II. Il matrimonio nella Gaudium et Spes e la sua interpretazione postconciliare 1. Il contesto Nei numeri 47-52 della Costituzione Pastorale Gaudium et Spes troviamo i punti principali in cui il Concilio tratta di matrimonio e famiglia1. Questo testo di GS 47-52 non è marginale all’intento del concilio, perché in esso appaiono con singolare forza punti cruciali del dibattito conciliare: l’essenza dell’amore, l’importanza della corporalità e degli affetti, l’apertura dell’ambito personale verso la società, la connessione con la natura, la centralità di Cristo che assume l’amore umano… Per capire il testo conciliare dobbiamo analizzare il suo contesto prossimo. Sullo sfondo della riflessione conciliare troviamo l’enciclica di Pio XI Casti Connubii. È un testo dedicato al matrimonio, preoccupato dalla liberalizzazione della sessualità, soprattutto dentro del matrimonio, che preparava ormai la rivoluzione sessuale. Di fondo c’è anche l’affermazione che il matrimonio non può essere sottratto all’autorità della Chiesa in quanto è una realtà sacra. Si vuole contestare chi farebbe del matrimonio una realtà mondana, soggetta solo al potere dello Stato. Per questo Casti Connubii dice all’inizio che il matrimonio non è all’arbitrio dell’uomo; ma è creato da Dio e stabilito secondo la natura. L’uomo partecipa con la sua libertà nel dare il consenso, ma la sua libertà non tocca l’oggetto e le leggi del consenso, istituiti da Dio. Casti Connubii presenta la dottrina sul matrimonio secondo i tre beni agostiniani, con un rilievo singolare dato alla procreazione, fine primario del matrimonio. Come vedremo, Gaudium et Spes riprende punti importanti di Casti Connubii; la novità è soprattutto nell’approccio pastorale, di dialogo con il mondo moderno, che fa spostare accenti e scoprire prospettive nuove. Un punto essenziale sarà far capire come la presenza di Dio nell’amore umano, le sue regole e la natura della sua creazione, possono scoprirsi dal di dentro dell’esperienza dell’amore. Come abbiamo ormai segnalato, questo nuovo linguaggio è possibile anche grazie a una trasformazione della Modernità, che ha abbandonato le forme rigide del razionalismo, per cercare anche la dimensione del mistero nella sua visione dell’uomo e del mondo. Un punto centrale del Vaticano II è che la Chiesa può stabilire questo dialogo senza bisogno di uscire dal suo centro, che è Cristo nella sua vita, morte e risurrezione, nella sua presenza sacramentale; e tutto questo perché in Lui abbiamo la rivelazione dell’humanum nel suo centro più profondo. Un prima schema sul matrimonio, la famiglia e la castità, appare dall’inizio del concilio all’interno dello schema XVII, in cui si parlava della relazione Chiesa – mondo. Questo fatto (l’inclusione della parte sulla famiglia nello schema XVII) sarà poi importante: si testimonierà così, nella nuova prospettiva dei segni dei tempi presa da Gaudium et Spes, che la famiglia è il primo luogo di contatto tra Chiesa e società. Il primo luogo di cui la Chiesa ha bisogno per dare culto a Dio è la famiglia, perché la 1 A questi testi si deve aggiungere anche Lumen Gentium 11b, la cui analisi lasciamo per un altro momento. Per i testi del concilio, cf. il textus recognitus di GS negli Atti del Concilio: tomo IV, vol. IV, parte VI, pp. 421ss; il matrimonio appare a partire da IV, VI, 474; cf. textus denuo recognitus: IV, VII, 329ss. I modi appaiono a partire da p. 471. Cf. anche IV, VII, 765ss, sessio pubblica IX. Gli schemi preparatori importanti sono: Lovaina (schema XVII), Zurigo (schema XIII), Ariccia. famiglia contiene il genoma dell’esperienza umana e della fede cristiana. Gli schemi successivi si aggiungeranno dopo allo Schema XIII, che costituirà il centro della Gaudium et Spes. Nelle discussioni conciliari appariranno spesso due correnti in contrapposizione. La prima, più personalista, si centra sull’amore coniugale per rendere più accessibile all’uomo contemporaneo la dottrina della Chiesa sul matrimonio. La seconda, sospettosa del soggettivismo della corrente personalista, preferisce una via istituzionale, oggettiva, i cui criteri possano mostrarsi e condividersi con altri e abbiano così una valenza sociale più chiara. Appaiono in questo contesto due questioni che centrano le discussioni nella preparazione dei testi: a) La prima