America già da prima e aver iniziato i gruppi
prima dello scoppio della guerra. In un certo senso, ciò è del tutto
vero, e alcune persone avevano insistito per convincermi ad andare
in America nel periodo tra il 1 93 7 e il 1 9 38. Ma in qualche modo
questa idea non mi piaceva troppo, e le persone che partirono allora
avevano un'eccessiva considerazione per la loro sicurezza personale. In
simili casi si può essere troppo previdenti, e le cose poi vannò in
modo del tutto diverso. La situazione avrebbe potuto cambiare prati­
camente all'ultimo momento. La guerra era inevitabile, ma era impos­
sibile dire con esattezza quando sarebbe scoppiata, e sarebbe potuta
incominciare in maniera diversa. Se fosse incominciata in maniera di­
versa, ora sarebbe già finita. L'inverno scorso c'era stata una possi­
bilità che le cose andassero in modo del tutto diverso, e perciò non
si può essere troppo previdenti. Conoscevo un uomo di Pietroburgo
che era molto previdente; prevedendo la possibilità della rivoluzione,
prese tutte le sue cose e si trasferl in Italia, e Il morl!
D. Si può sapere come smettere di pensare possa aiutare a disper­
dere l'energia troppo pesante che ci opprime?
O. Innanzitutto dovete smettere di pensare, poi, tra due anni, po­
trete chiedere che cosa significa, se non lo avrete capito da voi.
Inoltre, io ho già risposto a questo: ottenete il controllo. Attual­
mente voi non avete nessun controllo. Se lo farete per due anni,
avrete un maggior controllo, e allora potrete pensare a come usarlo.
D. Suppongo che fermare i pensieri abbia un valore particolare in
tempi come questi, perché si può perdere una grande quantità di ener-
Il pensare
275
gia a causa dei pensieri che provengono da ciò che sentiamo attorno
a noi.
O. Si perde energia in tutte le azioni, le emozioni, persino i mo­
vimenti o le funzioni che non potete controllare. Se si incomincia
a Òttenere il controllo di una cosa, si otterrà anche il controllo di al­
tre. Viene sempre spiegato all'inizio del nostro lavoro. Ci sono mol­
tissime cose da imparare e da mettere in pratica. Non si possono
fare le cose separatamente, ma incominciando con quelle principali, si
cambierà anche le altre. Dunque, non c'è bisogno di fare ogni cosa
separatamente. Smettere di pensare è la cosa più facile. Non richiede
nessuna preparazione, nessuna organizzazione. Si può smettere di pen­
sare in qualsiasi condizione. Se fate questi sforzi, molte altre cose
cambieranno. Se otterrete il controllo dei pensieri, otterrete il con­
trollo di molte altre cose.
D. C'è qualche particolare ostacolo in noi che può impedirci di far
proseguire Lyne?
O. No, solo la pigrizia, il non ricordarvi di voi, l'immaginazione
negativa. Ci sono molte cose, centinaia e centinaia. Altrimenti sarebbe
semplice.
D. Coloro che non vivono a Lyne, come possono mantenersi in contatto?
O. Alcuni potranno, altri no, altri non sapranno farlo.
D. Come è possibile?
O. Stiamo parlando di fatti. Chi vuole venire, può farlo. Ma può
diventare impossibile perché questi non sono tempi normali. Ci po­
trebbero essere molte difficoltà.
D. Per tanto tempo abbiamo contato sul suo discernimento e su
quello di Madame. . .
O . Dovete sviluppare la vostra capacità di discernimento. Ora ne
avete l'opportunità.
Pensare nel modo giusto
22 novembre 1 944
D.
O.
D.
O.
per i
D.
O.
Come possiamo risvegliare il centro intellettuale?
Pensando nel modo giusto.
C'è una definizione per questo?
No, nessuna definizione. Dovete farlo. Le definizioni sono solo
pigri.
Mi sembra di vedere che non uso affatto il centro intellettuale.
Lei lo usa troppo. Forse non se ne rende conto.
276
Il
pensare
D. Che cosa è un'emozione?
O. Può variate. Talvolta è piacevole, talvolta no. Io non ostacolo
mai ciò che piace alla gente. A Londra molte persone volevano che
io andassi in Russia. Risposi che la Russia non esisteva più dal 1 9 1 7 .
Mi fu chiesto: " Ha qualcosa in contrario s e i o vado? " . I o dissi: " No .
M a non tornerete più nei gruppi " . Si tratta sempre di pensare nel
modo giusto.
D. Allora si può dire che i diversi centri pensano, non solo il cen­
tro intellettuale?
O. Tutti i centri pensano. Dovete imparate a bloccarli tutti.
15
L'osservazione
Le difficoltà personali
marzo 1 939
Parlando a piccoli gruppi, Ouspensky disse:
Cercate di pensare a cosa rende il lavoro così difficile, di scoprire
quali cose assorbono tanto la vostra attenzione. Dovete scoprire quali
sono.
Voglio che capiate che ogni singola persona ha un preciso ostacolo
che si contrappone al lavoro, qualcosa di definito che impedisce un
lavoro corretto.
Dovete trovare quale sia il vostro ostacolo. Ognuno di noi ha mol­
te difficoltà, cioè, difficoltà a comprendere, ma ce n'è una che è
maggiore delle altre. Pertanto è necessario che ciascuno di voi sco­
pra la propria difficoltà. principale. Una volta che l 'avete scoperta,
lavorare contro di essa potrà aiutarvi per un certo periodo; poi forse
dovrete scoprire un'altra difficoltà, e poi un'altra, e cosl via. Finché
non individuate la vostra difficoltà attuale, non sarete in grado di
lavorare nel modo giusto.
Naturalmente, la prima difficoltà per ognuno è la parola 'io'. Voi
dite 'io' e non pensate che è solo una piccola parte di voi che parla.
Ma dietro e oltre a questo ci deve essere qualcos'altro, e ciascuno
di voi deve scoprirlo personalmente. Può essere una particolare emo­
zione negativa, una particolare identificazione o immaginazione, o mol­
te altre cose.
D. La difficoltà principale potrebbe consistere nel rimandare sem­
pre le cose?
O. Sì, è possibile, molto bene. Ma questo non è esattamente ciò
che intendevo dire. Questa è una difficoltà nel fare, e io mi riferivo
a una difficoltà nella comprensione. Lei ha già capito questo suo
rimandare, vi sta già pensando, e perciò non si tratta del tipo di diffi­
coltà a cui mi riferisco.
278
L'osservazione
Cerchi di pensare a ciò che le rende le cose molto difficili o che
richiede molta attenzione. Dovrebbe scoprire quali sono tutte queste
cose.
D. La mia difficoltà è che dovrei dedicare più tempo al lavoro,
ma ho paura di rinunciare a ciò che mi piace. Che cosa posso fare?
O. Forse accettare di rinunciare a qualcosa. Non si può ottenere
niente se non si rinuncia a qualcosa. Ma ci sono molte cose immagi­
narie alle quali potete sempre rinunciare. Pertanto deve rinunciare
alle cose immaginarie e tenere per sé le cose reali. Purtroppo la sua
disgrazia è che lei non sa che cosa è immaginario e che cosa reale.
Quando vi incontrate potete lavorare su queste linee. Se volete, pc..
tete parlare delle teorie; se avete dimenticato qualche cosa, potete
chiedere agli altri, ma la cosa più importante è scoprire le difficoltà
personali. Non mi riferisco alle difficoltà personali di tipo esterno,
ma a quelle interiori : caratteristiche, inclinazioni, avversioni, atteggia­
menti, pregiudizi e attività personali che possono impedire la vostra
comprensione e il vostro lavoro. Tali difficoltà interiori possono es­
sere divise in tre categorie. Per alcuni, la difficoltà principale è costi­
tuita dalle emozioni negative; non riescono a non essere negativi, so­
prattutto in qualche particolare direzione. Per altri, la difficoltà prin­
cipale sta nell'immaginazione; non possono smettere di immaginare
cose che sono completamente sbagliate e che distorcono il loro punto
di vista.
Non mi sto riferendo qui all'immaginazione nel senso dei sogni
a occhi aperti; per immaginazione intendo il persistere di alcune idee
sbagliate. La terza categoria è costituita dal pensiero formatorio. È
molto utile capire che cosa significa pensiero formatorio, trovarne
buoni esempi e tenerli a mente. Dopo non sarà difficile riconoscere
ogni occasione in cui si pensa in modo formatorio, o in cui si sente
parlare qualcuno in modo formatorio. Queste sono le principali diffi­
coltà che dovete scoprire in voi stessi. In una persona ricorre più
frequentemente un ostacolo, in un'altra un ostacolo diverso, e così
via; talvolta le difficoltà più costanti sono due, ma è meglio capire
quale predomina in voi : se il pensiero formatorio, o le emozioni nega­
tive, o l'immaginazione.
Certamente, oltre a questo, può darsi che non abbiate ascoltato
bene; può darsi che non conosciate cose che dovreste conoscere; o
forse non vi sono state dette. Non mi riferisco solamente ai diagram­
mi, ma anche a ciò che riguarda l'aspetto psicologico. Ci si può aiutare
l'un l'altro, alcuni possono ricordare meglio una cosa, altri possono
ricordarne un'altra.
L'osservazione
279
Vedere se stessi
D. Vedere se stessi è una combinazione di osservazione di sé e
di ricordo di sé?
O. No, è solo avere una giusta immagine di se stessi.
D. È possibile avere un'immagine completa di se stessi?
O. Sl, certo, questo è l'inizio. Prima di questo, non si può incomin­
ciare nessun serio lavoro, si può solo studiare, ma anche questo sarà
frammentario.
D. È molto difficile essere sicuri che ci si sta dicendo la verità.
O. Sl, ecco perché ho detto di vedere se stessi e non di conoscere
se stessi. Abbiamo molte immagini di noi stessi; dobbiamo vederle,
una dopo l'altra, e poi metterle a confronto. Ma non possiamo dire
immediatamente quali siano quelle giuste.
D. In che modo si può verificare che si sta vedendo se stessi?
O. Con l'esperienza ripetuta.
D. Ma non può essere sbagliata anche l'esperienza che si ripete?
O. La nostra capacità di ingannare noi stessi è cosl grande, che
possiamo ingannarci anche a questo riguardo.
D. Mi chiedevo se esisteva qualche modo per poter controllare.
O. No, ma il manifestarsi dell'elemento emotivo, della coscienza,
costituirà una verifica.
D. Si riferisce al momento in cui all'improvviso ci si sveglia e ci
si vergogna?
O. Questa è l'associazione emotiva. Sto solo parlando di vedere.
D. È la stessa cosa di vedere ciò che non si è?
O. Una cosa implica l'altra.
D. È possibile vedere se stessi senza che avvenga nessun grande
cambiamento?
O. È difficile rispondere. Ci si abitua a tutto, anche a vedere se
stessi.
D. Lei ha detto che non si incomincia a lavorare finché non si
vede se stessi.
O. Sl. Non si può parlare seriamente a una persona finché questa
non comincia a vedere se stessa, o almeno a rendersi conto che non
vede se stessa e che dovrebbe farlo.
D. Talvolta mi vedo estremamente confuso e disperso in ogni dire­
zione, ma non capisco come posso uscire da questa confusione.
O. Questa è un'immagine. Cerchi di trovarne un'altra. Nel primo
gruppo di Pietroburgo, questo veniva definito fotografare se stessi
come preparazione a vedere se stessi.
D. Il vedere se stessi è una specie di percezione permanente? Tal-
280
L'osservazione
volta ciò che vedo in un dato momento in seguito diventa qualcosa
di astratto, senza emotività.
O. Questo significa che lei ha cessato di vedere se stesso. In noi
non c'è nulla che sia permanente.
D. Vedere se stessi significa che si comprendono i propri errori
e che si sa anche che cosa fare in merito?
O. Talvolta può essere così. Ma lei continua a cercare definizioni
e spiegazioni, mentre io non ho parlato di definizioni o spiegazioni,
ma di effettiva pratica; non ho parlato di come lo si possa definire
o tradurre in parole diverse, ho detto che bisogna vedere realmente.
Supponiamo che lei stia parlando di un certo quadro che non ha mai
visto, ma del quale ha solo sentito parlare; può sapere ogni cosa
possibile su quel quadro, ma non l'ha mai visto; bisogna prima ve­
derlo, e poi verificare tutto quello che si sa.
Mentire
1 6 gennaio 1 940
D. Non ho mai capito realmente perché il centro di gravità del
mentire sta nel parlare di quello che non si conosce.
O. Ci sono molti elementi, ma questo è l'unico elemento non in­
tenzionale che è necessario sottolineare particolarmente nelle confe­
renze, perché non è affatto riconosciuto ed è uno dei più importanti.
Il mentire intenzionale è un'altra cosa. Ci sono forme meccaniche di
menzogna, in cui vengono accettate cose che vengono semplicemente
ripetute senza che se ne conoscano i dettagli.
Come ho già detto, cercate di usare questo periodo per osservare
la vita in generale : la situazione politica, le menzogne della gente,
come non si capiscano neppure le cose più semplici. E ora in partico­
lare, è attiva quella che io chiamo 'la forza delle cose'; è difficile da
descrivere, ma attualmente la forza delle cose indirizza i governi, gli
uomini politici e la stampa nella giusta direzione. Ma essi continuano
a non voler vedere le cose, e non accadrà nulla finché le persone non
incominceranno a vedere (le persone, intendo, che hanno in mano
un reale potere di controllo) , finché non incominceranno a vedere le
cose o la loro resistenza. Si sta solo segnando il passo e questo non
darà alcun risultato.
D. Potrebbe indicarci il modo giusto di osservare le cose presenti?
O. Ne ho parlato più volte, ma la sua è una domanda sbagliata,
perché quello che dico io non conta. Mi riferivo all'osservare il fatto
che le persone non vogliono vedere le cose.
D. Questa forza delle cose è completamente meccanica?
L'osservazione
281
O. Non ha importanza. Tutto è meccanico. Ma ci sono differenti
combinazioni di forze, e talvolta, quando le cose diventano del tutto
assurde, le cose stesse indicano la soluzione e indirizzano le persone
nella giusta direzione. Per esempio, tre mesi fa nessuno scriveva nei
giornali quello che si scrive oggi. I giornali francesi si rendono conto
della necessità di combattere il bolscevismo, ma non vogliono ancora
capire che il bolscevismo è la causa principale, e che quella seconda­
ria è l'errore dei governi europei che hanno aiutato i bolscevichi.
Ricorderete che nelle conferenze psicologiche ho detto che una delle
divisioni è lo studio delle menzogne. Ora voi avete una magnifica
opportunità per studiare la menzogna.
1 6 febbraio 1 940, Colet Gardens
D. Mi sono accorta che seguire il programma con regolarità mi ha
aiutata a capire più profondamente certi problemi. Per esempio, ho
scoperto che alcuni miei atteggiamenti, come l'insoddisfazione per i
miei progressi, sono in realtà emozioni negative. Mi chiedevo se questi
atteggiamenti sono tra le cose alle quali ha detto che dobbiamo ri­
nunciare se vogliamo risvegliarci.
O. Indubbiamente è impossibile lavorare se ci sono emozioni nega­
tive. Bisogna osservarle e lottare contro di esse. Questo è ovvio.
D. Se penso dopo aver ricordato me stessa, so che sto pensando,
e ogni rumore che c'è all'esterno, invece di penetrare in me, rimane
all'esterno, e si possono udire molto chiaramente due o tre rumori.
Si tratta di un leggero mutamento di consapevolezza?
O. No, sono solo osservazioni. Se ne deve avere almeno un mi­
gliaio prima di poter trarre qualsiasi conclusione.
D. Ho cercato di capire che cosa potrebbe essere un momento di
consapevolezza, e ho scoperto che posso provare solo un'emozione alla
volta. Ma mi sembra che in un'esperienza emotiva ci dovrebbero es­
sere molte emozioni. Come posso imparare a distinguerle?
O. Questo è inutile. Si sforzi di capire che cosa significa l'asseriza
di consapevolezza. Cercare di capire quello che potrebbe essere, non è
altro che immaginazione. Provi a essere meno addormentato. Capisca
la differenza tra i momenti in cui è più addormentato e i momenti
in cui lo è di meno.
D. Da dove viene la motivazione?
O. Solo dalla comprensione della meccanicità.
D. I momenti in cui sento di capire a livello emotivo la verità di
qualcosa che è esterno a me stessa, sono collegati alla consapevolezza?
O. La definizione non è importante. Se lei si sente più consape-
282
L'osservazione
vale, benissimo. Lo paragoni a quando si sente meno consapevole.
D. Pensando al giusto atteggiamento nei confronti delle emozioni
negative, all'improvviso mi è venuto in mente che conoscere l'intera
verità su se stessi ed essere in grado di agire di conseguenza, sarebbe
un cambiamento di consapevolezza. È cosl?
O. Sarebbe una grande cosa. Ma ciò è molto lontano.
D. Le emozioni negative sono tutte collegate alla falsa personalità,
oppure talvolta possono accadere a livello fisico? Sto pensando in
particolare alla depressione.
O. Non ha importanza. Questa è una domanda formatoria.
D. Talvolta ho visto che in seguito a uno sforzo ci si può ricordare
di se stessi per un breve periodo, e non si tratta di un tentativo ma
di un fatto reale. Si può dire che il proprio scopo è quello di far
accadere questo stato più spesso?
O. Paragoni questi momenti con altri. Otterrà un utile risultato.
D. Spesso sembra che uno stato di maggiore consapevolezza si ma­
nifesti in me spontaneamente. Non è probabile che sia il risultato di
uno sforzo precedente?
O. Ciò può accadere solo come risultato di uno sforzo. Se decidete
di lavorare, non potete lasciare che le cose si limitino ad accadere.
Se lei cercherà di non pensare, di osservare, e cosl via, otterrà risultati.
D. Non è vero che nello stato di ricordo di sé la mente è più chiara
e i movimenti migliori?
O. Naturalmente. Si è più svegli.
D. Possiamo giudicare di essere più, svegli dal miglior funziona­
mento della macchina?
O. Non c'è nessun bisogno di giudicare. Dovete solo lavorare.
D. Non è forse vero che prima di poter ottenere qualsiasi risultato
si deve capire ciò che si vuole, anche per quanto riguarda il prossimo
piccolo passo? I semplici sforzi generici non produrranno nessun ri­
sultato, non è vero?
O. Proprio cosl. Più si è consapevoli di ciò che si sta facendo,
migliore sarà il risultato.
D. Il nostro scopo è quello di non essere una macchina o di con­
trollare la macchina?
O. Il nostro scopo è essere svegli e controllare tutte le funzioni.
D. Mi sembra che il ricordo delle emozioni negative trattenga una
grande quantità di energia nel corpo. Come la si può liberare? Se,
per esempio, mi ricordo di un'emozione negativa passata, mi sembra
carica di energia. Non la si può trasformare in qualcosa di più utile?
