Subido por Jesús Martínez Codesido

Per una rilettura del II stile a Solunto

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Villas, maisons, sanctuaires et tombeaux
tardo-républicains :
découvertes et relectures récentes
Actes du colloque international de Saint-Romain-en-Gal
en l’honneur
d’Anna Gallina Zevi
Vienne – Saint-Romain-en-Gal, 8-10 février 2007
Textes rassemblés et édités par Bertrand Perrier
Colloque organisé
par Fausto Zevi, Jean-Marc Moret et André Pelletier
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© Roma 2007 - Edizioni Quasar di Severino Tognon srl
via Ajaccio 41-43, I-00198 Roma
tel. 0685358444, fax 0685833591
www.edizioniquasar.it
[email protected]
ISBN 978-88-7140-350-2
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Per una rilettura del II stile a Solunto*
Summary : We would like to reconsider the classification, the chronology and the function of the second style in Solunto. In the gymnasium and in the House of Leda, where
the original Late Hellenistic arrangement has been altered, the examination of the simplified systems refers to the end of the second style. Reconstructions in the second style “of
closed wall” appear in 70-50 B.C. in the House of the Garlands, with a limited insertion of
statuary figures and architectonic perspective (?) motives; they also appear in the House of
the Circle in mosaic (room with orthostates and paratactical pilasters with garlands) with
partial affinity with the paintings of the House of the Masks. Said paintings, considered of
the phase Ia (antecedent of the second style and dated 70-50 B.C.) can be part of the phase
Ib : there are “Roman” characters despite festoons polykarpoi in the articulation of the wall,
underlining (in the median zone) the partitioning of the triclinium, which is inserted in a
suite of Pompeian type. Around 70-60 B.C., the realisation of “Roman ideas” is confirmed
by new fragments of the same house. Its peripheral location and its restructuration according to ideals of the post Sillan Pompei suggest that the owner expressed a different cultural
affiliation than to the aristocratic Hellenistic ideal of the citizens living in the centre of
Solunto.
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invenute sin dai primi scavi estensivi dell’Ottocento, le testimonianze del II stile a Solunto si sono arricchite nel corso delle ricerche sistematiche che, sotto la direzione di V.
Tusa, hanno messo in luce una vasta porzione della città, negli anni ’50 e ’60 del secolo
scorso1. Le une e le altre hanno avuto la fortuna di essere presentate alla comunità scientifica
da specialisti del calibro di H. G. Beyen e M. De Vos2, seppur sia mancata finora una ricognizione complessiva dei reperti, che includa anche i materiali frammentari in deposito presso il
locale Antiquarium e il Museo Archeologico Regionale “A. Salinas” di Palermo3. Di un lavoro
sui sistemi decorativi delle case della cittadina siciliana, annunciato in preparazione, C. Greco
ha tuttavia fornito ampie anticipazioni, con nuove interessanti proposte di lettura, in un contributo apparso dieci anni orsono, e successivamente (2003), curando l’allestimento e il cospicuo
* Ringrazio gli organizzatori del Convegno, JeanMarc Moret, Fausto Zevi e André Pelletier, per l’opportunità che hanno voluto darmi di partecipare ad
un incontro di studio stimolante, offrendo un gradito
contributo in onore di Anna Gallina Zevi. Per la possibilità di accedere ai reperti soluntini voglio esprimere la mia riconoscenza alle dottoresse F. Spatafora e
A. Villa, che hanno favorito la ricerca con la consueta
liberalità.
1 Per l’evidenza archeologica soluntina rimando a
Cutroni Tusa et al. 1994 ; Greco 2003 ; Wolf 2003 ;
Portale 2006 ; ivi la bibliografia precedente.
2 Beyen 1938, 44-46 ; De Vos 1975.
3 Recentemente è stato pubblicato un gruppetto di
frammenti conservati a Palermo nel Museo “A. Salinas” : Merra et al. 1999, 41-52.
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apparato didattico del nuovo Antiquarium e del sito soluntino, ha altresì evidenziato qualche
frammento di notevole rilievo, sfuggito all’attenzione dei precedenti studiosi4. Sarà utile perciò
partire da tale revisione recente, tanto più che ora si dà l’opportunità di valutare l’evidenza di
Solunto alla luce delle conoscenze sulla cultura abitativa locale, decisamente incrementate dalla
monografia di M. Wolf sulle case della fascia centrale della città5.
In una disamina prioritariamente incentrata sulle tipologie pavimentali, la Greco ha ripreso, estendendone la portata ai complessi ben più estesi restituiti dagli scavi del secondo dopoguerra, le osservazioni fatte a suo tempo da E. Pernice sui materiali soluntini riguardo all’adozione congiunta di tessellati (e, talvolta, inserti in opus vermiculatum) e II stile parietale, che, se
confermate, denoterebbero la particolare rilevanza degli interventi decorativi di II stile6.
Questo sarebbe testimoniato anche dalle due abitazioni più ricche lungo la via principale
della città, nel tratto nobilitato da una pavimentazione in lastre fittili donata, verso fine II sec.,
proprio da uno dei notabili residenti in tali lussuose dimore : queste ultime prospettavano sulla
plateia con una facciata “palaziale” a tre piani, secondo la ricostruzione di M. Wolf, che proprio
nell’ala soprelevata individua prestigiose suites per il ricevimento di ospiti, sul modello aulico
del “complesso di tre vani” noto da altre case signorili della Sicilia ellenistica7. Purtroppo di queste sale per banchetti ed esedre (indiziate dall’andamento dei muri di sostruzione e da lacerti di
decorazione architettonica) non abbiamo alcun resto dei rivestimenti parietali ; in compenso
negli altri ambienti di rappresentanza, estesi all’intero piano mediano, si registrano due o tre fasi
decorative tra cui, per l’appunto, i rifacimenti di “II stile”.
Nel cd. “Ginnasio” (fig. 1) si tratta del nuovo allestimento dell’esedra e di uno dei due cubicoli adiacenti, di fronte all’ingresso, con un sistema semplice a pannelli paratattici su zoccolo,
articolato da partizioni lineari e contrasti cromatici (pannelli rossi e gialli nella zona principale,
su zoccolo nero), classificato dal Pernice quale II stile a parete chiusa (alla lettera “I stile dipinto”) coordinato con il tessellato pavimentale bianco ad ordito obliquo, che per la De Vos sarebbe
invece pertinente all’originario sistema di I stile, mentre il rifacimento parietale scenderebbe al
I sec. d.C. ; riproposto, infine, dalla Greco come esempio canonico di associazione tessellato-II
stile, con la puntualizzazione offerta nel frattempo dalla classificazione degli esili steli a volute
dello zoccolo nel “II stile schematico”, ad opera di A. Barbet. Esso rientrerebbe quindi, propriamente, in una fase transizionale fra II e III stile, di piena età augustea8.
L’unione tessellato bianco-II stile si riproporrebbe, secondo C. Greco, nelle decorazioni
più estesamente conservate della Casa di Leda (figg. 2. 4), le cui due fasi secondarie, rientranti
a suo avviso, rispettivamente, nel II stile iniziale (figg. 2. 3) e nel “II stile schematico” augusteo
(figg. 2. 4), sono accomunate dalle semplici partizioni lineari, gialle e nere o rosse e nere, nella
zona mediana della parete, qui però su fondo monocromo bianco. Lo zoccolo è sommariamente
4
8 Pernice 1938, 14 ss. ; De Vos 1975, 203 fig. 20 ;
Barbet 1985a, 100 ; Greco 1997, 49 ; Wolf 2003, 17.
49 tavv. 15, 1 e 16, 1 Beilage 8 ; Portale 2006, 84 s.
Il contrasto cromatico tra i pannelli della zona mediana (rossi e gialli) e lo zoccolo nero con decorazioni stilizzate richiama, più che il vero e proprio
“II stile schematico” (v. Heinrich 2002, 47 ss. 142
ss.), pareti già di III stile (v. e. g. il triclinio k della
casa Pompei VIII, 2, 36-37 : Sampaolo in PPM VIII
(1998) 303 s. fig. 21 ss. ; anche l’ambiente D, a pannelli gialli soltanto, Sampaolo in PPM VIII (1998)
306 s. fig. 26 ss.).
Greco 1997 ; Greco in Donati 1998, 270 scheda cat.
n. 7 ; Greco 2003.
5 Wolf 2003 : per il tema di nostro interesse v. part. 16
ss. 25 ss. 48 ss. (cd. “Ginnasio”) 65 ss. (Casa di Leda) ;
per l’inquadramento cf. tuttavia Portale 2006, 70 ss.
Restano escluse dallo studio di M. Wolf, purtroppo,
proprio le due abitazioni che hanno restituito le testimonianze più significative del II stile, la Casa delle
Maschere e la Casa delle Ghirlande.
6 Pernice 1938, 15 ; Greco 1997, 51.
7 Wolf 2003, 26-29. 63 s. 67 s. 72 s. 81 s. ; Portale 2006,
94 con altra bibl. e 87 ss. per il lastricato stradale.
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Fig. 1. Casa a peristilio cd. “Ginnasio”: decorazione di seconda fase dell’esedra sul lato N del peristilio.
Fig. 2. Casa di Leda : parete N del cubicolo a sinistra dell’esedra sul lato N del peristilio, decorazioni sovrapposte
di II e III fase.
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Fig. 3. Casa di Leda : veduta del cubicolo alla sinistra del vestibolo, con le pareti ridecorate in “II stile schematico”.
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Fig. 4. Casa di Leda : veduta della parete O del triclinio con decorazione parietale di
IV stile.
marmorizzato, e / o, nella seconda delle due suddette fasi, scandito da motivi vegetali stilizzati,
presenti anche nelle “lesene” rosse che intercalano i riquadri principali nella zona mediana, ornati, nel triclinio soltanto, da isolate figure statuarie9 (fig. 4). Giusta la suddetta ricostruzione,
il tessellato bianco a tappeto del “piano nobile”, con inserti in vermiculatum in diversi ambienti,
apparterrebbe per l’appunto all’intervento di II stile iniziale, documentato sulle pareti del vano
a sinistra del vestibolo (fig. 3) e nel gruppo contrapposto dell’esedra fra due cubicoli (fig. 2) –
questi ultimi arricchiti da emblemata vermiculata e finte soglie con sectilia a cubi prospettici,
seppure per le pareti risultino adottati decori da “Nebenzimmer”10.