si domanda se è necessario l’amore per il matrimonio. b) La seconda gira intorno al rapporto tra l’amore coniugale e la procreazione nel contesto della domanda sulla contraccezione e il controllo delle nascite. a) Può sembrare ovvio che l’amore faccia parte della definizione del matrimonio. Infatti il concilio definirà la famiglia come comunità di vita e amore. La questione, tuttavia, non è immediata. C’era chi obiettava a questa tendenza dicendo che l’amore non poteva durare per tutta una vita. Dovremo dire che, morto l’amore, muore anche il vincolo matrimoniale? Come si potrebbe allora difendere l’indissolubilità del matrimonio? D’altra parte, c’era chi, come il vescovo di Yakharta, faceva presente la differenza tra la tradizione occidentale e quella orientale: “voi vi sposate perché vi amate, noi ci amiamo perché ci siamo sposati”. Il matrimonio, quindi, può dirsi “propter amorem” in un doppio senso: sposarsi a causa dell’amore, sposarsi per riuscire ad amarsi in modo pieno. La tradizione teologica ha insistito sul consenso che fonda il matrimonio, ma non sull’amore, che sembra qualcosa molto più difficile di costatare e definire. Pietro Lombardo dirà, per esempio, nelle Sentenze, che un matrimonio è valido se c’è il consenso comune, e che continua ad essere valido quamvis amor ad hoc attraxerit, “anche se l’amore attira verso di esso” (Pietro Lombardo, Sentenze IV, d. XXX, 4). In questo caso l’amore è considerato una delle cause minus honestae per il matrimonio. Da quanto abbiamo detto è chiaro che c’è di fondo una domanda sull’essenza dell’amore. Il concilio cercherà di chiarire la questione con una piccola fenomenologia dell’amore (GS 49) e il tema resta aperto a uno studio posteriore. Il problema, infatti, di non considerare l’amore, è che senza affettività non c’è possibilità di formare un unità di vita con l’altro; senza affettività non c’è quindi neanche possibilità di promettere, di arrivare ad un vincolo indissolubile; senza amore si può sostenere che Dio fa il vincolo, ma si dovrà dire che lo fa dal di fuori, senza tener conto dell’amore umano e la sua struttura, che tende a durare. b) Il secondo problema riguarda la relazione tra l’amore coniugale e la procreazione. La dottrina tradizionale, ribadita in Casti Connubii, afferma che fine primario del matrimonio è la procreazione ed educazione dei figli; fine secondario, il mutuo aiuto che ambedue gli sposi si scambiano a vicenda. La dottrina dei fini derivava dei tre beni agostiniani (fides, proles, sacramentum) quando, nel Medioevo, si fece la connessione con le quattro cause di Aristotele (causa formale, efficiente, finale, materiale). Lo sviluppo poco a poco si è centrato sulla causa finale, dimenticando le altre. L’obiezione presentata alla dottrina tradizionale affermava che, se l’enfasi si mette sulla procreazione, sembra che vada trascurato il livello della persona per sottolineare soltanto la dimensione naturale della conservazione della specie. Il Concilio, alla fine, preferisce un vocabolario diverso, non perché veda una rottura con la prospettiva anteriore, ma perché pensa sia meglio cambiare il modo di parlare (un vocabolario tecnico non andrebbe bene per una costituzione pastorale, che vuole appunto il dialogo con il mondo moderno; il linguaggio dei fini primario e secondario potrebbe essere frainteso). Questo cambiamento del linguaggio porterà, però, ad un approfondimento della questione, che aiuti a porre in modo più chiaro la connessione tra i diversi aspetti del matrimonio. Inoltre, il Concilio insisteva sulla non contraddizione tra la procreazione e l’amore coniugale (GS 51). Come vedremo, ci sarà di nuovo bisogno di una riflessione sull’essenza dell’amore per riuscire a portare nuova luce sul dibattito. 