Le radici gesuitiche nella scrittura di Paulo Coelho Relatore

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Università degli studi di “Roma Tre”
Facoltà di Lettere e Filosofia
Corso di Laurea in Lingue e Letterature Straniere
Le radici gesuitiche nella scrittura di
Paulo Coelho
Relatore
Laureanda
Chiar.ma prof.ssa Giulia Lanciani
Alessia Pau
Matricola 204740/76
Correlatore
Chiar.mo prof. Giuliano Soria
A.A. 2004-2005
1
A mamma e babbo,
Emanuele, Matteo, Marcello,
Lorena e Antonio, Francesco e Gianni.
2
Ringraziamenti
La pubblicazione di questo elaborato è stata resa possibile grazie alla
decisa volontà del Professore Gian Luigi De Rosa.
Nell’esprimergli la mia più viva gratitudine, lo ringrazio anche a nome
della mia famiglia e del mio fidanzato che mi hanno sostenuto in tutti questi
anni di studio e agevolato moralmente nel lavoro di preparazione del testo.
Ringrazio la Professoressa Giulia Lanciani, il Professore Giuliano Soria
e il Professor Giorgio De Marchis, i quali, nonostante gli impegni connessi alla
loro carica, hanno voluto impreziosire questo lavoro con la loro disponibilità e
competenza professionale.
Con affetto speciale mi rivolgo a mio nipote Emanuele, al mio fidanzato
Matteo, a mia sorella Lorena e a mio cognato Antonio, ai miei fratelli:
Marcello, Gianni e Francesco e agli amici e amiche che mi hanno sempre
sostenuto e seguito in questi anni: Lucia I., Mirella, Maria Rosa, Lucia C.,
Carolina, Consuelo, Tiziana, Riccardo, Salvo, Francesco S., Cesar, Luís,
Marcelo, Gonzalo, Alicia, Palma, Mapi, Simone, Maila, Angela, Adriano,
Andria, Antonio, Francesco, Nicola, Rosalba C., Martino, Ernesto; le amiche e
amici della Sardegna; gli amici, le amiche e i professori del Corso di
Mediazione Culturale Scolastico.
Un grazie speciale a padre Giuliano Raffo S.J., al fratello Mario
Aldovrandi S.J., a padre Vincenzo S.J., Luiz Antônio de Souza (Direttore della
Biblioteca dell’Accademia Brasiliana di Lettere), Suor Alena e Suor Cecilia.
3
LE RADICI GESUITICHE NELLA SCRITTURA
DI
PAULO COELHO
4
INDICE
5
INDICE
INTRODUZIONE……………………………………………………….pag. I
CAPITOLO PRIMO
PAULO COELHO: L’ALCHIMISTA DELLA PAROLA.
I.1 L’uomo…………………….……………………………...….……............1
I. 2 Cultura e politica in Brasile……..…………………………………...……..4
I. 3 I suoi inizi come paroliere………….…………………………...…….........7
I. 4 Il cammino di Paulo Coelho come scrittore.......................……………….10
I.4.1 Il suo primo romanzo: O Diário de um Mago……..…..…............12
I. 5 Paulo Coelho e i suoi romanzi…….……………….…..............................14
I.5.1 O Alquimista ………………..……………….. ...….....................15
I.5.2 Brida...............................................................................................18
I.5.3 As Valquírias..................................................................................20
I.5.4 Maktub...........................................................................................21
I.5.5 Na margem do rio Piedra eu sentei e chorei.................................22
I.5.6 O Monte Cinco...............................................................................25
I.5.7 O Manual do Guerreiro da Luz........ ……………........................28
I.5.8 Las confesiones del peregrino........................................................30
I.5.9 Veronika decide morrer.................................................................31
I.5.10 O Demônio e a Senhorita Prym …….......……...….........….......33
I.5.11 Onze Minutos……………………………...................................36
I.5.12 O Zahir……………………………...………….......….......…....37
6
CAPITOLO SECONDO
L’INFLUENZA DELLA PEDAGOGIA IGNAZIANA
NELLA FORMAZIONE DI PAULO COELHO.
II. 1 Il progetto educativo di San Ignazio ……………...……..........................42
II. 1.1 La parte IV delle Costituzioni………………………………..…..44
II. 1.2 La Ratio Studiorum ……………...…………………..…..............48
II. 2 La Compagnia del Gesù in Brasile………………………….……….......52
II. 2.1 Le prime scuole: un’iniziativa dei Gesuiti……..…………….......55
II. 2.2 L’influenza dei Gesuiti nella cultura brasiliana……………….....58
II. 3 L’adattamento della Compagnia di Gesù al nuovo mondo politico…......64
II. 4 Coelho: il risultato della formazione ignaziana……......…………….…..67
CAPITOLO TERZO
LE RADICI GESUITICHE NELLA SCRITTURA DI PAULO COELHO:
IL CAMMINO DI SANTIAGO
III. 1 Ignazio di Loyola: Ejercicios Espirituales ……......……........................79
III. 1.1 Struttura e analisi del testo: Ejercicios Espirituales….................84
III. 2 O Diário de um Mago...…………..…………..……………………........95
III. 2.1 Gli «esercizi»..............................................................................103
III. 2.2 «L’Ágape» e il «Magis»………………………...………..........115
CONCLUSIONE.............................................................................................119
BIBLIOGRAFIA...........................................................................................130
7
INTRODUZIONE
8
INTRODUZIONE
Con questo lavoro si intende dare un taglio scientifico all’opera
letteraria di Coelho, spostando la fonte della sua influenza sui Gesuiti, che
rappresentano solo una delle fonti che hanno preso parte nel processo creativo
dello scrittore.
I principi dell’educazione ignaziana hanno influito notevolmente sulla
personalità e formazione dello scrittore e siamo dell’idea che l’insegnamento
gesuitico e gli stessi Gesuiti abbiano partecipato intensamente nel suo processo
di formazione.
Molti sono i punti di contatto tra la spiritualità dei Gesuiti e Coelho,
primo tra tutti l’atteggiamento che mostra Coelho nel riporre in una figura
guida la sua fiducia e volontà, un riferimento che richiama a una delle
particolarità della pedagogia ignaziana sia nell’insegnamento che negli Esercizi
Spirituali, racchiuse nelle rispettive figure del professore e del discente per
quel che concerne la didattica e del direttore e dell’esercitante negli Esercizi
Spirituali.
Una caratteristica che possiamo rilevare nel suo passato esoterico, un
passato di Tradizione e pratiche magiche, che vedeva l’autore legato a un
ordine costituito attorno a un maestro, una figura ritenuta in grado di possedere
e rivelare un sapere occulto.
Ed è proprio il suo passato a spostare l’attenzione di gran parte della
critica verso un’analisi della sua opera che tenda a definirla e «catalogarla»
9
come appartenente esclusivamente al genere esoterico e che vede considerare i
suoi romanzi come un prodotto altamente commerciale e New Age.
Scopo di questo lavoro è quello di richiamare l’attenzione sull’aspetto
letterario di uno scrittore che è un incombente – e «ingombrante» per gran
parte della critica – protagonista della scena letteraria degli ultimi tempi. Lo
stesso ruolo di letterato gli viene contestato e messo in ombra dalla critica
contemporanea per l’aspetto esoterico dei suoi testi.
Le radici gesuitiche nella scrittura di Paulo Coelho non è solo il titolo
di questo elaborato, ma è soprattutto il tentativo di comprendere e di valutare
l’ingente debito che Coelho deve agli insegnamenti gesuitici e, pertanto, agli
Esercizi Spirituali di Ignazio di Loyola, base dei principi pedagogici
dell’insegnamento nelle scuole gesuitiche.
Tale lavoro di tesi si sviluppa su tre piani di analisi e riflessione, divisi
in tre capitoli. Nel primo capitolo, dal titolo: «Paulo Coelho: l’alchimista della
parola»,
si
cercherà
di
tracciare
il
profilo
dell’autore
brasiliano
contestualizzando la sua evoluzione nel periodo storico e artistico brasiliano;
nel secondo capitolo, dal titolo: «l’influenza della pedagogia ignaziana nella
formazione di Paulo Coelho», in cui si analizzerà la presenza gesuitica in
Brasile, sin dall’inizio della colonizzazione portoghese fino all’applicazione
della Ratio Studiorum nei collegi brasiliani, soffermandoci anche sull’influenza
che la pedagogia dei Gesuiti ha avuto sul processo educativo di Coelho; infine,
nel terzo e ultimo capitolo, dal titolo: «Le radici gesuitiche nella scrittura di
Paulo Coelho: Il Cammino di Santiago», si evidenzieranno parallelismi e punti
di contatto tra la scrittura di Coelho, attraverso l’analisi di O diário de um
10
Mago (uscito in Italia col titolo de Il Cammino di Santiago), e gli Esercizi
Spirituali.
11
Capitolo I
PAULO COELHO:
L’ALCHIMISTA DELLA PAROLA
12
Capitolo I
PAULO COELHO:
L’ALCHIMISTA DELLA PAROLA
I.1. L’uomo.
Paulo Coelho nasce nel quartiere carioca di Botafogo, a Rio de Janeiro,
il 24 agosto del 1947, primogenito di Lygia Araripe Coelho de Souza e Pedro
Queima Coelho de Souza.
Riceve un’educazione religiosa e all’età di sette anni i suoi genitori lo
iscrivono alla scuola gesuita di «São Inácio» a Rio de Janeiro, dove completa
gli studi fino al liceo seguendo i rigorosi insegnamenti impartiti dai padri
gesuiti1.
La scrittura entra a far parte della sua vita lentamente, e non è tra i primi
obiettivi della sua turbolenta esistenza; dagli insegnamenti gesuitici impara la
disciplina che riversa nell’arte dello scrivere, riportando un primo
riconoscimento2 in quella che sarà una carriera corollata da centinaia di premi.
E’ proprio lungo gli austeri corridoi della scuola che Paulo Coelho ha
scoperto la sua vocazione letteraria: diventare uno scrittore.
La famiglia ha svolto un ruolo fondamentale nella formazione dello
1
Coelho, Paulo, Biografía de un narrador, Barcelona, Editorial Planeta, 2003, (tr. it. di Tilde
Riva, Biografia di un narratore, Milano, Bompiani, 2003, p. 11).
2
Durante la sua formazione dai gesuiti, nell’ambito di un concorso scolastico di poesia, vinse il
primo premio letterario mentre un secondo lo vinse in composizione. Ibidem p. 11.
13
scrittore, il padre, ingegnere, e la madre, studiosa di museologia, spingono sin
dall’inizio il primogenito verso una carriera scientifica che non corrisponde
all’ideale di vita che Coelho prospetta per sé.
Del ruolo determinante che la famiglia ha svolto nella sua vita, ne parla
lui stesso nell’intervista rilasciata nel luglio del 1998 al giornalista Juan Arias:
Mio padre era ingegnere e proveniva da una famiglia molto
tradizionalista; mia madre aveva studiato museologia all’università.
Mio padre è ancora vivo, ha una personalità dominante e ha avuto una
profonda influenza su mia madre (….). La mia educazione è stata
estremamente formale. Non so come siano visti adesso i gesuiti ma allora
furono molto conservatori e severi (….). Per questo per ribellione nei
confronti di quella formazione rigida e chiusa, appena uscito dal collegio
(….) ho cercato i movimenti studenteschi più estremisti e non credenti
(….). All’università ho studiato Diritto ma per obbligo. Non ho terminato
gli studi. Fino alla fine delle scuole superiori, la mia forza di ribellione
era totalmente controllata, oppressa dai miei genitori, dalla società,
dall’ambiente in cui vivevo. Poi sono esploso in un modo tremendo.3
Nel 1965 i genitori di Paulo Coelho cercano di reprimere le sue
tendenze artistiche, che considerano troppo fuori dal comune e, lo fanno
ricoverare in una clinica psichiatrica: la «Casa da Saúde» del «Doutor Erias», a
Rio de Janeiro.
L’esperienza dell’internamento non fa che aggravare il conflitto con la
famiglia, i genitori, infatti, continuano a non accettare il suo stile di vita e a
quel primo internamento, sempre nello stesso anno, ne fanno seguire ben presto
un secondo.
Paulo Coelho durante la sua permanenza in manicomio è sottoposto
oltre che a terapie farmacologiche anche a varie sedute di elettroshock, ma
3
Arias, Juan, Paulo Coelho: las confesiones del peregrino, Barcelona, Editorial Planeta, 1999,
(tr. it. di Claudio M. Valentinetti, Paulo Coelho: le confessioni di un pellegrino, Milano,
Bompiani, 2000, p. 164).
14
nessuno di questi metodi riesce a piegare la sua volontà.
Nel 1967 Coelho si unisce ad un gruppo di teatranti e comincia a
lavorare come giornalista. Agli occhi della borghesia perbenista e benestante
del tempo, il teatro rappresentava un focolaio di immoralità e nonostante le
promesse fatte in passato, i genitori lo fecero internare nuovamente. La
degenza in manicomio influì notevolmente nel carattere di Coelho e lo rese
4
confuso e prigioniero del suo mondo interiore .
Negli anni Sessanta e Settanta il mondo intero assisteva all’esplosione
del movimento hippy. Questo movimento giovanile aveva come obiettivo
quello di sradicare le basi della società tradizionale. La protesta era un misto di
rivoluzione e ribellione e i giovani cercavano di conoscere loro stessi vivendo
borderline, emarginandosi. Erano gli anni in cui i Beatles e i Rolling Stones
imperversavano, sconvolgendo corpi e coscienze, ma era anche il periodo
durante il quale si
rivelarono nuovi pensatori e filosofi, come il famoso
antropologo Carlos Castañeda5, precursore del movimento New Age, che ebbe
una profonda influenza sulla generazione del 1968 che, si opponeva soprattutto
4
Nel 1998 con il libro Veronika decide morrer, Paulo Coelho attraverso la storia di una donna
infelice che, dopo aver tentato il suicidio viene internata in una clinica psichiatrica, racconta la
sua drammatica esperienza in manicomio.
5
Carlos, Castañeda, (Cajamarca, Perù 1925 – Westwood 1998), antropologo e scrittore
statunitense di origine peruviana. Nel 1951 si trasferì negli Stati Uniti dove studiò
parapsicologia e antropolgia presso la University of California di Los Angeles. Nel corso degli
anni Sessanta effettuò diversi soggiorni in Messico dove ebbe modo di entrare in rapporto con
gli indiani Yaqui, e soprattutto con lo stregone don Juan Matus che lo iniziò al mondo della
conoscenza magica attraverso l’uso di piante sacre per gli indios quali il peyote e la datura.
Al ritorno dal primo soggiorno messicano Castaneda scrisse A scuola dallo stregone. Una via
yaqui alla conoscenza (1968), basato sulle esperienze del suo apprendistato presso il maestro
yaqui, cui seguirono negli anni successivi: Una realtà separata. Nuovi incontri con don Juan
(1971) e Viaggio a Ixlatan. Lezioni di don Juan (1972), grazie ai quali Castaneda raggiunse la
celebrità. Le opere di Castaneda, tra cui si ricordano anche Il secondo anello del potere (1977)
e Il dono dell’aquila (1981), sono scritti di carattere etnografico in cui vengono narrate le
esperienze cognitive sperimentate dall’autore attraverso l’uso di allucinogeni naturali che,
provocando alterazioni sensoriali, favoriscono un ampliamento della percezione della realtà.
Cfr. AA. VV., Enciclopedia Garzanti di Filosofia, Milano, Edizione Mondolibri, 1993.
15
allo stile di vita dei genitori e, Coelho tra loro, lontano dalla casa paterna, trovò
nel movimento hippy una nuova famiglia6.
I.2. Cultura e politica in Brasile.
Nell’America Latina il periodo del movimento hippy coincide con
l’avvento al potere di governi dittatoriali. Nel 1964 si installa in Brasile la
dittatura militare, la maggioranza dei brasiliani assiste passivamente al cambio
di governo: dal populista Goulart al generale Castello Branco7.
Dopo la vittoria, i militari mostrano subito un forte atteggiamento
repressivo, le conseguenze furono: interventi e terrore nei sindacati, terrore
nelle campagne, diminuzione dei salari, indagini militari nelle Università,
invasione delle chiese, abolizione dei movimenti studenteschi, censura.
Nonostante la dittatura militare, bisogna segnalare un’incredibile
egemonia culturale da parte della sinistra. Questa che a prima vista, potrebbe
sembrare una contraddizione, era tangibile nelle librerie di São Paulo e di Rio
de Janeiro invase da testi di evidente natura marxista. Una tendenza che si può
rilevare anche nelle opere teatrali e che nei movimenti studenteschi.
Un’anomalia che dura fino a quando la dittatura non stabilisce pene
pesantissime a chi propaga il socialismo.
Una cultura di sinistra e di qualità che domina soprattutto nei gruppi
6
Coelho, Paulo, op. cit. pp. 11 – 22.
Dittatura militare: Il 31 marzo del 1964 con un colpo di stato guidato dal generale Humberto
de Alencar Castello Branco viene deposto il presidente João Belchoir Marques Goulart. In
Brasile si instaura un regime militare che rimarrà al potere fino al 1984. Cfr. Couto, Ronaldo
Costa, Historia indiscreta da ditadura e da abertura, Brasil 1964-1984, Rio de Janeiro, Editora
Record, 1999, pp. 39 – 104.
7
16
direttamente legati alla produzione ideologica come: – gli studenti, gli artisti, i
giornalisti, alcuni sociologi ed economisti, una parte del clero – e che
rivoluziona soprattutto la produzione teatrale, musicale e cinematografica8.
All’inizio degli anni Sessanta, legato «all’União Nacional dos
Estudantes» (UNE), sorge a Rio de Janeiro il primo «Centro Popular de
Cultura» che si proponeva di costruire una cultura «nazionale, popolare e
democratica».
I CPC attraendo i giovani intellettuali, cercavano di sviluppare insieme
alla classe popolare un’attività che poté smuovere le coscienze, lavorando a
stretto contatto con il popolo9, inscenavano opere teatrali fuori le fabbriche, le
favelas e i sindacati, pubblicavano libricini di poesia a prezzi molto bassi,
iniziarono a realizzare dei film autofinanziati e promossero corsi di teatro,
cinema, arti visive e filosofia, esprimendo attraverso le arti un atteggiamento
propositivo e rivoluzionario, stroncato dal golpe dei militari.
Dai CPC si passo ad una «cultura della protesta semiclandestina» che
sembrava interpretare il sentimento di tutta una generazione di intellettuali e
che, immersa in un clima di crescente dibattito, muoveva alla sensibilizzazione
politica dei suoi membri e lasciava intravedere la formazione di una massa
politica che conoscerà il suo momento d'auge negli anni ’67 – ’6810.
A partire dal 1968 iniziarono anche gli anni più duri della dittatura
8
Cfr. Schwarz, Roberto, Cultura e Política, São Paulo, Paz e Terra, 1978, pp. 7 – 9.
Il periodo del governo ’60 – ’64 di João Goulart: permise lo sviluppo di una generazione
estremamente sensibile alle questioni dell’emancipazione sociale nazionale, nel 1964
s’interrompe questo movimento progressista ma le elite colte resteranno fortemente marcate da
questa posizione. Nei CPC, l’alleanza dell’artista con il popolo concepito come la fonte
“autentica della cultura”, indicava un forte nazionalismo e un chiaro accento populista che, non
svanì con la dittatura militare. Cfr. Hollanda, Heloísa Buarque de e Marcos, Augusto
Gonçalves, Cultura e participação nos anos 60, São Paulo, Editora Brasiliense, 1982, pp. 8 –
26.
10
Ibidem, pp. 8 – 26.
9
17
militare che raggiunse il suo culmine con l’Atto Istituzionale n°5 del 13
dicembre del 1968, quando il potere si concentrò brutalmente nelle mani
dell’Esecutivo e si procedette ad una durissima repressione11.
L’Atto Istituzionale n°5 del 13 dicembre del 1968 fu percepito come
una dichiarazione di guerra nei confronti degli studenti e del popolo, il
movimento studentesco e il partito comunista si spaccarono sul tipo di risposte
da dare e alcune frangie optarono per la «lotta armata».
L’opposizione armata allo stato autoritario e antinazionalista determinò
i movimenti di guerriglia, la speranza dei guerriglieri era che le masse popolari
entrassero nelle fila del movimento, ma la repressione fu talmente brutale che
la lotta armata, carente di sostegno da parte del popolo, s’incamminò verso
l’olocausto12.
Migliaia di persone, militanti o semplici simpatizzanti, vennero
sequestrate, torturate, scomparirono, morirono. Per più di venti anni il governo
dittatoriale ridusse o peggio, rese nulli i diritti costituzionali col dominio
arbitrario del Potere Esecutivo coadiuvato al controllo massiccio della polizia e
della censura sulla stampa13.
La censura imposta dal controllo politico non soffocò la produzione
culturale ma, anzi, si ricercarono nuove «alternative», una di queste proposte fu
la cosiddetta iniziativa «marginal» che interessò la stampa, la letteratura e un
certo tipo di teatro, mentre nel campo del linguaggio si fece ricorso all’uso
della «retorica» attraverso l’uso di allusioni e della metafora, uno stratagemma
11
Couto, Ronaldo Costa, op. cit., pp. 16 – 35.
Cfr. Hollanda, Heloísa Buarque de e Marcos Augusto Gonçalves, op. cit., p. 80.
13
Cfr. Couto, Ronaldo Costa, op. cit., pp. 39 – 104.
12
18
che venne utilizzato soprattutto nel campo della musica popolare, ma anche
nella produzione artigianale di libri e riviste14.
I.3. I suoi inizi come paroliere.
Nel 1973, nel periodo della «Literatura Marginal», Paulo Coelho
sempre inquieto ed eternamente alla ricerca di nuove sfide fonda la rivista
2001, un periodico alternativo che rivendicava i simboli della cultura pop
dell’epoca e che intendeva modellare l’esperienza hippy attraverso le parole dei
suoi stessi protagonisti. Nonostante i buoni propositi, uscirono soltanto due
numeri.
Tuttavia la rivista attirò l’attenzione di Raul Seixas15, un musicista
brasiliano che si proponeva di rivoluzionare il rock & roll brasiliano. Lo spirito
14
Cfr. Hollanda, Heloísa Buarque de e Marcos Augusto Gonçalves op. cit., pp. 95 – 97.
15
Raul, Seixas (1944 Salvador – 1989 São Paulo), cantante rock brasiliano. Nel giugno del
1959, fonda l’Elvis Rock Club. Nel 1962, forma i “Relâmpagos do Rock” il suo primo gruppo
musicale. Nell’anno seguente, il nome del gruppo cambia per The Panters. Nel 1964,
diventerà il gruppo più famoso del Salvador. Facendo show in varie città, sarà anche
conosciuto a Bahia e, Jerry Adriani lo invita ad accompagnarlo nella sua tourneé nel Nord del
paese. Nel 1968 lancia il suo primo LP, Raulzito e Os Panteras. Il suo secondo LP, Sociedade
do Grã-Ordem Kavernista Apresenta Sessão das Dez, é prodotto e lanciato nel 1971, senza
autorizzazione. Il disco viene ritirato dal mercato e Raul é espulso dalla CBS. Nel 1973,
conosce Paulo Coelho, con cui nascerà una delle maggiori coppie del rock brasiliano.
Responsabili del successo di Gita, Sociedade Alternativa, Como vovó já dizia. Con Gita, nel
1974, vince il disco d’oro e lancia il primo musical a colori a TV Globo. I successi si
succedono con gli LP Novo Aeon e Há dez mil anos atrás, entrambi nel 1975, quando finisce la
collaborazione con Paulo Coelho. Poi arrivano O dia em que a Terra parou (1977), Mata
virgem (1978), Por quem os sinos dobram (1979) e Abre-te Sésamo (1979), quest’ultimo con la
censurata Rock das Aranhas. Fino al 1987, il lancio dei successivi dischi sarà contrassegnato
dai problemi di salute e dalla difficoltà a mantenere alto il valore della sua produzione, quando
finalmente esce l’LP Uah-Bap-Lu-Bap-Lah-Béin-Bum! E, vince il suo terzo disco d’oro. Nello
stesso anno incomincia la collaborazione con Marcelo Nova, i due producono l’LP A Panela
do Diabo e fanno più di 50 show per il paese. L’LP viene lanciato il 19 agosto del 1989 ma
dieci giorni dopo, Seixas muore a São Paulo. http:www.raulseixas.com.br/frame_historia.htm,
Biografia. (ultima data di accesso: febbraio 2006).
19
di 2001 coincideva con le sue idee e volle conoscerne il fondatore.
Un’esperienza decisiva che influì sul futuro del giovane Coelho che,
con la collaborazione con Seixas inaugurò una nuova fase della sua vita della
musica brasiliana.
Seixas, compositore e produttore della casa discografica CBS, chiese a
Coelho di scrivere i testi delle sue canzoni che riflettevano i temi mistici assai
in voga tra le comunità hippy.
Questa collaborazione segnò l’inizio di una carriera ricca di successi,
infatti, Coelho scrisse i testi di sessantacinque canzoni, formando con Seixas
una coppia formidabile e affiatata che cambiò il panorama del rock brasiliano.
Gita, il secondo disco che realizzarono insieme, ottenne un successo
strepitoso e vendette più di mezzo milione di copie, aggiudicandosi anche il
disco d’oro.
Con i diritti d’autore percepiti per la sua attività di paroliere, Coelho
che aveva rinunciato all’aiuto paterno e aveva conosciuto i disagi della povertà,
si lasciò finalmente alle spalle le ristrettezze economiche16.
Nonostante il successo, Coelho continuava a mostrare un atteggiamento
di rifiuto e di opposizione al regime, fece uso di droghe e si avvicinò alle
filosofie orientali e ai dettami della tradizione alchemica, un metodo di
conoscenza che Coelho ha studiato per oltre dieci anni.
In verità, ciò che attirava Paulo Coelho era il mondo della spiritualità e
lo cercava nelle esperienze più lontane, poiché non aveva trovato alcun
convincimento nella formazione religiosa imposta, si rivolse a tutto quello che
16
Cfr. Coelho, Paulo, Biografía de un narrador, op. cit. pp. 11 – 26.
20
riguardava la spiritualità orientale.
Con l’influenza della mitologia indiana, Coelho iniziò a vivere
esperienze diverse, frequentò vari maestri, numerose sette, molte filosofie,
finché arrivò un momento in cui il suo carattere estremista lo portò a cercare
qualcosa di più forte.
Gli parlarono di una certa setta segreta che aveva un grande «mentore»:
Aleister Crowley17. Coelho incominciò a frequentare questa setta con Raúl
Seixas, come si può apprendere dall’intervista rilasciata nel luglio del 1998 al
giornalista Juan Arias:
Io vedevo tutto ciò senza crederci totalmente, o forse vedevo soltanto il
lato positivo. A quella epoca ero una persona molto influenzabile e
avvertivo i grandi cambiamenti che accadevano nella mia vita e in quella
degli altri membri della setta. Solo più tardi ho incominciato ad
accorgermi che la linea di separazione tra magia bianca e magia nera è
molto sottile, ma è anche qualcosa di molto concreto: nel caso della
magia nera è il potere di interferire nel destino degli altri. 18
La setta era molto antireligiosa, in quel momento anche lui era
anticattolico e aveva abbandonato la fede dei padri, ma dentro di sé non aveva
rinunciato ad alcune cose di essa e incominciò a rendersi conto che, in qualche
modo, quella setta incarnava il Male e, dopo un’esperienza priva di gravi
conseguenze, ma che lo spaventò terribilmente, decise di abbandonare per
sempre la setta segreta e la pratica della magia nera.
17
Aleister, Crowley, (Leamington, 1875 – Hastings, 1943). Nacque nel Warwickshire, da una
famiglia di origine celtica. Crowley, nel fornire un intenso contributo alla rivalutazione delle
correnti occulte che permettono un immediato approccio alla Realtà intangibile, trascendendo
tutti i precedenti sistemi di realizzazione mistica, ha rappresentato con le sue opere quella
particolare tradizione esoterica che sta alla base dell’attuale rinnovato interesse per la Magia,
tanto da essere definito uno dei grandi cultori della Scienza dello Spirito.
http:xoomer.virgilio.it/gnscol/index.htm: Jerace, Giuseppe, Aleister Crowley: Trattato di
astrologia magica, ECIG, Genova,1993. (ultima data di accesso: dicembre del 2004).
18
Cfr. Arias, Juan, op. cit., pp. 127 – 128.
21
Nella metà degli anni Settanta, in Brasile la dittatura era arrivata alla
sua fase conclusiva, ma proprio per questo stava imponendo al paese i momenti
di repressione più feroce. In quel contesto Coelho e Seixas intrapresero la
pubblicazione di Kring-ha, una serie di fumetti di ispirazione libertaria. Al
regime, naturalmente, le vignette non piacquero, anzi, vennero reputate una
minaccia e così, per la prima volta, Paulo Coelho fu arrestato e finì in galera. In
piena dittatura militare, il carcere fu per il giovane scrittore un’esperienza
ancora più dura dell’internamento negli ospedali psichiatrici.
La brutta esperienza lo cambiò in modo radicale, nel 1976 trovò lavoro
a Londra presso la casa discografica Polygram, dove conobbe la donna che
sarebbe diventata la sua terza moglie.
Nel 1977 al ritorno nel paese d’origine, Coelho cominciò a lavorare
presso un’altra etichetta musicale, la CBS che lasciò dopo tre mesi separandosi
anche dalla moglie; evidentemente, qualcosa non aveva mai smesso di agitarsi
e finché non avesse trovato il modo di sfogarsi non sarebbe riuscito a
raggiungere l’equilibrio che cercava19.
I.4. Il cammino di Paulo Coelho come scrittore.
Nel 1979, inizia una nuova fase nella vita di Coelho che dopo aver
rivisto una sua vecchia amica, la pittrice Christina Oiticica, la sposa due anni
dopo. Christina è la donna che ha dato un impulso vitale alla sua carriera di
19
Ibidem, pp. 20 – 31.
22
scrittore, accompagnandolo e sostenendolo sempre.
A questo punto della sua vita, intraprende un viaggio in Europa, un
viaggio decisivo per la loro vita, visitando diversi paesi dell’Europa
occidentale e dell’ex blocco comunista, che si rileverà decisivo per la sua vita e
carriera. In questo viaggio Coelho conosce un uomo di cui non ha mai voluto
rivelare l’identità, che gli consigliò di riavvicinarsi al Cattolicesimo e gli
suggerì di compiere un pellegrinaggio: il Cammino di Santiago20.
Nella primavera del 1986, Coelho riuscì ad intraprendere il Cammino di
Santiago, un’esperienza che lo fece riavvicinare al Cattolicesimo e fece svanire
in lui ogni idea preconcetta sulla religione cattolica. Alla fine di un lungo
viaggio lo scrittore ritrovò se stesso, il Cammino di Santiago lo riavvicinò alla
gente comune e lo riconciliò con le cose semplici della vita.
Durante quel pellegrinaggio, Coelho apprese tre nozioni fondamentali,
che da allora hanno segnato la sua vita: avere un obiettivo, uno scopo,
tralasciare il superfluo e prestare attenzione agli altri, perché si può imparare
molto dalla gente.
Smise di pensare che la ricerca e i misteri della spiritualità fossero
riservati a pochi eletti, cioè, a coloro che spendono i propri giorni ad
accumulare nozioni sul rapporto tra sacro e profano21.
Al ritorno dal pellegrinaggio, Paulo Coelho visse per alcuni mesi a
Madrid, e per lo scrittore ebbe inizio un’epoca felice, sentì che in qualche
20
Cammino di Santiago: Santiago de Compostela è una città della Spagna nordoccidentale,
capoluogo della regione autonoma di Galizia, nella provincia di La Coruña.
Importante meta di pellegrinaggio dei fedeli cattolici dal IX secolo, quando nelle vicinanze
furono rinvenuti i resti dell'apostolo Giacomo, Santiago vanta numerosi edifici medievali, tra
cui la bella cattedrale romanica (1128), che contiene il sepolcro del santo.
21
Cfr, Coelho Paulo, Biografía de un narrador, op. cit., pp. 35 – 36.
23
modo era incominciata una nuova fase della sua vita, ma soprattutto si rese
conto del valore fondamentale della semplicità nell’esistenza, fu allora che
decise di scrivere un libro sulla straordinaria saggezza che si trova nelle
persone comuni, nella storia personale di ciascuno di noi22.
I.4.1. Il suo primo romanzo: O Diário de Um Mago.
Il Cammino di Santiago provoca un cambiamento radicale nella vita di
Paulo Coelho. L’esperienza del Cammino lo spinse a scrivere, nel 1987, il suo
primo testo letterario: O diário de um mago, in cui raccontò le vicende del
proprio viaggio lungo i settecento chilometri che separavano la cittadina
francese di Saint-Jean-Pied-de-Port, il luogo sul versante francese dei Pirenei,
dove iniziò il percorso fino alla cattedrale di Santiago de Compostela.
Il protagonista di questo cammino è Paulo che intraprende il
pellegrinaggio in compagnia di uno strano personaggio: il misterioso Petrus, la
sua guida spirituale. Il pellegrino Paulo intraprende questo viaggio per ritrovare
la spada che lo farà diventare un «Guerriero della Luce».
Affronta una serie di ostacoli che mettono alla prova la sua
perseveranza e la sua fede e, grazie a Petrus, apprende gli esercizi basilari volti
a fortificare l’animo e a sfuggire ai pericoli e le tentazioni.
