Attività di categoria - Collegio Geometri e Geometri Laureati Cosenza

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ANNO XLI N. 5-6/2006
Poste Italiane sped. in A.P. - Art. 2 comma 20/e
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giornalista
Segretario di redazione
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Selezione scritti, grafica e impaginazione
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giornalista
Comitato di corrispondenza
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Anselmo Papaleo
Massimiliano Provenzano
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del Collegio Geometri di Cosenza
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Arti Grafiche Rubbettino
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Responsabili Ufficio stampa e pubbliche relazioni
Collegio Provinciale Geometri di Cosenza
Giuseppe e Mario Caterini
SOMMARIO
EDITORIALE
3 - Son cambiati i suonatori, ma la musica sembra la stessa, di Giuseppe Caterini
ARTE E CULTURA
4 - Gli “Attimi in versi” di Donato Magli, di Giulio Palange
9 - Rocco Scotellaro: attualità del suo messaggio, di Giuseppe Caterini
15 - Dai mari della storia immutabilità dei castelli, di Cesare Pitto
17 - La cantata per metafora di Nicola Provenzano, di g.c.
19 - San Leoluca da Corleone fu sepolto nei monti vibonesi, di Salvatore Berlingieri
21 - “La Calabria contadina - scavo linguistico e fotografie del primo novecento”, di Giulio Palange
ASTERISCHI
24 - Intitolato al botanico Biagio Longo il primo rifugio del Club Alpino Italiano nel Parco Nazionale
del Pollino, di Giuseppe Caterini
25 - Maida: due secoli dalla battaglia, di Vincenzo Villella
ATTIVITÀ DI CATEGORIA
Dal Sindacato Italiano Geometri - Esecutivo Nazionale
28 - Sulla competenza del direttivo del collegio a giudicare un suo componente per responsabilità
disciplinari, di Pietro Romano
29 - Sulla iscivibilità nell’albo geometri dei dipendenti pubblici laureati, di Pietro Romano
Dal Comitato Regionale Geometri di Calabria
34 - Accertamento cartografico aree sottoposte a vincolo e di interesse naturale e paesaggistico
34 - Sulla impossibilità di dare in omaggio Il Dizionario della Calabria edito da Geo-metra a
enti culturali di non pubblica rinomanza
35 - Università della Calabria: i laureati in Scienze Geo-Topo-Cartografiche, Estimative,
Territoriali ed Edilizie nelle sedute del 25 luglio e 24 ottobre 2006
35 - Università della Calabria: corso di laurea in Scienze Geo-Topo-Cartografiche, Estimative,
Territoriali ed Edilizie, immatricolazioni anno accademico 2006/2007
36 - Direttive C.N. sul praticantato - modifiche
36 - Valori di pericolosità sismica del territorio nazionale
37 - Legge 4 agosto 2006 n. 248 - Consiglio Nazinale Geometri, prima informativa
38 - Disposizioni in materia di statuto dei diritti del contribuente
40 - Richiesta semplificazione procedure rilascio autorizzazione paesaggistica
Dai Collegi di Calabria
Catanzaro
41 - Iniziative e riunioni; Aggiornamento Albo
41 - Corso propedeutico agli esami di abilitazione alla libera professione
Cosenza
42 - Convenzione con l’UniCal per le attività di tirocinio professionale
43 - Agenzia del Territorio Dir. Centr. Roma - Disposizioni sul divieto di fumo
43 - Semplificazione delle procedure di prevenzione incendi
47 - Seminario di aggiornamento professionale - 24 ottobre 2006
48 - La relazione del geom. Giancarlo Del Sole
51 - La relazione del geom. Piero Ugo Gagliardi
53 - Corso di aggiornamento professionale - XXX Edizione
54 - Esame di Stato per l’abilitazione all’esercizio della libera professione di geometra - sessione 2006 - Le prove scrittografiche e l’elenco degli abilitati
56 - Obbligatorietà di polizze assicurative per la R.C. professionale, parere di valutazione delle
proposte di Pietro Romano
57 - Disfunzioni Ufficio Tecnico Erariale
57 - Comunicazioni della presidenza
58 - Aggiornamento Albo, Registro Praticanti ed Elenco Speciale
Crotone
62 - Incontro del direttivo con l’Agenzia del Territorio
62 - Incongruenze cartografiche aree sottoposte a vincolo di interesse naturale e paesaggistico
62 - Corso su edifici in muratura
Vibo Valentia
63 - Iniziative e riunioni
64 - Aggiornamento Albo e Registro Praticanti
CATASTO E TOPOGRAFIA
66 - Un test di confronto fra carte catastali e cartografia tecnica, di Giorgio Bezoari e Attilio
Selvini
72 - Il Catasto: modificazione continua, di Antonio Grembiale
73 - Classamento catastale: le novità per gli immobili “D” ed “E”, di Franco Guazzone
REGOLE DI COLLABORAZIONE
CRITERI GENERALI
1) La rivista persegue lo scopo di allargare l'informazione tecnica
nella regione. Si rivolge particolarmente ai geometri, ai tecnici,
agli enti, agli uffici, alle organizzazioni e agli operatori del settore.
2) Per il tipo di utenza a cui la rivista si rivolge, i testi dovranno
essere scritti in modo chiaro, comprensibile e stringato. Se la direzione ritenesse il testo non idoneo per la forma, può modificarlo
dandone comunicazione all'autore.
3) Gli scritti, ovviamente originali, non devono superare le dieci
cartelle al computer, comprese le illustrazioni, (piena pagina,
corpo 10) e dovranno pervenire entro la fine dei mesi di marzo,
giugno e novembre per una eventuale pubblicazione nel numero
successivo. Pezzi più lunghi dovranno essere concordati con la
Direzione della rivista. Tutti i testi e il materiale iconografico
dovranno essere inviati in copia cartacea e floppy-disk al Direttore responsabile (via A. Serra n. 42/D - 87100 Cosenza) e non
saranno retribuiti né restituiti.
4) Le bozze date agli autori per la correzione dovranno essere
restituite entro 3 giorni dalla consegna; in mancanza, la direzione
potrà procedere alla pubblicazione, secondo la propria impostazione.
5) A ciascun autore saranno date in omaggio 2 copie del numero
della rivista col suo scritto. La restituzione del materiale fotografico avverrà entro 30 giorni dalla pubblicazione, solo se ne verrà
fatta dall'autore esplicita richiesta. La segreteria di redazione non
risponde di eventuali deterioramenti o smarrimenti.
CRITERI REDAZIONALI
Titoli e testi
a) I titoli devono essere chiari e i più brevi possibili. La direzione, si riserva il diritto di modificarli a secondo le esigenze redazionali.
b) I testi devono essere digitati in modo chiaro per un massimo di
10 cartelle, possono essere suddivisi in capitoli, e dovranno essere definitivi: non si apporteranno correzioni non previste dall'originale.
c) Le parole singole in lingua straniera presenti nel testo vanno
scritte in corsivo.
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e) Le note si collocano a fine testo. In esse si riportano i nomi
degli autori in maiuscoletto; i titoli delle opere e degli articoli in
corsivo; l’editore, il luogo di edizione, la data e gli eventuali
numeri di pagina in tondo. In mancanza della data o dell'anno di
pubblicazione riportare le sigle s.d. oppure s.a.
f) Le opere collettive si riportano soltanto con il titolo del volume
aggiungendo l'eventuale nome del curatore preceduto dalla dicitura: a cura di non usando la sigla AA.VV.
g) I titoli degli Atti dei convegni e delle Enciclopedie nonché
degli articoli e dei saggi pubblicati in riviste vanno indicati in corsivo, il nome della rivista va posto tra virgolette riportando anche
mese e anno, volume e numero del fascicolo, con eventuale modificazione di Nuova Serie. Tra il titolo dell'articolo e la sede della
pubblicazione (anche nel caso di Atti di convegni ed
Enciolepedie) porre la dicitura: in.
h) Le collane di testi e le opere di consultazione devono essere
riportate secondo le abbreviazioni in uso impiegando il corsivo.
i) Il riferimento a fondi archivistici va riportato, nella prima citazione o in un apposito elenco delle abbreviazioni, con sigla
affiancata dal significato per esteso, es.: ASCs=Archivio di Stato
di Cosenza.
1) Nelle recensioni, prima del testo, indicare nell'ordine nome e
cognome dell'autore per esteso, titolo completo del volume recensito, luogo di edizione, editore, anno di edizione, numero delle
pagine, prezzo.
Tabelle e Illustrazioni
a) Le tabelle, ridotte al numero essenziale, dovranno essere separate dal testo e correttamente numerate.
b) Le illustrazioni (fotografie in bianco e nero e diapositive a
colori) non dovranno essere inserite nel testo, ma su fogli a parte
e dovranno essere numerate e accompagnate dalle relative didascalie.
c) I grafici citati nel testo con il termine «figura», dovranno essere molto chiari e numerati in modo progressivo con le relative
didascalie (separate dal testo e recanti il numero di riferimenti) di
facile ed immediata comprensione.
d) l'inserimento delle illustrazioni, delle tabelle e dei grafici nel
testo, sarà curato dalla direzione che si riserva il diritto di adeguarlo alle esigenze di impaginazione.
La direzione
____________
La direzione de la Stadia chiede alla cortesia di tutti i lettori
l'invio di foto e cartoline a colori di scorci panoramici, bellezze naturali e beni storici, artistici o architettonici del Sud
Italia, da pubblicare, previa selezione, in copertina.
La collaborazione qualificata e gratuita a la Stadia, segnatamente degli iscritti all'Albo, al Registro dei praticanti e
all'Elenco speciale nonché di tecnici, studiosi e specialisti è
richiesta, gradita e sollecitata Un giornale si fa non solo con
l'impegno costante di pochi volontari, ma anche con l'apporto valido e serio di molti.
77 - Classamento U.I.U. cat. D ed E - Agenzia del Territorio - Circ. n 4/2006 del 16 maggio 2006
86 - Trascrivibilità degli atti di destinazione per fini meritevoli di tutela - Agenzia del Territorio
- Circ. n. 5/2006 del 7 agosto 2006
88 - Tributi speciali catastali
89 - Costo dei servizi dell’Agenzia del Territorio
92 - Gratis le visure catastali, di Sandro Zuliani
92 - Modalità di esecuzione delle visure catastali - Ag. del Territorio - Provvedimento 12.10.2006
95 - Modifiche ai contenuti delle visure e certificazioni catastali - Ag. del Territorio - nota Prot.
n. 76033 del 25.10.2006
95 - Presentazione e ritiro pratiche catastali e certificati ipotecari e catastali - Ag. del Territorio nota Prot. n. 72441 dell’11.10.2006
96 - Indirizzi operativi sulle visure catastali - Ag. del Territorio - nota direttoriale 72790 del 12.10.2006
98 - La sola stima Ute non giustifica accertamenti, di Benito Fuoco
98 - Accatastamento fabbricati rurali, di Fabrizio G. Poggiani
99 - Il catasto non è bloccato dal Docfa, di Sergio Mazzei
100- Riparte il decentramento catastale, di Francesco Cerisano
COMPETENZE E PROFESSIONE
101- Modeste strutture in calcestruzzo debolmente armato, di Giuseppe Raso
104- Applicabilità tariffe professionali - parere pro veritate, di Pietro Romano
105- Conciliazione della controversia, i nuovi poteri del CTU, di Paolo Freviani
107- I controlli e le verifiche necessarie prima del rogito notarile, di Ermanno Fellet
108- Le prestazioni energetiche nell’edilizia residenziale, di Oliviero Tronconi
110 - Geometri obbligati all’assicurazione, di Chiara Conti
111 - Il contributo integrativo è deducibile solo in parte, di Stefano M. Perego
CONDOMINIO
112 - Manutenzione e verifiche di “vecchi” ascensori in edifici condominiali, di Francesco Terranova
117 - Sul vincolo pertinenziale tra cortile e appartamento
118 - Parcheggi pertinenziali anche in deroga al PRG
119 - Locazioni “turistiche” libere, di Corrado Sforza Fogliarti
120 - Privacy nel condominio, di Ettore Ditta
123 - Trattamento dei dati personali nell’amministrazione condominiale
CONSULENZA TECNICA
126 - Consulenza tecnica d’ufficio, di Angelo Cavaliere
EDILIZIA E URBANISTICA
131 - Ricostruzione e ristrutturazione edilizia: quali sono le differenze
132 - DIA uguale provvedimento
133 - Nuovi spazi per la ristrutturazione con ricomposizione volumetrica, di Diego Foderini
135 - Edilizia: è nato il codice a barre
136 - Posto auto e unità immobiliare: fine del vincolo pertinenziale, di Alberto Celeste
139 - L’autolicenza edilizia, di Ivone Cacciavillani
ESPROPRIAZIONE
143 - Indennità di esprorpiazione di terreni agricoli ai sensi del T.U. Dpr 327/01, di Giovanni Turola
144 - Risarcimenti per gli espropri: competenti i Tar
FISCO
145 - L’imposta di successione è rettificabile, di Massimiliano Tasini
146 - Sanzioni agli eredi: intrasmissibilità condizionata
147 - Accertamento Ici solo se motivato, di Debora Alberici
147 - Paletti sulla dichiarazione integrativa, di Alba Mancini
148 - Compravendita tra privati, di Marcello Claudio Lupetti
149 - Le novità fiscali sulle donazioni e sui beni ricevuti in eredità, di Angelo Busani
151 - Il trattamento fiscale degli immobili adibiti ad attività professionale, di Lorenzo Savorelli
153 - Ripristinata l’imposta di successione con un nuovo nome, di Tiziano Fior
157 - Il Durc arriva per posta elettronica, di Daniele Cirioli
158 - Durc, non basta pagare i contributi, di Daniele Cirioli
NORMATIVA TECNICA
159 - Protezione dei rischi sul lavoro - Attuazione delle Dir. 2003/18/CE
165 - Norme regolamentari e procedure tecnico-amministrative dell’amministrazione provinciale di Cosenza per il rilascio di autorizzazione paesistico-ambientale
SICUREZZA SUL LAVORO
169 - Molazza e betoniera: macchine sempre più presenti nei cantieri edili, di Salvatore Esposito
173 - Approvazione regola tecnica di prevenzione incendi per uffici
174 - Obblighi del datore di lavoro sull’impiego dei ponteggi
TECNICA DELLE COSTRUZIONI
175 - “Cavallerizzo” di Cerzeto: dissesto idrogeologico e politica del territorio, di Orestano Baldino
178 - Sarà tutta un’altra casa, di Alessandra Mammì
180- Insetti e biodegradazione del legno, di Enzo Capizzi
186- Resistenza a tagli dei solai misti, di Vincenzo Dipaola, Giovanni Donatone, Alfredo
Sollazzo e Francesco Trentadue
193 - La sostenibilità negli interventi di recupero edilizio, di Beatrice Spirandelli
197- Tempi e costi dei materiali per singole lavorazioni edili, di Vincenzo Gieri
202- La realizzazione di fondazioni in presenza di acqua: il metodo progettuale corretto
205- Dissesti statici nelle costruzioni edilizie anche in zona sismica, di Davide Sabaini
216- Isolamento acustico dei solai in CLS o latero-cemento
TESORI DI CALABRIA
In copertina: i Castelli di Corigliano Calabro (Cs); Squillace e Maida (Cz); Cirò e Melissa (Kr);
Scilla (Rc) e Pizzo (VV).
n. 5-6/2006
Editoriale
SON CAMBIATI I SUONATORI,
MA LA MUSICA SEMBRA LA STESSA
Qualche settimana fa in un ufficio di Cosenza ho sentito questo commento, riferito all’attuale situazione politica economica e
sociale del nostro Paese, fatto da professionisti in un capannello: Su cangiati i sonaturi, ma a musica par’a stessa, che ho tradotto in
lingua nel titolo.
Credo sia questa l’opinione quasi unanime degli italiani e vieppiù dei calabresi.
La confusione è sempre maggiore. A pelle si avverte un senso di sfiducia profonda aggravata dai contrasti indecenti e senza stile
della politica e delle istituzioni, dagli scandali continui e senza limiti, amplificati e in parte forse distorti dai mass media. Sicché il cittadino comune, sempre più vessato da vecchie tasse e nuovi balzelli e gabelle di ogni genere, stenta ad arrivare alla fine del mese
vedendo più incerto il proprio futuro.
È innegabile che mentre il lavoro si fa sempre più precario, le famiglie affrontano maggiori sacrifici e i servizi pubblici nella
sanità, nella raccolta dei rifiuti, nella tutela dell’ambiente ecc. peggiorano di giorno in giorno tra aumenti sconsiderati degli emolumenti di politici, amministratori e grandi commessi di stato, i quali a frotte – stando alle inchieste in atto – delinquono senza ritegno
perpetrando gravi reati e crimini di ogni genere, dalla concussione, alla corruzione, al peculato, alla truffa, e ciò nell’assolvimento del
mandato pubblico ricevuto, a danno proprio del popolo che li ha preposti a quegli uffici. È quello a cui assistiamo anche in questi ultimi giorni nella nostra regione: magistrati politici e preti in galera o inquisiti, tutti soggetti che fino a ieri ci hanno fatto la predica e
risulterebbero invece vicini alla cupola mafiosa da tempo.
In Calabria poi, regione povera per antonomasia, il male nazionale è aggravato dalla malavita organizzata, la ’ndrangheta, che ha
la politica in pugno ed è – e lo diciamo per amore della verità con profondo disprezzo e grande amarezza – l’unica istituzione regionale parallela nostrana che funziona, anche se a delinquere. E questa gramigna sociale è attecchita in ogni dove, ha invaso ogni struttura pubblica: politica, magistratura, forze dell’ordine, clero, soffocando le piante buone che hanno vita asfittica e producono sempre
meno. Non c’è ideologia, fede, religione indenne da questo inquinamento che tutti i giorni si espande ancor più nella regione.
Perciò la gente comune dubita, rigetta, rinnega i valori in cui ha creduto, si allontana dalla politica e dalle istituzioni, diffida dei
mass media. Aumentano il disagio il disadattamento e il pessimismo collettivo, la vita diventa intollerabile senza obiettivi e si vive
alla giornata. Giovani adulti e anziani si danno alla droga, all’effimero, cercando di trovar sollievo alle loro pene e frustrazioni spesso
fino a commettere atti insani contro se stessi e gli altri.
Come mi sembra diversa – non dico migliore – la vita pubblica e privata degli anni ’60 del secolo passato, periodo aureo della
Prima Repubblica. È una constatazione senza nostalgia. Mi sovviene alla mente un episodio che mi pare significativo e mi piace citare. Ai primi degli anni ’60 mi recai per motivi di lavoro nell’ufficio di un assessorato provinciale per sollecitare il disbrigo di una pratica. E poi, già che c’ero, passai a salutare l’assessore amico, da anni morto quasi povero, e tuttora ritenuto un brav’uomo. Non c’era
pubblico in anticamera. Dopo essermi intrattenuto con lui un po’ a parlare del più e del meno, questi, sorridendo con aria di complicità, si alzò, andò a chiudere a chiave la porta della sua stanza, ritornò verso la scrivania e da un cassetto ne trasse un saccolo. “Ti faccio assaggiare una specialità del mio paese” mi disse, sciogliendo il laccio del sacchetto e prendendone un pugno di castagne tostate
che posò su un lato della scrivania. Poi mentre ne mangiavamo qualcuna, aggiunse sottovoce: “Me l’ha portate a regalare stamattina
un paesano che ha dovuto ricoverare la madre d’urgenza in ospedale e non gli volevano trovare il posto. Poveretto, non sapendo a
chi rivolgersi, mi ha chiamato domenica. Si vergognava a dirmelo e mi ha voluto precisare che non mi aveva manco votato. E stamattina mi ha portato questo sacchetto di castagne…Non volevo accettare…tra l’altro è venuto pure in ufficio…poi ha insistito, dice che
si offendeva…e le ho prese…che dici ho fatto male?”. “Ma no…- risposi - se lo sapevo te li potevo portare pure io dal mio paese”.
“Grazie, – rispose spontaneo – da te, che siamo amici da tempo e non ti ho fatto nessun favore, li accetto volentieri. Fammele avere a
casa, non in ufficio però”.
Allora nell’Italietta della ripresa, non già dell’impresa e dell’intrapresa, in genere si agiva più o meno così. Fatte le debite eccezioni – che pure c’erano e facevano tanta vergogna e grande scalpore – tutto era ridotto e contenuto, anche i doni e le sportule. Una
busta di arance, di nocciole, una soppressata, una bella minestra: questo era ciò che di solito si offriva, nel paese e in città, a politici e
professionisti, che ricambiavano, i primi con qualche favore ai limiti del lecito e i secondi con una riduzione dell’onorario. Si viveva
così allora, le esigenze erano diverse, molto più modeste, poi dopo qualche decennio man mano tutto è cresciuto a dismisura e i doni e
le regalie sono diventate tangenti in rapporto e proporzione all’entità dell’affare che si portava a conclusione. Nel giro sono prevalse
la praticità e la rapidità all’americana, passando dal ringraziamento simbolico di poca entità in natura al pagamento in danaro e allo
scambio di favori rigorosamente quantizzato prezzato e monetizzato, a seconda della fornitura del prodotto. Insomma, il mercimonio
alla grande – come ora si suole aggettivare – è entrato nella prassi, nella regola del gioco politico e della vita pubblica, segnata e
scandita ormai da queste regole e da questi ritmi.