Per ciò che concerne la seconda consimile fase decorativa, coinvolgente tutte le superfici
murarie del piano, le pitture con figurazioni del triclinio (fig. 4) (uno dei soggetti è la Leda che
ha dato il nome all’abitazione), ma anche le campiture con analoga articolazione degli altri ambienti sembrano però poco compatibili coi modi del II stile, ancorché “schematico”, per la resa
sommaria e atettonica delle partizioni lineari e delle marmoreggiature, prive di ogni plausibilità
materica : esse possono rientrare più agevolmente nel variegato spettro delle versioni tarde del
IV stile, riflettendo lo “Zeitstil” flavio, secondo quanto ha confermato lo studio complessivo di
R. Thomas.
9
De Vos 1975, 197-203 part. 201 ss. figg. 13-18 ;
Medeksza 1990, 91-130 part. 113 ss. 123-127 ; Moormann 1988, 239 cat. n. 335 ; Thomas 1995, 252 s. figg.
181-183 (la fig. 181 mostra il cubicolo occidentale sul
lato N della casa) ; Greco 1997, 45-51 figg. 6-9 ; Portale 2006, 81 ss.
10 V. Strocka 1975, 101-106.
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Se con ciò si torna ad escludere dal corpus del II stile l’ultimo rifacimento della Casa di Leda,
per la decorazione precedente (figg. 2. 3), qualunque sia il suo posto nell’excursus degli schemi
semplificati11, non pare tuttavia lecito considerarla contestuale ai mosaici pavimentali : nel triclinio ridecorato nel I sec. d.C. con le pitture figurate (fig. 4) lungo il margine della parete nord
permane sul pavimento a tessere l’impronta del rivestimento parietale più antico, più spesso di
3-4 cm e perciò, secondo ogni verosimiglianza, a rilievo, nei modi del I stile, come il pianetto e
la cornice di cui resta traccia nella parte superiore del muro ; l’incrostazione in stucco fu staccata, anziché essere ricoperta dal nuovo strato pittorico, forse perché danneggiata per problemi
strutturali (si ebbe un rifacimento del tetto). Quest’osservazione, fatta già da M. De Vos, implica
il riferimento al I stile del lussuoso arredo originario documentato da mosaici e sectilia ; ciò vale,
del resto, anche per il “Ginnasio”, dove lo strato di allettamento del tessellato bianco poggia sulla
roccia naturale di fondazione ed è perciò contestuale all’allestimento iniziale (di I stile) ; e vale,
verosimilmente, per le altre dimore signorili allineate sulla plateia principale della città12.
È opportuno ricordare che sono proprio queste, con tutta probabilità, le case dei promotori
del vistoso processo di rimodellamento dell’immagine urbana soluntina verificatosi nel tardo
ellenismo : i sistemi decorativi interni di tali abitazioni dell’élite locale facevano ricorso a partiti
pseudo-architettonici foggiati nello stucco, sul solco della tradizione artigianale tardo-punica e
siceliota, ma con puntuali aggiornamenti alle mode internazionali coeve. Lo studio sistematico
delle masse di frammenti di stucco modanato darà un’immagine più concreta dei modi dell’autorappresentazione privata nella fase di maggior fervore edilizio della cittadina siciliana ; quel
che trapela al momento, anche in altri siti isolani, è l’apprezzamento sino all’intero primo quarto del I sec. dei sistemi elaborati di decorazioni in stucco a rilievo : lo confermano, ad esempio,
i recenti rinvenimenti della cd. Casa del Navarca di Segesta che, se il proprietario fosse effettivamente l’Heraclius ricordato da Cicerone – già comandante di una nave impegnata nella lotta ai
pirati, poi ucciso per colpa di Verre –, fornirebbero altresì un interessante aggancio cronologico
(e sociologico)13.
Tornando al “II stile schematico”, qualora la decorazione di seconda fase del “Ginnasio” e
della Casa di Leda (figg. 1-3) sia effettivamente collocabile entro l’età augustea, si tratterebbe
comunque dell’adozione di schemi di scarsa pregnanza nella gerarchia delle decorazioni coeve,
nella seconda abitazione, peraltro, con ampio ricorso a sfondi monocromi bianchi che non indicano certo un rimarcabile impegno economico.
11 Barbet 1985a, 98-103 ; Thomas 1995, 17 ss. 172 ;
Heinrich 2002, 47 s. 49-53. 142-158 (v. ad es. 150 ss.
cat. n. 138, Pompei VI, 7, 1, vano 7 ; cat. n. 144, Pompei VII, 16, 17, Casa di M. Castricius, vano 29 ; anche 146 s. cat. n. 130, Pompei IX, 3, 15, cubicolo g). I
pannelli, benché semplicemente delineati, mostrano
ancora di derivare da ortostati a finto rilievo, come
nel “II stile schematico”, ad es. nel vano 4 della Casa
di Augusto sul Palatino (Carettoni 1983, 21-23 tav.
5 ; Ehrhardt 1987, 13 s.) ; v. anche Barbet 1974, 50
ss. figg. 7 s.
12 Rinvio per questi problemi a Portale 2006, part. 67
ss. 85 ss.
13 Solo una minima parte degli stucchi modanati
soluntini è confluita nel lavoro di Von Sydow 1979,
181-231 ; per la radicale ristrutturazione dell’abitato soluntino nel tardo ellenismo v. Portale 2006. Per
l’arredo della Casa del Navarca di Segesta v. Bechtold
1997, 85 ss. ; Daniele 2000, 327 ss. Per le mensole
(litiche) in forma di prua è d’obbligo il rimando a
Cic. Phil. 2, 68 menzionante i rostri delle navi conquistate ai pirati affissi nel vestibolo della Casa di
Pompeo : Dickmann 1999, 114 con ref. ; v. già i rilievi di II sec. a.C. dalla domus di Fregelle, e le osservazioni di Bragantini 2002, 125-132 part. 127 s. ; Leach
2004, 71. 90, con ulteriori rimandi alle decorazioni
connesse di II stile (tablino di Pompei VI, 17, 41 ;
cubicolo 42 della Casa del Labirinto : Strocka 1991,
42 ss. 118 s. figg. 278 ss. con ref.). Nella fattispecie,
l’enfasi sulle prue di nave (le ritroviamo anche a Solunto, in un frammento a rilievo in stucco ora nel
Museo “A. Salinas”, decontestualizzato) trova piena
giustificazione in quegli anni in cui la pulizia dei
mari dalla pirateria doveva impegnare, con oneri e
possibilmente onori, le cittadine marinare del litorale siciliano.
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Un’inserzione all’interno di un contesto concepito in origine con formule del tardo I stile
si rileva anche nella vicina Casa del Cerchio in mosaico, più a monte (Casa 2 della numerazione De Vos), ridecorata nel I periodo del II stile, in un solo ambiente (figg. 5. 6), con un sistema
paratattico di ortostati e lesene (rispettivamente in giallo e prugna bordati in nero), su zoccolo
Fig. 5. Casa del Cerchio in mosaico : veduta della parete N del vano ridecorato nella I fase del II
stile.
Fig. 6. Casa del Cerchio in mosaico : particolare della precedente (da A. Villa, Solunto. Zona archeologica e antiquarium, Palermo s. d.).
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prugna e podio verde, sormontati da tre assise di bugne di testa e di taglio (prugna, gialle e rosse)
con soprastante cornice-kymation in stucco. M. De Vos definisce lo schema “quasi identico” alla
più nota parete dipinta soluntina trasportata nel Museo di Palermo14 (figg. 12 ss.), probabilmente per via del motivo delle ghirlande appese con bende ricamate che li accomuna, ancorché
qui semplificato, con singolo serto di edera, cui si accorda l’uso di colori più banali e la mancata
articolazione dello zoccolo. Il minore impegno della decorazione va verosimilmente imputato
al livello non eccelso, seppur discreto, dell’abitazione, che dispone di pochi vani di ricevimento :
l’ambiente per banchetti in oggetto, del tipo disposto in larghezza, comunicante tramite una
finestra con l’adiacente cubicolo (?) – lasciato con le pareti stuccate in bianco e un più pregevole
pavimento in opus signinum, con rosone entro bordo a meandro – e attraverso una porta decentrata con il vano antistante (pavimentato in signino con reticolato), inteso come una sorta di
prostàs della piccola suite di rappresentanza aperta su un cortile verso valle.
La semplicità dello schema di II stile non va tuttavia intesa come mera arcaicità in senso
cronologico : prescindendo per il momento dalla valutazione delle pitture soluntine richiamate
come prodotto della stessa officina (figg. 12 ss.), lo studio di E. Heinrich delle decorazioni pompeiane “a incrostazione” ha evidenziato la vitalità dei sistemi paratattici a parete chiusa ben oltre
lo stadio Ia del II stile15. Nella fattispecie, comunque, la riproposizione per la parte alta della parete – la cui conservazione è un caso unico a Solunto (la De Vos poteva ancora leggere i contrasti
cromatici tra le bugne) – del “regolare” schema dei tre filari di assise, alternativamente disposte
di testa e di taglio, ed il cromatismo giustificano un inquadramento nel gruppo “antico” di E.
Heinrich, corrispondente alla I fase di Beyen, laddove l’effetto prospettico del podio e l’articolazione delle parti mediana e superiore richiamano soluzioni adottate a Pompei ancora nelle Case
di Cerere e di M. Castricius, in uno stadio avanzato della medesima16.
Una datazione analoga, con puntuale riferimento alla fase Ib Beyen, era stata proposta da
M. De Vos per l’altro complesso decorativo di II stile restituito dagli scavi di Solunto, la Casa 5,
equivalente alla Casa delle Ghirlande o Casa di Via Bagnera (figg. 7. 8) nella denominazione at14 De Vos 1975, 19 s. figg. 5-7 ; Wohlmayr 1991-1992,
78 s. figg. 6 a. b ; Cutroni Tusa et al. 1994, 97 s. ; Greco
1997, 41 ss. figg. 2-4. Il motivo a rosone di rombi del
signino pavimentale del cubicolo adiacente ha paralleli pompeiani nel II stile (Menotti in PPM II (1990)
735 ss. part. 737 fig. 2, Pompei I, 12, 5, triclinio 3 ;
Sampaolo in PPM VI (1996) 578 ss. fig. 80, Pompei
VII, 2, 16-17, Casa di M. Gavius Rufus, triclinio k,
fase Ib ; Clarke 1991, 23 figg. 23. 27 riconduce al rifacimento del tardo II stile anche l’esempio del tablino
della Casa Sannitica di Ercolano), pur essendo già attestato a fine II – inizi I sec. (Grandi 2001, 71 ss. part.