2. Punti principali di GS 47-52 Una volta presentata la visione di insieme passiamo ad analizzare in concreto i numeri del Concilio che qui ci interessano. GS 47 comincia parlando dei problemi del matrimonio e la famiglia nel mondo attuale. Si sottolinea che matrimonio e famiglia sono centrali, sia per la società, sia per la Chiesa. Appare così con forza la posizione centrale del matrimonio e la famiglia per il dialogo della Chiesa con il mondo. Come abbiamo ormai detto, il fatto che il discorso sul matrimonio sia stato incluso dall’inizio nello schema XVII (poi schema XIII che diventa Gaudium et Spes), mostra l’importanza della famiglia come punto centrale in cui confluiscono diverse prospettive. Tra i problemi citati appaiono prima quelli che minacciano l’istituzione matrimoniale (poligamia, divorzio, amore libero) e dopo quelli che, vissuti all’interno del matrimonio, sono contrari al vero amore coniugale (egoismo, edonismo, uso del matrimonio contro la generazione). Un paragrafo afferma che, anche se sembra che ci siano difficoltà di isolamento del matrimonio dalle realtà sociali, questo può tornare vantaggioso in quanto mette più in rilievo l’essenziale del matrimonio e la famiglia2. È importante non capire ingenuamente quest’ottimismo. Non può voler dire (come fa Schillebeeckx nell’introduzione al suo libro sul Matrimonio) che la famiglia, una volta tolte le connessioni con la società, torna adesso con più chiarezza a valorizzare se stessa, come se questi vincoli sociali fossero distrazioni del compito essenziale della famiglia. Appunto perché il matrimonio e la famiglia hanno una natura relazionale, chiamata ad uscire da sé; appunto per questo, togliere queste relazioni è togliere anche la natura stessa del matrimonio e la famiglia. L’ottimismo si deve capire piuttosto, in modo propriamente cristiano, alla luce dell’azione di Dio, che continua ad operare nel posto più adatto alla sua azione, all’interno dei vincoli familiari3. 2 Profundae immutationes societatis hodiernae, non obstantibus difficultatibus inde prorumpentibus, saepe saepius veram eiusdem instituti indolem vario modo manifestant… 3 Un altro esempio: nota Bernhard Häring (commento al Concilio in Lexikon für Theologie und Kirche III, 426) che prima i bambini erano per la famiglia, oggi la famiglia è per i bambini. Possiamo domandarci se si può vedere in questo sguardo qualcosa di positivo. Non è vero che ambedue le cose devono matenersi (la famiglia per i bambini, i bambini per la famiglia)? Non capita appunto che, quando si dimentica la ricchezza che i bambini sono per la società, si finisce per perdere interesse ad essi? Il numero 48 è dedicato alla santità del matrimonio e la famiglia. È importante che il primo punto sia una riflessione sul matrimonio come realtà sacra, istituita da Dio e non dall’uomo. Si vede così la proposta del concilio che coglie nel matrimonio una via di pienezza, un cammino verso la santità. Riprende qui il Concilio la prima parte dell’enciclica Casti Connubii, parlando dei diversi modi di agire di Dio e dell’uomo nel matrimonio. L’azione di Dio è istituire il matrimonio, le sue leggi, la sua natura; l’azione dell’uomo è il consenso irrevocabile della mutua donazione. In questo contesto si parla del matrimonio come comunità di vita e amore: si fa vedere così che il consorzio di tutta la vita non può darsi senza amore, e che l’amore non è un semplice sentimento che passa, ma un modo nuovo di vivere per l’altro. La presenza di Dio nel matrimonio (Deus, auctor matrimonii) suscita la domanda di come mettere insieme l’azione di Dio e l’azione dell’uomo. Soltanto un’antropologia dell’amore, che considera l’affettività incarnata dell’uomo come apertura al mondo, agli altri, a Dio, sarà capace di presentare l’armonia tra Dio e l’uomo nel consenso matrimoniale. Il Concilio aggiunge che l’analisi dell’amore coniugale, insieme al bene dei figli, fa vedere la necessità della fedeltà e dell’indissolubilità matrimoniale. Questo significa che l’analisi dell’amore umano, dal di dentro dell’esperienza del dono, esige sia il “solo per te”, sia il “per sempre”; e questo, sia per il bene dei figli (che hanno bisogno di stabilità nella loro educazione e di chiarezza nel riconoscere la figura paterna e materna), sia anche per l’indole dell’unione dei coniugi4. La seconda parte del numero 48 parla del sacramento in quanto istituito da Cristo. Il Salvatore prende una realtà che, dalla Creazione, era sacra e istituita dal Padre, e la benedice in modo singolare. Il testo parla di un amore di molti aspetti (multiforme), volendo sottolineare la ricchezza di questo amore. Se una versione anteriore del testo comparava Cristo con l’uomo e la Chiesa con la donna, il testo definitivo compara soltanto gli amori, senza specificare la connessione diretta: l’amore di Cristo e della Chiesa viene messo in connessione