O. Provate, provate, e continuate a provare. Potrete capirlo solo
in base ai vostri tentativi.
L'osservazione
283
D. Quando pensiamo di introdurre delle persone nel lavoro, dob­
biamo dare per scontato che esse siano più o meno preparate, oppure
possiamo fare qualcosa in merito?
O. Non si può far nulla e nello stesso tempo non si deve dare
nulla per scontato. Dovete cercare di capire se sono preparate, parlan­
do con loro di moltissimi argomenti. Non c'è bisogno di usare il lin­
guaggio del sistema o di parlare del sistema.
D. Che cosa significa preparazione?
O. Dovreste aver fatto questa domanda prima di quella precedente.
D. Che cosa intende per amici dei bolscevichi? Si riferisce alle
nazioni?
O. No! No! Intendo Heriot, Daladier, Blum, tutti coloro che hanno
cercato di fare un'alleanza con i bolscevichi. E i laburisti del governo
inglese, Shaw, Wells, e tutti quelli che sono andati in Russia.
D. Non ha forse detto che il bolscevismo è sempre esistito, in quan­
to desiderio di imporre le proprie idee agli altri mediante la violenza?
O. Sl, è sempre esistito in diverse forme.
D. Se in un momento di emozione si fa un'improvvisa scoperta, è
sbagliato parlarne, anche se si pensa che potrebbe aiutare un'altra
persona?
O. Dipende dalla persona e dalla scoperta.
D. La positività di un'emozione sembra rovesciarsi, per cosl dire,
e diventare esattamente il proprio opposto. Come si può impedire che
si sviluppi questa negatività?
O. Le emozioni negative normalmente dipendono da un atteggia­
mento negativo, e talvolta da un atteggiamento positivo. Se si ha un
atteggiamento positivo nei confronti delle cose sbagliate e un atteg­
giamento negativo nei confronti delle cose giuste, tutte le emozioni
saranno sbagliate.
D. In alcuni casi, quando ho ottenuto qualcosa da una scoperta emo­
tiva, so che è il mio desiderio intimo di apparire intelligente che me ne
ha fatto parlare. Ci sono situazioni in cui non riesco a fermarmi. Come
potrei sostituire questa negatività con il giusto atteggiamento?
O. Non si tratta di negatività, ma di meccanicità.
D. Per fato, intendo certi precisi avvenimenti che dirigono la pro­
pria vita. È giusto?
O. Può essere giusto e può essere sbagliato. Possiamo considerare
come fato solo le cose inevitabili.
D. Fino a che punto gli uomini n. l , 2, e 3, che sono sottoposti alla
Legge dell'Accidente, sono sottoposti alla Legge del Fato, oltre che
per quanto riguarda la nascita e la morte?
O. Dipende dalla relazione tra la personalità e l'essenza. Se la per-
284
L'osservazione
sonalità è forte, essa crea un involucro attorno all'essenza, e allora l'in­
fluenza del fato è minima. Le influenze planetarie che controllano il
fato, il tipo, l'essenza, non ci raggiungono quando la personalità è mol­
to forte. Ma alcune persone, completamente al di fuori di ogni scuola,
vivono di più nell'essenza; nel loro caso, la personalità è molto influen­
zata dal fato. Queste persone sono sottoposte alla Legge del Fato più
di chiunque altro. Esse dipendono di più da certe influenze, da cui gli
altri dipendono di meno. Non dirò quali siano queste influenze, perché
questo può solo indurre all'immaginazione. Dovete scoprirle da voi.
Per esse, non c'è nessun fato, se non la nascita e la morte.
D. Gli uomini n. l , 2 e 3 possono conoscere il loro fato?
O. Questo è molto difficile. Che cosa intende per fato? Se dico
'Sì', può essere vero e se dico 'No', può essere vero.
D. Riesaminando la propria vita, si può riconoscere il proprio fato?
O. A questo ho già risposto. Dipende se è più forte la personalità
o l'essenza. Quando la personalità è forte, non c'è niente che si può
chiamare fato, tranne nascita e morte, e certe attrazioni e repulsioni.
D. Conoscendo il proprio fato, come si può agire secondo una linea
che eviti l'accidente?
O. Non so che cosa intenda per conoscere il fato. Non ha nulla a che
fare con l'evitare gli accidenti. Così come lo intendiamo noi, evitare
gli 'accidenti' significa creare cause e aumentare gli effetti. E questo è
prossimo alla volontà. Non è volontà, ma è il modo di arrivarci . Potrà
sembrare strano, ma in un'ora o in un giorno possono succedere solo
un certo numero di cose. Pertanto se si creano più cause, c'è meno
spazio per gli accidenti.
D. Conosco i miei stati peggiori e migliori, ma essi sembrano sem­
pre emotivi o fisici, oppure un insieme di entrambi; non mi sembra di
vedere nessun mutamento di consapevolezza, eppure mi è stato spesso
detto che si sperimentano considerevoli mutamenti nel secondo stato
di consapevolezza.
O. Lei deve fare più osservazioni. La stessa emozione e lo stesso
pensiero possono esistere in stati diversi di consapevolezza. Saranno di­
versi nei diversi stati di consapevolezza.
D. Mi è difficile essere veramente sincero nei confronti del pro­
gramma. Talvolta riesco a svolgerlo bene e ci possono essere risultati,
ma per lo più tendo a fare le cose a stento.
O. Lei deve fare quello che può. Non può ingannare se stesso ri­
guardo al fermare i pensieri.
D. Nel cercare di pensare alla consapevolezza, non riesco a capire
perché non possiamo percepire simultaneamente le nostre diverse emo­
zioni. Mi dò la risposta teorica che ciò è dovuto al fatto che abbiamo
L'osservazione
285
molti 'io'. Ma non sembra sufficiente. Come posso capire meglio que­
sto fatto?
O. Capisca che non si possono percepire simultaneamente le diffe­
renti emozioni. Non serve a nulla descriverne il perché. E questo non
ha nulla a che fare con la consapevolezza.
D. Come si può sviluppare la consapevolezza?
O. Cercando di essere sinceri con se stessi.
D. Come ci si può tenere in contatto con il sistema quando si è co·
stretti a vivere fuori Londra a causa della guerra? Sembra che si possa
proseguire solo sulla prima linea di lavoro ; ma serve a qualcosa?
O. Questo non fa parte del nostro programma. È una faccenda di
circostanze personali. Non ci sono metodi. Una persona può fare una
cosa e un'altra persona forse non può.
D. Talvolta durante uno sforzo per ricordare me stessa, le cose in­
torno a me sembrano diventare più vivide. Altre volte lo sforzo sembra
eliminare le impressioni. Quale di questi stati è più vicino al ricordo
di sé?
O. Questo deve deciderlo lei. È materiale per l'osservazione. Quan­
do si sente che i tentativi di ricordare se stessi non danno risultati,
bisogna smettere di pensare. In questo non si può sbagliare. Non ci
sono condizioni, a meno che non si sia molto ammalati oppure ci si
trovi in qualche insolita situazione in cui non si possono arrestare i
pensieri.
D. Per quanto riguarda il programma che ci è stato dato, riscontro
una grande povertà di pensiero se cerco di pensare ai problemi insolu­
bili per la nostra mente. Vi è un modo per avere più idee?
O. Non mi ha dato materiale sufficiente. Innanzitutto, faccia più
sforzi. E si renda conto che lei pensa in continuazione a problemi in­
solubili per la nostra mente.
D. Il patriottismo non potrebbe essere un impulso religioso in­
conscio ?
O. Non lo so. Può essere semplicemente una parola.
D. Ho cercato di pensare alla pigrizia e all'inerzia, e sebbene sappia
che si tratta di un denso stato di sonno che scompare nel caso di qual­
siasi forte impressione, mi sembra che ci siano molti altri aspetti. Po­
trebbe dirci qualcosa in proposito?
O. Lei sta parlando di parole e non propone nessun esempio. Io cer­
co di non pensare alle parole.
D. Lo sforzo di pensare in modo diverso sembra produrre una sen­
sazione particolare in un'area della testa. È perché sto cercando di
usare un'energia fino a ora non sfruttata, o è solo dovuto alla mia
continua pigrizia intellettuale, dovuta all'assenza di stimoli?
286
L'osservazione
O. Questa è pura fantasia.
D. Esiste qualche modo, oltre agli sforzi persistenti, per fermare i
pensieri vaganti? Questi esercizi mi hanno fatto vedere più chiaramen­
te che questa è la più grande difficoltà.
O. Faccia questi esercizi. Vedrà i risultati.
D. Il nostro pensiero è sempre formatorio tranne quando cerchiamo
di ricordarci di noi?
O. Il ricordo di sé non ha niente a che fare con questo. Gran parte
del pensiero è formatorio. Ma quando pensiamo a cose serie, o non
pensiamo o il nostro pensiero non è formatorio. Il pensiero formatorio
non va mai bene, ma per certi problemi è addirittura ridicolo. Ne ho
appena avuto un esempio perfetto in una delle lettere che ricevo fre­
quentemente dall'America. In Tertium Organum c'è scritto che non c'è
bisogno di avere molti libri, che ne sarebbero sufficienti non più di
dieci. E circa dieci o venti volte all'anno ricevo una lettera che mi chie­
de la lista di questi dieci libri.
D. Quando cerco di arrestare il pensiero, anche il tempo sembra fer­
marsi. Se noi fossimo un po' più svegli, non ci sarebbe forse un com­
pleto cambiamento della percezione del tempo?
O. Questo è soggettivo. Il tempo è altra cosa dalle percezioni sog­
gettive del tempo.
D. Mi rendo conto che essere attendibile è qualcosa di più profon­
do del mio suggerimento di bruciare il programma. Ma non c'è una re­
gola per cui non dovremmo conservare nessuna nota scritta?
O . Certo che c'è una tale regola. Nessuno la segue, ma la regola
esiste.
D. È utile cercare di' affrontare la morte?
O. Finché non ne è venuto il momento, è completamente inutile ;
sarebbe solo immaginazione.
D. Quando un atteggiamento nei riguardi di un'emozione negativa
esiste da molto tempo ed è abituale, quasi un tratto caratteriale, come
posso combatterlo?
O. Cominci da questa caratteristica, la trovi, ne parli, e cosl via.
D. Quando sono comunemente identificata con le cose della vita e
successivamente cerco di praticare il programma, spesso mi sento tran­
quillizzata. Ma quando sono identificata con le idee prima di incomin­
ciare, non riesco né a fermare il pensiero né a pensare, e in seguito la
mia identificazione sembra essere peggiorata. Non posso impedirlo. È
meglio non praticare il programma quando so in anticipo che accadrà
questo?
O. Non so. Sta a lei decidere. Se le pare di non poter pensare, cer­
chi di ricordare se stessa per cinque minuti o di smettere di pensare .
L'osservazione
287
Questo lo può fare. E darà risultati. Ciò non significa che lei diven­
terà un uomo n . 7 o qualcosa di simile, ma vedrà dei risultati.
D. Quando mi sforzo di pensare a una delle idee del programma,
cerco di ricordare ciò che ho udito e di confrontarlo con le mie osserva­
zioni, ma mi sembra che in questo modo non sto pensando. Come pos­
so riuscire a pensare?
O. Pensare va molto bene, ma ci sono altri modi.
5 aprile 1 940,
Colet Gardens
D. Ho una profonda sensazione di scontentezza, e sento che c'è
qualcosa di sbagliato nelle circostanze e non in me. So che deve esse­
re in me stessa, perché perdura in qualsiasi circostanza. Questa emo­
zione interferisce particolarmente con il ricordo di me stessa. Non rie­
sco ad arrivare a questa emozione per poterla vincere, ma lo desidero
molto.
O . Questa è un'osservazione molto buona. È tutto quel che c'è da
dire. Tutti accusano le circostanze. Poi le circostanze cambiano e si
continua ad accusarle.
D. Quando dice di creare più cause, intende nella vita ordinaria op­
pure solo nel lavoro del sistema?
O . Non so. Non posso fare riferimento a cose che ho detto tre set­
timane fa. Questo non è un principio generale. Si riferisce a una parti­
colare conversazione.
D. Come vengono percepite le influenze planetarie? Per esempio,
io mi sento sempre molto meglio se è una bella giornata, e mi chiedevo
se ciò avesse a che fare con le influenze planetarie.
O. No.
D. Mi sembra di avere meno controllo e più energia di prima, e
vorrei sapere se questo non è pericoloso. Non ho più quell'indefinita
emozione negativa che ero solita avere, ma perdo più facilmente la cal­
ma. Tutto avviene cosi rapidamente che non riesco a far nulla.
O. Bisogna osservare per un periodo più lungo. Le cose cambiano
molto di giorno in giorno.
D. Desidererei molto essere un membro utile nel gruppo mentre
sento che sto lavorando solo per me stessa. Come potrei essere più
utile al gruppo?
O . Per domande di questo tipo c'è solo una risposta; bisogna ricor­
darsi di sé. Più lei ricorderà se stessa, più potrà procedere su qualsiasi
linea.
288
L'osservazione
D. Ho osservato, mentre cercavo di esaminare i diversi stati in cui
mi trovo nel corso della giornata, che al finir dellà notte si manifesta
uno stato fisico particolarmente pesante, senza nessuna ragione. In ta­
le stato, il ricordo di sé è affatto impossibile. Dovrei fare sforzi fisici
per superare tale stato?
O. Non so quali sforzi fisici possano essere di aiuto. Deve provare.
Le cause possono essere molto diverse. Ma se si riferisce al programma,
si può dire una cosa : se lei non può ricordarsi di sé, può sempre
smettere di pensare. A meno che non si sia veramente ammalati, que­
sto è sempre possibile.
D. Mi sono accorta che era un atteggiamento profondamente nega­
tivo ripetermi che in certi stati fisici non potevo ricordare me stessa.
Quando ho cambiato questo atteggiamento, per me tutto è cambiato .
O. Sì, è possibile.
D. Vorrei fare una domanda che riguarda la relazione tra il proprio
lavoro nel sistema e il proprio lavoro nella vita. Quando entrai in con­
tatto con il sistema, mi pareva di dare troppa importanza al mio lavoro
nella vita; poi, in seguito, mi sembrò una forma di pigrizia. Vorrei ca­
pire che relazione c'è tra il lavoro nella vita e il lavoro nel sistema.
O. Nella vita ci sono molti tipi di lavori. Le relazioni variano da
persona a persona. Non ci può essere una risposta generica.
D. Una volta ha detto che l'immaginazione soggettiva può fermare
lo sviluppo. Ma possiamo vedere ciò che è reale in noi stessi, o dobbia­
mo sempre far ricorso alla conferma di qualcun altro?
O. Dovete sempre dare esempi di quello che volete dire. Non sem­
pre si riesce a vedere, talvolta è possibile e talvolta no.
D. La seconda linea di lavoro implica un tipo di lavoro su se stessi
diverso da quello che è richiesto nella prima?
O. Il lavoro su se stessi rimane immutato. La seconda linea di la­
voro è lo studio della disciplina. Se non si capisce la disciplina di scuo­
la, non si può avere una disciplina interiore. Ci sono persone che
avrebbero la possibilità di fare un buon lavoro, e che invece falliscono
a causa di questo, perché non hanno disciplina.
D. Nel cercare di ricordare me stessa durante gli ultimi quindici gior­
ni, ho notato che alcune mie reazioni sono cambiate, e questo mi ha
indotta a chiedermi perché le nostre reazioni sono così difficili da co­
gliere e da ordinare. Mi sembra che in tutti i centri ci siano molte rea­
zioni. Ma non ne so il motivo.
O. In queste reazioni non c'è nessun ordine e nessuna disciplina.
Ma è importante sapere che cosa intende per ricordo di sé. Intende
questi esercizi o si riferisce al ricordo di sé collegato a un evento rea­
le? L'uno è la preparazione, l'altro è il reale ricordo di sé.
L'osservazione
289
D. La capacità di capire le influenze planetarie fa parte della no­
stra natura, ed è quindi indipendente dai propri atteggiamenti? Fa
parte del nostro essere?
O. Sl, fa parte del nostro essere. Ma si deve capire perché abbia­
mo parlato delle influenze planetarie, perché le abbiamo nominate, e
in relazione a cosa. L'idea principale è che le influenze planetarie pos­
sono essere molto differenti. Il nostro stato attrae o respinge le influen­
ze planetarie. Lei parla delle influenze planetarie come se sapesse che
cosa sono. Ma questo non si può sapere, si può solo conoscerei il pro­
prio stato. Se lei pratica il ricordo di sé, potrà attrarre influenze pla­
netarie positive; se lei è meccanica, attrae influenze planetarie sba­
gliate.
D. Questa è stata spesso descritta come una via individuale. Tuttavia
tutto quello che ci è stato dato in forma di conoscenza è cosl oggettivo
e comune a tutti. Sembra impossibile poter ottenere qualcosa solo
per se stessi.
O. È difficile capire che cosa intende dire. Ciò che si ottiene. lo si
ottiene per sé. Non si può ottenere nulla per qualcun altro. Se riunite
dieci persone, non riusciranno a decidere di comune accordo che cosa
vogliono ottenere. Le persone sono molto differenti. Il medesimo ri­
sveglio ha effetti diversi nelle diverse persone.
D. Il mio ostacolo principale sembra sempre il desiderio di attività.
Durante i periodi di forzata inattività faccio progetti su come impiega­
re il tempo, ma mi accorgo che dopo poche ore tutto il mio corpo
sembra insorgere, e anche il mio periodo di lavoro sembra risentirne.
È giusto che io lotti contro questo desiderio di attività che si manife­
sta di tanto in tanto, oppure potrei ottenere uno stato mentale più
equilibrato mediante l'attività?
O. È impossibile dirlo, perché lei non ha detto che cosa intende per
attività o in che modo lei desideri essere attiva. Potrebbe essere giusto
e potrebbe essere sbagliato.
D. Non capisco il rapporto tra accidente e ricorrenza. L'accidente
è altrettanto inevitabile del fato?
O. Spieghi che cosa intende per accidente.
D. Ci è stato detto che mentre la nostra nascita è fato, il matrimonio
può essere accidente.
O. È sempre accidente.
D. Se l'accidente influenza tutta la nostra vita, in seguito dovrà ri­
correre?
O. Può accadere anche questo. Può ripetersi lo stesso tipo di acci­
dente. Stiamo parlando solo di una teoria, ma una teoria può essere
migliore o peggiore, più vicina o più lontana dai fatti. Nella vita mec-
290
L'osservazione
canica, anche se le cose accadono, in pratica non cambiano nulla. Le
cose sono importanti solo quando un uomo comincia a risvegliarsi, tra­
mite una scuola o da sé. A partire da questo momento le cose diventa­
no serie. Dunque, la sua domanda riguarda la ricorrenza meccanica op­
pure l'inizio del risveglio? Ricordi questo principio del lavoro di scuo­
la: se si lavora poco o male, si ha più tempo; se si inizia a lavorare
veramente, il tempo è contato. Lo stesso vale per la ricorrenza.