Ma a che vale lamentarsi. Non si parla ora di qualità e stile di vita migliorati nel nostro paese? È vero che siamo tutti incazzati e
senza sorriso, ipocriti e vigliacchi, che per denaro il fratello ammazza il fratello, il figlio sgozza il padre, il padre stupra la figlia, e che
c’importa se 800 milioni di persone nel mondo sono sottoalimentate quando il nostro truogolo è pieno. L’egoismo è la sola vera fede,
il credo occidentale più diffuso, l’unico comandamento e precetto di vita anche per molti italiani. Del resto un vecchio adagio calabrese dice: munnu ieri, munnu iè e munnu sarà (mondo era, mondo è e mondo sarà). Allora che andiamo cercando? Ieri un sacchetto di
castagne, oggi la tangente. A ben vedere cosa è cambiato? Se si considera quanto si vende oggi a Roma, come a Cosenza, una caldarrosta, forse era più censurabile l’assessore di ieri che i poveri politici e compagnia cantante di oggi.
E solo questione di punto di vista … o no?
- giuseppe caterini -
3
Arte e Cultura
n. 5-6/ 2006
GLI “ATTIMI IN VERSI” DI DONATO MAGLI
di Giulio Palange*
A
ll’incirca un’ottantina
invece, popolaresco, immediadi poesie, parte in linto, compiuto, autentico, cultugua e parte in dialetto,
ralmente corposo nell’ambito
dattiloscritte su ruvidi fogli
dialettale. E, poi, quali intuibi21x31, ingialliti già di loro
li “padri nobili” o, comunque,
oltre che dal tempo, e assemautori e culture di riferimento
blati a dispensa rilegata in tela
più o meno consapevole: da
verde-bandiera su cui l’autore,
un lato gli autori, e, quindi, le
con la sua antica grafia, ha
suggestioni, gli stimoli, le
titolato Attimi in versi: questo
lezioni, etc., “classici” di tutta
il cespite poetico lasciato agli
una certa generazione e di tuteredi da Donato Magli (1915ta una certa epoca, magari
1982), e pare, alla confezione,
anche assorbiti di seconda o
una vecchia tesi di laurea, e,
terza mano (Gozzano, Stecforse, lo è per davvero una tesi
chetti e compagnia bella poetidi laurea, almeno in certo senca i quali, a loro tempo, gratiso e, almeno per lui, pittore
ficano sia gli atteggi colti, sia,
che a chiamarlo “maestro” si
e per altro verso, le innocenti
schermiva e non semplicedissoluzioni piccolo-borghesi
Donato Magli “Autoritratto” (part.), 1954
mente perché non avesse fatto
della provincia, e le cui sponle scuole magistrali, e sorrideva con quel suo lieve, disar- de prosastiche più morbosamente decadenti sono un Guido
mante sorriso a fior di labbra, come a respingere da sé l’a- da Verona, ad esempio, un Mariani, e, poi, un po’ più tardi, e
buso di titolo, mentr’invece “maestro” lo era per davvero, in certa misura, un Pitigrilli), dall’altra il sentir collettivo
anche se la “consacrazione” è stata solo postuma, nel 2002, elaborato nei saecula saeculorum da gente indifferenziata e
con l’antologica curata da Tonino Sicoli e Maria Brunetti, indifferenziabile, segnata indelebilmente “dalla coscienza
organizzata dal Centro “A. Capizzano” e dall’Amministra- della propria assenza e stava nella storia come se non ci
zione Comunale di Rende, e con sontuoso e succoso ed stesse”, per dirla con Ernesto De Martino, gente che nel più
esaustivo catalogo Edizioni Ar&S.
completo isolamento e nella più assoluta emarginazione, s’è
“Ed è subito sera”, se non proprio notte fonda!
dovuta autarchicamente attrezzare degli strumenti culturali,
Per subito dire, in buona sostanza, che, senza uno strac- in senso lato, al fine di scalare una realtà per loro comuncio di passe-partout interpretativo, questi “attimi in versi” di que ostile, indecifrabile, incontrollabile.
Donato Magli correrebbero il rischio di proiettare retrospetPer cui, sempre di primo acchito, delle due l’una e nihil
tivamente sull’autore, e sul suo far poesia, l’ombra d’un est tertium: o una caratterialità dimidiata, per non dir schipossibile peccato originale non emendato da successivo e zoide, oppure voluta, netta, ostinata divari-cazione d’apspecifico battesimo. Perché essi, d’emblée, spiazzano: nel- proccio nel far poesia, magari in ossequio inconsapevole ad
l’ambito del poetare in lingua, controllatissimo sul piano un crocia-nesimo d’antan e di retroguardia, secondo il quale
formale pur con qualche inevitabile ingenuità, a volte re- certe licenze formali e tonali, certa leggerezza e futilità
toricamente rarefatto, spesso lì-lì dall’esser risucchiato nei d’intenzioni, non s’acconciano – ohibò! – al poetar in lingua
barocchi rigorghi dell’aulica pretenziosità, in genere com- ch’è – vivaddio! – attività dello “spirto” (oh anima benedetpunto, serioso salvo qualche eccezione, sempre alla ricerca ta e ilare di Aldo Palazzeschi proteggici tu! “…Certo è un
d’una misura metrica per lo più risolta con le “tronche”; azzardo un po’ forte / scrivere delle cose così / che ci son
* Scrittore e saggista
N.B. Poiché si ripropongono alcune poesie dialettali di Donato Magli, è il caso di ricordare che ogni dialetto è tutto un
irripetibile universo di suoni e parole e modi d'articolarli etc., di fronte al quale risulta comunque approssimante in difetto il
voler fornire un "manuale d'uso"; per cui, in questa sede e per l'occasione, ci si limita, in merito, al minimo indispensabile:
ad indicare in nota la traduzione dei vocaboli meno decifrabili da chi certi "parlari" non ce li ha per lo meno nelle corde della
memoria; a segnalare con una sottolineatura i gruppi fonetici ineludibili quali "ch" e "cch" che hanno pronunzia palatale
(all'incirca come chiodo con forte accentuazione appunto palatale), "dr", "ddr", "str", "tr" e "ttr" che hanno pronunzia cacuminale (ad esempio, il "tr" ha suono all'incirca simile al three inglese), ed il gruppo "sc" che ha pronunzia prepalatale (ad
esempio, scatta si pronunzia come fosse sc-catta). Si segnala, infine, la particolarità dell'uso ricorrente del verbo essere invece del verbo avere quale ausiliario nella prima persona del passato prossimo (ad esempio è fattu per ho fatto), e quale sostitutivo del verbo dovere in forma servile (ad esempio m'è votari per ho da voltarmi, mi debbo voltare), nonché, e forse per assimilazione fonetica, della forma ste per sto, prima persona indicativa del verbo stare.
4
Arte e Cultura
n. 5-6/2006
È notti
A vita
Lu suli s’è calatu, / la terra è
senza luci, S’appìccianu li stiddri / A frotti a frotti1: / È fattu
notti.
___________
1
A frotti a frotti: in grandissima quantità.
Donato Magli “Composizione”, 1979
professori, oggidì, / a tutte le porte…”); licenze e leggerezza
e futilità che, invece, sono addirittura fisiologiche, connaturate, consustanziali alle “coserelle dialettali”.
E, allora, solo e soltanto documentare, oppure distinguere, opinare, filtrare, e, in ogni caso, “criticare”?
Certo, per uno che scrive – e scrive poesie per giunta,
infezione da cui nessuno è vaccinato –, e che, poi, per virtù
o per necessità ripone quel che ha scritto nel cassetto, per
costui non c’è peggior iattura postuma del vedersi pigliato
di peso e messo in piazza, quasi che ogni sua virgola, scherzo, grattapancia, assuma dignità di capo d’arte o, almeno, di
documento, proprio in forza del valore aggiunto derivante
dalla circostanza dell’esser lui passato a miglior vita. Non
A surpresa
Puru ‘st’annu la Befana / S’è calata intr’a Cusenza / Ccu’ nu
saccu, vispa e sana, / Porte la beneficenza. / Ma guardannu ppe’
ra via / S’aggrovòglie a ra ramazza: / “Ma chi biju, mamma mia!/
Ste sonnanu o jiésciu pazza?”. / Picchì ad ogni porticeddra / Ci
ha trovatu nu sacchiettu, / E ra vecchia, povareddra, / Nu’ pigliava chiù riciettu: / “Guarda cca, quanta scarogna / D’annu a ‘st’annu1 ch’è truvatu./ M’è votari? Chi brigogna! / Mi ci curpa tutt’u
Statu / Ca pe’ mienzu di Cumuni / Ha purtatu a tutt’i duni!”. / Ma
nu dubbiu l’ha fermata: / “Vuogliu ràpi’ nu sacchiettu” / E rapiennu ‘na risata / L’è sbuffata di lu piettu. / Pue ‘ncrocciata2 supr’a
scupa / Ccu’ ‘na granni cuntentizza / Jie gridannu a ra dirrupa3: /
“C’è munnizza! C’è munnizza!”
___________
1
2
3
D’annu a ‘st’annu: da un un anno in qua.
‘Ncrocciata: a cavalcioni.
A ra dirrupa: a precipizio.
A vita è tal e quale
Cumu nu ‘nterruttori
Ca ccu’ na botticeddra chi fa
“tta”
L’uocchi nu’ bidu’ chiù
Pecchì è stutatu u cori.
per nulla Flaubert voleva esser sepolto con tutti i suoi manoscritti inediti, perché già solo l’idea di vederli pubblicati
dopo morto gli sembrava sconvenienza, “come consentire a
qualcuno di guardarti il deretano”. Peraltro, nella fattispecie
provoca non poco disagio dover scrivere – anche se non dietro prescrizione medica – sul merito e sulla sostanza di
“attimi in versi” che, giusto in quanto tali, rimangono in
ogni caso sorrisi e lacrime e sudori e mutrie e speranze e
disillusioni e quant’altro ha intramato l’ordito esistenziale
di Donato Magli, come, in misura sempre varia, intramano il
campare di chiunque. E se il documentare è un po’ come
denudare il re, e gridarlo perché tutti se n’accorgano, invece
“criticare” sa di esame autoptico freddamente eseguito su
d’un corpo, sorta di wildeiano Dorian Gray, clinicamente
morto ma percorso ancora e per sempre dall’alito della vita,
esame durante il quale tu non soppesi una milza, un cuore,
un polmone, ma la gioia per la nascita d’una figlia, la malinconia struggente al ricordo della madre, lo smarrimento
angoscioso del ritrovarsi soli... lacerti di vissuto di fronte ai
quali puntualmente ti viene qualche dubbio sul fino a che
punto non sia peregrino usare il bisturi dissezionatore.
Ancor più disagio, poi, se uno ha avuto rade ma rare frequentazioni con un’anima bella quale Donato Magli, e se ne
porta dentro la traccia della signorile, indifesa, disarmante
disponibilità: rifargli le pulci, seppur poetiche, è peggio d’una coltellata alle spalle che ti rimane sulla coscienza.
E, allora?!
Allora, e per fortuna, a far giustizia d’ogni scrupolo e
A supposta caputosta
“Permetti? Mi prisientu, sugnu Falqui / E di cugnumi…”, “Basta
la parola!/ Piaciri miu, supposta Glicerina!”. / “Ah sì, mo mi
ricuordu / Sî l’urtima truvata c’ha fatt’a medicina”. / “Ma quali
medicina?! Tu ti suonni! / Iu sugnu nata ppe’ vula’ a ra luna / E a
tutti li pianeti chi su’ ‘ntuornu!”. / “Ma, beddra mia, ragiuna: / La
forma hai di mìssile e va buonu, / però sî cum’a mia ‘na medicina,
/ Iju vaju ppe’ ra vucca / Tu ‘mpeci1 vai di sutt’a mutandina. / “A
mutandina?!…”. ‘Ud’ha finitu mancu la parola / Ca ‘na manu di
viecchiu stiticusu / Si l’ha pigliata e misa intr’u pirtusu. / “Mo sì
ca sugnu in orbita!” ha dittu a ciotareddra / Mentri lu viecchiu s’azave la prajeddra2. / Quannu s’è vista sula intr’a lu scuru, / Ccu’
‘na puzza di cani muortu a ‘n’annu, / ‘Mprima s’è vutata, jennu u
muru-muru. / Sentiennusi lu viecchiu ziddricari3 / Ha strintu i
cosci e ha chiusu lu caminu. / “Ràpami disgrazià’! Mi vu’ affucari?!” / E mentri squagliava jie cchiù de penninu4. / A pòvara supposta caputosta / Ha fattu veramenti nu successu / Ca ‘nziemi a
‘na spruzzata liscia e tosta / È finita diritta… intr’a lu cessu!
__________
1
‘Mpeci: invece.
2
Prajeddra: lembo inferiore e posteriore della camicia.
3
Ziddricari: solleticare.
4
De penninu: verso giù.
5
Arte e Cultura
perplessità e piazzamento, sovviene
che Donato Magli non poetava tout
court, ma “anche” poetava, ovvero si
esprimeva specie pittoricamente, tant’è
vero che le poesie – tesi di laurea per
conseguire il dottorato in filosofia esistenziale o, almeno, per vederselo riconosciuto h.c. – le poesie le teneva nel
cassetto e solo qualcuna (ad esempio ‘A
miénnula juruta), è circolata da qualche
parte a stampa; ed in ambito pittorico il
dato ineludibile, se non addirittura connotante, è un linguaggio in cui sono
compresenti segni colti e segni popolari, accademismo e naïveté, tratto caricaturale da settimanale satirico che ha
meditato sulla lezione alla sintesi in
funzione grottesca della Neue Sachlichkeit (per tutti, il mitico Becco Giallo
di Alberto Giannini, quello de Le
memorie d’un fesso) e trionfalismo cromatico da barocco affrescatore di chiese, il tutto, e molto altro ancora, quale
traccia, almeno in prima battuta, non
d’una scelta… diciamo estetica (o nonscelta, che è poi la stessa cosa), piuttosto d’una vicenda artistico-esistenziale
che, in fondo, ma poi non tanto, ha una
sua emblematicità anche, e specie, nelle sue contraddizioni, nelle sue conflittualità, nelle sue “irrisoluzioni”.
Sì che “il segno sul tappetto al di là
della finestra chiusa” che intrigava
Henry James, in questo caso trova, seppur per via surrettizia, una sua contestuale decrittazione, e tertium est, altroché se est! Ed è un tertium in cui confluiscono sia il primum che il secundum, nel senso che il filo rosso che percorre tutto il far poesia di Donato
Magli (come pure il suo far pittura) ha
intramatura malgré-soi dialettica e che
dialettica non poteva non essere date
certe premesse e certe condizioni “in
corso d’opera”. E che sono: anzitutto,
sete, vera sete, inesauribile sete di
sapere, di conoscere, di verificare e
verificarsi epperò potendo contare su
scarso retroterra d’istruzione, e rimanendo sempre entro i concentrazionari
orizzonti della provincia (e della provincia d’una volta, chè oggi si è provinciali in ben altro senso, e basta “cliccare” per spostarsi da New York a Tokio,
o per viaggiare lungo le sale del
M.O.M.A. o del Louvre), e, ancor più,
del paese (che, comunque, è Rende,
non quattro case ed un forno fra timpe
e perrùpi a casa del diavolo), ove affondano le sue radici, la sua memoria, e
6
n. 5-6/ 2006
A pidanna 1
a ri pignatari2 di Renni
Mentri lu garzunieddru zampulìe3
La crita di la fossa ‘nziliardàta,
Sienti supra la4 rota la pedata
E ru paddruni gira e juoculìje.
E mastru Peppi5 ccu’ ra manu pinta,
La pippa ‘mmucca, la scrima di banna,
Stricànnusi li manu l’acqua spanna
Supra la crita ppe’ silar6 cchiù linta.
Pue ccu ra steddra7 lu garbu ci manne,
Faciénnuci la trippa, ccu’ ra vucca
Ancora ‘na tirata e doppu sbucca
Tutta lucenti e liscia la pidanna.
‘Ntostata ch’è li mànichi ci ‘mpàcchie,
La porte ‘mmienz’a via e r’assulìcchie8,
Sperannu ca lu suli nur’i spàcchie9
Ma sana e bracca10 la pidanna spicche.
Doppu asciuttata, lu stagnu ci azzinne11,
Lu fuocu d’a furnàcia la fa vrunna12,
Éscia bruscenti, janca, russa e tunna,
E, s’azzicchietti, e ‘na campana ‘ntinne!13
___________
1
Pidanna: grande vaso di creta a tre manici
per l’olio; dal greco SLTDFXK specie di grosso
recipiente da vino.
2
Pignatari: vasai. L’arte figulina, che secondo
alcuni fu portata a Rende dagli antichi enotri,
vanta, ivi, tradizione comunque antichissima e
di altissima qualità pur nella sua dimessa, quotidiana destinazione.
3
Zampulije: l’argilla grezza veniva impastata
con acqua e lavorata dai “garzoni” che a piedi
nudi la pestavano fino ad ottenere l’omogeneità e la consistenza necessarie.
4
Paddruni: blocco tondeggiante di argilla
impastata da lavorare al tornio.
5
Mastru Peppi: Giuseppe Capizzano, “mitico”
vasaio rendese, la cui baffuta immagine è stata
ampiamente utilizzata in guide e pubblicazioni varie a corredo illustrativo dell’arte vasaia
in Calabria, e a Rende in particolare.
6
Ppe’ silar chiù linta: perché scivoli e s’indurisca più lentamente, e, quindi, si faccia lavorar meglio.
7
Steddra: sorta di spatola di legno con cui il
vasaio dà forma (u garbu) al vaso, orciuolo,
etc.
8
L’assulìcchie la espone al sole perché evapori l'acqua residua nell'impasto.
9
Nur'i spacchie: non faccia scollare i manici.
10
Bracca: bella tonda, perfettamente riuscita.
11
Lu stagnu ci azzinne: le dà il colore. I vasai
usavano colori ricavati da metalli quale cobalto, manganese, ossido di rame e di ferro, etc.
(da loro chiamati "stagni"); poi immergevano
gli oggetti appena colorati in una soluzione
smaltante composta da ossido di piombo, silice ed altro tutti sciolti in acqua.
12
La fa vrunna: l'imbiondisce.
13
E… 'ntinne: e se la percuoti con un dito
risuona pura come una campana.
con cui egli non sa, o non può, o non
vuole o non “sa-può-vuole” recidere i
legami magari per sciogliere le vele al
vento e solcare chissà quali perigliosi
pelaghi verso chissà quali lidi dagli
orizzonti d’infinito, come, certo, in
qualche recesso di sé vorrebbe fare ma
mai decidendosi a farlo (la famiglia, le
abitudini, la paura d’inabissarsi…); e,
ancora: come ogni autodidatta (nella
nobile accezione di chi, dotato di cultura ma non d’istruzione, s’è dovuto
attrezzar da solo) porta rispetto reverenziale verso la cultura “alta”, quella
paludata con la ci maiuscola in ornato
carattere aldino, ma si porta in ogni
caso dentro, considerandolo ricchezza
di cui non vergognarsi – anzi! –, il
patrimonio delle solari luci e delle lunghe ombre della cultura “bassa; e,
ancora: bisogno di frequentazioni
“intelligenti” e “colte”, arricchenti di
possibili novità e, comunque, formative
(Achille Capizzano e Giuseppe Carrieri, per dirne solo due), ma, anche, gusto
dello sperperar l’ore fra voci e volti
antichi che hanno visto e sentito tutto
senza aver visto e sentito niente; infine,
dotato di intelligenza particolarmente
prensile, in essa trova la propria salvezza e la propria dannazione: salvezza
perché gli consente di trarre da poco o
niente uno stimolo, un suggerimento,
una possibilità di crescita, e dannazione
perché, distraendolo dalla necessarietà
d’una “sintesi”, lo costringe ad un infaticabile e non sempre risolto nomadismo espressivo lungo percorsi circolari
o, al più, ellittici, dal vecchio al nuovo,
dall’antico al moderno, dal cosiddetto
“alto” al cosiddetto “basso”, dal sofisticato al rudimentale, e, in definitiva,
nonché in chiave più metaforica che
strettamente estetica, dalla dimessa, ma
non rozza, essenzialità decorativa dei
“pignatari” – “maestri”, quelli della sua
Rende – alle magnificenze ed ai gigantismi delle pitture parietali…
Certamente da qui il suo far poesia
a double-face (che, invece, ha forma
d’accumulo o compresenza di segni di
diversa provenienza nel far pittura, ché
sulla tela oggettivamente “tutto” può
trovar posto variamente funzionale, a
differenza che sulla pagina, a meno che
non si sia alchimisti a livello d’un Gadda, ad esempio, o d’uno Zanzotto, e,
allora, chapeau!), double-face che, in
ogni caso, trova unitarietà di tinta e
pezzatura sul piano delle procedure
n. 5-6/2006
Arte e Cultura
espressive, affatto di taglio “visivo” e in forza delle quali,
scriva egli in lingua o in dialetto, in ogni caso “affresca”,
affidando il suo concetto ultimo (quello, per intenderci, che
gli aficionados delle régie poste e telegrafi chiamano “messaggio”) non ad escursioni semantiche o invenzioni verbali
in varia misura ardite e strutturate, ma sempre ad immagini
immediate e giocate ora in chiave di metafora, ora di simbolo, ora di similitudine.