81 ; Grandi 2001, 76 s. per il più comune reticolato di
rombi). Per alcuni stucchi parietali, particolarmente
elaborati, dalla Casa del Cerchio in mosaico v. l’edicola frammentaria con conchiglia in De Vos 1975, 196
s. fig. 7.
15 Heinrich 2002, 13 ss. part. 15-17. 21-32 ; anche
Strocka 1991, 116 s.
16 Heinrich 2002, 16 (zona superiore) 26. 80. cat. n.
14, Pompei I, 9, 13, Casa di Cerere, vano e ; v. anche ivi, per la combinazione ortostati-lesene a colori
contrastanti, l’anticamera dei cubicoli g, h, quest’ultimo con consimile parte superiore (Heinrich 2002,
82 s. cat. nn. 16 s.) ; 127 cat. n. 93, Pompei VII, 16,
17, Casa di M. Castricius, vano 22 ; più alto ed elaborato il podio tra zoccolo e zona mediana nel più
recente triclinio D della Casa di M. Obellius Firmus
(Pompei IX, 14, 4), Heinrich 2002, 138 s. cat. n. 112.
Per lo zoccolo e la zona mediana v. già l’ambiente I
della casa a Sud della Casa di Livia sul Palatino, decorato a finta incrostazione marmorea : Carettoni
1956-57, 51-62 part. 56 s. fig. 3 (v. anche Wohlmayr
1991-1992, 76 s.) ; per la cronologia cf. Strocka 1991,
109 s., che vi identifica la domus di Ortensio Ortalo
(primo ventennio del I sec.). L’abbinamento ghirlande-parete chiusa senza sostegni verticali resta invece
piuttosto inusuale (Heinrich 2002, 16. 119 cat. n. 79,
nicchia l del peristilio della Casa di M. Gavius Rufus), di contro al successo del motivo negli schemi
con sostegni (Heinrich 2002, 19). Per la scansione
cronologica della fase I del II stile si rinvia a Strocka
1991, 107 ss. ; Heinrich 2002, 15 ss. per le versioni a
semplice incrostazione marmorea (cf. anche Tybout
1989, 78 ss. 97 ss. e Wohlmayr 1991-1992, per cui il
“Felderstil”, transizionale tra I e II stile, resta in voga
anche nel periodo del pieno II stile come “Nebenform”).
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Fig. 7. Casa delle Ghirlande : parete di fondo dell’alcova del cubicolo.
Fig. 8. Casa delle Ghirlande : rappresentazione grafica della decorazione della parete lunga del cubicolo (da De Vos
1975).
tualmente adottata17, posta subito a Nord dell’agorà, lungo un asse stradale che bordava l’intero
complesso pubblico : un’abitazione, perciò, di carattere elitario, il cui “piano nobile” superstite
(gran parte dell’estensione originaria è stata tranciata da una frana) corrisponde al tipo delle
case a peristilio indagate dal Wolf, parimenti corredato all’origine di un apparato decorativo di
“I stile” (ne resta qualche traccia appena), con un andròn quadrangolare a Ovest e una successione Breitraum (cd. tablino)-cubicolo-oecus minor (originariamente comunicante) sul lato sud, a
sinistra del vestibolo.
In questo caso l’introduzione del II stile risulta effettivamente coordinata con un rifacimento radicale dell’apparato decorativo, coinvolgente le pavimentazioni-tessellati bianco-neri
con motivi lineari, e nel cubicolo un emblema vermiculatum, nel peristilio un battuto di scaglie
17
De Vos, 203-205 figg. 21-29 ; Barbet 1985a, 57
(con la recensione di Moormann 1987, 153 ss. part.
157 ; v. anche Croisille 2005, 153 s.) ; Wilson 1990,
120 figg. 109, 2 e 110 ; Cutroni Tusa et al. 1994, 7981 ; Thomas 1995, 218 nota 639 ; Greco 1997, 52-54
figg. 12-15.
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bianche con inserti colorati –, e in almeno due dei vani suddetti, stando ai resti in situ, un sistema chiuso paratattico di II stile ; di contro, il cd. tablino interposto ha una decorazione “a
candelabri” ed esili ghirlande su fondo bianco, per la Greco coeva al resto, il tutto risalendo alla
piena epoca augustea, mentre per la De Vos si tratterebbe di due interventi distinti. Ciò varrebbe, a maggior ragione, qualora sia da accogliere la recente ridatazione all’epoca tiberiana dello
schema a tirsi e ghirlande del vano in questione, arguita da R. Thomas18.
Quanto al II stile (figg. 7. 8), l’accostamento proposto da M. De Vos alla “villa dei Misteri”
concerneva in particolare il motivo della figura dipinta individuata nel tratto meglio conservato
della parete laterale dell’alcova del cubicolo (fig. 8), stante con i piedi sulla bugna sottostante
all’ortostato centrale – corrispondente, in un certo senso, alle basi su cui poggiano le statuarie
figure del thiasos nel cubicolo 4 della villa pompeiana. Desumere da ciò la pertinenza del frustulo soluntino al genere della megalografia, come ha fatto la Barbet, è parsa una conclusione
azzardata a E. M. Moormann, che ha richiamato invece a confronto la figura isolata di “Sandalenbinderin” nella Casa di Sutoria Primigenia, anch’essa della I fase del II stile (Ic), o la Giunone al centro dell’edicola mediana dell’oecus 3 della Casa di M. Obellius Firmus, di uno stadio
recenziore. Va, tuttavia, rilevato che non siamo in presenza di una decorazione centralizzata né
del pannello mediano della parete di fondo ; esigenze di simmetria suggerirebbero la presenza
di una figura sull’ortostato contrapposto sull’altra parete laterale e su quella di fondo (gerarchicamente più importante) dell’alcova (fig. 7), giustificando così meglio il rimando al vano 4 della
Villa dei Misteri, rispetto al quale, tuttavia, si nota l’ambigua impostazione della figura, stante su
un piano di appoggio praticamente privo di profondità19.
Un elemento a favore della correttezza di tale inquadramento potrebbe trarsi dall’articolazione della parete nelle due parti dell’ambiente ed in particolare, nell’alcova, con una scansione dello zoccolo a lastre alternativamente larghe, giacenti (prugna), e strette stanti (gialle
spruzzagliate), sormontate da una fascia profilata verde e da un’assise di basse bugne orizzontali
(prugna e gialle)20, che richiama, semplificandola, quella dei dipinti soluntini della Casa delle
Maschere esaminati dal Beyen (figg. 12 ss.). In proposito lo studioso osservava come il primo
motivo, “insolito” sia per il I che per il II stile, si adattasse ad uno stadio di sperimentazione a inizi II stile21. In verità, tra le pareti a incrostazione studiate da E. Heinrich si riscontrano paralleli,
18 Thomas 1995, 211 ss. part. 218. Rispetto all’impianto originario, fornito di due aperture decentrate sul lato lungo anteriore, l’ambiente venne alterato
tompagnandone una in concomitanza con la creazione di una scala per un piano superiore.
19 Purtroppo, nello stato attuale di conservazione dei
dipinti, esposti alle intemperie ormai da mezzo secolo, le tracce osservate dalla M. De Vos sono evanide.
L’esempio soluntino potrebbe essere non isolato in Sicilia, se un consimile schema potesse evincersi dai resti,
notati dallo scopritore P. Orsi nel vano I della cd. “casetta ellenistica” di Centuripe, di una figura stante davanti ad un ortostato (già illeggibili per Libertini 1926,
52 ss. tav. V b ; da ultimo sul complesso Frasca 2006,
193 ss. part. 195 ss.). Per l’inserimento di elementi figurati nel II stile v. Moormann 1988, 13 ss. 64. 156. 188 s.
201 s. 224 s. cat. n. 172 (Pompei I, 13, 2, Casa di Sutoria Primigenia : cf. Bardelli Mondini in PPM II (1990)
860 ss. figg. 2 ss.) ; cat. n. 225, 1 (Pompei VI, insula occ.
10) ; cat. n. 262, 2-3 (biblioteca privata di Pompei VI,
17, 41) ; cat. n. 302, 1 (Casa di M. Obellius Firmus) ;
cat. n. 306, 2 (cubicolo 4 della Villa dei Misteri) ; per le
figure mitologiche (?) di Bolsena, v. Barbet 1985b, 118
ss. 267 fig. 68 tavv. XII. XXV e XXVII. Sull’ambiguità
di statuto delle figure nel II stile, in relazione al grande
fregio dei Misteri, v. Wesenberg 1991, 67-72.
20 Gli ortostati sono invece rossi, inframmezzati da
lesene gialle, nell’alcova ; e prugna con lesene sempre
gialle nell’anticamera, al di là della colonnina divisoria, distinta anche per la minore altezza dello zoccolo,
su plinto giallo, articolato in bugne di testa e di taglio
e sormontato da cornice triplice prugna-giallo-prugna, cui segue un filare di bassi blocchi marmoreggiati a imitazione di granito e breccia. L’altro ambiente
con resti leggibili di II stile è l’andròn occidentale,
con zoccolo pure a finte lastre giacenti prugna e stanti
gialle, podio verde, nonché zona mediana a ortostati
rossi marginati in azzurro e lesene prugna bordate in
giallo.
21 Beyen 1938, 44 s.
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seppure non numerosi, in merito, a partire dalla Casa del Labirinto (specie l’atrio 3, con identica
scansione parietale), a quella “di M. Fabius Rufus” ; e poi nelle Case di Umbricius Scaurus, dei
Quattro stili, di Championnet22.