D. Questo può sembrare molto teorico, ma per me è molto impor­
tante. Nel suo capitolo sull'Eterna Ricorrenza lei ha detto che i ruoli
di Pilato e di Giuda saranno ripetuti per tutta l'eternità. Perché non
potrebbe essere possibile che un uomo consapevole si reincami nel pas­
sato per influire su questi ruoli? È perché la legge dei tipi è così de­
terminata, o anche perché è nel piano della vita?
O. Questo è così teorico che non ha alcun senso. Bisogna essere·
pratici. Tutti questi Giuda e Pilato sono troppo lontani.
D. Rispondendo alla domanda che chiedeva perché le influenze C
non dovrebbero essere sprecate, lei ha detto che l'influenza C è consa­
pevole nella sua origine e nei suoi risultati.
O. L'influenza C può essere sprecata, ' tutto può essere sprecato, ma
non dovrebbe accadere. L'influenza C è consapevole nell'origine ma
non nei risultati.
D. Se l'influenza C viene ricevuta meccanicamente, cioè come in­
fluenza A o B, essa cessa di essere C.
O. Proprio così. E allora viene perduta.
D. Il tipo ha un ascendente così forte sugli uomini n. l , 2 e 3, da
poterli governare?
O. No, l'ho spiegato molte volte. Questo avviene solo in casi relativamente rari. La maggior parte delle persone vive nella personalità.
D. Si può modificare questo fatto lavorando sull'essenza?
O. Che cosa significa lavorare sull'essenza? Non significa nulla.
D. Il tipo è un'influenza planetaria ed è determinato da essa, oppure
si tratta di una specie di legge che ci governa?
O. Si potrebbe anche dire così. Ma poiché in un caso è X e nell'altro
è Y, non si sa come distinguere. Influenza planetaria, tipo, per noi
sono solo parole. Possono essere utili per insegnarci a distinguere.
D. Le 48 leggi alle quali sono sottoposti gli uomini n. l , 2, 3 sono
conosciute per nome e classificate?
O. La terra è sottoposta a 48 leggi, non l'uomo. L'uomo è sottopo­
sto a molte più leggi e su una scala differente. Ma poiché vive sulla
terra, è sottoposto anche alle 48 leggi.
D. Che cosa fa sl che le tre forze si sottomettano sia alle buone che
alle cattive condizioni?
L'osservazione
291
O. Non capisco la sua domanda. Dia un esempio di ciò che intende.
D. Le tre forze operano in tempi cattivi come questi e in tempi
buoni.
O. E quàndo i tempi si possono dire buoni? Io credo che i tempi
siano sempre molto simili. Non c'è nessuna differenza particolare tra
di loro. Le tre forze sono presenti in tutto ciò che accade su ogni scala
e in tutti i mondi. Lei parla come se il tempo e le circostanze fossero
differenti dalle tre forze: sono la stessa cosa. Ciò che causa la sua
confusione a questo riguardo è la formulazione sbagliata.
D. La Legge del Sette ferma e pone fine alle attività [ delle tre for­
ze ] , oppure le trasforma in materie superiori o più dense mediante uno
shock? Come vengono usate per la vera evoluzione dell'uomo interiore?
O. In questa domanda ci sono molte cose diverse. Noi possiamo os­
servare la Legge del Sette nella vita, e negli avvenimenti storici, nel
fatto che nulla arriva a un risultato finale.
D. Come possiamo usare la Legge del Sette?
O. Possiamo usare le cose solo in relazione a noi stessi, e non alle
cose esterne. Non possiamo incominciare da una definizione delle forze.
Dobbiamo capire noi stessi. Lo si è detto in una delle prime conferen­
ze; l'uomo è una macchina, ma una macchina che sa di essere una mac­
china è già qualcosa di diverso.
D. Quando cerco di ricordare me stessa, talvolta posso vedere il ri­
sultato di un cambiamento nelle reazioni. Che cosa le rende cosi dif­
ficili da cambiare? Perché sono cosi pronte a ridiventare quelle proprie
del tipo, e a ritornare ai soliti canali di espressione?
O. Se lei potesse calcolare quanta energia dedica alle cose ordinarie
e quanta al ricordo di sé, capirebbe.
D. Ho cercato di pensare ai cosmi e mi è sembrato molto utile pra­
ticamente, come aiuto contro le emozioni negative. Quando sono
preoccupata o contrariata, il pensiero della nostra situazione in rappor­
to ai cosmi sovrastanti e sottostanti sembra ridare all'emozione negati­
va le giuste proporzioni, riducendola immediatamente a una cosa insi­
gnificante.
O. Potrebbe dire come avviene? L'osservazione è molto interessan­
te, ma sa che cosa sta facendo? Ci pensi. È molto importante capire
che cosa si provoca in se stessi quando si pensa ai cosmi. Si passa sem­
plicemente in un altro centro, nient'altro. Quindi, se si è nel centro
emotivo, si incomincia a pensare a queste cose e ci si troverà nel centro
intellettuale. Può essere difficile. Si può essere cosi arrabbiati e secca­
ti, che non si vuole pensare. Ma se ci si costringe a pensare, si otter­
ranno risultati.
D. Questo potrebbe impedire il pensiero formatorio?
292
L'osservazione
O. Il pensiero formatorio non c'entra. Il pensiero formatorio non
cambia nulla.
D. C'è una cosa che non mi è chiara. Se ogni cosmo sta a quello
superiore e a quello inferiore come zero all'infinito, in che modo ciò
influenza l'unità di tutta la creazione? Ogni cosmo sembra chiuso in
se stesso. Che relazione può avere con il resto della creazione?
O. È una questione di scala e di misure relative. [Vengono lette le
domande che erano rimaste dalla settimana precedente ] .
D. Vuoi dire che se avessimo ottenuto tutto ciò che era possibile
dal sistema, dovremmo essere cambiati? Qual è il segno che mostra
che non siamo cambiati?
O. Si possono dire molte cose. È molto difficile, ma se potesse im­
maginare che cosa le sarebbe successo se non fosse stata collegata a
nessun tipo di lavoro, potrebbe rispondere alla sua domanda. Se lei
potesse confrontare se stessa con quella che avrebbe potuto essere.
Oppure, pensi a coloro che hanno lasciato il lavoro. A loro accadono
oppure non accadono certe cose, e lei può pensare che se fossero rima­
sti nel lavoro sarebbe stato differente.
D. Non voleva forse dire che se questa volta non lavoriamo, la
prossima volta non incontreremo la scuola?
O. A quale conversazione si riferisce questo? Le scuole di qualsiasi
tipo, anche più elementare, non sono sottoposte alle leggi della ricor­
renza. Le scuole sono più libere delle cose nella vita. Le guerre, le
rivoluzioni, sono come i lampioni; le cose consapevoli sono come le
luci delle auto che passano. Se uscite, vedrete sempre gli stessi lampio­
ni, ma è improbabile che vediate le stesse auto.
D. Questo vuoi dire che le occasioni non si ripetono due volte?
O. Le stesse occasioni, no, sarebbe una perdita di tempo. Quando
si incontrano certe opportunità, si diviene responsabili dell'energia che
viene usata per esse. Se non si sanno sfruttare queste opportunità, esse
non ricorreranno mai più. I lampioni sono fissi, le auto no, non sono
fatte per rimanere ferme, ma per muoversi.
D. La prossima volta non sarebbe forse al di là della nostra com­
prensione?
O. No, questa è immaginazione.
D. Intende forse dire che se la ricorrenza finisce, si esce dall'esi­
stenza?
O. Esiste una tale possibilità.
D. Non è forse vero che se non si lavora, scompare anche il ricordo
di sé ?
O. Naturalmente. Questo lo potete osservare. Tutto ciò che potete
ottenere richiede uno sforzo.
L'osservazione
293
D. Non è stato detto qualcosa circa il lavoro per ritornare alla sor­
gente della conoscenza? Se non lavoriamo, la scuola non potrebbe es­
sere in grado di lavorare per ritornare alla sorgente.
O. Questo è su tutt'altra scala. Si tratta di qualcosa molto grande,
che non si può applicare alla vita individuale.
D. Esiste una proporzione precisa per quanto riguarda il numero di
persone necessarie per una scuola?
O. Le scuole sono differenti. Alcune possono esistere con un numero
molto esiguo di persone, altre richiedono più persone, e cosl via. Varia
secondo i tempi, le condizioni, le persone. Ecco perché dipende dalle
circostanze. Per quanto riguarda questo lavoro, noi avevamo un piano
ben definito, ed eravamo arrivati molto vicini alla sua attuazione. Poi
è · scoppiata la guerra. Saremo capaci di sopravvivere in queste circo­
stanze, anche se non peggiorano? La nostra organizzazione era stata
fatta in funzione di un piano. Potremo continuare a esistere senza
un'organizzazione?
D. Chi è stato in contatto con il lavoro e non ha lavorato, è in una
posizione peggiore rispetto a chi non ha mai incontrato il lavoro?
O. Dipende da quello che intende per migliore o peggiore. Se si è
ottenuto qualcosa, si è in una posizione migliore. Se non si è ottenuto
nulla, si è in una posizione peggiore.
D. Mi sembra che la questione dei limiti sia una questione di tempo.
Noi non viviamo per sempre.
O. L'uomo meccanico continua a ritornare. Ma quando ci si inco­
mincia a svegliare il tempo è contato.
D. Ho notato che se penso in modo giusto, la mia energia fisica
aumenta. Come posso ottenere un aumento dell'energia emotiva?
O. Non può attenerlo. Nessuno lo può. Lei può aumentare la consa­
pevolezza e il ricordo di sé. In tal modo intensificherà tutte le funzioni.
Non può lavorare direttamente per questo. Qual è l'effetto del pensa­
re in modo giusto? C'è un minore spreco di energia. Vi trovate sempre
nel centro che corrisponde al lavoro da fare. Pertanto c'è un minore
dispendio di energia. Un esempio molto buono era quello riguardante
il pensare ai cosmi.
D. Per quanto riguarda la disciplina: deve essere disciplina di scuo·
la, oppure è utile anche qualsiasi disciplina che si impone a se stessi?
O. La disciplina va bene se è disciplina. Ma se è solo un'invenzione,
non dà nessun risultato. L'aspetto più importante della disciplina con­
siste nel non esprimere le emozioni negative e nel non compiacersi in
esse. Nessun compito meccanico può dare risultati; la vera disciplina
consiste nel sorprendersi in un momento di emozione negativa . Oppu­
re nel non lasciarsi trascinare dalle emozioni negative.
294
L'osservazione
È utile pensare che la prossima volta potrebbero non esserci le
stesse opportunità. Ci si aspetta che le cose siano le stesse, ma posso­
no essere differenti. Dipende dalle altre persone. Gli altri possono ini­
ziare prima. Per esempio, io ho iniziato queste conferenze nel 1921,
ma la prossima volta potrei iniziarle nel 1900. E se voi sarete pronti
solo per il 192 1 .. . questo è soltanto un esempio per indurvi a pensare.
D. È molto difficile pensare a prepararsi per incontrare prima il
sistema.
O. Non c'è nulla da preparare, voi dovete soltanto ricordare voi
stessi. Ricorderete meglio le cose; tutto sta nelle emozioni negative.
Ce ne compiaciamo talmente, che nient'altro ci interessa. Se ci si ri­
corda di sé ora, la prossima volta si potrà forse ricordare. Ma se ora
non si pratica il ricordo di sé, la prossima volta sarà impossibile ri­
cordare. Nello stesso tempo, ciò è diverso per le diverse persone.
D. È questa la ragione delle impressioni di essere già stati in un
luogo? Di quella sensazione di conoscere già cose che si sa di non avere
mai imparato?
O. Voglio dei fatti. Questa potrebbe essere semplicemente un'imma­
gine formata dalla combinazione di diverse idee. Se può realmente ri­
cordare qualcosa di questo genere, ciò significa che può ricordarsi di
sé. Se non può ricordarsi di sé, è immaginazione.
D. Il ricordo di sé accidentale è di qualche utilità per questo scopo?
O. Il ricordo di sé accidentale è uno sprazzo che dura un secondo.
Non si può fare affidamento su di esso.
D. C'è qualche segno che ci permette di dire che non siamo mai
stati qui in precedenza?
O. Nessuno può dirlo. Prima di tutto, io non faccio parte della con­
versazione. Io so solo che non sono mai stato prima in questa casa.
D. Allora neppure noi.
O. Non so. Ma sarete molto più vicini alla verità se iniziate come
se fosse la prima volta. Se abbiamo fatto qualcosa in precedenza, è
stato solo sufficiente a rendere possibile questa situazione. Tra le di­
verse vite vi è lo stesso rapporto che tra i giorni e gli anni. Se non si
fa niente in una vita, ci sono più possibilità che non si farà niente an­
che nella prossima vita.
D. Nella vita ci sono avvenimenti, sia negativi che positivi, che non
sembrano dovuti a noi ma all'ambiente. Per esempio, se si va in un
ambiente che si sarebbe potuto evitare, ne conseguiranno eventi che
sembrano non avere alcuna relazione con la propria vita ordinaria.
Contro di essi si è impotenti. Bisogna semplicemente attendere finché
non siano passati. Tali eventi sembrano collegati tra loro, ma non al
.resto della propria vita.
·
L'osservazione
295
O. Sto cercando di capire la sua domanda. Vede, i differenti tipi di
persone hanno vite differenti. Alla maggior parte delle persone non ca­
pitano cose insolite. Nella loro vita, tutte le cose hanno la medesima
-configurazione. Può essere vero che cose di carattere insolito siano
-collegate tra loro, e che non si possa far nulla nei loro confronti. Esse
non possono che manifestarsi.
16
I l Padre Nostro
Il Padre Nostro
5 marzo 1 93 7
Il Padre Nostro è diviso in tre parti divisibili per tre, ma non le
possiamo chiamare tre triadi perché non ne conosciamo le reciproche
relazioni e non possiamo vedere le forze. Possiamo solo vedere che ci
sono tre parti. Per capire il significato dobbiamo sapere come pensa­
re. Bisogna studiare. Se capiamo e possiamo fare più scoperte, vedre­
mo più chiaramente: non è questione di supposizioni e allusioni. Con­
siderate ogni brano separatamente e capite quali principi si possono
applicare. In alcuni potremo trovare un significato, in altri no.
Innanzitutto, Padre Nostro: questo lo dobbiamo lasciare per la
fine; è la cosa più difficile.
Sia santificato il Tuo nome. Dobbiamo riflettere sul nome di Dio.
Questo ha un significato particolare in molti sistemi religiosi, tra gli
ebrei, i musulmani, e in certe sette cristiane. Si possono studiare gli
scritti che riguardano questo argomento. Per esempio, nella Cabala ii
Tetragramma corrisponde ai quattro elementi. Nelle versioni greca e
latina la parola usata per 'santificato' significa 'che diventi santo'.
Venga il Tuo Regno. Si deve pensare al 'Regno' , a tutto dò che può
significare. Alcuni significati sono stati riportati in A New Mode! of
the Universe, e ce ne possono essere molti altri. Vi sono collegate
molte cose. È collegato all'idea di miracolo del sistema. Miracolo si­
gnifica la manifestazione delle leggi di un piano o di un mondo supe­
riore in un mondo inferiore.
Sia fatta la Tua Volontà. Bisogna ricordare tutto dò che sappiamo
riguardo alla volontà dell'Assoluto, fin dove può arrivare la volontà
dell'Assoluto e perché non può andare oltre, come la volontà stessa.
crea leggi che le rendono impossibile un'ulteriore estensione.
Ogni parola del Padre Nostro contiene molti significati. Sto solo
cercando di mostrarvi come studiarlo. Non si tratta di fare supposizio-
Il
Padre Nostro
297
ni. Per esempio, molte domande sorgono riguardo al verso più dif­
ficile:
Rimetti a noi i nostri debiti. A questo sono collegati molti principi.
lnnanzituttò, la 'remissione', il perdono: nello stato in cui ora siamo,
perdoniamo quando non dovremmo e non perdoniamo quando lo do­
vremmo. Tutte le identificazioni, il sentimentalismo . . . Il perdono è
una funzione dell'emotività superiore ed è collegato alle emozioni po­
sitive. Per noi è impossibile.
I nostri debitori. Se noi avessimo emozioni positive, saremmo ricet­
tivi nei confronti delle influenze superiori, che farebbero qualcosa per
noi. Questa è la spiegazione di 'rimetti a noi i nostri debiti' . Si riferi­
sce all'idea di cambiare il passato, che può essere capita solo con l'idea
della ricorrenza. Se cambiamo oggi, cambiamo il futuro della prossima
vita, e se cambiamo il futuro della prossima vita, cambiamo il passato.
Se riuniamo tutte queste idee, vediamo come i comuni significati
attribuiti al Padre Nostro siano assurdi, e quante cose siano necessarie
per potere avere anche solo un'intuizione del reale significato. Non si
può capire se ci si limita a ripetere queste parole. Sto solamente cer­
cando di mostrarvi alcuni principi : le emozioni positive, le influenze,
il cambiamento del passato, la ricorrenza.
Il pane. Il pane è cibo. È necessario ricordare tutto quello che sap­
piamo sul cibo. A quale cibo ci si sta riferendo? Che cosa può essere
cibo? Le impressioni, le influenze ... di tipo superiore. . . per l'uomo
comune, le influenze B sono già questo cibo 'soprasostanziale' ; per
l'uomo con un centro magnetico, esso è costituito dalle influenze C.
La tentazione. Per noi, tutto ciò che è facile, meccanico; lasciar an­
dare le cose; quando siamo arrabbiati, esprimere l'ira; quando siamo
irritati, esprimere l'irritazione; la comodità del 'lasciare che le cose
succedano' .
Il male. I l male può essere spiegato facilmente. Quando s i resiste
alla tentazione si diventa orgogliosi, si pensa di essere svegli mentre
gli altri sono addormentati; si pensa a quanto si è migliori, ecc . . .
Il perdono. Le emozioni positive ('' Amate i vostri nemici " ) . I l ri­
sultato delle emozioni positive. Il perdonare vi apre alle influenze su­
periori. Gli ostacoli alle influenze superiori: le emozioni negative.
Se cercate di amare i vostri nemici per mezzo delle comuni emozioni,
vi farete più nemici.
Le influenze superiori possono cambiare il passato, e ciò è in relazione alla ricorrenza.
Queste idee molto importanti sono espresse in forma di preghiera.
Quando si decifra questa idea di preghiera, la preghiera come supplica
scompare.