Il che, fra l’altro, induce alla banale constatazione che
Donato Magli è poeta quando dipinge ed è pittore quando
verseggia, ed altri lecca-lecca quissimili.
Ora, sarà per deformazione mentale, sarà per particolare
umoralità, sarà per altro, ma il sottoscritto nella sua persona
medesima, al Donato Magli poeta in lingua – certo anche
capace d’una visionarietà tenuta efficamente sottotono nonché mossa da interna musicalità (per tutte, il “moderato cantabile” Non torna il maestro) e di felici coaguli lirici –, il
sottoscritto preferisce il Donato Magli poeta dialettale, con
ciò nulla volendogli togliere, o in alcun modo volendolo
confinare nell’orticello dietro casa, chè certe gerarchie di
generi poetici ahinoi son, sì, dure a morire, ma trovano vieppiù naturale destinazione nei sacchetti a perdere dalla spazzatura.
Non torna il maestro
(per la morte del prof. Achille Capizzano1)
Un’ombra silente / Invade lo studio, / Par tutto mutato, / Perfino i
pennelli / Non sembrano quelli / Dei giorni passati, / Non hanno il
lor posto, / Così son buttati. / Appesa al muro la tavolozza / Par
tremi, singhiozzi. / Ché forse è malato? / Ma cosa è successo? / Si
chiede un dipinto / Rimasto incompleto / Appena abbozzato / Mal
tinto. / Pur tu cavalletto / Col cuore ristretto / Non hai più vigore!
/ Si guardano muti / Con grande dolore. / Soli, son soli / La porta
serrata / Serrato hanno il cuore! / Che triste giornata / Che hanno i
colori: / Il bianco sbiadito, / Il rosso commosso, / Il verde ingiallito, / Il giallo percosso / Da tanta tristezza / Vicino al cobalto / Che
freme / Che geme, / Aspetta che viene. / Ma un grido di pianto /
Rompe il silenzio, / Il nero ha quel grido! / Che giorno funesto! /
È morto! / Non torna il caro maestro.
__________
1
Achille Capizzano (Rende 1907 - Roma 1951): affermato pittore
che per Donato Magli fu un maestro, un modello e, soprattutto, un
amico.
E verificare per credere!
Verificare come Donato Magli, a differenza di tante
melensaggini servite in salsa nostrana, sappia restar parecchio distante sia dall’oleografia bambocciante tutta stracci e
pezzentìe e scialli neri e calli come stimmate del bisogno e
pugni minacciosi al cielo e “ha da venì!” – tutte icone, fra
l’altro, d’un drammatico vissuto collettivo su cui intellettuali organici, disorganici e inorganici, hanno a lungo campato di rendita parassitaria fino a trasformarle in statuette
per il presepio –, sia dal “paese” mitizzato quale intatto,
ruspante paradiso perduto, ridotta consolatoria e rassicurante ove trovar rifugio e, direbbe Lucrezio, “ricordare il rombo
delle onde in tempesta stando al sicuro sull’alta riva del
mare”; certo lo stesso “paese”, quello reale e quello simbolico, è per lui segreta che custodisce memorie, volti, affetti,
etc., a cui chieder conforto nell’affanno e prica nell’assilo,
ma custodisce anche privazioni e fatica e giorni scuri peggio
Donato Magli “Maternità”, 1976
della mezzanotte, tutti ricomposti nella trasparenza del
ricordo di ciò che è stato e, nel bene e nel male, non può e
non deve riessere, perché la storia, con le sue angosce, le
sue passioni, le sue utopie più e meno ingenue, la sua spinta
ad andare avanti con altri e per altri, a lottare, cambiare,
migliorare, per quel mondo non esiste più, è capitolo chiuso,
chiuso male epperò chiuso, definitivamente, et amen, si
dispensa dalle visite.
In fondo, e a ben leggere, il “paese” – non, in particolare, Rende o Papasidero o Rocca-bennarda – il “paese” evocato da Donato Magli quale piccola patria e villaggio della
memoria, pur nella sua autenticità e corposità è talmente
spoglio d’ogni sottolineatura realistica e d’ogni romantipac-
Donato Magli “Gli amanti”, 1970
7
Arte e Cultura
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cottiglia da salotto di rurale Nonna Speranza, talmente fil- ria. Ancor più specie allorché, insospettabilmente, ecceziotrato attraverso un ricordare trasognato, da diventar quasi un nalmente e piacevolmente greve, inchioda alla gogna escreluogo metafisico, mentale, un paesaggio dell’anima prima mentizia la supponenza di chi si ritiene un missile astronauche una realtà di uomini e
tico e, in realtà, è solo una
A miénnula juruta
cose ormai sommersa dalle
volgarissima supposta (e non
tracimanti acque di Mnemosiper nulla supponenza e suppo1
A miénnula è juruta, menu mali, / C’u scuru viernu sta ppe’ si nni
ne, anche se è storia d’appena jiri, / Druvi s’hannu ammazzatu lu majali / C’è sempre ‘n’alligriz- sta hanno medesima radice
l’altro ieri.
semantica!).
za cumu giri. / A pierticata2 penne, benedìca, / U stipu è chinu ‘i
Verificare come Donato lardu e salimora3, / Ccu’ pani friscu-friscu è ‘na mantìca4, / U vinu
Eppure, per lui il vivere
Magli sappia essere struggen- casarùlu è sempri ‘i fora. / Amaru nue ca dintr’a quattru muri / Ni non è stato esattamente una
te, icastico, ironico e autoiro- simu chiusi senza na scarola, / Li juorni di li pòviri su’ scuri / Nu
scampagnata! La morte del
nico, amaro… sempre pensan- bidi mai fumari a cassarola. / U fuocularu è muortu, fora chiove, / padre in guerra quando egli
do in dialetto, cioè sempre Iju supr’a lastra d’a finestra scrivu / Nu dittu c’a ru cori si rinnoaveva sì e no un paio d’anni,
muovendosi all’interno d’un va, / Lu scrivu sempri finu ca su’ bivu: / “Viatu chi a ru munnu
gli studi presto interrotti per
patrimonio di segni e simboli sempri spera / Pecchì sperannu arrive primavera”.
portare a casa la campata, la
__________
e “valori” con relativi disvalo- 1
guerra in Africa nei cui deserti
ri, che son specifici d’una cul- Miénnula: mandorlo.
contrae un’asma che poi,
2
tura storicamente “altra”, ma Pierticata: canna sospesa al soffitto e da cui pendono i salumi
aggravandosi, gli impedisce
emancipandoli da qualsiasi messi a stagionare.
l’uso degli “olii” la cui quasi
limitativo particolarismo, da 3 Salimora: le provviste in “salamoia”.
matericità fin lì è stata cifra,
qualsiasi strapaesanità, e 4 Mantìca: prelibatezza.
fra l’altre, del suo far pittura,
proiettandoli verso orizzonti
la lunga prigionia in India che
di compiuta esemplarità, sì che ogni angoscia, ogni inquieti- in bene e in male lo segna per sempre, il rientro con relativi
tudine, ogni aspettativa delusa, ogni stupore ed ogni acci- problemi da “reduce”, il dover trascinare la carretta con
denti d’altro, suoi e di altri seminati da domineddio su que- moglie e quattro figli a carico, infine, e solo fino ad un certo
sta terra matrìa per poi rimanervi dimenticati, trovano punto finalmente, uno stipendio sicuro sotto il cuscino ogni
ricomposizione nel disincanto – non rassegnazione, beninte- santo ventisette del mese in virtù di lavoro certo vissuto con
so, ché la “rassegnazione” è storico, sbrigativo alibi buono grande dignità ma altrettanto certo non gratificante per uno
per tutti gli usi e per tutte le occasioni, come anche il “fata- col suo sentire. Di fronte a tanto, un altro, al posto di Donalismo” ed altre cianfrusaglie del genere – ora, giust’appunto, to Magli, che non ha mai inseguito personali affermazioni e
sornione, ora struggente, ora mordace, ora… e sempre dia- si sentiva “ricco” guardando i suoi figli o regalando un suo
gonalmente attraversato dal fascio di
quadro – e chi, dei suoi frequentatori,
Tannu è primavera
luce d’una sottaciuta speranza, perché
abituali e non, dice di non averne
domani è comunque un altro giorno (e
avuto uno in dono, mente sapendo di
Quannu lu suli spacche a due lu cielu
non c’era proprio bisogno che venisse Mannannu luce doppu ‘na bufera:
mentire –, un altro avrebbe versato
la Rossella O’Hara di Via col vento a
fiumare di lacrime Gnocchi o Pelikan,
Tannu1 è primavera!
rammentarcelo). E, in una tal fatta di Si vidi due quatrari abbrancicati
secondo i gusti, oppure avrebbe inveisperanza, la fede, quella “canonica” Cuotti d’amuri di ‘n’atra manéra2:
to contro il destino cinico e baro,
Tannu è primavera!
nella Provvidenza, c’entra punto o
oppure si sarebbe avviticchiato mani
poco, piuttosto entrandoci qualcos’al- Si scuonti gent’allegra ppe’ ra via
e piedi alla filosofia del “piegati giuntro aggrumato nel diennea di quanti Ccu’ ru sorrisu e l’anima sincera:
go ché passa la piena”, fino a sembrar
Tannu è primavera!
nei saecula saecularom son rimasti
piegato anche stando in piedi, tutt’alQuannu ‘na mamma joche ccu’ ru figliu
incatturati, come in una camicia di
l’incontrario dei “maledetti toscani”, i
Stringiénnulu a ru cori, ride e spera:
contenzione, nella sindrome dei
quali “hanno un modo di star in
Tannu è primavera!
sopravvissuti alla quotidianità e nella Si trasi dintr’a chiesia e sient’a Diu
ginocchio che sembra stiano in piedi
quotidianità (con ciò nulla volendo Ca si stacche ppe’ ttia di la raggiera3:
con le ginocchia piegate”, alla faccia
togliere alla “fede” di Donato Magli,
di chi dice che la storia collettiva non
Tannu è primavera!
trasparente e senza orpelli fideistici __________
segna anche nella… diciamo fisiopur nei suoi fatali risvolti antropologi- 1 Tannu: allora, in quel preciso momento.
gnomica corporea. Invece egli, poeta,
2
Di’n’atra manéra: da non potersi dire.
ci).
incarna testimonianza di quanto sia
3
E il tutto con misura, con garbo e Raggiera: insieme di raggi solari in cui, secondo vero, pur nella sua melassa, il dire
l’iconografia tradizionale, viene raffigurato il
compostezza, sottovoce. E sempre col
“dalle sofferenze si esce o puri come
Padreterno.
sorriso sulla bocca, specie quando, per
l’olio o amari come la cenere”, e non
esorcizzare gli spettri del bisogno,
c’è alcun bisogno di specificare il
della sperequazione, dell’indifferenza, dell’incanaglimento, come ne sia uscito Donato Magli, alle cui labbra manco un
etc., ricorre a rituali antichi, assai più antichi di lui ma che terremoto a rotelle era capace di strappare quel lieve, disarlui si ritrova proprio nel diennea di specie, rituali quali la mante sorriso.
canzonatura, il didascalismo favolistico, l’ironia affabulato-
8
Arte e Cultura
n. 5-6/2006
ROCCO SCOTELLARO
Un incontro ancora vivo. Attualità del suo messaggio a 53 anni dalla morte
di Giuseppe Caterini
1953, 15 anni, studente liceale, primi entusiasmi per il
Al primo impatto Tricarico mi sembrò un paesone per
socialismo, avevo conosciuto da poco in una fiera del mio condizioni sociali, economia e costumanze non molto dissipaese un giovane e bravo fabbro, intellimile da quelli della nostra zona; diverso
gente, vivace, di bella presenza, amante
invece il paesaggio, più brullo e arido
della lettura e della politica, attivista, e
con meno verde, e il dialetto – almeno
se mal non ricordo, segretario della
allora – molto più stretto e vicino a
sezione socialista di Castelluccio Infequello della Puglia. L’incontro con
riore, comune in provincia di Potenza
Rocco fu invece veramente indimentilimitrofo al mio in Calabria. Simpatizcabile. Quelle poche ore trascorse
zammo subito, a pelle: la comune pasinsieme, ancora oggi costituiscono per
sione per gli attrezzi e l’oggettistica in
me un ricordo vivo e un’esperienza
ferro, che lui produceva da maestro con
esaltante, che un anno dopo, a seguito
grande abilità e inventiva, e l’idea
della perdita di mia madre, doveva,
socialista che professava apertamente
determinare la mia convinta precoce
senza paura in quegli anni quando la
adesione e militanza politica socialista.
scomunica per i rossi era la regola (alloCon Gerolamo Bruno – non ricordo
ra non si faceva distinzione tra socialisti
bene – forse si erano già conosciuti.
e comunisti) suscitarono in me – che mi
Comunque l’accoglienza fu molto calavviavo a quella scelta più ideologica
da, direi quasi affettuosa. Rocco fu
che politica – forte ammirazione. Mi
anche piacevolmente contento – almesembrava un campione della classe openo così mi parve – della presenza di
raia meridionale che io adolescente
quel ragazzo calabrese che ero io.
vagheggiavo nella mia iniziazione. Fu
E iniziò una lunga gradevolissima
così che nacque la mia amicizia lunga,
conversazione in casa sua attorno a un
fraterna, con Gerolamo Bruno, destinata
tavolo con il rituale ottimo salame e
a durare fino alla sua scomparsa nel
formaggio innaffiato dall’immancabile
dicembre 1978, dopo una lunga, intensa militanza socialista bottiglia a cui Rocco e Gerolamo attinsero parecchio, mentre
che lo portò a diventare segretario di sezione e stabilire rap- io, del tutto astemio, per svuotare, quasi a mò di medicina, il
porti con molti parlamentari di quel partito, tra cui ricordo mio ottavino tirai fino alla fine del pasto.
per tutti Sandro Pertini che nel 1956 rimase ospite in casa
Di corporatura minuta, di capelli rossicci, impressionava
sua.
la vivacità dello sguardo e l’eloquio fluente accelerato dal
E fu così che proprio nell’estate del 1953, dopo pochi vino bevuto con gusto e retto benissimo, Rocco discuteva di
mesi dalla nostra conoscenza, Gerolatutto con Gerolamo che gli teneva
mo Bruno mi propose di andare a Tritesta nel parlare, e nel bere e lo supecarico per incontrare Rocco Scotellaro,
rava nel mangiare. Io ascoltavo e ogni
suo coetaneo, sindaco socialista per
tanto interloquivo. Era un fiume in
antonomasia e figura di spicco nella
piena.
Lucania. Con le strade e le macchine di
Disse – tra l’altro – del suo attivo
allora per noi, della Valle del Mercure,
impegno politico fin dal 1943; della
a cavallo tra Calabria e Basilicata, Trifondazione della sezione socialista
carico era a casa di Cristo, circa quatintitolata a Giacomo Matteotti; della
tro ore di macchina in un saliscendi a
sua prima elezione a sindaco nel 1946
serpentina dove chi soffriva il mal
a soli 23 anni (era nato a Tricarico il
d’auto vomitava pure le budella. Con
19 aprile 1923); del padre Vincenzo,
una motocicletta sgangherata arrivai
calzolaio, di fede socialista; dei suoi
poco dopo l’alba a Castelluccio e da lì
studi nel convento dei cappuccini di
con una balilla sferragliante dell’unico
Sicignano e di quella vita di isolamennoleggiatore del paese, mezzo parente
to; l’anno di liceo a Trento ospite deldi Gerolamo, subito ci avventurammo
la sorella Ninuccia lì residente, un
alla volta di Tricarico, dove, dopo un
altro a Tivoli da istitutore sino alla
viaggio interminabile e stanchevole,
maturità classica; della sua amicizia
più per l’autista – meno giovane – che
con il medico Rocco Lazzarone conoper noi, finalmente arrivammo a destisciuto nel ’43; delle difficoltà econoRocco Scotellaro in un ritratto di Carlo Levi
nazione.
miche della famiglia; delle elezioni
9
Arte e Cultura
n. 5-6/ 2006
politiche del ’48 con le implicazioni negative anche a TricaPer ricordare Scotellaro anche nell’area del Pollino, penrico dove la giunta entrò in crisi; della sua rielezione e del- sando pure ai rapporti intrattenuti da Gerolamo Bruno col poel’avvio della costruzione dell’ospedale civile, opera allora di ta, nel giugno del 2003 avevo proposto di intitolare l’istituto
grande rilevanza; del suo convincimento di essere da anni comprensivo di Castelluccio (dove mia moglie, prossima al
sorvegliato speciale (poi si è saputo che lo era
pensionamento, aveva insegnato per tanti anni)
dal 1945); delle sue iniziative culturali e polia Rocco Scotellaro, in occasione del cinquantetiche, della denuncia anonima alla Polizia del
nario della sua morte (avvenuta a Portici il 15
settembre di quel fatidico ’48 e del consedicembre 2003), offrendomi anche di donare un
guente arresto del 9 febbraio 1950; della sua
mezzo busto da porre nell’atrio della scuola,
detenzione a Matera per un mese e mezzo;
commissionato per l’occorrenza ad uno scultore
della resistenza alle intimidazioni ricevute
calabrese, che poi non l’ha eseguito. Purtroppo
senza dimettersi da sindaco; della morte del
l’idea, subito accolta di buon grado dalla diripadre e del dispiacere della madre; dell’amicigente scolastica prof.ssa Carmela Luglio, passazia con Carlo Levi, conosciuto nel maggio ’46
ta la ricorrenza ad oggi non è stata ancora realizappena eletto sindaco.
zata. Per me è stata comunque l’occasione di
Quell’unico incontro con Rocco Scotellaavere in casa da giugno scorso la gradevole
ro, che morì poi improvvisamente a soli 30
scultura del poeta realizzata in pietra lucana dal
anni nel dicembre di quell’anno, mi rimase così impresso bravo artista potentino Rocco Galasso.
nella mente e nel cuore e costituì una tappa importante della
Il poeta della libertà contadina, come è stato definito; il
mia formazione culturale etica e politica.
sindaco onesto pulito, impegnato anima e corpo per il riscatto
Negli anni a venire, presi a reperire e leggere avidamente della sua gente, che in quegli anni duri e difficili ha pagato
tutti i suoi scritti, prendendo contatti, sempre tramite Gerola- anche col carcere per rivendicare i diritti dei poveri; il giovane
mo Bruno, con un suo amico, Tommaso Pedio, un avvocato umile e fiero fortemente legato alle sue origini, alla madre, al
socialista e storico di Potenza amico e difensore di Rocco nel- padre, agli amici, ai compagni di lotta, è un raro esempio da
le sue traversie giudiziarie. Scotellaro per me fu il mito della indicare e far conoscere alle attuali generazioni, che invece si
mia gioventù e ancora oggi resta un punto di riferimento imbattono tutti i giorni – nella famiglia, nella scuola, nella
costante non già sull’onda dei sentimenti dei ricordi e delle società e nelle istituzioni – in genitori distratti e indaffarati,
emozioni giovanili, bensì dopo un lungo e meditato approfon- insegnanti svogliati scadenti o mediocri, amministratori e polidimento critico.
tici corrotti e ignoranti, mezze calzette rotte a tutti i comproVentiquattro anni dopo, nel giugno 1977 con Gerolamo messi e a tutte le astuzie pur di galleggiare in una realtà semBruno e Luigi Maradei, preside estimatore di Scotellaro col pre più agitata convulsa e rumorosa, e pur triste e deprimente.
quale – assieme ad altri – pochi mesi prima avevamo fondaInvitare e sollecitare i giovani – soprattutto del Sud – a
to un Centro Studi di tradizioni popolari “particolarmente conoscere e studiare – e, perché no, a emulare – Rocco Scotelfinalizzato alla valorizzazione e diffusione della cultura di laro: dalla mente lucida e vivace, dall’animo grande e gentile,
Calabria e Lucania”, andando ad un incontro a Potenza dagli ideali santi e rigorosi, dalla vita ardita e senza macchia,
facemmo una fugace visita a Tricarico alla casa del Nostro e spezzata innanzi tempo, ma spesa tutta con altruismo e generoalla sua tomba, ideata – ad iniziativa di Carlo Levi – dallo sità, è ciò che si è voluto fare con questa memoria senza pretestudio BBPR del noto architetto Ernesto Nathan Rogers ed se volta a quegli anni terribili e duri e pure esaltanti e pregni di
altri, ma non riuscimmo a stabilire rappochi ma grandi valori.
porti (perché assente dal paese) con chi
E appunto per stimolare l’interesse di
ci era stato indicato all’epoca curava
tutti, e soprattutto dei giovani, a riscopriricerche e studi su di Lui. Ci riprometre questo illustre figlio di Lucania, inteltemmo allora di ritornare con più tempo
lettuale di forte spessore, campione del
appena possibile, ma l’immatura scomriscatto dei contadini del Sud; per capire e
parsa prima di Gerolamo Bruno nel
comprendere lo scrittore, il poeta, l’uomo
dicembre ’78 e dopo di Luigi Maradei
e i suoi tempi, nonché l’attualità e la forza
nel novembre ’85, i guasti della prima
dei suoi scritti e del suo messaggio a 53
Repubblica e il tran tran quotidiano vanianni dalla morte, riportiamo di seguito
ficarono il proposito.
qualche passo significativo tratto da L’uva
Dopo i clamori dei primi anni succesputtanella e alcune poesie, sulla corruziosivi alla morte, in parte politicizzati e
ne, gli abusi e i privilegi di burocrati, giustrumentalizzati, dopo l’alternanza di cristizia, polizia e professionisti e sulle ansie
tiche positive e negative, manifestazioni
e le attese delle classi subalterne, scritti
e convegni, silenzi e oblii di istituzioni,
che ancora ben si attagliano ai giorni
oggi, a cinquantatre anni dalla sua scomnostri.
parsa, a mio avviso, appare lampante
In prosieguo riportiamo pure brevi
l’attualità del suo messaggio ideale polinote biografiche, l’elenco delle sue opere
tico e culturale, che le recenti celebrazio(tutte edite postume), i riconoscimenti letRocco Scotellaro: scultura in pietra lucana di
ni del 2003-2004 hanno promosso riscoterari e i tanti autori che hanno scritto di
Rocco Galasso (proprietà G. Caterini)
perto e rimarcato.
lui.