In questo Cammino, una sorta di viaggio interiore, Paulo impara a
riconoscere i propri demoni interiori e ad affrontarli, fino a riuscire a
sconfiggerli.
Il cammino provoca dei mutamenti in colui che lo compie, come dice
22
Ibidem, p. 37.
24
Petrus: “Quando si viaggia si sperimentano i mutamenti, che ci rendono più
flessibili e recettivi di fronte a segni e suggestioni, purché si viaggi da persona
consapevole, senza l’ansia di arrivare”23.
Un viaggio che quindi non è solo in senso reale, ma anche viaggio di
conoscenza interiore e di risveglio spirituale; la morale di tutto sta nel capire
come è necessario che ognuno cerchi la propria strada nella vita e soprattutto
che nella propria esistenza, come nel viaggio, non è tanto importante la meta
quanto il cammino stesso.
La sua guida gli rivela che la chiave del successo sta nell’impegno e
nella capacità di ingaggiare un «Buon Combattimento». Il «Buon
Combattimento», gli spiega Petrus: “è quello che viene intrapreso perché il
nostro cuore lo chiede”24.
La sincerità con cui Coelho racconta il suo pellegrinaggio
e gli
avvenimenti del viaggio è totale. Pubblicato da una piccola casa editrice
brasiliana, O diário de um mago ebbe scarsa risonanza sia di critica che di
pubblico, tuttavia la poca fortuna non scoraggiò Paulo Coelho che ormai non
nutriva più dubbi sulla propria vocazione di scrittore25.
Da quel momento incominciò una nuova fase nella vita di Coelho,
ormai riconciliatosi con la fede cattolica. Cinque anni dopo, nel 2002,
scrivendo la prefazione ad una nuova edizione del Cammino di Santiago,
l’autore racconterà che aveva intrapreso il Cammino di Santiago su invito dello
23
Coelho, Paulo, O Diário de Um Mago, Rio de Janeiro, Editora Rocco, 1987 (tr. it. a cura di
Rita Desti, Il Cammino di Santiago, Milano, Bompiani, 2001, p.41).
24
Ibidem.
25
Coelho, Paulo, Biografía de un narrador, op. cit., pp. 32 – 37.
25
sconosciuto incontrato ad Amsterdam che apparteneva all’ordine RAM26, e che
fu da allora che iniziò ad interessarsi a quella antica regola cattolica e ad
apprendere il linguaggio simbolico che non è l’esoterismo cristiano, ma lo
studio cristiano dei simboli, attraverso una tradizione orale.
L’ordine RAM ha riconciliato Coelho al cattolicesimo, che dopo il
Cammino è stato nominato Maestro dell’Ordine27.
I.5. Paulo Coelho e i suoi romanzi.
Nonostante il fallimento editoriale di O Diário de Um Mago, Coelho
rimase fermamente deciso a continuare la carriera di scrittore.
Oggi, Paulo Coelho è diventato uno scrittore famoso e, attualmente, il
più venduto al mondo e si può facilmente ipotizzare che tutto quel che accadde
negli anni decisivi della sua formazione avesse come unico scopo la
realizzazione di questo sogno28.
Paulo Coelho è un’artista della parola che ha saputo incantare l’animo
di milioni di lettori in tutto il mondo, un viaggiatore instancabile, un uomo
desideroso di nuove conoscenze e anche profondamente impegnato nella realtà.
I suoi romanzi, tradotti in 56 lingue, non hanno solamente raggiunto la
vetta delle classifiche dei libri più venduti, ma sono materia di dibattito sociale
26
RAM: Rigore Amore Misericordia, è l’ordine spagnolo del Regnum Agnus Mundi, delle
parole latine che possono essere tradotte per Regno dell’Agnello del Mondo, un ordine minore
della Chiesa cattolica, che ha più di cinquecento anni, gli adepti cercano di interpretare il
linguaggio segreto dell’universo, attraverso dei rituali magici o “esercizi” che permettono di
raggiungere il sapere e, tra i doveri degli iniziati c’è quello di percorrere il Cammino di
Santiago. Cfr. Carro, Cristina Berdnt, A obra de Paulo Coelho através da mídia, Tese Pósgraduação, Centro de Ciências Sociais, Universidade Gama Filho, Rio de Janeiro, A.A. 19931994, p. 8.
27
Cfr. Arias, Juan, op. cit., p. 156 – 157.
28
Coelho, Paulo, Biografía de un narrador, op. cit., p. 7.
26
e culturale.
Le idee, la filosofia e i temi trattati nei suoi libri sono diventati un punto
di riferimento per molte persone in cerca della propria strada e di nuovi modi
per comprendere il mondo.
I.5.1. O Alquimista.
Nel 1988, Paulo Coelho scrive il suo secondo romanzo: O Alquimista29,
un testo profondamente diverso dal precedente O Diário de Um Mago, mentre
il primo era soprattutto un’opera di testimonianza, il secondo è un romanzo
altamente simbolico.
A meno di dieci anni dalla pubblicazione è diventato un best seller
indiscusso, tradotto in 28 lingue, venduto in 58 paesi, reclamizzata come opera
rivelatrice e d'alto livello letterario. In Italia in meno di un anno ( agosto 1995
– maggio 1996) ha avuto undici edizioni, e ha vinto il superpremio per la
narrativa straniera della XV edizione del Premio Grinzane Cavour.
L’Alchimista ha rappresentato la consacrazione letteraria di Paulo
Coelho. E’ il suo libro più famoso, quello che ha fatto di lui un autore di cult in
tutto il mondo30.
L’Alchimista racconta la storia di Santiago, un giovane pastore
Andaluso che ha abbandonato il seminario, preferendo la vita più irrequieta e
vagabonda del pastore itinerante che gli consente di girare l’Andalusia. Sulla
costa, a Tarifa, incontra prima una zingara, poi il re Melchisedek che gli
29
Coelho, Paulo, O Alquimista, Rio de Janeiro, Editora Rocco, 1988 (tr. it. a cura di Desti,
Rita, L’Alchimista, Milano, Bompiani, 1995).
30
Coelho, Paulo, Biografía de un narrador, op. cit., p. 39.
27
consegna i leggendari Urim e Tumim, le pietre che indicano il cammino. La
zingara e il re, gli, conferma che un suo sogno – secondo cui in Egitto, presso
le Piramidi, troverà un tesoro – è in realtà la sua «Leggenda Personale» che
ogni uomo è chiamato a realizzare.
Così Santiago vende le sue pecore e intraprende un lungo viaggio
attraverso il deserto, la sua meta è l’Egitto dove spera di trovare un tesoro. Il
ragazzo affronterà il cammino affidandosi agli insegnamenti dell’Alchimista,
un maestro della Grande Tradizione, che possiede il segreto della pietra
filosofale.
Il Maestro aiuterà il discepolo a raggiungere il suo sogno e a vivere la
sua «Leggenda Personale»31.
Le vicende del giovane protagonista del libro sono la traduzione delle
progressive scoperte legate all’Alchimia compiute dall’autore che dagli inizi
degli anni Settanta si è appassionato alla materia32.
La vicenda narrata è piuttosto semplice, lo schema narrativo è quello
classico del «viaggio» che sul piano dei significati si mantiene su un duplice
livello: uno che possiamo definire «esterno» e consapevole, che muove il
protagonista verso il raggiungimento e il possesso di un tesoro, di cui ha avuto
visione in un sogno; l’altro, «profondo» e inconsapevole, che si configura
come un itinerario spirituale di tipo iniziatico e di natura alchemica, lo stesso
titolo del libro indica in questa direzione l’attenzione e l’interesse del narratore.
La categoria narrativa è quella della «favola»: “quasi tutto nel racconto
è favolistica: il sogno in una chiesa abbandonata che rivela a Santiago un
31
32
Coelho, Paulo, O Alquimista, op. cit..
Lenta, Carlo, “L’Alchimista di Paulo Coelho”, Fedeltà, n°7, febbraio 1996.
28
tesoro nascosto, la zingara, il vecchio re che gli dà due pietre, l’incontro con
l’Alchimista”33.
Il tempo del narrato è astorico con nessun riferimento a nessuna epoca o
ad un tempo attuale.
I personaggi di questa storia non sono molti e fanno parte di un
meccanismo semplice: il protagonista ed eroe della vicenda, Santiago, Fatima,
tipica ragazza delle tribù sahariane che il giovane incontra nel deserto e di cui
s'innamora, un inglese che viaggia nella sua stessa carovana, l’Alchimista,
personaggio centrale che guiderà il giovane fino a farlo diventare alchimista a
sua volta; una vecchia zingara e un vecchio re, i quali, insieme con altre figure
minori, svolgono la funzione di «aiutanti» per il giovane, affinché realizzi la
sua Leggenda Personale.
I temi principali: il «sogno», il «destino», la «leggenda personale», la
«magia», «l’iniziazione», il «linguaggio universale» e «l’alchimia», tema
centrale che dà il titolo al racconto.
Un chiaro gioco di simboli e di segni che accompagna il cammino
esistenziale di Santiago in cui si indicano scelte, pericoli, mutamenti: il
«coraggio» che rende possibile l’osabile, il «cuore» che è l’essere profondo o
l’inconscio o forse l’anima, «l’amore» energia che attraversa tutto l’universo, il
«desiderio» il motore per la realizzazione della «leggenda personale»,
«Maktub» che è una parola araba che tradotta suonerebbe «com’è scritto».
Tutti questi elementi di contenuto compongono una struttura tematica
33
Cfr. Galeota, Vito, O Alquimista di Paulo Coelho in Orillas, studi in onore di G. Battista De
Cesare, volume secondo, Salerno, Edizioni Paguro, 2001, pp. 151 – 159.
29
reticolare nel quale il protagonista, i personaggi e le altre figure azionali
agiscono come se si trattasse di un comune vissuto quotidiano, per questo il
lettore è immerso in un mondo straordinario e segue l’avventura di Santiago
senza difficoltà o disagio, conscio di trovarsi in una situazione fittizia.
La scrittura di Coelho consiste in un’architettura combinata di
componenti tematiche trattate con uno stile semplice, immediato, diretto, una
scrittura attuale, il testo O Alquimista è dettato dalla spontaneità creativa
dell’autore e per questa ragione affascina il lettore e in questo trova una delle
ragioni del suo successo34.
I.5.2. Brida.
Brida è un romanzo che non è stato ancora pubblicato in Italia, è stato
scritto in seguito al «Cammino di Roma», un’esperienza in cui il pellegrino ha
l’obbligo di esercitare la meditazione e la compassione e che ha ispirato
l’autore a scrivere e pubblicare nel 1990, Brida35.
Una storia straordinaria che racconta le avventure della giovane
irlandese Brida O’Fern, un’apprendista maga, una ragazza di ventuno anni che,
un giorno, conosce un mago e gli chiede di iniziarla alle sue arti e alla sua
saggezza.
Brida crede di possedere un dono e di doverlo sviluppare, anche il mago
è convinto di ciò, e così le propone di abbracciare i rituali della «Tradizione del
Sole», strettamente correlati con le «leggi dello Spazio». Brida però avverte
34
35
Ibidem.
Cfr. Coelho, Paulo, Biografía de un narrador, op. cit., pp. 68 – 69.
30
una maggiore inclinazione verso i «Rituali della Luna», le cui leggi dominano
la sfera del «Tempo»36.
Per sviluppare le sue doti, la ragazza incontra Wicca, la Maestra e,
accanto a lei, vive un periodo intenso e diventa maestra della «Tradizione della
Luna», convinta che con la conoscenza delle pratiche magiche può trovare le
risposte alle domande della sua vita e conoscere i poteri dell’occulto e
viaggiare nel passato e nel futuro. In questo cammino d’iniziazione come
«maga», fa una riflessione sulla propria esistenza e nella sua vita entra Lorens,
la persona che le farà conoscere un’altra strada e le insegnerà la saggezza
dell’Amore37.
Per Coelho, Brida rappresenta la sua parte femminile, Coelho sostiene
che in tutti gli uomini esiste un lato femminile e, muovendo da questa
convinzione ha elaborato l’idea che la componente femminile può essere
considerata come una forza istintiva e creatrice del mondo e una qualità che
reca compassione.
Chi disprezza i valori femminili, rifiuta una parte fondamentale
dell’essenza umana ma, tuttavia non trascura che anche la donna può esercitare
il potere in modo non meno dispotico dell’uomo38.
36
Coelho, Paulo, Brida, Cascais, Pergaminho, 1991 (Edição portuguesa baseada na edição
brasileira de Brida, Rio de Janeiro, Editora Rocco, 1990).
37
Cfr. Veiga, Iara da Brida um rito de passagem: a história da busca de identidade sexual de
uma mulher, Tese Pós-graduação, Instituto de Psicologia, Pontíficia Universidade Católica do
Rio Grande do Sul, Porto Alegre, A.A. 1990-1991.
38
Coelho, Paulo, Biografía de un narrador, op. cit., pp. 67 – 68.
31
I.5.3. As Valquírias.
As Valquírias è la storia di un uomo e di una donna che conducono un
viaggio che li conduce verso il deserto e senza ricorrere a nessun artifizio
decidono di mettersi in contatto con il proprio Angelo Custode.
Con uno stile semplice e diretto, Paulo Coelho per la prima volta ci
mostra l’uomo che si cela dietro il mago.
Lo stesso Coelho afferma nel prologo del libro la sua difficoltà nello
scrivere questo libro, soprattutto per gli argomenti di cui tratta che esigono una
certa sensibilità per essere accettati ed inoltre perché avendo raccontato più
volte questa storia a molte persone temeva di aver perso la capacità di
raccontarla per iscritto e come sostiene egli stesso: “este temor acompanhoume da primeira à última página do livro, mas – graças a Deus – foi apenas um
susto”39.
In questo libro Coelho rende pubblica una parte molto delicata della sua
sfera privata, il matrimonio e le relazioni con le altre persone. L’autore ha
sofferto dei momenti di fatica e d’imbarazzo, poiché entrando in diversi
particolari della sua vita personale ha mostrato le proprie debolezze e la fragile
distanza che lo separano dalla «Tradizione Magica», a cui sente di appartenere
come uomo.
Come si è potuto notare nel Diário de um Mago, Coelho sostiene che il
«cammino della Magia» è «il cammino delle persone comuni» e afferma:
Um homem pode ter um mestre, seguir uma Tradição esotérica, possuir a
39
Cfr. Coelho, Paulo, As Valquírias, Cascais, Editora Pergaminho, 1993, p. 1. (Edição
portuguesa baseada na edição brasileira de As Valquírias Rio de Janeiro, Editora Rocco, 1992).
32
disciplina necessária para realizar rituais; mas a Busca Espiritual è feita
de constantes começos (daí a palavra «Iniciado», aquile que está sempre
a iniciar algo), e a única coisa que conta – sempre – é a vontade de seguir
em frente.40
As Valquírias è un romanzo che mostra l’uomo che sta dietro il mago e
questo potrebbe deludere alcuni che stanno cercando d’essere perfetto, perché
sono svelate delle verità definitive rispetto il tutto ma, i veri ricercatori sanno
che indipendentemente dai nostri sbagli, il cammino spirituale è più forte.
Dio è Amore, generosità e perdono, se crediamo in questo mai
permetteremo alle nostre debolezze che ci paralizzino.
I.5.4. Maktub.
Il successo ottenuto con i suoi romanzi non ha impedito a Paulo Coelho
di dedicarsi ad una sua vecchia passione: il giornalismo, Coelho, infatti, ha
scritto un gran numero d’articoli e saggi per importanti media, sia brasiliani
che stranieri.
Uno dei suoi libri Maktub, nasce proprio da questa sua passione
giornalistica, pubblicato nel 1994, Maktub è frutto della collaborazione di
Coelho al quotidiano Folha de São Paulo, su questa testata, tra giugno del
1993 e il giugno del 1994, lo scrittore ha pubblicato una serie di messaggi,
pensieri e frasi che sono stati successivamente raccolti in forma di volume.
Utilizzando le parole dello stesso Coelho: “Maktub, antica parola araba
che significa «tutto è scritto», non è un libro di consigli ma uno scambio
40
Ibidem, p.1.
33
d’esperienze”41, un’eccellente occasione per riflettere e incontrasi con se stessi.
Maktub è costituito da storie udite dal suo maestro spirituale, altri sono
racconti ascoltati da varie persone, oppure semplicemente letti nel corso degli
anni, in taluni casi s’ispirano a leggende e tradizioni.
I.5.5. Na margem do rio Piedra eu sentei e chorei.
Con il romanzo Na margem do rio Piedra eu sentei e chorei, Paulo
Coelho inizia una trilogia che si completerà con Veronika decide morrer e O
Demónio e a Senhorita Prym.
Questi libri hanno un elemento comune: in tutti e tre lo scrittore
racconta una settimana della vita di persone normali che si trovano ad
affrontare una grande sfida. Coelho sostiene che i grandi cambiamenti – sia
personali che sociali – avvengono in periodi molto brevi e una settimana è un
periodo sufficiente per decidere se accettare o no il proprio destino42.
In questo romanzo lo scrittore ci propone un itinerario, prevalentemente
spirituale, che si snoda tra Spagna e Francia con lo scontro dell’amore umano e
quello divino, i due protagonisti del libro sono un uomo e una donna che si
ritrovano undici anni più tardi, dopo essersi conosciuti e innamorati da
adolescenti.
La vita li ha condotti lungo strade diverse: lui è diventato un prestigioso
seminarista, è molto famoso per le conferenze sul «volto femminile di Dio» e
41
Cfr. Coelho, Paulo, Maktub, Barcelona, Editorial Planeta, 2002, p. 7 (Publicado de acuerdo
con Sant Jordi Asociados, por la traducción de Ana Belén Costas).
42
Cfr. Coelho, Paulo, Biografía de un narrador, op. cit., p. 70.
34
gli sono attribuiti miracoli e guarigioni, lei è una donna chiusa e dura.
La vicenda del romanzo ruota attorno al cammino di Pilar, che è diretto
alla scoperta del grande amore e della luce della fede in un’esistenza che si
trascina priva di grandi ideali. Pilar, la protagonista, è una donna che ha paura
di rivivere i propri sentimenti, tuttavia durante l’incontro con la persona amata
nell’adolescenza dentro di lei si scatenano varie emozioni che apriranno il suo
cuore all’amore e all’esperienza religiosa ma, anche il suo innamorato dovrà
affrontare una scelta: adesso è un uomo diviso tra la tenerezza che prova per
Pilar e la responsabilità di utilizzare il dono di guarire.
Si può rilevare che, inizialmente, l’incontro tra i due ex innamorati, fa
emergere i rancori e le colpe del passato che riaffiorano continuamente nelle
loro conversazioni ma, giunti sulle sponde del fiume Piedra, nei pressi di un
paesino dei Pirenei, i due scoprono il modo per affrontare i grandi temi che
hanno lasciato in sospeso.
Il viaggio che Pilar percorre dalla Spagna alla Francia con il vecchio
amico d’infanzia e un itinerario anche spirituale, perché ha luogo
principalmente nei sentieri dei sentimenti contrastanti della protagonista che
vive la lotta tra il proprio cuore che si sta innamorando e la ragione che teme
gli ostacoli e le sofferenze, logica conseguenza dell’abbandono.
Questo cammino di crescita interiore porterà a scoprire che nonostante
si rischi di soffrire, amare una persona non é mai inutile, perché solo attraverso
questa esperienza è possibile ritrovare dentro di sé la vera fede in Dio, quella
stessa fede che anche Pilar aveva smarrito nel corso degli anni43.
43
Cfr. Bolzoni, Ottavia, “Una favola di fede e speranza «firmata» da Paulo Coelho”, La
35
In questo romanzo Coelho ci presenta figure e pagine significative su
molti argomenti, ma sono accostati anche altri argomenti meno felici e precisi,
soprattutto quando lungo tutto il libro parla della Vergine Maria chiamandola
ripetutamente «Dea»44, in cui Maria è vista come il «volto femminile di Dio»45.
In seguito alla lettura di alcuni articoli della stampa italiana, si è potuto
rilevare che Coelho con queste considerazioni ha scatenato un notevole
allarmismo, soprattutto nelle fila del mondo cattolico, il Padre Ferdinando
Castelli S.J., critico letterario della Civiltà Cattolica, sostiene che l’autore
dichiarandosi “cattolico praticante”, possa indurre in qualche lettore
sprovveduto a ritenere cattolico un libro religioso sì, ma vergato all’insegna del
sincretismo, dell’ambiguità teologica e del relativismo etico, il Padre Castelli
nel suo articolo afferma che:
In realtà, la vicenda di Pilar e del suo amante si snoda su sfondi che di
cristiano non hanno quasi nulla. Questi sfondi sono dominati dal
sincretismo religioso che Coelho legittima con questo assioma: «La
verità è sempre là dove esiste la fede»46, qualunque fede: quella che si
fonda sul concetto di una Divinità che si manifesta (o s’incarna) in forme
diverse, per esempio, nella «Dea»; che assume un modello di religione
antirazionalistica e misticheggiante, ispirato a riti primordiali, che accetta
il relativismo etico quindi la norma dell’agire e dell’ascolto e
l’obbedienza al proprio cuore. Il cristianesimo del romanzo si riduce a
nomi, a qualche formula di preghiera e a talune sporadiche affermazioni,
talvolta anche accettabili. Di redenzione, sacramenti, Rivelazione,
nulla.47
Sembra opportuno aprire una breve riflessione sull’interesse dell’autore
Repubblica, luglio1996.
44
Coelho, Paulo, Na margem do rio Piedra eu sentei e chorei, Rio de Janeiro, Editora Rocco,
1994 (tr. it. a cura di Rita Desti, Sulla sponda del fiume Piedra mi sono seduta e ho pianto,
Milano, Bompiani, 1996, p. 75).
45
Ibidem, p. 74.
46
Ibidem, p. 96.
47
Castelli, Ferdinando, “Dal «new age» a un cristianesimo «rinnovato». L’ultimo romanzo di
Paulo Coelho”, La Civiltà Cattolica, marzo 1997, n.3521, pp. 444 – 452.
36
verso il culto di «Maria» e, superando il fastidio cha ad alcuni può dare la sua
interpretazione della figura mariana, si segnala il parere che questa attenzione
nei confronti della Vergine può essere portatrice di bisogni più ampi e si
rimanda ad altri un’analisi più approfondita di questa tematica.
I.5.6. O Monte Cinco.
Questo romanzo racconta la storia del profeta Elia al quale Dio ordina
di abbandonare Israele. In un’intervista rilasciata al «Café Letterario»48 che,
qui si riassume in breve, l’autore stesso sostiene che l’ispirazione a questo
romanzo è partita dalla storia della Fenicia più che dalla storia del personaggio
in sè.
Una città che da anni viveva nella pace, che credeva di avere tutto sotto
controllo e, all’improvviso si trova invece di fronte all’ineluttabile e la stessa
cosa stava capitando ad un uomo e, dato che la storia di un uomo è anche la
storia del mondo, Coelho ha deciso di raccontare la vita di Elia.
Si riporta qui sotto una parte del prologo e dell’introduzione di O Monte
Cinco, una premessa che si ritiene fondamentale per spiegare il contenuto del
romanzo:
All’inizio dell’anno 870 A. C. una nazione conosciuta come Fenicia,
che gli Israeliti chiamavano Libano, celebrava quasi tre secoli di pace.
I suoi abitanti potevano ben essere orgogliosi delle proprie imprese:
poiché non erano politicamente forti, erano stati costretti a sviluppare
un'invidiabile capacità di commerciare, unica maniera per garantirsi la
48
http://www.librialice.it/cafeletterario/interviste/coelho.html, Paulo Coelho, le radici e le ali.
(ultima data di accesso: febbraio 2005).
37
sopravvivenza in un mondo devastato da continue guerre. Un’ alleanza
stipulata intorno all’anno 1.000 a.C. Con il re Salomone d'Israele,
aveva loro consentito di modernizzare la flotta mercantile e di
espandere il commercio. Da allora la Fenicia non aveva smesso di
crescere. I suoi navigatori erano giunti in luoghi distanti quali la
Spagna e l’Oceano Atlantico e, secondo alcune teorie, tuttavia non
ancora confermate, avrebbero lasciato delle iscrizioni nel nord-est e nel
sud del Brasile. Trasportavano vetro, cedro, armi, ferro e avorio. Gli
abitanti delle grandi città come Sidone, Tiro e Biblo conoscevano i
numeri, i calcoli astronomici, l’uso del vino e, usavano, da quasi
duecento anni, un insieme di caratteri per scrivere cui i greci avevano
dato il nome alfabeto. All’inizio dell’anno 870 A., una principessa
della Fenicia, Gezabele si sposa con il re giudeo Acab e il paese
incomincia a adorare i dei fenici, fu così che Dio invia il profeta Elia
dal re Acab per annunciargli “che non avrebbe piovuto finché Baal
fosse stato adorato in Israele”, il re non obbedisce alla parola del
Signore e Elia viene esiliato. All’inizio dell’anno 870 A., in un luogo
lontano chiamato Ninive, era riunito un consiglio di guerra. Un gruppo
di generali assiri aveva deciso di inviare i propri eserciti a conquistare
le nazioni situate lungo la costa, sul mare Mediterraneo. La Fenicia era
stata scelta come il primo paese da invadere.49
Un tema centrale del libro è quello della scrittura, la grande eredità che
è trasmessa di generazione in generazione, un’arma di cui l’uomo può disporre,
un concetto valido ancora ai nostri giorni, perché l’informazione dà molto
potere all’uomo e come afferma lo stesso Coelho al Café Letterario: “nella
misura in cui si divide l’informazione, l’uomo diventa più democratico e tutta
la cultura e tutte le scelte diventano libere”.50
La maggior parte dei personaggi è rappresentata dagli abitanti di
Akbar, una delle città più fiorenti della Fenicia è che sarà il luogo in cui sarà
ambientata la storia del racconto, la trama del romanzo ruota attorno alle figure
del comandante, del sacerdote e del governatore che sembrano simboli di modi
di essere, dei personaggi che racchiudono dei sentimenti negativi.
49
Coelho, Paulo, O Monte Cinco, Rio de Janeiro, Editora Objetiva, 1996 (tr. it. a cura di Rita
Desti, Monte cinque, Milano, Bompiani, 2000, pp. 15 – 16).
50
Cfr. http://www.librialice.it/cafeletterario/interviste/coelho.html, Paulo Coelho, le radici e le
ali. (ultima data di accesso: febbraio 2005).
38
Il comandante è una persona che pensa sempre alla guerra, il sacerdote
è un reazionario, ma la natura del governatore rappresenta l’indecisione,
nonostante sappia che la Fenicia sarà attaccata dall’esercito assiro, non prende
decisioni e si lascia controllare dai fatti.
Il gran simbolo positivo del libro è il bambino che impara attraverso la
tragedia e ricostruisce se stesso. Alla fine del libro saranno i bambini e i vecchi
che ricostruiscono la città distrutta.
Un altro tema importante del libro è quello dello straniero, Elia è
guardato a lungo con sospetto dagli abitanti di Akbar perché è uno straniero.
Accolto senza entusiasmi, è considerato portatore di sventura perché
straniero e, ostile alla bella Gezabele, la moglie libanese del re d’Israele, Acab,
che ha imposto ai sudditi la religione pagana del suo paese.
Un tema molto moderno nella società multietnica attuale, le persone
continueranno a mantenere la propria cultura e le proprie radici ma, avrà la
benedizione di poter condividere le culture altrui.
Elia è soprattutto l’uomo scelto da Dio e, nell’accogliere il messaggio di
Dio, testimonia con la sua vicenda umana, la volontà a compiere il dovere che
Dio gli ha assegnato. Elia sa di avere una funzione da assolvere che non
conosce e di cui si sgomenta, ma percorre fino in fondo la propria strada.
Il profeta decide di vivere il proprio destino senza rassegnazione, il
Signore ha ordinato tremende prove per lui, con l’anima tesa ad ascoltare la
voce dell’Angelo, la voce di Dio che spesso disorienta e spinge ad affrontare
decisioni difficili, Elia conosce la paura e la sofferenza, la solitudine e l’amore.
Numerose sono le insidie che attraversano il suo cammino. Per sfuggire
39
alla persecuzione della regina Gezabele, Elia è costretto a lasciare Israele.
Giunto nella città di Akbar, la vedrà presa d’assalto dall’esercito assiro
e assisterà impotente alle conseguenze della guerra che non ha mai voluto e
deve soffrire per la morte dell’unica donna che ha amato, proteggerne il figlio e
affrontare l’ira ingiusta della popolazione.
L’autore in una breve nota iniziale al libro dice che l’inevitabile ha
sfiorato la vita di ogni essere umano su questa terra, alcuni si sono ripresi altri
hanno ceduto, la vicenda di Elia diventa una splendida lezione di coraggio e di
speranza.
In un mondo dominato da superstizioni, conflitti religiosi e tradizioni
profondamente radicate, la volontà del profeta che assume il colore della sfida,
lo spingerà a superare ostacoli, paure e rimpianti che lo porteranno all’incontro
finale con il Creatore, lungo le pendici del Monte Cinco51.
I.5.7. O Manual do Guerreiro da Luz.
Nel 1997 Coelho pubblica O Manual do Guerreiro da Luz, una raccolta
di pensieri che è diventata un’opera di riferimento per milioni di lettori.
Il Manuale è in realtà una raccolta di articoli che Coelho scrisse per un
quotidiano brasiliano in una rubrica settimanale, come afferma lo stesso
scrittore nell’intervista di Mario Baudino al quotidiano La Stampa: “ho
immaginato un personaggio in carne ed ossa, il «guerriero della luce» e parlo
51
Cfr. Coelho, Paulo, O Monte Cinco, op. cit..
40
delle sue contraddizioni, delle sue debolezze, della sua vita”.52
Il «guerriero della luce» è una persona capace di autonomia, una
persona che sceglie il proprio cammino e che, nonostante le difficoltà, si batte
per realizzare i suoi sogni.
Nella prefazione del libro l’autore presenta se stesso e la bella donna,
serena e dal capo coperto, che gli suggerisce amorevolmente la strada del
guerriero della luce, il lungo cammino quotidiano che porta verso la serenità,
dettandogli le regole raccolte nel piccolo volume.
La metafora è molto evidente e sono chiare le basi etiche e morali di
questo breve compendio di saggezza, Coelho non si ferma agli insegnamenti
cristiani, spaziando tra la sapienza di tutti i popoli e di tutte le culture.
Pagina dopo pagina l’autore crea un percorso verso la fortificazione
interiore e ci insegna che la forza di ogni uomo è dentro se stesso e che bisogna
dosare le proprie energie, scegliere i nemici contro i quali lottare, senza
aggredire i più deboli.
Il guerriero della luce impara a vivere insieme con gli altri, perché non
vi è nessuna gioia finale se si giunge alla meta da soli, bisogna saper scegliere
però i propri compagni di viaggio, senza farsi traviare o abbattere dai maligni.
Il vero guerriero è un uomo come tutti, anche lui sbaglia molte volte,
ma sa meditare sulle proprie sconfitte e sugli errori, senza lasciarsi andare ad
un pericoloso sconforto.
Per giungere alla metà, suggerisce l’autore, l’importante è agire e non
perdere mai di vista il traguardo finale, quale è questo traguardo ognuno di noi
52
Cfr. Baudino, Mario, “Un alchimista tra i Fenici”, La Stampa, 17.10.1997, p. 23.
41
lo può intuire: la serenità, la forza di accettare le vicissitudini, la capacità di
gioire per le cose semplici ma vere.
Il percorso che ogni guerriero deve compiere è disseminato di lusinghe
e tentazioni e molte volte si sbaglierà, il guerriero sa che i fini non giustificano
i mezzi. Perché i fini non esistono: ci sono solo i mezzi e l’errore più
pericoloso sarà l’incapacità di vivere l’attimo persi in una meta sempre troppo
lontana, il suo insegnamento è assaporare ogni frazione di piacere e ogni
piccola conquista quotidiana.
Un insieme di riflessioni filosofiche che Paulo Coelho ritiene essenziali
per il miglioramento di ogni essere umano. In ciascun individuo, ci dice,
alberga un guerriero che ogni giorno ingaggia una sua battaglia personale e in
questa opera c’invita a cercare il guerriero della luce che è dentro di ciascuno
di noi53.
I.5.8. Paulo Coelho: las confesiones del peregrino.
Nel 1998 il giornalista e scrittore spagnolo Juan Arias incontra Coelho
nella sua casa, a Copacabana, in un’intervista che ha richiesto alcuni giorni, lo
scrittore accetta di parlare di sé e di mettere a nudo alcuni episodi molto
dolorosi e discussi della sua vita.
In questa conversazione con Juan Arias, Coelho ha aperto la sua anima
e ha svelato per la prima volta, alcuni momenti dolorosi del suo passato, come
53
Coelho, Paulo, Manual do Guerreiro da Luz, Rio de Janeiro, Editora Objetiva, 1997 (tr. it. a
cura di Rita Desti, Manuale del guerriero della luce, Milano, Bompiani, 1997).
42
l’attraversamento della droga, della magia nera e satanica, il manicomio, il
carcere e la tortura.
Nel libro Paulo Coelho: las confesiones del peregrino, vediamo come
lo scrittore dimostrando molto coraggio, decide di esporsi e di non nascondere
nulla della sua vita attraversata da battaglie e gioie e che continua a mostrarci i
segni di un’esistenza singolare54.
I.5.9. Veronika decide morrer.