·
298
Il
Padre Nostro
D. Qual è la differenza tra perdonare ed essere perdonati?
O. Soggetto e oggetto. Che cosa intende dire? Non possiamo esse­
re perdonati. Abbiamo fatto qualche cosa e, secondo la legge di causa
ed effetto, si produrrà un certo risultato. Per cambiare il passato ci
vuole un processo molto complesso, basato sulle influenze superiori e
sulle emozioni positive. La legge di causa ed effetto inizia nel Mondo
6 . Noi non possiamo cambiare la legge, ma possiamo divenire liberi,
possiamo sfuggire a essa. Possiamo cambiare il presente; e tramite il
presente, il futuro; e tramite il futuro, il passato. Non esiste altro modo.
D. " Rimetti a noi i nostri debiti" si riferisce al passato?
O. No. Significa che i nostri debiti non ci possono essere perdonati.
Dobbiamo pagare per essi. Pagando, cambiamo il passato; ma ci sono
diversi modi di pagare.
D. Posso capire che " cosl come noi li rimettiamo ai nostri debitori "
deve riferirsi alle emozioni superiori.
O. Solo se abbiamo emozioni positive, non cosl come siamo. Ci sono molte fasi. Ciò non avviene immediatamente.
D. Come è possibile che gli altri possano essere nostri debitori?
O. Se pensiamo che ci debbono qualcosa, essi sono i nostri debitori.
D. Quali sono i diversi modi di pagare i nostri debiti?
O. Possono essere meccanici o consapevoli. In ogni caso, dobbiamo
pagarli. Possiamo attendere che le cause diano il loro risultato, e paga­
re in questo modo, oppure possiamo cambiare il passato e pagare in un
altro modo.
D. Possiamo cambiare il passato solo ritornando qui di nuovo?
O. E in quale altro modo? Pensare non servirà a nulla. Lo dobbia­
mo cambiare ora. Non si tratta soltanto di ritornare. L'oggi è il risul­
tato di qualche passato. Se cambiamo oggi, cambiamo il passato. Se
cambiamo il futuro, cambiamo il passato. Il futuro dopo qualche tempo
sarà passato.
D. Per quanto riguarda la frase "Sia fatta la Tua volontà " . . .
O. Collegatela all'idea di miracolo, di cosmi superiori e inferiori.
Questo non ci riguarda.
D. Cambiare il passato vuoi dire lottare contro il modo in cui vanno
le cose?
O . Questo è solo l'inizio. Sono necessarie le emozioni positive e le
influenze superiori. Senza di esse non possiamo cambiare nulla.
D. Lei ha detto che niente può cambiare senza emozioni positive?
O. Le emozioni positive non si manifestano da sé. Non basta stare
seduti ad aspettare che arrivino le emozioni superiori. Bisogna lavorare.
Io ho esposto alcuni principi. Bisogna capire come possiamo arrivarci.
Il
Padre Nostro
299
La ripetizione
23 gennaio 1 934
Ho già parlato a lungo della necessità di educare l'attenzione e di
ricordare noi stessi. Non si ottengono risultati perché quasi nessuno
riesce a fissare l'attenzione proprio dove dovrebbe mantenerla, e sulle
cose che dovrebbe ricordare. Si può fissare l'attenzione sulle cose alle
quali si è abituati a essere attenti nella vita, ma ciò che viene mostrato,
mostrato forse dieci volte, che viene spiegato nel lavoro, continua a
sfuggire alla nostra attenzione, e ci si dimentica che il lavoro consiste
proprio in questo.
Ecco a che cosa si riferiva esattamente la domanda [fatta da una
signora ] . Non ci rendiamo conto di quanto facilmente le cose che so­
no relative al lavoro diventino per noi ordinarie. Questo accade sola­
mente perché perdiamo l'attenzione o perché l'attenzione scompare.
Durante questo periodo ci sono state molte domande che si riferiva­
no a metodi speciali. Ci sono metodi speciali mediante i quali è possi­
bile aumentare il ricordo di sé o l'attenzione?
Ci sono state molte domande formulate in modo più o meno simile
o con lo stesso scopo, e credo che sia giunto il momento di provare
alcuni esercizi che possono aiutare, innanzitutto, a ricordare noi stessi,
e secondariamente a mantenere l'attenzione, ad avere un maggiore con­
trollo sull'attenzione. Come dovete già sapere, queste due cose sono
quasi equivalenti, perché l'una non può esistere senza l'altra; o almeno
il ricordo di sé non può esistere senza l'attenzione. Era mia intenzione
parlare di questi esercizi in un secondo tempo; pensavo di parlarne in
occasione della pubblicazione del mio libro Frammenti di un insegna­
mento sconosciuto. Ma poiché ora non so bene quando verrà pubblica­
to, e poiché è inutile ripetere le stesse domande e ritornare sulle stes­
se cose, penso che coloro che lo desiderano potranno provare alcuni
esercizi. Non credo di riuscire a spiegare tutto in una sera, quindi do­
vrete fare le vostre considerazioni e poi ne riparleremo; potrete chie­
dere di approfondire qualcosa e poi dovrete decidere quale scegliere e
per quale scopo, perché i differenti esercizi possono essere fatti in un
modo oppure in un altro, e con diversi scopi.
L'idea fondamentale di tutto quello che potete fare nella Quarta Via
e in questo tipo di scuola nella quale stiamo cercando di lavorare, è
che più si è consapevoli, maggiori saranno i risultati del proprio lavoro,
in modo che il risultato dell'uno o dell'altro sforzo è sempre modifica­
to e controllato dalla consapevolezza dello scopo, delle intenzioni e dei
desideri.
Ho già parlato molte volte del primo metodo di esercizi; ho parlato
300
Il
Padre Nostro
dei miei esperimenti con questa e altre forme di esercizi relativi alla
ripetizione. Questi esercizi esistono sia nella Chiesa Orientale che, in
altre forme, in scuole buddhiste e musulmane. Solitamente si sceglie
una breve preghiera, che viene ripetuta continuamente; questa ripeti­
zione generalmente viene collegata al respiro, all'ascolto dei battiti del
cuore, e a molte altre cose, ma questo è sufficiente. È necessario ri­
cordare che questo esercizio è collegato in modo preciso alla respira­
zione, e che io non lo consiglio. Non lo credo possibile perché richie­
de una completa solitudine, per lo meno per un lungo periodo; non si
possono fare gli esercizi collegati alla respirazione quando ci si trova
tra la gente o durante il normale lavoro; si devono avere a disposizio­
ne parecchie ore al giorno, nelle quali poter rimanere indisturbati.
Avevo provato questi esercizi molto tempo prima di incontrare il siste­
ma, e all'inizio, dopo che fui entrato in contatto con il sistema, mi aiu­
tarono molto a valutare il ricordo di sé, e anche per i primi compiti
che ci furono assegnati.
Ma tale esercizio, vale a dire la ripetizione di una breve preghiera,
deve essere unito alla respirazione e al digiuno, altrimenti ben presto
diventa . troppo facile e sorvola le cose senza toccarle. Intendo dire che
risveglia l'attenzione solo all'inizio. Così sostituii la breve preghiera di
sette parole ricordata nella Filocalia con il Padre Nostro. Avevo sen­
tito parlare dell'uso del Padre Nostro per lo stesso scopo, la continua
ripetizione, in alcuni monasteri russi. Questo diede risultati molto inte­
ressanti dal puntò di vista del conservare l'attenzione, e quando facevo
questi esercizi l'attenzione era molto più sveglia. Ma fui costretto a oc­
cuparmi di alcune cose; viaggiai e ritornai in Russia; poi incontrai que­
sto sistema e provai di nuovo gli esercizi. Li variai, ripetei il Padre No­
stro in greco, secondo la pronuncia della scuola, e quando divenne qua­
si automatico, cercai di ripeterlo secondo la pronuncia greca moderna ;
oppure le alternai, perché quando la pronuncia di scuola divenne auto�
matica, era difficile ricordare di pronunciarlo in maniera. diversa. Ma
in questo modo potei conservare l'attenzione; quando l'attenzione
scompariva, la ripetizione si fermava, oppure si confondeva o continuava
solo nel modo in cui l'avevo praticata precedentemente.
Ho provato anche parecchie altre cose ma non ne parlerò in questa
occasione, tuttavia vorrei dire che un esercizio di questo tipo, cioè la
ripetizione di una lunga preghiera, viene usato in molte scuole, e se
vkne applicato a cèrte idee sulla macchina umana, può essere collega­
to a un lavoro molto interessante e importante. Innanzitutto può esse­
re collegato allo studio delle parti dei centri, perché si deve iniziare
nella parte intellettuale del centro intellettuale, altrimenti è impossi­
bile. Quando si fa una cosa nuova, bisogna fare attenzione, e per fare
Il Padre Nostro
301
attenzione bisogna usare la parte intellettuale del centro intellettuale.
Ma se la ripetizione prosegue da sola, o se perfino inizia da sola e non
richiede nessuna attenzione, ciò significa che è passata nella parte mo­
toria del centro intellettuale. In seguito può passare nel centro ma­
torio e poi nel centro istintivo; quindi, per mezzo di metodi interessan­
ti, è possibile farla passare nel centro emotivo. Lo scopo di questi
esercizi non è solo quello di mantenere l'attenzione, ma anche lo studio
dei centl'i e delle parti dei centri.
Forse ricorderete che in una conversazione descritta nei Frammenti
di un insegnamento sconosciuto giunsi alla conclusione che questo ave­
va tutto lo scopo di risvegliare il centro emotivo. Prima di questo, ave­
vo avuto alcune esperienze interessanti, e avevo concluso che si possono
avere tali esperienze solo in uno stato di intensa emotività; cosl chiesi a
G. se ci fosse qualche metodo per risvegliare il centro emotivo. Dirò più
avanti che cosa rispose e di che si trattava. Ma è del tutto vero che in
una certa fase del lavoro bisogna far funzionare più intensamente il
centro emotivo, e questo è uno degli scopi di questa preghiera mentale;
mi riferisco a una breve preghiera ripetuta in continuazione e unita
alla respirazione e al digiuno, perché da sola essa non dà nessun risul­
tato. La preghiera della mente nel cuore è descritta nel breve libro in­
titolato Racconti di un pellegrino russo ed è spiegata in maniera più
esauriente nella Filocalia, ma non conosco nessuno scritto che descriva
l'altro metodo che ho ricordato, consistente nella ripetizione di un bra­
no più lungo. Mi riferisco alla ripetizione di una preghiera più lunga,
che viene trasferita da un centro a un altro. Non ho mai letto nulla a
tale riguardo, ma ho potuto ascoltare direttamente la descrizione di que­
sto metodo, e per altre cose posso parlare in base alla mia esperienza
personale. Vorrei consigliare a chiunque desideri provare questo eser­
cizio di non pensare all'inizio al centro motorio, o emotivo o istintivo,
ma di farlo soprattutto allo scopo di conservare l'attenzione, impedendo
cioè che diventi automatico; infatti, quanto più a lungo riuscirete a
conservare l'attenzione, tanto più consapevole sarà la preghiera, e tan­
to più facilmente potrà essere usata e diretta in seguito.
A tale scopo, si possono, per esempio, usare diverse pronunce, o
diverse lingue, oppure si possono contare le ripetizioni. Supponiamo
che voi ripetiate il Padre Nostro nella vostra lingua. Dopo un po' co­
mincia a essere cosl facile che non lo notate più; ma questo non è in­
teressante, allora è meglio passare a qualche altra lingua, non proprio
una lingua completamente sconosciuta, ma una lingua che si conosce
poco. Poi, per un lungo periodo pronunciatelo contando : contate usan­
do le dita, o un rosario, o in qualche altro modo, oppure solo mental­
mente, perché in questo modo la ripetizione non potrà sfuggire all'at-
302
U Padre Nostro
tenzione. Se qualcuno vuoi provare, può essere interessante anche !a­
sciarla proseguire automaticamente, ma in tal caso non si potranno ve­
dere risultati degni di nota per almeno due anni. In alcuni casi fortu­
nati si possono percepire risultati, e questa ripetizione automatica ri­
sveglierà da sé l'attenzione, toccando certi aspetti, certe associazioni in­
teriori di ottave interiori, che niente altro può toccare. L'idea di que­
sta forma di ripetizione è di creare una nuova funzione, che all'inizio
è consapevole, e poi, passando a un certo momento da un centro a un
altro, diviene inconsapevole (quando è nei centri meccanici) e poi nuo­
vamente consapevole, quando giunge alle parti superiori dei centri. E
questa funzione superiore può attraversare tutti i centri e successiva­
mente può diventare il mezzo per passare ai centri superiori. Ma è mol­
to pericoloso lasciar correre l'immaginazione, perché si può immaginare
qualsiasi cosa. Persone che avevano provato mi dissero di aver avuto
esperienze meravigliose, che di norma si verificano solo dopo almeno
cinque anni di pratica; ma esse le avevano avute dopo due settimane.
Dunque, bisogna stare molto attenti.
Posso indicare anche l'esatto grado di penetrazione della preghiera.
Potete dire che essa ha iniziato a passare nel centro motorio solo quan­
do potete leggere un libro facile e continuare a ripetere la vostra pre­
ghiera. Ma non solamente per cinque minuti. Se potete seguire il libro
significa che essa ha superato la prima fase, e che la ripetizione ha luo­
go nel centro motorio. La terza fase è molto più avanzata. Vi si arri­
va quando si riesce a parlare senza smettere la ripetizione. Ma ciò varia
da persona a persona. Voglio dire che essere capaci di seguire una
conversazione può servire come indicazione di un progresso, perché al­
cune persone riescono a seguire una conversazione prima di riuscire a
leggere, ma il leggere e il parlare sono precise indicazioni. Il primo si­
gnifica che la ripetizione ha iniziato a passare nel centro motorio, e il
secondo significa che ha iniziato a passare nel centro istintivo. Ma
queste capacità sono molto lontane, e pertanto non starò ad ascoltare
nessuno che dica di poter parlare e ripetere.
17
Frammento autobiografico
Sono nato a Mosca nel 1878. I miei primi ricordi sono collegati alla
casa della mia nonna materna in via Pimenovskaia. Mio nonno morì
nel 1882. Era un pittore, soprattutto un ritrattista, e in gioventù un
buon pastellista. In seguito divenne un pittore di chiese, vale a dire
che aveva uno studio e accettava incarichi di dipingere quadri nelle
chiese o destinati a chiese. Era questo un lavoro speciale poiché i pit­
tori di chiese erano quasi una casta speciale.
Mia nonna era una donna molto intelligente. Non dimenticherò mai
le meravigliose storie della vita nella vecchia Mosca che raccontava a
mia sorella e a me.
Anche mia madre era una pittrice e aveva un ottimo gusto per quello
che riguardava la letteratura russa e francese.
Mio padre, al tempo in cui nacqui, lavorava all'ufficio di rilevazioni
topografiche. Amava molto la musica e la pittura ed era un buon ma­
tematico. Aveva un particolare interesse per i problemi della quarta di­
mensione, ai quali dedicava molto tempo libero. Tutti i suoi scritti an­
darono perduti. Anch'egli morì quando ero molto giovane.
La casa di via Pimenovskaia aveva parecchie caratteristiche del tut­
to insolite. Per tanti aspetti era una casa antiquata e per altri aspetti
precorreva di molto i tempi. E in entrambi i casi ciò era dovuto all'in­
fluenza di mia nonna. La famiglia non apparteneva a nessuna classe in
particolare ed era in contatto con tutte le classi. Credo che questo fos­
se possibile solo in Russia.
Ho dei ricordi di me stesso sin dalla prima infanzia. Ho parecchie
immagini mentali molto chiare di eventi successi prima che avessi due
anni . Posso ricordare me stesso molto chiaramente a partire dall'età di
tre anni. Ricordo il fiume Mosca, a circa trenta miglia a ovest di Mo­
sca. Mi ricordo il fiume, le barche dall'odore di catrame, le colline
ricoperte di foreste, il vecchio monastero, eccetera. Ricordo l'esposi­
zione del 1882 a Mosca, e l'incoronazione di Alessandro III nel 188 3 ,
soprattutto tutte le luci.
Verso quell'epoca imparai a leggere. Quando avevo circa sei anni,
304
Frammento autobiografico
lessi due libri che produssero su di me un'enorme impressione. Erano
Un eroe del nostro tempo di Lermontoff e Memorie d'un cacciatore di
Turgenieff. Poco dopo cominciai a interessarmi molto di poesia e di
pittura, cioè leggevo poesie e mi piaceva guardare i quadri. Per me la
poesia e la pittura divennero le arti. Amavo molto anche ogni tipo di
incisione e le stampe, di cui in casa c'era una numerosa collezione; a
quel tempo sapevo anche disegnare. Verso gli otto anni, cominciai a
provare un grande interesse per le scienze naturali; in quel tempo tut­
to ciò che riguardava le piante e gli animali aveva per me un fascino
enorme.
La scuola era noiosa; ero pigro; odiavo il greco e la routine scola­
stica in generale. Fortunatamente i ragazzi a scuola erano lasdati mol­
to a se stessi, e sebbene vivessi a scuola, riuscii a leggere moltissimo.
A circa tredici anni, cominciai a interessarmi ai sogni e di conseguenza
alla psicologia. A sedici anni scoprii Nietzsche. Nel 1896, quando
compii diciotto anni, cominciai i primi viaggi da solo, e contemporanea­
mente iniziai a scrivere. A quell'epoca avevo forti tendenze anarchiche.
In maniera particolare non avevo nessuna fiducia in qualsiasi forma
di scienza accademica, e presi la ferma decisione di non fare mai nessun
esame e di non prendere nessuna laurea. Nello stesso tempo mi de­
dicai olto intensamente alla biologia, alla matematica e alla psicologia.
Ero enormemente affascinato dall'idea della quarta dimensione e di
cons
nza molto deluso dal normale approccio 'scientifico' al ri­
guardo.
Non avevo fiducia e non credevo in nessun tipo di socialismo e tanto
meno nell'industrialismo e nel militavismo, e non credevo in nessun
tipo di partito segreto rivoluzionario, in nessuno di quei partiti segreti
che piacevano tanto agli 'intellettuali' russi. Ma quando incominciai a
interessarmi di giornalismo, potei lavorare solo in giornali di 'sinistra'
perché i giornali di 'destra' non davano una buona sensazione. Questa
era una delle complessità della vita russa.
Divenni insoddisfatto della scienza. Sentivo che ogni sua forma era
un vicolo cieco, anche la matematica, e a quel tempo ero solito dire
che i professori stavano uccidendo la scienza nello stesso modo in cui
i preti stavano uccidendo la religione. Per parecchi anni mi occupai di
giornalismo; viaggiai in Russia, in Oriente, in Europa. Nel 1905, du­
rante i mesi di scioperi e di disordini che finirono nell'insurrezione ar­
mata a Mosca, scrissi un racconto basato sull'idea dell'eterna ricorren­
za, che fu pubblicato solo dieci anni più tardi.