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Arte e Cultura
n. 5-6/2006
Da L’UVA PUTTANELLA:
«…Gli avvocati chiamavano ai colloqui i carcerati e le famiglie, attaccando la giaculatoria: - Esce questo mese, esce quest’altro. Faccio istanza. Il procuratore generale è a Roma. La requisitoria non è depositata. Andiamo a ottobre, questa sessione è piena
…Hanno trasferito il giudice, questo che viene è un amico…La
guerra dei processi aveva battute di arresto e momenti di mischie
furiose, indistricabili. […]
I giudici studiavano i processi dalle nove all’una, quando non
avevano gl’interrogatori e le altre incombenze; all’una andavano
a mangiare al ristorante, la sera andavano al cinema.
Mio padre ci teneva, voleva che io facessi il giudice per tutto
l’oro del mondo e io per lo stesso prezzo non l’avrei voluto, senza
sapere che per essere accettato al concorso è necessario che l’antenato della settima generazione non sia stato né omicida, né contravventore, né adultero. […]
Il mio giudice mi disse:-Dite se è una persecuzione politica,
ma datemi le prove.
Io lo guardai, un secondo, con l’occhio del suo antenato e con
quello di suo figlio. Gli vidi i baffi neri e la fede al dito, le labbra
di creta e i suoi occhi scattavano come persiane. Avrei voluto parlargli d’altro, non gli risposi. Seppi poi che disse a un suo amico
che io lo guardavo dall’alto in basso. Infatti lui mi pareva una sveglia enorme su un comodino. Tutti i giudici erano dei pendolini
carichi, le cui lancie segnavano il tempo, le ore e i minuti e scoppiavano all’ora voluta dal potere esecutivo.
Le pochissime volte che qualcuno di loro si ribellò e volle
funzionare secondo le leggi scritte e decantate sulle lapidi, la sveglia si ruppe prima di suonare. Un giudice che non si spiega le
cose e deve seguire il carro del potere, è lo scrivano del carabiniere semianalfabeta, è uno schiavo principe o no che può gustare
soltanto il cibo che gli portano, è un meccanismo…
Macchinette siamo anche noi con molle e rotelle insostituite e
insostituibili. A differenza dei giudici, siamo liberi di peccare,
difenderci e accusare.[…]
…Volevo che non fosse così. Non c’erano certi miei signori
che avevano ucciso, sia pure per colpa, avevano rubato, violentato la servetta di dodici anni? Stavano protetti nel loro castello e
ricevevano le autorità in salotto con la fotografia del genitore, il
defunto senatore del Regno, secondo istruttore del processo
Matteotti. Il maresciallo non sarebbe venuto qui per i suoi soprusi, i suoi reati, nemmeno il maresciallo del carcere se io l’avessi
denunciato per concussione continuata offrendo le prove,
l’Esattore mai più, che guadagnava 5 milioni all’anno per legge,
i veterinari, che denunciavano l’afta epizootica quando avevano
bisogno di soldi, i segretari comunali, il dottore delle prefetture,
che, per un sopralluogo finito in un’ora, si faceva pagare tre giorni di trasferta e il segretario asseriva essere doveroso e solito da
parte dei sindaci liquidare, il medico che non visitava il giovane,
presunto omicida, ridotto con la carne nera in caserma per tre
giorni fino alla scoperta del vero autore. E tanti, ma chi può nominarli? Degli Enti, dei Consorzi, degli Istituti, delle Banche. Se
quelli commettono un reato, sono trasferiti di autorità con le spese
di trasporto a carico del denaro pubblico: così girano anche
l’Italia da una provincia all’altra. E se sono licenziati, prendono
una liquidazione che li fa milionari. E se restano allo stesso posto,
nella stessa città, prendono la 13ª, la 14ª e la 15ª mensilità perché
l’anno lo allungano loro come vogliono. E, ripresi, sanno difendere la causa dei figli e della famiglia piangendo e furiosamente
accusando le api regine, gl’intoccabili superiori d’ufficio.
Quando quei signori sono colpiti, diventano tutt’al più comunisti
per il tempo necessario a rimettere le cose a posto nella santità del
lavoro, dello Stato, dello straordinario, della pubblica funzione.
Ogni giorno, solo al paese mio, si dicono 10 messe nelle chiese nello stesso momento in cui la carovana dello Stato inizia la
sua giornata di crimini e gli uomini forti calpestano le strade.[...]»
Da TUTTE LE POESIE 1940-1953
(467: 397 poesie, 8 traduzioni, 33 frammenti, 10 epigrammi, 10 trascrizioni, 4 stornelli, 5 dialettali. Le date in parentesi tonda sono dell’autore, le quadre del curatore F. Villella)
Morra
Oh nevicando / quanto più si beve! / Sfilare le dita alla morra, /
con slancio curvati / sulle ginocchia attorno alla focagna, / per la
conquista del fiasco. / Gli ultimi punti strillati: / più vicina la vittoria / del padrone e del sotto, / annebbiati in viso di superbia /
dalla sorte di spartire / il fatigato bottino. (Marzo 1944)
Noi che facciamo?
Ci hanno gridata la croce addosso i padroni / per tutto che accade
e anche per le frane / che vanno scivolando sulle argille. / Noi che
facciamo? All'alba stiamo zitti / nelle piazze per essere comprati,
/ la sera è il ritorno nelle file / scortati dagli uomini a cavallo, / e
sono i nostri compagni la notte / coricati all'addiaccio con le pecore. / Neppure dovremmo ammassarci a cantare, / neppure leggerci i fogli stampati / dove sta scritto bene di noi! / noi siamo i deboli degli anni lontani / quando i borghi si dettero in fiamme / dal
Castello intristito. / Noi siamo figli dei padri ridotti in catene. /
Noi che facciamo?/ Ancora ci chiamiamo / fratelli nelle Chiese /
ma voi avete la vostra cappella / gentilizia da dove ci guardate. /
E smettete quell'occhio / smettete la minaccia, / anche le mandrie
fuggono all'addiaccio / per qualche stelo fondo nella neve. /
Sentireste la nostra dura parte / in quel giorno che fossimo
agguerriti / in quello stesso Castello intristito. / Anche le mandrie
rompono gli stabbi / per voi che armate della vostra rabbia. / Noi
che facciamo? / Noi pur cantiamo la canzone / della vostra redenzione. / Per dove ci portate / li c'è l'abisso, li c'è il ciglione. / Noi
siamo le povere / pecore savie dei nostri padroni. [1946]
Vico Tapera
Vico Tapera, uomini affaticati, / brache e collari lucidi / del sudore degli anni, / ecco nel tuo ventre i muli impazziscono / sotto il
taglio del sole che ti assale... // Ma ancora si ravviva la tua sera. /
Quella tarda tua sera / sospesa al sorgere della luna, / nella sua
stalla giaceva / un giallo zappatore che moriva, / e noi sentimmo
parlottare, e il mulo muoveva l'orecchio, / e i cani sfiniti in lamentela, / e una donna si strappava i capelli, / Vico Tapera abbandonato / con mezza porta a battere col vento. [1946]
Ogni giorno è lunedì
I lunedì così pieni di aria / delle nostre dolci voci casalinghe / può
brontolare / la voce d'un maestro / fare il mio nome e lasciarlo
cadere. // Portatemi in giro così / nell'uniforme marinara / dagli zii
nella valle più alta. // Ogni giorno è lunedì / c'è sempre qualcuno
/ che fa cadere il mio nome. // E vorrei rifugiare / questo fresco
amore del mattino / dove suonava il mandolino / nella chiusa barberia. // Perché mi lasciano sulla via / più muto dei vecchi / che
prendono il sole / dietro la sagrestia. [1947/48]
Mio padre
Mio padre misurava il piede destro / vendeva le scarpe fatte da
maestro / nelle fiere piene di polvere. // Tagliava con la roncella /
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Arte e Cultura
la suola come il pane / una volta fece fuori le budella / a un figlio
di cane. / Fu in una notte da non ricordare / e quando gli si chiedeva di parlare / faceva gli occhi piccoli a tutti. // A mio fratello
tirava i pesi addosso / che non sapeva scrivere / i reclami delle
tasse. / Aveva nelle maniche pronto / sempre un trincetto tagliente / era per la pancia dell'agente. / Mise lui la pulce nell'orecchio /
al suo compagno che fu arrestato / perché un giorno disperato /
mandò all'ufficio il suo banchetto / e sopra c'era un biglietto: /
«Occhi di buoi / fatigate voi». // Allora non sperò più / mio padre
ciabattino / con riso fragile e senza rossore / rispondeva da un
gradino / «Sia sempre lodato» a un monsignore. / E si mise già
stanco -/ dal largo mantello gli uscivano gli occhi - / a posare sulla piazza, di fianco, / a difesa degli uomini che stavano a crocchi.
// E morì - come volle - di subito, / senza fare la pace col mondo.
Quando avvertì l'attacco / cercò la mano di mamma nel letto, /
gliela stritolava, e lei capì e si ritrasse. / Era steso con la faccia
stravolta, / gli era rimasta nella gola / la parola della rivolta.// Poi
dissero ch'era un brav'uomo, / anche l'agente, e gli fecero frastuono. [1948]
Tra quattro pareti
Di noi fissi, di noi codardi / al tremito, al terremoto / dell'impiantito… / È questo il rito dell'anima sospesa / ai freni delle corse, /
ai lamenti delle tavole / che si rompono di notte; / alla parola fredda della folla. / Oh questi mancamenti! / questa fuga del sangue /
e il silenzio nemico / e le spose e le mamme, / fantasmi istupiditi
/ che s'allontanano da noi, / girano sugli orli dell'orizzonte! / Non
m'accoglie stasera la pace / d'un solo focolare del paese. (1948)
Sempre nuova è l’alba
Non gridatemi più dentro, / non soffiatemi in cuore / i vostri fiati
caldi, contadini. // Beviamoci insieme una tazza colma di vino! /
che all'ilare tempo della sera / s'acquieti il nostro vento disperato.
// Spuntano ai pali ancora / le teste dei briganti, e la caverna, / l'oasi verde della triste speranza, / lindo conserva un guanciale di pietra… // Ma nei sentieri non si torna indietro. / Altre ali fuggiranno / dalle paglie della cova, / perché lungo il perire dei tempi / l'alba è nuova, è nuova. [1948]
Quaresima ’48
Quaremma, la vedova pazza / era la pupa col vecchio grembiale /
volteggiava al turbine di febbraio / penzoloni da una fune sulla
strada./ Bersaglio di terribili fanciulli / periti nelle gare a sassaiola: / sfogavano l'ira dei padri neri / per tutte le piogge mancate e i
grani venivano su magri. / Coperto d'uno dei nostri mantelli /
anche il cielo era lontano da noi / e avrei voluto vedere / quale
parte recitava./ Dietro il recinto dei monti / i cavalloni squarciavano nitriti / in faccia sul mar Ionio / e pure il sole ci cacciava agli
occhi / un'ombra vacillante di candela. / Intanto non puoi chiudere la bocca / ai divini germogli della terra. / Fuori il vento che frana
sulle porte / sta a suonare la marcia del ribelle, / ma i mandorli
sbocciati / picchettano i seminati, / i cavalieri bianchi della morte.
(11 febbraio 1948)
Terronia
Noi siamo tutti un'anima d'un Dio / siamo gl'innocenti nocivi / e i
penitenti ignavi. / E i nostri avi furono latini / che lasciarono i lupi
far lamenti / padroni dei boschi recinti. [1948]
Paese mio
Mi vogliono fuori scacciato / gli uomini che solo loro parlano /
attorno al monumento due facce. / Ognuno di noi vuole essere il
padrone / della nostra città medioevale / ed è geloso a morte dell'uguale. / Io me n'andrò, sono un cane di nessuno /senza una porta
12
n. 5-6/ 2006
da guardare / nelle notti di luna. / Per questi vicoli / nell'alba le
donne andranno a infornare / e passerà la guardia urbana / col
libretto in mano / delle contravvenzioni. / Chi mi curerà lontano /
la crudele scalmana? [1948]
Conosco
Conosco tutte le mosse di mia madre, / del gatto sui tetti e nella
casa, / la voce del vento che muove / il colombo di ferro al comignolo, / le piante che rinascono ogni primavera, / gli sposi e i giovani che sognano. / E voi, voi non avete altro da / inventare:
occhiali per pararvi / dal sole, costumi per scoprire / un pezzo di
carne alla volta. / Tra vento e gelate quest'anno vino poco... (1950)
Sera e mattina
I - Scorrono neri alle case di faccia / dai nascondigli per i sentieri.
/ Camminano i contadini / quando la terra è presa dal sonno / sera
e mattina. // II - Come la terra chiude gli occhi / le nubi vanno dalle
case ai monti. / Poi si sono accese / le luci nel paese. // III - Aria
mite, cielo celeste / a operaio e contadino / una notte di festa.
(Tricarico, 23 ottobre 1950)
Passaggio alla città
Ho perduto la schiavitù contadina, / non mi farò più un bicchiere
contento, / ho perduto la mia libertà. / Città del lungo esilio / di
silenzio in un punto bianco dei boati, / devo contare il mio tempo
/ con le corse, dei tram, / devo disfare i miei bagagli chiusi, / regolare il mio pianto, il mio sorriso. // Addio, come addio? distese
ginestre, / spalle larghe dei boschi / che rompete la faccia azzurra
del cielo, / querce e cerri affratellati nel vento, / pecore attorno al
pastore che dorme, / terra gialla e rapata / che sei la donna che ha
partorito, / e i fratelli miei e le case dove stanno / e i sentieri dove
vanno come rondini / e le donne e mamma mia, / addio, come
posso dirvi addio? // Ho perduto la mia libertà: / nella fiera di
Luglio, calda che l'aria / non faceva passare appena le parole, / due
mercanti mi hanno comprato, / uno trasse le lire e l'altro mi visitò.
/ Ho perduto la schiavitù contadina / dei cieli carichi, delle querce,
/ della terra gialla e rapata. / La città mi apparve la notte / dopo
tutto un giorno / che il treno aveva singhiozzato / e non c'era la
nostra luna / e non c'era la tavola nera della notte / e i monti s'erano persi lungo la strada. (Roma, 1 luglio 1950)
Casa
Come hai potuto, mia madre, durare / gli anni alla cenere del focolare, / alla finestra non ti affacci più, mai. // E perdi le foglie, il
marito, e i figli lontani, / e la fede in Dio t'è caduta dalle mani, / la
casa è tua ora che te ne vai. (1951)
È fatto giorno
I - È fatto giorno, siamo entrati in giuoco anche noi / con le faccie
e i panni che avevamo. / Vanno i più robusti zappatori / a legare il
battaglio alle campane: / oggi deve bastare questo canto / dei cortei vagabondi / verso le piccole croci di legno. // È salita dalla
Rabatana / è scesa dalle case del Monte / la folla dei pastrani / che
macchiano le vie / e battono le mani. / Ma crudeli mostri di cartone / crescono sui loro capelli: / benedicono, gettano soldi / come
confetti, e scuotono la frusta. // II - Esce allora uno scalzacane
informe / che ha miracolosamente voce / dice lui di un luogo
nascosto / e di una donna che dorme./ Sappiamo tutti la tua vera
Gloria / Signore della Croce / che non hai più bisogno d'incensi. //
E voi risentirete un canto nuovo / che è il più antico gemito di un
fanciullo / il più pazzo strillo di una donna. // E voi imparerete la
via sottomessa / che viene da un paese dove bisogna andare / con
la felicità della paura / di andare incontro all'amore. // III Allungate i passi, papi e governanti / alla luce degli scalzacani che
vi hanno smentito./ Perché nel cielo si alza il sole / e dice tutte le
verità, anche di voi, / che per farvi accettare / ci togliete il cuore e
n. 5-6/2006
due mercanti mi hanno comprato, / uno trasse le lire e l'altro mi
visitò. / Ho perduto la schiavitù contadina / dei cieli carichi, delle
querce, / della terra gialla e rapata. / La città mi apparve la notte
/ dopo tutto un giorno / che il treno aveva singhiozzato / e non
c'era la nostra luna / e non c'era la tavola nera della notte / e i
monti s'erano persi lungo la strada. (1950)
Casa
Come hai potuto, mia madre, durare / gli anni alla cenere del focolare, / alla finestra non ti affacci più, mai. / E perdi le foglie, il
marito, e i figli lontani, / e la fede in Dio t'è caduta dalle mani, / la
casa è tua ora che te ne vai. (1951)
Salmo alla casa e agli emigrati
Inchinati alla terra, alla piccola porta mangiata dalla casa, / noi siamo
i figli e la porta è carica di altri sudori, / e la terra, la nostra porzione,
puzza e odora. / Mi uccidono, mi arrestano, morirò di fame, affogato / perché vento e polvere, sotto il filo della porta, ardono la gola; /
nessuna altra donna mi amerà, scoppierà la guerra, / cadrà al casa,
morirà mamma e perderò gli amici. / Il paese mio si va spopolando,
imbarcano senza canzoni / con i nuovi corredi di camicie e mutande
i miei paesani. / Che vanno a pigliare l'anello? Come nel giuoco, /
sui muli bardati di coperte, e con le aste di ferro uncinate, / al filo teso
sulla rotabile, nel giorno di San Pancrazio?* / Ve ne andate anche voi,
padri della terra, e lasciate / il filo della porta più nero del nero fumo.
/ Quale spiraglio ai figli che avete fatto / quando la sera si ritireranno? (Portici, 7 novembre 1952)
__________
* Giuoco per la festa del Protettore: chi strappa eretto sul mulo l'anello con la lunga asta, ha in premio un anello d'oro. L'espressione
è usata per indicare la sproporzione tra il pericolo di cadere e il
premio. (N.d.A.)
Serenata al paese
Ma le case sono, hai voglia!, e le scale / ancora zeppe di gente
e di lumi, / e sempre al paese fanno / Natale, Capodanno e
Carnevale. / Ed io, che pure me ne sono andato / penso a loro e
sono nominato: / amici e compagni, vicini e lontani, / cancelli e
amore avevo salutato, / di tutti quanti voi m'ero scordato. / Ma
il paese continua la sua storia / « sotto il cielo stellato a foglia a
foglia»* / per chi parte se vuol ritornare. (1952)
__________
* «U ciele staie stellato a foglia a foglia lasse nu salut' marito e
moglia». È una strofa che si ripete nelle serenate di Carnevale
a Tricarico. (N.d.A.)
Padre mio
Padre mio che sei nel fuoco, / che brulica al focolare, come eri
/ una sera di Dicembre a predire / le avventure dei figli / da
capricci che facevamo: / «Tu pure non farai bene» dicevi /
vedendomi in bocca una mossa / che forse era stata anche tua /
che l'avevi da quand'eri ragazzo. (Positano, 27 dicembre 1952)
Moribondo paese
Moribondo paese che sai tutto di me e dei miei, / io so chi ha
comprato e chi ha venduto la casa e la terra, / chi è partito e si è
messo nei panni miei, / contento di vivere al di là dell'ombra
della stazione / piuttosto che accrescere le carte notarili e i testamenti / sulle tue carni nere di tegole e di muri. (1952)
Arte e Cultura
Note biografiche
1923 Nato il 19 aprile da artigiani (Vincenzo, calzolaio e
Francesca Armento, sarta casalinga e scrivana), frequenta poi
le elementari a Tricarico e le medie a Sicignano degli Alburni
nel Convitto dei Cappuccini e poi a Cava dei Tirreni e a Matera.
1937 Si iscrive al ginnasio “Orazio Flacco” di Potenza.
1940 A Trento ospite della sorella Serafina, lì trasferita, frequenta il liceo classico “G. Prati” dove consegue la maturità con
Giovanni Gozzer e Bruno Betta.
1942 Stabilitosi a Tivoli, dove ottiene un posto di istitutore in un
collegio, segue i corsi universitari di giurisprudenza a Roma,
ma la morte del padre avvenuta il 14 maggio lo induce a cambiare sede, per cui si trasferisce prima a Napoli poi a Bari, dove
frequenta i Fiore e dopo il Sottano.
1943 Il 4 dicembre si iscrive al PSI e il 17 in casa sua firma con
altri dodici lavoratori la richiesta di ricostituzione della sezione
socialista a Tricarico intitolata a “G. Matteotti”.
1944 Membro del Comitato di liberazione e svolge intensa attività politica e sindacale. Celebra il 1° maggio a Tricarico con la
partecipazione di Alinovi.
1946 A capo della lista aratro di sinistra, viene eletto primo sindaco socialista di Tricarico. Comincia l’andirivieni per Roma
dove frequenta Carlo Levi e Manlio Rossi Doria.