Romanzo di grande profondità psicologica è ispirato ad un drammatico
evento della vita dell’autore, quando tra i 18 e i 22 anni per ben tre volte fu
rinchiuso in una clinica per malati di mente, dove subì anche lo shock
insulinico, qui applicato ad uno dei personaggi in alcune delle pagine più
«spirituali» dell’intero volume ambientato in Slovenia.
Nel manicomio lo scrittore finì per decisione dei genitori,
probabilmente disorientati dalla stravaganza della sua gioventù, un’esperienza
dolorosa che lo scrittore aveva promesso di raccontare solo dopo la morte dei
genitori. La madre è morta nel 1993, il padre è ancora vivo e per questo Coelho
ha usato il personaggio di Veronika per descrivere quello che conosceva
intimamente: i trattamenti, i rapporti tra medici e pazienti, il conforto e
l’angoscia di trovarsi in un ospedale psichiatrico.
La protagonista di questo romanzo, Veronika, ha apparentemente una
vita normale:
54
Cfr. Arias, Juan, op. cit..
43
Nella sua vita, tutto appariva identico; e passata la gioventù, ecco la
decadenza: la vecchiaia cominciava a lasciare segni irreversibili,
arrivavano le malattie, gli amici se ne andavano… Insomma, continuare
a vivere non aggiungeva nulla: anzi, aumentavano considerevolmente le
occasioni di sofferenza. Leggeva i giornali, guardava la televisione ed era
informato di quanto succedeva nel mondo. Era tutto sbagliato, ma lei non
aveva alcun modo di contrastare quella situazione e, questo le dava una
sensazione di totale inutilità.55
Veronika è profondamente infelice e, forse proprio per questo, decide di
farla finita e ingerisce una grossa quantità di sonniferi, ma il tentativo fallisce.
Salvata in extremis è internata in una clinica psichiatrica dove si scontra
con una realtà di cui ignorava l’esistenza e, che servirà a ridimensionare la
propria ingiustificata infelicità.
Nel romanzo Coelho ci presenta il manicomio come un luogo di gran
libertà nel quale proprio perché si può fare tutto quello che si vuole, senza
dover accettare mediazioni, è difficile uscire. Veronika lo farà, anche se
aggrappata all’inganno inventato da un medico per farle riacquistare fiducia
nella vita dopo il suo tentativo di suicidio 56.
Veronika decide morrer è un libro che si presenta come un viaggio
spirituale nell’anima di chi non è in grado o non vuole affrontare il quotidiano
nella sua ripetitiva banalità, la vita mette alla prova la nostra volontà di
cambiamento e il nostro coraggio e ci mette di fronte a delle sfide e, fingere
che non stia accadendo nulla o che non si è in grado di affrontare le situazioni
più difficili non serve, a Veronika l’unica prospettiva pareva la morte ma
scampando ad essa deciderà di accettare i nuovi orizzonti che la vita gli
55
Coelho, Paulo, Veronika decide morrer, Rio de Janeiro, Editora Objetiva, 1998 (tr. it. a cura
di Rita Desti, Veronika decide di morire, Milano, Bompiani, 1999), p. 14.
56
Cfr. Stefanelli, Elisabetta, “La follia secondo Paulo Coelho”, Gazzetta del Sud, 4.9.1999, p.
17.
44
presenta.
Il libro offre anche lo spunto alla meravigliosa riflessione sul tema della
normalità e della diversità, trasformando il dramma dell’infelicità nella
pienezza e accettazione della vita e della sua bellezza.
Come afferma lui stesso nel Corriere della Sera: “Tra la normalità e la
follia – che in fondo sono la stessa cosa – esiste uno stadio intermedio: si
chiama «essere diversi». Le persone hanno sempre più paura di «essere
diverse»”.57
Veronika decide morrer è uscito in Brasile nell’agosto del 1998 a
settembre l’autore ha ricevuto più di 1200 tra e-mail e lettere, in cui gli erano
raccontate esperienze simili ma, l’episodio più rilevante è che nell’ottobre dello
stesso anno, alcuni dei temi affrontati nel libro – la depressione, la sindrome da
panico, il suicidio, etc. – come riferisce lo stesso autore nel Corriere della
Sera, sono stati trattati in un congresso in Brasile che ha avuto ripercussioni
nazionali. Il 22 gennaio del 1999, il senatore Eduardo Suplicy, leggendo alcuni
brani del libro durante una seduta parlamentare, è riuscito a far approvare una
legge – in discussione da ben dieci anni – che vieta i ricoveri coatti58.
I.5.10. O Demónio e a Senhorita Prym.
Questo romanzo è ambientato nel villaggio di Viscos, nel sud della
Francia, e si presenta come un’emozionante allegoria dell’eterna lotta tra il
57
Cfr. Coelho, Paulo, “Quei giorni che ho passato in manicomio”, Corriere della Sera,
21.8.1999 (tr. it. a cura di Rita Desti,).
58
Ibidem.
45
Bene e il Male, raccontata attraverso le vicende di un piccolo paese e dei suoi
abitanti.
La vecchia Berta da quindici anni suole sedersi tutti i giorni davanti alla
porta della sua casa e una sera vede arrivare uno straniero, la sua esperienza del
mondo, le fa riconoscere nel nuovo venuto un uomo abitato dal demonio.
Lo straniero, un tempo era un’onesta persona ma per aver riposto
fiducia nella legge e a sentirsi protetto da lei, aveva perduto moglie e figlia,
ormai sfiduciato sulla natura dell’animo umano, vuole vedere se gli abitanti di
un piccolo paese sono disposti a commettere un delitto in cambio della
ricchezza.
Lo strano personaggio, che è la personificazione del Male, è prigioniero
dei legami che lo tengono avvinto al passato, non può spezzare questi lacci e
vorrebbe poter avvolgere tutti con loro.
A questo scopo utilizzando una giovane donna impiegata nell’hotel del
paese: la Signorina Prym, fa una proposta perversa, offre alla comunità alcuni
lingotti d’oro in cambio della vita di un innocente. Se accetteranno la sua
offerta, entro il termine di una settimana, gli abitanti del piccolo paese
dovranno scegliere una vittima e ucciderla.
L’arrivo dello straniero mette in subbuglio il villaggio, pone fine alla
monotonia che regna incontrastata e costringe ogni paesano ad affrontare il lato
oscuro di se stesso, il forestiero incarna la coesistenza del lato buono e di
quello cattivo, della luce e della tenebra, non solo nella società, ma anche in
ciascuno di noi.
La tentazione diventa protagonista del cambiamento che avvelena sogni
46
e morale del paese, l’uomo con una proposta così terribile vuole vedere che
tipo di decisione gli abitanti prenderanno: se si faranno tentare dalla brama di
denaro o decideranno di rinunciare all’esecuzione di uno dei cittadini.
Il Male e il Bene si affrontano e gli abitanti dovranno reagire a questa
lotta con una scelta e, come afferma lo straniero in un passo del romanzo:
La storia di un uomo è la storia di tutta l’umanità. Se la compassione
esiste, allora saprò che il destino è stato crudele con me, ma che talvolta
può essere benigno con altri. Questo non cambierà affatto ciò che sento,
non mi restituirà la mia famiglia, ma almeno allontanerà il demonio che
mi accompagna e che mi toglie la speranza. 59
All’unanimità, i 281 abitanti del paese sentenzieranno di uccidere la
vecchia Berta, ma alla fine, bloccati solo dalla paura, desisteranno e la
Signorina Prym riceverà l’intero tesoro dallo straniero.
In questa sfida tra le Tenebre e la Luce, vincerà il bene, anche se c’è da
segnalare che nel libro gli abitanti abbandoneranno il loro disegno malvagio
non per rimorso o presa di coscienza, ma perché mossi dalla paura e Coelho
conclude il libro mettendo in evidenza la natura maligna dell’uomo che solo
per timore di Dio desiste dal proprio intento.
Con questo libro, Coelho conclude la trilogia di cui fanno parte Na
margem do rio Piedra eu sentei e chorei e Veronika decide morrer, filo
conduttore della trilogia è la sfida che i protagonisti si trovano ad affrontare
improvvisamente con l’amore, la morte e il potere e, tutto ciò avviene nell’arco
di una settimana della loro vita.
59
Coelho, Paulo, O Demónio e a Senhorita Prym, Rio de Janeiro, Editora Objetiva, 2000 (tr. it.
a cura di Rita Desti, Il Diavolo e la Signorina Prym, Milano, Bompiani, 2000, p. 69).
47
Coelho descrive un arco di tempo così breve nella vita dei personaggi
perché le trasformazioni profonde che caratterizzano gli esseri umani e la
società in generale, avvengono in periodi di tempo molto ridotti:
Ho sempre creduto che le trasformazioni profonde, sia nell’essere umano
che nella società, avvengano in periodi di tempo estremamente ridotti.
Quando meno ce lo aspettiamo, la vita ci pone davanti una sfida, per
provare il nostro coraggio e la nostra volontà di cambiamento. In quel
momento, non serve fingere che non stia accadendo nulla, o scusarci
dicendo che non siamo ancora pronti. La sfida non attende. La vita non
guarda indietro. Una settimana è un periodo di tempo più che sufficiente
per decidere se vogliamo accettare o no il nostro destino.60
I.5.11. Onze Minutos.
Onze Minutos è scritto da Paulo Coelho ma «dettato» da Maria, giovane
protagonista del libro che, dopo aver incontrato un impresario teatrale a
Copacabana, si lascia abbagliare dal miraggio di una vita diversa, lasciato il
Brasile, seguendo la prospettiva seducente di un modo di vivere più facile, si
trasferisce da Rio de Janeiro in Europa. Arrivata a Ginevra, dopo il tentativo di
intraprendere una carriera come modella e di lavorare come ballerina di samba,
si ritrova immersa nel mondo della prostituzione.
Maria utilizza il suo corpo, con il solo obiettivo di guadagnare quanto le
basti per tornare da vincente al suo paese e con quei soldi acquistare
un’azienda agricola. No all’amore in questa parentesi di vita perché nulla, una
volta tornata ad essere quella di prima la deve legare al suo presente da
prostituta.
60
Ibidem, p.11.
48
Gli undici minuti del «programma d’amore», questo il limitato arco di
tempo dedicato da Maria per ogni incontro con i clienti, le permetterà di entrare
in contatto con l’anima degli sconosciuti che incontra e di sviluppare la sua
particolare conoscenza del mondo. E sarà proprio uno di questi uomini, il
pittore Ralph Hart, ad aprirle le porte di una nuova consapevolezza.
Nel suo nuovo romanzo Onze Minutos, Paulo Coelho continua la sua
meditazione sulla vita, sull’animo umano e sulla spiritualità che è da sempre al
centro dei suoi libri.
Questa volta le sue riflessioni ruotano attorno al tema della sessualità,
considerata uno strumento di conoscenza ed esplorazione di sé. Il sesso come
mezzo di crescita che consente a Maria di conoscere il mondo e l’anima delle
persone per comprendere il vero amore.
Lo scrittore brasiliano affronta senza reticenze il tema del sesso in tutti i
suoi risvolti, nella storia di Maria ci racconta come il sesso può diventare un
cammino di conoscenza, infatti, nel libro la sua ricerca nelle passioni con tanti
uomini le permetterà di incontrare un uomo che la aiuterà a trovare una nuova
coscienza e percezione di sé61.
I.5.12. O Zahir.
O Zahir è una parola araba che indica le nostre passioni profonde ma è
anche il titolo dell’ultimo romanzo dell’autore brasiliano, in cui affronta il tema
61
Coelho, Paulo, Onze Minutos, Rio de Janeiro, Editora Rocco, 2003 (tr. it. Desti, Rita, Undici
Minuti, Milano, Bompiani, 2003).
49
della crisi di coppia.
O Zahir continua a spiegarci lo scrittore in un’intervista rilasciata al
giornalista di Oggi:
E’ una parola araba non facilmente traducibile. Vuol dire «visibile,
presente, incapacità di passare inosservato». Qualcosa o qualcuno che
finisce per occupare a poco a poco la nostra mente, fino al punto che non
riusciamo più a concentrarci su altro. O Zahir è un pensiero che all’inizio
ti sfiora appena, poi finisce per essere la sola cosa che hai in testa.62
Nel romanzo, O Zahir dello scrittore è la moglie Esther con cui è
sposato da dieci anni, Esther è una giornalista, una corrispondente di guerra
che scrive articoli sui conflitti etnici, politici e religiosi che riguardano il
mondo, tutto andava bene tra loro, fino a quando lei sparisce senza lasciare
tracce, dando inizio all’intreccio della storia.
La polizia vagliando le ipotesi di un sequestro, di un ricatto, di un
rapimento seguito da un’uccisione avvia un’indagine, ma il marito conosce la
risposta: Esther lo ha semplicemente abbandonato senza salutarlo, è uscita
dalla sua vita e finisce con l’occupare la sua mente, i suoi interrogativi non lo
lasciano in pace e finiscono per guidarlo in un viaggio alla ricerca di sua
moglie scomparsa e di se stesso alla ricerca delle risposte e spiegazioni per
capire quali sono gli errori che ha commesso nel suo matrimonio.
La forza dell’amore, la ricerca del senso profondo della vita, la crescita
personale, la scoperta della spiritualità: tutti questi temi tornano insieme nel
nuovo libro dello scrittore brasiliano Paulo Coelho, pubblicato in anteprima
mondiale nel nostro Paese.
62
Cfr. Sansonetti, Vincenzo, “Christina amore mio, per me sei il mio Zahir”, Oggi, aprile
2005, pp. 82 – 86.
50
Come nei precedenti romanzi che gli hanno valso il successo
internazionale, dall’Alquimista al più recente Onze minutos, l’autore ci conduce
negli sconfinati territori dell’interiorità e del sentimento e, allo stesso tempo, ci
racconta una storia di forte impatto emotivo con ambientazioni e personaggi di
gran fascino e realismo.
Ciò che colpisce sin dalle prime pagine è l’ispirazione autobiografica
che caratterizza fortemente questa narrazione, il protagonista è infatti uno
scrittore, mai chiamato per nome, che ha lasciato il suo paese d’origine e vive
tra la Spagna e Parigi esercitando con successo la sua arte.
La sua esistenza, anche se a volte piuttosto inquieta e movimentata dalle
molte amanti, è ravvivata dal forte rapporto che lo lega alla moglie Esther, un
amore burrascoso, ma intenso, giunto dopo tre matrimoni falliti.
Nel viaggio che lo scrittore intraprende alla ricerca della moglie
scomparsa, scopre che dietro la sua sparizione si cela la presenza di Mikhail,
un giovane misterioso originario di un paese tanto lontano quanto sconosciuto:
il Kazakistan. Spinto da un sentimento potente e ambiguo, che riunisce
passione e risentimento, amara rassegnazione e desiderio di rivalsa, lo scrittore,
aiutato dal destino che non smette di tessere le sue trame imperscrutabili,
incontra Mikhail e con il suo aiuto, e con quello della nuova compagna Marie,
intraprende un viaggio impegnativo fuori e dentro se stesso. Al termine di
questo itinerario di crescita, che lo porterà fino alle immense steppe dell’Asia
centrale, raggiungerà una nuova consapevolezza di sé e del mondo che lo
circonda e scoprirà che la verità può essere anche diversa da quella che sembra.
Paulo Coelho anche in questo romanzo attingendo dalle antiche
51
tradizioni, proverbi leggende e miti, arricchisce e rende affascinante il
contenuto di questo racconto, un libro caratterizzato da intense note di
spiritualità, una storia di ricerca, riflessione e conquista interiore, in cui la
finzione narrativa e l’esperienza personale e autobiografica dell’autore si
confondono. O Zahir è anche il racconto di un amore travolgente, il cui titolo
poetico è ispirato dalla passione totalizzante che guida ogni mossa del
protagonista, il quale afferma: “Lo Zahir è un pensiero che all’inizio ti sfiora
appena e finisce per essere la sola cosa a cui riesci a pensare. Il mio Zahir ha un
nome e il suo nome è Esther”.63
63
Coelho, Paulo, O Zahir, Rio de Janeiro, Editora Rocco, 2005 (tr. it. Desti, Rita, Lo Zahir,
Milano, Bompiani, 2005).
52
Capitolo II
L’INFLUENZA DELLA PEDAGOGIA
IGNAZIANA NELLA FORMAZIONE
DI PAULO COELHO.
53
Capitolo II
L’INFLUENZA DELLA PEDAGOGIA IGNAZIANA NELLA
FORMAZIONE DI PAULO COELHO.
II.1. Il progetto educativo di San Ignazio.
La decisione di fondare un Ordine religioso non era stata da sempre
nella mente di S. Ignazio di Loyola64.
Con il piccolo gruppo dei suoi compagni, San Ignazio aveva deciso di
servire Dio e il prossimo. La loro idea iniziale era di passare la propria vita
prestando assistenza ai pellegrini cristiani, nell’ambiente ostile della Terra
Santa. Quando questo piano si dimostrò impraticabile, nel 1537 il gruppo si
64
Ignazio di Loyola: (Azpeitia, 1491 – Roma, 1556). Nato nel 1491 ad Azpeitia, la nobiltà
della nascita lo aveva destinato alla carriera delle corti e delle armi. Il suo destino mutò in
seguito alle gravi ferite riportate durante la difesa di Pamplona assediata dai francesi, che lo
costrinsero alla resa e al trasporto immediato nel castello paterno a Loyola. Durante la
convalescenza, dalla lettura di vite di santi, ebbe inizio il processo di riflessione che lo portò
alla conversione. Nel 1522 inizia il suo lungo pellegrinaggio che lo porta da Aránzazu a
Montserrat, qui depone le sue vesti cavalleresche e si reca a Manresa, dove per un anno
conduce una vita di preghiera e penitenza, lì incomincia a scrivere il nucleo fondamentale degli
Esercizi Spirituali. Nel 1523 senza mutare la sua condizione da pellegrino e di mendico, arriva
a Barcellona per raggiungere Gerusalemme. In questa città egli sarebbe voluto rimanere, ma le
autorità religiose del luogo lo costrinsero a rientrare a Venezia e, da Venezia si sarebbe recato
nuovamente a Barcellona. Nella città spagnola cominciò a raccogliere un primo gruppo di
compagni e ad impegnarsi negli studi umanistici, proseguiti poi nelle Università di Alcalá e di
Salamanca, dove per la pratica degli Esercizi, di cui si faceva intanto promotore e diffusore, fu
più volte sottoposto a interrogatori e processi da parte di vari inquisitori. Nel 1528, decise di
trasferirsi a Parigi e si trattenne fino al 1535 e conseguì tutti i gradi del cursus accademico in
filosofia fino al titolo di «magister in artibus». Il soggiorno parigino fu molto importante,
perché fu proprio in questo periodo che intorno a San Ignazio si raccolsero e si formarono i
compagni che avrebbero costituito il primo nucleo della futura Compagnia di Gesù. Cfr.
Tellechea Idígoras, José Ignacio, Ignacio de Loyola solo a pie, Madrid, Ediciones Cristiandad,
1986, (tr. it. a cura di Maria Iris Gramazio, Ignazio di Loyola solo e a piedi, Roma, Edizioni
Borla, 1990).
54
presentò al Papa mettendosi al servizio del popolo di Dio per ogni necessità. Fu
allora che presero la decisione di fondare un Istituto religioso.
Nel 1538 il Papa Paolo III accetta la loro offerta e fu così che iniziò
l’attività apostolica65.
Dalla fondazione di case di studio per la formazione dei propri membri,
il nuovo Ordine passò gradualmente all’ammissione di «non-gesuiti» alle
lezioni.
Di qui, il passo per arrivare all’istituzione di una scuola secondaria a
Messina, nel 1547, e di altre scuole in seguito, fu breve66.
La compagnia sorta sotto l’egida «No estudios», a sette anni dal
riconoscimento pontificio cambiando rotta dimostrò la flessibilità di Ignazio e
dei suoi primi collaboratori, essi avevano inteso come fosse importante una
retta istruzione nel clero e nei laici poiché da essa poteva dipendere
l’orientamento di molte anime67.
Contemporaneamente
all’istituzione
dei
collegi,
era
necessario
provvedere all’ordinamento degli studi. Le Costituzioni68 della Compagnia di
65
L’approvazione della formula del nuovo Istituto della Compagnia di Gesù avviene
definitivamente nel 1540 con la Bolla «Regimini Militantis Ecclesiae» del Papa Paolo III. Nel
1541 San Ignazio fu eletto all’unanimità, Preposito Generale della Compagnia e nel 1544
lavora alla redazione delle Costituzioni della Compagnia di Gesù, la stesura delle stesse verrà
completata nel 1550, ma San Ignazio continuerà a correggerle fino alla morte, che arrivò il 31
luglio del 1556. Cfr. Ibidem.
66
Durante gli ultimi dieci anni della sua vita, Ignazio approvò personalmente l’apertura di 39
scuole. Di queste, 35 erano già in funzione prima della sua morte, avvenuta nel 1556. Cfr. Hans
Kolvenbach S. J., Peter, Linee di pedagogia della Compagnia di Gesù, in Atti del Convegno
Internazionale Messina 14-16/11/1991. Messina, ESUR Ignatianum, 1992, pp. 74 – 75.
67
Cfr. Papàsogli, Giorgio, Sant’Ignazio di Loyola, Roma, Edizioni Paoline, 1955, pp. 381–385.
68
Le Costituzioni: Capolavoro di organizzazione, detta in dieci parti, le norme della
Compagnia secondo i seguenti argomenti: La prima parte tratta della scelta accurata dei
candidati all’ammissione nella Compagnia, secondo «l’esame generale». La seconda del modo
come dimettere con prudenza e carità, quelli che non si fossero dimostrati adatti alla
Compagnia. La terza tratta del noviziato e della formazione spirituale dei novizi. La quarta
descrive la formazione intellettuale e l’apostolato nel campo degli studi. La quinta parte
presenta l’architettura interna dell’Ordine e le varie categorie dei gesuiti ammessi
55
Gesù, elaborate da San Ignazio tra il 1541 e il 1556, dettavano in dieci parti le
norme della Compagnia, secondo diversi argomenti. Nella parte IV si
tracciavano a grandi linee i criteri per l’istruzione degli scolastici, rinviando per
le determinazioni particolari ad un successivo trattato69, ma insieme
concedendo ampia libertà di adattamento alle situazioni locali70.
II.1.1. La parte IV delle Costituzioni.
La parte IV delle Costituzioni71 è distinta in diciassette capitoli e
definitivamente. La sesta dichiara le obbligazioni dei voti religiosi. La settima espone la pronta
sottomissione al Papa e ai superiori, le opere apostoliche in bene delle anime e le missioni.
L’ottava tratta del Governo della Compagnia e dell’unione dei singoli membri fra loro e con i
superiori, l’obbedienza come vincolo unitivo. La nona parte è dedicata al Preposito Generale.
La decima tratta dei mezzi da seguire per conservare ed accrescere la Compagnia. Cfr. Barbera,
Mario, La Ratio Studiorum, con la Parte quarta delle Costituzioni della Compagnia di Gesù,
Padova, Casa editrice Dott. Antonio Milani, 1942, pp. 8 – 9.
69
La redazione definitiva del Metodo e Ordinamento nei collegi della Compagnia di Gesù si
ebbe con la Ratio Studiorum del 1599. Ibidem, pp. 35 – 46.
70
Cfr. Raffo, Giuliano, La Ratio Studiorum, Milano, Garzanti, 1989, p. 5.
71
La parte IV delle Costituzioni: è distinta in 17 capitoli: Cap. I. – Determina le prestazioni
onorifiche, in segno di gratitudine, ai benefattori Fondatori dei Collegi ed ai loro eredi.
Cap. II. – Tratta dell’amministrazione dei beni temporali dei collegi.
Cap. III. – Tratta degli scolastici religiosi da istruire nei collegi, dopo il noviziato ed emessi i
primi voti. Si possono ammettere studenti esterni, purché abbiano buone qualità morali e
religiose con particolare riguardo alle condizioni economiche sfavorevoli degli studenti poveri.
Cap. IV. – Tratta della cura della salute e delle pratiche spirituali degli scolastici religiosi.
Cap. V. – Espone schematicamente gli studi dei corsi: umanistico, filosofico e teologico.
Cap. VI. – Tratta del modo come far profittare negli studi: la retta intenzione alla gloria di Dio;
rimozione degli impedimenti e distrazioni, moderando le devozioni e mortificazioni; ordine
graduale negli studi; biblioteca; esercitazioni, dispute e saggi privati e pubblici; obbligo di
parlare in latino; vigilanza del Rettore sugli studi avvalendosi di un censore.
Cap. VII. – Tratta delle scuole pubbliche nelle quali si ammettono studenti esterni.
Cap. VIII. – Si indicano i modi come avviare, esercitare e preparare i destinati al Sacerdozio ai
ministeri: celebrazione della Messa, predicazione, amministrazione dei Sacramenti, direzione
degli Esercizi Spirituali, insegnamento della dottrina cristiana.
Cap. IX. – Tratta del tempo e circostanza in cui è necessario o conveniente togliere dal collegio
o mandare altrove gli scolastici, che avviene terminati tutti i tre corsi.
Cap. X. – Tratta del governo dei collegi.
Cap. XI. – Espone le condizioni, secondo le quali la Compagnia può ammettere le fondazioni
di Università con potere di conferire gradi accademici.
Cap. XII. – Tratta delle scienze da insegnare in questa Università : la teologia con le scienze e
lingue ausiliari rispettive; la filosofia e le scienze naturali, le lettere umane latine e greche.
Cap. XIII. – Tratta del modo o metodo d’insegnamento e di studio nelle facoltà dell’Università.
Cap. XIV. – Tratta dei libri di testo.
Cap. XVI. – Indica, per gli studenti esterni che frequentano l’Università della Compagnia, i
56
riguarda principalmente la formazione letteraria e scientifica degli studenti
della Compagnia in ordine al ministero sacerdotale, ed in secondo luogo, degli
studenti esterni ammessi alle scuole insieme con i religiosi dell’Ordine.
La parte IV delle Costituzioni non è un codice completo e sistematico di
pedagogia, ma è semplicemente il frutto dell’esperienza personale e
accademica di San Ignazio, raccogliendo le sue osservazioni e riflessioni.
La parte IV delle Costituzioni ignaziane sono come una legge organica
dell’insegnamento nella Compagnia, dove sono stabiliti i capisaldi della
formazione degli studenti, dell’ordinamento degli studi e del governo dei
Collegi e di una Università, a somiglianza specialmente dell’Università di
Parigi, nei tre corsi: umanistico, di arti o filosofico e teologico72.
San Ignazio ebbe un alto concetto della cultura umanistica e dello
studio del latino, per il suo valore formativo e come fondamento a tutti gli altri
studi e ad una solida cultura, il «modo Parisiense», da San Ignazio, per propria
esperienza, ritenuto il migliore e, perciò da lui raccomandato ad altri,
consisteva principalmente in due caratteristiche metodiche.
La prima: la distinzione graduale delle classi e dei corsi, per cui gli
alunni attendevano ad una cosa alla volta, progredendo ordinatamente. La
seconda: i professori prendevano cura particolare degli alunni con molteplici e
assidue esercitazioni.
San Ignazio, nel capo XIII della quarta parte delle Costituzioni, stabilì
punti principali riguardanti: le pratiche religiose, i buoni costumi e la disciplina.
Cap. XVII. – San Ignazio tratta degli officiali delle Università della Compagnia, nelle quali
ammette tre facoltà: di Lingue, di Arti e di Teologia. Gli officiali sono: il Rettore, il
Cancelliere, il Segretario, il Notaio, i Decani delle tre facoltà, quattro Consiglieri o Assistenti,
il Collaterale ed il Censore, tutti della Compagnia, due bidelli, persone esterne alla Compagnia.
Cfr. Barbera, Mario, op. cit., pp. 16 – 21.
72
Ibidem, p. 16.
57
che vi fossero maestri per ciascuna classe, «secondo le capacità e il numero
degli uditori, i quali procurino in modo speciale il profitto di ciascuno degli
scolastici, chiedano conto delle lezioni e se le facciano ripetere», e li esercitino
in tutti i modi73.
Le esercitazioni sulle quali insiste San Ignazio in tutta la parte VI della
quarta parte delle Costituzioni sono descritte in modo tale da far rilevare che
esse servono non solo ad imprimere bene nella memoria la lezione ma a far
intendere all’esercitante che «deve lavorare per ottener quello che desidera»74.
Le difficoltà che San Ignazio incontrò nei suoi studi gli avevano
dimostrato che l’entusiasmo non era sufficiente per ottenere successo nello
studio. I fattori importanti sono il modo in cui uno studente viene indirizzato e
il metodo di insegnamento.
L’intuizione ignaziana della «cura personalis» è il fondamento della
pedagogia dei gesuiti, che intese avviare l’apprendimento e l’insegnamento
delle materie umanistiche parallelamente alla formazione del carattere. Il piano
degli studi come indicato nel capo XV della quarta parte delle Costituzioni, era
incentrato sulla persona piuttosto che sugli argomenti da trasmettere. Ogni
studente, inoltre, era messo in condizione di sviluppare e realizzare gli obiettivi
proposti ad un ritmo proporzionato alle sue capacità personali e alle
caratteristiche della sua personalità75.
La «cura personalis» è un avere a «cuore» la realtà della persona, è un
73
Ibidem, p. 51.
Ibidem, p. 24.
75
Cfr. Carmagnani, Rossana, Cura personalis e leadership di servizio: fondamento e progetto
della pedagogia ignaziana, in Atti del Convegno Internazionale Messina 14-16/11/1991.
Messina, ESUR Ignatianum, 1992, pp. 503 – 508.
74
58
atteggiamento di ascolto e di accoglienza verso la persona, dei suoi bisogni più
profondi e inespressi, nei quali abitano le sue debolezze e povertà, ma anche le
sue speranze di riscatto e di crescita.
San Ignazio aveva inteso l’importanza dei maestri nelle scuole, che
dovevano essere preparati nei metodi di istruzione e nell’arte di educare, si
preoccupava di formare uomini istruiti per lavorare al miglioramento di altri,
ma intese che la cultura non era sufficiente a conseguire questo obiettivo se
non fosse accompagnata a una buona formazione cristiana76.
Il fine apostolico–religioso che San Ignazio aspirava dall’insegnamento
era quello di portare l’uomo alla conoscenza e amore di Dio, sperando che gli
alunni formati alla cultura e all’educazione arrivassero a essere nella vita
professionale e sociale influenti leader al servizio della società, trasmettendo lo
spirito che avevano ricevuto agli altri.
Tutto l’insegnamento doveva essere ordinato al bene delle anime e
quindi alla formazione morale e religiosa degli alunni, i principi
dell’educazione cristiana erano chiari e ammessi secondo l’insegnamento e la
tradizione della chiesa, dove tutto doveva essere ordinato alla gloria di Dio.
Nella parte IV delle Costituzioni e nella Ratio Studiorum poi si ricorda
sempre nelle regole dei Superiori, professori ed alunni lo stesso scopo:
“promuovere la conoscenza e l’amore di Dio e delle virtù a Dio gradite e di
dirigere a questo scopo tutti i loro studi”77.
San Ignazio senza essere né un dotto né un pedagogista, fu un educatore
di genio, poiché nelle Costituzioni, stabilì le norme della perfetta formazione
76
77
Cfr. Hans Kolvenbach S. J., Peter, op.cit., pp. 76 – 77.
Cfr. Barbera, op. cit., p. 63.
59
umanistica e di alta cultura per i membri della Compagnia, ed insieme con
esse, in germe e di riflesso, i capisaldi della retta formazione cristiana,
letteraria e scientifica della gioventù78.
II.1.2. La Ratio Studiorum.
Nel 1599 si ebbe con la Ratio Studiorum79 la redazione definitiva del
Metodo e Ordinamento nei collegi della Compagnia di Gesù.
La Ratio Studiorum fu il primo documento pedagogico approvato e
pubblicato dall’allora superiore generale Claudio Acquaviva, seguendo il
desiderio espresso da Ignazio di Loyola l’ispiratore fondamentale del progetto.
Nel cap. XIII. 2.A della parte IV delle Costituzioni, lo stesso San
Ignazio accenna ad un trattato che dovrà comporsi sull’ordinamento
particolareggiato degli studi:
Questa costituzione ci rimette ad un ordinamento, approvato dal
78
Ibidem, p. 5.
Il processo di elaborazione della Ratio Studiorum fu lento e sono numerosi i tentativi di
raccogliere in un regolamento comune le norme per gli studi. Nel 1569 sotto il governo del P.
Generale Francesco Borgia fu compiuto un primo trattato degli studi, la Ratio Borgiana,
limitatamente agli studi umanistici o studi inferiori. Finalmente nel 1583, per mandato della
congregazione Generale 4ª, il P. Generale Claudio Acquaviva istituì una commissione di sei
padri provenienti da diverse province, che tenendo conto dei precedenti regolamenti particolari,
elaborassero un piano degli studi comune, per garantire l’uniformità sia della dottrina sia del
metodo di insegnamento. Il documento, dopo essere stato sottoposto alla revisione dei
professori del Collegio Romano, fu stampato nel 1586 con il titolo Ratio atque institutio
studiorum, “Metodo e ordinamento degli studi”, si compose di una serie di trattati che regolano
gli insegnamenti superiori e quelli inferiori. La Ratio del 1586 è detta intermedia, perché
doveva servire unicamente come base per la redazione di una Ratio definitiva, costituita, non
più da trattati sulle singole discipline, ma da una raccolta di regole per i diversi uffici. Gli stessi
padri che avevano redatto la Ratio 1586/B, composero il nuovo testo in forma di regole,
Regulae officiorum, fra il 1589 e il 1590. La redazione definitiva della Ratio del 1599 è il
risultato di una elaborazione che parte da quattro successive redazioni: le prime due hanno la
forma di trattati sugli studi superiori e inferiori, mentre le altre due sono raccolte di regole
pratiche per i diversi uffici. Cfr. Raffo, op. cit., pp. 6 – 9.