Potrebbero costituire un ulteriore indizio per un inserimento proprio nello stadio Ib tre
frammenti di pareti “chiuse” conservati nel Museo “A. Salinas” con generica indicazione di provenienza dagli scavi di Solunto 1952 e anni ’50 (figg. 9-11), recentemente oggetto di un intervento di restauro che ne ha consentito una prima lettura. All’epoca, infatti, era in corso di scavo
la casa di cui stiamo trattando, e la pertinenza allo stesso contesto è alquanto verosimile23. In
Fig. 9. Frammento di affresco rinvenuto a Solunto negli scavi dei primi anni ’50 (Museo Archeologico Regionale “A. Salinas” di Palermo).
22
Heinrich 2002, 15. 27. 29. 77 s. cat. n. 8 (Casa dei
Quattro stili, Pompei I, 8, 17, ala 13) ; 96 s. cat. nn.
38 s. (Casa del Labirinto, Pompei VI, 11, 8-10, fauces
1 e atrio 3 : v. Strocka 1991, 18. 20 ss. figg. 1 e 3 ;
Strocka 1991, 39 ss. figg. 239 ss. per la decorazione
con ghirlanda appesa a pilastri anteposti a parete chiusa, nel triclinio 39) ; 128 ss. cat. nn. 95 e 97
(Casa di M. Fabius Rufus, Pompei VII, 16, 22, vani
68 e 80 : cf. Bragantini in PPM VII (1997) 947 ss.
part. 1104 ss. 1118 s. figg. 312 ss. e 336 s.) ; cat. nn.
98 s. (Casa di Championnet, Pompei VIII, 2, 1, vani
h, q : cf. Sampaolo in PPM VIII (1998) 24 ss. part. 46
ss. figg. 33 e 39 ss.) ; anche 28. 125 cat. n. 90 (Casa di
Umbricius Scaurus, Pompei VII, 16, 12-15, cubicolo
32 : cf. Bragantini in PPM VII (1997) 845 ss. part.
866 figg. 38 ss.). Per l’articolazione dello zoccolo
nell’anticamera dello stesso cubicolo della Casa delle
Ghirlande un parallelo generale fornisce la nicchia 1
nella Casa di M. Gavius Rufus, Pompei VII, 2, 16-17,
dei primi decenni del I sec. a.C. : Heinrich 2002, 27s.
119 cat. n. 79.
23 I frammenti sono stati presentati da Merra et al.
loc. cit. (nota 3). Negli anni ’50 del Novecento si scavarono, oltre alla nostra (indagata dal 1951-52), gli
edifici dell’area pubblica adiacente, ovvero teatro e cd.
odeion (in effetti un bouleuterion) e sottostante stoà
sull’agorà (con resti di intonaci parietali rossi o bianchi) : Cutroni Tusa et al. 1994, 14 s.
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Fig. 10. Frammento di affresco rinvenuto a Solunto negli scavi dei primi anni ’50 (Museo Archeologico Regionale “A. Salinas” di Palermo).
Fig. 11. Frammento di affresco rinvenuto a Solunto negli scavi dei primi anni ’50 (Museo Archeologico Regionale
“A. Salinas” di Palermo).
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Per una rilettura del II stile a Solunto
effetti, i primi due frammenti (figg. 9. 10) hanno scansione della parte mediana identica ai resti
in situ, differenziandosene per l’imitazione di marmi variegati (brecce gialle e alabastro) sugli
ortostati, riquadrati in rosso e intercalati da lesene prugna ; il terzo frammento (fig. 11) si caratterizza rispetto ai precedenti, di cui ripropone lo schema a ortostati marmorizzati e lesene, per
la “cornice spezzata” prospettica su un listello policromo a spina di pesce a coronamento della
zona mediana, forse da intendere inserita in un sistema a colonne o pilastri con retrostante parete chiusa, sul modello dell’ambiente IV (D) della Casa dei Grifi e del triclinio 6 della Villa dei
Misteri, nonché, con soluzioni più vicine, dell’ala 7 e del cubicolo 45 della Casa del Labirinto24,
oltre alle aule interne del complesso templare sotto il Capitolium di Brescia, ove si riscontra
anche il particolare del listello a spina di pesce in prospettiva, desunto del resto dal repertorio
del I stile finale come la stessa cornice spezzata e il meandro (noto, a sua volta, da frammenti
soluntini di pertinenza ignota)25.
Dall’insieme degli indizi superstiti, ritengo in definitiva che non vi siano motivazioni stringenti per uno slittamento verso l’età augustea dei rifacimenti di II stile della nostra Casa delle
Ghirlande, considerando come gli stessi siano animati, pur nella loro sobrietà, da un chiaro
senso tettonico della finta struttura marmorea.
Questo il quadro della documentazione del II stile a Solunto, tolta la testimonianza più
nota restituita dagli scavi ottocenteschi26 (figg. 12-20) : la quale va considerata appunto su siffatto sfondo se non si vuol continuare a trattarla alla stregua di un reperto decontestualizzato, in
conseguenza del distacco dal supporto della parte più appariscente della decorazione e quindi
della sua trattazione avulsa sia dalla cornice architettonica originaria, sia dal più generale contesto della cultura materiale soluntina e siciliana (essa stessa conosciuta solo a brani). Dopo l’assegnazione, nell’autorevole monografia di Beyen sul II stile, al medesimo stadio – la fase Ia – della
Casa dei Grifi palatina e del Capitolium di Pompei, è subentrata, riscuotendo non poche adesioni
(da M. Borda a N. Bonacasa, W. Wohlmayr, D. Berges, F. Rossi, I. Baldassarre – A. Pontrandolfo –
A. Rouveret – M. Salvadori, U. Pappalardo), una tendenza ad interpretare gli affreschi soluntini
quale esperimento precoce, di contenuto tutto ellenistico, di una pittura illusionistica coniugan24
Strocka 1991, 24 s. figg. 114 ss. (ala 7) ; 39 fig. 25
(esedra 38) ; 49 s. figg. 324 ss. (cubicolo 45) ; e la discussione 116 s., con i paralleli alla nota 650 per il motivo della cornice spezzata entro intercolunnio (Casa
dei Grifi sul Palatino, vano D; complesso di Brescia ;
Villa dei Misteri, triclinio 6 ; Villa di P. Fannius Synistor a Boscoreale, vano I ; Villa di Arianna a Stabia,
vano 45) ; già a proposito della Casa dei Grifi Leach
2004, 58 sottolinea l’effetto di recessione spaziale ottenuto tramite tale motivo.
25 V. Rossi in Donati 1996, 268 ss. ; Ardovino 2002,
47-56, e ivi ulteriore bibl. Il listello a spina di pesce,
presente pure nella casa preesistente al santuario di
Giove Dolicheno sull’Aventino, assegnata al tardo I
sec. a.C. (Chini 1997, 185 ss. fig. 2), e nella decorazione frammentaria dall’area del Ceramico di Atene
(Tybout 1989, 51. 159 ss. tav. 76, 2), nella Casa del Labirinto compare nell’incorniciatura policroma della
soglia musiva del tablino 33 (Strocka 1991, 33 s. fig.
188) e del mosaico a reticolato prospettico dell’oecus
40 (Strocka 1991, 41 ss. figg. 253 ss.). A Brescia si
ritrova altresì (seppure qui con resa plastica anziché
lineare) il meandro, che riscontriamo nel Capitolium
pompeiano, nella Villa dei Misteri (v. Strocka 1991,
110 con ref. e datazione rispettivamente intorno
all’80 e all’80-70 a.C.) e in quella di Boscoreale (Lehmann 1953, 10. 24. 27 s. figg. 19 s.), nonché nella
“casetta ellenistica” di Centuripe (Libertini loc. cit.
(nota 19) tav. V a) e nella Casa della Spada di Delo
(Alabe 1991, 33 s. ; Alabe 1993, 141 ss. part. 143 per
il legame con il repertorio dello stile strutturale), e
anche in due frammenti di provenienza soluntina,
ora nel locale Antiquarium e nel Museo “A. Salinas”
di Palermo, di cui non è per ora precisabile provenienza, collocazione originaria e datazione (com’è
noto, il tema compare ancora come decorazione della zoccolatura nel criptoportico della casa omonima,
di fase IIa).
26 Beyen 1938, 44-46 fig. 6 a-c ; De Vos 1975, 195
s. figg. 1-4 per le altre decorazioni, da integrare con
Pernice 1938, 15 s. tavv. 4, 3. 5 e 5, 1. 3 ; Borda 1958,
20-22 ; Bonacasa 1985, 277 ss. part. 336 figg. 407 s. ;
Wilson 1990, 30 fig. 24 ; Cutroni Tusa et al. 1994,
96 ; Greco 1997, 54 ; Greco, loc. cit. (nota 4) con altra
bibl. ; Portale 2001-2002, 77 s. 82 ss. ; Baldassarre et al.
2002, 85-87 ; Greco 2003.
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Fig. 12. Ricostruzione della porzione dell’affresco dalla Casa delle Maschere esposta nel Museo Archeologico Regionale “A. Salinas” di Palermo (Salemi Pace 1872).
te, in anticipo rispetto alle soluzioni romane e pompeiane del II stile, i caratteri del maturo stile
strutturale e le ricerche spaziali e coloristiche della pittura funeraria macedone, alessandrina e
magnogreca, e quindi ricollegabile ad esemplari “transizionali”, da taluni fatti risalire fino al II
sec., di ambito greco (frammenti del Pompeion ateniese, Casa di Anfipoli)27 e siceliota (“casetta
ellenistica” di Centuripe)28.
A fronte di una conoscenza, tutto sommato, superficiale, sembra tuttavia opportuno ripartire da un’analisi dei resti delle pitture soluntine. Intanto, i frustuli rimasti sul posto nella casa
denominata “delle Maschere” o “dell’Ufficio Scavi” (figg. 19. 20), ingombrati dalla mole del magazzino moderno costruito sulle murature antiche (fig. 22) ed in pessimo stato di conservazione, al confronto con le porzioni staccate e musealizzate indicano un’organizzazione paratattica e
ripetitiva, ma non del tutto uniforme. La porzione strappata (figg. 12-18), con i tre ortostati con
27
Per le oscillazioni nella valutazione della testimonianza pittorica soluntina cf. Cavallari 1875, 1-10 part.