1947 Nominato nel gennaio dal partito ispettore regionale per il
lavoro giovanile, svolge un’intensa azione organizzativa tra i
lavoratori della Basilicata. In agosto riesce a inaugurare
l’Ospedale civile di Tricarico, opera realizzata per il suo forte
impegno politico e sociale.
1949 Chiede a Muscetta la pubblicazione delle sue poesie. A
Torino, dove si reca per lavorare nelle edizioni Einaudi, fa amicizia con Pavese e Vittorini, ma l’impiego non si realizza. Tra
novembre e dicembre occupa coi contadini del materano i feudi
di Policoro. Consegue una borsa di studio dall’Olivetti e stabilisce rapporti di collaborazione con Friedrich Friedmann e
George Peck giunti in Basilicata per svolgere ricerche sul
mondo contadino. Studia Gli intellettuali e l’organizzazione
della cultura di Gramsci.
1950 Incolpato di peculato l’8 febbraio è tradotto nel carcere di
Matera, da cui ne esce il 25 marzo, provato nel morale. Dopo
poco si allontana da Tricarico per un periodo di studi
nell’Osservatorio di Economia Agraria di Portici sotto la guida
di Manlio Rossi-Doria.
1951 Avvia l’inchiesta sull’analfabetismo in Basilicata. Tratta
con l’Einaudi per la pubblicazione delle sue poesie.
1952 Ai primi di dicembre viene in Calabria con Carlo Levi per
studiare la riforma agraria, lasciando pagine di appunti molto
interessanti.
1953 Da Vito Laterza, sollecitato da Vittorio Fiore, gli viene
offerto di curare un libro sulla cultura dei contadini meridionali, studio a cui si impegna fortemente, ma la sera del 15 dicembre, colpito da un infarto, muore a Portici improvvisamente.
Opere
Tutte le poesie 1940-1953, Ed. Mondadori, Milano, 1954-19822004
L’uva puttanella, narrativa, Ed. Laterza, Roma, 1955-19641986-2000
Contadini del Sud, inchiesta, Ed. Laterza, Roma, 1954-19641986-2000
Uno si distrae al bivio, narrativa, Basilicata Ed., Matera, 1974
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Arte e Cultura
n. 5-6/ 2006
a cui si impegna fortemente, ma la sera del 15 dicembre, colpito
da un infarto, muore a Portici improvvisamente.
Opere
Tutte le poesie 1940-1953, Ed. Mondadori, Milano, 1954-19822004
L’uva puttanella, narrativa, Ed. Laterza, Roma, 1955-1964-19862000
Contadini del Sud, inchiesta, Ed. Laterza, Roma, 1954-19641986-2000
Uno si distrae al bivio, narrativa, Basilicata Ed., Matera, 1974
Giovani soli, dramma, Basilicata Ed., Matera, 1984
La morte del suggeritore, dramma, Basilicata Ed., Matera, 1984
I fuochi di San Pancrazio, soggetto cinema, Basilicata Ed.,
Matera, 1984
Lettere a Tommaso Pedio, Ed. Osanna, Venosa, 1986
Riconoscimenti
Premio l’Unità 1947; Premio Roma 1949; Premio Cattolica 1951;
Premio Monticchio 1952; Premio Borgese 1953; Premio S.
Pellegrino 1954; Premio Viareggio 1954.
Di Lui hanno scritto
Abbate M., Abruzzese A., Accrocca E. F., Adamo L., Aiello N.,
Alatri P., Albano P., Alicata M., Alvaro C., Amoroso G., Amoruso
V., Anatra B., Anderlini L., Angelici G., Antonicelli F., Apollonio
M., Ardirò A., Asor Rosa A., Augieri C. A., Baget Bozzo G.,
Banfield E. C., Barberi Squarotti G., Barberis C., Barozzi L.,
Bartolucci G., Bernari C., Bettarini M., Bianucci P., Binni W., Bo
C., Bocelli A., Bocquillon A., Boggio M., Bonoldi G., Borelli S.,
Bosco U., Borselli M., Bosio G., Bradsaw V., Brancati R., Brandon
Albini M., Bronzini G., Bruno E., Bruno F., Buccico R., Bueri A.,
Buhler J., Burckhrdt G., Caggiano N., Calabrese M., Calcagno G.,
Calgari G., Calvino I., Camerino A., Camillucci M., Campione M.,
Capoluongo G., Cappello A., Carapace, Carducci N., Carpitella
D., Carrus L., Caserta G., Catarinella D., Caterini G., Cerroni M.,
Certa R., Checchi G. M., Chiara P., Chiarini L., Chicco Vitzizzai
E., Circeo E., Cirese A.M., Clemente P., Cogo B., Colombi
Guidotti M., Compagnone L., Coppola A., Corsini G., Corti M.,
Costanzo G., Crovi R., D’Agostini P., Dardano M., D’Arpe G.,
Dato G., Dauro G., De Castro D., De Chiara G., De Iaco A., Del
Beccaro F., Del Giudice D., Dell’Aquila M., De Luca M., Del
Vecchio F., De Maria I., De Martino E., De Robertis G., De Rosa
L., De Rosa R., De Rosa V., Desopo G., De Stefanis C., De
Tommaso P., Di Gioia G., Dilio M., Di Pace I., Di Palo D., Di
Tricarico (Matera)
A sinistra: La casa
natale con iscrizione.
A destra: La targa
ricordo nella piazza.
14
Stasio G., Dorali F.,Durante R., Erba L., Fabiani E., Falivena A.,
Falqui E., Favati G., Fernandez D., Finzi G., Fiore T., Fiore V.,
Fittipaldi S., Forti M., Fortini F., François M., Frattarolo R.,
Frattini A., Gagliardi V., Galeota U., Galli G., Gallo M., Gallo N.,
Garin E., Garosci A., Garzia A., Gattieri G., Gaudio S., Gay
Meynier M., Giacalone G., Giannantonio P., Giannotta G.,
Giarrizzo G., Giglio F., Ginzburg N., Giubilato S., Giuria Longo
R., Gorlier C., Grassi C., Grieco G., Grillandi M., Grisi F.,
Guarnieri S., Guerrieri M., Guiducci A., Hinterhaüser H., Iacovelli
G., Iorio P., Julia G., Jun-Broda I., Laicata P., La Cava M., Lala F.,
Landolfi A., La Rocca A., Laterza V., Laura E. G., Leone De
Castris A., Leone Padula M., Levi C., Levita G., Livi A., Lombardi
O., Longobardi F., Luongo A., Macchioni Jodi R., Madeo L.,
Manacorda G., Mancino L., Manelli R., Manescalchi F., Manfredi
A., Manfredi B., Marchetti G., Mariani G., Marino P., Marselli G.
A., Martelli S., Martini C., Marvardi U., Mascolo Lapelosa G.,
Mauro W., Mayda G. F., Mazzarone R., Mazzocchi Alemanni M.,
Mazzocchi Doglio M., Mele A. M., Mele R., Meoni M. L.,
Mezzani E., Micheli S., Mila M., Milillo V., Mondo L., Monjo A.,
Montale E., Moro A. C., Motta A., Mounin G., Mozzillo A.,
Musatti R., Muscetta C., Musco M., Mutterle A. M., Napolitano
G., Nenni P., Niccolai R., Nicodemi, Nigro S., Nitti F., Nouat R.,
Novacco D., Noviello F., Nozza M., Ognibene G., Oliveri M.,
Oricchio A., Orlando F., Orsini L., Padovani P., Padula M.,
Pagliarani E., Palumbo N., Pampaloni G., Panareo E., Panzieri R.,
Paolini A., Paolo S., Parenti R., Paris Q., Parrella M., Pasolini P.
P., Pavesi E., Pedullà W., Penna A., Pepe G., Perrone P.,
Petriccione A., Petrocchi G., Petronio G., Petrucciani M., Pezzo C.,
Picchi M., Piccioni L., Pierona P., Pirelli G., Pischel G., Pivano F.,
Portinari F., Prestipino G., Prisco M., Quaremba A., Quartulli A.,
Quasimodo S., Rago M., Ramadoro A., Ramat S., Rasulo P.,
Rauty R., Ravegnani G., Reale U., Repaci L., Ricci P., Ripellino A.
M., Rivelli M., Rocco N., Romano L., Romano S. F., Ronconi E.,
Rosi L., Rossi Doria M., Rotundo I., Russi A., Russo J. A., Russo
L., Saccà F., Sacco L., Sala A., Salina Borello R., Salinari C.,
Sansò B., Sansone M., Sansone N., Santini A., Santoro M.,
Saponaro N., Sartori A., Savelli R., Saviane S., Savonarola E.,
Scalia G., Schiavone E., Sciascia L., Scotti M., Scrivano R., Sechi
G., Segni A., Segre C., Segre U., Sellari M., Selvaggi G., Seroni A.,
Sgattoni G., Simonelli L., Sisca A., Spagnoletti G., Spera V.,
Spinazzola V., Spinella M., Spriano P., Squillacciotti M., Stolfi G.,
Tagliacozzo E. Talarico V., Tedeschi G., Tedesco N., Tian R.,
Tondo M., Toscano A., Tramonte R., Tranfaglia G., Trombatore G.,
Trovato M. V., Trufelli M., Turconi S., Ugolini P., Ungarelli G.,
Urago B., Valenziano C., Vallone A., Vigorelli G., Villari R., Virdia
F., Vita L., Vitelli F., Volpini V., Zecca O.
n. 5-6/2006
Arte e Cultura
DAI MARI DELLA STORIA
IMMUTABILITÀ DEI CASTELLI
di Cesare Pitto*
n una serata calda di plenilunio estivo guardo il mare Settlement in Medieval Ireland, abbiamo trovato per caso
luccicante da uno spalto di Le Castella e il mare mi una vigorosa definizione del termine castellaria, utilizzato
rimanda mille riflessi d’argento con il suo scuro, pigro e per definire uno spazio difeso e definito nel tempo.
inarrestabile movimento. Il mare è come la storia, la sua
«Questi castelli di pietra avrebbero giocato un ruolo nel
superficie si rompe e si riunifica in un lavorio incessante, sub-infeudamento delle aree in cui essi erano stati costruiti.
nulla sarà mai come un tempo.
La sconfitta dell’opposizione locale e la sicurezza dei terriIl castello è lì immobile, testimone in tutte le epoche di tori attraverso la costruzione di castelli fortificati andò di
ciò che è stato e non sarà più, ma anche di ciò che siamo pari passo con il processo di sub-infeudamento che premiacon i nostri spazi e le nostre regole, che cambiano, ma assu- va i sostenitori e aumentava a dismisura le possibilità che
mono le rovine a simbolo del nostro passato per placare il l’insediamento umano fosse permanente – l’uso della paronostro presente.
la castellaria per definire l’estensione dell’area intorno al
Sorgono silenziose le rovine dal loro fascino incomben- castello suggerisce un tipo di sub-infeudamento chiamato
te ed evocativo, dalla dimensione di muta testimonianza di in primo luogo a preoccuparsi di un presidio per la difesa
una storia passata, che ci appartiene il più delle volte solo di un castello».
in maniera inconsapevole, per diventare elemento dinamico
Si potrebbe obiettare, ma tutto questo cosa c’entra oggi
dell’azione culturale e della comunicazione sociale.
con i nostri castelli e torri illuminate unicamente da eventi
Così la voglia di riappropriazione del panorama umano estivi?
circostante è diventata realtà operante del proprio orizzonte
L’accostamento è presto fatto, perché l’amministrazione
possibile. E i castelli, le torri, le fortificazioni, le antiche delle rovine nella vivacità del teatro si configura propriarocche si animano di una nuova luce nell’atmosfera della mente come una sorta di presidio per la difesa della cultura
fruizione dinamica dell’avvenimento culturale.
attraverso la riappropriazione della propria identità territoLa manifestazione, dall’azzeccato titolo Castellaria, riale e della proposizione di un orizzonte possibile, in cui si
voluta dalla Presidenza della Giunta e dall’Assessorato al vive con consapevolezza lo spazio umanizzato.
Turismo e ai Beni CulSi parla tanto di riturali della Regione
uso dei centri storici,
Calabria, sotto la diredei beni culturali e delzione artistica del Prof.
l’ambiente, per cui l’eAntonio
Panzarella,
vento di castellaria si
esiste ormai da più anni
configura come una
e i suoi appuntamenti
risposta operativa a
sempre più ricchi di
questo
presupposto.
luoghi e di eventi non
Riteniamo, però, che
sono soltanto un avvenon sia solo tale aspetto
nimento atteso di una
ad intervenire nella
nuova tradizione, ma
continuità degli eventi
anche il bisogno di renteatrali di castellaria.
dere vivo l’immobile
Infatti, l’ambientapanorama, facendolo
zione dell’evento nei
bagnare dal mare della
castelli costringe ad un
storia. E il teatro si rinripensamento dello spanova nel vento che batzio vissuto. L’evento
Ardore (Rc): il castello
te sugli spalti petrosi e
riproposto nell’ambienlibera la forza dell’ute del castello ripropomano pensiero.
ne le forme e gli spazi come “un immenso archivio e un
Riflettiamo un momento su questo termine che racchiu- profondo sepolcro”, come ricorda Predrag Matvejevi?.
de le fortune di una proposta di spettacoli estivi. Non vi è
Al grande archivio delle rovine della nostra Calabria
solo l’effimero di un incontro fugace che permette un este- dobbiamo una grande attenzione, ci rammenta Vito Teti in
tico incontro con luoghi perlopiù sconosciuti a questi usi ed un suo recente lavoro. «Alle città visibili, ai ruderi, alle
ora è toccato da un’aura evocativa. Vi è, a nostro parere, rovine, ai luoghi senza segni apparenti di storia e di vita
qualcosa di più che cercheremo di spiegare.
corrispondono molto spesso città sotterranee non sempre
In uno scritto sullo spazio costruito, intitolato Rural visibili, non ancora emerse, ancora sepolte, frammenti,
I
*Docente di Antropologia culturale dell’Unical.
15
Arte e Cultura
n. 5-6/ 2006
schegge, resti e memorie d’universi sommersi. In Calabria
ruderi e rovine non custodiscono soltanto tracce di un passato glorioso, conosciuto nelle sue linee essenziali.
Nascondono o mostrano anche segni di una storia poco
nota, rinviano a paesi cancellati dalla geografia, attestano
eventi e episodi ignorati, ma non per questo meno importanti per la costruzione critica di un’identità plurale, controversa, delle popolazioni».
Occorre una sorta di delicatezza per poter entrare nello
spazio del castello – nelle sue strutture imponenti, nel rudere diroccato, o anche nei siti semi-cancellati dal tempo –
perché i segni del passato vivono con noi la loro immemore
presenza.
Questa sensibilità dello spazio deve apparire vibrante, se
un autorevole esperto di storia militare, come Riccardo Luisi, fa presente all’inizio del suo volume Scudi di pietra, «la
visita ad un vecchio maniero è anche un modo per stimolare
la fantasia, un esercizio che trova sempre meno spazio nella
stante, mentre l’evento riesce a definire l’estensione vitale
dell’area intorno al castello.
Ci sembra così di poter confermare quanto abbiamo già
detto tre anni fa per questo evento artistico, oggi diventato
adulto.
«Lungo le coste battute da un mare pieno di segreti, sui
gioghi di montagne severe e incombenti, si snoda una catena di roccaforti, che da baluardi di un mondo, quasi sempre
lontano, diventano luoghi d’incontro di un fantastico viaggio nel tempo per i cittadini delle contrade, i viaggiatori
curiosi e, soprattutto, i turisti esigenti. Questi ultimi rappresentano la nuova versione del visitatore delle nostre contrade, il quale attraverso questo tirocinio sta imparando a individuare doti di qualità e d’accoglienza».
Sono ancora qui, affacciato di fronte a questo mare in
una notte incredibile. Fra poco, questo castello, come altri
luoghi che custodiscono le innumerevoli testimonianze della storia di Calabria, si animeranno di luci, suoni e persone
Caccuri (Kr): il castello
nostra vita quotidiana. Crediamo, infatti, che sia difficile
sfuggire al sottile richiamo della vecchie storie, sempre in
bilico fra realtà e leggenda, affollate di trabocchetti, fantasmi, tetri sotterranei, di misteriosi passaggi segreti attraverso i quali sarebbe possibile raggiungere le località più
improbabili, distanti magari chilometri: al castello l’inaspettato è la regola».
Ecco, allora, che l’immutabilità comincia ad ondeggiare
sotto lo stimolo dell’immaginazione, mentre l’evento artistico di “Castellaria” si popola di sorprese. La vista delle
rovine ci fa intuire l’esistenza di un tempo che non è quella
dei libri di storia, o dei i restauri che si cerca di resuscitare.
Un tempo perduto che capita all’arte di ritrovare attraverso un’antropologia dei mondi contemporanei che appunto il teatro ci propone come animazione dello spazio circo-
16
unite nell’unico rito della performance, il teatro.
Mi sembra di percepire il mormorio che fluisce da queste pietre fino a confondersi con quello d’altri siti, facendo
scaturire dal mare della storia le emozioni e i sentimenti. Il
messaggio, che qui viene alla luce, ci mette in comunicazione con questi luoghi. Le loro vibrazioni diventano parole
e musica, in un certo senso, un’aura che si propaga in una
festa che sembra durare all’infinito, al di là dell’evento
festivo.
Di fronte a questo mare, sulle rocche e gli spalti si carica di senso il pensiero di Virginia Wolf verso questo millenario mondo mediterraneo: «Qui la vita si è aperta i suoi
solchi, e per secoli vi si è attenuta; i costumi si sono stabiliti; sono sorte leggende sui colli e su certi alberi solitari, e il
paese ha la sua storia, le sue feste, le sue rivalità».
Arte e Cultura
n. 5-6/2006
LA CANTATA PER METAFORA
DI NICOLA PROVENZANO
I palazzi della Fata Morgana: in libreria l’ultimo impegno narrativo dello scrittore e poeta
nonché Direttore della Biblioteca Calabrese
di g.c.
Banale ma vero: c’è una stagione nella vita di chiunque
che non è più primavera ma non è ancora estate, una stagione
in cui, in ogni istante di ogni giorno, sulla linea dell’orizzonte
si stagliano – forse repliche d’un mito, forse proiezioni d’un
trasognato incantamento, forse solo giochi di rifrangenze e di
varia densità degli strati atmosferici, forse…– luoghi dell’immaginario ove hanno confini indefiniti non solo realtà e
sogno e immaginario, ma, anche, e in definitiva, la percezione
del bene e quella del male; luoghi di iniziazioni che hanno il
sapore della scoperta infinita; di legami amicali e sentimentali
creduti eterni eppure fragili come certi purissimi cristalli; luoghi di progetti fantastici all’insegna del “…e se la vita è
sogno io voglio sognarla immortale…”, per dirla con Calderon de la Barca.
E giusto perché quella in oggetto
è una stagione di veloce ma ineludibile transito e, comunque, assai pregna
di amori e di umori magmaticamente
ribollenti, essa ha offerto abbondante
materia creativa alla parola, sia essa
poetica o narrativa o d’altro genere.
Sicché viene automatico pensare,
almeno d’acchito: cosa mai d’inedito
si potrà scrivere in materia da giustificare, anzi legittimare, indipendentemente dai risultati, un gesto così ultimo e definitivo quale la scrittura?!
Quali emozioni che non siano, al
meglio, di seconda o terza mano potrà
mai sortire la rievocazione, per di più
in chiave tutta personale, d’un’età in
cui non si è più adolescenti ma non si
è ancora giovinotti, in cui non si è del
tutto persa l’innocenza, e in cui anche
l’usuale, il quotidiano, è impastato con
la crescenza dell’epos e ci si crede
unici nell’essere e immortificabili dalla sorte a venire, come il cittadino dell’antica Roma il quale teneva viva e
irrinunciabile coscienza che per suo stesso status non poteva
essere né frustato né altrimenti umiliato?! E invece…!
Invece, può capitare che dalle pagine d’un libro lieve –
ma non futile o leggero, anzi! – perché scritto in punta di penna, e schivo per come possono esser schive le pagine d’uno
scrittore che non suona la grancassa della promozione e licenzia ogni suo libro un po’ come il naufrago che affida la speranza di salvezza al messaggio nella bottiglia, dalle pagine
d’un siffatto libro si levi, in ventate originali pur nella loro
esemplarità, il profumo della tal stagione dalla quale, nel
bene e nel male, e ognuno in misura e modi diversi, si è rimasti comunque segnati.