Nel 1907 scoprii gli scritti teosofici, che in Russia erano proibiti:
Madame Blavatsky, Olcott, Annie Besant, Sinnett, ecc. Ne fui forte­
mente impressionato, anche se capii subito il loro lato debole, e cioè
s
Frammento autobiografico
305
che, così come era, non aveva esito. Ma mi aprì le porte di un mondo
nuovo e più grande. Scoprii l'idea di esoterismo, trovai un metodo va­
lido per studiare la religione e il misticismo, e fui ulteriormente sti­
molato a studiare le 'dimensioni superiori' . Nel 1908 ero a Costan­
tinopoli, Smirne, Grecia ed Egitto. Nei primi mesi del 1 909 finalmen­
te lasciai Mosca, e andai a vivere a San Pietroburgo. Studiai gli scritti
dell'occultismo; feci ogni tipo di esperimento psicologico, usando meto­
di yogici e magici; pubblicai parecchi libri, tra i quali Tertium Organum,
e tenni conferenze pubbliche sui Tarocchi, sul superuomo, sugli yogi,
ecc.
Nel 1 9 1 3 e nel 1 9 1 4 andai in Egitto, a Ceylon e in India, e ritornai
in Russia subito dopo l'inizio della guerra. All'inizio del 1915, prima a
San Pietroburgo e poi a Mosca, tenni numerose conferenze sui miei
viaggi e sulla mia ricerca del miracoloso.
Nella primavera del 1915 incontrai a Mosca uno strano uomo che
guidava una specie di scuola filosofica. Questi era G. l . Gurdjieff. Sia
lui che le sue idee mi impressionarono moltissimo. Ben presto mi resi
conto che egli aveva trovato molte cose che io avevo cercato in India.
Compresi di avere incontrato un sistema di pensiero completamente
nuovo, che superava tutto ciò che avevo conosciuto in precedenza . Que­
sto sistema offriva una visione assolutamente nuova della psicologia
e spiegava quello che non ero riuscito a capire nelle idee esoteriche e
nei 'principi di scuola'. Trascorsi una settimana a Mosca con G. e ri­
tornai a San Pietroburgo con grandi speranze. Nell'autunno del 1 9 15
G. venne a San Pietroburgo, e da allora iniziò a venire regolarmente,
tenendo conferenze per i piccoli gruppi che io organizzavo per lui.
Alla fine del 1 9 16 mi ritrovai nell'esercito, tra i genieri. Fu un'espe­
rienza strana, ma non spiacevole. Dopo quattro mesi fui esonerato a
causa dei problemi di vista. Ciò accadde due settimane prima della
rivoluzione. Non mi facevo illusioni riguardo alla rivoluzione e capivo
che i giorni della Russia erano contati. Decisi di andare all'estero, e di
attendere la fine della guerra in una nazione neutrale, per poi conti­
nuare il mio lavoro a Londra, dove, di ritorno dall'India, avevo comin­
ciato a preparare la pubblicazione dei libri.
Rimandai la partenza dalla Russia a causa del mio rapporto con G.
Egli era andato nel Caucaso immediatamente prima della rivoluzione, e
per qualche tempo non ebbi sue notizie. Mi mandò sue notizie solo a
giugno, e io lo raggiunsi subito nel suo paese natale, nel Transcaucaso.
Il mese successivo G. invitò nel Caucaso i membri dei gruppi di Mo­
sca e di San Pietroburgo. Passammo la fine dell'estate del 1 9 1 7 a
Essentuki, un luogo ricco di acque minerali nel nord del Caucaso, e
in settembre ci trasferimmo a Touapse, sul Mar Nero. Andai a San
306
Frammento autobiografico
Pietroburgo per l'ultima volta nell'autunno del 1 9 17, e partii una set­
timana prima che il governo provvisorio fosse rovesciato dai bolscevichi.
Ritornai nel Caucaso e vi rimasi poco più di due anni, dapprima sulla
costa del Mar Nero e poi di nuovo a Essentuki.
Durante il primo anno rimasi con G., ma nell'estate del 1 9 1 8 mi ac­
corsi che avevo smesso di capirlo, o che le sue idee erano cambiate,
e dovetti separarlo dal sistema, sul quale non avevo dubbi. Ma questo
non fu di grande aiuto, così finii con il rompere il rapporto con G., che
subito dopo lasciò Essentuki e andò a Tiflis. Trascorsi un inverno mol­
to difficile a Essentuki. A quel tempo la città era nelle mani dei bol­
scevichi, e tutt'intorno a noi c'era la guerra civile. Nel gennaio del 1 9 1 9
fummo liberati dai bianchi. M a era chiaro che s i sarebbe trattato solo
di una liberazione temporanea. Se volevo continuare il mio lavoro, era
necessario andare all'estero, secondo il piano originale.
Passai l'estate e l'autunno del 1 9 1 9 tra Ekaterinodar, Rostov e Novo­
rossisk, e nel gennaio 1920 lasciai la Russia per Costantinopoli, dove
rimasi per un anno e mezzo. Costantinopoli in quel tempo era piena di
russi. Cominciai a tenere conferenze sulla psicologia, sui miei viaggi
eccetera, e nell'estate del 1920 incontrai G., che era arrivato da Tiflis .
Cercai di lavorare di nuovo con lui, ma presto scoprii che era impossi­
bile, per le stesse ragioni di prima.
Nell'agosto del 1921 lasciai Costantinopoli per Londra. Iniziai le
mie conferenze a Londra e incontrai molte persone interessate alle
stesse idee. Nel febbraio 1 922 G. visitò Londra; egli allora viveva in
Germania. Ero ancora molto interessato al suo lavoro, ma questa volta
ero fermamente risoluto a rimanere separato. G. andò in Francia. Lo
aiutai in molti modi a organizzare il suo lavoro in quel paese, e nel
1922 e nel 1923 andai molte volte a Parigi e a Fontainebleau. Alla fine
del 1923 capii che non potevo rimanere collegato a G. perché mi era
del tutto incomprensibile, e giunsi alla rottura finale con lui nel gen­
naio del 1 924.
Quindi continuai il mio lavoro a Londra. Nel 1931 pubblicai A New
Model of the Universe. Fu un lavoro molto lungo. La correzione della
traduzione richiese quasi due anni. Dopo il 1 93 1 il mio lavoro si con­
centrò sullo sviluppo di un sistema psicologico fondato sullo studio
della 'consapevolezza di sé' e della 'consapevolezza oggettiva'. Questi
termini richiedono una spiegazione. Sto preparando un libro su questo
&istema che potrà essere pubblicato tra circa un anno o due.
Londra 1 935
Indice analitico
9, 25, 40, 49, 127, 145,
165, 248, 250
accadere (tutto accade), 50, 72 , 104,
152, 158-60, 206-207, 245, 289; ciò
Abitudini,
che accade non può essere definito
'bene', 224, 282; vedi anche ac­
cidente
Accidente, Legge dello, 15, 21, 48,
75-6, 89, 99, 152-54, 163, 207, 216,
219, 283, 289
accumulatori, 184, 196
accusa, 34, 189
adattamento, capacità di, 47, 228-29
aiuto, 74, 83, 1 16, 122, 123, 160, 218,
223, 260
allegoria vedere le cose in modo allegorico, 186-87
America, 267, 269-70, 274, 286
amore, 141
analisi, di se stessi, 245
analogia, metodo della, 65, 137, 138,
141, 199-200, 210, 228
59-60, 251, 253, 255, 256
(niondo animale), 215, 218,
233-34
aria, come cibo per l'uomo, 166, 186,
198, 207, 236-39; respirata da di­
versi esseri, 207, 23 3-34
Aristotele, 230
arrabbiarsi (ira), 26, 30, 31, 68, 139,
144, 170
arte, 39, 43, 77, 177-80, 230, 242, 248,
304; oggettiva, 178, 248
ascoltare, «Noi non ascoltiamo" , 191
associazioni (pensiero associativo), 36,
61, 152, 255-66
Assoluto, (o Mondo 1), 170, 177, 199200, 202-204, 206, 210, 213, 218,
220, 224, 230 , 236, 238, 263, 296;
vedi anche Protocosmo
Athos, monte, 272, 273
atomici, pesi, 237
anima,
animali
attaccamento, e non attaccamento, 65
atteggiamento, 9, 26-9, 34-5, 37-52,
73 , 79-84, 91, 1 1 1 , 132-33, 139, 148,
160, 259, 270, 278, 281, 283, 288;
negativo, 37-52 , 283, 288; positivo,
42, 43, 49-52, 283; nei confronti
delle emozioni negative, 26-9, 34-6,
49, 51-2, 139, 281; degli avvenimen­
ti esterni, 37-9, 40-1, 42-4, 45-6, 49;
per equilibrare il centro motorio, 401 , 45-6
atteggiamenti corporei, 39, 49
attendibilità, 91, 94
attenzione, 74, 104, 145, 167, 196, 219,
277' 278, 299-301
attenzione vigile, condizione fisica di,
146
attiva, forza, vedi forze , Legge del Tre
attività (azioni dell'uomo) , 50, 88, 95,
145, 154, 155, 176-82; 208-209, 22124, 272
autocommiserazione,
189
e
i
respingenti,
avversioni, vedi preferenze e avversioni
azoto, 198-202, 212, 234, 235, 241
Bambini, e la ricorrenza, 5-7, 9, 19;
perché non ci sono gruppi per i, 95
barriere, artificiali, 124-25
batteri, 243-44
battito del cuore, ascoltare il, 300
bene, e male, (buono e cattivo) , 38,
44, 96, 224; vedi anche moralità
Besant, Annie, 304
biologia (biologico) , 164, 165, 206,
208, 242-44, 304; micro-, 244
Biosphère, La, 213
Blavatsky, Madame, 304
bolscevichi (bolscevismo) , l 07, 190,
273, 281 , 283, 306
Brahma, respiro di, età di,
brevi attimi, vedi sprazzi
231
308
Indice analitico
Brunton, Paul, 130
Bucke, R.M., 186
Buddhismo (buddhista),
300
65, 80, 122,
1 1-4, 21, 38, 44, 45, 75,
76, 94, 97-8, 122, 126, 290, 297
Cabala, 296
cambiamento (cambiare se stessi) , 6, 910, 15, 18-20, 33-4, 56, 71, 100-101,
1 16, 124, 133, 138, 141, 142, 15354, 158-59, 172, 188, 209, 220, 25960, 275, 287, 288, 297-98; dell'es­
C, influenze,
sere, vedi essere; cambiare il passa­
to, 297-98
caparbietà, 109, 126, 139, 154-55
caratteristiche, 249, 286; 'caratteristica
principale', 1 14, 250-51; del nostro
essere, 81, 85, 90-2, 100, 134
carbonio, 166-67, 185-86, 196, 198-
201, 212, 234-35, 241
cattedrali, gotiche, 118-19
Caucaso, 129, 140, 268, 305, 306
causa ed effetto, 75, 89, 152, 284, 298
cellule, 183, 199-200, 227-28, 230, 244
centri, diagramma, 190; intellettuale,
25, 31 , 39-44, 56, 59, 63, 145, 168,
174, 183, 188, 189-91, 227, 275,
291 , 300, 301; emotivo, 25, 32-3,
39-42, 44, 54-5, 58, 76, 136, 166-68,
173, 185, 187, 189-90, 196, 291 ,
301 ; istintivo, 32-3, 42, 63, 145,
168, 183, 186, 189-90, 217, 227-28,
301-302; motorio, 40-2, 63, 145,
168, 183, 188, 189-90, 217, 227,
301-302; sessuale, 42, 189; superio­
ri, 32, 42, 59, 63, 101, 114, 131 ,
136, 1 4 1 , 168, 185-87, 189-90, 19396, 216, 227, 302; parti dei, 31-2,
36, 74, 77, 92, 173, 185, 188, 192,
300, 301; parti positive e negative
dei, 41, 50, 185; velocità dei, 42,
143, 196, 225-27, 228-29; funziona­
mento sbagliato dei, 26, 33, 41, 145,
183, 188-92, 248; controllo dei, vedi
controllo;
importanza dell'idea
dei,
57, 147; abitudini meccaniche dei,
248; e energia, idrogeni, 63, 144-45,
183-85, 189-90, 196, 293; e impres­
sioni, 168; e attività, 223; e il ri­
cordo di sé, e la consapevolezza, 23 ,
53, 146, 293 ; lo studio dei, è teo-
rico, 142, 263; come espressione di
un nuovo linguaggio, 92; in realtà
sono solo tre, 42;. le emozioni nega­
tive non hanno, 24, 32, 189-90; le
emozioni negative influenzano tutti
i, 33; equilibrio tra i, 41, 148; tutti
i centri pensano, 276; studio dei,
mediante la ripetizione, 300-302
cerchi, dell'umanità (o circoli), 38-9,
43-4, 75, 153-54
chiaroveggenza, 128, 192-94
Chiesa, Orientale, e l'esercizio della
ripetizione, 300-301
chimica, 234-37, 241
Cibo, Tavola del, (fabbrica del, Dia­
gramma del), 166-73, 186, 220, 23640, 263; dell'uomo, 144, 164-69,
171, 183-84, 198, 206, 207, 233-34,
236-38, 297; degli esseri viventi,
164, 230, 233-34
circoli, vedi cerchi
circostanze, esterne, non possono pro­
durre emozioni negative, 24-6, 30,
34-5, 287; non possono produrre
nessun cambiamento , 19, 57; non
possiamo cambiare le, 268
civiltà, 211
coerenza, delle azioni, rivela l'essere, 94
collegamento, (tutto è collegato) , 63,
214, 224, 226
combattere, combattimento, vedi lotta
compiti meccanici, 293
comprensione , 36, 59, 70, 84, 95-7,
101-103, 124, 131, 134, 149-50, 156,
159-60, 173-75, 179, 188, 218, 229,
258, 260-61, 277-78; di sé, 56, 122,
291; del lavoro, 132, 134-37, 260;
questo lavoro si basa sulla, 76, 78,
80, 100, 122, 128-30, 134-36, 270;
conoscenza, essere e, 90, 92-4, 100,
123, 126; ed emozione, 25, 32, 49,
101-102; e atteggiamenti, 42, 44, 4951, 259; e ricordo di sé, 56-7, 72,
220
comune, vita in, 132-33, 139
condizioni di lavoro, 122-25, 127, 129,
130, 132, 134-37, 138, 139-40, 147
condotta, 95-6
conoscenza, e l'essere, 77-9, 86, 89-97,
111, 133-34, 146-48; necessità della,
41, 42, 123, 142, 153, 160; reale,
nuova, 43 , 92-3 , 1 1 1 , 115, 124, 1 3 1 ,
Indice analitico
142, 146-48, 206; di sé, 41, 90, 92,
113, 1 14, 134, 145, 147, 160, 165;
e la vera volontà, 127, 154; limita­
zione della, 13, 20; deve essere pa­
gata, 131, 258-59; teorica, filosofica
e pratica, 264, del futuro, 194
consapevolezza, essere conscio, 23, 33,
36-7, 53, 55, 59, 62, 63, 66, 77-8,
84, 89, 95, 104, 1 10, 112-14, 143-46,
148, 152, 154-55, 167, 172-73, 17578, 179, 183-84, 188, 196, 209, 216,
218, 220, 223-24, 248, 257, 266,
281-82, 284, 298, 299, 301-302; sta­
ti di, 37, 63, 78-9, 93, 100, 142-43,
146, 167, 179, 284; di sé, 62, 93,
142-43, 179, 248; oggettiva, 126,
141-42, 306; superiore, 55, 100,
114, 146; come più importante idea
del sistema, 23 ; comprensione della
mancanza di, 72, 84, 95, 142; come
contrapposta all'identificazione, 68-9;
è impossibile senza le scuole, 218;
separata dal corpo fisico, 128, 135;
non può essere data, 257; l'energia
della, 183-84, 2 1 1 ; di altri mondi,
227; e le funzioni, 23, 37, 53, 63-4,
142-44, 176, 194, 227, 284, 293; e
la volontà, 154-55, 257; e la co­
scienza, 173,74, 175-78, 180-82; e le
influenze B e C, 21, 44-5, 75, 290;
e la ricorrenza, 6, 8, 9, 17-8, 21;
e il Padre Nostro, 300-301 ; shock
consapevoli, 166-67, 176; influenze
consapevoli, 216-17; ruoli consapevo­
li o inconsapevoli, 250; l'uomo con­
sapevole, 46; impossibilità di male
consapevole, 84, 224; l'uomo ha il
diritto di essere consapevole, 141
considerare, 57, 68, 126, 138, 144,
184, 246, 258, 268
contraddizioni, assenza delle, nel pen­
siero corretto, 207-208; interiori, 61,
71, 94, 141, 160, 181, 246
27-9, 30, 37, 39, 49-50, 545, 63, 103, 1 10, 131, 142-45, 147,
168, 171, 184, 195, 223, 249, 268,
271 , 274-75, 282; dei centri, delle
funzioni, 39, 54-5, 63, 142-44, 145,
223, 282; e le emozioni negative,
27-9, 30, 103, 223; inizia con la
mente, con l'atteggiamento, 37, 49-
controllo,
50, 1 10, 144, 223;
ne, 131
309
sull'immaginazio­
corpo fisico, possibilità di consapevo­
lezza separatamente dal, 128, 135;
nella Triade Statica, 251-56; e la ri­
correnza, 19
coscienza, 61-2, 84, 114, 173-78, 181-
82, 188, 281, 284-85
38, 44, 85, 96, 214, 224-32, 291,
292, 293 298; tempo nei differenti,
214, 225-32, 243-44
Costantinopoli, 268, 305, 306
Creazione, Raggio di, vedi Raggio di
cosmi
Creazione
credere, 79,
140-41
127, 129, 136, 137-38,
crescita, processo di,
crimine (criminale) ,
80, 181, 223
212, 219
80, 88, 107, 178-
cristallizzazione, in idrogeni sbagliati, 82
critica (critico), 140, 154
cultura, 211, 242
Darwin, 242-44
debiti (debitori), 296-98
decisioni, 103-104, 107, 127
degenerazione, 211, 254
delusioni, 72-3
denaro, e il lavoro, 137, 140, 258
densità, della materia, 164, 199,
206, 212, 230, 234
dervisci, 129
Deuterocosmo, 224
diavolo, 59-60, 78, 268
201 ,
differente (diverso), lo scopo di dive­