con l’amore tra l’uomo e la donna. La sacramentalità è vista qui, secondo il senso cristocentrico di tutto il Concilio, come incontro con Cristo, che viene verso gli sposi e rimane con loro. È probabile l’influsso di Schillebeeckx in questo testo (cf. il suo Cristo, sacramento dell’incontro con Dio). Cristo viene verso gli sposi e rimane con loro perché gli sposi possano amarsi con fedeltà perpetua. L’accento cristologico è messo in rilievo anche quando si dice che l’amore degli sposi è assunto nell’amore divino. L’assunzione dell’umanità da parte di Gesù include anche l’assunzione dell’amore umano. Non si dice semplicemente, come era corrente, che il patto coniugale è stato elevato, ma si adopera un vocabolario più vicino alla cristologia: un’assunzione nell’amore divino. In questo senso si può capire la frase, presa da Casti connubii, in cui si dice che gli sposi, con il sacramento, sono fatti più forti e quasi consecrati. La discussione conciliare sulla frase si è limitata a restare vicina a Casti connubii, per evitare ambiguità nel modo di capire la frase. La consacrazione degli sposi viene definita secondo la sacramentalità del matrimonio. Casti Connubii insisteva così nell’aspetto sacro del 4 Quae intima unio, utpote mutua duarum personarum donatio, sicut et bonum liberorum, plenam coniugum fidem exigunt atque indissolubilem eorum unitatem urgent. matrimonio, che non può considerarsi semplicemente mondano, privato del mistero. Riguardo al rapporto di questa consacrazione con altri tipi di consacrazione, bisognerebbe studiare i diversi sacramenti per poter distinguere i diversi tipi di consacrazione (battesimale, ordine sacerdotale…). La differenza può cercarsi nel rapporto della consacrazione con l’eschaton, con la pienezza definitiva escatologica, che non appare nello stesso modo nel matrimonio che in altri sacramenti (Battesimo, Ordine). Il testo afferma anche che nel matrimonio si manifesta la presenza di Cristo e la vera natura della Chiesa. Se è vero che Cristo illumina l’amore umano, risulta anche vero l’altro aspetto: nell’amore umano si può adesso vedere il volto di Cristo e quello della Chiesa. Quest’ultimo aspetto è interessante. Per capire cosa è la Chiesa, dice il Concilio, bisogna guardare la famiglia. La domanda sull’essere della Chiesa, sulla sua definizione, che è stata centrale in tutto il Concilio, riceve dalla famiglia una luce particolare. Tutto questo ci aiuta a vedere come non è solo che la famiglia è chiesa domestica, ma anche la Chiesa può vedersi come grande famiglia. Nella famiglia si custodisce un elemento essenziale di quella communio che il Sinodo di 1985 ha visto come chiave per capire la Chiesa. GS 49 sviluppa una fenomenologia dell’amore. Vediamo qui di fondo la grande domanda sulla verità dell’amore, che sarà decisiva nella ricezione del concilio. L’influsso del personalismo aiuta a capire l’amore che si dirige “da una persona ad un’altra persona”, che integra la volontà e l’affetto, includendo così il corpo e l’anima dell’uomo. A questo punto si dice che il Signore sanat, perficit et elevat l’amore. Questi tre termini erano adoperati normalmente dalla teologia per parlare del rapporto tra natura e grazia. La grazia guarisce le ferite del peccato; porta a pienezza l’esperienza profonda dell’uomo; eleva a una nuova altezza ciò che l’uomo è. La novità di questo punto è che tutto ciò si dice, non semplicemente della natura umana, ma dell’amore umano. Il matrimonio può illuminare la relazione tra natura e grazia appunto perché prende l’approccio dell’amore. È l’amore che è stato sanato, perfezionato, elevato. GS 50 completa questa visione includendo il tema della fecondità. Il Concilio vuole sottolineare la complementarietà degli aspetti unitivo e procreativo, che non possono opporsi. Il linguaggio dei fini non si adopera, perché si preferisce un linguaggio non tecnico, tenendo conto del carattere pastorale del testo. Il numero 51 parlerà appunto del rapporto tra ambedue gli aspetti. È importante notare che in tutto il modo di parlare di paternità responsabile appare anche la sottolineatura della generosità. Si potrebbe dire che la responsabilità, come capacità di rispondere ad una chiamata divina che ha in conto la partecipazione dell’uomo, ha come prima e più originaria caratteristica la