13 (“una stanza dipinta della più bella epoca romana”) ; Ferri 1941-1942, 250-258 part. 251 (“la sua classificazione coi criteri pompeiani presenta qualche difficoltà e anomalia... La pittura di Solunto sta sotto l’influsso dell’ellenismo alla svolta del I sec. a.C.”) ; Berges
1997, 95 s. (aderente a prototipi greco-orientali) ; più
specificamente in relazione al II stile : Tybout 1989, 97
nota 336 ; 114 ss. 332 ; Strocka 1991, 108, per cui essa
non può addursi a favore della tesi di una sperimentazione più precoce in ambito greco ; Wohlmayr 19911992, 79 s. (pareti con maschere dipinte “zeitgleiche
Verwändte des römischen Zweiten Stils”).
28 Da ultimi sul problema Baldassarre et al. loc. cit.
(nota 26) 25 ss. 50ss. 58s. 64ss. 67ss. 81-88 ; Mazzo-
leni – Pappalardo 2004, 44 ; Croisille loc. cit. (nota
17) 47 ss. part. 51 ; anche Rossi loc. cit. (nota 25). La
decorazione del vano VI della “casetta ellenistica” di
Centuripe è esaminata nell’ambito del II stile iniziale
da Tybout 1989, 115 s. 149. 217 s. 331 s. nota 1185 ;
374 s. nota 1368 tav. 86, 1, con altre ref. ; resta tuttavia
il problema del pannello con figura al vero ricordato
da Orsi (cf. supra nota 19) ; Tybout 1989, 109 ss. part.
136 ss. 144 ss. 174 ss. per la questione del processo formativo del II stile, 157 ss. tavv. 75 s. per le pitture parietali della Casa di Anfipoli e del Ceramico ateniese
(cf. supra nota 25) ; anche Wohlmayr 1991-1992. Per
la documentazione magnogreca v. part. Baldassarre
1998, 95 ss. part. 123 ss. (tomba di via Foria) ; per la
Macedonia e Alessandria v. almeno Rouveret 1989,
165 ss. part. 174 ss. 190 ss. ; Miller 1993.
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Per una rilettura del II stile a Solunto
Fig. 14. Pannello pertinente alla parte terminale e al
risvolto angolare (SO) della parete lunga S del triclinio della Casa delle Maschere (Museo Archeologico
Regionale “A. Salinas” di Palermo).
Fig. 13. Pannello pertinente alla parte terminale (SO)
della parete lunga S del triclinio della Casa delle Maschere (Museo Archeologico Regionale “A. Salinas” di
Palermo).
le maschere pendenti originariamente in posizione centrale (figg. 12. 15-17), corrisponde alla
parete di fondo dell’ambiente contrassegnato dal numero 6 nelle piante del sito edite nell’80029
(fig. 21).
I tre pannelli centrali (figg. 15-17) mostrano, “appesi” alle strette lesene brune screziate,
marginate di bianco, che separano gli ortostati immaginati a rilievo (il cui sfondo verdastro
attuale è dovuto ad alterazione del cinabro)30, lussureggianti festoni con intrecci multiformi di
rami di quercia, edera (anche variegata), alloro o mirto, platano, acanto (?), vite, spighe, grappoli, cotogne e melograni, fichi (?), pigne. Illuminati e resi nitidamente nella consistenza plastica
dei singoli elementi da una fonte di luce immaginata sulla sinistra (lato in cui si apriva realmente
29 Solo nella pianta ottocentesca compaiono i vani
poi parzialmente obliterati dal magazzino moderno (“ufficio scavi”). Il vano al numero 6, misurante
all’interno ca. 8,60 x 3,50 m, mostra dimensioni e
proporzioni allungate confacenti alla tipologia tricliniare tardorepubblicana (Cavallari loc. cit. (nota 27)
3. 13).
30 L’effetto a rilievo degli ortostati è accentuato dal
colore contrastante del margine (verde). L’alterazione
del cinabro, già dubitativamente individuata da Beyen
1938, 45, è stata verificata in un recente intervento di
restauro dei pannelli musealizzati, accompagnato da
una pulitura del pannello angolare di NO in situ (fig.
20), dove si è riscontrato, con il cinabro, uno strato di
colore giallo, che a parere dei restauratori implicherebbe una restituzione con uno sfondo giallo vivo (almeno per il pannello in questione) ; v. tuttavia Béarat
1997, 11-34 part. 30. 25.
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E. C. Portale
Fig. 15. Pannello pertinente al risvolto angolare e alla
parete di fondo O del triclinio della Casa delle Maschere (Museo Archeologico Regionale “A. Salinas“ di
Palermo).
Fig. 16. Pannello pertinente alla parete di fondo O del
triclinio della Casa delle Maschere (Museo Archeologico Regionale “A. Salinas” di Palermo).
Fig. 17. Pannello pertinente alla parete di fondo O e
al risvolto angolare (NO) del triclinio della Casa delle
Maschere (Museo Archeologico Regionale “A. Salinas”
di Palermo).
Fig. 18. Particolare del pannello alla fig. 13 : tamburino con figurina dipinta.
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Per una rilettura del II stile a Solunto
Fig. 19. Casa delle Maschere, veduta del tratto mediano della parete lunga S del triclinio con i resti della
decorazione di II stile.
Fig. 20. Risvolto angolare (NO) della parete lunga N
del triclinio della Casa delle Maschere, particolare della ghirlanda (in situ).
una porta), essi sono trattenuti da bende ricamate di due tipi alternati e recano appese a un filo
rosso maschere inclinate in modo da accrescere l’effetto di spazialità, sottolineando l’asse mediano della parete. A sinistra è un vecchio Sileno (come indicano le orecchie equine) dai tratti
parzialmente assimilati a quelli di un tipo di schiavo (barba “a tromba”) (fig. 15), secondo un
processo altrimenti noto nel II stile, disposto di profilo verso destra ; al centro una maschera
forse di Menade, più che di eroina tragica, disposta quasi frontalmente (fig. 16) ; alla destra un
vecchio Pan canuto di tre quarti (fig. 17) ; tutte e tre le maschere sono coronate di edera e la femminile reca ricche bende ricamate, a sottolinearne il carattere squisitamente dionisiaco, più che
teatrale in senso stretto31. Conferma ciò la decorazione del terzo pannello sul lato lungo della
31
72 ss., oecus 12, festoni “ricchi” retti da erme-cariatidi
in un sistema della II fase del II stile ; 430 ss. figg. 98
ss., frigidario, ghirlande di rami di pino abbinate ad
un sistema a parete chiusa ; 456 s. figg. 143 ss., esedra 20 (Heinrich 2002, 117 cat. n. 74 ; anche Heinrich
2002, 87 cat. n. 23, Pompei I, 15, 1, tablino 10) – tutti
però di resa più bidimensionale ; lo stesso vale per i
festoni delle Case degli Epigrammi (Pompei V, 1, 18),
tablino g, triclinio m (De Vos in PPM III (1991) 546
figg. 10 ss. ; 555 s. figg. 30 s. ; cf. però Heinrich 2002,
92 cat. n. 30) e “delle Nozze d’argento” (Pompei V, 2,
i), esedra y, oecus tetrastilo h (Parise Badoni in PPM
III (1991) 676 s. part. 747 s. figg. 153 ss. ; 753 ss. figg.
Per la resa fortemente tridimensionale del fogliame
e degli oggetti sospesi il miglior parallelo, seppure non
pari nell’effetto plastico delle forme, restano i festoni
della Villa di Boscoreale (Lehmann 1953, 9 s. 14. 16 ss.
207 s. ; Mazzoleni – Pappalardo 2004, 78 ss. part. 98
s.) ; agli esempi noti (v. già Beyen 1928, 6-19 part. 12
ss.) va aggiunto quello restituito da una casa del quartiere di Skardhana a Delo (Alabe loc. cit. (nota 25)).
Per il motivo delle bende ricamate ondeggianti, riproposto nella Casa del Cerchio a mosaico (v. supra) e in
un ulteriore frammento soluntino (infra, nota 40), v.
esempi recenziori dalla Casa di M. Caesius Blandus :
Bragantini in PPM VI (1996) 380 ss. part. 414 ss. figg.
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Fig. 21. Casa delle Maschere, pianta schematica dopo
gli scavi ottocenteschi (da S. Cavallari, Posizione topografica di Solunto, Bullettino della Commissione
di Antichità e Belle Arti in Sicilia 8, 1875), con indicazione del luogo di rinvenimento degli affreschi
(n. 6).
stanza (fig. 13), anch’esso strappato insieme
ai due ortostati adiacenti (l’ultimo corrispondente al risvolto angolare) (figg. 14. 15
sin.), a differenza dei quali conserva ben leggibile l’immagine di un tamburino appeso al
festone, decorato con una figurina maschile
a pseudo rilievo in cui potrebbe forse riconoscersi un attore con maschera tragica, dal
volto pallido e dall’alto onkos32 (fig. 18). Tale
ulteriore riferimento dionisiaco-teatrale si
abbina qui ad un tipo di ghirlanda più esile, di pino, con gli aghi e le pigne ben visibili, come nella coppia di ortostati adiacente (figg. 14. 15 sin.) e in quelli speculari sul
risvolto e all’inizio della parete lunga di destra (figg. 17 dx. 20), conservati in situ, con
significativo “decrescendo”, rispetto alla zona
principale dela parete di fondo con il festone
polykarpos e le maschere (figg. 15‑17), della
complessità dell’intreccio vegetale e del tema
figurato attinente ai paraphernalia del culto
dionisiaco33.
165 ss. ; v. anche Leach 2004, 65 ss.). La funzione illusionistica dei motivi naturali nei sistemi di II stile
è stata riesaminata da Wesenberg 1993, 160-167 part.
160 per il nostro esemplare, in cui la freschezza delle
specie vegetali suggerisce un allestimento festivo appena preparato, evocando un’azione umana che conferisce “realtà” allo spazio fittizio.