79
60
Preposito Generale, nel quale si tratterà a parte e nei singoli particolari
delle ore, dell’ordine e del metodo delle lezioni e degli esercizi, tanto di
composizioni (che devono essere corrette dai Maestri) quanto delle
dispute in tutte le facoltà, e della recita di discorsi e di poesie; avvertendo
soltanto che devono queste cose adattarsi ai luoghi, tempi ed alle
persone; benché convenga avvicinarsi, in quanto si potrà, a quello
ordinamento.80
Tutta la parte IV delle Costituzioni dà la base allo svolgimento ed alle
applicazioni particolari, il passo citato dà le mosse alla compilazione della
Ratio Studiorum.
La Ratio Studiorum non è un trattato pedagogico e neanche un trattato
didattico, per quanto sia tutta ordinata all’insegnamento ed alla scuola. E’ una
raccolta di norme pratiche in forma di codice, in trenta capitoli di regole, per i
Superiori, per i professori e per gli alunni.
A capo stanno le regole del Provinciale, da cui dipendono i collegi della
sua provincia e quelle del Rettore di ciascun collegio, ambedue responsabili di
tutto l’andamento degli studi.
In secondo luogo vengono le regole del Prefetto degli studi superiori,
cioè del corso teologico e del corso filosofico e, quelle del Prefetto degli studi
inferiori cioè del corso umanistico, i quali sovrintendono immediatamente sulle
rispettive scuole.
In terzo luogo, le regole dei Professori, prima quelle comuni a tutti, poi
quelle proprie dei singoli per ciascuna classe. In queste regole dei professori è
esposto l’orario, il programma e le esercitazioni per ciascuna classe.
In quarto luogo sono stabilite le leggi per gli Esami finali e per le Gare
80
Cfr. Barbera, op. cit., p.104.
61
e Premiazioni. In quinto luogo stanno le regole per gli Scolastici della
Compagnia e quelle per gli Alunni esterni. In sesto luogo, le regole dei
Biennisti, cioè di quelli che compito il quadriennio teologico, attendono per un
biennio a ripetere la teologia privatamente ed a perfezionarsi, quindi le regole
dell’Assistente al maestro, detto Bidello, per ciascuna classe. Infine le regole
per le Accademie.
Il curricolo degli studi è così ordinato: Un collegio completo comprende
tre corsi: l’umanistico di cinque anni, il filosofico di tre, il teologico di quattro.
Il primo è detto di «studi inferiori», gli altri due di «studi superiori»,
diretti dai rispettivi Prefetti degli studi81.
Il corso umanistico, comprendeva cinque anni ed aveva per scopo la
formazione letteraria, il programma da svolgere era distinto in cinque classi: tre
di grammatica, una di umanità ed una di retorica, che costituivano l’insieme
degli studi elementari e medi.
Nel corso umanistico, sempre gradualmente, dopo aver posto saldo
fondamento nella grammatica latina, durante il triennio rispettivo, si passava
nell’anno di umanità, al perfezionamento nell’uso della lingua latina, con
proprietà, copia ed eleganza e, quindi, nell’anno di retorica, alla composizione
oratoria e poetica, cioè alla perfetta eloquenza, dalla retorica lo studente poteva
passare alle materie universitarie che erano la teologia e la filosofia.
Il corso filosofico era svolto sul testo di Aristotele, secondo la mente di
S. Tommaso, per tre anni. Nel primo: logica e introduzione alla fisica; nel
secondo: fisica, la matematica su Euclide. Nel terzo: psicologia, metafisica e
81
Ibidem, p.52.
62
filosofia morale.
Il corso teologico durava quattro anni, per tutti e quattro gli anni, due
professori insegnavano la teologia scolastica sul testo della Somma Teologica
di S. Tommaso; due professori la teologia morale per due anni; un professore la
S. Scrittura per due anni, un professore l’ebraico per un anno.
Dal programma sopra accennato si rileva subito che tutta la formazione
umanistica era fondata sulle lingue e gli autori classici, latini e greci, di queste
lingue doveva acquistarsi la padronanza, non solo quanto alla correttezza
grammaticale, ma altresì quanto alla proprietà, copia ed eleganza ed allo stile,
sui modelli principali: Cicerone per la prosa e eloquenza, Virgilio ed Orazio
per la poetica, in modo da poter scrivere e parlare bene in latino e, quanto al
greco almeno da poter intendere e gustare gli autori.82
Questa formazione classica era comune nello spirito e nell’uso del
tempo in cui fu compilata la Ratio, lo scopo della formazione era quello di
conservare e tramandare l’eredità della cultura e, questa era in latino ed
informata alla classicità.
I gesuiti seguivano il sano principio pedagogico – didattico dell’unità
dell’insegnamento formativo su una materia principale ed eccellente, quale era
la lingua latina e, ad essa subordinare le discipline secondarie.
Sull’efficacia pratica formativa di questo principio unitario, che dettava
di non occupare la mente dei discenti in troppe cose, ma di applicarla ad una
disciplina fondamentale, gli antichi maestri intuirono quello che è ora
dimostrato dalla scienza moderna. Gli esperimenti e le osservazioni sulla
82
Ibidem, pp. 53 – 60.
63
«formazione spirituale», o «cultura formativa», dimostrano che l’istruzione
metodica in una sola materia fondamentale, particolarmente il latino, svolge e
perfeziona le facoltà umane da renderle più adatte allo studio delle altre
materie, con grande profitto83.
I gesuiti non crearono di sana pianta il loro metodo di formazione
scolastica, ma scelsero il più ed il meglio dei metodi contemporanei e lo
composero ed attuarono in sistema organico nelle loro scuole, benché
accettassero francamente ed usassero quello che essi trovavano di buono negli
altri, furono originali nel retto senso di questa troppo abusata parola. Essi non
abbracciarono senza discernimento quello che avevano accolto, ma lo
assimilarono e maneggiarono da maestri e da questa pratica attuazione che fiorì
la Ratio Studiorum84.
II.2. La Compagnia del Gesù in Brasile.
Scoperto per caso nel 1500 da Pedro Alvarez Cabral, il Brasile fu per
lungo tempo una conquista di cui i portoghesi ignorarono l’enorme ricchezza.
La Spagna e il Portogallo, Stati che governavano ed orientavano
realmente la Chiesa, identificando il Cristianesimo con la Civiltà, fecero delle
loro conquiste politiche altrettante conquiste religiose, costituendo quello che è
considerato il continente più cattolico del mondo85.
Spagna e Portogallo appoggiarono sempre efficacemente con denaro ed
83
Ibidem.
Ibidem, pp. 49 – 65.
85
Cfr. Iori, Vanna, Chiesa, struttura politica e lotte sociali in Brasile, Milano, Jaca Book,
1972. pp. 33 – 34.
84
64
anche con la loro potenza le missioni nei territori coloniali, anche perché
l’evangelizzazione, procedendo di pari passo con la civilizzazione, era un
ottimo strumento per consolidare sempre più l’assoggettamento politico ed
economico di queste popolazioni.
L’evangelizzazione fu assunta come titolo fondamentale e giuridico per
la colonizzazione e sempre più da questa stretta fusione tra Stato e Chiesa
doveva nascere, anche per debolezza della Sede Romana, una completa
sottomissione dell’opera religiosa ai fini amministrativi ed economici86.
I missionari venivano inviati numerosi, su decisione del re di
Portogallo, soltanto nei periodi economicamente felici per la colonia, in quanto
servivano per procurare indigeni «convertiti», cioè mano d’opera per lo
sfruttamento agricolo o minerario. Il movimento di catechizzazione, iniziato
assai modestamente dai francescani e dal clero secolare crebbe di proporzione
grazie alle spedizioni di Gesuiti iniziate nel 1549 con i padri Manuel Nóbrega,
Anchieta, Navarro ed altri ordini che accanto a loro lavoravano efficacemente,
come i Benedettini, i Carmelitani e i Cappuccini.
Essi si occuparono dell’alfabetizzazione, costruirono scuole e collegi,
strade e Chiese ed inoltre indussero gli indigeni a riconoscere la sovranità del
re di Portogallo.
In tal modo ne protrassero la libertà contro la cupidigia dei coloni,
conquistatori avidi e duri che sfruttavano spesso senza ritegno gli indigeni
riducendoli in schiavitù.
Il sistema della «encomienda», col quale si mettevano gli Indios al
86
Ibidem, p. 34.
65
servizio dei Portoghesi come mano d’opera, imponeva a questi, precise norme
per il trattamento umano, ma i conquistadores, attenti solo allo sfruttamento
delle loro nuove terre, distruggevano spesso quanto i missionari avevano
costruito.
In questa lotta contro lo schiavismo si distinse l’eccellente figura del
gesuita Padre Vieira, difensore degli Indios, che prese a cuore la loro libertà. I
coloni, mal adattandosi alla libertà degli Indios, entrarono ben presto in
conflitto con Padre Vieira e successivamente continuarono a cospirare contro i
Gesuiti.
Il permanente conflitto tra i missionari ed i coloni sul modo di trattare
gli indigeni causarono anche l’intervento di Papa Paolo III87, ma gli abusi dei
conquistadores continuarono.
Fin dall’inizio i Gesuiti ed altri ordini svolsero la loro opera con spirito
veramente evangelico, aprendo la via ad un'autentica liberazione dell’uomo.
Alle rivolte degli schiavi negri e degli Indios vi parteciparono numerosi
sacerdoti, spesso ne furono gli animatori, ma tali sommosse furono sempre
represse in modo molto crudele dall’amministrazione portoghese88.
Nel 1759 voluta dal Marchese di Pombal, avvenne l’espulsione89 dei
87
Papa Paolo III con la bolla “Unigenitus” del 1715 dichiarò gli Indios uomini capaci di vivere
liberamente e di possedere, proibì sotto pena di scomunica la schiavitù, ma gli abusi
continuarono ancora poiché i conquistadores non temevano affatto la scomunica papale, inoltre
ritenevano gli Indios incapaci di elevarsi spontaneamente alla fede ed alla libertà. Ibidem, p.
36.
88
Ibidem, p. 38.
89
La soppressione della Compagnia di Gesù venne decretata dal Papa Clemente IV nel 1773,
ma negli anni precedenti a questa data, i Gesuiti furono osteggiati e allontanati nel 1759 dal
Portogallo e Colonie, nel 1762 dalla Francia e infine nel 1767 dalla Spagna e dal Regno di
Napoli e delle Due Sicilie. In seguito a queste misure, infatti, i nemici della Compagnia
mirarono ad influire con forza sempre maggiore sul Papa fino a costringerlo a sopprimere
definitivamente nel 1773 la Compagnia in tutto il mondo. I diplomatici portoghesi e le corti
borboniche formarono un unico fronte contro il papato. In seguito vennero coinvolte tutte le
66
gesuiti, la chiesa brasiliana fu definitivamente prostrata, la vita religiosa
ristagnò, gli Indios si videro privati dei loro difensori ed apostoli, riprese vita lo
schiavismo e furono chiuse centinaia di scuole.
II.2.1. Le prime scuole: un’iniziativa dei Gesuiti.
Come già si disse, le prime scuole in Brasile furono create dai Gesuiti.
Già nel 1549 padre Nóbrega arrivò a formulare, nelle sue linee generali, un
possibile sistema educativo che partiva dalla scuola, in cui si insegnava a
leggere e a scrivere, fino agli studi filosofici e teologici90.
All’inizio, però, la preoccupazione educativa fu, soprattutto, legata a
quella catechetica, per cui le prime scuole elementari in Brasile furono
organizzate per servire come mezzo di catechesi dei bambini Indios e in
seguito esse passarono a servire anche bianchi e mulatti91.
La scuola nacque così totalmente aperta dal punto di vista sociale. I
padri gesuiti, però, incontrarono moltissime resistenze da parte dei
forze cattoliche con azioni più decise, come nel caso della Spagna, della Francia e di Napoli,
che richiesero esplicitamente l’estinzione della Compagnia, o con interventi più blandi, come
nel caso dell’Austria, che si limitò ad acconsentire tacitamente. Il Papa Clemente IV esortò i
diplomatici alla pazienza e chiese tempo. Egli si rese conto di essere il Papa non solo dei regni
borbonici, ma anche delle terre in cui la Compagnia era popolare ed amata, perciò comprese
l’enormità di quanto si voleva compiere, si trattava di demolire, improvvisamente,
un’organizzazione tanto strenuamente difesa dal suo predecessore, ma tuttavia non poteva
continuare a rimandare per sempre la soppressione. Il Vaticano temeva che il Portogallo, la
Spagna e la Francia potessero prendere la via percorsa da Enrico VIII di Inghilterra, perciò il
sacrificio della Compagnia aiutò a mantenere vicine alla Santa Sede nazioni importanti, ma i
Gesuiti, nonostante tutto, continuarono ad essere fedeli alla loro vocazione di servire la Chiesa
persino nel momento della loro morte. Cfr. Bangert, William E., A History of the Society of
Jesus, St. Louis, The Institute of Jesuit Sources, 1986 (tr. it. a cura di Caruso Rocca, Marilena,
Storia della Compagnia di Gesù, Genova, Marietti Editore, 1990, pp. 418 – 425).
90
Nóbrega, Manuel da, Cartas do Brasil, Itatia-Ed. Univ. de São Paulo, Belo Horizonte-São
Paulo, 1935.
91
Cfr. Acerboni, Lidia, La filosofia contemporanea in Brasile, Milano, Casa editrice Vita e
Pensiero, 1968, p. 28.
67
colonizzatori in questa loro opera educativa, perciò orientarono i loro sforzi
verso l’insegnamento secondario, vedendo in esso la possibilità di formare i
leader civili o laici del cattolicesimo, oltre chierici o preti.
Nacquero così i collegi «per l’insegnamento delle lettere e delle arti
liberali»: essi “furono praticamente, gli unici fulcri di cultura intellettuale che il
Brasile possedette durante i tre secoli di vita coloniale e rappresentarono la
base di formazione delle prime elite brasiliane nei primi decenni di costituzione
della nazione”.92
I
Francescani,
dal
canto
loro,
continuarono
a
preoccuparsi
dell’educazione di base, arrivando fino ad aprire, con l’aiuto di congregazioni
femminili, scuole di economia domestica.
A metà del secolo XVIII i Gesuiti avevano in Brasile 17 Collegi e
Seminari: fra questi i più importanti furono quelli di Rio de Janeiro e di Bahia,
in quanto possedevano corsi completi di «umanidades», filosofia, teologia e
scienze religiose.
I
Gesuiti
monopolizzarono
l’insegnamento
per
molto
tempo,
preservandolo dalle innovazioni scientifiche e dalla comprensione della realtà
coloniale, basandosi sulle Costituzioni del 1552 e sulla Ratio et Institutio
Studiorum Societatis Jesu del 1586-91, mirarono a produrre un sapere teorico e
medievale d’accordo con le linee del Concilio di Trento93, come si può rilevare
92
Ibidem, p. 28.
Concilio di Trento: Il 13 dicembre 1545 si aprì a Trento il XIX concilio ecumenico,
convocato dal pontefice Paolo III per discutere dei dogmi della Chiesa e della Riforma. Oltre a
risolvere questioni dottrinali e disciplinari di grande rilievo per i cattolici, il concilio diede alle
autorità ecclesiastiche la percezione di una coesione e di una prospettiva unitaria essenziali per
la nuova vitalità della Chiesa, che durante la Controriforma ottenne gli strumenti efficaci per
dar vita a un reale rinnovamento. Il papa incoraggiò la formazione e l’azione di ordini nuovi,
come ad esempio i teatini, i cappuccini, le orsoline e specialmente i gesuiti che, con il loro
93
68
nella seguente:
Segundo Baeta Neves, nas escolas jesuíticas, o latim era a língua do
saber e do sagrado, sacralizava a palavra, dava autoridade ao saber. O
português era permitido nos recreios e feriados. Aos sábados, havia
disputas intelectuais entre os estudantes e ganhava quem mostava mais
verbo, mais oratória. Era importante ouvir o professor e acumular
conhecimento. A repetição era o modo usual de aprender. A disciplina
era rigorosa, mas a aplicação do castigo não era tarefa do jesuíta e sim de
um corretor. A sabatina era um momento tenso, cenarizado, ritualizado.
Com efeito, foi no proselitismo missionário que a rigidez da educação
jesuítica cedeu em favor de uma flexibilidade que a “práxis” fez
necessária. Resumindo, o colégio jesuítico era um local de saber e
intimidação (ou do saber enquanto intimidação), portanto, de autoridade
e repressão.94
L’espulsione della Compagnia di Gesù nel 1759 ad opera del marchese
di Pombal, ebbe alcune conseguenze:
Criou-se a Diretoria Geral dos Estudos (antepassado pré-histórico do
Ministério da Educação) e o “subsídio literário”, imposto recolhido pelas
Câmaras Municipais para financiar as Aulas Régiais. Além disso, outras
ordens religiosas entraram no ensino e criaram escolas (como os
lazarista, que instituíram em Minas Gerais, em 1820, o célebre Colégio
do Caraça). Ocorreu também uma diversificação a nível das disciplinas,
incluindo algumas não contempladas pelo currícolo jesuítico, como a
Língua Hebraica. O fato dos jesuítas terem perdido o terreno na ação
pedagógica ideológica levou Delgado de Carvalho a lamentar – não
questionando evidentemente a que servia semelhante programa.95
Pombal formulò un piano educativo, in cui si ridava valore alla scuola
di tipo primario e si tentava una riforma della scuola di tipo secondario: egli
pensò dapprima di realizzare il suo piano servendosi esclusivamente di laici,
ma “quel che si dovette fare, perché il piano non si trasformasse in un completo
impulso al rinnovamento dell’educazione e il fervore catechetico dell’opera missionaria,
conferirono nuovo vigore alla trasmissione della dottrina cristiana e all’apostolato. Cfr.
Brancati, Antonio, Civiltà nei secoli 1, Firenze, La Nuova Italia, 1989.
94
Cfr. Lopez, Luiz Roberto, Cultura Brasileira das origens a 1808, Porto Alegre, Revista da
Faculdade de Filosofia. Univ. Federal do Rio Grande do Sul, 1988, pp. 33 – 34.
95
Ibidem, p. 34.
69
fallimento, fu restituire il compito educativo alla Chiesa”.96
Dal 1774 i frati Francescani, in accordo con la Riforma, aprirono vari
corsi in Brasile, il paesaggio scolastico acquistò, così, maggior varietà di
aspetti attraverso le scuole con corsi graduati e sistematici, che i Francescani
organizzarono.
Ma quanto all’aspetto dell’universalità dell’insegnamento, cioè
dell’educazione per tutti, il piano di Pombal non riuscì a fare di più dei
Gesuiti97.
II.2.2. L’influenza dei Gesuiti nella cultura brasiliana.
E’ necessario riflettere su alcuni aspetti dell’azione gesuitica per
comprendere il Brasile di oggi, perché i padri della Compagnia di Gesù
scatenarono dei processi che contribuirono in maniera determinante alla
formazione culturale del Brasile.
Dell’influenza culturale dei Gesuiti, c’è ne parla abbondantemente
Sílvio Castro nella sua História da literatura brasileira, che comprende una
serie di riflessioni sull’azione dei gesuiti:
Dentro da perspectiva da história literária, alguns aspectos significativos
da ação jesuítica podem ser ressaltados, porque é inegável que os padres
da Companhia de Jesus contribuíram de forma importante para a
formação do Brasil, inclusive porque no litoral, onde também estiveram,
ministraram o ensino aos bem-nascidos da colônia. Subsiste,
naturalmente, a dúvida sobre o tempo em que tal ação cultural pode se ter
96
97
Cfr. Acerboni, Lidia, op. cit., p. 29.
Ibidem, p. 29.
70
processado, se ainda restam vestígios dela ou se é um fato que se
restringe praticamente à época colonial. Dentro dessa preliminar, cumpre
desde já assinalar que praticamente tudo que aconteceu no Brasil colonial
até 1822, de uma maneira ou de outra, ainda é encontrável no Brasil de
hoje, pois o ocorrido nesse período foi tão essencial à história do país,
que seria precipitado dizer que, após a independencia, a mudança teria
sido tão grande que os vestígios da fase anterior teriam todos
desaparecido (...). Se estes problemas ainda estão aí, isso significa que o
Brasil de tantos séculos ainda está presente no Brasil de hoje e que o
tema da ação cultural dos jesuítas deve ser investigado.98
Molto interessante è la posizione di Manuel Diegues Júnior, che in
Etnias e Culturas no Brasil, sostiene come i portoghesi ed i gesuiti influirono
notevolmente nella cultura della nazione indigena dei “tupinambá” e pone in
evidenza quali furono gli effetti di questo contatto:
tipo de construção, gêneros de alimentação, processos de caça e pesca, de
agricoltura, de tecelagem, de fabbrico de cestas, de instrumentos de
música, mitos, lendas, práticas religiosas e magícas, receitas, atividades
recreativas, música, palavras de linguagem corrente.99
Riguardo all’adattamento e compatibilità dei portoghesi e dei gesuiti
con i neri e gli indigeni, che rese il Brasile un prolungamento della patria
europea, è interessante la posizione di Sérgio Buarque de Hollanda:
Il popolo portoghese entrò in intimo e assiduo contatto con la
popolazione di colore. Più di ogni altro popolo europeo si adattava
docilmente al prestigio comunicativo dei costumi, della lingua e delle
sette degli indigeni e dei negri. Si americanizzava o si africanizzava a
seconda del bisogno. “Divenne negro”, secondo una espressione
consacrata della costa d’Africa. La stessa lingua portoghese (…) sembra
sia stata accolta con particolare simpatia da parte di molti di questi
uomini rudi (…) Il portoghese risultava familiare a molti di loro.
L’esperienza evidenziò alla fine che la sua utilizzazione in sermoni e
prediche dava risultati ben soddisfacenti (…) I Gesuiti si servivano della
98
Castro, Sílvio, História da literatura brasileira, Lisboa, Publicações Alfa, 1999, pp. 116 –
117.
99
Ibidem, p. 117 in Diegues Junior Manuel, Etnias e Culturas no Brasil, Biblioteca do
Exército, Rio de Janeiro, 1980, p. 68.
71
língua geral100 per catechizzare gli indigeni, compresi i tapuias.101
A quanto detto sopra si aggiunge, a favore dei portoghesi, l’assenza in
loro di un qualsiasi orgoglio di razza, come risultato di tutto ciò, il meticciato
rappresentò certamente un elemento significativo della stabilizzazione
nell’ambiente tropicale.
Fu, in parte grazie a questo processo che i portoghesi poterono, senza
sforzo sovrumano, costruire una nuova patria lontano dalla loro; anche i
Gesuiti servendosi della língua geral seppero adattarsi molto bene all’ambiente
tropicale e nell’addottrinamento religioso riuscirono ad ottenere degli ottimi
risultati, sia tra i nativi, prima, che tra gli africani, dopo102.
La riflessione che alcuni antropologi hanno aperto riguardo il contatto
che i Gesuiti e i portoghesi hanno avuto con le popolazioni di colore e la
popolazione locale fa discutere in che modo questa azione abbia trasmesso
elementi culturali nascosti o impliciti e in che modo questi si siano installati
permanentemente in Brasile.
Chiarificante è il lavoro dell’antropologo Thales de Azevedo Cultura e
Situação Racial no Brasil:
Tendo em mente as recentes revisões dos conceitos utilizados na análise
do processo de mudança de cultura resultante do contato entre sociedades
con culturas diferentes, valeria a pena reexaminar o método da conquista
espiritual a começar pelos princípios seus inspiradores. As fontes do
método de catequese adotado no Brasil colonial pelas ordens e
congregações religiosas na diversas fases em que atuaram e em face dos
grupos culturais com os quais se ocuparam são um dos temas que estão a
pedir exame, tanto por seu interesse histórico quanto pela natureza dos
100
Si tratta della lingua tupi-guarani, detta anche “lingua generale del Brasile”. Cfr. Hollanda,
Sérgio Buarque de, Radici del Brasile, José Olimpio, 1956 (tr. it. Avella, Aniello Angelo,
Firenze, Giunti, 2000, p. 76).
101
Ibidem, pp. 75 – 76.
102
Ibidem, p.77.
72
processos de dinâmica cultural que desencadearam.103
Per comprendere l’influenza dell’azione culturale dei padri della
Compagnia di Gesù, soprattutto nella cultura risultante dal contrasto interetnico
del periodo coloniale, è necessario sollevare le motivazioni ideologiche del
loro metodo di attuazione, senza che si possano oggettivamente identificare gli
elementi della cultura che possono aver determinato104.
Se si analizza l’azione di catechizzazione, i Gesuiti furono un prodotto
della Contro-Riforma, questo nuovo ordine religioso sorge, entro l’orizzonte
confuso e fumoso del Cinquecento, tra i bagliori burrascosi del protestantesimo
e le luci della Controriforma cattolica.
I Gesuiti ci appaiono come una poderosa transenna atta a difendere le
antiche glorie della Chiesa Romana dalle fiamme che la minacciavano, essi
facendo voto d’obbedienza al Papa105 partirono verso ogni parte del mondo che
questi comandava, per predicare il vangelo, apportando un’azione di restauro e
di rinnovamento di cui la Chiesa in quel momento aveva bisogno, una strategia
corrispondente a necessità che prima non esistevano.
Ciò spiega il successo che la Compagnia ottenne nella seconda metà del
103
Cfr. Castro, Sílvio, op. cit., p. 118 in Azevedo, Thales de, Cultura e Situação Racial no
Brasil, Civilização Brasileira, Rio de Janeiro, 1966, p. 141.
104
Ibidem, p. 118.
105
Ignazio di Loyola volle fondare un Ordine con caratteristiche militari, sia nella forma sia
nella disciplina richiesta agli aderenti a questa “Societas Jesu”, che non vive isolata in conventi
ma milita nelle attività sociali: il primo requisito era l’obbedienza che doveva essere cieca e
assoluta proprio come quella di un soldato in battaglia. Questa vera e propria milizia
ecclesiastica costituiva una sorta di guardia del corpo della Verità divina in terra e quindi era
posta al servizio del Papa. Altri Ordini ecclesiastici furono fondati in quegli anni con lo stesso
scopo di riserrare le file cattoliche contro la minaccia luterana, alcuni anche con finalità
educative e scolastiche, come i Somaschi e i Barnabiti, nessuno ebbe però l’originalità
d’impianto dei Gesuiti. Cfr. Santoni Rugiu, Antonio, Storia sociale dell’educazione, Milano,
Principato Editore, 1987, p. 224.
73
Cinquecento e durante tutto il Seicento, ciò spiega anche l’accanimento degli
avversari e l’asprezza delle persecuzioni.
Fu un sommo merito per San Ignazio aver saputo interpretare le
esigenze più vitali dei suoi fratelli di secolo, ed aver creato un vivo e
meraviglioso organismo, dall’articolazione potente e pronta, dedito al servizio
e alla «maggior gloria» di Cristo106.
Nel nuovo mondo appena scoperto, i Gesuiti riuscirono a realizzare la
sfida della conversione
dei popoli infedeli applicando la visione del
Vangelo107.
Tra i Gesuiti, come già detto precedentemente, troviamo due figure di
spicco: Manuel de Nóbrega e José de Anchieta l’attività dei Gesuiti aveva un
duplice campo di azione: le città sulla costa e le foreste interne.
Anchieta rese piacevole tale trasformazione ideando gradevolissime
rappresentazioni religiose e inni vivaci, espressivi e pieni di colore. Gli indios
impararono a raccontare, a recitare e a suonare il flauto. Essi cantavano in
chiesa il loro modo di essere. Anchieta senza averne una piena coscienza pose
così le basi di una letteratura nazionale, mentre modellava il carattere spirituale
dell’antico Brasile108.
Altro aspetto rilevante delle missioni dei gesuiti, si può notare nelle
prime «reducciones», la mentalità degli indios era troppo semplice per
comprendere la complessa dottrina cristiana, arricchita dall’eredità Patristica e
Scolastica, così essi afferrarono soltanto gli aspetti esteriori, formali e vi
106
Cfr. Papàsogli, Giorgio, op. cit., pp. 335 – 336.
Cfr. Castro, Sílvio, op. cit., p. 119.
108
Cfr. Bangert, William E., op. cit., pp. 106 – 107.
107
74
costruirono attorno tutta una serie di riti superstiziosi.
Ancora oggi la maggioranza della popolazione cattolica fonda la sua
religiosità sulle regole esteriori, sulle norme, sulle processioni, le Messe, le
devozioni ai Santi109.
Un aspetto molto importante questo della religiosità brasiliana che si
ferma all’aspetto formale che la caratterizza tuttora e che è sfociato nel
sincretismo110.
Interessante la riflessione di Domingos Maurício Gomes do Souto,
sull’azione culturale dei Gesuiti, che è trattata nel senso della formazione di
altre persone e la colloca in una prospettiva che ha come preoccupazione la
realtà di contatto culturale tra i Gesuiti e gli Indios.
Domingos Maurício Gomes do Souto nel suo lavoro Balanço cultural
dos jesuítas no Brasil, apre una riflessione sull’antichissima prospettiva in cui
la “cultus animi” che significa “cultura dello spirito”, per estensione
l’educazione umana come cultura spirituale, è la risultante della formazione
pedagogica e scientifica delle persone che fecero parte della Compagnia di
Gesù nel Brasile111.
109
Cfr. Iori, Vanna, op. cit., p. 39.
Il fenomeno del sincretismo in Brasile è molto importante perché rispetto alle regioni ispano
americane, il processo di sincretizzazione ha avuto un corso molto particolare, la diversità
nasce dal complesso contesto culturale che si era venuto a creare con l’arrivo degli europei: il
primo dato parte dalle culture aborigene, il secondo elemento parte dalla politica di
evangelizzazione, l’importazione di schiavi neri per salvaguardare la libertà degli indigeni
favorirono la continuazione dello sfruttamento degli schiavi e la supremazia delle credenze
religiose importate dall’Africa. La realtà variegata di questa regione comportò perciò l’incontro
non fra due, ma bensì fra tre culture, sebbene oggi la maggior parte della popolazione nera in
Brasile abbia finito per accettare il Dio cristiano, i culti sorti dall’incontro tra cristianesimo e
religioni tradizionali – macumba, umbanda e cadomblé – sono tutte manifestazioni di questo
fenomeno sincretistico che non solo non sono accettate dalla Chiesa Cattolica ma sono anche
combattute. Cfr. Albertazzi, Silvia, Vecchi, Roberto, (a cura di), Abbecedario postcoloniale,
Macerata, Quodlibet, 2001, pp. 125 – 139.
111
Cfr. Castro, Sílvio, op. cit., pp. 114 – 116.
110
75
Tuttavia la tematica dell’azione culturale dei Gesuiti è una questione
ancora oggi non sufficientemente approfondita nella lunga storia degli studi sui
padri della Compagnia di Gesù nel Brasile coloniale, ma da ciò che è stato
detto finora è evidente come la formazione pedagogica fu determinante per la
storia letteraria del paese, perché ciò che scatenarono i Gesuiti con la loro
azione culturale si incontra ancora nella letteratura del Brasile di oggi112.
II.3. L’adattamento della Compagnia di Gesù al nuovo mondo politico.
L’attività educativa della Compagnia di Gesù dalla prima scuola di
Messina del 1547, fino ad arrivare alle scuole gesuitiche di oggi, si
è
sviluppata in diverse parti del mondo, le linee pedagogiche hanno di fatto
trovato applicazione in diversi contesti culturali e i Gesuiti nel corso del tempo
hanno dovuto adattare le loro scuole agli ordinamenti, ormai molto diversi,
nelle varie nazioni.
Un adattamento del resto, previsto dalla prudenza dello stesso fondatore
della Compagnia, il quale nella quarta parte delle Costituzioni stabiliva: “Nei
particolari bisognerà che vi sia molta varietà, secondo le circostanze dei luoghi
e delle persone”113.
Tale principio dell’aggiornamento, lo ritroviamo anche nella rinata
Compagnia – ristabilita da Pio VII nel 1814 – in cui si sentì il bisogno di
introdurre nella Ratio alcune modificazioni, richieste dai tempi moderni e se ne
112
113
Ibidem, pp. 113 – 115.
Cfr. Barbera, op. cit., p. 47, in Quarta parte delle Costituzioni: Capitolo 7, numero 2.
76
approvò la proposta nella XX Congregazione Generale del 1820 mentre nella
XXI Congregazione del 1829 fu compiuto l’adattamento che sfociò nella Ratio
del 1832, che apre la via ad accogliere i programmi dei corsi umanistici
moderni nelle varie nazioni.
Le trasformazioni tecniche insieme agli studi metodologici del XX
secolo, lo sviluppo culturale politico e sociale attuale, le necessità e aspirazioni
intellettuali e vitali dei giovani e l’implicazione degli Stati in materia di
educazione hanno stimolato, negli ultimi anni, azioni specifiche che sono state
l’origine di riflessioni e lavori diversi in vari paesi, spingendo la Compagnia e i
padri generali ad affrontare questi cambiamenti con decisioni dense di
implicazioni spirituali e morali114.