nire, 104-105, 131, 172; cercare di
fare le cose in modo differente, 101,
158, 160; le persone sono differen­
ti, 83, 289; possibilità di vedere in
modo differente, 37, 56, 71, 98, 176,
180, 185, 187, 219; possibilità che le
cose succedano in modo differente,
17, 56; la guerra sarebbe potuta in­
cominciare in modo differente, 274
differenze, negli avvenimenti, nei mo­
menti, 17, 20, 108-109, 123-24; nel­
le attività, nelle azioni, 175-80, 182;
nell'essere, 90, 95-6; nella voce, nel­
le parole, 185, 212; tra le emozioni
negative, 28-9
difficoltà, personali, 102, 123, 245, 261,
277, 278; principali, 277, 278; tempi
difficili, 268-69
310
Indice analitico
digiuno, 300-301
dimensioni, 128, 135,
305
226-27, 231, 303-
Dio, nome di, 296
disanno, 107
disciplina, 82-3 , 130-3 1 , 288, 293
discriminazione, 81, 84, 97, 133,
distruzione, attività della, 177, 182,
dolore, 25, 32, 197
Dottrina, Speciale, 42, 241, 242
dubbi, 70
Ebraica, religione,
elementi, chimici,
296
296
234;
quattro,
155
223
241,
elettrone, 230-31
emozioni (emotivo),
25, 31-3, 39-40,
54-8, 61-2, 66, 70, 77, 101-103, 109,
1 15, 122, 126, 146, 166-68, 173, 181,
185, 189, 193-94, 207, 275, 276,
279, 281-82 , 284, 293, 301 ; negati­
ve, 23-37, 40-1, 49, 51-2, 53-4, 56,
58, 64, 68-70, 73, 76, 78, 86-7, 92,
94, 96, 102, 126, 133-34, 138, 139 ,
144-45, 156, 165, 166-68, 170, 171,
184, 188, 189, 194, 196, 221, 22223, 248-50, 268, 277-78, 281-82, 283,
287, 291, 293-94, 297; positive, 32,
41, 43, 141, 167, 173, 189, 196,
223, 297-98; istintive, 32, 70, 145;
e la coscienza, 61-2, 1 14-15, 173,
181, 279, 281-82, 284-85; e gli
idrogeni,
166-68, 185-86, 189-90,
196; e il pensiero n. 2, 207; e la
telepatia, la chiaroveggenza, 194; ne­
cessità di essere più emotivi, 54-7,
102-103, 108, 1 14-15, 185, 193-94,
301 ; centro emotivo, vedi centri,
emotivi; centro emotivo superiore,
vedi centri, superiori
energia, 38, 66, 88, 95, 98, 1 16, 14446, 168, 183-84, 196, 292; emotiva,
101-102, 184, 196, 293; perdita di,
spreco di, 38, 68, 105, 144, 184,
196, 274, 293; risparmiare, accumu­
lare, concentrare, 25-7, 3 1 , 67-8, 144,
184, 293; per il ricordo di sé, 56,
67, 185, 291; e i centri, 145, 18384, 189-90; quattro tipi di, 183-84,
2 1 1 ; vitale, 183, 195; e le invenzio­
ni moderne, 46; e la materia, 211;
trasmissione della, nel Raggio di
Creazione, 210, 236
enneagramma, 85, 234-41
ereditarietà, 7 , 193
esame (essere esaminati) , 13, 18, 270
esercizi, fisici, 139-40; respiratori, 23738, 299-302; di ripetizione, 299-302;
'stop', esercizio dello, 40; di smet­
tere di pensare, vedi pensare, pen­
siero
essere, cambiamento dello, crescita del­
lo, 77-85, 89-96, 100, 111, 1 16, 127,
130-31, 132-34, 136, 146-48, 219,
255; stato dello, livello dello , 78,
85-95, 100, 134, 136, 251-55, 289;
caratteristiche del nostro, 80, 85, 901, 100, 133-34; e la conoscenza, 778, 86, 89-97, 133-34, 146; esseri vi­
venti, classificazione degli, 164, 206207, 232-34
esoterico, cerchio, 39, 43, 75, 154
esoterismo (esoterico), 43, 74, 126,
139, 305
esperienza (e), necessaria per compren­
dere, 94-5; nuova, 197
esperimenti, di Ouspensky, 128, 13536, 299-300, 305; necessità di fare,
147; per produrre stati emotivi, 194
espressione, delle emozioni negative,
26-9, 31, 35-6, 54, 68, 92, 126, 134,
139, 144, 184, 194, 222, 268, 293,
297
essenza, 9, 10, 15, 18, 21, 76, 154,
216, 252-56, 284, 290
Essentuki, 305, 306
esterni, avvenimenti, importanza di studiare, 38, 40, 43-4, 104, 280-81
eterna ricorrenza, vedi ricorrenza
eternità, 5, 6
evoluzione, 38, 43-4, 46, 48, 198, 2 1 1 ,
224, 241-44
extra-sensoriale, percezione,
Fachiro, via del,
anche vie
falsa personalità,
195
76, 1 18, 120-21; vedi
51, 62, 66, 69, 24556, 259; vedi anche 'io' immaginario
fanatismi, 129
fare, 35-7, 46, 91, 94, 95, 109, 123,
245, 259; l'uomo non può 'fare', 35,
50, 139, 152-53, 158-60, 222, 266;
da soli non si può far nulla, 86, 158,
160, 194; bisogna fare quello che si
Indice analitico
35, 67, 86-8, 91, 1 10, 1 15, 123,
124-25, 133, 284; bisogna fare di più
di quello che si può, 100; non si
può,
deve fare nulla se non si capisce,
127-30, 135-36
fato, 75, 89, 150, 154, 165, 216, 283,
284, 289
fede, 95, 129, 136, 140-41
fiducia, in se stessi, 6
Filocalia, 300-301
filosofia
(filosofico), pratica, teoria e,
126, 229, 263-64; inizia dall'idea di
tempo nei differenti cosmi, 231 ; si­
stemi filosofici, scuole filosofiche, 95,
130-3 1, 263, 305
lavoro, 139-40, 177-80; leggi,
164, 165, 206; energia, 183-84; vedi
anche energia, quattro tipi di
fisiologiche, leggi, 164
Fontainebleau, 306
folla, 216
formatorio, pensiero, 6, 14, 55, 81-2,
107, 149, 164, 174, 191, 217, 263,
278, 286, 291-92; centro, apparato,
41, 188, 191-92
formulazione (formulare), 6, 1 10-14,
191, 247, 291
forza, 1 15
forze, Legge delle Tre, 85, 92, 95, 138,
176, 198-204, 206, 208, 211, 221, 234,
235, 238-41, 253, 255, 290, 296;
meccaniche, 44-6, 48, 98, 280-81;
combinazioni di, unioni di, 44, 176,
208, 281 ; terza forza, o neutraliz­
zante, 198-202, 209, 211, 234-35,
241 ; 'Forza delle cose', 280; vedi
anche triadi
fotografie, di se stessi, 279
Frammenti di un insegnamento sconosciuto, 299, 301
frizione, 106, 130
fuga, 16, 20, 162-63
funzioni, 23, 39, 53, 63, 93, 142, 143,
145, 282; 293; inutili, 134, 275
furbacchione, 59-60
futuro, conoscenza del, 194; cambia­
mento del, 297-98
fisico,
Galassia, la nostra,
.genio, 242
vedi
Geochimie, La, 213
213, 242
geologia,
sole, tutti i soli
giustificazione
125, 189
giustizia, 162-63
(giustificare) ,
24,
311
51,
giusto e sbagliato, 96, 181 ; vedi anche
moralità
gravità, 164; centro di, 85-9, 108
Grecia, antica, e l'origine dei simbo­
li, 241
gruppo (organizzazione, lavoro) , 7, 61,
76, 95, 119-21, 124, 130, 135,
141, 217, 261 , 267, 274, 276
guerra (e) , 19, 21, 39, 43, 81 , 98,
129, 133, 216, 293 ; del 1914,
128, 305-306; del 1939, 269,
74, 281, 285
Gurdjieff (G.) , 1 13, 129-30, 135,
231, 257, 301, 305-306
Haghiocosmo
140,
125,
125,
273225,
224
Idee, realizzazione delle, 106-108; ine­
sistenti, vuote, 42, 106
identificazione, 19, 24-36, 51, 54, 56-
8 , 65-73, 91, 96, 101, 124, 126, 134,
138, 144-45, 148, 165, 184, 246, 250,
260-61 , 268, 270, 277, 297
idrogeni, Tavola degli, 38, 169-70, 211;
superiori, 63, 75-6, 166, 169-70, 172,
189-90, 203, 218; inferiori , 169, 229;
e le tre forze, 198, 201-202, 211,
234-35, 241 ; e i centri, 63, 76, 167,
183, 190-91; e la Fabbrica del Cibo,
166-73, 233-34
ignoranza, in quanto legge alla quale è
sottoposto l'uomo, 165
illusioni (illusorio), 24, 36, 93, 103,
126-27, 133, 147, 157, 195
imitazione, e l'uomo n. l, 207, 217
immaginazione (immaginario) , 5, 25-6,
30, 32-3, 34"6, 37, 57-8, 69, 78j 869, 91, 94, 111, 131, 133-34, 136,
138, 144, 180, 184, 197, 217, 219,
221, 223, 262, 268, 275, 277, 278,
302; e le emozioni, 25, 30, 32-3,
34-6; e lo spreco di energia, 144,
184; nei centri superiori, 131, 136;
di poter 'fare', 86; in quanto una
delle tre principali difficoltà, 277,
278; bisogna solo rinunciare alle co­
se immaginarie, 278; il giusto uso
della, 219, 221 , 223; 'io' immagina­
rio, vedi 'io', immaginario
312
Indice analitico
immagine, di se stessi,
52, 279-80
114, 246, 251-
immortalità, nel contesto del sistema
solare, 226; delle cellule, 244
importante, che cosa è, 66,
104,
264-65
impressioni, 166-73, 185, 237, 297; la
più rapida impressione visiva, 225-
27, 231
incroci, 9, 108-109, 123
India, 8, 128-29
indù (indiane) , divinità, immagini delle, 203
indifferenza, 26, 43
infinito, 85, 226
influenze, A, B e C, 1 1-4, 21, 38-9, 43-
7, 75-6, 94-5, 98-9, 122, 126, 290,
297-98; degli avvenimenti esterni,
38-9, 40-1, 42-3, 46-7, 49; dagli al­
tri mondi, 200-202, 215-17, 229,
239; planetarie, 200-201, 210, 21517, 229, 284, 287, 289, 290; supe­
riori, 216, 297-98
inganno (ingannare se stessi) , 37, 69,
106, 1 14, 171, 189, 249, 279, 284
iniziativa, 76, 150
inizio, è necessario ricordare l', 107108, 147-48
intellettuale, centro, vedi centri; l'in­
telletto, la mente non sono suffi­
cienti, 102, 109, 126, 147-48, 194
intelligenza, 228-29, 230
interessi, è possibile essere interessati
senza essere identificati, 70
intervalli, e la Legge del Sette, 217-18,
224, 235-40; su scala cosmica, 203204, 209, 219; nelle Ottave del Ci­
bo, 167, 236-40 ; nel lavoro, 41,
120, 150,
236-40
217-18,
221-22,
224,
invenzioni, moderne e scientifiche, 39,
45-8; come attività dell'uomo, 177;
impossibilità di invenzioni assoluta­
mente nuove, 152, 207-208
'io', molteplicità degli, 25-6, 67, 70-1,
85, 86-91, 94, 100, 103-106, 1 16,
134, 171, 196, 219, 246-48, 249,
251-54; 256; osservare gli, 26, 156;
permanente, reale, centrale, 56, 74,
85, 90-1, 126, 154-56, 247-48, 25154; immaginario, 69, 138, 246, 250,
264; vedi anche falsa personalità;
uso sbagliato della parola 'io', 105106, 245-48, 252-53, 277; gli 'io'
che vogliono lavorare, 67, 106, 1 16,.
255
irritazione, 139
istintivo, centro, vedi centri ; emozioni
e sensazioni, 32, 70, 145, 186
Kant·Laplace, teoria di,
karma, 89
Khas-Namous, 82-4
242-43
Laterale, ottava, 203
lavoro (il), significato del, 126, 14647; su se stessi, 20, 37, 103-104,
138, 145, 157-59, 218, 259, 288-89;
sull'essere, 85-6, 89-94, 100, 136,
146; di scuola, vedi scuola; di grup­
po, vedi gruppo; organizzato, 40,
108, 115, 1 19-21, 122, 132-33, 13637, 139-40, 293; principi del, vedi
principi; tre linee di, 96-7, 1 18-21,
123, 124, 130, 136-40, 145, 150,
288; oggettivo, 118-20; storia del,_
123; 128-29, 134-36, 258-59, 268,.
272, 305-306; scopi del, direzione
del, 109, 115, 122, 129, 137, 14647, 149, 160; persone .adatte per il,
79-81, 82, 91, 95-7, 283; condizioni
per il, 122-24, 127, 129-30, 135-37,
147; e l'aiuto finanziario, 137, 140;
relazione tra il lavoro e la vita, 71,.
82, 97, 1 15, 149-50, 159, 189, 288,
299; possibilità di, durante la guer­
ra, 133, 267-74, 293; serio, 33-4,
112-14, 130, 147; è necessario che
il lavoro sia pratico, 37, 126, 130,
147; è necessario capire il, 51, 122,
132, 136-37, 259-61 ; atteggiamenti
nei confronti del, valutazione del,
responsabilità nei confronti del, 50l, 67, 82-4, 86, 106, 109, 123, 127,
132, 136, 148-49, 154-56, 259, 270;
'bene e male' in relazione al, 38, 44,.
154; ciò che si vuole dal, 100, 109,
112, 147-48; lo sviluppo è possibile
solo mediante il, 159, 165, 218, 292;
deve avere una sufficiente intensità,
101, 122-23, 125; ha bisogno di
tempo, 28, 33, 57, 143; deve esse­
re sulla personalità, 10-1, 15, 254;
caratteristiche, ostacoli che impedi-
Indice analitico
il, 33-4, 81, 101, 105, 108,
127, 147-49, 262, 277-78, 281 ; e la
falsa personalità, 247-50, 251-53, 25456; energia per il, 67-8; ricordo di
sé in relazione all'idea del, 23, 53;
decisione di, 103, 282; non siamo
mai pronti per il, 89; bisogna esse­
re attivi nel, 108; bisogna lavorare
simultaneamente su più linee, 102,
122 130· non può rimanere sempre
lo �tesso', 123, 158; intervalli nel,
41, 1 14, 123, 150, 217, 221, 2�4; e
i risultati, 57, 103, 133, 299; m re­
lazione alle attività, 88, 176-77; sul
centro motorio, 40-1 , 46; fisico, 140,
177-80; in relazione alla ricorrenza,
7, 8, 12, 17, 21, 292
leggi, nei diversi mondi, 164-66, 170,
192, 198-99, 204-206, 210, 219, 220,
296; relative all'uomo, 38-40, 80,
154, 162-66, 192, 198, 201, 206207, 209 219, 225, 245, 290-91 ;
che gover�ano i cosmi, 225-26; delle
diverse classi di esseri, 233 ; della
ricorrenza, 6, 8, 1 1 , 21, 292; il la­
scono
voro di scuola è sottoposto a diver­
se
8 1 1 , 21 292-93; dell'uomo
'
n. 5, 93 · Legg del Tre, vedi anche
forze, Le ge del Tre , triadi; Legge
del Sette vedi anche Sette, Legge
del, otta e; Legge delle ottave, vedi
ottave ; Legge dell'Accidente, vedi
Accidente; legge di causa ed effet­
to vedi causa ed effetto; legge del
fa o, vedi fato; legge della volontà,
vedi volontà
Lermontoff, 304
libertà (libero) , 30, 38, 74, 76, 1 10,
l
g
�
v'
t
127, 155, 165, 208
libri, e le influenze B e C, 126
linea, mantenere la, 127, 217, 222, 224
linguaggio, nuovo, oggettivo 92, 204,
212, 264; filosofico, teorico e pra­
tico, 263-64
livello, necessità di creare un livello
permanente, 67-8
logico, pensiero, 15, 207
lombrico, vedi verme
lotta, necessità della, 85-6, 89, 107
luce, 231 ; 'Giorno di', 'Anno di', 231
Luna, nel Raggio di Creazione, 164,
170, 202-205, 210, 215-16, 218, 238-
313
39; e il controllo dei movimenti, 85,
87, 89, 211, 216, 263 ; si nutre della
vita organica, 210-11 ; in se stessi,
85, 87
lunatico, 79-84
Lyne, 120, 233, 260, 267, 269, 274-75
Macchina (-e), umana, 92-3, 1 10, 14345, 183-84, 300; l'uomo in quan­
to, 30, 39, 50, 92, 95, 123, 138,
141-45, 157, 257, 261, 291 ; influen­
za delle macchine moderne indu­
striali, 46-8
Macrocosmo, 224-27, 231
maestro atteggiamento verso il, 12829,
5; necessità di un, per lavo­
rare sul centro motorio, 40
Maggiordomo Interinale, 247, 253
magnetico, centro, 10, 38, 75-6, 96,
Ì3
97, 247, 252-53, 254-56, 297
male, 84, 224, 297
materie (-e), (sostanze) ,
167, 170, 21112, 228-30, 234, 237-40; quattro sta­
ti della, 198-202, 211-12; più raffi­
nata, superiore, 144, 167, 21 1-12;
intelligenza della, 228-30
matrimonio, 289
Mead, G. R. S., 194
meccanicità (meccanico), in quanto con­
trapposta alla consapevolezza, 9, 17-
9, 21, 34, 50, 84, 104-105, 123, 134,
138, 143-44, 172, 175, 188-89, 217,
223, 246-47, 265-66, 280-81, 283,
297-98; in quanto contrapposta alla
volontà, 204-208; comprensione del­
la, 50, 94, 1 15, 142-43, 158, 188-89,
281 ; nel Raggio di Creazione, 170,
199 204-208, 236; e la luna, 88,
211 : 263; e le ottave, 223; e le in­
fluenze A e B, 44, 97-8, 290; e la
ricorrenza, 9, 15, 18-9, 21, 254; e le
funzioni e i centri, 31, 40, 77, 143,
173, 188-89, 192, 248, 302; e le
emozioni negative, 30-1, 34, 139; e
la falsa personalità, 246-47; e i re­
spingenti, 174, 189; il cerchio mec­
canico, 38·' influenze, forze mecca­
niche, 98, 217, 280-81, 289; leggi
meccaniche, 164, 199, 204; energia
meccanica, 2 1 1-12, vedi anche ener­
gia, quattro tipi di;
nico, 172-73; primo
ridere mecca­
shock mecca-
314
Indice analitico
nico nella Fabbrica del Cibo, 166,
evoluzione meccanica, è im­
possibile, 211, 241-42; i compiti
meccanici non dànno alcun risulta­
to, 293; fermare i pensieri è più
meccanico di ricordare se stessi, 266
Megalocosmo, 224
memoria (ricordo) , 9, 20-1, 188, 303;
e la ricorrenza, 5-6, 9, 18, 20-2, 294
mente, la nostra mente ordinaria, 6,
7, 14, 36, 42, 55, 136, 176; supe­