Può capitare, e capita senz’altro con I palazzi della Fata
Morgana, di Nicola Provenzano (pagg. 136, QualeculturaJaca Book, Vibo Valentia 2005, € 13) che è, per l’appunto, il
racconto della stagione in questione, con le sue quotidianità –
la vita in famiglia, gli studi, i perditempo oziosi con gli amici…– e i suoi eventi eccezionali – che, però, a ripensarli col
senno di poi hanno anch’essi la cifra del normale: la prima
esperienza sessuale, una breve vacanza da una zia in continente, una pesca notturna con le lampare, un nuovo amorazzo… cose così, insomma! –; il tutto, poi, entro uno scenario
che è, per un verso, solare, non foss’altro perché gravita fra
poli spaziali quali Scilla e Cariddi sebbene denudate dal mito,
nel senso che la vicenda – che, poi, vicenda non è in quanto
non ha “trama” e “sviluppo” nell’accezione convenzionale dei termini,
ma procede per “scene”, senza un
vero e proprio epilogo e alla fine,
quale eventuale conclusione, l’autore
si limita soltanto ad alludere ad un
domani possibile, nonché scene legate
fra loro sia dall’esperienza in progress
dell’io narrante, sia dalle traversie del
libro Dissertazione prima sulla Fata
Morgana dell’abate Antonio Minasi,
scartafaccio settecentesco accortamente usato quale espediente narrativo per tener insieme l’insieme – nel
senso, si diceva, che la vicenda si
svolge fra paesaggi siciliani e paesaggi calabresi che son paesaggi solari
quasi per definizione; e, per altro verso, è scenario reso livido, incombente,
come una cattiva coscienza che quando meno te l’aspetti ti strizza lo stomaco, dal fatto d’essere scenario di
guerra coi suoi improvvisi rombi aerei
che annunziano bombe e distruzione
e, magari, ti ritrovi da un momento
all’altro alloggiato alla locanda del
chiar di luna, con le affannate corse verso i rifugi antiaerei,
con gli inquieti esodi nei luoghi di sfollamento ed il cuore
sempre in un altrove casalingo, con le sue borse nere origini
di sordide ma consolanti ricchezze e di sordide ma inconsolabili miserie, con i gioielli di famiglia che se vanno via come
grani d’un rosario recitato con l’accompagnamento del canto
sordo dello stomaco che mugugna per la fame, con la solidarietà che diventa ancor più solidale e gli egoismi che si nutrono direttamente al seno di Caino, perché ogni guerra è, in fondo, una prova voluta da qualcuno per rivelare di te il peggio o
il meglio possibili, secondo i casi.
E questo, e molto altro ancora, ci sta tutto nelle cento-
17
Arte e Cultura
trenta pagine – una più, una meno…! – de I palazzi della
Fata Morgana che, fra l’altro, nel panorama di un narrare che
ha comunque la Calabria sullo sfondo e come sfondo, ha il
merito, non di poco conto a guardarsi in giro, di risultare
completamente emancipato da ormai stucchevoli “miseria e
nobiltà” terragne; e il tutto ci sta nelle pagine del libro senza
le urtanti asprezze della tranche de vie e, all’opposto, senza i
caramellosi avvitamenti nostalgici dell’amarcord o le narcisistiche pretenziosità dell’autobiografismo che, tutti, in ogni
caso avrebbero banalizzato il quadro, d’insieme e in dettaglio,
il quale, perciò, ed anche in tale direzione, non avrebbe detto
niente di nuovo; come, invece, fa con i toni sfumati, ma non
per questo meno coinvolgenti, d’un raccontare che il gusto
d’una narrazione tesa a far coagulare in poche battute una
situazione, un atteggiamento, un sentire, unito ad una
coscienza critica volta più ad essenzializzare che ad esibire,
più a togliere che ad aggiungere, ha decantato dall’impurezze
estreme, dando allo stesso raccontare, in fondo aggrumato, se
non, addirittura, rattratto in sé, una esemplarità spoglia da un
lato di gale ed orpelli e, dall’altro, di didascalismi e filosofeggiamenti, eppur capace di insospettabili proiezioni evocative
sia nel restituire, ancora per l’appunto, l’aura d’un’irripetibile
stagione della vita, sia nel dare per allusioni gli sfracelli, nelle
coscienze prim’ancora che sui muri e per le strade, d’una
temperie storica che non s’è esaurita certo con la guerra ma,
evidentemente, ha avuto un prima, un durante e un dopo – ad
esempio, e per dirne appena una, basta soltanto la rapida e
tutt’altro che macchiettistica caratterizzazione dell’insegnante
di educazione fisica inteso Enrico Caruso per il suo maschio
vocione, però cornuto per vocazione, a dare il senso compiuto
18
n. 5-6/ 2006
di come la fumosa retorica, la velleitaria pretenziosità, il servilismo più e meno opportunistico, abbiano connotato il “ventennio” soprattutto in provincia –.
Per cui, in definitiva, la Fata Morgana – quella dal fascino rapente che in certi giorni “magici” fa la sua fugace apparizione fra l’opposte sponde dello Stretto, e che, nella fattispecie, dà titolo al libro di Nicola Provenzano – assume valore di metafora nella metafora, nel senso che se lo è già…
diciamo in natura, lo diventa anche in senso ulteriormente
allusivo allor che ogni pagina dello stesso libro rimanda inequivocabilmente a qualcosa di reale nella sua immaterialità,
ad un intrigante gioco di realtà ed apparenza, ad uno status
esistenziale in cui l’impossibile è a portata di mano ed il possibile è solo un sogno. Tanto più che il racconto – anche, e
specie, in virtù d’una scrittura che se non s’avventura nelle
spericolatezze sperimentali e nelle costruzioni ardite nemmeno si qualunquizza nell’asetticità correntizia o nell’ornato
letterario, piuttosto puntando ad un parlato di buona fattura –
tanto più, si diceva, che il racconto “prende” in virtù d’un
narrare che trascina con sé in un unico, quieto e, forse, rasserenato ribollir d’acque torrentizie, realtà descritta e realtà
immaginata, narrazione dell’esperienza e rievocazione del
sogno, proprio come certe cantate struggenti e ammalianti che
non finiresti mai di sentire perché, senza che nemmeno te ne
renda conto, ti riporta, gozzanianamente, anche alle rose che
a suo tempo non hai colto, a "quel che poteva essere e che
non è stato", oltre che a tante storie minute, in fondo frammenti d'un'unica storia.
n. 5-6/2006
Arte e Cultura
SAN LEOLUCA DA CORLEONE
FU SEPOLTO NEI MONTI VIBONESI
Così ritiene il gruppo di studiosi del Museo provinciale di petrografia e mineralogia di
Nicotera
di Salvatore Berlingieri
«Il desiderio della città di Monteleone di venerare il corpo del glorioso San Leoluca è molto devoto e pio, e meriterebbe che il Cielo condiscendesse ai suoi voti; ma poiché gli
alti giudizi di Dio sono imperscrutabili devono restare contenti della divina disposizione, la quale ha ordinato che il
santo corpo deve essere ritrovato nel periodo in cui la città
sarà oppressa da grandissime tribolazioni dovendo il santo
essere intercessore presso Dio per farla rifiorire a godimenti».
È questo il contenuto di una lettera inviata, nel 1712, da
Fra’ Girolamo da Corleone al padre Lodovico da Sant’Agata, ministro dei cappuccini di Calabria, il quale gli chiedeva
di conoscere il luogo dove era stato sepolto San Leoluca.
A giudicare dagli eventi di questi ultimi mesi, sembra
che la città di Vibo sia pronta a riabbracciare le sacre spoglie
del suo santo protettore. La città è pronta. Manca solo l’esatta
individuazione del posto in cui è sepolto. Di quel posto di cui si
è persa notizia. Di quel posto rimasto ancora ignoto. O quasi.
Dipinto di Cannatà: visione apparizione
Achille Solano davanti alla grotta
Ecco, infatti, che si fa largo l’ipotesi di una
scoperta che ha del sensazionale e che potrebbe
rivoluzionare la storia fin qui conosciuta.
Un gruppo di studiosi, nell’ambito di una
ricerca programmata per l’individuazione di un
corpus degli eremi e degli aggrottamenti nel contesto rupestre del monte Poro medievale, promossa dal Dipartimento ambiente e cultura del museo
provinciale di mineralogia e petrografia di Nicotera, diretta dal professor Achille Solano, direttore del museo e collaboratore scientifico LamaUniversità di Venezia, che da qualche tempo sta
seguendo il percorso degli antichi insediamenti
basiliani (l’ordine monastico eremita che conduceva una vita solitaria e viveva in grotte raggruppate intorno ad una chiesetta comune a tutti gli
asceti) ha individuato il posto nel quale, con molta probabilità, è stato sepolto il protettore della
città di Vibo Valentia, San Leoluca, il santo
monaco tanto caro alla venerazione dei vibonesi.
L’esistenza di grotte eremitiche emerge dalle
testimonianze ancora visibili. Il luogo isolato si
adatta alla condizione ascetica e la chiesa incavata nella grotta è una condizione determinante per
definire il luogo di sepoltura “Ubi primum cullam eius fuerat”. La santità è intrinseca alla
denominazione del luogo stesso. Conservato nel
tempo quando ormai si era persa ogni memoria
storica, non tanto per la restaurazione latino-normanna del primo periodo quanto per calamità
naturali e incuria degli uomini. La fisionomia del
sito è riportata, con realtà quasi impressionante,
19
Arte e Cultura
Collaboratori di Solano al lavoro
nel dipinto di Frà Felice di Sambuca (sec. XVIII) custodito
nella chiesa parrocchiale di Corleone. È San Leoluca di Corleone, l’eremita solitario dei monti vibonesi?
Il santo tanto caro alla venerazione dei vibonesi
San Leoluca è nato a Corleone, in provincia di Palermo,
intorno all’anno 815-818. Al battesimo, i genitori, gli imposero il nome di Leone. Ha ricevuto una formazione religiosa
e civile. Rimasto orfano, avrebbe dovuto dedicarsi alla
gestione del patrimonio. Dopo aver udito, nella solitudine
dei campi, la chiamata del Signore, ha venduto tutti i suoi
averi e ha distribuito il ricavato ai poveri del paese. Lasciata
la città di Corleone si è ritirato nel monastero di San Filippo
di Agira, nel territorio di Enna dove è rimasto per un breve
periodo.
Al ritorno di un pellegrinaggio a Roma, città nella quale
si è recato per sciogliere un voto con la visita alla tomba dei
santi apostoli Pietro e Paolo, si è fermato, definitivamente,
in Calabria. Si ritirò nei Monti Vibonesi, in località Vena, in
un luogo solitario, posto proprio fuori le mura, nel monastero basiliano retto dall’abate Cristoforo, il monaco al quale fu
rivelato l’imminente arrivo del giovane «abitante in terra,
ma cittadino del cielo; uomo ed angelo insieme». Il giovane
Leoluca, all’arrivo nel monastero confermò così la sua
volontà di non andare pellegrino e di fissare la sua dimora
proprio in quel chiostro dove visse e operò sino alla sua
morte, avvenuta al raggiungimento dei cento anni di vita e
ottanta di monacato.
Il suo ultimo giorno di vita terrena, San Leoluca, lo trascorse, come sempre, in ritiro ed in preghiera. Camminando
curvo, più per la penitenza che per gli anni, si distese sul let-
20
n. 5-6/ 2006
to per riposare ma senza smettere di pregare, trascorrendo
tutta la notte su un letto di tavole coperto da una stuoia. Tutta la notte a pregare e a dettare ai monaci gli insegnamenti
da seguire.
All’alba si alza dal letto ed entra in chiesa per la santa
messa. Ritornato nella sua cella si fece ungere con l’olio
santo. Dopo aver annunciato: «io sarò con voi anche dopo la
morte», appoggiò le sua labbra al crocifisso e spirò. Erano le
sei di mattina del primo marzo. San Leoluca ha condotto una
vita esemplare ed austera, fatta di umiltà e obbedienza, senza smettere mai di pregare e digiunare. L’elevatezza del suo
sentimento religioso e la sua fama di santità si sono diffuse
in tutta la regione.
Dopo la morte, è stato proclamato santo per le sue eccelse virtù. A San Leoluca sono stati attribuiti diversi miracoli.
Nel 1575, quando la Sicilia fu invasa dalla peste, è stato
proclamato protettore della città di Corleone. A lui è stato
attribuito, inoltre, il miracolo di aver salvato la città di Corleone dall’assedio delle truppe borboniche del 27 maggio
1860. Poi, ancora, il miracolo di aver salvato la città di Vibo
dal terremoto del 27 maggio del 1638 quando si racconta
che, il santo, apparve in abito pontificale per fermare il terremoto che distrusse i centri vicini. Il miracolo si è ripetuto
nel terremoto del 5 novembre del 1662 e nel 1854 quando la
città di Vibo Valentia fu salvata da una epidemia di colera
che ha colpito i centri limitrofi.
Fontana dei monaci
Protettore di Vibo Valentia è molto venerato dai suoi abitanti. La protezione di San Leoluca è invocata contro ogni male
che può essere arrecato alla città. Sia che si tratti di cataclismi
naturali, terremoti, o eventi provocati dall’uomo.
n. 5-6/2006
Arte e Cultura
“LA CALABRIA CONTADINA - SCAVO LINGUISTICO
E FOTOGRAFIE DEL PRIMO NOVECENTO”
Trecento immagini scattate da Gerhard Rohlfs in sessantuno paesi della Calabria pubblicate in
raffinato volume, a cura di Antonio Panzarella, dalle Edizioni Scientifiche Calabresi
di Giulio Palange
G
erhard Rohlfs, già ordinario di filologia romanza nelle
Università tedesche di Tubinga e di Monaco di Baviera,
nonché specialista di glottologia romanza, di lingua e
dialettologia italiana, francese e spagnola, per i suoi studi linguistici in Calabria e sulla Calabria – studi poi confluiti in opere ineludibili per incliti e colti, quali, ad esempio Dizionario
toponomastico e onomastico della Calabria, Dizionario Dialettale delle Tre Calabrie…, Nuovo Dizionario Dialettale della
Calabria –, ha “perlustrato” linguisticamente, in 55 anni di
ricerche specifiche, 121 paesi della provincia di Cosenza, 135
di quella di Catanzaro e 74 di quella di Reggio Calabria; ed ha
attinto… diciamo “materiale”, non solo, e per come è intuibile
ed è naturale, da fonti orali, ma, anche, da fonti scritte, spulciando qualsiasi libro, opuscolo, pezzo di carta più e meno
straccia, su cui il dialetto del luogo preso in quel momento esame avesse lasciato una qualche traccia di sé, nel segno d’una
concezione in certo senso “in movimento” dei dialetti in genere, ché, giustamente, un dire si evolve e si trasforma o, almeno,
diventa “altro” non tanto e non solo allor che passa di bocca in
bocca, ma – apparente, solo apparente paradosso – specie quando si deposita in un contesto differente da quello originario della comunicazione verbale, e, ancor più, quando viene adottato
da persona “colta”; tutto il che, per aggiunta, facendosi – sempre Gerhard Rohlfs – testimone delle svolte epocali, delle radicali trasformazioni, dei mutamenti e slargamenti e restringimenti d’orizzonte verificatisi, a partire dai primi decenni del
Novecento in poi, nelle “piccole patrie” calabresi, ove per secoli e secoli si è parcellizzata – e lo sarà sostanzialmente fino
all’avvento di nostra signora televisione – l’esperienza storica e
culturale, in senso lato, e, quindi, pure la vicenda linguistica dei
“senzalingua”, tant’è che se ancor oggi ti allontani da un qualsiasi luogo anche solo di qualche chilometro, cogli suoni e verbi e costrutti e periodari ed etc. etc. tutti differenti, manco fossi
in un fiat migrato, in virtù di stivali delle sette leghe, dalla pia-
na di Sibari alla pianura padana.
Insomma, gli eventuali che possano vantare una conoscenza
del parlar in un dialetto calabrese più completa e complessa di
quella del tedesco Rohlfs son da cercare col lanternino di Diogene.
Ma l’aspetto meno noto delle ricerche del grande glottologo
– e il definirlo “grande” non intende assolutamente banalizzare
o ridurre a luogo comune lo spessore invero “unico” dello studioso, anzi…! – è che egli pedivagava – nel senso letterale del
termine – armato di taccuino sul quale annotare i vocaboli,
spesso anche “disegnandovi” i relativi oggetti con precisione
affatto teutonica ma non per questo pedante o priva di pregio
nel tratto, e armato, pure, di macchina fotografica, una di quelle
a lastra. E se parecchi suoi disegni fanno da corredo iconografico ad esempio al suo Nuovo Dizionario Dialettale della Calabria, perciò son noti almeno come “genere” e “stile”, nulla fin
qui si conosceva e si sapeva delle lastre da lui “impressionate”.
Ora, Antonio Panzanella, che è cane da tartufo quando si
tratta di fondi fotografici ed è in tale direzione un benemerito
ché di scoperte specifiche ne ha parecchie in curriculum ed
anche perché, almeno sotto certi cieli, ha fatto e fa lezione sull’importanza anche storiografica appunto degli archivi fotografici, Antonio Panzarella ha centrato per davvero il colpo
grosso: ha “scovato” nell’Archivio dell’Università di Berna
giusto tutto il materiale fotografico di Gerhard Rohlfs; e fra le
migliaia di lastre, lì giacenti, ne ha selezionate circa trecento, e
le ha selezionate fra quelle “impressionate” dal glottologo
tedesco durante la sua prima campagna di ricerche in Calabria,
nei primi anni Venti del Novecento, campagna durante la quale
lo stesso glottologo ha percorso, a piedi o, al meglio, a dorso
di mulo, ben sessantuno comuni calabresi; e le trecento immagini, scattate da Rohlfs nei primi anni Venti del Novecento e
selezionate da Antonio Panzanella, ora costituiscono la polpa
visiva di un libro di grande formato e, ancor più, di grande
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Arte e Cultura
Acquaformosa (Cs) “Un contadino arbrësh con un cappello a punta
tipico calabrese” (da Gerhard Rohlfs, La Calabria Contadina)
fascino, magnificamente edito dalla Edizioni Scientifiche
Calabresi/Gruppo Edizioni Scientifiche Italiane: La Calabria
contadina – scavo linguistico e fotografie del primo Novecento, curato, ovviamente, dallo stesso Panzarella (f.to 26x30, 348
pp., testi in italiano, inglese e tedesco); libro, altresì, che si
avvale degli scritti di presentazione di Agazio Loiero, Mario
Oliverio, Andrea Pisani Massamormile, Francesco Sicilia,
Andrea Müller; e degli scritti introduttivi, oltre a quello del
curatore, di Salvatore Gemelli, Luigi M. Lombardi Satriani,
Paolo Martino, Augusto Placanica.
Si dirà: ma, allora, perché farla tanto lunga e gridare al prodigio?! Per quanto la si possa girare e voltare, La Calabria contadina… rimane comunque un libro fotografico e, per di più, e
per come lo stesso titolo e relativo sottotitolo dicono a chiare
lettere, un libro fotografico su una realtà definitivamente scomparsa – e di cui ormai, diciamoci la santa verità, abbiamo piene
le tasche a forza di consumarla cucinata in ogni sorta di salsa
piccante e di vederla sbandierata, almeno fino alla stagione del
disimpegno e dell’oblio, come pretesto di sopravvivenza e di
diritto alla busta-paga da parte di tanti intellettuali di taglio
organico, disorganico e inorganico –; una realtà con tutto il suo
bagaglio di icone di maniera peraltro enfatizzate dal di per sé
drammatizzante bianco-e-nero e tipo gli scialli neri che coprono volti di madonne addolorate a manco quarant’anni sfiancate
e sdentate e deformate dal gozzo, le coppole sbrindellate e
sghimbesce, i volti segnati da rughe profonde come i solchi del
maggese, le schiene curve a cavare da una terra matrìa il morso
di pane per far precariamente tacere il muguglìo del bisogno
ormai diventato abitudine mentale, le mani callose segnate dalle stimmate di una maledizione che, secondo i luoghi, si chiama “fatica” o “travaglio” e, in ogni caso, la stessa parola già
dice tutto…, ed altre cose così, buone, oggi, solo ad essere
esposte accanto a Loreto impagliato, al busto di Alfieri e a tutte
l’altre cose di pessimo gusto nel salotto rurale di “tamarra”
nonna Speranza!