32 Le maschere soluntine sono trattate da AllroggenBedel 1974, 68 ss. part. 73. 167 s. n. 98 (identificate
come Seilenos pappos, Melas, Geneion), e 28 ss. per
l’interpretazione (cf. anche Tybout 1989, 202 ss.) ; v.
anche Engemann 1967, 12. 99. 173 tav. 60, 4. Per la
figura a finto rilievo sul tamburino v. Bernabò Brea
1998, 59 fig. 62, terracotta da Rheneia identificata
come Paroulos neaniskos ; per la maschera femminile v. Bernabò Brea 1998, 77 fig. 106, dubitativamente
intesa come Mesokouoros prosphatos oppure Menade
(l’esemplare ivi riprodotto alla fig. 104, nella sala 23
della villa di Oplontis, mostra una certa affinità : v.
Guzzo – Fergola 2000, 54 s. 61 ; Mazzoleni-Pappalardo 2004, 156 s. ; Mazzoleni – Pappalardo 2004, 116
per la maschera di Papposileno sollevata dietro ad
uno specchio, nel grande fregio della villa dei Misteri,
cui può paragonarsi la nostra corrispondente). Per
la commistione tipologica tra il Papposileno e tipi di
schiavi della commedia v. Webster 1995, 15 ; Webster
1995, 60 ss. per le connessioni maschere-festa dionisiaca-simposio. Intende la presenza frequente delle
maschere, in ispecie nelle decorazioni a “frontesce-
na”, in relazione alle decorazioni teatrali e in senso
più ampio alla “teatralità” della vita pubblica tardorepubblicana Leach 2004, 93 ss. part. 104. 110 ; sui
criteri per il discernimento di riferimenti dionisiaci
cf. Wyler 2004, 933 ss. part. 934 ss. 939. Il tamburino
appeso a tal genere di festone ha riscontro nella villa di Boscoreale : Mazzoleni – Pappalardo 2004, 78 s.
part. 98 s. ; e, con resa stilisticamente difforme, nella
Casa di Livia, Mazzoleni – Pappalardo 2004, 187. 194
s. ; v. anche il cembalo appeso nella Casa dei Quattro
stili, vano 10 (Heinrich 2002, 77 cat. n. 7) ; e nella
Casa di M. Gavius Rufus una cista nel triclinio x (v.
infra nota 33).
33 Per il motivo della ghirlanda di tralci di pino, con
pigne, v. anche Heinrich 2002, 95 cat. n. 35 (Pompei
V, 5, 3, “Caserma dei gladiatori”, esedra m) ; in forma
differente, Heinrich 2002, 109 s. cat. n. 60, Pompei
VI, 14, 43, Casa degli Scienziati, triclinio 20 ; 150 s.
cat. n. 139, Pompei VI, 14, 40, cubicolo c ; Bragantini in PPM VI (1996) 380 ss. part. 430 ss. figg. 98
ss. ; part. 102 ss., Pompei VII, 1, 40, Casa di M. Caesius Blandus, tepidario 15 ; ed il noto ambiente della
Casa di Augusto, Carettoni loc. cit. (nota 11) 27 ss.
tavv. L. M. Una variazione delle specie vegetali è stata riscontrata anche nel triclinio f della Casa di M.
Gavius Rufus, della fase Ib (Pompei VII, 2, 16-17 :
Sampaolo in PPM VI (1996) 530 ss. part. 539 ss. figg.
15 ss.) ; nel triclinio x sulla parete di fondo alle ghirlande erano appese maschere e cista (?), sulle laterali,
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Per una rilettura del II stile a Solunto
Fig. 22. Casa delle Maschere, veduta del livello superiore dell’abitazione da NO : visibile il caseggiato moderno costruito sopra l’ala di rappresentanza al livello inferiore dell’abitazione ; al centro la corte superiore con gli ambienti
circostanti.
Oltre questa zona corrispondente alla parte interna della stanza, sulle pareti lunghe si dispiegava una decorazione paratattica (fig. 19) apparentemente identica per la partizione verticale e orizzontale degli elementi architettonici (zoccolo di lastre alternativamente larghe, brunonere, screziate e marginate in rosso, e strette nei colori rosso e giallo marmorizzato con bordi a
contrasto; soprastanti “podio” a fasce verdi e filare di bugne per testa e per taglio, gialle e prugna
con bordi contrastanti rossi e gialli ; zona mediana a lesene e ortostati)34. Gli ortostati, però,
rispetto alle grandi lastre figurate viste sinora sembrano privi del motivo pregnante dei festoni e
differenziati nel cromatismo, a giudicare dalle tracce, nelle porzioni meno gravemente danneggiate, di un trattamento a finto marmo, imitante forse il giallo antico (?) e l’alabastro o onice (?)
(anche la lesena sembra gialla, con bordo a contrasto), ricercato ma certo in subordine rispetto
al vivido e costoso sfondo vermiglione (?) della porzione interna del vano col suo dispiegamento
di ghirlande “vive” (figg. 12-17).
nella parte interna del vano, bende a estremità pendenti (Sampaolo in PPM VI (1996) 579 ss. figg. 81
ss.) ; nella nicchia l si ritrova invece una ghirlanda di
edera (Sampaolo in PPM VI (1996) 119 cat. n. 79) :
v. anche il festone di edera nella parte anteriore del
triclinio 6 della Villa dei Misteri (Dickmann 1999,
216 s. fig. 58 con bibl. prec.), che conferma, con il triclinio 39 della Casa del Labirinto (Dickmann 1999,
fig. 57 ; Strocka 1991, 39 ss. figg. 239 ss.), l’apprezzamento del motivo in sistemi della fase Ib del II stile
per ambienti tricliniari, di cui i festoni arricchiscono
la sola zona destinata al vero e proprio banchetto (v.
anche Barbet 1985a, 75). Nella Villa di Boscoreale si
adottano tipi diversi tra il vano D “degli strumen-
ti musicali” (Lehmann 1953, 14), con ghirlanda di
pino ; e l’esedra contrapposta L (Lehmann 1953, 16
ss. fig. 16 tavv. XXXIV ss.), con festone ricco reggente
maschere e altri paraphernalia dionisiaci, come il peristilio, dove però mancano questi ultimi (Lehmann
1953, 9 s. fig. 6 tav. XXXVII) ; all’ingresso del cubicolo M compaiono pesanti ghirlande con cotogne e
serti intrecciati (Lehmann 1953, 92 s.) ; assenti invece le bende ricamate.
34 Per l’articolazione dello zoccolo v. supra a proposito dell’alcova del cubicolo della Casa delle Ghirlande.
Il filare di bugne di testa e di taglio fra la cornicetta del
“podio” e gli ortostati e lesene fa effettivamente parte
della zona mediana (Heinrich 2002, 15).
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E. C. Portale
La suddivisione, ancorché nella sola zona mediana, tra le due parti anteriore e interna,
più ricca, della stanza, la sua pianta allungata con aperture nella parete breve frontale e verso
l’estremità anteriore del lato lungo adiacente (fig. 21), le dimensioni e proporzioni e lo stesso
tema del festone dionisiaco ondeggiante – riproposto in arrangiamenti dello stadio Ib – possono confermare la destinazione tricliniare della sala, rispecchiando mode contemporanee al pari
della pavimentazione a tappeto in tessellato bianco con fascia nera35 e, mi sembra, dell’impianto
generale dell’ala del fabbricato di cui essa faceva parte.
Assente dai rilievi editi dopo gli scavi degli anni ’60 del Novecento, in ragione della sovrapposizione del caseggiato moderno (fig. 22), tale complesso riesce tuttavia abbastanza leggibile
nella pianta degli scavi ottocenteschi, dove se ne coglie l’unitarietà, tramite il sistema di circolazione che collegava il nostro ambiente, posto sul margine destro, con i due adiacenti, di pari
lunghezza ma di ampiezza superiore (intorno a 5 m) (fig. 21). Si tratta di un oecus mediano,
fornito pure di un’apertura verso l’esterno sul lato breve frontale, cui secondo le osservazioni
di E. Pernice possono essere riferiti, come ornamento della parte centrale del tessellato bianco
a opus quasi reticulatum, un grande emblema vermiculatum policromo con rappresentazione
di un fondale marino popolato di pesci (oggi pressoché distrutto), bordato da treccia a doppio
calice e da un meandro prospettico variopinto36 ; e di un terzo vano identico al suddetto, ma
accessibile solo da questo, che perciò intenderei come un altro triclinio, più ampio, simmetrico
al nostro e non meno ornato : qui il Pernice segnalava, al centro di una pavimentazione a tessere bianche con fascia nera di cornice (?) ed inserti di pietre colorate, cinto da una bordura a
meandro, un pannello decorato in opus sectile a cubi prospettici, secondo il motivo che viene
identicato dai più con gli scutulata pliniani e che in ogni caso, denominazione a parte, risulta
occupare il vertice della gerarchia decorativa delle pavimentazioni tardoellenistiche di ambiente
italico e occidentale37.
Credo che tanto basti a riconoscere nel complesso in questione una suite di sale per il banchetto e la ricezione di ospiti, coordinate e interconnesse nella parte anteriore lungo l’asse trasversale : il tutto in piena rispondenza a quei principi di organizzazione dello spazio domestico
recentemente esaminati da J.-A. Dickmann, a proposito delle domus frequentatae di Pompei, e
riconosciuti come formule qualificanti del nuovo concetto di abitazione elitaria del periodo del
II stile, influenzate dal modello della villa suburbana38. Purtroppo la conoscenza della Casa delle
35 L’ingombro della porzione centrale del pavimento,
attualmente occupata da scaffalature, non consente di
verificare se si trattasse di un tappeto unitario ; tuttavia E. Pernice non fa menzione di eventuali tracce
di pannelli o motivi decorativi inseriti. Per l’etichetta
del banchetto romano, cui risponde l’arrangiamento
dei triclini, v. Clarke loc. cit. (nota 14) 16 s. ; per la bipartizione dei triclini come nuova caratteristica degli
allestimenti di II stile v. Dickmann 1999, 215 ss. part.
218 per l’effetto di gerarchizzazione degli spazi, che
gli ospiti dovevano particolarmente avvertire entrando nella stanza, prima di prendere il loro posto sui
letti (gli esempi più precoci si segnalano nella Villa
dei Misteri, vano 6 e nella Casa di M. Gavius Rufus,
vano f, ancora con pavimento a schema unitario) ;
Scagliarini Corlàita 1974-1976, 3 ss. part. 8-10. 18
s. ; Tybout 1989, 104 ss. Per l’uso dei triclini v. Leach
2004, 45 ss.