riore, 11, 55, 92, 107, 135-36, 22829; lo sforzo inizia dalla, 27, 30, 34,
54-5, 101, 143, 176; la mente e
l'intelletto non sono sufficienti, 102,
237-38;
108-109, 126, 147-48, 194
66, 68, 69, 94,
121, 124, 144, 155, 173-75, 180-82,
184-85 , 192, 207, 246, 249, 280-81
Mesocosmo, 224
Metalnikoff, professar, 244
mentire {menzogna),
metodi, speciali, per ricordare se stes­
si e per suscitare l'emozione, 186,
299-302
Microcosmo, Il, 199
Microcosmi, 225, 227, 230
microrganismi, 243-44
miracoli, 192-97, 230, 296, 298
miracoloso, ricerca del, 130, 135, 305
"Misericordia e non sacrificio", 209
"Misticismo sperimentale ", 42, 43
molecole, 230
momenti, possibilità di diversi, 16-7,
109, 123-24, 153, 156-58, 204; eter­
nità del, 6
monaco, via del, 76, 78, 80, 1 18, 121 ;
vedi anche vie, religione
monasteri, in Russia, 129, 300
mondo (mondi) , 92, 169, 198, 206, 228,
294; Mondo l, vedi Assoluto; Mon­
do 3 (Tutti i mondi) , 170, 199-202,
213-15, 220, 225; Mondo 6; vedi
Sole, tutti i soli; Mondo 12, vedi
Sole; Mondo 24, vedi pianeti; il
posto dell'uomo nel, vedi uomo; il
mondo non è fatto 'a fin di be­
ne' 98
Monks of Athos, 273
moralità (condotta morale) , 96, 174
morire, necessità di, per poter nascere, 149
morte, 18, 59, 149, 208, 283-85, 286
'morti', 20; comunicazione con i, 128
Mosca, 9, 175, 244, 303-305; gruppo
di, 59, 124, 129, 305-306
motivazione, in relazione alle attivi­
tà, 177
motorio, centro, vedi centri
movimenti, controllati dalla luna, 85,
87-8, 211, 216, 263; incontrollati, 39,
275
musica, 77, 177, 180, 210,
musicale, scala, 210, 234
musulmani, 296, 300
221
Nascere, bisogna morire per poter,
149; cessare di, 20
nascita, determinata dalla legge del fa­
to, 18-9, 283-84, 289; triade della,
208
natura (naturale) , 162, 222; il Lavoro
è una lotta contro la, 209
nebulare, teoria, 210
negative, emozioni, vedi emozioni; at­
teggiamenti, vedi atteggiamento; im­
maginazione, 25-6, 91, 133, 268, 275
nervose ( terminazioni nervose), 20 l
neutralizzante, o terza forza, vedi forze
New Model of the Universe, A, 8, 1 1 ,
42, 43, 128, 242, 296, 306
Nietzsche, 304
'No', non esiste nei circoli superiori, 42
noia, 69
normale (normalità), 192; noi siamo
al di sotto della normalità, 101, 141,
144-45
note, regola di non prendere, 286
·
numero, relazione del, con le tre forze,
239
Nuovo Testamento,
140-41, 149, 209,
257, 259
Obbedienza (obbedire) , 76, 80
obiezioni, le persone vivono di, 49
occasioni, vedi opportunità
oggettiva, consapevolezza, vedi consa­
pevolezza; arte, 177-79, 248; via,
77-8; conoscenza, 92; moralità, 96;
lavoro delle scuole, è oggettivo,
1 18-19
Olcott, Col. H. S., 304
opportunità, 14, 19, 22,
292-94
109, 259,
opposiZione, l'ostinazione si basa sulla,
126, 139, 154
Indice analitico
opposti, pensare per, 202-203,
ordine, importanza del giusto,
85, 107, 112
207
14, 29,
vita, sulla terra, 162, 16465, 201-203, 210, 213, 215-16, 218,
224, 238, 242; e i cosmi, 96, 224-28
organizzazione, 40, 1 15, 120-21, 13132, 158, 257-58, 267, 269, 293
organica,
osservazione
(osservare) ,
importanza
di osservare se stessi, 27-8, 29, 30,
36, 53-5, 56, 65, 67, 69, 92, 125,
147, 153, 167-70, 191, 217, 280-82;
delle funzioni, dei centri, 23, 53,
74, 142-43, 147; della meccanicità,
187-89; dei diversi modi di pensare,
266; sono necessarie migliaia di os­
servazioni prima di poter trarre del­
le conclusioni, 281
ossigeno, 198-202, 212, 234-35, 241
ostacoli, 101-102, 257, 260, 277
ostinazione, 86-8, 109, 1 16, 126-27,
139, 154-57, 204, 247, 258
104, 138, 152-53,
201-202, 209, 218-24, 234-36, 23840, 248; di radiazione, 171, 203204, 238; cosmica, 201-203, 209-10,
236-40; diagrammi, 203, 236, 23840; laterale, 203; del cibo, dell'aria
e delle impressioni, 166-67, 186,
235-40· ascendente e discendente,
202, 2Ò9-10, 211, 218-19, 221-24; in­
teriore, 239, 302; vedi anche Sette,
ottave, legge delle,
Legge del
Padre di famiglia, 79-84
Padre Nostro, Il, 296-302
pagamento (pagare) , 9, 1 1 1 , 132, 134,
153 , 193, 195, 257-62; dei debiti,
298; degli errori, 163; in denaro,
137, 140, 258
60, 68, 91, 121, 123,
127, 144, 155-57, 184, 268, 272
parole, sono inadeguate, pericolose, 60,
106, 187, 203, 212, 229, 285; dif­
ferenze nelle, 44, 212
parti dei centri, vedi centri
passato, cambiare il, 297-98
passiva, forza, vedi forze, Legge del
parlare, inutile,
Tre, ossigeno
passo , sulla scala, 137,
cessario pensare al
134
153, 224; è
prossimo,
ne­
91,
315
patologia (patologico) , 70
paura, 31, 32, 70, 78
pecora , consapevole, storia della, 257
pensare (pensiero) corretto, differente, 27-8, 31, 34-7, 40, 48-50, 77,
91, 98, 103-104, 1 1 1-12, 126, 133,
152, 187, 207, 223, 230-31 , 265-66,
274-76, 287, 291, 293; sbagliato, or­
dinario, logico, 7, 14-5, 24, 27, 334, 37, 49, 90, 98, 103-104, 1 1 1-12,
160, 207, 209, 227, 242, 250, 266;
vedi anche formatorio; pratico, 823; potere del, 34, 291 ; controllo del,
37, 49-50, 110, 143, 223, 268, 27172, 274-75; differenti categorie del,
207; energia per, 183-84; può esse­
re reso permanente, 31, 35; i nostri
pensieri sono troppo brevi, 36-7 ;
in relazione alla telepatia, 192-93;
'smettere di pensare', 221 , 265-71,
274-76, 282, 284-88; assoluti, pensare
per, 36, 81
percezione, 37, 220; velocità di, 226-28
perdono (perdonare) , 296-98
permanente, nulla in noi è permanente, 279-80; 'io', vedi 'io', perma­
nente; centro di gravità, vedi gra­
vità, centro di
perseveranza, necessità della, 102, 261
personalità, e l'essenza, 6, 10, 15, 18-
21, 76, 216, 220-21, 254-55, 256,
283-84, 290; falsa, vedi falsa perso­
nalità; diverse personalità, 71, 1 15,
245, 253-56; vedi anche 'io', mol­
teplicità degli
persone, necessità delle altre,
96, 1 1921, 123, 124, 130, 134, 136-37, 13941, 150, 265, 271 ; nuove, 113, 121,
136-37, 140, 283; 'queste persone'
(questa gente), 125
peso, delle parole, 44; atomico, 237
pianeti '(mondo planetario, Mondo 24),
170, 200-204, 210, 212-13, 215-16,
218, 220, 224, 227, 229, 238-39;
influenze planetarie, vedi influenze,
planetarie
piani, diagramma 'dei piani', 232-34;
i tre piani, 166, 190, 232, 235-40; il
diagramma dei, dell'uomo, 190
piante, 215, 218, 228, 243-44, 304
Pietroburgo, San, 129, 192, 240, 274;
316
Indice analitico
gruppo di, 87, 124-25, 195, 225, 279,
305-306
pigrizia, 125, 141, 275
Platone, l'allegoria della caverna, 98
poesia, 177-82, 304
politica (uomini politici) , 44, 280, 283
positive, emozioni, vedi emozioni, positive; atteggiamenti, vedi atteggia­
menti, positivi
posizione, necessità di rendersi conto
della nostra, 39, 70-1, 163
posizioni, vedi atteggiamenti corporei
possibile , si deve incominciare da ciò
che è, 35, 133; si deve fare l'impos­
sibile, 100-101
possibilità, di sviluppo, 10, 11, 15, 17,
20, 31, 34, 40, 79-80, 82, 84, 92,
96, 101, 138, 142, 149, 153, 158,
172, 189, 216, 245; limitazione del­
le, 10, 11, 13, 214; dei diversi mo­
menti, 16-7, 109, 124, 153, 156-58,
204; possibilità latenti nell'uomo,
135, 138, 141-42
posto, mettere qualcun altro al proprio
posto, 137; il posto (la situazione)
dell'uomo nell'universo, 92, 163, 204,
214, 215-16
potere, l'essere è potere, 92
'Poveri di spirito', 106
pratico, filosofico, teorico, 263-64; bi­
sogna essere pratici, 14, 82-3, 126,
130, 259, 290; pensiero pratico, 823; lavoro pratico, 37, 126, 130, 147
predestinazione, 16, 207-208
preferenze e avversioni, 207, 254-56
preghiera, mentale, 299-302; il Padre
Nostro, 296-302
preparazione, per il lavoro, per il si­
stema, 99, 101, 103, 130, 137, 150,
283; al ricordo di sé e agli stati emo­
tivi, 56-7, 288; per un 'io' perma­
nente, 56, 74; all'evoluzione, 224;
contro . le emozioni negative, 25-6,
29, 35, 68; in relazione alla ricorren­
za, 22, 294
presente, psicologico, 229, 232
pressione, necessità di una certa, per
le emozioni, 103
prigione, analogia della, 163-64
primitivi, 211
principi, del lavoro, del sistema, del
lavoro di scuola, 17, 21, 39, 44, 48,
69, 83, 93, 96, 100, 111, 1 19, 121,
123-24, 128-29, 131-33, 136-37, 149,
155-58, 248, 258, 290, 305; della
ricorrenza, 13, 17; di Aristotele, 230;
della relatività, vedi relatività; di
scala, vedi scala
problemi, insolubili, 285
professionale, lavoro, in quanto una
delle sei attività, 177-79
programma, di lavoro, dato nel 1939,
264-66, 284-88
Protocosmo, 224, 228, 231
psichica, energia, 183-84, 211
psichiche, ricerche, Società per le,
95
psicoanalisi, 106
psicologia, 139, 242, 304-306
'punti', fondamentali, dell'universo,
punto di vista, 29, 34, 36, 49-50,
73; vedi anche atteggiamento
Quanti,
193-
203
51,
230
Racconti di un pellegrino russo, 301
racconto, scrittura di un, 107
radiazione, tre ottave di, vedi ottave
Raggio di Creazione, 38, 164, 169-70,
199-202 , 204-208, 210, 212, 218-20,
224-26, 238, 263; diagrammi, 202203, 205
realizzazione, delle idee, 106-107
reazioni, degli altri, 26, 30, 134
Regno dei Cieli, 296
regole, 51, 69, 81-2, 1 15, 120-21, 12324, 131-32, 137, 139, 140, 156-58,
217-19, 222, 286
relatività, principio della, 92, 198, 206,
235
religione, 39, 175, 242, 304-305
religiosa, via, 76, 95; vedi anche mo­
naco
rendersi conto (capire), del nostro sta­
to, della nostra posizione, della mec­
canicità, 70-2, 94, 95, 1 16, 142, 143,
149, 158, 163, 281 ; che non possia­
mo 'fare' , 158; della necessità dello
sforzo, 153 ; necessità di conservare
certe comprensioni, 104; di tutte le
possibilità, 226
respingenti, 174-75, 181-82, 189, 251
respiro, in quanto misura cosmica del
tempo, 225, 231-32
Indice analitico
respiratori, esercizi, vedi esercizi, respiratori
responsabilità, 105, 123, 127, 162, 292
Rhine, J. B., 193
richieste, del lavoro, del sistema, 107,
128, 155; imposte a se stessi, 123
ricordo di sé, 37, 53-64, 71-2, 86, 104-
105, 134, 138, 153, 259, 263, 271 ,
275, 292; " noi non ci ricordiamo di
noi stessi", 21, 23, 53-5, 62, 101, 125,
142, 148, 175, 181, 194; gradi di,
54, 62, 178; in quanto contrapposto
all'identificazione, 31, 65-6, 165; ciò
che perdiamo non ricordandoci di
noi, 54, 56, 125; è utile pensare che
cosa potrebbe essere, 181, 220-21 ;
un'idea di una mente superiore, 556; significa la capacità di essere con­
sapevoli, 54-5, 59; inizia a livello
mentale, 55, 101, 143 ; in rapporto
alle emozioni e ai centri superiori,
54, 56-9, 61-2, 102, 185-87, 194; in
relazione a certe idee, 23, 53; l'ener­
gia necessaria per, 67, 184, 195-96,
291, 293; preparazione per il, 56-7,
288; le difficoltà, le frizioni, sono
aiuti per il, 19, 124, 131-32, 140; le
regole sono un aiuto per il, 131-32;
in relazione alle funzioni e ai centri,
31, 143-45, 223, 282, 293; e il pri­
mo shock consapevole, 166-68, 17273; e il lavoro fisico, 179-80; e le
attività, 176-77; e lo scopo, 109; e
le emozioni negative, 23, 26, 28-30,
53-4, 64, 138, 184, 194; e la falsa
personalità, 245; e l'osservazione di
sé, 54-5, 154; e il pensare corretta­
mente, 265, 282, 287; e l'arresto dei
pensieri, 221, 268-69, 285, 286-88;
e il ridere, 62-3, 172; in relazione
alla memoria e alla ricorrenza, 5, 202, 294; e l'esercizio di ripetizione,
299-300; nella storia del furbacchio­
ne e il diavolo, 59-60
ricorrenza, eterna, 5-22, 290, 292-94,
297, 304; degli elettroni, 230-31
ridere (riso), 62-3, 172, 185-86
rilassare, 186
rinuncia, 259-60, 261-62, 278, 281 ; ve­
di anche sacrificio
ripetizione, vite ripetute, 6, 16, 18-21,
317
230-3 1, vedi anche ricorrenza; eser­
cizio della, 299-302
riproduzione, 218, 222
risultati, sono importanti gli sforzi e
non i risultati, 270-71 ; non dobbia­
mo aspettarci risultati immediati, 57;
non sono garantiti, 133 ; dipendono
dalla comprensione, 100, 123, 129,
153, 270, 282, 299
16, 20-1, 378, 62, 63, 71-2, 74-5, 79, 92, 104-105,
1 1 1 , 142-43, 148, 149, 159, 169-71,
180-81, 218, 281-82, 289, 293, 297
rivoluzione (-i), 21, 39, 43, 98, 216,
293 ; bolscevica, 125, 258-59, 274,
305-306
ruoli, 250
Russia, 273, 276, 300, 303-305
risveglio (essere svegli) ,
Sacrificio, necessità del, 9, 195, 209,
2 1 1 ; non richiesto, 120
samadhi, 136
sanscrito, 203
'santo, stupido', 94
scala, principio della, idea della, 92,
96, 204, 214-15, 224-30, 263-65, 29091; musicale, 209, 235
'Scala', 137, 153
scienza (scientifico), e il sistema, 13536, 210, 213, 230, 233, 241-44; ini­
zia con l'idea dei cosmi, 23 1 ; in­
fluenza della scienza moderna, 39,
45
scopo, personale, 38-9, 54, 70, 85-7,
92, 100-104, 105, 107-15, 131, 136,
141, 143, 147-49, 174, 195, 223,
300; del lavoro, 109-10, 1 15, 123,
129, 137; lo scopo oggettivo delle
scuole, 119
scuola {e) , lavoro di, 21, 79, 88-9,
96-7, 1 19, 123, 128, 130-32, 17778, 221-23, 255-56, 290; organizza­
zione, 120, 131-32, 139, 155, 217-18;
principi, 21, 82, 93, 97, 119, 122,
125, 129, 131, 137, 139, 217-18,
290, 305; metodi, 93, 123-24, 131,
139, 177, 257, 299-301 ; regole, 12021, 123-24, 131-32, 137, 2 17-19; di­
sciplina, 83, 130, 132, 288; defini­
zione di, 131; diversi gradi di, 118;
della Quarta Via, 76, 1 18, 299; di
altre vie, 76, 1 18, 128-29, 130, 132-
318
Indice analitico
35, 299; filosofica, teorica e pratica,
131, 263; lavoro oggettivo delle,
1 18-19; sono il risultato di menti
superiori, 55-6, 89, 107, 136; sba­
gliate, degenerate, 84, 94, 96, 146;
misura giusta di una, 130, 293; esi­
ge certe condizioni, 132-33; perso­
ne adatte per le, 79-81, 137; e le
influenze B e C, 13, 75; e la ricor­
renza, 8, 10, 12-3, 21, 290, 292-93 ;
agli shock consapevoli, 16667, 173-74, 176, 196; immane, 196
shock, 218, 221-22, 235-39, 269; in re­
lazione alla Fabbrica del Cibo, 16668, 173-75, 235-39
simboli, 85, 186, 234-36, 239-41, 271
simmetria, 234-35
sincerità (sincero) , 61, 1 12, 124, 155,
159, 180, 189, 249, 285
Sinnett, A. P., 304
la ricerca di scuole di Ouspensky,
128-31, 134-36, 305; bisogno di,
130, 137; lo sviluppo è impossibile
senza le, 40, 78, 81, 93, 128, 130,
133, 165, 217-20; e la creazione
della volontà, 127, 155; e il centro
magnetico, 96, 252; e il controllo
dei centri, 40; e le facoltà paranor­
mali, 193-94, 195; il ricordo di sé
in relazione all'idea di, 23, 53 ; il
Nuovo Testamento a uso delle scuo­
le, 140-41
selvaggi, 211
sentiero, 137
separazione, 256
sessuale, centro, vedi centri
Sette, Legge del, 85, 92, 138, 209,
Sistema, importanza dello studio del,
217-18,
ottave
sforzo, 6,
234-35, 291 ;
vedi anche
59, 67, 72, 83, 93 , 101 ,
104, 1 15-16, 148, 150-51, 153, 194,
267-68, 270-71 , 285; di ricordarsi di
sé; 23, 53, 57, 61, 143, 153, 220;
di controllare le emozioni negative,
27, 154; di smettere di pensare,
266-67, 271, 275, 282; giusto e sba­