La risposta dei Gesuiti a misurarsi con le problematiche moderne fu
generosa
ed intelligente e molto tempo prima che papa Giovanni XXIII
«aprisse le finestre», i Gesuiti avevano messo insieme un immenso deposito di
ricerche e riflessioni che esprimevano lo spirito di aggiornamento, aiutando in
tal modo a creare quel clima teologico e spirituale che avrebbe permesso al
Concilio Vaticano II115 di assumersi difficili responsabilità116.
114
Cfr. AA. VV., El sistema educativo de la compañia de Jesus, la Ratio Studiorum, Madrid,
UPCO, 1992, p. 46.
115
Concilio Vaticano II: 21° Concilio ecumenico della Chiesa cattolica, divenuto simbolo
dell’apertura della Chiesa al mondo, fu convocato da papa Giovanni XXIII il 25 gennaio 1959
e si concluse l’8 dicembre 1965 con il suo successore papa Paolo VI. Gli argomenti da trattare
vertevano sui moderni mezzi di comunicazione, sulle relazioni tra cristiani ed ebrei, sulla
libertà religiosa, sul compito dei laici nella Chiesa, sulla liturgia, sulle relazioni con gli altri
cristiani e non-cristiani, credenti e atei, sui compiti del clero e sulla formazione sacerdotale. In
un clima spirituale e di rinnovamento e di adattamento alle esigenze del mondo moderno,
manifestando notevole senso storico e la consapevolezza che l’uomo del ventesimo secolo ha
acquisito una doppia coscienza, personale e politica, i membri della Compagnia, secondo una
ben fondata tradizione, derivante da San Ignazio e conservata nei secoli grazie alle lettere dei
padri generali e agli scritti dei maestri spirituali della Compagnia, fecero presente al gesuita
moderno l’obbligo fondamentale di essere un uomo di preghiera in intima unione con Dio. Nel
1965 si riunì la XXXI congregazione generale per l’elezione del padre generale e per dirigere
la Compagnia verso gli orizzonti aperti dal Concilio. L’uomo scelto dalla congregazione il 22
77
Ciò che rimane però immutato nel tempo è lo spirito ed il metodo dei
gesuiti, i principi generali e fondamentali della pedagogia ignaziana sono tutti,
o quasi tutti, desunti dagli Esercizi Spirituali117, il testo che ha lo scopo
dichiarato di portare a vivere nella volontà di Dio e a fare tutto per la sua
maggiore gloria.
Lo stesso San Ignazio scrive che essi: “sono tutto il meglio che io in
questa vita possa pensare, sentire e comprendere sia per il progresso personale
di un uomo, sia per il frutto, l’aiuto e il profitto rispetto a molti altri”118.
Come a dire che gli Esercizi Spirituali sono opera pedagogica, che mira
maggio 1965 fu Pedro Arrupe, egli si adattava perfettamente all’ideale di apertura e alle
necessità universali della chiesa, in tutta la storia della Compagnia non vi era mai stato un
padre generale capace di apportare al proprio compito l’ampiezza di esperienza e conoscenza
del mondo come lui. Arrupe mise in evidenza che l’istruzione, come tutti gli altri ministeri
della Compagnia dovesse essere studiata e organizzata in funzione dei problemi sociali e
descrisse la formazione degli “uomini per il prossimo” come uno dei principali obiettivi
dell’opera educativa della Compagnia. Il Concilio e la XXXI congregazione generale avevano
messo in evidenza la necessità di un impegno ecumenico più attivo e questo spirito si diffuse in
molti Paesi. Nel 1966 a Loyola 44 gesuiti si riunirono per dieci giorni in un congresso
internazionale sugli Esercizi Spirituali, obiettivo principale era lo studio degli Esercizi alla luce
degli insegnamenti del Concilio. Nel 1967 i Gesuiti indiani diedero vita al più grande
coinvolgimento della Compagnia all’ecumenismo, essi unirono protestanti e cattolici per
collaborare nel campo dell’educazione cristiana. Negli Stati Uniti nel 1968 i dieci provinciali
fondarono il seminario dell’Assistenza americana sulla spiritualità gesuita. Dopo l’elezione di
padre Arrupe, in America Latina la Compagnia furono aperte tre nuove università, portandone
il numero totale a 23. In Spagna nel 1968 i Gesuiti fondarono una speciale organizzazione: Fe
y Secularidad, risposta al mandato di Paolo VI alla Compagnia di occuparsi dell’ateismo
contemporaneo. Cfr. Bangert, William E., op. cit., pp. 527 – 539.
116
Ibidem, pp. 526 – 527.
117
Esercizi Spirituali: Sotto il nome degli Esercizi spirituali è indicato sia il libretto scritto da
San Ignazio sia l’esperienza che lo ha generato o che esso guida a fare. Storicamente il piccolo
volume presuppone come matrice l’iter di conversione che il santo basco percorse dal letto
della convalescenza di Loyola al pellegrinaggio che da Aránzazu e Montserrat lo condusse a
Manresa, dove per un anno condusse una vita di preghiera e penitenza e lì incominciò a
scrivere il nucleo fondamentale degli Esercizi Spirituali. Il testo approvato dalla Chiesa fin dal
1548, mantiene la sua attualità in quanto rimane legato alle realtà e ai valori più essenziali
dell’uomo nel mistero del suo destino soprannaturale e terreno. Gli esercizi non sono un libro
comune e non sono stati scritti per esser letti. Sono delle esperienze e, quindi solo vivendoli
potremo sapere quel che veramente sono e quel che vogliono, si tratta di farli. L’itinerario degli
esercizi è articolato in quattro settimane, ogni tappa è strettamente connessa con la precedente
e la seguente, la logica degli Esercizi è forte, indicano una via da seguire, hanno un punto di
partenza e un punto di arrivo e il fine ultimo è quello di cercare di conoscere e di fare la
volontà di Dio. Cfr. Loyola, S. Ignazio, Esercizi Spirituali, Roma, Stella Matutina Editrice,
1975 (tr. it. a cura di Insolera, P. Vincenzo S. I.).
118
Schiavone, Pietro, Pedagogia e via ignaziana, in Atti del Convegno Internazionale Messina
14-16/11/1991. Messina, ESUR Ignatianum, 1992, p. 591.
78
alla formazione di uomini e donne per gli altri, di persone adulte, capaci di
porsi a servizio di Dio e del prossimo.
II.4. Coelho: il risultato della formazione ignaziana.
Paulo Coelho frequentò il collegio gesuitico, di «São Inácio» a Rio de
Janeiro e vi rimase fino al liceo, seguendo i rigorosi insegnamenti impartiti dai
padri gesuiti119.
Nel periodo in cui Coelho frequentò il Collegio (1954 – 1964), la
Compagnia era stata testimone di avvenimenti storici di enorme portata che
sconvolsero il mondo e scossero la sua stessa struttura. I padri generali
Ledóchowski e Janssens120 indirizzarono i membri della Compagnia verso il
lavoro faticoso e l’energico attivismo e fecero presente al gesuita moderno
l’obbligo fondamentale di essere un uomo di preghiera in intima unione con
Dio.
119
Cfr. Coelho, Paulo, Biografía de un narrador, op. cit., p. 11.
Nei primi sette decenni del ventesimo secolo, i padri generali della Compagnia:
Wlodzimierz Ledóchowski (1915-1942) e Jan Baptist Janssens (1916-1964) furono testimoni
di avvenimenti storici che sconvolsero il mondo e scossero la struttura della Compagnia. Come
tutto il continente, le Province in Europa subirono gravi ferite durante le due guerre mondiali e
gli anni seguenti. Nel 1932 la repubblica spagnola interruppe l’apostolato pubblico della
Compagnia nel Paese, non riconosciuta legalmente. Durante e dopo la seconda guerra mondiale
la conquista da parte della Russia degli stati baltici e il dominio sull’Europa centrale mutilò ed
eliminò, dieci tra Province, Viceprovince e missioni della Compagnia. Al di fuori dell’Europa
la travolgente vittoria dei comunisti in Cina abbatté in un solo colpo il duro lavoro di un
secolo. In Africa e in Asia le nuove nazioni, controllando l’istruzione, crearono delicati
problemi per i missionari, che consideravano le scuole strumenti chiave per il loro apostolato.
Entrambi i padri generali affrontarono con decisione i cambiamenti apportati nella società dalla
rapida evoluzione della scienza, dell’industria e della tecnologia. Le loro direttive spinsero la
Compagnia ad affrontare questi problemi mondiali densi di implicazioni spirituali e morali.
Cfr. Bangert, William E., op. cit., pp. 525 – 526.
120
79
La risposta dei Gesuiti al volere dei superiori di misurarsi con le
problematiche fu generosa ed intelligente, essi avevano messo insieme un
immenso deposito di ricerche e riflessioni che esprimevano lo spirito di
aggiornamento, ad affrontare questi problemi mondiali densi di implicazioni
spirituali121.
La situazione politica del Brasile nella prima metà del ventesimo secolo
si presentava estremamente instabile, la realtà brasiliana – corrotta dal pesante
carico della tradizione capitalistica che aveva dominato l’Occidente nei secoli
passati –
si presentava con certi aspetti progressisti ma sostanzialmente
caratterizzata dal sottosviluppo, le forze dell’oligarchia agraria dominante
erano allarmate da vari movimenti di cui facevano parte comunisti e persino
cattolici. I vari presidenti122 che si avvicendarono cercarono sempre l’appoggio
della Chiesa123, e fecero leva, nelle loro campagne elettorali, sui sentimenti
121
Ibidem, p. 527.
Tra i vari presidenti che si avvicendarono in Brasile nella seconda metà del XX secolo
spicca la figura di Getúlio Vargas (1930-1945 e 1950-1954). Al presidente Vargas succedette
Juscelino Kubitscek (1955-1960), quest’ultimo venne sostituito da Jânio Quadros che perseguì
una politica populistica e nazionalistica indipendente, stabilendo rapporti diplomatici e
commerciali con i paesi socialisti per espandere i mercati di esportazione e diminuire la sua
subordinazione agli interessi americani: trovandosi isolato fu costretto a dimettersi sette mesi
dopo. Il successore di Quadros, Goulart (1961-1964), si trovò a fronteggiare una difficile
situazione economica, conservatore di formazione, aveva stretto legami con le forze di sinistra,
particolarmente nell’ambito sindacale: in lui il populismo di stampo “getulista” raggiunse la
sua massima espansione. Già dal 1963 le forze dell’oligarchia dominante conservatrice
avevano iniziato una campagna di cospirazione contro Goulart in difesa della loro egemonia.
Per i primi anni appoggiò gli interessi più reazionari dell’oligarchia agraria e del capitale
americano, ma in seguito, il 13 marzo 1964, in un comizio arrivò ad annunciare la confisca
delle terre, la nazionalizzazione delle raffinerie del petrolio, il voto agli analfabeti, etc.,
sembrava aperta la strada verso le riforme, ma pochi giorni dopo, il 31 marzo del 1964 Goulart
fu rovesciato dai militari che portarono alla presidenza Castelo Branco. In Brasile si instaura un
regime militare che rimarrà al potere fino al 1984. Cfr. Trento Angelo, Il Brasile, una grande
terra tra progresso e tradizione (1808 – 1990), Firenze, Giunti, 1992.
123
La Chiesa Cattolica iniziò lentamente a prendere coscienza delle trasformazioni che era
necessario operare in Brasile per sottrarlo alla condizione di “sottosviluppato”. Nel 1930
nacque l’Azione Cattolica, frutto di altri movimenti cattolici, gli intellettuali cristiani uscirono
dal loro isolamento per dare vita all’organizzazione di istituti, Università, riviste filosofiche e
teologiche. In campo sociale la Confederazione latinoamericana dei sindacati cristiani era
122
80
religiosi del popolo. Una certa parte della Chiesa era ben felice di poter
concedere questo appoggio politico, paventando il «pericolo rosso», mentre chi
soffriva per l’ingiustizia di tante situazioni sociali, molto spesso non sapeva o
non poteva proporre nessuna alternativa124.
I Gesuiti, dunque, si trovarono ad operare in questo clima di fermento
sociale, che vedeva, da un lato, le forze della oligarchia dominante e
conservatrice e del capitale statunitense, portatori di interessi capitalisti,
dall’altra molti cattolici già da tempo impegnati nella costituzione di circoli
operai cristiani e le forze comuniste, questi ultimi movimenti impegnati a
fronteggiare le disuguaglianze del capitalismo.
In questo contesto di tensione politica e economica che sfocerà nella
repressione violenta della dittatura militare, i Gesuiti, ancora lontani dal clima
di apertura che caratterizzò il Concilio Vaticano II, adottarono nella loro linea
educativa una posizione conservatrice e una severa disciplina, infatti, lo stesso
Coelho, ci confermerà che gli anni dello studio presso il collegio dei gesuiti
furono determinanti per la formazione del suo pensiero e della sua coscienza:
La mia educazione è stata estremamente formale. Non so come siano
visti adesso i gesuiti, ma allora erano molto conservatori e severi (…)
Allora, erano l’esercito di Cristo. Mi hanno fornito eccellenti basi
disciplinari, ma hanno provocato in me anche un orrore verso la
religione, dalla quale ho finito per allontanarmi. Per questo, per
molto organizzata e coordinava i movimenti operai di tutto il continente. Dopo la seconda
guerra mondiale si sviluppò l’Azione Cattolica specializzata e nacquero i gruppi della JUC, la
JEC e la ACO. La scelta della Chiesa brasiliana per le riforme e la promozione sociale
dell’uomo e soprattutto del lavoratore ebbe inizio in un Congresso Eucaristico realizzato a
Manàus nel 1942, lì fu esposta e dibattuta la questione della riforma agraria. Nel 1955 si
ottenne a Rio de Janeiro una conferenza generale dell’Episcopato latinoamericano, in cui si
trattarono tutti i temi più urgenti e si posero le basi per una collaborazione più stretta tra la
Chiesa di Roma e quelle del continente sudamericano e nacque la CAL (Pontificia
Commissione per l’America Latina) e il CEIAL (Consiglio Episcopale Latinoamericano). Cfr.
Iori, Vanna, op. cit., p. 46 – 50.
124
Ibidem, p. 49.
81
ribellione nei confronti di quella formazione rigida e chiusa, appena
uscito dal collegio, dove i miei genitori mi avevano mandato perché
andavo male negli studi, ho cercato i movimenti studenteschi più
estremisti, non credenti. E ho iniziato a familiarizzare con gli scritti di
Marx, Engels, Hegel, etc.125
Come possiamo rilevare da queste dichiarazioni rilasciate dallo stesso
Coelho, i valori e principi dell’educazione ignaziana hanno influito
notevolmente nella personalità e formazione dello scrittore e siamo dell’idea
che la pedagogia dei Gesuiti abbia toccato dei punti sensibili nel suo animo.
In realtà qualcosa dentro lo agitava, il suo atteggiamento di rifiuto e
opposizione alla religione, nascondeva ben altro, in verità ciò che attirava
Coelho era il mondo della spiritualità e lo cercava nelle esperienze più lontane
perché non aveva trovato alcun convincimento nella formazione religiosa
imposta:
Ho incominciato a sperimentare altre religioni e sette, in particolare
modo quelle orientali. Le ho provate tutte: Hare-Krishna, buddismo,
filosofia zen, yoga, tutto. Ho ripreso ad andare regolarmente a messa
soltanto dopo aver fatto il cammino di Santiago.126
Coelho quando terminò gli studi presso il Collegio, aveva l’età di 17
anni, la formazione rigida e chiusa ricevuta nel collegio gesuitico, dove i
genitori lo avevano mandato perché andava male negli studi, lo portarono al
rifiuto e all’allontanamento dal mondo cattolico ma il suo atteggiamento di
rifiuto e opposizione fu dovuto anche all’età evolutiva in corso.
La mia formazione era gesuitica, una formazione che dà un certo
concetto di Dio (…). Cercare di importi una fede è il migliore per portarti
alla ribellione (…). Per me ribellarmi a quell’educazione religiosa voleva
125
126
Cfr. Arias, Juan, op. cit., pp. 48 – 49.
Ibidem, p. 50.
82
dire passare al marxismo.127
Come si può notare da quanto detto sopra, Coelho si rivolse ad altre
correnti filosofiche e di pensiero, incominciò a frequentare vari maestri,
numerose sette, molte filosofie fino ai dettami della tradizione alchemica, che
Coelho ha studiato per oltre dieci anni, convinto che le risposte ai suoi dubbi si
trovassero nei libri e chi aveva la conoscenza poteva capire il mistero
dell’esistenza.
L’atteggiamento che mostra Coelho nella sua ricerca spirituale è quello
di riporre in una figura guida la sua fiducia e volontà, un riferimento che
richiama
a
una
delle
particolarità
della
pedagogia
ignaziana
sia
nell’insegnamento che negli Esercizi Spirituali, racchiuse nelle rispettive figure
del professore e del discente per quel che concerne la didattica e del direttore e
dell’esercitante negli Esercizi Spirituali.
Un parallelismo sottile che spiega come questa tendenza dello scrittore
abbia le sue radici nella formazione ignaziana e, che si può rilevare soprattutto
nel suo primo libro O diário de um mago: il romanzo altamente autobiografico
è una sorta di viaggio iniziatico all’interno della coscienza di Coelho, aiutato
da Petrus – che non è il maestro dei rituali segreti dell’Ordine esoterico di cui
Coelho ha fatto parte, ma la guida spirituale di un vecchio ordine nato in seno
alla Chiesa Cattolica chiamato RAM – intraprende il cammino di Santiago.
Lungo il tragitto del cammino seguendo i rigorosi «esercizi» impartiti
da Petrus, comprende che è la decisione dell’uomo di compiere il proprio
destino che gli consente veramente di essere un uomo e non le teorie che si
127
Ibidem, p. 121.
83
elaborano intorno al mistero dell’esistenza, Petrus gli ripete che il cammino è
delle «Persone Comuni», tutti siamo chiamati e non esistono i prescelti, una
serie di riflessioni che lo cambieranno radicalmente, sconvolgeranno i suoi
schemi mentali e lo riavvicineranno alla fede cattolica.
Nella prefazione all’edizione italiana del Cammino di Santiago, Coelho
fa riferimento al suo passato e alla sua ricerca spirituale e confesserà:
Dubito della mia sincerità nella ricerca spirituale, perché è molto faticoso
cercare un Dio che non si mostra mai, pregare a orari stabiliti, percorrere
cammini ignoti, obbedire a una disciplina, accettare ordini che mi
sembrano assurdi.128
Il Collegio dei Gesuiti dovette risultare molto duro al giovane e inquieto
Coelho, esso consisteva in un luogo dove gli allievi dovevano apprendere la
disciplina, dopo si trattava della formazione degli studi e del modo di usarli, in
modo che potessero giovare a meglio conoscere ed amare Dio Creatore e
Signore nostro.
L’educazione scolastica e collegiale dei Gesuiti si alimentava
soprattutto dei momenti di vita comune regolata da norme puntuali, tipica dei
loro collegi. La disciplina era un metodo che guidava e educava i giovani ora
per ora e non solo l’orario di lezione, al quale pure si dedicava grande
attenzione, ma i gesuiti furono i precursori di questo nuovo modo di intendere
l’apprendimento come assetto e riassetto permanente della personalità129.
Lo stesso Coelho nell’intervista rilasciata a Juan Arias afferma: “Amo
128
129
Cfr. Coelho, Paulo, O Diário de Um Mago, op. cit., p. 2.
Cfr. Santoni Rugiu, Antonio, op. cit., pp. 224 – 227.
84
l’anarchia, ma la preferisco in altri momenti: quando devo scrivere la disciplina
è fondamentale. La disciplina è quanto di più positivo ho ricevuto dalla
formazione presso il collegio dei Gesuiti”.130
In realtà i Gesuiti agivano principalmente per via psicologica, con
efficacia stupefacente si prodigavano ad escogitare dei sottili mezzi per
spegnere la volontà attraverso l’imposizione dell’obbedienza, fornendo allo
stesso tempo alla personalità, modelli e strumenti formativi più originali dei
loro stessi contenuti e metodi di insegnamento, per comunicare e stabilire con
gli altri rapporti più efficaci e persuasivi.
In altri termini, i Gesuiti ebbero il coraggio di introdurre nel loro
«pacchetto» pedagogico, l’esercizio dell’immaginazione, dell’espressività, del
gusto estetico, introdussero il teatro, la danza, i concerti, le feste per inviti,
come forme di educazione e socializzazione131.
La passione del teatro fu una delle velleità artistiche che
caratterizzarono l’adolescenza di Coelho, come racconterà nell’intervista a
Juan Arias: “Avevo moltissima voglia di fare teatro. E’ stato il primo sogno
della mia vita, insieme a quello di essere scrittore”132, come possiamo anche
rilevare nel suo libro O teatro na educação del 1974, che costituisce un
appoggio didattico alle misure del Ministero dell’Educazione per rafforzare il
ruolo della disciplina di Educazione Artistica nell’insegnamento scolastico e
universitario133.
130
Cfr. Arias, Juan, op. cit., p. 166.
Cfr. Santoni Rugiu, Antonio, op. cit., pp. 227 – 228.
132
Cfr. Arias, Juan, op. cit., p. 100.
133
Cfr. Romancini, Richard, Apropriações de Paulo Coelho por usuários de uma biblioteca
pública: leitura «popular», leitura «popularizada», Tese Pós-graduação, Faculdade de
131
85
Tra le caratteristiche particolari dell’insegnamento dei Gesuiti, occupa
un posto di rilievo la figura e la personalità del professore: “deve formare dei
buoni cristiani, non dei claustrali. Inoltre deve mostrarsi uguale con tutti,
affabile e cortese, alacre e di buon umore”.134
Per
mantenere
dell’insegnamento
l’ardore
gesuitico
nello
studio,
le
esercitazioni
sono
altra
caratteristica
scolastiche,
che
comprendono non solo il suscitare l’iniziativa personale infondendo la brama
del sapere, il sentimento di segnalarsi, di voler eccellere in tutto. La scuola,
intesa come una palestra giovanile di ingegni, vivace, attiva ed operosa, non
doveva dare spazio a rilassatezza e noia.
Altra caratteristica rilevante dell’esercitazione è la composizione scritta,
nella scuola ed a casa, breve, ma quotidiana in latino, in prosa, in verso ed
anche nella lingua nazionale, oltre i saggi scritti nella scuola per le gare.
Come possiamo rilevare dalle parole dello stesso autore:
Lo scrittore conserva tuttora un buon ricordo degli anni di scuola, perché
in quelle severe aule ha imparato l’importanza della disciplina. Allorché
vinse il primo premio in un concorso scolastico di poesia e un secondo
premio in composizione scoprì la vocazione letteraria.135
La spinta principale di questa originale attività scolastica era racchiusa,
quindi, nell’emulazione: gare innocenti, organizzate per promuovere il profitto
scolastico e qualsiasi
altra opera umana, la brama di segnalarsi che non
escludono l’idea del dovere e gli altri fini morali e religiosi a cui è diretta la
Ciências da Comunicação, Escola de Comunicações e Artes da Universidade de São Paulo, São
Paulo, A.A. 2001-2002, pp. 80 – 81.
134
Cfr. Barbera, Mario, op. cit., p. 67.
135
Cfr.Coelho, Paulo, Biografía de un narrador, op. cit., p. 11.
86
pedagogia ignaziana136.
Altra caratteristica fondamentale della pedagogia ignaziana è il
«Magis», ossia in ogni cosa aver di mira il meglio che si può: l’eccellenza.
Questa idea si trova da per tutto: negli Esercizi Spirituali, nelle Costituzioni e
negli altri scritti e può dirsi il principio ed impulso generale che investe tutto
l’organamento delle opere ignaziane: “in particolare nello studio, se non in
ogni cosa almeno si procuri l’eccellenza da ciascuno”137, come diceva lo stesso
San Ignazio.
Questo aspetto lo possiamo rilevare nel successo letterario di Paulo
Coelho; le sue opere pubblicate in più di centoquaranta paesi e tradotte in
cinquantuno lingue lo hanno reso famoso in tutto il mondo, ma nonostante
l’affermato successo lo scrittore non smette di scrivere ma mira sempre al
meglio e al dare il meglio di se stesso ai suoi lettori.
Il fine apostolico–religioso che San Ignazio aspirava dall’insegnamento
era quello di portare l’uomo alla conoscenza e amore di Dio, sperando che gli
alunni formati alla cultura e all’educazione arrivassero a essere nella vita
professionale e sociale influenti leader al servizio della società, trasmettendo lo
spirito che avevano ricevuto agli altri.
Nell’insegnamento religioso i Gesuiti badarono allo spirito, coerenti
anche in questo campo col principio che il primo fattore educativo consiste
nella trasmissione di abiti mentali, essi preferivano fare acquisire disposizioni
spirituali attraverso la consuetudine della preghiera privata e collettiva, oltre
che con la messa, le confessioni e comunioni, piuttosto che con l’ossessiva
136
137
Cfr. Barbera, Mario, op. cit., p. 68.
Ibidem, p. 25 in Quarta parte delle Costituzioni: IV, C. 5, N. 1, 2. C, D.
87
ripetizione di riti e di formule138.
Lo stesso Coelho ci riferisce nell’intervista con Juan Arias di queste
pratiche spirituali: “Ricordo che i miei mi obbligavano ad andare in chiesa tutte
le domeniche. Negli ultimi anni di collegio, dai gesuiti, dovevo andarci anche
tutti i venerdì”.139
Scopo dei Gesuiti era “promuovere la conoscenza e l’amore di Dio e
delle virtù a Dio gradite e di dirigere a questo scopo tutti i loro studi”140. In
particolare si indicavano i mezzi: la devozione alla SS. Vergine e l’Angelo
Custode, la Messa, la dottrina cristiana e l’esortazione ogni settimana, la
confessione almeno ogni mese e la Comunione, l’esame di coscienza, la fuga
delle cattive compagnie e la pratica delle virtù cristiane.
Un mezzo particolarmente efficace per promuovere la pietà cristiana
fervente è la Congregazione Mariana141, soprattutto poi, l’ambiente e lo spirito
dell’insegnamento è improntato a religiosità, non carica di troppe pratiche, ma
sincera e serena142.
L’influenza di questa pratica la possiamo rilevare in Paulo Coelho che è
molto devoto alla Vergine, da qui la sua scelta di vivere a Tarbes vicino a
Lourdes. Anche nel suo libro Na margem do rio Piedra eu sentei e chorei,
l’autore parla della Vergine Maria chiamandola ripetutamente «Dea»143, in cui
138
Cfr. Santoni Rugiu, Antonio, op. cit., p. 230.
Cfr. Arias, Juan, op. cit., p. 48.
140
Cfr. Barbera, op. cit., p. 63, in Quarta parte delle Costituzioni: (Prov. 40, Com . Sup. 1,
Com. inf. 1).
141
La congregazione mariana, quale associazione allo scopo di coltivare ed esercitare le virtù
cristiane del proprio stato e le opere di carità e di apostolato sotto la protezione ed all’esempio
della Beata Vergine Maria. Essa fu un frutto del rifiorimento della devozione alla Vergine ed
insieme un movimento pedagogico fecondo di stimoli a promuovere la pietà e lo studio tra i
giovani. Ibidem, p. 63.
142
Ibidem, p. 63.
143
Coelho, Paulo, Na margem do rio Piedra eu sentei e chorei, op. cit., p. 75.
139
88
Maria è vista come il «volto femminile di Dio»144. Superando il fastidio che ad
alcuni può dare la sua interpretazione della figura mariana, ci sembra evidente
che questo suo interesse sia legato al tipo di educazione che ha ricevuto presso
i Gesuiti. L’autore mostra un culto anche per l’Angelo Custode e lo si può
notare nel libro: As Valkírias.
144
Ibidem, p. 74.
89
Capitolo III
LE RADICI GESUITICHE NELLA
SCRITTURA
DI PAULO COELHO:
IL CAMMINO DI SANTIAGO
90
Capitolo III
LE RADICI GESUITICHE NELLA SCRITTURA DI PAULO COELHO:
IL CAMMINO DI SANTIAGO.
III.1. Ignazio di Loyola: Ejercicios Espirituales.
Gli Esercizi Spirituali frutto della conversione di San Ignazio, furono
scritti a Manresa, dove per un anno il santo condusse una vita di preghiera e
penitenza; lì incominciò a scrivere il nucleo fondamentale degli esercizi pensati
per essere sorgente della sua vita di preghiera, guida nella lotta perseverante
contro se stesso, forma di tutta la sua vita spirituale145.
Il testo è stato approvato dalla Chiesa fin dal 1548146 e mantiene la sua
attualità in quanto rimane legato alle realtà e ai valori più essenziali dell’uomo
nel mistero del suo destino soprannaturale e terreno.
Gli Esercizi spirituali si devono sempre collocare nel momento storico
in cui vengono elaborati, essi nacquero nell’epoca della Riforma della Chiesa
145
Cfr. Guibert, Joseph, La spiritualité de la Compagnie de Jésus, Roma, Institutum
Historicum Societatis Jesu, 1953 (tr. it. Valentinuzzi, Guido, La spiritualità della Compagnia
di Gesù, Roma, Città Nuova Editrice, 1992, p. 366).
146
Il testo originale degli Esercizi Spirituali è stato scritto in spagnolo ed è conservato nel
manoscritto comunemente dette Autografo, trascritto dal p. Bartolomeu Ferrão nel 1544, ma
recante numerose correzioni di mano di San Ignazio. Di questo originale esistono tre traduzioni
latine principali: due antiche e quella recente del p. Roothan. Delle due antiche, quella che
comunemente viene chiamata vulgata e che in effetti è stata il testo usato abitualmente dopo
l’approvazione di Papa Paolo III degli Esercizi nel 1548, fu redatta dal p. André des Freux tra
la fine del 1546 e l’inizio del 1547. La seconda, chiamata versio prima, è anteriore poiché si
trova in un manoscritto del 1541, e risale forse al periodo parigino di San Ignazio che potrebbe
esserne stato proprio lui l’autore. Ambedue le versioni latine vennero sottoposte
contemporaneamente all’esame dei censori designati da Paolo III, e ambedue approvate col
Breve del 31 luglio 1548. Ibidem, pp. 79 – 80.
91
Cattolica, in risposta allo scisma luterano ed erano impregnati da questo spirito
riformista della vita dei cristiani; questo intento spirituale appare nello stesso
titolo del libretto ignaziano [1-21], e ricorre lungo l’arco delle quattro
settimane147.
Gli esercizi si devono inserire nella situazione in cui si trovano l’uomo,
la Chiesa e la società al momento in cui si fanno, per dare alla propria vita la
dimensione richiesta dall’oggi di Dio. E’ preclusa la via ad ogni evasione e
interpretazione arbitraria, gli Esercizi sono attuali per questo motivo: perché
investono la nostra situazione presente, partono da essa e ad essa conducono.
Nella vita cristiana, in qualsiasi epoca, tutto ciò che si chiama ritiro,
preghiera, Parola, riveste un’importanza capitale e mai queste ore di
raccoglimento rimangono senza risultato, gli Esercizi sono da collocarsi in
questa dimensione, ma devono affrontare le radici nella realtà storica della vita.
Le componenti degli Esercizi sono diverse ma noi ci limiteremo solo a
quelle che costituiscono l’ossatura del metodo e sono indispensabili per
garantirne l’autenticità148.
Gli Esercizi Spirituali sono un manuale offerto a tutte le categorie di
cristiani e interessa la vita spirituale di milioni di anime, mettendo in intimo e
prolungato contatto col Vangelo149 e il suo messaggio, la saggezza degli
Esercizi è infatti evangelica, sono un annuncio della Buona Novella, un
incontro con il Maestro Divino.
S. Ignazio raccomanda che il testo venga proposto con discernimento,
147
Cfr. S. Ignazio di Loyola, op. cit., p. 15.
Ibidem, pp. 16 – 17.
149
Il Vangelo è organicamente presentato per comunicare il messaggio della salvezza nei suoi
elementi-chiave è la sintesi esistenziale della storia della salvezza, il cammino per giungere a
un vero e forte amore di Dio e dei fratelli. Ibidem, p. 7.
148
92
gli Esercizi non sono un libro comune.
Non sono un sistema di teologia, anche se hanno un loro aspetto
teologico: la scelta dei mezzi e della via per rendere il cristianesimo una realtà
viva nella propria vita e porre Cristo al centro della storia della salvezza e della
propria esistenza150.
Gli Esercizi Spirituali non si presentano, neppure nella forma materiale,
né come un trattato spirituale, né come una serie di esortazioni o di
meditazioni.
Sin dall’inizio, appare chiaro il carattere particolare del libro: un seguito
di osservazioni pratiche, di metodi di esame di coscienza, di preghiera, di
decisione o «elezione»151, schemi di «meditazioni»152 e «contemplazioni»153;
un insieme di istruzioni varie destinate a dirigere concretamente un certo
numero di esercizi interiori disposti in un ordine sistematico, si tratta insomma
di un testo non da leggere ma da praticare154.
Del resto nelle stesse intenzioni di S. Ignazio il libretto è destinato non
all’esercitante, ma a colui che dà gli esercizi, cioè a colui che guida
l’esercitante155.
Gli Esercizi sono un manuale di ascetica, fondata sulla preghiera e sulla
150
Ibidem, pp. 7 – 8.
[169] Elezione: “per fare una buona elezione, in quanto dipende da me, bisogna che la mia
intenzione sia pura e indirizzata soltanto al fine per cui sono creato, cioè la lode di Dio nostro
Signore e la salvezza della mia anima. Perciò, qualunque sia la mia scelta, deve essere tale da
aiutarmi a raggiungere il fine per cui sono creato, non subordinando o piegando il fine al
mezzo, ma il mezzo al fine”. Cfr. Loyola, Ignazio, Gli esercizi spirituali, Roma, Edizioni ADP,
1991 ( tr. it. di Raffo, Giuliano S. J., a cura dei Gesuiti di San Fedele a Milano, pp. 140 – 141).