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n. 5-6/ 2006
Sì, è vero, La Calabria contadina… è anche questo, e molto altro ancora, ma, nello stesso tempo, non lo è. E non lo è in
virtù del tipo d’approccio che Rohlfs mostra di avere con la
realtà ritratta, nel suo complesso. Per dire che anche dietro l’obiettivo della macchina fotografica egli rimane sempre e
comunque un glottologo e non, ad esempio, l’esploratore, per
quanto partecipato e messianico alla Zanotti Bianco, d’un terzo
mondo appena dietro l’angolo, o l’erudito viaggiatore che, in
ritardo nei tempi, affronta il suo iniziatico grand tour nelle terre
del sole e dei melograni; per dire ancor più chiaramente che
egli, macchina fotografica in spalla, non è alla ricerca di tranches de vie da documentare, o di scene “pittoresche” da cogliere, o di vestigia magnogreche su cui romanticheggiare sentenziando su genti brute che, pure, erano già civili quand’ancora
gli abitatori del rimanente globo terracqueo vagavano proni con
la bocca appozzata al tafanario dei porci, o di altro del genere,
ma considera la fotografia, al pari del disegno sul taccuino, un
supporto, o, meglio, il completamento visivo delle sue ricerche
linguistiche, una didascalia illustrata dello scritto; sicché egli
“costruisce” l’immagine – che, quindi, è “posa” e non “istantanea”, nei limiti in cui per quei tempi possa valere una distinzione del genere e, però, con tutte le implicazioni concettuali che
la stessa distinzione comunque chiama in causa –, e la costruisce in funzione della realtà da inventariare lemma per lemma;
per cui, se ha da prendere in considerazione, sempre linguisticamente, i giochi infantili, piglia tre o quattro ragazzi e li mette
lì a giocare, e quando si tratta di fare lo stesso con un universo
domestico di uomini e cose, riunisce un’intera famiglia attorno
ad un focolare acceso in cui fuma un paiolo e, numerando,
anche solo convenzionalmente o anche solo tramite collocazione spaziale, i vari riferimenti iconografici, sciorina in succes-
Motta Santa Lucia (Cz) “Uno scorcio di una casa”
(da Gerhard Rohlfs, La Calabria Contadina)
n. 5-6/2006
sione vocabolo dopo vocabolo. Non a caso ogni fotografia – in
cui è evidente che qualsiasi preoccupazione di ordine tecnicoestetico è solo seconda alla intenzione di documentare e docu-
Bova (Rc)
(da Gerhard Rohlfs, La Calabria Contadina)
mentarsi – ogni fotografia, si diceva, si trova in archivio, ed è
nel libro, accompagnata da puntuale, dettagliata scheda di
mano dello stesso Rohlfs e in cui è riportata la denominazione
dialettale d’ogni oggetto, situazione, persona o personaggio
presente nella fotografia in questione. Sicché La Calabria contadina… finisce per essere una sorta di saggio per immagini,
rapido, essenzializzato, eppure assai efficace; e bene han fatto
il curatore e l’editore ad aggiungere il sottotitolo scavo linguistico e fotografie del primo Novecento, ché le fotografie senza i
relativi scavi linguistici non fanno vedere niente di nuovo
rispetto a quanto già non si sapesse, per averlo già visto, della
Calabria contadina degli inizi del Novecento, anzi, ridotte a
puri esemplari d’uno specifico, si mostrano ignude e indifese
all’occhio critico; e gli scavi linguistici senza le fotografie si
riducono ad un’arida elencazione di vocaboli dialettali senza
capo né coda, sospesi nella vacuità di riferimenti inesistenti e di
contesti svaporati al sole impietoso della storia; perciò, in una
irrisolta, intrigante circolarità di significanti e significati, le une
sono funzionali alle altre e si collocano tutte lungo la traccia
d’un far ricerca senz’altro inedito, almeno dati i tempi, per i
mezzi impiegati, per la rigorosità, questa sì in tutto e per tutto
teutonica, degli obiettivi di ricerca e di studio, e per la capacità
di coinvolgimento che è parecchia e che anche, direbbe Brecht,
“parla al cuore per fare appello alla ragione”. E le fotografie di
Rohlfs parlano al cuore per far appello alla ragione specie in
seconda battuta, quando, sulla base, o in virtù, di una inevitabile e irrinunciabile assimilazione della parte scritta, esse si
offrono alfine come frammenti di un vissuto collettivo dal quale, purtroppo, non si son tratti sufficienti elementi e stimoli utili
a decifrare il presente nella prospettiva d’un futuro possibile (e
dire che Corrado Alvaro, col suo veggente illuminismo, lo ave-
Arte e Cultura
va ammonito: “… è una civiltà [quella contadina] che scompare e su di essa non c’è piangere, ma bisogna trarne, chi ci è
nato, il maggior numero di memorie, se no assiste a quei trapassi di civiltà che son sempre sgradevoli a vedersi quando ci si
libera dei vecchi vincoli senza capire la natura dei nuovi…”), e
sempre esse-fotografie diventano – a quel punto sì – documenti
illustrati di vita quotidiana, di condizioni di lavoro, di costumi,
tradizioni, feste, sguardi ed espressioni di un’umanità segnata
dalla fatica, dal bisogno, dal disagio, dall’essenzialità di un’esistenza ridotta a pura sopravvivenza, un’umanità che non ha
gioito mai al mattino, quando il giorno, con tutto il suo fatale
fardello di incertezze, era per cominciare ed era comunque “un
altro giorno”, ma ha respirato di sollievo sempre alla sera,
quando il giorno era ormai alle spalle dei tanti e tanti anonimi
eroi di un’epopea terragna e stracciona, ed a cui fin qui non è
stata resa giustizia e, ahinoi, mai più lo sarà; tutto questo, però,
senza le laceranti ruvidezze d’un neorealismo d’antan o d’un
antropologismo attonito di fronte a condizioni esistenziali al
limite del credibile e per razionalizzar le quali bisognerebbe
chiedere alla buon anima di Rohlfs di inventarsi e inventarci un
vocabolario tutto nuovo, ma sempre con quel che di sospeso, di
“metafisico”, di rarefatto, dato dalle intenzioni compositive
d’origine e che fanno d’ogni immagine il capitolo d’un racconto – la stazione d’una via crucis, a voler intingere il pane nel
populismo pietistico – in cui il dire, il fare, l’esistere son narrati
solo per allusioni, e la ricerca linguistica è, in definitiva,
metafora di un’altra, ben altra ricerca. Il tutto, poi, nella “cornice”, e relativo passe-partout, d’un’edizione curata fin nei minimi particolari, e d’una raffinatezza sobria, non prevaricante o
Laino Borgo 10 ottobre 1978 - Centro studi di tradizioni popolari E. Caterini.
Da sin: Gerhard Rohlfs, Rodolfo Prince e Giuseppe Caterini dopo la
conferenza Ellenismo e latinità in Calabria del professore emerito.
fuorviante, quale, in genere, è dovuta solo ai “libri d’arte” che
debbono parlare soprattutto per immagini; e non cambia assolutamente nulla che La Calabria contadina…un libro d’arte lo
sia in certo senso ma non lo sia per altro.
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Asterischi
n. 5-6/ 2006
INTITOLATO AL BOTANICO BIAGIO LONGO
IL PRIMO RIFUGIO DEL CLUB ALPINO ITALIANO
NEL PARCO NAZIONALE DEL POLLINO
In località Campolongo di Mormanno, l’inaugurazione è avvenuta il 2 dicembre 2006
di Giuseppe Caterini
Biagio Longo nato a Laino Borgo il 4 febbraio 1872 da Luigi
e Caterina Caputo, frequentò il liceo a Cosenza dove risultò vincitore della «Borsa di studio Pizzuti» per l’università di Roma, ivi
addottorandosi nel 1895 in scienze naturali.
Ritornato a Laino, prese a studiare e
a indagare con passione sulla flora ricca
e non comune della valle del Lao, del
Pollino e della Sila e sulle possibili
applicazioni industriali e medicinali,
specie delle erbe aromatiche che vi
abbondano. Trasferitosi a Roma fu
nominato prima assistente e poi aiuto
ricercatore dell’Istituto Botanico. Nel
1901 conseguì la libera docenza e nel
1903 insegnò Storia delle Droghe medicinali nella Scuola di Farmacia. Vincitore di concorso, ottenne nel 1906 la cattedra di Botanica all’università di Siena, dove rimase nove anni, curando l’orto e dando vita
all’Istituto Botanico. Nel 1915 passò a Pisa, nominato preside della
Facoltà di scienze; nel novembre 1924, con voto unanime della
Facoltà di scienze, fu chiamato a coprire la cattedra di Botanica dell’Università di Roma che rifiutò, stabilendosi nel novembre 1929
definitivamente a Napoli, alla direzione dell’Orto Botanico con
annessa Stazione delle piante Officinali, che, grazie alla sua guida,
ebbe notevole impulso e fama internazionale.
Studioso insigne nel campo della biologia vegetale, approfondì
l’indagine e la ricerca di floristica, fitogeografia, di genetica, di
embriologia e citologia e di fisiologia della riproduzione. Fra i suoi
studi più importanti ricordiamo: l’embriologia e il percorso del tubo
pollinico nel Cynomorium Coccineum, nelle Cucurbitace e nel
Ficus carica; la nutrizione dell’embrione in cucurbita per mezzo del
tubo pollinico; la poliembrionia
dello Xantroxylum Bungei; le affinità delle Calicantacee con le
Rosacee; gli indioblasti mucipari
delle Cactacee; la biologia del fico
e del caprifico, la partenocarpia nel
nespolo apireno e in altre piante; la
distribuzione dei fiori, la impollinazione e l’endosperma di Coziaria
myrtifolia, il «melo senza fiori», il
cambiamento di sesso in varie
piante, le Impatients e le Opunzie;
studi tutti riportati e pubblicati nelPino loricato
le memorie, relazioni e atti delle tre
Accademie, d’Italia, dei Licei e Leonardo da Vinci, fra le tante di
cui fu socio.
Si devono a lui l’identificazione, sul massiccio Appenninico
calabro-lucano del Pollino, del Pinus Lencodermis Ant, erronea-
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mente riferito in precedenza da tutti gli altri botanici ad altra specie,
e della Chamaerops Humilis in esemplari secolari a Populonia in
Toscana, nonché altre scoperte nella flora del Lazio, delle Marche e
della Toscana. Pure sua fu l’iniziativa, nel 1919, del Parco Nazionale della Calabria, in Sila.
Se insigne fu lo studioso e il ricercatore, altrettanto grande fu il
maestro, in costante diretto rapporto con i giovani ai quali inculcava
l’obiettività nelle osservazioni, il rigore scientifico e l’amore per la
cultura, e operoso e tenace fu come organizzatore.
Profondamente legato ai valori dell’italianità, non trascurò occasioni, quando iniziava il malvezzo intellettuale dell’esterofilia, per
rivendicare all’Italia la priorità di importanti scoperte, rievocando l’opera dei biologhi Malpighi e Spallanzani, dei botanici Frediano
Cavara e Domenico Vandelli e del naturalista Giovanbattista Amici.
Rifugio “Biagio Longo”
Nonostante le ripetute distruzioni della sua abitazione e dell’orto botanico, più volte bombardate, l’ultima guerra non lo
distrasse dai suoi studi e dall’impegno di educatore.
La fine del conflitto lo trovò privo dell’affetto della fedele
compagna della sua vita (la naturalista argentina Beatrice Armari
che aveva sposato l’11 aprile 1907), e perciò d’un tratto invecchiato
nel fisico e nel morale.
I suoi dolori però, accomunati alle disgrazie degli Italiani, gli
fecero trovare la forza di reagire. «Il passato è passato – soleva ripetere –, bisogna rivolgere lo sguardo solo all’avvenire e convogliare
e unire le forze per conseguire nuove mete».
All’età di 77 anni, nella sua abitazione di Roma dove viveva
col figlio Luigi (direttore dell’Istituto di Patologia del Libro dell’Università di Roma), pensava di concedersi una tregua e di ritemprarsi con un breve soggiorno in una stazione climatica delle Alpi,
quando fu colpito da male implacabile. Consapevole della prossima
fine, l’accettò con stoica rassegnazione, attendendo al riordino dei
suoi scritti e dando al figlio, che lasciava solo, le ultime disposizioni. Morì a Roma il 29 novembre 1950.
Con Biagio Longo, scompariva un lainese e un italiano illustre,
che lasciava un nobile ricordo e un prezioso insegnamento: «occorre
essere uomini e italiani prima che scienziati professionisti».
n. 5-6/2006
Asterischi
MAIDA: DUE SECOLI DALLA BATTAGLIA
di Vincenzo Villella
I
l 4 luglio 1806 fu combattuto nella Piana di Lamezia
un evento bellico che viene ancora studiato nelle scuole militari e che ha segnato la storia della Calabria.
accomunate dal rifiuto di ricevere la libertà sulla punta delle
baionette. Ciò all’interno delle vicende politiche nelle quali la
libertà era vista come alibi per giustificare un’inaccettabile
conquista da parte delle armate francesi che andavano perciò
respinte e cacciate con ogni mezzo. La Calabria fu protagoniLa sicurezza, e la iattanza, dell’esercito napoleonico da sta di una guerriglia feroce contro i francesi di Giuseppe
una parte. Dall’altra, la tattica inglese, che ha compensato Bonaparte e di Gioacchino Murat, incarnando perfettamente
l’inferiorità numerica con la potenza dell’artiglieria, ma la tragedia di quell’epoca tra furori rivoluzionari e l’ira della
anche con briganti-guerriglieri. Due modi diversi di combat- controrivoluzione. I francesi, più che truppa di liberazione si
tere, insomma, fanno della battaglia di Maida un “modello” dimostrarono truppa di occupazione. Saccheggi, incendi,
che ancora viene analizzato da esperti e storici. Per la ricor- requisizioni, stupri, profanazioni delle chiese ed altri mezzi
renza del bicentenario si sono svolte manifestazioni pubbliche brutali costituivano dei veri e propri insulti per la popolazione
e a Maida, il 7 e l’8 luglio, si è tenuto un convegno interna- calabrese che scelse la strada del brigantaggio.
zionale di studi.
L’insorgenza antifrancese prese l’avvio con la rivolta di
Gli inglesi l’hanno chiamata battaglia di Maida, i francesi Soveria Mannelli (marzo 1806) e, dopo la battaglia di Maida
battaglia di Sant’Eufemia. Fu combattuta nella piana lametina (4 luglio 1806) e il lungo assedio di Amantea (settembre
esattamente 200 anni fa, il 4 luglio 1806.
1806-febbraio 1807), si concluse con la tragica fine di Murat.
Non fu un grande evento bellico paragonabile a quelli
Nel febbraio 1806 le truppe francesi guidate da Giuseppe
contemporanei del periodo napoleonico come Marengo, Ulm Bonaparte, fratello di Napoleone, invasero l’Italia meridionae Austerlitz . Però non può essere neppure
le. Un’intera colonna, guidata dal generale
considerata come un avvenimento militare
Reynier, penetrò in Calabria travolgendo
casuale e sporadico, di pertinenza esclusile resistenze borboniche. Entro il 20 marvamente locale. Al contrario, va inserita a
zo tutta la regione era in mano ai francesi.
pieno titolo nelle strategie politico-militari
Per ben 9 anni, e cioè fino alla fucilazione
europee del periodo napoleonico e, in modi Murat che ebbe luogo il 13 ottobre
do particolare, dello scontro franco1815, la piana di S. Eufemia e i paesi
britannico nell’area del Mediterraneo.
montani che le fanno corona fino alle proL’Inghilterra con la sua marina controllava
paggini silane furono teatro di scontri,
la Sicilia, la Sardegna e Malta. Anche per
rivolte e repressioni. Da un lato le truppe
la Francia di Napoleone era importante
francesi con tutti i disagi arrecati alle
l’area dell’Italia meridionale e della Sicipopolazioni a causa degli alloggi e dei vetlia in quanto serviva come ponte per la
tovagliamenti, dall’altro le bande dei
progettata penetrazione nei Balcani e nelribelli e dei briganti, sostenute dai Borbol’Egeo. Maida fu un evento importante,
ni e dagli Inglesi. Il 30 giugno 1806 gli
soprattutto per le conseguenze che ebbe
inglesi sbarcarono nel golfo di S. Eufemia
nel caratterizzare i successivi lunghi anni
circa 5000 fanti agli ordini del generale
di occupazione della Calabria da parte delStuart, attrezzate di artiglieria, acle truppe napoleoniche, il cosiddetto
campandosi nei pressi del Bastione dei
decennio francese, iniziato il 1806 e termi- Un saggio storico sulla famosa battaglia Cavalieri di Malta che allora era quasi sulnato nel 1815 con la fucilazione a Pizzo di
la spiaggia. Intanto le truppe francesi, guiGioacchino Murat. Come già accaduto nel 1999 in occasione date dal generale Reynier, per fronteggiare gli avversari si
del bicentenario della Repubblica Napoletana e del sanfedi- concentravano sulle alture di Maida, sicura roccaforte giacosmo del cardinale Fabrizio Ruffo, anche quest’anno negli bina e antiborbonica.
ambienti accademici e in tanti paesi di quello che allora era il
Il fatto che il corpo di sbarco inglese, oltre ad essere picRegno di Napoli si stanno organizzando manifestazioni, con- colo (5000 uomini), non avesse cavalleria, equipaggi di rivegni di studio, tavole rotonde e sono previste pubblicazioni cambio per le artiglierie e viveri di riserva, conferma che il
di saggi e ricerche su quei drammatici anni.
piano inglese non prevedeva una lunga battaglia e una permaAnche a Maida si terrà il 7 e l’8 luglio un convegno inter- nenza prolungata sul territorio.
nazionale di studi che avrà per tema “Il fronte mediterraneo
Il 2 luglio Stuart emise un proclama rivolto ai calabresi,
nell’età napoleonica: la Calabria 1792-1815 e la battaglia di che fu diffuso rapidamente dappertutto. In esso si diceva che
Maida”. Il fronte mediterraneo fu uno degli epicentri dello gli inglesi erano venuti a liberarli dall’oppressione dei francescontro tra Francia rivoluzionaria e Inghilterra e vide svolger- si, dai loro insulti, dai loro oltraggi alle donne. Si faceva leva
si alcune delle battaglie che segnarono le sorti dell’incontro o sul loro orgoglio, invitandoli ad armarsi e a unirsi per scacciamisero in luce il dramma di una rivoluzione che vide schierar- re l’usurpatore e restituire il trono a re Ferdinando. Il 3 luglio
si contro i suoi valori e le sue bandiere intere popolazioni a S. Eufemia si aggiunse agli inglesi un grosso contingente di
25
Asterischi
volontari calabresi, siciliani e napoletani guidato dal colonnello Filippo Cancellieri. All’alba
del 4 luglio iniziarono le operazioni
strategiche con lo schieramento dei
due eserciti che contavano insieme
circa 11 mila uomini. Stuart dispose
i suoi soldati su due file parallele,
la tipica formazione adottata in battaglia dalla fanteria inglese, tenendo come riserva un reggimento e
puntando anche ad interrompere la
via di comunicazione del nemico
per Monteleone. Inoltre fornì gli
Il generale inglese Stuart
ordini per la difesa della testa di
sbarco, da utilizzare in caso di sconfitta e di una immediata
ritirata, affidando il compito al capitano Fisher del reggimento svizzero Watteville. Nel contempo ordinò al giovane tenente del genio navale Charles
Boothby di rimanere alla testa di
sbarco. Boothby si sistemò sulla
cima del bastione dei Cavalieri di
Malta da dove poteva assistere alle
fasi della battaglia e dirigere i suoi
uomini che difendevano la testa di
sbarco.
A sua volta il Reynier, che si era
posizionato sulla sponda dell’Amato perché il fiume costituiva una
protezione naturale contro le Il generale francese Reynier
migliaia di briganti che infestavano
il bosco circostante, schierò le sue truppe mettendo al centro
il generale Franceschi-Delonne con 300 cacciatori a cavallo e
i sei pezzi di artiglieria, a destra il generale Digonnet con
1250 uomini del 23° reggimento di fanteria leggera, a sinistra
il generale Compére con il 1° reggimento leggero e con il 42°
di linea che contavano complessivamente 2400 uomini. In
seconda fila agivano circa 1500 soldati svizzeri e polacchi comandati dal generale Peyri. Alle 8,30 del 4 luglio Reynier fu
il primo ad iniziare l’offensiva contro gli inglesi. Secondo il
metodo classico, sperimentato in altre battaglie dai francesi,
attaccò per primo il generale Compére con la sua colonna
d’assalto contro l’ala destra inglese.
Ma l’assalto non fu efficace perché
mancò un adeguato fuoco di artiglieria che non poteva essere garantito dai soli 6 cannoni contro i 16
degli inglesi. Proprio la mancanza
di un’adeguata artiglieria fu, in
questo caso, una delle deficienze
accusate dall’esercito francese.
Reynier aveva alcuni mezzi corazzati leggeri, mentre gli inglesi si
avvalevano di una migliore e più
potente artiglieria. In questo tipo di
battaglia fino a quel giorno i francesi avevano sempre vinto.
Ma quel 4 luglio fu una disfatta. Tutto finì in pochissimo tempo. Poco dopo le 10 i francesi, ormai in rotta totale, lasciavano 1100 prigionieri e 300 feriti in mano inglese, oltre che
bagagli, viveri e munizioni. Richard Hopton, nel suo saggio
intitolato 1806 The battle of Maida fifteen minutes of glory
26
n. 5-6/ 2006
(Pen & Sword, London 2002) giustamente, inquadra la battaglia di Maida all’interno dei due avvenimenti più importanti
relativi alla terza Coalizione: la vittoria di Nelson a Trafalgar,
che pose fine a qualsiasi pretesa francese di poter sfidare gli
inglesi sul mare, e Austerlitz che stroncò qualsiasi speranza
per gli eserciti della Coalizione di annullare l’ambizione di
Napoleone nell’Europa continentale. Infatti, - sostiene Hopton - malgrado le schiaccianti vittorie di napoleone a Ulm e
Austerlitz, per gli alleati “ci fu un barlume di luce in tutte
quelle tenebre: la battaglia di Maida. La sola vittoria conclusiva ottenuta dagli eserciti della terza Coalizione. Fu una piccola battaglia, con 11.000 combattenti in tutto, combattuta su
una spiaggia lontana dal centro dell’Europa. Essa non può
essere vista, in senso stretto, come parte della storia della terza Coalizione che era stata dichiarata morta 6 mesi prima con la
pace di Presburg. Ma Maida era un
figlio di questa alleanza, sebbene
un figlio postumo”. Nel valutare la
battaglia, Hopton riporta due commenti. Il primo è quello di William
Windham, segretario alla guerra, il
quale, nel ricevere la notizia della
vittoria inglese, asserì, certamente
esagerando, che essa aveva la stessa grandezza di Poitiers, Crecy e
Agincourt negli annali della storia
militare britannica. Il secondo giudizio è quello del TIMES il
quale forse era più vicino alla verità quando pubblicò la notizia sotto il titolo “Glorious victory”. La battaglia di Maida,
sottovalutata dai “grognards” napoletani che quasi con
disprezzo hanno parlato di “l’affaire de Sainte Euphemia”
come “la battaille d’un quart d’heure”, non merita - conclude Hopton - l’oblio storico. Essa, infatti, mostrò come sconfiggere i potenti francesi e, come tale, presagì i trionfi della
guerra peninsulare. A sostegno della sua tesi Hopton riporta
l’osservazione di Charles Oman il quale afferma: “la poco
ricordata calabrese battaglia di Maida fu un giorno che fece
epoca nella storia militare britannica. Sulla pianura sabbiosa
dell’Amato 5000 fanti in linea ricevettero l’urto di 6000 in
colonna e inflissero loro una delle più grandi sconfitte”.