gratitudine e, quindi, la generosità. Non è una questione di un semplice calcolo o della ricerca di sicurezze (ogni figlio che si riceve in famiglia va al di là dei calcoli e fa agli sposi andare al di là delle loro prospettive), ma di una paternità responsabilmente generosa o generosamente responsabile. Finalmente è necessario mettere di rilievo le riflessioni di GS 52 sul ruolo sociale della famiglia. Questo è un aspetto decisivo, che Santo Tommaso d’Acquino ha ripreso con chiarezza nella sua sintesi teologica, quando parla del officium naturae del matrimonio e del officium civilitatis, cioè, la sua natura sociale necessaria per edificare la società (cf. S.Th. Supplementum, q. 42, a.2). 3. Punti centrali del concilio e prospettive aperte Possiamo riassumere nei seguenti punti i dibattiti fondamentali in sede conciliare: a) La famiglia appare come il primo luogo scelto per il dialogo tra la Chiesa e il mondo. La famiglia è luogo di sintesi delle diverse prospettive sulla vita umana e del rapporto tra mondo e Chiesa. Gli sviluppi posteriori (in Giovanni Paolo II e Benedetto XVI) ci mostreranno la famiglia come via della Chiesa perché via in cui l’uomo sviluppa la sua piena vocazione. b) Il testo di Gaudium et Spes ha il merito di mettere in primo piano la discussione sull’amore. Sarà la chiave per pensare il nesso tra amore e verità. c) È importante la discussione sui due fini del matrimonio. Gli uni insistevano sulla procreazione, perché vedevano nell’introduzione del tema dell’amore una tendenza verso il soggettivismo. Gli altri volevano mettere in rilievo l’amore, e il linguaggio dei fini e della procreazione sembrava loro una cosificazione della persona. Vedremo a questo riguardo l’importanza di riflettere sulla connessione tra amore e natura. d) È importante notare anche la riflessione sulla sacramentalità del matrimonio in chiave cristologica (incontro con Cristo, che trova gli sposi e rimane con loro; cf. Schillebeeckx). Quello che è assunto da Cristo è l’amore matrimoniale; e in questo modo la famiglia riflette la natura della Chiesa, Sposa di Cristo. Il matrimonio ha come cornice la dottrina più ampia del Concilio sulla relazione tra Cristo e l’uomo, e il modo in cui Cristo porta a pienezza l’esperienza umana5. 4. Evoluzione dopo il Concilio, Il Concilio apre allora una strada che lo sviluppo posteriore prenderà. Ecco i punti principali aperti alla riflessione postconciliare: - Bisogno di portare avanti un’analisi approfondita sulla verità dell’amore. Dopo la Modernità, che ha concepito l’amore separato dalla ragione e la ragione divisa dall’amore, è essenziale mettere insieme ambedue. Altrimenti l’amore è incapace di offrire senso alla vita; e il senso che la ragione offre rimane freddo e distante. Si pone allora la domanda sull’ordine dell’amore. - Sarà necessaria anche una riflessione sul rapporto tra amore e natura. Il personalismo poteva tendere a trascurare questo aspetto, soprattutto se si metteva una distinzione troppo stretta tra il mondo della persona e il mondo delle cose. L’amore, per preservare il suo ordine, deve integrare in sé la natura. Dopo il concilio questo punto diventerà chiave anche per la sua portata sociale, con l’esplosione dell’ideologia del gender. - L’amore, unito alla verità, diventa capace di illuminare l’ambito sociale. Questa apertura dell’amore verso la costruzione della vita pubblica diventerà essenziale davanti alle politiche che regolano la famiglia. 5 Sul tema della grazia del matrimonio, cf. G. Baldanza, La grazia del sacramento del matrimonio. Contributo per la riflessione teologica, Centro Liturgico Vincenziano, Roma 1993, 268-271. Il matrimonio e la famiglia appaiono come punto di connessione tra fede e vita, tra Chiesa e società. Possiamo allora dire che è la chiave per la nuova evangelizzazione. Quest’ultimo punto, in quanto mette in contatto l’esperienza umana e la rivelazione, diventa la chiave per la nostra presentazione. L’analisi adoperata ci consente di cogliere la prospettiva giusta per presentare il matrimonio. L’elemento essenziale sarà il rapporto tra la pienezza di Gesù (sacramento della nuova Legge) e l’inizio nella creazione. In questo modo lo studio del matrimonio offre una visione della persona alla luce dell’amore, un amore che trova in Cristo la sua pienezza. -