152
MEDITACIÓN – meditazione: metodo di preghiera con cui si applicano su una verità di
fede le tre potenze o facoltà dell’anima (memoria, intelletto, volontà). Ibidem, p. 322.
153
CONTEMPLACIÓN – contemplazione: metodo di preghiera che consiste nell’osservare
con gli occhi dello spirito un mistero evangelico, come se fosse una scena viva a cui si
partecipa personalmente. Ibidem, p. 319.
154
Cfr. Guibert, Joseph, op. cit., p. 78.
155
Cfr. Rendina S. I., Sergio, L’itinerario degli esercizi, Roma, Edizioni ADP, 1999, p. 10.
151
93
guida spirituale, qualcosa da vivere e non da dire o da ascoltare soltanto.
Sono un manuale o meglio degli esercizi, delle esperienze, e quindi,
solo vivendoli potremo sapere quel che veramente sono e quel che vogliono.
Sono un manuale per chi cerca di conoscere e di fare la volontà di Dio,
la logica degli Esercizi è forte, indicano una via da seguire, hanno un punto di
partenza e un punto di arrivo. Formule brevi, perentorie: in un castigliano
incolto e arcaico, ricco di anacoluti familiari a coloro che pensano rapidamente
e fortemente156.
Perciò occorre un clima di silenzio e di raccoglimento, di preghiera e di
revisione interiore, di disponibilità e di magnanimità. Come ci conferma nella
sua premessa agli Esercizi Spirituali anche il Padre Vincenzo Insolera157:
Clima necessario alla scelta da fare e alla verifica della sua autenticità.
La nostra libertà è finita e non riesce mai ad abbracciare la totalità della
nostra vita. Ogni decisione lascia posto ad altre decisioni. Ogni anno
troviamo nuovi campi di scelte, sempre più condizionate: nuove visuali
che ne costituiscono un prolungamento graduale. Inoltre, si devono
scoprire i nuovi detriti della vita quotidiana, per liberarcene. Un anno di
vita impolvera. Vedere anche i difetti di carattere, gli avvenimenti
vissuti, i sentimenti esperiti e non bene controllati che hanno il loro
focolaio nella nostra natura incline al male. La nostra vita spirituale è
esposta agli impulsi. L’«uomo vecchio» dev’essere sempre rigenerato
nell’«uomo nuovo», «santificato nella verità». Si impone fin dall’inizio
una vittoria su se stessi, la libertà forse si trova in un momento critico. E
qui è Dio che deve parlarci. Le verità rivelate hanno bisogno di questa
parola personale di Dio per noi. Gli Esercizi preparano e portano a Dio
che deve parlarci. E se non ci parla? Vale sempre la pena di farli, perché
dispongono a una nuova attesa. 158
Gli Esercizi, infatti, sono uno strumento, un metodo di introduzione e di
esperienza del mistero cristiano eminentemente «personale-individuale», non
nel senso di individualista, ma nel senso che essi mirano a far maturare la
156
Cfr. S. Ignazio di Loyola, op. cit., p. 10.
Ibidem, p. 9.
158
Ibidem, p. 9.
157
94
singola persona verso atteggiamenti e decisioni, che da una parte sono suoi e
non di altri, dall’altra sono il suo modo di inserirsi nel «piano universale di una
storia e di una comunità di salvezza»159.
Il Padre Rendina istruttore di terza probazione dei Padri Gesuiti, in
appoggio a quanto detto sopra, nel Convegno annuale tenuto dalla FIES a
Cagliari sostiene che:
In relazione a questa caratteristica fondamentale degli Esercizi, pur
sapendo che lo Spirito è in primo luogo inviato e attivamente presente
nel corpo ecclesiale, la nostra attenzione si rivolgerà principalmente alla
sua presenza in ciascuno di noi come principio dinamico della nostra
nuova creazione in Cristo.160
Il padre Rendina tende a precisare che negli Esercizi, il problema
principale in relazione alla «decisione da prendere» non è tanto di fare un po’
più di posto allo Spirito negli argomenti da meditare, di consacrargli qualche
momento di riflessione speciale in più di quanto si è fatto finora.
Gli Esercizi sono un «tempo forte» dello Spirito particolarmente
rigoroso.
Perciò il compito che gli spetta è essenziale e coestensivo a tutti gli
Esercizi: è la guida interna che accompagna e promuove tutto l’itinerario di
conversione dell’esercitante. E’ in questo modo che il Padre Rendina intende
sviluppare il tema «Esercizi Spirituali ed esperienza dello Spirito»161.
Lo scopo degli Esercizi è quello di mettere ordine162 nella propria vita,
159
Cfr. P. Rendina S. J., Sergio, Esercizi spirituali ed esperienza dello spirito, in Convegno
annuale della FIES Cagliari 27-29/12/1978, Cagliari, Il Torchio, 1979, p. 26.
160
Ibidem.
161
Ibidem, p. 30.
162
ORDENAR – ordinare: mettere ordine nelle intenzioni e nelle azioni, eliminando le
affezioni disordinate e orientando tutta la vita verso il suo fine che è Dio. Cfr. Loyola, Ignazio,
95
per raggiungere questa condizione è necessario decidere se schierarsi con
Cristo o con Satana. Gli Esercizi sono validi o meno in rapporto a questo
fondamento cristologico, che a sua volta è adatto a sollecitare una scelta di
vita163.
III. 1.1. Struttura e analisi del testo: Ejercicios Espirituales.
Gli Esercizi Spirituali nella sua struttura sono insieme norma e forza
principale della vita interiore della Compagnia. Gli Esercizi sono il mezzo
essenziale per sviluppare e conservare nella Compagnia lo spirito proprio che,
nei secoli passati, le aveva fatto rendere tanti servizi alla Chiesa. In questi
Esercizi, infatti, i Gesuiti trovano «metodi di preghiera molto facili ed
efficaci», grazie ai quali possono consacrare con grande frutto ore intere alla
preghiera, vi trovano anche i principali insegnamenti della vita spirituale ed i
mezzi principali di vita interiore164.
Nell’ analisi del testo non intendiamo analizzare gli Esercizi Spirituali
in ogni sua parte, ma offrire una sintesi completa del suo contenuto e dedicare
attenzione ai termini più importanti e significativi.
Il testo ignaziano contiene un’introduzione, un nucleo centrale e
indicazioni varie.
op. cit., p. 323.
163
Cfr. Rahner S.J., Hugo, Come sono nati gli esercizi, Roma, Edizioni ADP, 2004, pp. 62 –
63.
164
Cfr. Guibert, Joseph, op. cit., p. 419.
96
L’introduzione si compone di “Anotaciones165 para tomar alguna
inteligencia en los ejercicios espirituales que se siguen, y para ayudarse, así el
que los ha de dar como el que los ha de recibir”, ossia “venti annotazioni”:
direttorio conciso per chi dirige il corso, aiuto all’esercitante perché si assicuri
il miglior profitto spirituale.
Dopo le annotazioni, il titolo generale: [21] “Ejercicios espirituales
para vencer a sí mismo166 y ordenar su vida, sin determinarse por affección167
alguna que desordenada sea”, ossia “Esercizi spirituali per vincere se stesso e
ordinare la propria vita senza determinarsi per affezione alcuna che sia
ordinata”.
In seguito troviamo una nuova osservazione pratica per prevenire ogni
interpretazione sfavorevole delle istruzioni date all’«esercitante»168. Si delinea
così il nucleo centrale – dal «Principio y Fundamento»169 alla «contemplatio
ad amorem»170 – che è la sostanza degli Esercizi: un itinerario da percorrere in
quattro tappe, dette «semanas»171, di diversa durata. Le indicazioni varie
165
ANOTACIONES – annotazioni: gli avvisi posti all’inizio del libro, come suggerimenti utili
per ci deve proporre e per chi deve fare gli Esercizi. Cfr. Loyola, Ignazio, op. cit., p. 318.
166
VENCER A SÍ MISMO – vincere se stesso: dominare la propria parte sensitiva,
sottomettendola all’intelletto e alla volontà; impegnarsi a seguire in tutto la volontà di Dio.
Ibidem, p. 325.
167
AFECCIÓN – affezione: l’inclinazione verso una persona o una cosa, prodotta dall’amore
che si ha per essa e che influisce sulle facoltà dell’anima (la memoria, l’intelletto, la volontà);
può essere ordinata o disordinata: ordinare le affezioni disordinate è la base della
trasformazione della persona. Ibidem, p. 317.
168
Ibidem.
169
[23] PRINCIPIO Y FUNDAMENTO – principio e fondamento: la considerazione iniziale,
posta come punto di partenza e come premessa di tutto il discorso che si svolgerà negli
Esercizi. Ibidem, p. 324.
170
[230-237] CONTEMPLATIO AD AMOREM – contemplazione per raggiungere l’amore:
La “contemplatio ad amorem” si colloca alla fine della quarta settimana. Ibidem, pp. 193 –
197.
171
SEMANAS – settimana: ciascuna delle quattro parti, di durata variabile, in cui si dividono
gli Esercizi. Ibidem, p. 324.
97
raccolgono diversi modi di pregare, la serie dei «misteri»172 della vita di Cristo,
norme pratiche per discernere le mozioni dello spirito, soccorrere i poveri,
sentire nella Chiesa e così via. Sono aiuti integrativi della grande arteria di
marcia degli Esercizi173.
S. Ignazio raccomanda che il testo venga proposto con discernimento,
gli Esercizi non sono un libro comune.
In questa esperienza da vivere c’è un frutto generale e personale da
percepire e da tenere sempre presente: viene espresso nella «oración
preparatoria»174 e nei «préambulos»175, con una grande variazione di motivi
che si possono riassumere in questa semplice frase del testo: [48]. «Lo que
quiero y deseo»176.
All’inizio degli Esercizi, S. Ignazio invita a: [1]. «Ejercicios
espirituales para vencer a sí mismo y ordenar su vida, sin determinarse por
affección alguna que desordenada sea».
S. Ignazio chiede di non lasciarsi prendere da affetti scomposti, ma di
cercare lealmente la volontà di Dio per trovarla e per trovare se stessi
nell’ambito della propria vocazione.
Non si tratta di fissare per tutti regole uniformi, metodi di preghiera e di
ascesi ma di cercare quale è in questo momento la volontà di Dio su se stessi.
Una vita in ordine non è affatto una vita statica e inerte ma impegnata e
172
MISTERIOS – misteri: episodi scelti della vita di Cristo, proposti alla contemplazione
dell’esercitante, perché ne assimili progressivamente i sentimenti. Ibidem, p. 322.
173
Cfr. S. Ignazio di Loyola, op. cit., p. 8.
174
ORACIÓN PREPARATORIA – preghiera preparatoria: la preghiera che si premette come
preparazione immediata ad ogni esercizio. Cfr. Loyola, Ignazio, op. cit., p. 323.
175
PRÉAMBULOS – preludi: le parti introduttive della meditazione (due o tre), che servono a
creare le disposizioni più adatte per la sua buona riuscita. Ibidem, p. 324.
176
“Chiedere a Dio nostro Signore ciò che voglio e desidero”. Ibidem, p. 61 in Prima
settimana: [48].
98
dinamica.
L’ordine che Dio mette nel mondo, quello che Cristo pone nella sua
Chiesa non è la disciplina brutale e meccanica di una truppa che compie
esercizi apparentemente senza uno scopo, ma è un ordine vivo di interessi e di
mète da raggiungere177.
Per «semana» Ignazio non intende in primo luogo una durata
cronologica, ma piuttosto una tappa ben caratterizzata all’interno di trenta
giorni circa – sia per la «materia» proposta alla meditazione, sia soprattutto per
il «frutto» che l’esercitante dovrebbe cavarne. Ogni tappa è strettamente
connessa con la precedente e la seguente, secondo una logica più esistenzialepsicologica che concettuale178.
La durata di questa prima settimana, come pure delle altre, non è
necessariamente di sette giorni, ma all’incirca. Può essere prolungata o
accorciata a seconda del frutto, che le è proprio, è stato più o meno
soddisfacentemente conseguito.
La versio Vulgata179 degli Esercizi Spirituali180 che è la versione a cui
ci atteniamo, colloca la «Primera Semana» prima del «Principio y
Fundamento» e prima delle istruzioni sul «examen particular», sul «examen
general de conciencia», sulla «confesión» e «comunión». La «primera
semana»181 comprende:
177
Cfr. S. Ignazio di Loyola, op. cit., pp. 10 – 11.
Cfr. Rendina S. I., Sergio, op. cit., pp. 43 – 44.
179
Versio vulgata: così viene chiamata la traduzione latina degli Esercizi Spirituali, opera del
francese de Freux, testo approvato ufficialmente da Paolo III il 31 luglio del 1548. Cfr.
Guibert, Joseph, op. cit., pp. 79 – 80.
180
Cfr. Loyola, Ignazio, op. cit..
181
La «primera semana» [23-90]. Ibidem, pp. 39 – 89.
178
99
Il «principio y fundamento»182 [23]; – prima delle meditazioni:
«examen particular y cotidiano. Contiene en sí tres tiempos y dos veces
examinarse»183 [24-31]; «Examen general de conciencia para limpiarse y para
mejor se confesar»184 [32-43]; avvisi per la «Confesión general con la
«Comunión»185 [44].
– dopo le meditazioni [45-72], le cosiddette: «adiciones»,186 che sono come
182
[23] La funzione principale del «Principio y Fundamento» è di introdurre gli Esercizi,
concentrando fin dall’inizio l’attenzione e l’impegno dell’esercitante sulla necessità di certe
disposizioni, che si devono possedere o almeno desiderare vivamente prima di addentrarsi nel
corso. Il discorso si snoda in due parti collegate e attraversate da un medesimo movimento,
caratterizzato da uno spostamento di accento per gradi successivi:
- Nella prima parte si parla della creazione dell’uomo e delle creature e si pone l’accento sul
fine su cui l’uno e le altre sono destinati.
- Nella seconda parte si rimarca il fine e le «conseguenze pratiche»: su cui si concentra tutto il
vigore del testo: la norma del «tanto quanto», la necessità della «indifferenza» e la spinta verso
il «magis» (= il più).
La prima parte del testo è proposta per far prendere coscienza all’esercitante, che il fine
dell’uomo e di tutte le creature messe a sua disposizione è che: «l’uomo è fatto per Dio e tutto
il resto gli deve servire per questo scopo», questa è una premessa di fede, che di per sé si
suppone già acquisita dall’esercitante e si tratta di farne sentire profonda persuasione. Nella
seconda parte ci limitiamo ad approfondire il cosiddetto «magis»: «solamente deseando y
eligiendo lo que más nos conduce para el fín que somos criados». Con il «magis» si tratta di
suscitare in anticipo la preferenza per quelle cose, che ordinariamente – secondo la logica
evangelica – si prevedono esser più confacenti e conformi al Regno di Dio.
L’energia di fondo che può muovere al «magis» è l’amore. Nel «Principio y Fundamento» è
solo una specie di provocazione alla generosità, che necessariamente resta sulle generali: è solo
lo sviluppo degli Esercizi che farà identificare d’ordinario i mezzi «migliori» per il servizio del
Regno nella sequela del Cristo pasquale. Cfr. Rendina S. J., Sergio, op. cit., pp. 21 – 39.
183
[24] L’«Examen particular y cotidiano» è diviso in tre tempi, con due esami. E’ un esercizio
spirituale che concentra metodicamente il combattimento ascetico su un punto determinato:
secondo S. Ignazio, che vi dà molta importanza, un peccato o un difetto da evitare. E’ un
mezzo ordinato al fine generale degli Esercizi: «vincere se stesso e ordinare la propria
vita»[21]. L’«esame particolare» con la continuità e la vigilanza che comporta richiede una
tenacia notevole e compie una efficace educazione della volontà. Cfr. Loyola, Ignazio, op. cit.,
pp. 40 – 45.
184
Nella mente di S. Ignazio, l’«esame di coscienza» è una maniera di pregare [43], una
possibilità di conversazione con Dio, in cui l’aspetto della collaborazione con la grazia riveste
una parte importante. Questa forma di preghiera è anche una versione o controllo, che purifica
l’anima e la sollecita ad un continuo progresso nelle vie di Dio. L’«esame di coscienza» lo
troviamo in tutta la letteratura ed ascetica cristiana, fino ad oggi. Ma prende un bel volto ben
definito negli Esercizi di S. Ignazio, dove riceve una formulazione nuova, destinata ad una
grande e permanente diffusione. Oggi è preferito il termine «revisione di vita». E’ un modo di
conoscersi, di discernere il clima della giornata, di parlare al Padre «nel segreto». Cfr. S.
Ignazio di Loyola, op. cit., pp. 51 – 55.
185
Cfr. Loyola , Ignazio, op. cit., p. 57.
186
ADICIONES – addizioni: serie di consigli pratici, «aggiunti» dopo l’esame particolare e
dopo la prima settimana, per aiutare l’esercitante a ricavare maggior frutto dai singoli esercizi.
Cfr. Ibidem, p. 317.
100
delle note aggiuntive, suggerimenti pratici «per fare meglio gli esercizi e
trovare meglio ciò che si desidera» [73-90];
– nel mezzo: gli esercizi o meditazioni proprie della «primera semana»;
se si sta al testo ne troviamo solo cinque, distribuiti lungo l’arco della giornata:
- «Primero ejercicio es meditación con las tres potencias sobre el
primero segundo y tercer pecado. Contiene en sí, después de una oración
preparatoria y dos preámbulos, tres puntos principales y un coloquio»187 [4554], è una meditazione sui «tre peccati» commessi rispettivamente dagli angeli
[50], dai nostri progenitori Adamo ed Eva [51], da una persona qualsiasi
condannata all’inferno per un solo peccato mortale [52].
- «Segundo ejercicio es meditación de los pecados, y contiene en sí,
después de la oración preparatoria y dos preámbulos, cincos puntos y un
coloquio»188 [55-61], è una meditazione sui «peccati propri personali».
- «Tercero ejercicio es repetición del primero y segundo ejercicio,
haciendo tres coloquios»189 [62-63], è una ripetizione delle due precedenti
meditazioni.
- «Cuarto ejercicio es resumiendo este mismo tercero»190 [64], è un
riassunto del terzo esercizio.
- «Quinto ejercicio es meditación del infierno. Contiene en sí, después
de la oración preparatoria y dos preámbulos, cinco puntos y un coloquio»191
[65-72], è una mediazione sull’inferno.
- «Adiciones para mejor hacer los ejercicios y para mejor hallar lo que
187
Ibidem, pp. 60 – 69.
Ibidem, pp. 69 – 73.
189
Ibidem, pp. 73 – 75.
190
Ibidem, p. 75.
191
Ibidem, pp. 76 – 79.
188
101
desea»192 [73-90], sono avvertenze complementari per meglio fare gli Esercizi
e ottenere più sicuramente i frutti che si desiderano. Tali avvertenze riguardano
la preghiera [73-81], la penitenza [82-89] e l’esame[89].
La «primera Semana» si conclude con una meditazione sulla
«riconciliazione» o «misericordia divina», che viene a dare conforto dopo le
«dure» verità meditate e dispone al lavoro della «segunda Semana». Gli
Esercizi non propongono un tema di misericordia, ma esso deriva e si amplia
dal colloquio posto alla fine della considerazione sull’inferno [71]. Dio è
venuto splendidamente in aiuto mediante il Figlio: Gesù salvatore si presenta,
nella «segunda Semana», come Capo per rifare il mondo secondo la volontà
del Padre193.
La «segunda semana»194 [91-189] ha lo scopo di far decidere
l’esercitante a seguire nostro Signore come retta via alla vera vita, ruota attorno
al «El llamamiento del rey temporal ayuda a contemplar la vida del rey
eternal» [91-100], ossia la «contemplazione del regno»195 e la contemplazione
dei «misteri»196 di Cristo [101-131].
192
Ibidem, pp. 81 – 89.
Cfr. S. Ignazio di Loyola, op. cit., p. 77.
194
La «segunda semana» [91-189 ]. Cfr. Ignazio di Loyola, op. cit., pp. 91 – 155.
195
La «contemplazione del Regno» si considera, a ragione, come il fondamento della seconda,
terza e quarta Settimana. E’ una visione panoramica del programma di nostro Signore, desunto
dal Vangelo. Attraverso la varietà delle formule – non esser sordo [91], lottare contro ogni
amore disordinato [97], imitarlo in tutto [98], conoscerlo intimamente per amarlo e seguirlo
[104], rinunciare all’amore di sé, alla propria volontà, ai propri interessi [189] etc., – l’intento
è uno solo: compenetrarsi di Cristo, unire la propria volontà alla volontà del padre. Cfr. S.
Ignazio di Loyola, op. cit., pp. 81 – 85.
196
S. Ignazio suscita gradatamente la disposizione per il più perfetto mediante l’assimilazione
del modo di essere e di vivere in Cristo. A contatto con lui, l’anima attinge forza e slancio per
percorrere la strada che indicherà. E’ una agilità spirituale che viene dalla familiarità con la
mentalità di Gesù. Gli Esercizi propongono un nuovo metodo di orazione: la «contemplazione
evengelica». Vedere, ascoltare, valutare le azioni e agire – un metodo oggi molto adoperato per
inserirsi nella realtà della vita con lo spirito del Vangelo. La distinzione – persone, parole,
azioni – non dev’essere rigida o costringente, ma semplice e solo di aiuto per rendere presenti i
misteri e conformarvi la vita. «Contemplare» è far scorrere dinanzi agli occhi dello spirito –
193
102
La «segunda semana» di introduce gradualmente nel cuore stesso della
pedagogia ignaziana, laddove si cerca di impostare l’elezione e di far maturare
le disposizioni ad essa necessarie. Preannunciata già in quel inizio che è
insieme nucleo germinale degli Esercizi, cioè il «Principio y Fundamento»,
l’elezione esige di essere accompagnata da due atteggiamenti di fondo: la
«libertà di cuore» dalle affezioni disordinate, che gli Esercizi chiamano
«indifferenza»; la «generosità», che – andando oltre la stessa indifferenza –
inclina a preferire quel che più (magis197) conviene allo sviluppo del «Regno»,
prima ancora di sapere dove questo «più» si concretizzerà198.
L’esperienza purificatrice della «primera semana» è l’adesione alla
persona e al sentire di Cristo, a cui provocano in termini globali la
«contemplazione del Re» e in modo più dettagliato le «contemplazioni dei
misteri». A un certo momento della «segunda semana», si tratta di esplicitare in
pieno le suddette disposizioni e di promuoverle con la massima decisione,
inducendo l’esercitante a chiedersi a che punto di fatto si trovi nei loro riguardi.
E’ necessario però – in vista dell’elezione – associare ai due
atteggiamenti appena ricordati, anche il «discernimento», nel quale
l’esercitante è stato introdotto mediante la «contemplazione del Regno»:
con l’aiuto del Vangelo e della grazia – i fatti della vita di nostro Signore, penetrandoli
lentamente, serenamente, senza ansietà, senza stanchezza. Bisogna conoscere e capire per
amare e imitare, per raggiungere l’intimità con nostro Signore. Questa intimità è la grazia che
gli Esercizi fanno chiedere sino alla loro conclusione, mediante il contatto prolungato con il
Vangelo, dall’Incarnazione alla Gloria. Intimità esistenziale di preghiera, di lavoro, di
combattimento spirituale. E’ confidenza, simpatia, affetto, possesso. Metodo essenzialmente
cristologico, fondato sull’impegno personale, in un clima di generosità e di amicizia. Ibidem,
pp. 85 – 87.
197
MAGIS – il più: il «meglio» a cui tendere, impegnandosi a progredire continuamente in
ogni perfezione. S. Ignazio indica con questa parola l’amore che non è mai contento, che vuole
sempre di più, un amore, che per principio è illimitato, amore che è disponibilità al servizio di
Dio e volontà di assimilarsi sempre di più a Cristo. Cfr. Ignazio di Loyola, op. cit., p. 322.
198
Cfr. Rendina S.J., Sergio, op. cit., p. 119.
103
introduzione che va sviluppata e completata dalle istruzioni del direttore sulle
«regole del discernimento» e sui «tempi e modi» di fare «una sana elezione».
Richiamate tutte queste premesse e collocandoci ormai nel centro della
seconda settimana, studieremo nel presente capitolo come Ignazio opera
l’ultima messa a punto dell’esercitante prima di incamminarlo decisamente
sulla via di una scelta cristiana.
A tale intento contribuiscono tre «esercizi» particolari, reciprocamente
ben connessi e caratterizzanti, che non a torto ci permettiamo di chiamare la
«triade» ignaziana della «segunda semana»: cioè – la «Meditación de dos
Banderas, la una de Cristo, sumo capitán y Señor nuestro, la otra de Lucifer,
mortal enemigo de nuestra humana natura»199 [136-148], cioè la meditazione
dei «Due Vessilli» che, indirizzata soprattutto all’intelligenza, puntualizza il
discernimento; - la «Meditación de los tres binarios de hombres, para abrazar el
mejor»200 [149-156], la meditazione delle «Tre categorie di persone» che
199
Questa meditazione prepara all’elezione (o alla riforma) nella luce della missione di Cristo e
della sua lotta contro Satana. Il bene e il male, come il grano e la zizzania, sono mescolati sulla
terra, in ogni opera e in ogni coscienza. All’inizio del suo ritorno a Dio, S. Ignazio fu scosso
dalla scoperta degli Spiriti, la cui lotta dirige segretamente tutta la storia e divide il mondo tra
Cristo e Satana. Questo dramma, che si scatena nel mondo, si estende nel più intimo di noi
stessi. E’ l’ora del reclutamento per la lotta interiore contro l’amore disordinato [97] e gli
inganni sull’orientamento della vita, per giungere alla perfezione evangelica, «pronti e
diligenti» nel compiere ciò che più piace a Dio, in qualunque stato di vita, pronti a fare offerte
di maggior valore e importanza [97]. La meditazione propone i veri criteri dell’elezione, cioè
quelli di Gesù (povertà, semplicità di vita e amore), contro quelli «falsi» di Satana (ricchezza,
godimento mondano e orgoglio); descrive una gradualità nell’inganno come nell’imitazione di
Cristo; il suo fondo è ispirato al Vangelo, perché esamina tutto il comportamento di Cristo e ne
esprime felicemente l’essenziale. Le allegorie guerriere presenti in questo esercizio sono di
tradizione nella letteratura ascetica da S. Paolo in poi e S. Ignazio vi attinge: la spiritualità
degli Esercizi è combattiva. Cfr. S. Ignazio di Loyola, op. cit., pp. 97 – 100.
200
Dopo la conoscenza del programma evangelico della perfezione – povertà o libertà del
cuore, semplicità di vita e umiltà o amore totale a Dio –, l’esercitante deve mettere a punto la
sua volontà. La forza di questa meditazione – un vero test di sincerità – è di produrre il
massimo effetto: uscire da ogni velleità, ancorarsi a decisioni energiche, passare dalle
impressioni e dalle considerazioni alle azioni. E’ la spinta verso la generosità totale: l’adesione
del cuore al volere divino. I tre tipi o gruppi di uomini, dalla condotta in ordine, ma con diversa
disposizione d’animo rispetto la elezione o la riforma per prepararsi a «scegliere il meglio» è la
grande preoccupazione ignaziana, il meglio «per il servizio e la gloria della divina Bontà» [57].
104
vaglia l’efficacia decisionale della volontà; - «Tres maneras de humildad»201
[164-168], la considerazione delle «Tre maniere di umiltà» che mette a fuoco
l’intensità del nostro amore per Cristo202.
Gli esercizi della «segunda semana» giungono al loro punto culminante
di lavoro interiore con gli «esercizi per fare l’elezione»; purificati il cuore e la
mente, rinnovato il proposito di voler fare in tutto la «divina volontà», si tratta
ora di fissare la volontà di Dio nella propria vita e passare ad attuarla.
L’«elezione» è la mèta centrale: la scelta irrevocabile del proprio stato
di vita, sempre sul piano della perfezione evangelica e del «magis» richiesto a
ciascuno da Dio. Per chi ha già fatto l’elezione, gli Esercizi suggeriscono la
«riforma»203 dello stato di vita abbracciato (rinnovazione dello spirito): è
l’ulteriore risposta agli appelli successivi di Gesù; non c’è da mutare ma da
perfezionare. Sia per chi deve fare l’elezione come per chi deve fare la
«riforma», gli Esercizi non sono per la volontà dei mediocri ma per le anime
desiderose del meglio – magis – voluto da Dio.
Il «meglio» non in astratto, ma nella concreta situazione e condizione in cui ci troviamo.
Ibidem, p. 101.
201
La santità è per S. Ignazio sottomissione a Dio, adempimento amoroso della sua volontà, e
quindi carità. I tre modi sono la sintesi di una volontà bene ordinata e quindi sono praticamente
tre modi di essere santi, di darsi a Dio, di amare Dio. La considerazione si propone di
«affezionarci alla vera dottrina di Cristo» [139] per abbracciarla di cuor. Dio chiede il massimo
di adesione personale. Impossibile, nel cristianesimo, mantenere una posizione puramente
intellettuale: il cristianesimo è amore incarnato e cammino verso l’amore. Questi modi sono
disposti per aiutare a vincere l’ostacolo del cuore, per superare le ripugnanze contrarie e
affezionarsi alla persona e alla dottrina di Cristo. Il terzo modo dà una disponibilità coraggiosa,
un amore appassionato e senza limiti per Cristo e la sua opera, non è il « più difficile » o il «più
ripugnante» che attira ma la conformità a Cristo: preferire quel che lui ha preferito. In pratica è
accettare e amare nella vita di tutti i giorni quanto ci costa. Ibidem, p. 106.
202
Rendina, Sergio, op. cit., pp. 141 – 142.
203
Riformare è migliorare lo stato di vita già scelto è rinnovarlo. Si tratta di progredire e a
questo scopo gioverà l’esaminare il proprio tempo, le proprie forze le proprie possibilità e
deciderne l’impiego «per la maggior gloria di Dio». E’ rinnovare l’ideale della propria vita
cristiana nel superamento degli ostacoli, che ci vengono dai difetti e dagli affetti disordinati, e
nel ricorso ai rimedi da adoperare per tendere verso l’ideale nonostante gli ostacoli. Tali rimedi
sono quelli della preghiera – umile, semplice e fiduciosa – , del combattimento spirituale e
della confidenza. Cfr. S. Ignazio di Loyola, op. cit., p. 117.
105
L’intento della «tercera semana»204 - contemplando la passione e morte
di Gesù – è quello di rinvigorire il cuore nella risoluzione presa di condurre una
vita nuova in un migliore servizio evangelico del Signore. E’ il culmine di ogni
sforzo spirituale.
La nostra morte quotidiana trova senso, le nostre preoccupazioni umane
vengono chiarite: si soffre per Cristo e per la sua Chiesa. E’ una meditazione
contro le difficoltà che fanno muro nella vita. Un muro che nasconde il mistero
della sofferenza. Gesù vi è entrato liberamente: per me «Mi ha amato ed ha
sacrificato se stesso per me»205.
La «tercera semana» apporta una conferma a quanto è stato fatto nelle
due precedenti. La contemplazione della Passione fa maturare maggiormente la
ripugnanza al peccato, al disordine, alle vanità del mondo, per cui è morto
nostro Signore; conferma l’adesione allo spirito di povertà e di umiltà e fa
affrontare con gioia spirituale le prove e la lotta, accresce i motivi di amare e di
seguire Cristo «in modo assoluto»206.
La «cuarta semana»207 impegna nella meditazione del trionfo del
Salvatore, della sua gloria, della sua indicibile bontà e dell’eternità beata di cui
la resurrezione è pegno. Nuova conferma e nuovo motivo per quanto si è scelto
o rinnovato.
La gioia spirituale è il frutto di questa settimana che nasce dalla vittoria
di Gesù che viene a confermare tutto il suo insegnamento e, quindi la nostra
fede. E’ la gioia del dovere compiuto, delle pecorelle recuperate, della vita
204
La «tercera semana» [190-217]. Cfr. Ignazio di Loyola, op. cit., pp. 156 – 181.
Cfr. S. Ignazio di Loyola, op. cit., p. 118. Gal 2, 20.
206
Ibidem, p. 121.
207
La «cuarta semana» [281-312]. Cfr. Ignazio di Loyola, op. cit., pp. 183 – 271.
205
106
nuova che si apre nel mondo208.
Gli Esercizi Spirituali si concludono con la «contemplatio ad
amorem»209, i «Tre modi di pregare»210, i «misteri della vita di Cristo»211 e le
«regole»212, nel nostro lavoro ci interessano le «regole per riconoscere gli
spiriti»: questo gruppo di regole offre un migliore discernimento degli spiriti
che muovono l’anima.
La consolazione e l’azione di Dio senza intermediari, mentre Satana
adopera i più svariati espedienti per trasformare in angelo di luce. Un attento
esame delle mozioni e delle loro conseguenze farà sempre scoprire che Cristo è
verità e Satana inganno213.
III. 2. O Diário de um Mago.
Tra i tanti romanzi di Coelho che avremmo potuto analizzare e da cui
avremmo potuto trarre spunti per la nostra riflessione su possibili
208
Cfr. S. Ignazio di Loyola, op. cit., pp. 133 – 138.