36 Per l’uso degli oeci e il loro “exotic international
flavor” v. Leach 2004, 42 ss. : nella fattispecie sembrano appropriate all’identificazione l’ampiezza
dell’ambiente (quasi 45 mq), seppur rettangolare e
non subquadrato, e la nota esotica del mosaico con
halieutica (le misure originarie non sono ricostruibili,
ma E. Pernice ne rimarcava la scala : Pernice 1938, 16.
154 tav. 5, 1).
37 Da ultimi Guidobaldi – Vincenti 2005, 445-466
part. figg. 1 s. e 6 s. ; si aggiunga per la Sicilia Di Stefano 2005, 269-280 part. 271 (dall’insula II di Lilibeo) ;
e per un ulteriore esempio di utilizzo in ambito sacro
(Augusteo di Lucus Feroniae) Bruno – Bianchi 2006,
213-222 part. 218 s. figg. 7 s., con altre ref.
38 Dickmann 1999, 101. 159 ss. (170 ss. per le ville)
186 ss. 208 s. (“Mit der zu beobachtenden Differenzierung von Bereichen des otium und negotium reagierten die domini auf sich wandelnde gesellschaftliche
Funktionen des Stadthauses als Ort unterschiedlicher
Empfänge auswärtiger Besucher”) ; le varie combi300
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Per una rilettura del II stile a Solunto
Maschere di Solunto è del tutto inadeguata, in assenza ancora di un esame strutturale e, per di
più, in conseguenza del crollo di un’ampia porzione dell’edificio, che ha interessato la terrazza
antistante al nostro “Festtrakt” : ciò malgrado, pare alquanto verosimile che fosse qui una corte
(a peristilio ?) aperta scenograficamente verso il sottostante pendio (la parte nord superstite
conserva il tessellato bianco pavimentale), probabilmente con altri vani a margine, la quale veniva a raddoppiare il cortile posto sul livello superiore della stessa casa (fig. 22). Quest’ultimo
(rivestito a sua volta da un tessellato “a canestro” con disseminato di scaglie variopinte) risulta
circondato sui tre lati superstiti da ambienti – cubicoli, un’esedra, un vano fornito di banchina e
nicchia forse per attività cultuali (?) –, pertinenti a tipologie note nell’edilizia soluntina tardoellenistica, come il rivestimento in stucco bianco con cornice a rilievo ancora nei modi del I stile,
conservato in uno dei vani a monte, mentre le pavimentazioni riproducono tipologie comuni
con il II stile (pavimenti in tessellato bianco con cornice nera o a canestro o a scaglie lapidee con
inserti variopinti). Il livello inferiore con il complesso triclini-sala centrale, cui appartengono le
decorazioni più sontuose sopra considerate, sembra invece esulare dalle formule consuete nella
Sicilia di II-I sec. per adeguarsi ai modelli centro-italici coevi.
Orbene, nella valutazione delle pitture a ghirlande e maschere, certo impregnate di un coerente linguaggio stilistico ellenistico – al pari delle bordure musive di soggetto analogo diffuse
(fino a Palermo e Malta) tra fine II e metà I sec. a.C., espressioni di un repertorio di ascendenza
ellenistico-orientale adottato da officine operanti in Italia con il supporto di musivarii alessandrini e asiatici –, ritengo non si possa trascurare il dato della loro pertinenza ad un sistema decorativo e ad un contesto architettonico-funzionale di marca peninsulare, che ripropone in loco
tendenze in atto a Pompei dopo la deduzione coloniale sillana. L’affinità stilistica e iconografica
dei festoni e delle maschere con gli esemplari, pertinenti per lo più a sistemi di decorazione a
parete chiusa, della “villa di P. Fannius Synistor” a Boscoreale (ancorché questi ultimi denotino
un’incipiente tendenza all’uniformazione del decoro vegetale) depone nello stesso senso, indirizzando verso matrici culturali ellenistico-orientali, probabilmente di arte aulica, per i singoli
motivi, ma al contempo denotando la reinterpretazione e rifunzionalizzazione degli stessi in
ambito romano-italico grazie, eventualmente, al concorso di artefici immigrati e / o alla circolazione di albums di modelli o cartoni, e al consolidamento di tradizioni officinali al servizio delle
committenze più agiate39.
In proposito appare indicativa un’ulteriore testimonianza dalla nostra stessa Casa delle
Maschere testé proposta all’attenzione da C. Greco, anche se, naturalmente, per esprimere un
giudizio fondato bisogna attenderne l’edizione puntuale, valutando il contesto specifico e l’articolazione complessiva del decoro. Si tratta di pochi frustuli (esposti nell’Antiquarium di Solunto) di un sistema più elaborato, cui appartiene probabilmente anche una maschera di Menade o
eroina tragica coronata d’edera, già nota, ma ora ricomposta con lo sfondo, una finta lastra rosso
nazioni, accomunate dalle porte laterali di comunicazione, sono esaminate da Dickmann 1999, 210 ss. ;
211 s. per la collocazione prediletta dei triclini al / ai
margine / i della “Raumfolge”, dell’oecus al centro ;
214 s. per le porte laterali ; 215 ss. per i triclini ; 240
ss. per la funzione delle decorazioni parietali nell’articolazione dello spazio ; 253 ss. per l’interpretazione
storica (“In Zusammenhang mit der Interpretation
von römischer Wohnarchitektur ist dabei von Bedeutung, dass die Funktion der einzelnen Räume nicht so
sehr ihre konkrete Nutzung betrifft, als vielmehr die
Vermittlung eines Prestiges”, Dickmann 1999, 211).
Per la Casa di M. Gavius Rufus, accomunata alla nostra dalla tematica decorativa di uno dei triclini (f), v.
Dickmann 1999, 200 ss. 217.
39 Sul tema delle ghirlande polykarpoi v. da ultima
De Chaisemartin 2006, 33-82 part. 67 ss. per origini
e connotazioni del tipo con maschere ; Guimier-Sorbets – Nenna 1995, 529 ss. part. 542 ss. ; Tammisto
1997, 104 ss. 395 ss., con altre ref. e discussione del
problema della trasmissione dei modelli, per le cui
modalità concrete, con specifico riferimento al II stile,
v. Bragantini 2004, 131 ss. part. 140 ss.
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E. C. Portale
vermiglione che pare corrispondere all’ortostato visibile in un altro frammento, davanti a cui è
sospeso un corposo festone vegetale fissato sul retro di una columna caelata a rocchi alternativamente a bugnato e con figure femminili a rilievo40.
La Greco ha opportunamente richiamato l’oecus 3 della Casa di M. Obellius Firmus, della
fase IIa del II stile, a riscontro del motivo della columna caelata, di ascendenza alessandrina o
asiatica, che compare anche nelle ricche decorazioni coeve del cubicolo 17 della casa 17, 41 della Regio VI e dell’anticamera 21 delle terme della Casa del Criptoportico, in complessi sistemi
centralizzati con facciata architettonica, elementi figurati e monstra in varia combinazione, e
“Scherwände” laterali. Queste ultime sono talora sormontate – invero non “precedute”, come
nell’esemplare di Solunto – da maschere sceniche, connotate però da una resa impressionistica
ben diversa dalla piena plasticità del prosopon soluntino, il cui efficace chiaroscuro recita piuttosto l’idioma degli affreschi dell’altra stanza della stessa abitazione (figg. 15-17). D’altronde,
columnae caelatae compaiono già, con motivi simbolici sui falsi rilievi, nella facciata dipinta
nell’oecus corinthius 43 della Casa del Labirinto e, con figure animate, nella fastosa architettura
fittizia della parete di fondo del triclinio 14 della villa di Oplontis, nelle fasi Ib e Ic del II stile. Tra
le stesse maschere inserite, in varie collocazioni, nella stupefacente decorazione parietale della
Villa di Poppea non mancano peraltro riscontri stilistici per la succitata Menade (?) del frammento nell’Antiquarium di Solunto e persino per la consorella della parete dipinta nel Museo di
Palermo (fig. 16), i cui prosopa paiono comunque approssimarsi meglio a esemplari della fase Ib,
con qualche più parziale analogia nella villa di Boscoreale dello stadio seguente, come d’altronde
si è constatato a proposito dei festoni dionisiaci41.
Si può accogliere l’idea di una seria divaricazione temporale tra queste decorazioni, considerato che il “nuovo” affresco soluntino con columna caelata parrebbe reiterare il tema del
festone polykarpos con maschera pendente davanti a una finta lastra marmorea? In realtà, la
classificazione delle pitture conservate a Palermo (figg. 12-18) nella fase Ia Beyen corrispondeva al principio evolutivo che, più volte confermato nella sua validità generale, non escludeva
comunque, neppure per lo studioso che l’ha elaborato, la parallela persistenza di forme più
“antiquate” a fianco delle più “evolute” (con eventuali aggiornamenti nei dettagli) : ciò è stato
osservato proprio per le pareti chiuse a incrostazione, dallo stesso Beyen riconosciute come uno
dei temi più longevi del II stile (e non solo !), seppure a suo avviso riservate a contesti – case,
o loro parti – di secondaria importanza rispetto alle formule “evolute”. Nel caso degli affreschi
soluntini, l’altissima qualità del disegno e del gioco coloristico si conciliano poco con l’idea di
40 Greco 2003 ; per il frammento precedentemente
noto v. Villa s. d., 8 ; su un terzo frammento si conserva l’estremità di una benda ricamata ricadente.
Sul motivo della columna caelata : Moormann 1988,
36 ss. part. 39. 219. 241 cat. nn. 302, 1 e 341, 3 ; Tybout 1989, 334 ss. part. 336 s. Casa del Labirinto :
Strocka 1991, 46 ss. 119 figg. 287 ss. part. 294. Villa di Oplontis : Guzzo- Fergola loc. cit. (nota 32)
42 ; Mazzoleni – Pappalardo 2004, 134 s. Nella casa
Pompei VI, 17, 41, cubicolo 17 ai rocchi con figurine
stanti si alternano rocchi con protome di Gorgone
(Strocka 1993, 321 ss. part. 328 ss. 335. 350 s. tav. 73,
1-2, con datazione al 50-40 a.C. ; Sampaolo in PPM
VI (1996) 10 ss. part. 32 s. figg. 50 ss., fase IIa). Casa
di M. Obellius Firmus, Pompei IX, 14, 4 : Sampaolo
in PPM X (2003) 361 ss. part. 391 ss. figg. 55 ss. part.