gliato, 78, 150-51, 153 ; il cambia­
mento è possibile solo tramite lo,
18, 74-5, 101, 105, 135, 158, 292;
possiamo svilupparci soltanto trami­
te i nostri, 74-5, 153, 154, 257; ri­
sultati degli, dipendono dalla com­
prensione, 89, 100, 129, 135, 220,
299; necessità di sforzi regolari, lO l ,
103-105, 151 ; il valore non sta nei
risultati ma negli, 270, 271 ; è im­
possibile sforzarsi realmente da so­
li, 154; deve essere organizzato, 192;
e l'emozione, 102-103; e il paga­
mento, 111, 258-59; in relazione al­
le attività , 177, 208, 2 1 1 ; in rap-
porto
67, 69, 92, 104-105, 1 18, 136, 155,
158; è il prodotto di una mente su­
periore, 56, 126, 135; non può es­
sere compreso con le parti inferiori
dei centri, 77; un sistema di pen­
siero differente, 50; è essenzialmen­
te pratico, 49, 95, 107, 110, 1 12,
121-22, 126, 141; preparazione per
il, 99, 283; in quanto preparazione
per la vita, 1 15; dà troppe idee, 72;
deformazione del, 55, 72, 95, 147,
247-48; richieste del, 107, 127, 155;
terminologia del, 112, 283; i due
punti fondamentali del, 23 ; non può
spiegare tutto, 106; origine del, 59;
in relazione al tempo e alla ricor­
renza, 5, 6, 10, 16, 21-2; e un
nuovo linguaggio, 92, 263; e le tre
linee di lavoro, 96-7, 136, 150; e
l'idea dei differenti livelli dell'es­
sere, 95, 142, 146; e l'idea di iden­
tificazione, 65; e le emozioni ne­
gative, 23, 32-3, 86; e il controllo
della volontà, 122, 127, 155-57 ; e
l'idea dei cosmi, 231 ; e l'idea dei
quattro stati della materia, 198; e
la scienza, le idee scientifiche, 13536, 213, 233; e Gurdjieff, 305-306;
e i bambini, 95; differenza dagli al­
tri sistemi, 32, 95, 110, 1 18, 192;
altri sistemi, 95-6, 1 10, 118, 121,
138, 192, 231
200, 204, 210, 214-15,
218, 224-29; vedi anche Sole
situazione, vedi posizione, posto
snataka, vedi padre di famiglia
socialismo, 107
sofferenza (soffrire), 19, 24-5, 148, 189
sistema solare,
soggettivo, la nostra percezione è soggettiva, 168, 201, 229, 285; visioni,
186; vie, 77
Indice analitico
sogni, 9, 193,
Sole (Mondo
304; a occhi aperti, 71
2), 170, 198, 200-204,
210, 213-17, 219, 225-29, 232, 236,
238; Tutti i soli (Mondo 6), 170,
199-204, 213-15, 218, 225, 231, 238,
298; vedi anche sistema solare
sonno (addormentato), 15-6, 25, 63,
70-2, 78-9, 91-2, 94, 104, 142, 14849, 159, 169-70, 171, 173-76, 219,
221, 245, 266, 281 , 297; 'a un li­
vello superiore', 131; e veglia, co­
me misura cosmica del tempo, 225
sospetto, 28
spazio, 213-14
Spencer, Herbert, 242, 243
spiritisti, 5
sprazzi (brevi attimi) , tutto ciò che è
nuovo appare a, 36, 77
Statica, Triade, 252-56; diagramma, 252
stelle, influenze dalle, 200, 229
'stop', esercizio dello, 40
storiche, figure, 15, 20, 80; eventi sto­
rici, 19-20, 291
studio, di sé, 23, 34, 37, 50, 53, 56-7,
67, 92, 103, 105, 1 14, 1 19, 134,
136, 141-43, 147, 180, 211, 261,
279; importanza dello, 48, 69, 80,
96, 11 1, 141-43; dell'uomo e del­
l'universo, 37-8, 92, 198, 211, 21314; della menzogna, 281 ; di un nuo­
vo linguaggio, 92, 264; deve essere
pratico, 14, 129-30
sufi, 129
superiori, centri, vedi centri
superstizione, 141
sveglie, 60-1
svegli, essere, vedi risveglio
sviluppo, (sviluppare) , 10, 15, 19, 313, 44, 74, 77, 80, 83, 90-2, 94,
96, 1 15-16, 134-35, 138, 141, 148,
167, 192-93, 216, 219, 222, 224,
241 , 251
Tarocchi, 128, 305
telepatia, 193-94
temperatura, come legge umana,
207
164,
tempo, dei cosmi, vedi cosmi; e spa­
zio, 214; velocità e durata del, 8;
parallelo, 6; è vita, 5, 10, 213-14,
226-27; è contato, 10, 14, 17-8,
20-1, 125, 127, 290, 293
319
tendenze e la ricorrenza, 6-8, 17-8;
meccaniche, 105
tensione, 186
tentazione, 297
teoria, filosofia, pratica e, 263-64
teosofia (teosofi) , 89 , 194, 304, 305
terminologia, del sistema, 1 12, 283
Terra, 164, 171, 192, 195, 200-203,
204-206, 210-16, 218, 224-26, 227'
229, 236, 238-39, 290
Tertium Organum, 286, 305
tessuti, 183, 189-200
Tetragramma, 296
tipo, 7, 130, 154, 217, 223, 284,
290-91
tolstoiane, colonie, 132
Touapse, 305
trance, stati di, 131, 136, 146
trasformazione, delle emozioni negative, 3 1-2, 167, 223
Tre, Legge del, vedi forze, Legge del
Tre, triadi
trentamila, come coefficiente cosmico,
225-26
106, 138, 145, 154, 177-82, 185,
199-204, 208-12 248, 272, 296; nel
Raggio di Creazione, 198-204; in re­
lazione alle attività dell'uomo, 145,
179-82, 208-12, 272; Triade Statica,
252-56; diagramma, 252; vedi anche
triadi,
forze, Legge del Tre
Tritocosmo, 225
Turgenieff, 304
Tutti i mondi (Mondo 3),
Tutti i soli (Mondo 6),
vedi
vedi
Mondo
Sole
Umanità, 39, 43, 96; cerchi della,
vedi cerchi
unità, 78, 92, 1 12, 116, 219-20
universo, studio dello, 38-9, 92, 198204, 214-15, 236-40; un cosmo non
rappresenta lo, 44; in quanto con­
sistente in vibrazioni, 209; quattro
punti fondamentali dello, 203; noi
viviamo in un brutto posto dello,
163, 215
uno, uomo n., 207, 217, vedi anche
uomo n. l , 2 e 3 ; noi non siamo,
28, 85-6; 90-1, 1 10, 1 16, 134; vedi
anche unità
uomo, differenti categorie di, 92, 956, 118, 162, 180, 207, 219, 255 ;
320
Indice analitico
2 e n. 3, 92, 96, 106-107,
148, 154, 162, 180, 207, 216-17,
219, 255, 290; n. 4, 9, 92, 95, 1 18,
154, 162, 207, 219, 220, 255 ; n. 5,
9, 89, 1 16, 1 18, 168, 180, 193, 196,
219-21, 223; n. 6, 1 18, 219; n. 7 ,
1 18, 122, 126, 219; consapevole, 46;
in quanto macchina, vedi macchina:
studio dell'uomo e dell'universo, 38,
92, 198-200, 211, 214-15, 235-40; il
suo posto nel mondo, 92, 204, 21516; il suo ruolo nella vita organi­
ca, 201, 215-16; è sottoposto a mol­
te leggi, 162-66, 206-207, 219-20,
225, 290, vedi anche leggi; come
cosmo, 198-99, 224-30; non piena­
mente sviluppato, 141-42, 162, 198;
non è un animale, 233-34; ha il di­
ritto di essere consapevole, 141; e
l'evoluzione, 241; divisione degli uo­
n. l , n.
mini dal punto di vista dell'essere,
differenti stati di sviluppo
dello, 251-56; furbo (furbacchione),
59-60; 'grandi uomini', 15
79-84;
Upanishad, Le, 121
Vagabondo (e lunatico),
valori, falsi, 80-2, 83-4,
valutazione, 14, 50, 70,
132, 143, 148-49, 270
79-84
106
105-106, 125,
Vangeli, I, 257; vedi anche Nuovo
Testamento
vedere, se stessi, 104, 112-15, 186, 27980; possibilità di vedere in modo
differente, 37, 57, 98, 172, 180, 18586, 219-20; il modo in cui la terra
vede se stessa, 229, 231-32
velocità, dei centri, vedi centri; del
tempo, 8, 226; della percezione, 226-
28
93,
127, 129, 136, 137, 141
verità, 55-6, 62, 78-9, 173-76, 185, 207
verme, (lombrico) , 233
Vernadsky, W., 213
verifica, (verificare) , importanza di,
Via lattea, vedi Sole, Tutti i . soli
'vibrazioni', 170, 209, 215, 220, 235
vie, quattro vie, 76-80, 1 18, 121-22,
165; la Quarta Via, 76-7, 1 18, 165,
299; la via oggettiva, 77-8; sbagliata,
78; ci deve essere mostrata la, 119;
l a 'scala' e la, 153
violenza (violento), 170, 208, 284
visioni, 286-87
vita, importanza di studiare la, 39, 50,
280, 292; relazione del lavoro di
scuola e dell'esoterismo e la, 43, 97;
tutta la vita è basata sulle emozio­
ni negative, 24; il Sistema è una
preparazione per la, 1 15; è gover­
nata da 'morti', 20; la scala e la
via, 137, 153; configurazione della
vita delle persone, 294-95; questa,
la precedente, la prossima, 7-9, 20-1,
294-97; la vita dell'uomo equivale al
suo tempo, 5, 10, 214, 231; in
quanto periodo di tempo cosmico,
225-31; energia vitale, 183, 195,
211; in comune, 132, 140; raccon­
tare la propria vita, come condi­
zione del lavoro di gruppo, 124
voce, differenze nella, 185
volere, bisogna sapere che cosa si vuo­
I� 101, 1 1�12, 135, 147, 220
volontà, 39, 74, 89, 109-10, 122, 126-
27' 139, 154-58, 199-200, 204, 206,
207-208, 221, 247, 257, 284; legge del­
Ia, 75, 85, 284; noi non abbiamo nes­
suna, 109, 122, 126, 139, 153-54,
156-57; rinunciare alla propria, l 09,
126-28, 154-58; il libero arbitrio,
74, 207-208; dell'Assoluto, 170, 199,
203-206, 210, 236, 296; è la risul­
tante dei desideri, 109, 122, 126,
153-54
'vuoti', 80 , 82
Yogi, 76, 1 18, 128; 'yogi debole', 94;
vedi anche vie, le quattro
Zero, in rapporto all'infinito, 85, 226
Indice
I seguenti passi non sono stati né curati né riveduti da P. D. Ouspensky. Poi­
ché sono stati pubblicati, nella maggior parte dei casi, nella forma esatta in cui
sono arrivati all'editore, ci sono alcune ripetizioni. Solo l'editore è responsabile
della sistemazione e dell'ordine del materiale in capitoli e dei titoli dei capitoli.
l . La ricorrenza
21
4
7
15
2
marzo
aprile
marzo
marzo
aprile
»
5
5
8
lO
11
16
»
23
»
23
»
30
pag.
1938
1938
1940
1940
1940
»
»
»
»
2. Le emozioni negative
Le emozioni negative
I
(Estratti dagli incontri tenuti nel
1937, 1938,
Le emozioni negative
II
(Estratti dagli incontri tenuti nel
1935, 1936,
Le emozioni negative
III
(Estratti dagli incontri tenuti nel
1935, 1936,
1939, 140)
1937, 1938, 1939, 1940) .
1938, 1939, 1940)
»
33
37
»
49
»
53
»
53
59
60
60
61
62
62
62
63
»
Gli atteggiamenti negativi
(l
novembre
1928)
.
Atteggiamenti giusti e sbagliati (Estratti dagli incontri tenuti nel
1935, 1938, 1939, 1940)
3 . Il ricordo di sé
Il ricordo di sé (agosto
1939)
Il furbacchione e il diavolo . (2 marzo
La consapevolezza
Le sveglie
(16
(16
gennaio
gennaio
1939)
1940)
1940)
(16 gennaio 1940)
(26 gennaio 1940)
Il ricordo di sé (1944) .
Ridere (7 marzo 1945) .
La consapevolezza e le funzioni (16 e 17 gennaio 1940)
La coscienza e le contraddizioni
La coscienza
»
»
»
»
»
»
»
»
322
Indice
4. L'identificazione
»
Lo stato di identificazione (agosto
1939)
))
L'identificazione e l'energia (Estratti dagli incontri tenuti nel
e nel 1940) .
(17
L'identificazione con le delusioni
Atteggiamenti
(3
febbraio
gennaio
1939
1940)
»
1938)
»
5. L'essere, la conoscenza e le influenze
L'attenzione, il risveglio e le influenze
(30
maggio
1935)
L'influenza C e il centro magnetico; le quattro vie e la via oggettiva;
l'essere e la conoscenza ( 12 settembre 1935)
Snataka,
15
vagabondo,
1945 .
gravità (7
lunatico,
Khas-Namous
novembre
Il centro di
»
luglio
1942)
74
»
74
»
76
»
»
79
84
85
89
92
97
98
99
»
100
»
100
»
103
106
108
108
109
113
115
115
116
»
»
La conoscenza e l'essere .
»
Frammenti da un incontro
»
Le influenze
»
Le influenze B
(17
gennaio
1940)
6. Lo scopo
Fare l'impossibile, il cambiamento dell'essere, l'emozione e lo sforzo
(Estratti dagli incontri tenuti nel 1937, 1938, 1939) .
Il desiderio di lavorare e i molti 'io' (Estratti dagli incontri tenuti nel
1939 e nel 1940)
(3
1935)
1935)
Le idee e la loro realizzazione
Gli incroci
Gli incroci
(19
(26
settembre
settembre
1935)
settembre
»
l>
»
Lo scopo
»
(10 gennaio 1938)
Gli scopi (25 aprile 1938) .
Lo sviluppo (7 gennaio 1940)
L'unità (5 e 12 settembre 1945)
»
Lo scopo
»
»
»
7. Il lavoro
Il lavoro
(25
settembre
1935)
(28
febbraio
1935)
Le regole
»
141
l>
.
(9
ottobre
1935)
»
»
·
Breve storia del lavoro; le linee di lavoro
.
Che cosa è lo studio? (Estratti dagli incontri tenuti nel
.
»
.
Imparare a lavorare: una breve storia del lavoro
1938, 1939)
»
118
118
122
125
131
134
»
Le scuole e le tre linee di lavoro
67
72
73
»
»
L'essere e la conoscenza
65
65
1935, 1936,
Indice
Il lavoro su
se
stessi
(3
febbraio
1938) .
Gli stati di consapevolezza e la condizione fisica -di attenzione vigile
(10 febbraio 1938) .
Il lavoro (13 gennaio 1939) .
·
e aumentare il desiderio di lavorare .
(16
e
17
1940)
gennaio
»
1935)
febbraio
»
.
»
rinunciare alla propria volontà
1935)
(10, 16, 17
ottobre
154
157
158
161
»
»
(11
1940)
Noi non possiamo fare
(17
gennaio
gennaio
1939)
»
»
9. Le leggi alle quali è sottoposta la vita dell'uomo
La giustizia, la natura, la fuga (27 giugno 1935)
»
Le leggi
»
Commentario al Diagramma del Cibo
La comprensione della verità
(21
marzo
(4 luglio 1939)
1945 e 11 e 18
»
aprile
1945)
10. I centri nell'uomo
»
(15
giugno
1939)
»
1937) .
(10 gennaio 1938) .
I centri superiori e il vedere (3 febbraio 1938)
La meccanicità (l agosto 1939) .
ottobre
»
Il Diagramma del Cibo
»
»
»
Sulla meccanicità (Traduzione da una nota in russo)
L'uso dell'energia sbagliata da parte dei centri
(8
agosto
»
1939)
(16 e 17 gennaio 1940)
(4, 11, 15 ottobre 1944 e 14 marzo 1945)
»
Il centro formatorio
»
Il miracolo
»
1 1 . Cosmologia
»
La Legge del Tre
»
1935)
(10 gennaio 1938)
Il collegamento tra i pianeti e la terra (9 febbraio 1938)
Il Raggio di Creazione (10 febbraio 1938) .
Commentari riguardanti il Raggio di Creazione (28 giugno 1938)
Il Raggio di Creazione
183
183
185
185
186
187
188
189
191
192
»
L'energia proviene da tre tipi di cibo
(14
162
162
163
164
166
173
»
»
La prigione .
La voce
152
152
153
»
(27
La volontà .
Fare
146
146
148
149
150
150
»
Fare: la legge dell'accidente
L'ostinazione:
»
»
.
8. La volontà .
Lo sforzo
145
»
La direzione del lavoro
Lo sforzo
»
»
Q;m
Le tre linee di lavoro
323
(17
gennaio
La crescita nel Raggio di Creazione
»
»
»
»
»
-
198
198
204
212
212
213
214
324
Indice
(12
La Legge del Sette
giugno
1945)
marzo
1938)
I cosmi
(21
La tavola del tempo
Non sappiamo in che modo la terra vede se stessa
Il diagramma dei piani
(24
marzo
(25
aprile
1938)
1938)
Enneagramma
Estratto
(4
maggio
1938)
L'evoluzione
12. La falsa personalità
»
La falsa personalità (Estratti dagli incontri tenuti nel
1938
e nel
.
( 1 1 gennaio 1938)
triade statica (ottobre 1938)
separazione (16 gennaio 1940)
I ruoli
(5
febbraio
)) 217
)) 224
»
231
»
232
)) 232
»
234
»
240
»
241
1936)
1939)
»
»
La caratteristica principale
»
La
»
La
»
1 3 . Il pagamento .
»
(27
La pecora consapevole
febbraio
1936)
»
Imparare a pagare
La comprensione
La rinuncia
(7
»
(25
ottobre
febbraio
1938)
»
1940)
»
1 4 . Il pensare .
»
Esempi dei tre linguaggi
I tre linguaggi
(14
(27
giugno
giugno
1935)
»
1939)
Quel che è importante e quel che non lo è
»
(27
(16 e 17 gennaio 1940) .
1941, Lyne .
nel modo giusto (22 novembre 1944)
febbraio
1939)
»
Il pensare
»
25
»
gennaio
Pensare
15. L'osservazione
»
Le difficoltà personali (marzo
1939)
Vedere se stessi
Mentire
16
(16
gennaio
»
»
1940) .
1940, Colet Gardens
Gardens, 5 aprile 1940
febbraio
Colet
»
»
»
»
245
245
250
250
251
256
257
257
257
260
261
263
263
264
264
265
266
275
277
277
279
280
281
287
16. Il Padre Nostro .
Il Padre Nostro (5 marzo 1937)
La ripetizione (23 gennaio 1934)
»
296
296
299
1 7 . Frammento autobiografico
»
303
Indice analitico
»
307
»
»
Finito di stampare nel maggio 1989 presso la tipografia «Arti Grafiche Moderne "
per conto della Casa Editrice Astrolabio - Ubaldini Editore, Roma
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