Con questa contemplazione sogliono concludersi gli Esercizi, ma la contemplazione sta a sé
e costituisce un’altra maniera di pregare propria di chi sa trovare Dio in tutte le cose e in tutte
le cose amarlo. L’amore – descritto a principio degli Esercizi come lode-rispetto-servizio [23]
– ora che l’anima è in ordine, fortificata ad agire, viene ripresentato nel quadro di tutti i motivi
che devono suscitarlo ed arrichirlo. Ibidem, p. 141.
210
Gli Esercizi sono preghiera e scuola di preghiera, S. Ignazio vuole impegnarci a pregare
nella nostra vita ed ora ci suggerisce altre tre maniere per farlo. Ibidem, p. 145.
211
Sono qui raccolte alcune indicazioni per prolungare la meditazione sui misteri della vita di
nostro Signore. Esse attingono direttamente al Vangelo, di cui riportano continui brani, che nel
testo vengono indicati tra virgolette. Ibidem, p. 152.
212
Queste regole di vita spirituale descrivono i diversi aspetti che rivestono le consolazioni e le
desolazioni di chi passa attraverso la luce degli Esercizi, nella loro prima Settimana. La
consolazione è un dono di Dio, la desolazione è spesso frutto dell’azione di Satana. La
consolazione e la desolazione non sono stati definitivi dell’anima, perciò è necessario imparare
a conoscere i criteri che aiutano a distinguere l’azione di Dio da quella del »nemico dell’umana
natura». E’ un programma di perseveranza attraverso le variazioni della sensibilità, e di
progresso, di purificazione e di orientamento verso Dio. Ibidem, p. 175.
213
Ibidem, pp. 181 – 185.
209
107
corrispondenze non tanto con gli Esercizi Spirituali ignaziani, quanto con ciò
che degli Esercizi è arrivato al Nostro attraverso la sua esperienza “gesuitica”,
la nostra scelta è caduta su: O Diário de um Mago. Tale scelta si fonda
soprattutto sull’impossibilità di poter approfondire tale tematica in tutte quelle
opere che sin dal titolo, basti pensare al Manuale del Guerriero della Luce,
recano un chiaro riferimento all’indole guerriera della compagnia gesuitica. In
questo romanzo evidenzieremo una serie di parallelismi e di possibili punti di
contatto che esplicherebbero solo una delle tante e variegate fonti della
scrittura di Paulo Coelho.
O Diário de um Mago è un romanzo autobiografico. Paulo Coelho
racconta in chiave allegorica il suo cammino di fede e la sua conversione al
cattolicesimo.
Prima di intraprendere il Cammino di Santiago, come possiamo rilevare
chiaramente dal titolo originale: O Diário de um Mago (la traduzione italiana
tralascia questo particolare), l’autore era ancora legato al suo passato esoterico,
alla Tradizione e alle pratiche magiche, ma il viaggio gli farà raggiungere la
consapevolezza e quella fede che lo avvicineranno a Dio.
Il suo riferimento al passato esoterico lo possiamo rilevare a partire
dall’incipit: “Então disseram-lhe: Senhor, eis aqui duas espadas. E ele
respondeu: Basta”214.
Ma questo legame con la Tradizione esoterica è stato riscontrato
soprattutto nel prologo del libro:
E que, diante da Face Sagrada de RAM, toques com as suas mãos a
Palavra da Vida, e recebas tanta força que te tornes testemunha dela até
214
Ibidem, p. 13.
108
aos Confins da Terra! O Mestre levantou a minha nova espada para o
alto, mantendo-a dentro da bainha. As chamas na fogueira crepitaram,
um presságio favorável, indicando que o ritual devia prosseguir. Então
abaixei-me e, com as mãos nuas, comecei a cavar a terra à minha frente
(...). Além de mim e do meu Mestre estavam também minha mulher, um
discípulo meu, um guia local, e um representante da grande fraternidade
que congregava as ordens esotéricas em todo o mundo, e que era
conhecida pelo nome de Tradição. Todos os cincos – inclusive o guia,
que já tinha sido avisado previamente do que iria acontecer – estavam a
participar na minha ordenação como Mestre da Ordem de RAM.215
In questa parte del testo l’autore fa riferimento alla spada, un simbolo che
poggia su due piani di conoscenza diversi: metaforicamente rappresenta la
Sapienza e la Fede, infatti, riteniamo che la spada è intesa come simbolo sia
della conoscenza esoterica sia della fede cattolica.
SPADA
/
\
Tradizione Magica
Conversione al Cattolicesimo
/
\
Sapienza
Fede
/
\
Passato esoterico
Ricerca della Verità
La spada rapportata alla «Tradizione Magica», di cui Coelho ha fatto
parte, nel linguaggio iniziatico e oscuro del sapere magico rappresenta la
«Sapienza». Nel prologo, si può rilevare che il gruppo esoterico di cui Paulo,
protagonista e alter ego di Coelho, fa parte è costituito attorno a un maestro,
una figura ritenuta in grado di possedere e rivelare un sapere occulto. In questo
rito viene conferito a Paulo il titolo di Maestro dell’Ordine RAM e
215
Coelho, Paulo, O Diário de um Mago, Rio de Janeiro, Editora Rocco, 1987 (Edição
portuguesa baseada na edição brasileira, O Diário de Um Mago, Cascais, Editora Pergaminho,
1990, pp. 15 – 17).
109
conseguentemente gli viene trasmessa una maggiore conoscenza.
Terminei de escavar um buraco pouco fundo, mas comprido, no solo.
Com toda a solenidade toquei a terra, pronunciado as palvras rituais. A
minha mulher então aproximou-se e entregou-me a espada que eu tinha
utilizado por mais de dez anos, e que me tinha auxiliado tanto em
centenas de Operações Mágicas durante aquele tempo. Depositei a
espada no buraco que tinha feito (...) Agora ela ia ser devorada pela terra,
o ferro da sua lâmina e a madeira do seu cabo servindo novamente de
alimento ao local de onde tinha tirado tanto Poder.
O Mestre aproximou-se e colocou a minha nova espada diante de mim,
em cima do local onde eu tinha enterrado a antiga. Todos então abriram
os braços, e o Mestre, utilizando o seu Poder (...) desembainhando a sua
própria espada, tocou nos meus ombros e na minha testa, enquanto dizia:
– Pelo poder e pelo Amor de RAM, nomeio-te Mestre e Cavaleiro da
Ordem, hoje e para o resto dos dias desta tua vida (...) –
Estendi a mão para pegar na minha nova espada (...) no momento em
que me preparava para trazê-la até mim, o Mestre deu um passo em
frente e com toda a violência pisou os meus dedos, fazendo com que eu
gritasse de dor e largasse a espada. Depoi virou-se para mim e disse: –
Afasta a tua mão que te ilude! Porque o caminho da Tradição não é o
caminho dos poucos escolhidos, mas o caminho de todos os homens! E o
Poder que tu pensas que tens não vale nada, porque não é um Poder que
se divida com os outros homens! Devias ter recusado a espada, e se
tivesses feito isso ela ser-te-ia entregue, porque o teu coração estava
puro. Mas, como eu temia, no momento sublime escorregaste e caiste. E
por causa da tua avidez, terás que buscá-la entre os homens simples. E
por causa do teu fascínio pelos prodígios, terás que lutar muito para
conseguir de novo aquilo que tão generosamente te ia ser entregue.216
In questa parte del romanzo Coelho (la sovrapposizione tra il personaggio
e l’autore è tale che nell’analisi viene naturale e spontaneo riferirsi al Paulo
personaggio come Paulo Coelho l’autore) si trova in Brasile, significativo è il
momento in cui questi comincia a scavare nel terreno e adagia la spada – che
l’aveva accompagnato per più di dieci anni – in un fosso come a voler
intendere con questa azione del «sotterrare» la sua intenzione a chiudere con il
suo passato esoterico.
216
Ibidem, pp. 17 – 20.
110
Tuttavia, si può rilevare nel prologo che Paulo, inizialmente, considera il
suo ingresso all’Ordine RAM come una continuità nella Tradizione a cui
appartiene, sarà, dunque, durante il cammino di Santiago che Coelho
comprenderà l’ordine RAM nella sua completezza.
Interessante è la prefazione all’edizione italiana, dove, lo stesso autore
sostiene:
Sto cercando una spada. Sto compiendo un rituale di RAM, un piccolo
ordine che vive all’interno della Chiesa Cattolica, senza segreti o misteri,
se non il tentativo di comprendere il linguaggio simbolico del mondo.
Sto pensando che mi sono ingannato, che la ricerca spirituale non è altro
che una cosa senza né significato né logica, e che sarebbe stato meglio
rimanere in Brasile, a occuparmi di ciò che ho sempre fatto. Dubito della
mia sincerità nella ricerca spirituale, perché è molto faticoso cercare un
Dio che non si mostra mai, pregare a orari stabiliti, percorrere cammini
ignoti, obbedire a una disciplina, accettare ordini che mi sembrano
assurdi.217
La mente di Coelho è sconvolta da dubbi e incertezze, la «Tentazione del
Demonio» incomincia ad insinuarsi, come afferma il padre Insolera218: “quando
ci si è allontanati dal cammino che porta alla vera vita, c’è un disordine interiore
nell’animo dell’uomo che lo porta ardentemente a maturare il desiderio di
rientrare nell’ordine per non uscirne più”219.
Il romanzo è una sorta di viaggio iniziatico all’interno della coscienza
di Paulo; la sua guida, Petrus, che non è il maestro dei rituali segreti
dell’Ordine iniziatico a cui apparteneva, gli spiega che
le teorie che si
elaborano intorno al mistero dell’esistenza non esistono e gli chiarisce che il
cammino è delle Persone Comuni, tutti vengono chiamati e non esistono
217
Coelho, Paulo, O Diário de Um Mago, op. cit., pp. 1 – 2.
Cfr. S. Ignazio di Loyola, op. cit., p. 57.
219
Ibidem.
218
111
prescelti.
La scelta di Coelho di intraprendere questo cammino dimostra l’intenzione
di apportare una «riforma» nella propria vita. Petrus, la sua guida, che lo
scrittore ancora legato al suo passato definisce Maestro, sa che Coelho è ancora
legato alla Tradizione esoterica.
In questo viaggio Petrus attraverso una serie di «esercizi», chiaro il
riferimento alle pratiche ignaziane, aiuterà Coelho a raggiungere la
consapevolezza che niente è occulto, ma che tutto è stato svelato: “il cammino
gli insegna che i misteri non esistono, che – come diceva Gesù Cristo – non c’è
nulla di occulto che non sia stato rivelato”220, è questa la consapevolezza che lo
porterà ad intraprendere il cammino alla Ricerca della Verità, verso Dio: una
sorta di passaggio dal suo passato esoterico al Cattolicesimo.
E’ evidente il parallelismo con gli Esercizi che esprimono un’attività
spirituale condotta con l’aiuto di un direttore che guida l’esercitante a
comprendere la finalità degli Esercizi e a ben disporsi per procedere
fruttuosamente e seguire le norme che gli daranno sicurezza nel suo itinerario
spirituale221.
Come affermato sopra, le persone impegnate nel cammino spirituale sono
mira del tentatore che le studia, le assedia e le assalta fino alla vittoria; nella
tentazione il seduttore offre il male sotto forma di bene, nessuno accetterebbe il
male se lo riconoscesse come tale; la volontà umana tende naturalmente al
bene; il demonio, per avere successo, deve dunque studiare il modo di
presentare la disubbidienza al comandamento come una possibilità di felicità;
220
221
Cfr. Coelho, Paulo, O Diário de Um Mago, op. cit., pp. 3 – 4.
Cfr. S. Ignazio di Loyola, op. cit., p. 33.
112
più sarà persuasivo, tanto più avrà successo222.
Paulo si troverà ad affrontare la sua “Prima tentazione”, ancora prima di
intraprendere il cammino di Santiago:
Depois de quase quaranta minutos, numa curva que contornava uma
gigantesca pedra, cheguei ao velho poço abandonado. Ali, sentado no
chão, um homem com os seus cinquenta anos (...) remexia a sua mochila
em busca de algo. – Olá – disse eu, em espanhol, com a mesma timidez
que tinha toda a vez que era apresentado a alguém – Deve estar à minha
espera. O meu nome é Paulo. O homem parou de mexer na mochila e
olhou-me de cima a baixo. O seu olhar era frio, e não pareceu
surpreendido com a minha chegada. Também tive a vaga sensação de
que o conhecia. – Sim, esperava-o, mas não sabia que ia encontrá-lo tão
cedo. O que quer? Fiquei um pouco desconcertado com a pergunta, e
respondi que era a mim que ele iria guiar pela Via Láctea em busca da
espada. – Não é preciso – disse o homem. – Se quiser, eu posso encontrála para si. Mas decida isso agora (...). Resolvi dizer que sim. E de
repente, por detrás de mim, ouvi uma voz em espanhol, num sotaque
crregadíssimo: – Não é preciso subir uma montanha para saber se ela é
alta. Era a senha! Olhei para trás e vi um homem (...). Na minha pressa,
tinha-me esquecido das regras mais elementares de precaução, e tinhame atirado de corpo e alma nos braços do primeiro desconhecido que
encontrara. (...). O homem entretanto, não entretanto, não desviou os
olhos do cigano, nem o cigano desviou os olhos dele.223
In questo episodio lo zingaro si rivolge a Paulo dicendogli: – “Sim,
esperava-o, mas não sabia que ia encontrá-lo tão cedo. O que quer? (…). Se
quiser, eu posso encontrá-la para si. Mas decida isso agora”224 – queste parole
esprimono un significato più profondo e si ricollegano al fatto che quando
l’uomo intraprende un cammino spirituale parallelamente il demonio lo osteggia
per tenerlo vicino a sé.
Il demonio cerca di ingannare Paulo rivelandosi per la persona che lui
222
AA. VV., Angeli, demoni e regno di Dio, Camerata Picena, Editrice Shalom, 2001, pp. 292
– 295.
223
Cfr, Coelho, Paulo, op. cit., pp. 37 – 38.
224
Ibidem.
113
cerca, una tattica che si fonda sull’illusione e che Coelho dovrà fronteggiare
lungo il cammino. Il demonio incomincia ad inquietare Paulo, cercando di
depistare la sua ricerca della verità; la lotta spirituale man mano che se ne
intraprende il cammino, diventa in un certo senso sempre più violenta225.
La sua guida, Petrus, appare poco prima che lo zingaro–demonio riesca ad
ingannarlo e conferma a Paulo che effettivamente lo strano personaggio che ha
incontrato era veramente un demonio e gli spiega qual è il significato del
demonio per la tradizione RAM:
Na tradição, o demônio é um spírito que não é bom nem mau, mas
considerado guardião da maior parte dos segredos acessíveis ao homem,
e com força e poder sobre as coisas materiais. Por ser o anjo caído,
identifica-se com a raça humana e está sempre disposto a pactos e trocas
de favores. (...) – Entretanto no te preocupes com ele agora , porque
como eu disse antes, ele não será o único.226
E’ chiaro il riferimento agli Esercizi Spirituali e in particolare modo alla
«settima annotazione» [7] presente nella «prima settimana», in cui il direttore
aiuta l’esercitante a predisporre la sua anima per intraprendere gli Esercizi:
“Chi propone gli esercizi, se si accorge che l’esercitante è desolato o tentato,
non si mostri con lui rigido e severo (…), lo aiuti a scoprire le astuzie del
nemico dell’umana natura, e lo disponga ad accogliere la consolazione che in
seguito verrà”227.
All’interno de O diário de um Mago sono diversi i parallelismi che si
ricollegano agli Esercizi Spirituali, ma noi ci limiteremo a mettere in rilievo i
225
Cfr. AA. VV., Angeli, demoni e regno di Dio, op. cit., pp. 176 – 177.
Cfr. Coelho, Paulo, op. cit., pp. 40 – 41.
227
Cfr. S. Ignazio di Loyola, op. cit., p. 35.
226
114
passi più significativi del libro, quelli inerenti gli «esercizi della tradizione
RAM» e gli Esercizi Spirituali di S. Ignazio di Loyola.
III. 2.1. Gli «Esercizi».
Lungo il cammino di Santiago il pellegrino Paulo vive un profondo
conflitto interiore, in questa lotta spirituale, Petrus, la sua guida228 gli insegnerà
attraverso la pratica di alcuni esercizi dell’ordine Ram a ritrovare se stesso e a
porre ordine nella sua vita, fondamentali le parole che gli rivolge per destarlo
dalle sue convinzioni, che abbiamo trovato nel prologo dell’edizione italiana :
Non esistono eletti, tutti sono prescelti se, invece di domandarsi: «che
cosa sto facendo qui?», decidono di fare qualcosa che risvegli
l’entusiasmo. E’ nel lavoro fatto con entusiasmo che stanno le porte del
paradiso, l’Amore che trasforma, la Scelta che ci conduce a Dio. E’
questo entusiasmo che ci mette in contatto con lo Spirito Santo, e non le
centinaia, le migliaia di letture dei testi classici. E’ la voglia di credere
che la vita sia un miracolo a far sì che i miracoli avvengano e, non i
cosiddetti “rituali segreti” o gli “ordini iniziatici”. E’ la decisione
dell’uomo di compiere il proprio destino229 che gli consente di essere
veramente un uomo e non le teorie che egli elabora intorno al mistero
dell’esistenza.230
Le parole di conforto che utilizza Petrus sono le parole autentiche di
amore e di poesia del Vangelo, che il «direttore» adopera negli esercizi
spirituali, in realtà ciò che dice è esattamente il fatto che non esistono
228
Importante il parallelismo della guida con la figura del direttore negli esercizi spirituali,
entrambe le figure conducono l’esercitante verso la consapevolezza.
229
I Gesuiti hanno svolto un ruolo decisivo contro il principio della predestinazione. Cfr
Hollanda, Sérgio, Buarque de, op. cit, p. 46.
230
Cfr. Coelho, Paulo, O Diário de Um Mago, op. cit., p. 2.
115
eletti, tutti sono prescelti, l’importante è impegnarsi in qualcosa che
risvegli l’entusiasmo. E’ nel lavoro fatto con entusiasmo che stanno le
porte del paradiso, l’Amore che trasforma, la Scelta che ci conduce a Dio.
Petrus gli parla dell’entusiasmo che mette l’uomo in contatto con
lo Spirito Santo, e non le centinaia, le migliaia di letture dei testi classici.
E’ la voglia di credere che la vita sia un miracolo a far sì che i miracoli
avvengano e, non i cosiddetti «rituali segreti» o gli «ordini iniziatici». E’
la decisione dell’uomo di compiere il proprio destino231 che gli consente di
essere veramente un uomo e non le teorie che egli elabora intorno al
mistero dell’esistenza232.
Delle affermazioni che dovettero sembrare molto strane a Paulo che
prima di intraprendere il viaggio era legato fortemente alla Tradizione
esoterica, lui stesso rimarca le parole della sua guida spirituale Petrus: “in
questi giorni Petrus mi ha ripetuto che il Cammino è di tutti, delle Persone
Comuni, e questo mi lascia alquanto deluso. Pensavo che questo sforzo
mi avrebbe assicurato un posto fra i pochi eletti che si accostano ai grandi
archetipi dell’universo (…)”233.
Questa riflessione è un evidente segno che l’importanza del discorso
di Petrus è arrivato dritto al cuore e all’intelletto di Paulo, sconvolgendo i
suoi schemi mentali e mettendolo vivamente in difficoltà, non è facile
accettare il contenuto di queste parole, Paulo vorrebbe ritornare indietro
ma prende coscienza che non può più farlo e, come afferma lui stesso:
231
I Gesuiti hanno svolto un ruolo decisivo contro il principio della predestinazione. Cfr
Hollanda, Sérgio, Buarque de, op. cit, p. 46.
232
Cfr. Coelho, Paulo, O Diário de Um Mago, op. cit., p. 2.
233
Ibidem.
116
“perché ho bisogno di cambiare, di proseguire verso il mio sogno, un
sogno che mi sembra infantile, ridicolo, impossibile da realizzare:
diventare uno scrittore che segretamente ho sempre desiderato, ma che
non ho il coraggio di essere234.
Il cambiamento è il raggiungimento della consapevolezza si fanno
gradualmente strada nella sua mente. Paulo ancora legato alla tradizione
esoterica aveva deciso di intraprendere il viaggio per conoscere i misteri
delle «pratiche Ram», ma il cammino gli sta insegnando che tutti siamo
chiamati, i misteri non esistono e, come gli ha ricordato Petrus: “Non
esistono eletti, tutti sono prescelti”235.
Vediamo nelle sue tappe come si delinea il cammino del pellegrino Paulo
e come Petrus aiuta il protagonista-narratore a recuperare la sua fede attraverso
le pratiche Ram, che lo stesso all’interno del romanzo spiega così:
As Práticas de Ram são tão simples que as pessoas como tu, acostumadas
a sofisticar demais a vida, muitas vezes não lhes dão nenhum valor. Mas
são elas, com mais três outros conjuntos de Práticas, que fazem o homem
ser capaz de conseguir tudo, mas absolutamente tudo, que deseja. – Jesus
louvou o Pai quando os seus discípulos começaram a realizar milagres e
curas, e agradeceu porque Ele tinha escondido estas coisas dos sábios e
revelado aos homens simples – (...). O verdadeiro caminho da sabedoria
pode ser identificado por três coisas apenas – disse Petrus. – Primeiro,
ele tem que ter Ágape, e disso vou falar-te mais tarde; segundo ele tem
que ter uma aplicação prática na vida, senão a sabedoria torna-se uma
coisa inútil e apodrece como uma espada que nunca é utilizada. E
finalmente, ele tem que ser um caminho que possa ser trilhado por
qualquer um. Como o caminho que trilhas agora, o Caminho de
Santiago.236
234
Ibidem, p. 3.
Ibidem, p. 2.
236
Coelho, Paulo, O diário de um mago, op. cit., pp. 42 – 43.
235
117
La prima pratica RAM che Petrus fornisce a Paulo è «O Exercicío da
Semente»237 che è quella di «rinascere di nuovo», la guida dice a Paulo che la
dovrà ripetere per sette giorni, tentando di provare in maniera diversa quello che
è stato il suo primo contatto con il mondo, soffermandosi sulla sua situazione
attuale:
Terás que executá-la durante sete dias seguidos, tentando experimentar
de uma maneira diferente aquilo que foi o teu primeiro contacto com o
mundo. Tu sabes o quanto foi difícil largar tudo e vir percorrer o
Caminho de Santiago em busca de uma espada, mas esta dificuldade só
existiu porque estavas preso ao passado. Já foste derrotado e tens medo
de ser derrotado novamente; ja conseguiste alguma coisa, e tens medo de
tornar a perdê-la. Entretanto, alguma coisa mais forte que tudo isso
prevaleceu: o desejo de encontrar a tua espada. E resolveste correr o
risco (...). O exercício, aos poucos irá libertar-te das cargas que criaste
para ti mesmo na tua vida.
Questo esercizio presenta un chiaro parallelismo con gli Esercizi Spirituali
di S. Ignazio di Loyola, riportiamo brevemente, solamente le parti del testo più
significative sia della «décimasexta anotación»238 che precede la «primera
semana»239 che del «O Exercicío da Semente»240 in cui abbiamo notato tali
corrispondenze.
Inizieremo a mettere in evidenza il primo esercizio della pratica RAM:
Durante todo este tempo imagina que és uma semente a transformar-se
em rebento e a romper pouco a pouco a terra. Chegou o momento de
romper a terra por completo. Vai-te levantando lentamente, colocando
um pé no chão, depois o outro, lutando contra o desequílibrio como um
rebento que começa a crescer. Levanta, devagar, os braços, em direção
237
Ibidem, p. 45.
«décimasexta anotación» [16]. Cfr. Ignazio di Loyola, op. cit., pp. 24 – 25.
239
Il fine della «primera semana» è accertarsi di quanto ci si è allontanati dal cammino che
porta alla vera vita, deplorare tale disordine e maturare l’ardente desiderio e proposito di
rientrare nell’ordine per non uscirne più. Cfr. S. Ignazio di Loyola, op. cit., p. 57.
240
Cfr. Coelho, Paulo, O Diário de um mago, op. cit., p. 45.
238
118
ao céu. Depois vai-te esticando cada vez mais, cada vez mais, como se
quisses agarrar o Sol imenso que brilha sobre ti e te dá forças, e te atrai.
O teu corpo começa a ficar cada vez mais rígido, os teus músculos
retesam-se todos, enquanro te sentes crescer (...) e tornarse-te imenso. A
tensão vai aumentando cada vez mais, até se tornar dolorosa,
insuportável (...). Pepete este exercício sete dias seguidos, sempre à
mesma hora.241
Nel primo esercizio della pratica Ram possiamo rilevare un’intensa
simbologia che mette in contrapposizione «l’uomo» con «il germoglio» che non
vuole essere più un seme e vuole nascere. Sia «l’uomo» che la «semente» sono
creature di Dio, nell’esercizio è evidente che la relazione con la nascita si
riferisce all’uomo nuovo e alla conversione che è alla base di questo
cambiamento per ritornare nella grazia di Dio. Ma raggiungere questo
cambiamento non è facile come dimostra lo stesso Paulo:
Outrora, esta imensidão dar-me-ia uma grande angústia, um medo
terrível de que não seria capaz de conseguir, de que era pequeno demais
para isso. Mas hoje eu era uma semente e tinha nascido de novo. Tinha
descoberto que, apesar do conforto da terra e do sono que eu dormia, era
muito mais bela a vida «lá em cima». E Eu podia nascer sempre, quantas
vezes quisesse, até que os meus braços fossem suficientemente grandes
para poder abraçar a terra de onde tinha vindo.242
Il combattimento che Paulo sostiene durante questo esercizio evidenzia le
due forze che simbolicamente interagiscono in questa metaforica lotta tra il bene
e il male, una la «coisa lá em cima» (Dio), che lo spinge verso l’alto e l’altra
verso il basso: la «força que empurrava para baixo» (Satana), una forte
contrapposizione che vedrà primeggiare la sua propensione verso l’alto ossia
241
242
Ibidem.
Ibidem, p. 47.
119
verso Dio. Lo stesso Paulo afferma:
demais eu precisava lutar contra a força que me empurrava para baixo
em direcção ao fundo da terra, onde antes eu estava tranquillo (…) mas
fui vencendo (…) e finalmente rompi alluma coisa e já estava direito. A
força que me empurrava para baixo cessou. Eu tinha rompido a terra e
estava cercado da tal «coisa lá em cima» (...). Senti o calor do Sol.243
Ecco di seguito una delle parti più significative della «décimasexta
anotación»:
Para lo cual, es a saber, para que el Criador y Señor obre más ciertamente
en la sua criatura, si por ventura la tal ánima está afectada y inclinada a
una cosa desordenadamente, muy conveniente es moverse, poniendo
todas sus fuerzas, para venir al contrario de lo que está mal afectada (...)
si su divina majestad, ordenando sus deseos, no le mudare su afección
primera (...).244
Il parallelismo con «O Exercicío da Semente»245 lo rinveniamo nella
«décimasexta anotación» che precede la «primera semana», in cui si fa
riferimento al combattimento che deve sostenere la creatura, che è opportuno
lotti con tutte le forze e si muova in direzione opposta all’affetto disordinato
verso cui è spinta disordinatamente, una volta che la creatura ottiene questo
ordine nei desideri conserva la causa del desiderare «questo o quello», ma che
sia soltanto il servizio e la gloria della Divina Maestà.
La corrispondenza tra «O Exercicío da Semente» e la «décimasexta
anotación» continua in maniera più evidente nel successivo capitolo del
romanzo che è dedicato al «Criador e a Criatura»246 che si ricollega agli Esercizi
Spirituali perché sottolinea la tematica della «creazione» che ritroviamo anche
243
Ibidem, p. 46.
Cfr. Ignazio di Loyola, op. cit., pp. 24 – 25.
245
Cfr. Coelho, Paulo, O Diário de um mago, op. cit., p. 45.
246
Ibidem, pp. 49 – 50.
244
120
nel «Principio y Fundamento»247 [23] e al tema della «ricerca».
In questa parte del romanzo si dà molto valore al «viaggio» in cui si
sperimenta in maniera più concreta l’atto della Rinascita, ci si trova innanzi a
situazioni del tutto nuove: il giorno trascorre lentamente e si è costretti a dare
più importanza alle cose che ci circondano. Il viaggio è anche inteso come
rinascita e superamento del peccato per avvicinarsi a Dio. E’ in questa chiave di
lettura che si collega al corso degli Esercizi Spirituali in cui ricercandosi la
volontà di Dio è meglio che lo stesso «Creatore» sia in contatto con la sua
«creatura», attirandola al suo amore e avviandola per quel cammino ove potrà
servirlo.
In tutto il romanzo altri esercizi significativi della pratica Ram hanno
rivelato una forte corrispondenza con gli Esercizi Spirituali, ma qui ci
limiteremo a mettere in evidenza solo alcuni esercizi che evidenziano, a nostro
parere, una marcata consonanza con la spiritualità ignaziana.
Durante il cammino, nella quarta parte del romanzo, Paulo esprime la sua
delusione riguardo al cammino inteso come un viaggio troppo legato al
cristianesimo e privo del fascino e dell’estasi che i «Rituali della Tradizione»
suscitavano in lui, infatti, si aspettava un cammino che fosse legato alla magia e
che gli dimostrasse che lui fosse un eletto248.
In questa pratica Petrus istruisce Paulo nell’applicarsi alla meditazione dei
pensieri dannosi che attraversano la sua mente e a provocarsi dolore ogni
qualvolta ricade in questi. Questa pratica Ram è «O exercício da crueldade»249
247
Cfr. Ignazio di Loyola, op. cit., pp. 38 – 39.
Cfr. Coelho, Paulo, O diário de um mago, op. cit., p. 69.
249
Ibidem, p. 79.
248
121
in cui abbiamo notato un forte parallelismo con l’«examen particolar y
cotidiano»250[24-31].
Ecco un breve passo del «O exercício da crueldade»:
Todas as vezes que um pensamento que achas que te faz mal te passar
pela cabeça – ciúme autopiedade, sofrimentos de amor, inveja, ódio, etc.
– procede da seguinte maneira:
Crava a unha do indicador na raiz da unha do polegar, até que a dor seja
bem intensa. Concentra-te na dor: ela reflecte no campo físico o mesmo
sofrimento que estás a ter no campo espiritual. Afrouxa a pressão só
quando o pensamento te sair da cabeça. Repete quantas vezes for
necessário (...) até que o pensamento te abandone (...). 251
In questa «Pratica Ram» è stato riscontrato il legame con l’«examen
particular y cotidiano», che è un esercizio che concentra metodicamente il
combattimento ascetico su un punto determinato: peccato o difetto da evitare
per vincere se stesso e ordinare la propria vita. Inoltre, si è riscontrata una
corrispondenza anche con le «Adiciones para mejor hacer los ejercicios y para
mejor hallar lo que desea»252 [73-90] della «primera semana» e soprattutto della
«tercera»253 [85], che riguarda il castigo del corpo per ottenere più sicuramente i
frutti che si desiderano.
Questa pratica Ram è insegnata a Paulo per fargli comprendere quanto l’uomo è
crudele con se stesso quando si allontana dai propri sogni. Petrus spiega a Paulo
che l’uomo non può smettere mai di sognare: il sogno è il nutrimento
dell’anima, perché se i nostri sogni svanissero, i nostri desideri sarebbero
250
Cfr. Ignazio di Loyola, op. cit., pp. 40 – 45.
Ibidem, p. 78.
252
Ibidem, pp. 81 – 89.
253
Ibidem, pp. 86 – 87.
251
122
frustrati, tuttavia è necessario continuare a sognare, altrimenti la nostra anima
muore e Ágape non può penetrarvi254.
Petrus gli ripete che il Cammino di Santiago è importante perché con esso
alimenta una cosa molto importante, cioè, i suoi sogni. A questo punto il
viaggio si trasforma in «piacere»:
O caminho que estás a fazer é o Caminho do Poder, e só os exercícios de
Poder te serão ensinados (...) a viagem (...) agora começa a trasformar-se
num prazer, no prazer da busca e da aventura. Com isso estás a alimentar
uma coisa muito importante, que são os teus sonhos.255
Petrus continua a dire a Paulo che per non far morire i propri sogni deve
sostenere il «Buon Combattimento»:
O Bom Combate é aquele que é travado porque o nosso coração pede
(...). O Bom Combate é aquele que é travado em nome dos nossos
sonhos. Quando eles explodem em nós temos muitam coragem, mais
ainda não aprendemos a luta. Depois de muito esforço, acabamos por
aprender a lutar, e então já não temos a mesma coragem para combater.
Por causa disso, voltamo-nos contra nós e combatemo-nos a nós
mesmos, e passamos a ser o nosso pior inimigo. Dizemos que o nossos
sonhos eram infatis, difíceis de realizar, ou fruto do nosso
desconhicimento da realidades da vida. Matamos os nossos sonhos
porque temos medo de travar o Bom Combate.256
La Pratica Ram del «O exercício da crueldade» suggerisce una
meditazione sui pensieri che disorientano la lotta interiore e insegna a
riconoscere i propri limiti interiori che sono da ostacolo alle insidie di vario
254
Cfr. Coelho, Paulo, O diário de um mago, op. cit., pp. 70 – 71.
Ibidem, pp. 72 – 73.
256
Ibidem, pp. 73 – 74.
255
123
genere che distolgono dalla realizzazione dei propri sogni.
In queste considerazioni è evidente come l’autore propone dei buoni
consigli per aiutare l’uomo a perseguire i propri sogni, il «Buon
Combattimento» racchiude nel suo significato più profondo la lotta interiore, la
fatica, che l’anima deve affrontare per il compimento dei propri sogni, una
chiara vena intimista che segnala come la «ricerca» è incentrata su di sé.