63. 78 (fase IIa ; per le maschere v. part. figg. 64. 80).
Casa del Criptoportico, Pompei I, 6, 2 : Bragantini
in PPM I (1990) 193 ss. part. 241 ss. figg. 88 ss. (fase
IIa) ; v. le riproduzioni di Klinkert in Dräger 2004,
32 ss. part. 43 s. figg. 8 s. ; Ehrhardt loc. cit. (nota 11)
20 ss. Per il tema della “Scherwand” : Tybout 1989,
228 ss., con ref.
41 V. supra nota 32 (Villa dei Misteri, oecus 5). Per
la maschera di Pan barbato superstite sulla sommità
della “Scherwand” della parete est nell’oecus 43 della
Casa del Labirinto v. Strocka 1991, 46 ss. 112 (con riferimento alle due piccole maschere comiche dell’alcova del cubicolo 4 della Villa dei Misteri) figg. 305
ss. : più grottesca del Pan della parete soluntina (fig.
17), richiama piuttosto il Papposileno della stessa (fig.
15). Vani L e D della villa di Boscoreale : Barbet 1985a,
54 s. fig. 27 (con le osservazioni di Dickmann 1999,
247 nota 212) ; v. supra nota 33.
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Per una rilettura del II stile a Solunto
una decorazione secondaria, sicché la scarsa profondità spaziale sarebbe indizio di effettiva antichità : e tuttavia, l’analisi dei sistemi a parete chiusa condotta da E. Heinrich mina seriamente
l’assunto che si tratti tout court di ornamentazioni di scarso pregio, visti, sovente, la precisione
della resa, l’uso di pigmenti costosi, la presenza in abitazioni non modeste42. Dall’altro lato, lo
schema paratattico, nobilitato dall’allusione ai materiali pregiati del fittizio rivestimento marmoreo e animato da festoni più o meno elaborati (specie nella variante scandita da sostegni
verticali), si è rivelato particolarmente adeguato ad ambienti sviluppati in lunghezza o di cui si
volesse mostrare il carattere solenne, e, nella versione con differenziazione delle parti anteriore e
interna del vano, in triclini della fase IB del II stile, quali il vano 6 della “villa dei Misteri”, il vano
39 della Casa del Labirinto, il triclinio f della Casa di M. Gavius Rufus43.
A questa fase, agli anni ’70-’60 e non già, rispettivamente, a inizi I sec. a.C. e a fine Repubblica, potrebbero perciò riferirsi ambedue le decorazioni della Casa delle Maschere di Solunto :
per i pannelli nel Museo “A. Salinas”, a conclusioni analoghe è giunta d’altronde C. Greco valutando l’arredo complessivo dell’abitazione. Le differenze tra i sistemi adottati si giustificherebbero allora per la diversa connotazione che s’intendeva dare all’ambiente di pertinenza, enfatizzandone il carattere sacrale-solenne ovvero la suggestione di un lussuoso chiosco dionisiaco44.
Del resto, si presume che l’animazione dell’architettura dipinta tramite oggetti reali e vegetali
sia una novità della fase Ic : l’affresco soluntino a Palermo costituiva finora l’unica eccezione a
questa “regola” (spiegata in genere con il suo carattere più “ellenistico” che “romano”)45.
Tentando in definitiva, per tirare le fila di questo lungo discorso, di mettere a fuoco ruolo
e connotazione del II stile nel contesto locale, ritengo che allo stato attuale non si possa parlare
né di una evoluzione coerente, che preservi passaggi intermedi e processo formativo del II stile,
42
sociazione, talora in vani comunicanti e perciò non
destinati a diverse tipologie di ospiti, di schemi più
semplici (spesso nei triclini) e complicati (prevalentemente nei cubicoli), che in alcuni casi collegano invece vani che costituiscono “unità” differenziate (nella Villa dei Misteri vani 5 e 4, 6 e 8, 16 e 11-14 ; nella
Casa del Labirinto vani 39-40-41, 43-42, 46, 44 e 45).
Una differenziazione tra parti destinate ad un pubblico selezionato e parti più “aperte” si rileva chiaramente nella Casa del Labirinto fra il settore dell’atrio
e quello del peristilio, più esclusivo (Dickmann 1999,
249 ss.).
44 V. Greco loc. cit. (nota 26) (cronologia al secondo
quarto del I sec. a.C.). Il sincronismo di schemi decorativi differenti, in funzione della gerarchia degli spazi
dell’abitazione, è rimarcato anche da Leach 2004, 53
s. 84 (v. già Barbet 1985a, 57 ss. part. 66 ss.) ; Leach
2004, 55 ss. part. 63 ss. sulle connotazioni dei sistemi a
parete chiusa a “incrostazione” in relazione all’uso dei
rivestimenti in marmo nell’architettura pubblica ; 71
ss. 85 ss. sull’accento più “allusivo” che “illusionistico”
delle formule più ricche a parete aperta, riservate a
pochi ambienti.
45 Strocka 1991, 112. Per la datazione “alta” delle ville
di Boscoreale (qui ca. 60 a.C.) e Oplontis (60-50 a.C.)
argomentata dallo studioso (Strocka 1991, 113 ss.) ci
sarebbe ora un riscontro esterno (Tybout 2001, 33 ss.
part. 53 ss.), implicante una cronologia al 59-50 a.C.
ca.
Heinrich 2002, 10 s. 59. 66. 89 s. ha osservato che
gli schemi a parete aperta contraddistinguono di norma non più di tre ambienti delle (poche) case che li
presentano (a Pompei 17 abitazioni sulle 80 note con
decorazioni di II stile), e che la documentazione è
proporzionalmente ancora più esigua fuori dal contesto urbano e campano : in realtà il II stile appare massicciamente caratterizzato dagli schemi a parete chiusa (Heinrich 2002, 54-70 ; v. anche Dickmann 1999,
242 s.). Per l’associazione nel medesimo contesto di
formule più o meno avanzate, rilevata già da Beyen
1938, 75. 230 ss. 244 ss. (che intende le seconde come
relative ad ambienti di minore pregio), cf. Tybout
1989, 41 ss., che propone di cogliervi l’opera di diversi
esecutori o specialisti all’interno di uno stesso atelier ;
Allroggen-Bedel 1993, 145 ss. (decorazioni più conservatrici nelle parti “pubbliche” dell’abitazione).
43 Strocka 1991, 132 s. per una valutazione qualitativa d’insieme dell’arredo della Casa del Labirinto ;
111 s. per la coesistenza di forme più conservative e
più innovative in funzione della diversificazione degli ambienti (triclinio 39 : Strocka 1991, 38 s. figg.
25. 233 ss. ; Dickmann 1999, 215 s. fig. 57) ; Tybout
1993, 38-50 part. 44 ss. per l’interpretazione del fenomeno in riferimento alla fruizione dei medesimi ;
Bragantini 1995, 175-197 part. 180 ss. ; Perrin 1997,
355-362 ; Dickmann 1999, 240-252 per la gradazione
degli schemi decorativi disponibili, sin dalla I fase del
II stile, part. 243 ss. per lo schema a ghirlande e l’as303
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E. C. Portale
né di una moda generalizzata, frutto di un meccanico adeguamento agli sviluppi romani. Non
possono intendersi in tal senso la nuova decorazione del cd. “Ginnasio” (fig. 1) né, soprattutto, il
primo rifacimento della Casa di Leda (figg. 2. 3) (il secondo (figg. 2. 4), come si è visto, dovrebbe restare ancorato agli sviluppi del IV stile), che segna una frattura nell’equilibrio decorativo
originario difficilmente imputabile, data la sua trascuratezza, ad una mera volontà di aggiornamento dei rivestimenti parietali. In ogni caso, fino all’età augustea piena non si avverte l’esigenza
di rinnovare l’allestimento di I stile, come in altre abitazioni elitarie della Sicilia (si pensi alla
celebre Casa a Peristilio 1 di Monte Iato), il che suggerisce che quello costituisse un segno di
distinzione e di prestigio dei proprietari46 : sicché la sua brutale alterazione, nella Casa di Leda,
potrebbe denotare anche un cambio di proprietà, magari dopo il bellum civile.
Ben diversa la valenza dei decori di II stile della Casa delle Maschere (figg. 12-20), non a
caso ubicata in una fascia periferica della cittadina, defilata dal “palcoscenico” delle famiglie
residenti sulla plateia principale, che restano invece più legate, come si è arguito, alla facies tardoellenistica della città. Nella Casa delle Maschere il restyling non è solo rifacimento di superfici
pavimentali e / o parietali – sia esso radicale, come nella Casa delle Ghirlande (figg. 7. 8), o isolato come nella Casa del Cerchio in mosaico (figg. 5. 6), più o meno coeve; esso riguarda piuttosto
la strutturazione gerarchica dello spazio domestico, al cui vertice è posto il nuovo appartamento
per banchetti con la corte su terrazza antistante (fig. 21). Di tale operazione è parte costitutiva essenziale il II stile, austero-solenne nel triclinio con i festoni (figg. 12-20), più elaborato
nell’ambiente cui appartenevano i “nuovi” frammenti con columnae caelatae, ma comunque
funzionale alla fruizione formalizzata dei vani di ricevimento, presupponendo e riproponendo
le tendenze espresse in maniera macroscopica nelle ville dell’agro vesuviano e nella Pompei dei
coloni sillani : certo, riadattandole per un contesto differente, ma, mi sembra, con l’intento di
comunicare un’affiliazione, un’appartenenza culturale a quel mondo.
Elisa Chiara Portale
Università degli Studi di Palermo
46 Cf. Zevi 1996, 125-138. Il mantenimento di decorazioni in stili antichi risulta come probabile segno di
continuità familiare anche nell’analisi di Leach 2004,
74 (Casa del Labirinto) ; per le motivazioni leggibili
dietro conservazione, adattamento, restauro, parziale
soppressione v. Ehrahrdt 1997, 55-58 ; Ehrahrdt 2005,
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