Una chiave di lettura che si discosta dalla profondità degli Esercizi
Spirituali che preparano alla elezione o alla riforma nella luce della missione di
Cristo e della sua lotta contro Satana, una lotta interiore che è contro l’amore
disordinato e gli inganni sull’orientamento della vita, per giungere alla
perfezione evangelica, «pronti e diligenti» nel compiere ciò che più piace a Dio,
in qualunque stato di vita.
Un altro parallelismo lo abbiamo riscontriamo Nella Pratica Ram «O
Ritual do Mensagero»257, presentiamo il primo passo dell’esercizio e
rimandiamo al romanzo per avere una lettura del testo nella sua interezza:
Senta-te e descontrai-te completamente. Deixa a mente vaguear por onde
quiser (...).Quando sentires que a tua mente não se preocupa con mais
nada, imagina uma coluna de fogo à tua direita. Faz as chamas ficarem
vivas, brilhantes. Então diz em voz baixa: «Ordeno que o meu
subcosciente se manifeste. Ele abre-se para mim e revela os seus
segredos mágicos». Aguarda (...) Se surgir alguma imagem, ela será uma
manifestação do teu subcosciente (...).258
Petrus con «O Ritual do Mensagero» spiega a Paulo che oltre alle forze
fisiche che ci circondano e ci aiutano, accanto a noi esistono due forze
spirituali principali: un angelo e un demonio e che bisogna imparare a
257
258
Ibidem, p. 90.
Ibidem, p. 91.
124
conoscere e distinguere tra le due figure:
O anjo protege-nos sempre, e isto é um dom divino – não é necessario
invocá-lo. A face do teu anjo está sempre visível quando vês o mundo
com belo olhos (...) Os nossos avós conheciam-no por anjo guardião,
anjo da guarda, anjo custódio. O demônio também é um anjo, mas é uma
força livre, rebelde. Prefiro chamá-lo de Mensageiro, já que ele é o
principal elo de ligação entre nós e o mundo. Está presente no ouro da
Igreja, porque o ouro vem da terra e a terra é o seu domínio. Está
presente no nosso trabalho e na nossa relação com o dinheiro. Quando o
exorcisamos, perdemos tudo de bom que ele sempre tem para nos
ensinar, pois conhece muito do mundo e dos homens. Quando nos
fascinamos pelo seu poder, ele possui-nos e afasta-nos do Bom
Combate.259
Petrus definisce l’angelo un dono divino che non è necessario invocare,
poi definisce anche il demonio un angelo, ma specifica che si tratta di una forza
ribelle e per questo preferisce chiamarlo «Messaggero», entrambi possono
risultare dei buoni alleati per intraprendere il «Buon Combattimento» e invita a
Paulo a riconoscere i suoi nemici e i suoi amici per poter combattere il «Buon
Combattimento»260 :
Para travar o Bom Combate, precisamos de amigos, e quando os amigos
não estão perto, temos que transformar a solidão na nossa principal arma.
Tudo o que nos cerca tem que ajudar-nos a dar o passos que precisamos
em direcção ao nossos objectivo. Tudo tem que ser uma manifestação
pessoal da nossa vontade de vencer o Bom Combate. Sem isto, sem
perceber o que precisamos de todos e de tudo, seremos querreiros
arrogantes. E a nossa arrogância derrotar-nos-á no final, porque vams
estar de tal modo seguros de nós mesmos que não vamos perceber as
armadilhas do campo de batalha. 261
259
Ibidem, pp. 89 – 90.
Ibidem, p. 88.
261
Ibidem, p. 88 – 89.
260
125
Nella pratica de «O Ritual do Mensagero» il «Messaggero» serve
principalmente per una cosa: aiutare nel mondo materiale.
Il demonio è una figura a cui lo stesso S. Ignazio ha dato molto
fondamento all’interno degli Esercizi Spirituali a partire dal «Quinto ejercicio:
meditación del infierno»262 [65-72] della «primera semana» in cui si vuole
ispirare timore per premunire contro ogni tentazione di infedeltà. Contro
l’appetibilità e la piacevolezza del peccato. Gli Esercizi propongono un metodo
di orazione, l’applicazione dei cinque sensi, metodo per le scene concrete e
drammatiche dell’inferno, in cui il sentimento delle pene sensibili contrasta il
fascino della tentazione. La meditazione dell’inferno stimola ad uscire da ogni
indecisione, suppone una fede viva in tale verità.
Nella «segunda semana» troviamo la «meditación de dos banderas, la una
de Cristo y la otra de Lucifer»263 [136-148]; questa meditazione descrive una
gradualità nell’inganno come nell’imitazione di Cristo e prepara alla elezione
nella luce della missione di Cristo e della sua lotta contro Satana; il perenne
contrasto tra due spiriti nel cuore dell’uomo – il bene e il male – dispone a
schierarsi col Signore o con Satana, mostrando il perenne contrasto tra verità e
inganno che scatena la lotta interiore, il «buon combattimento» è chiaramente
un’allegoria guerriera che esprime la spiritualità combattiva degli Esercizi.
Ma la forte corrispondenza de «O Ritual do Mensagero» la rileviamo
nelle «Reglas para en alguna manera sentir y conocer las varias mociones que
en la ánima se causan: las buenas para recibir y las malas para lanzar, y son
262
263
Cfr. Ignazio di Loyola, op. cit., p. 76 – 79.
Ibidem, pp. 120 – 126.
126
más propias para la primera semana»264[313-327], queste regole di vita
spirituale aiutano a distinguere l’azione di Dio da quella del «nemico
dell’umana natura»; è un programma di perseveranza attraverso le variazioni
della sensibilità, del progresso e dell’orientamento verso Dio265.
Anche se c’è da segnalare che i due esercizi presentano due finalità
diverse: ne «O Ritual do Mensageiro» si indica la chiarezza nei propri desideri
e il fine è chiaramente individualista e incentrato al bene singolo della persona,
mentre le «Reglas para en alguna manera sentir y conocer las varias mociones
que en la ánima se causan» consentono all’esercitante di fissare la volontà di
Dio nella propria vita e di passare ad attuarla con l’elezione: la scelta finale
necessaria per riformare la propria vita e desiderare il meglio il – magis –
voluto da Dio266.
III 2.2. «Agape» e «Magis».
Sull’idea di «Amore» – un tema a cui l’autore è molto legato nel
romanzo e a cui si riferisce col nome di «Ágape» – Coelho ci dà la sua
interpretazione attraverso le parole di Petrus: “Deus é Amor e está em tudo que
nos cerca, e deve ser pressentido, vivido, e eu estou aqui a tentar transformá-lo
num problema de lógica para que tu compreendas”267. Rimarcando, in fondo,
264
Ibidem, pp. 272 – 273.
Cfr. S. Ignazio di Loyola, op. cit., p. 175.
266
Ibidem, p. 109.
267
Ibidem, p. 71.
265
127
che l’uomo è una creatura di Dio e per sostenere il suo pensiero cita la «Lei do
retorno»268, che in chiave allegorica mette in evidenza che sulla terra l’uomo è
di passaggio e dopo la morte ritorniamo a Dio.
Chiaramente, Coelho non inventa niente di nuovo. Con il termine
Ágape si denota l’espressione biblica dell’amore come manifestazione per
l’amore fondato sulla fede269; nel contesto del Romanzo questo vocabolo
esprime l’amore di Dio per le sue creature, in opposizione all’amore
indeterminato e ancora in ricerca.
In chiave cristiana: l’Amore inteso come «Ágape» o «Magis» – come lo
definisce S. Ignazio di Loyola – va inteso come la gioia per l’amore di Dio, una
grande gioia che si rileva nella consapevolezza dell’esistenza e di essere
creature di Dio, un’appartenenza che ci mette in comunicazione con il
«Creatore» e ci unisce a Dio e ci fa amare e sentire amati da Dio.
L’uomo che vive sulla terra finché non raggiunge questa consapevolezza
di essere una creatura di Dio vive preso dai propri egoismi che generano
disordini e malessere e lo rendono schiavo di comportamenti sbagliati che lo
inducono al peccato e al malessere interiore, la consapevolezza spezza queste
catene, perché l’uomo vive male nel peccato: «vive in una condizione di
schiavitù», perché appartiene a Dio che è gioia e Amore, perciò la
consapevolezza aiuta a ritrovare l’ordine e a vivere in grazia di Dio, nella terra
l’uomo è di passaggio perché non appartiene a questo mondo ma al regno di
Dio. L’uomo che è nel peccato ha fallito il piano di Dio, questo suo stato di
peccato lo agita a lungo per ritrovare l’equilibrio perduto, in questo si spiegano
268
269
Ibidem.
Cfr. Ratzinger, Joseph, Deus caritas est, Città del Vaticano, Libreria Editrice Vticana, 2006.
128
le crisi interiori e il malessere che pervadono l’animo dell’uomo270.
La forza fondamentale che esercita la sua pressione in maniera decisa e
insieme dolce nella formazione di questa vita è l’amore: amore che viene
espresso con il termine «magis» che è il più caratteristico di tutta la personalità
di Ignazio. Il vocabolo latino per lui l’amore, che non è mai contento che vuole
sempre di più, un amore che per principio è illimitato che tende sempre verso le
più alte vette. Amore che è disponibilità al servizio di Dio e volontà di
assimilarsi sempre di più a Cristo.
270
Cfr. Spadaro, Antonio, Alle radici della pedagogia dei gesuiti: il rapporto dell’uomo con il
mondo e la storia alla luce della spiritualità degli Esercizi di Ignazio di Loyola, in Atti del
Convegno Internazionale Messina 14-16/11/1991, Messina, ESUR Ignatianum, 1992, pp. 579 –
589.
129
CONCLUSIONI
130
Conclusioni
Come ben evidenziato lungo tutto il presente elaborato, si può
chiaramente parlare di influenza “gesuitica” nella scrittura di Paulo Coelho,
tuttavia, e di questo ne siamo pienamente convinti, si tratta solo di una delle
tante vertenti e delle innumerevoli fonti da cui il Nostro si è abbeverato e da
cui ha attinto idee e spunti.
A questo punto, però, sorge un altro spunto di riflessione che lasciamo a
queste ultime pagine: Perché Paulo Coelho ha successo? In fondo, questa è la
domanda che si sente rivolgere più frequentemente lo scrittore, da giornalisti di
tutto il mondo, ma come afferma lui stesso:
Il mio processo di creazione va contro tutto quello che si è soliti
definire per convenzione, una «ricetta del successo». Innanzi tutto, io
non seguo una formula tematica nei miei libri: O diário de um mago,
pubblicato in Italia col titolo Il cammino di Santiago e, As Valkírias,
per esempio trattano direttamente della spiritualità, argomento che,
l’Alchimista e Veronika decide di morire non sfiorano neppure.
L’inserimento dei personaggi nel tempo, inoltre è molto variabile: in
Monte Cinque siamo alcuni secoli Avanti Cristo, Sulla sponda del
fiume Piedra mi sono seduta e ho pianto, si svolge nel presente, mentre
l’Alchimista e il Diavolo e la Signorina Prym, non presentano
riferimenti all’epoca. C’è chi dice si tratta di marketing: orbene i miei
primi due libri “Il Cammino di Santiago e l’Alchimista”, avevano già
venduto più di 250 mila copie, quando la casa editrice ne mise il primo
annuncio. Lo stesso è avvenuto all’estero: gli editori stranieri si sono
avventurati ad investire in uno sconosciuto autore brasiliano solo dopo
aver visto ciò che accadeva in Brasile.271
Dalle affermazioni di Coelho si deduce che non esiste una vera ricetta
per il successo, e l’autore avvalora questa tesi mostrando le diversità tematiche
271
Coelho, Paulo, “La felicità? Questione di stile”, Milano, Oggi, 2003, pp. 79 – 80 (tr. it. a
cura di Rita Desti).
131
e narrative che caratterizzano la sua scrittura; inoltre, Coelho non ammette
neanche l’idea di marketing per quel che riguarda la sua opera, e allora, qual è
il segreto?
Analizzando le sue parole tenteremo di comprendere, almeno in parte,
da che cosa può dipendere il suo successo. I libri di Paulo Coelho si
distinguono per l’uso di un linguaggio semplice che non ricorre all’uso
d’artifizi, i suoi romanzi sono ben costruiti e hanno il sapore della fiaba, del
mito e della sapienza biblica ma, nel loro contenuto non apportano nessuna
novità, sono tanti gli scrittori che nei loro libri affrontano la tematica della
«Ricerca Spirituale», ognuno certo con le proprie peculiarità, ma nessuno di
loro riesce a vendere quanto lui. Qual è il segreto?
I romanzi di Coelho ripercorrono e ricreano la sua ricerca esistenziale,
come è stato già evidenziato precedentemente; nei suoi libri inserisce lezioni di
teologia, citazioni di alcuni passi della Bibbia e alcune pratiche misticheggianti
come abbiamo potuto notare nel Diário de Um Mago, dove alla fine di ogni
capitolo c’è la descrizione di alcuni «esercizi» della pratica RAM (Rigore
Amore Misericordia), dei veri e propri rituali magici, capaci – secondo il suo
parere – di orientare la vita e imprimerle un senso appagante e aperto alle più
insperate possibilità.
Il lettore tende a confondersi con i suoi personaggi e, a volte, con lo
stesso scrittore, specialmente quando questi si presenta come un «Uomo
Comune» che vive un’avventura straordinaria e invita il lettore ad avere
coraggio e a realizzare la propria «Leggenda Personale»272.
272
Cfr. Carro, Cristina Berdnt, op. cit., p. 8.
132
Al lettore di Coelho in fondo piace l’insistenza sulla ricerca personale e
sull’impegno che essa esige, che considera elementi positivi da accogliere e
valorizzare. In un’epoca malata di materialismo e d’indifferenza, questo tipo di
letteratura, definita dell’«auto-ajuda»273, attira nugoli di persone che cercano
facili soluzioni per la propria vita e per il proprio benessere interiore, tuttavia,
Coelho, nei suoi libri, si arroga anche l’intento di insegnare qualcosa.
La pedagogia coelhiana274 verte su diversi argomenti etico-religiosi che
suscitano la riflessione interiore e che si ripetono in tutta la sua produzione
letteraria stimolando il lettore ad approfondire i temi proposti e ad avvicinarsi
alla tematica complessa della spiritualità. I suoi libri sono carichi di messaggi
di salvezza, possono confondere le idee sulla religione?
Nel tentare di rispondere a questo interrogativo c’è da dire, che in realtà
le idee ricorrenti nei suoi romanzi spesso possono condurre sul terreno
dell’ambiguità e della confusione, per alcuni dei suoi critici appartengono al
terreno della New Age 275, un’etichetta che l’autore, nonostante palesi richiami
e atmosfere simili, rifiuta e non crede possa applicarsi ai suoi libri:
Sono semplicemente uno scrittore – ribatte – sono cattolico e non ho
niente a che fare con la New Age, come crede il pubblico italiano.
Rimango convinto che ogni atto umano debba presupporre una decisione,
mentre questa forma di spiritualità moderna è assolutamente il contrario:
l’assenza di responsabilità.276
Riguardo al successo dell’autore, nella sua tesi di dottorato Richard
273
Cfr. Romancini, Richard, op. cit..
Cfr. Carro, Cristina Berdnt, op. cit..
275
Cfr. Castelli, Ferdinando S. I., op. cit., pp. 444 – 451.
276
Cfr. Crespi, Angelo, “Il Dio carioca dei libri è un uomo (quasi) normale”, Il Giornale,
12.10.2000, p. 32.
274
133
Romancini277 fa un excursus storico letterario sui libri di Paulo Coelho e parla
dell’interesse dell’autore verso i testi mistico-religiosi e esoterici, segnalando
che l’autore prima di pubblicare O diário de um mago scrisse altri libri:
Arquivos do inferno278 e Manual prático do vampirismo279; testi che rimandano
ad argomenti esoterici di occultismo e di magia280.
Lo stesso Romancini, nel suo studio sullo scrittore, nota questo
abbandono «tematico» e il successivo passaggio verso altri «cammini»,
rimarcando questo cambiamento facendo riferimento al momento in cui Coelho
viene eletto «immortale», cioè, membro dell’Accademia Brasiliana di Lettere,
considerata come tappa finale del passaggio da mago a scrittore:
As temáticas relativas à «magia» e ao «esoterismo» – mais próximas da
«cultura das bordas»281 – vão sendo abandonadas, inclusive pelo próprio
277
Cfr. Romancini, Richard, op. cit., pp. 81 – 89.
Arquivos do inferno: è un libro composto da piccoli saggi, storie, traduzioni, è stato scritto
da Paulo Coelho nel 1982, pubblicato presso la “Shogun Arte”, una casa editrice creata dallo
stesso scrittore. Senza dubbio è il libro con maggiore intenzione espressiva in termini letterari
tra i primi testi scritti da Coelho. In certi passi del testo ci sono dei riferimenti alle tematiche
mistiche (ad esempio sono citati: Blake e Castañeda) non per niente i testi sono preceduti dal
titolo “Em busca de J.L.B”, la sigla si riferisce allo scrittore Jorge Luís Borges. Il tipo di
produzione ricorda per certi versi il tipo produzione che lo scrittore fa per alcuni giornali e
riviste, un testo sintetico che si preoccupa di trasmettere un messaggio. Ibidem, pp. 89 – 90.
279
Manual prático do vampirismo: è stato scritto da Paulo Coelho e Nelson Liano Jr. nel 1986
presso la casa editrice ECO specializzata in temi religiosi e esoterici. Il testo è diviso in cinque
parti, le prime tre sono dei saggi che trattano l’origine del vampirismo: il “vampirismo astrale”
e le forme per identificare, evocare e combattere i vampiri, il tono delle prime tre parti è serio e
erudito non esiste, tuttavia, una preoccupazione didattica, c’è una semplicità formale in cui la
narrazione può irrompere con brevi assunti sul caso di un vampiro che segue il tema più
classico della fiaba. La quarta parte scritta da Coelho corrisponde a tutta una serie di
“scongiuri, salmi, litanie e esorcismi” per allontanare un vampiro. Nella quinta parte scritta
anche questa da Coelho, l’aspetto narrativo è più curato ed è composta sotto forma di un
racconto in cui l’elemento narrativo è ben strutturato nella “storia del vampiro”. Ibidem, pp. 90
– 91.
280
Ibidem, pp. 81 – 89.
281
Culturas das bordas: conforme Ferreira (1992-1996), o termo descreve um espaço de
produção e circulação do impresso que reside num “subdolo cultural”. Em outros termos, tratase de uma produção sem a legitimidade da cultura oficial e hegemônica, em primeiro lugar, e
que ainda que seja um produto da indústria cultural e atinja, po vezes, larga escala, caracterizase por resultar num bem cultural “pedido em voz baixa, sussurado para não ser ouvido,
consumido por quem o esconde na rua, camuflado entre outros materiais, e devorado na
solidão ou no espaço ritual”. Ibidem, p. 100 in Ferreira, 1992, XX.
278
134
Coelho, que não parecia costrangido, inicialmente, em destacar pontos
como sua suposta capacidade de «produzir vento». Assim, numa das
primeiras grandes reportagens sobre o autor na imprensa paulista, em
1990, após Coelho ter vendido trinta edições de O diário de um mago e o
Alquimista, grande parte do perfil biográficorealizado gira em torno de
temas como estes, e o escritor, ao comentar seu incontro com seu
“mestre” afirma que: “ele contou minha vida em detalhes; disse que
minha lenda pessoal – que é o porquê de nossas vidas, o sonho que temos
aos 15 anos – era a magia. Eu teria que ser um mago, teria de ser , para
sempre”. Hoje, entretanto, há uma espécie de recalque dos elementos
“esotéricos”, em favor do investimento mais tradicionais da figura do
escritor, ainda que próximo a temáticas “espiritualistas”. Dessa forma, é
quase como conseqüência que (...) a “lenda pessoal” do autor, em 1997,
seja outra: tornar-se escritor (...). No entanto, é interessante perceber que
estes livros constituíram, num momento inicial da carreira do agente, um
«capital simbólico»282 importante (...). Este capital tornou destacavél na
medida que Coelho tornou-se uma figura importante no mercado do
livro, tanto no Brasil, quanto fora do país (...). Por fim a pssagem de
Coelho da «cultura das bordas» a um «centro», refere-se ao fato de que o
trabalho do autor hoje situa-se num espaço extremamente
profissionalizado do mercado editorial, no qual gravitam produtos e
imagens relacionados a seu trabalho.283
Tuttavia, molti dei suoi critici più acerrimi, soprattutto nelle fila del
mondo cattolico, tendono a considerare i suoi testi come: “un carosello di idee
esoteriche, alcune (...) riducibili all’alchimia284, altre al panpsichismo285 e al
282
Capital simbólico: Nos termos de Bourdieu (1990-1997), ou seja, o “capital simbólico como
capital de reconhecimento ou consagração, institucionalizada ou não, que diferentes agentes e
instituições conseguiram acumular no decorrer de lutas anteriores, ao preço de um trabalho e
de estratégias específicas”. Ibidem, p. 103 in Bourdieu.
283
Ibidem, pp. 102 – 103.
284
“L’alchimia non è qualcosa, è un atteggiamento culturale che nasce con l’uomo. Nel
momento in cui esiste l’uomo, l’uomo pensante, raziocinante, esiste l’uomo che ha dei rapporti
con la natura. E nel momento in cui ha dei rapporti con la natura ritiene di dover entrare nel
vivo della natura per utilizzarla. I primordi dell’alchimia sono tutti quei tentativi che l’uomo ha
fatto per conoscere la natura inanimata. E’ alchimista quello che scopre il fuoco, è un
alchimista quello che scopre i metalli attraverso il fuoco: sono i primordi dell’alchimia. In
chiave moderna è riemersa in maniera prepotente l’immagine dell’alchimia legata ad un
fabbisogno di irrazionalità che pervade l’umanità contemporanea sotto forma di rifiuto
dell’eccesso di materialismo che ha caratterizzato la cultura di questo secolo. La conoscenza, la
ricerca della verità è l’essenza dell’alchimia: la scienza è uno strumento funzionale
all’utilizzazione di dati conoscitivi percettivi sensoriali. Ma non è la verità. La verità è la
capacità di percepire la complessità che sta dietro al fenomeno, ed è ben diverso. E’ questa la
caratteristica dell’alchimia. Il raggiungimento della verità oggi non è altro che un approccio
graduale, cioè un individuo che sta sulla strada. D’altra parte questo è un concetto comune a
tutti i ricercatori della verità: il ricercatore della verità non è mai uno che dice “sono in
possesso della verità”. Chi è in possesso della verità è soltanto colui che ritiene di averla per
grazia ricevuta, allora entriamo nel misticismo. La verità è oggi la capacità di capire prima di
135
panteismo286, altre ancora allo gnosticismo287 e ad un vago misticismo”.288
Le ardite espressioni «l’Anima del Mondo», la «Leggenda Personale» e
così via, sono una chiara testimonianza del suo passato esoterico, quando
Coelho, sempre votato alla ricerca spirituale e prima della sua ri-conversione al
cattolicesimo, frequentò diverse correnti filosofiche e religiose e si perfezionò
nella magia di tutta una serie di maestri.
Tuttavia, non riteniamo i libri di Coelho pericolosi, come sono definiti
da alcune autorità della Chiesa. Il fatto è che bisogna mostrare un
atteggiamento più flessibile che permetta di applicare una differente chiave di
lettura, come mostrano le affermazioni dell’arcivescovo di São Paulo, don
Paulo Evaristo Arns che interpreta i libri di Paulo Coelho come una sorta di
punto d’appoggio per gli increduli della religione:
tutto che il mondo nel quale viviamo è un mondo estremamente complesso, la cui complessità
aumenta nel momento in cui mi pongo al centro di questo mondo per interpretarlo. Alle soglie
del terzo millennio l’alchimia è ben lontana dall’essere scomparsa: la società contemporanea è
una società dove si è presa coscienza che il mondo è complesso e la possibilità di affrontare la
realtà non può appiattirsi su una visione esclusivamente religiosa, evoluzionistica,
materialistica etc., ma è tutte queste cose insieme, ed è poi, soprattutto, il rapportarsi dell’uomo
a queste cose”. Cfr. Vitali, Giorgio in Marra, Stefania, «Scienza senza confini» professione
alchimista, Avvenimenti, 25.10.1995, pp. 46 – 51.
285
Panpsichismo: il termine è usato dai biologi e dagli psicologi in relazione alla teoria che
considera la mente umana un’entità immateriale e tuttavia capace di interagire con il corpo
tramite il cervello e il sistema nervoso. Questa teoria filosofica riconosce a tutte le cose
un’essenza interiore o psichica. Cfr. AA. VV., Enciclopedia Garzanti di Filosofia, op. cit..
286
Panteismo: (in greco, pan, “tutto” e in greco, theós). Dottrina che identifica tutto ciò che
esiste con Dio. Muovendo dal presupposto secondo cui dalla realtà divina deriva il mondo
come emanazione senza che esso abbia una sua propria consistenza si parlerà di “panteismo
acosmico”. Mentre se si nega alla divinità una realtà separata giungendo a identificarla con la
natura si potrà parlare di “panteismo ateistico”, una concezione che nega l'idea di una realtà
divina personale, separata e trascendente il mondo. Ibidem.
287
Gnosticismo: Movimento religioso esoterico sviluppatosi soprattutto nel II e III secolo
nell’ambito del cristianesimo, di cui costituì la maggiore tendenza eterodossa. Il termine
gnosticismo, derivato dalla parola greca gnósis (“conoscenza”), designa la conoscenza segreta
del divino che i seguaci del movimento affermavano di possedere. Il pensiero gnostico
manifesta la compresenza di elementi culturali provenienti da ambiti differenti: la speculazione
mistica diffusasi negli ambienti ebraici nel I secolo d.C., le concezioni dualistiche presenti
nello zoroastrismo persiano, l’influenza della metafisica del platonismo e del neoplatonismo.
Ibidem.
288
Castelli, Ferdinando S. I., “«L’Alchimista» di Paulo Coelho cammina sui sentieri del «new
age»”, Roma, La Civiltà Cattolica, 1997, quaderno 3519, p. 230.
136
Eles oferecem um mundo espiritualizado para o vazio deixado pelo
materialismo da máquina e ensinam a felicidade que cada um busca. Em
geral, os livros esotéricos fortalecem muitos valores cristãos, mas
também alienam, por isso acho que devemos nos sintonizar com esta
onda para resgatar a vida plena.289
In definitiva, persiste una vaga idea che le opere di Coelho possano
essere di ausilio e rafforzamento dei valori cristiani, anche se mantengono un
insito pericolo di deriva alchemica o irrazionale.
Il giornalista Otávio Frias Filho290 nel parlare del successo di Paulo
Coelho si riferisce a una «cosmologia selvaggia» esposta nei suoi libri, che è:
aberta à teoria dos cristais, ao cristianismo popular, à sabedoria árabe, à
astrologia, à alquimia – todas as formas de irracionalismo que a
imaginação humana já concebeu, amalgamadas numa religião
globalizada para o milênio.291
Non si può evitare di evidenziare che Coelho, avvalendosi di storie
semplici, aforismi, leggende e tradizioni antiche, nei suoi libri invita i lettori di
qualsiasi credo e religione a riflettere sui moti del proprio animo e sembra che
il suo scopo sia, principalmente, quello di stimolare una pseudo-riflessione su
una pseudo-consapevolezza «spirituale».
I suoi numerosi testi anche se permeati di un linguaggio altamente
simbolico sono accessibili a tutti e mostrano come l’autore presenti la sua
scrittura come un viaggio verso la ricerca della Verità, ma soprattutto verso
Dio e riteniamo che, essendo il suo iter artistico tuttora in svolgimento sia
289
Cfr. Carro, Cristina Berdnt, op. cit. in Rodrigues, Apoenan, “A converção do mago”,
Revista Isto è, 3.8.1994, p. 77.
290
Cfr. Romancini, Richard, op. cit., pp. 88 – 89.
291
Ibidem.
137
facile che l’autore stesso possa cadere in contraddizioni e accentuare tutta una
serie di ambiguità.
Ridurre la scrittura di Coelho a pura ricerca spirituale sposterebbe le
coordinate per un tentativo di comprensione del segreto del suo successo.
Inoltre, si tratta di un ambito talmente complesso che farebbe da falso obiettivo
per un’analisi concreta dell’opera di Coelho.
Coelho si fa portavoce di uno specifico ruolo dell’intellettuale nella
nostra società, considerato come ausilio per la comprensione della società e per
esserne la coscienza:
Sono cattolico, vado a Messa ma non delego le mie responsabilità alla
gerarchia della Chiesa. La ricerca continua quando esco da Messa. Non
finisce con l’ultimo amen. Perché la religione è il legame col mistero
nella ricerca della speranza. Di Dio, di un Dio. Egemonizzare questo Dio
non è solo un peccato cattolico. La tentazione al fondamentalismo sta
attraversando ogni folla che cerca Dio nel mondo.292
Da buon conoscitore della natura umana, potrebbe sembrare che
qualsiasi libro sia stato attentamente studiato, prima di essere pubblicato.
Coelho rifiuta categoricamente questa possibilità, come possiamo rilevare
nell’intervista rilasciata a Francesco Mannoni, in occasione dell’uscita de
l’Alchimista:
M. Il suo libro sembra scritto con furbizia, una specie di best seller
premeditato è cosi?
C. Ora faccio io una domanda a lei: perché questa impressione, perché
questi pregiudizi?
M. Perché è talmente semplice che non mi sembra naturale.
292
Chierici, Maurizio, “Coelho, una sera nel bosco in compagnia del diavolo”, Corriere della
Sera, 12.10.2000, p. 35.
138
C. Anche quando Colombo mise l’uovo in piedi sembrò semplice a cose
fatte, ma nessuno ci aveva pensato prima. La stessa cosa vale per il mio
libro. Ciò che è semplice sembra artefatto perché i troppi pregiudizi e la
troppa diffidenza uccidono la nostra innocenza e non sappiamo più
apprezzare la spontaneità delle cose (…). Quando uno arriva al successo,
si pensa che qualcosa non va, perché le persone piene di preconcetti
definiscono stupide le persone che hanno apprezzato il mio libro. Come
se io fossi uno più furbo degli altri e agissi per ingannare gli asini.
Questa è la base di tutte le dittature, persone che sanno cosa serve alla
povera gente e perciò si propongono di educarla, erudirla, togliendogli la
libertà. Io ho molta paura di questo tipo di intellighenzia che mette
all’angolo tutto quello che è interessante. So cos’è l’oppressione perché
ho vissuto il periodo della dittatura e sono stato tre volte in prigione.293
Nei suoi romanzi Coelho è stato abile a cogliere e interpretare le
esigenze, i bisogni, le paure e le speranze dell’uomo contemporaneo. Quello
che Coelho definisce «interesse per la gente» è una sorta di populismo
letterario a buon mercato, confezionato e contornato da una scrittura di cui
possiede i più intimi segreti, con cui riesce a presentare, abilmente, ciò di cui
sente maggiormente bisogno il suo «lettore ideale», in quel momento:
Quando prendo una penna per scrivere una storia, ci metto tutte le mie
forze e mi faccio travolgere, perché solo quando l’autore si fa trascinare,
il libro riesce a trascinare anche chi legge (…). La spiritualità non è una
necessità solo per l’uomo di oggi: lo è sempre stata sin dall’alba
dell’umanità; e anch’io sono profondamente cattolico. I miei però sono
solo romanzi e hanno tutti i limiti della letteratura. Trasmetto
semplicemente la mia esperienza, l’unica che posso condividere con gli
altri. 294
Forse è questa la ricetta del successo di uno dei più «famigerati»
scrittori contemporanei: il saper comprendere e indovinare quello di cui il
lettore sente il bisogno, saper sentire il polso del suo pubblico e soddisfarlo.
Di marketing, anche se Coelho ne rifiuta l’etichetta e anche se per il
293
Mannoni, Francesco, “Paulo, l’alchimista”, L’Unione Sarda, 3.10.1995.
Stefanelli, Elisabetta, “Un Coelho diritto al cuore. «Ho cercato di liberare la mia energia
femminile»”, Il Giorno, 5.10.1996, p. 18.
294
139
successo dei suoi primi libri è più difficile individuare una vera e propria
strategia, ne è pieno tutta la sua opera successiva, anche se è d’uopo constatare
che i suoi ultimi libri non sono della portata di Veronika decide morrer o
l’Alquimista, libri che, tra l’altro, gli hanno reso prestigiosi premi da parte della
critica letteraria.
Anche per quel che riguarda il mito della «Leggenda Personale»,
cardinale punto di contatto con quello che resta nella sua opera degli
insegnamenti ignaziani, che Coelho traduce nella vocazione della scrittura, c’è
da evidenziare che questa resta una costante, segnando indelebilmente
l’instancabile lavoro della costruzione e del mantenimento di un successo
editoriale.
Tuttavia, restano tutta una serie di incognite per quel che riguarda il
possibile segreto del successo di Coelho e c’è una profonda consapevolezza nel
dire che, in fondo, non si è riusciti a scoprire tale enigma, né a spiegare
sufficientemente tale fenomeno all’interno della letteratura mondiale
contemporanea.
Non ci resta che attendere e vedere se tra un paio d’anni la stella di
Paulo Coelho continuerà a splendere nel firmamento della letteratura o si
eclisserà totalmente, finendo nel dimenticatoio.
140
BIBLIOGRAFIA
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