L’importanza della battaglia di Maida nella storia militare
è stata ben messa in evidenza da Piero Pieri nella sua Storia
militare del Risorgimento (Einaudi, Torino 1962). Secondo
Pieri la battaglia di Maida segnò “il trionfo dell’azione tattica
distruttiva dell’arma da fuoco contro l’azione tattica risolutiva dell’arma bianca. Gli inglesi affrontarono la furia
francese su due righe. I francesi, in colonne di compagnia,
attaccarono a cento metri di distanza, percorsero correndo
più di quattro quinti della zona di morte, sotto il fuoco nemico, limitandosi via via a serrare le file; a quindici metri inastarono le baionette, ma proprio ora li investì una scarica
particolarmente micidiale; e retrocessero in disordine,
lasciando il terreno sparso di morti e feriti”.
Il campo di battaglia per lungo tempo offrì uno spettacolo
che incuteva pietà e dolore. Centinaia di briganti e sbandati
accorsero per derubare i cadaveri e altri si organizzavano per saccheggiare la città di Maida che era stata ospitale con i francesi.
Dal quartiere generale di Maida presso il palazzo Vitale,
Stuart emetteva un proclama di trionfo rivolto ancora una vol-
Asterischi
n. 5-6/2006
Il palazzo Vitale che ospitò il generale Stuart a Maida
ta ai calabresi liberati dalla tirannia dei francesi. Prometteva il
perdono ai filofrancesi che si arrendevano e invitava a trattare
bene i prigionieri. Per ogni soldato prigioniero condotto
all’armata britannica sano e salvo prometteva 6 ducati di
ricompensa e ben 20 per ogni ufficiale.
La vittoria inglese, in effetti, fu il segnale della generale
rivolta anti-francese. Subito dopo la battaglia, le campane delle chiese suonarono a lungo e i falò fiammeggiarono sulle
colline, diffondendo la notizia da un villaggio all’altro. Si
scatenò la rivolta dei calabresi, che presto divenne generalizzata in ogni angolo della regione. Si legge in un manoscritto
del 1812 conservato presso l’archivio privato Fabiani di Maida: “Rimane la nostra provincia in una terribile anarchia, ed
i briganti, che erano la maggior parte della popolazione,
saccheggiavano e uccidevano impunemente. A pena ci potevamo garantire nel proprio paese; ma le nostre sostanze erano in preda di tali scellerati. Tutto era terrore e spavento.
Non si poteva uscire fuori dall’abitato, le campagne devastate e il bestiame distrutto...”. A Reynier, dopo l’inattesa sconfitta, fu rimproverato di aver sbagliato tattica. In particolare il
generale Berthier sostenne che sarebbe stato meglio costringere Stuart nella pianura paludosa dove la malaria, con il
caldo soffocante di quei primi giorni di luglio, avrebbe presto
decimato le sue truppe. Oppure Reynier avrebbe dovuto attirare gli inglesi nell’entroterra, dando l’apparenza di rifiutare
la battaglia in campo aperto.
In effetti, Reynier non aveva avuto dubbi sul piano da
attuare. Il suo obiettivo, fin da subito, era quella di attaccare
immediatamente gli inglesi: il faut jeter les Anglais à la mer.
Del resto, sia da Napoleone che da Giuseppe Bonaparte era
stato considerato oltremodo positivo il fatto che gli inglesi
fossero sbarcati a S. Eufemia: Rien n’est plus heureux que le
debarquementdes Anglais. Proprio per questo Reynier ritenne
opportuno non procrastinare l’attacco, anche perché durante
la notte erano arrivati i rinforzi sperati con il 42° reggimento
del generale Compére. Lanciando un attacco energico e improvviso, Reynier era convinto di sconfiggere gli inglesi
costringendoli a reimbarcarsi. Era troppo sicuro di sé e non
aveva alcun dubbio sulla vittoria. Era convinto che gli inglesi
non avessero la forza di resistere all’urto dei suoi esperti reggimenti che avevano conquistato con estrema facilità il Regno
di Napoli e avevano trionfato nelle altre campagne militari in
Italia. Per i francesi la battaglia di Maida rappresentava l’opportunità di punire definitivamente gli inglesi per la loro temerarietà, “buttandoli a mare” e - come ha scritto Hopton aggiungere sir John Stuart alla lunga lista di generali che avevano tentato, ma avevano fallito, nello sfidare la potenza della
Francia sul continente europeo. Per l’Inghilterra, invece, il
piccolo esercito di Stuart, giunto a S. Eufemia dalla Sicilia,
rappresentava in questa parte remota dell’Italia meridionale
l’ultima speranza di un orgoglio che poteva essere salvato dal
disastro definitivo. Questo piccolo esercito rappresentava la
speranza di poter mettere qualche limite alle ambizioni continentali di Napoleone. Rappresentava anche - come ipotizza
Hopton - la possibilità di mostrare che gli inglesi non erano
soltanto una nazione di marinai e che avevano un esercito di
terra degno di questo nome. Ecco perché Stuart potè vantarsi
di una vittoria autentica: in due ore aveva eliminato oltre
3000 francesi, mentre tra le sue truppe i morti erano stati solo
45 e i feriti 283.
La notizia della vittoria di Maida fu accolta in Inghilterra
con grande soddisfazione e sui vincitori piovvero medaglie e
riconoscimenti. Le due Camere votarono ordini del giorno di
compiacimento e di elogio. Nei discorsi di ministri e deputati
il nome di Maida fu associato a quello delle più famose battaglie della storia nazionale inglese. Giorgio III conferì a Stuart
il titolo di duca di Maida ed ai principali comandanti furono
concesse speciali decorazioni.
Maida Vale a Londra
A conferma del grande entusiasmo per quella vittoria e
dell’importanza assegnatale, il nome di Maida fu poi dato a
due strade di Londra: la Maida Vale (tra Kilburn Higt Road e
Edgware Road) e la Maida Avenue.
«Calabria»
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Attività di categoria
n. 5-6/ 2006
sindacato italiano geometri
Esecutivo Nazionale
SULLA COMPETENZA DEL DIRETTIVO DEL COLLEGIO A GIUDICARE UN SUO
COMPONENTE PER RESPONSABILITÀ DISCIPLINARI
Parere pro veritate di Pietro Romano*
Gent.mo Dr. Geom. Giuseppe Caterini
Presidente Naz. del Sindacato Italiano Geometri
via A. Serra n. 42/d - Cosenza
In riscontro alla Sua richiesta di parere in ordine alla legittima composizione dell’organo amministrativo giudicante nel procedimento di applicazione delle sanzioni disciplinari nei confronti del componente di un Consiglio Direttivo di un Collegio dei
Geometri, alla luce della documentazione rimessami ritengo di poterLe rappresentare quanto appresso.
Il Sindacato Italiano Geometri (S.I.G.) mi ha richiesto un parere in ordine alla legittima composizione del Consiglio
Direttivo del Collegio dei Geometri allorquando si debba deliberare sulla responsabilità disciplinare di uno dei suoi componenti.
Il procedimento di valutazione della responsabilità disciplinare dell’iscritto all’Albo ha natura amministrativa, e non già
giurisdizionale, (Corte di Cass. S. U. civili, 08.09.1989, n. 3904; Corte di Cass. sez. III, 01.8.2001, n. 10491), riconoscendosi quest’ultima soltanto a quello dinanzi il Consiglio Nazionale Geometri.
Ne consegue, pertanto, che ad esso sono applicabili, oltre le norme dettate dagli articoli 11 e 12 del Regio Decreto
11.2.1929 n. 274 (Regolamento per la professione di geometra), anche quelle della legge n. 07.08.1990, n. 241 (Nuove norme
in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi).
Dalla natura amministrativa del procedimento ne discende che, alla stregua dei principi desumibili dalla giurisprudenza,
gli amministratori debbano astenersi dalla deliberazione ogni qualvolta ciò serva a garantire la serenità del giudizio ed il principio costituzionale di imparzialità dell’azione amministrativa. (Cons. Stato, sez. IV, 20/09/1983, n.672).
Il dovere di astensione, pertanto, opera ex ante, ogni qualvolta, incidendo l’atto da adottare su un interesse degli amministratori, vi sia il pericolo che la volontà dello stesso non sia immune da condizionamenti, con la conseguente invalidità della
deliberazione adottata con il concorso di chi avrebbe dovuto astenersi, a prescindere dai vantaggi o svantaggi in concreto conseguiti (Cons. Stato, sez. IV, 17/07/1996, n.860).
Più in generale, si ritiene che i motivi di astensione del pubblico amministratore siano desumibili per via analogica dal
disposto dell’art. 51 del codice di procedura civile (Corte di Cass. sez. III, 01.8.2001, n. 10491), che da più parti sono stati
ritenuti quali principi generali dell’ordinamento ex art. 12 delle Preleggi al Codice Civile.
Al tempo stesso l’interessato ha la facoltà di proporre la ricusazione del componente dell’organo giudicante in tutti i casi
di cui all’art. 51 c.p.c. e con l’osservanza dei termini previsti dal successivo art. 52.
Ne consegue che, a contrario, il provvedimento adottato con la volizione degli amministratori che si trovino in concreto
conflitto d’interessi, ovvero in una delle condizioni previste dall’art. 51 c.p.c., in presenza delle quali si imponga l’astensione, sia da ritenersi illegittimo.
In ogni caso, i motivi di astensione, ovvero di ricusazione, debbono valere solo per cause riferibili direttamente o indirettamente al componente dell’organo come persona fisica, essendo stati ritenuti inammissibili le istanze di ricusazioni riferibili all’organo nel suo complesso (Corte di Cass. sez.. III, 19 maggio 2003 , n. 776).
Alla presente fattispecie non è neppure applicabile il disposto di cui all’art. 49 del Regio Decreto n. 2537 del 23 ottobre
1925 (Approvazione del regolamento per le professioni d’ingegnere e di architetto), che prescrive “L’incolpato, che sia membro del consiglio dell’ordine, è soggetto alla giurisdizione disciplinare del consiglio dell’ordine viciniore, da determinarsi,
in caso di contestazione, dal primo presidente della Corte di appello.”, giacché essendo una norma che detta un’eccezione
alla regola generale che attribuisce un potere ad una pubblica amministrazione, non è suscettibile di applicazione analogica
ex art. 14 delle Preleggi al Codice Civile.
Nella fattispecie concreta, pertanto, posso concludere confermandoLe che non sussiste alcun obbligo da parte del
Consiglio Direttivo nella sua totalità di astenersi dal procedere alla valutazione dell’illecito disciplinare contestato ad un suo
componente, a meno che non si ravvisi la ricorrenza di uno, o più, dei motivi previsti dall’art. 51 c.p.c. affinché i singoli componenti del Consiglio stesso siano obbligati ad astenersi.
Restando a Sua disposizione per ogni chiarimento o integrazione, Le rimetto i miei più cordiali saluti.
Cosenza, 27 novembre 2006
* Avvocato e consulente legale del Sindacato Italiano Geometri
28
Attività di categoria
n. 5-6/2006
sindacato italiano geometri
SULLA ISCRIVIBILITÀ NELL’ALBO GEOMETRI
DEI DIPENDENTI PUBBLICI LAUREATI
Parere pro veritate di Pietro Romano*
Gent.mo Dr. Geom. Giuseppe Caterini
Presidente Naz. del Sindacato Italiano Geometri
via A. Serra n. 42/d - Cosenza
Faccio seguito alla Sua richiesta di parere, quale conseguenza della nota del 27.7.2006 a firma del geom. Alfredo Basile
dipendente del Comune di Rocca Imperiale, in ordine alla disciplina normativa in tema di iscrizione dei dipendenti pubblici
all’Albo dei geometri ed alle sezioni B degli Albi degli ingegneri ed architetti, alla luce delle innovazioni normative apportate
dal D.P.R. 5.6.2001 n. 328, esponendoLe quanto segue.
1. Descrizione della fattispecie.
Un geometra dipendente di un ente locale ha conseguito la laurea nella classe n. 7 (Urbanistica e scienze della pianificazione territoriale e ambientale), così come disciplinata dal D.P.R. 328/2001, ed ha richiesto se, previo superamento dell’esame di
stato, quale pubblico impiegato può essere iscritto all’Albo dei geometri, considerato che, da informazioni assunte, può ottenere l’iscrizione nell’Albo degli Architetti, sezione B, con il titolo di “architetto iunior”.
Dubita il S.I.G. della costituzionalità della disciplina di settore, considerato che, alla luce del principio dell’equivalenza del
valore legale dei titoli universitari appartenenti alla stessa classe, così sancito dagli articoli 1, co. 18 lett. C, della legge n.
4/1999 e 7 D.P.R. 328/2001, il dipendente pubblico che abbia conseguito la laurea nelle classe 7, previo superamento dell’esame di stato, può essere iscritto alle sezioni B degli Albi degli ingegneri e degli architetti, mentre gli è preclusa analoga possibilità all’Albo dei geometri, stante il disposto dell’art. 7 del Regio Decreto n. 274 dell’11 febbraio 1929 (regolamento per la professione di geometra).
Richiede, inoltre, il S.I.G. di conoscere se la disciplina in questione trova applicazione anche per i dipendenti delle aziende
di diritto privato operanti nel settore dei servizi pubblici.
2. Riferimenti normativi e giurisprudenziali.
A. Gli articoli 1 e 7 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, adottata dall’Assemblea Generale delle Nazioni
Unite il 10 Dicembre 1948, prescrivono “Articolo 1 Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono
dotati di ragione di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza. Articolo 7 Tutti sono eguali dinanzi
alla legge e hanno diritto, senza alcuna discriminazione, ad un’eguale tutela da parte della legge. Tutti hanno diritto ad un’eguale tutela contro ogni discriminazione che violi la presente Dichiarazione come contro qualsiasi incitamento a tale discriminazione.”
La Convenzione per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà fondamentali, sottoscritta a Roma il 4 novembre
1950, nel preambolo recita “Considerata la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’uomo, proclamata dall’Assemblea delle
Nazioni Unite il 10 dicembre 1948; considerato che questa Dichiarazione tende a garantire il riconoscimento e l’applicazione
universali ed effettivi dei diritti che vi sono enunciati; considerato che il fine del consiglio dell’Europa è quello di realizzare
una unione più stretta tra i suoi Membri, e che uno dei mezzi per conseguire tale fine è la salvaguardia e lo sviluppo dei Diritti
dell’uomo e delle libertà fondamentali …”, ed all’art. 14 stabilisce il divieto di discriminazione “Il godimento dei diritti e delle
libertà riconosciuti nella presente Convenzione deve essere assicurato senza nessuna discriminazione, in particolare quelle
fondate sul sesso, la razza, il colore, la lingua, la religione, le opinioni politiche o quelle di altro genere, l’origine nazionale o
sociale, l’appartenenza a una minoranza nazionale, la ricchezza, la nascita o ogni altra condizione.”
B. La Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea, approvata dal Parlamento Europeo il 14 novembre 2000 e dalla
Commissione il 7 dicembre 2000 a Nizza, enuncia agli articoli 20 e 21 i principi di uguaglianza delle persone davanti alla legge
e di non discriminazione “ … fondata, in particolare, sul sesso, la razza, il colore della pelle o l’origine etnica o sociale, le
caratteristiche genetiche, la lingua, la religione o le convinzioni personali, le opinioni politiche o di qualsiasi altra natura,
l’appartenenza ad una minoranza nazionale, il patrimonio, la nascita, gli handicap, l’età o le tendenze sessuali.
2. Nell’ambito d’applicazione del trattato che istituisce la Comunità europea e del trattato sull’Unione europea è vietata
qualsiasi discriminazione fondata sulla cittadinanza, fatte salve le disposizioni particolari contenute nei trattati stessi.”.
L’art. 2 del Trattato sull’Unione Europea prevede che, tra gli obbiettivi dell’Unione Europea, vi sia il rafforzamento della
tutela dei diritti e degli interessi dei cittadini dei suoi Stati membri.
Il successivo art. 6 prescrive che “1. L’Unione si fonda sui principi di libertà, democrazia, rispetto dei diritti dell’uomo e
delle libertà fondamentali, e dello stato di diritto, principi che sono comuni agli Stati membri.
* Avvocato e consulente legale del Sindacato Italiano Geometri
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Attività di categoria
n. 5-6/ 2006
sindacato italiano geometri
Esecutivo Nazionale
2. L’Unione rispetta i diritti fondamentali quali sono garantiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, e quali risultano dalle tradizioni costituzionali comuni degli Stati membri, in quanto principi generali del diritto comunitario.”
La giurisprudenza della Corte di Giustizia delle Comunità Europee ha ripetutamente affermato che “… il principio
generale di uguaglianza … vieta di trattare in maniera diversa situazioni analoghe, a meno che tale differenza di trattamento non sia obiettivamente giustificata, costituisce uno dei principi fondamentali della Comunità.” (cfr. tra le molteplici:
Sentenza 8 aprile 1976, n. 43/75; Sentenza 26 giugno 2001, n. 381/99).
C. L’art. 3 della Costituzione della Repubblica Italiana prescrive che “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono
eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni
personali e sociali.
È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.”.
Il principio di eguaglianza enunciato dall’art. 3 della Costituzione, sulla scorta dell’ormai consolidata giurisprudenza su
di esso formatasi, esige parità di trattamento per situazioni eguali, ovvero analoghe, e, di contro, una disciplina differenziata per situazioni non riconducibili a sostanziale identità (cfr. tra le molteplici: Corte Costituzionale Sentenza 23.12.1986,
n. 284).
D. L’art. 7 del Regio Decreto n. 274 dell’11 febbraio 1929 (Regolamento per la professione di geometra), prevede che
“gli impiegati dello Stato e delle altre pubbliche amministrazioni, ai quali, secondo gli ordinamenti loro applicabili, sia
vietato l’esercizio della libera professione, non possono essere iscritti nell’albo. I suddetti impiegati, ai quali sia invece
consentito l’esercizio della professione, possono essere iscritti nell’albo; ma sono soggetti alla disciplina del Comitato
[adesso Collegio] soltanto per ciò che riguarda il libero esercizio. In nessun caso la iscrizione nell’albo può costituire titolo per quanto concerne la loro carriera.”.
L’art. 53 del Decreto Legislativo 30.03.2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle
amministrazioni pubbliche), prescrive che “1. Resta ferma per tutti i dipendenti pubblici la disciplina delle incompatibilità
dettata dagli articoli 60 e seguenti del testo unico approvato con Decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio
1957, n. 3, salva la deroga prevista dall’articolo 23 bis del presente decreto, nonché, per i rapporti di lavoro a tempo parziale, dall’articolo 6, comma 2, del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 17 marzo 1989, n. 117 e dall’articolo1, comma 57 e seguenti della legge 23 dicembre 1996, n. 662. Restano ferme altresì le disposizioni di cui agli articoli
273, 267, comma 1, e 274, 508 nonché 676 del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, all’articolo 9, commi 1 e 2, della
legge 23 dicembre 1992, n. 498, all’articolo 4, comma 7, della legge 30 dicembre 1991, n. 412, ed ogni altra successiva
modificazione ed integrazione della relativa disciplina.”.
A sua volta l’art. 60 del Decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3, prevede che “L’impiegato non
può esercitare il commercio, l’industria, né alcuna professione o assumere impieghi alle dipendenze di privati o accettare
cariche in società costituite a fine di lucro, tranne che si tratti di cariche in società o enti per le quali la nomina è riservata allo Stato e sia all’uopo intervenuta l’autorizzazione del Ministro competente.”.
La Corte di Cassazione – Sez. Unite Civili - nella sentenza n. 5942 del 27.05.1995, uniformandosi alla giurisprudenza
già formatasi, ha affermato il principio secondo il quale “I dipendenti delle unità sanitarie locali - essendo loro applicabile, ai sensi dell’art. 27 del D.P.R. 20 dicembre 1979 n. 761 (norme sullo stato giuridico del personale delle unità sanitarie
locali) il D.P.R. 10 gennaio 1957 n. 3 (T.U. delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato), il
cui art. 60 stabilisce che l’impiegato non possa esercitare (fra l’altro) alcuna professione - non possono essere iscritti
all’albo dei geometri, giusta la previsione dell’art. 7 del regolamento di cui al R.D. 11 febbraio 1929 n. 274”.
Più di recente la stessa Corte di Cassazione - Sezione III civile - n. 10397 del 30.07.2001, ha riaffermato lo stesso principio in un procedimento contro un dipendente comunale, ritenendo che il divieto già posto dall’art. 60 del D.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3 sia “… operante anche per i dipendenti comunali, che rientrano nell’ambito di applicazione del citato
D.Lgs. n. 29/93 (art. 1, comma 2, di tale testo normativo).”
Per ciò che riguarda, invece, i limiti di applicabilità dell’art. 7 R.D. 274/1929 la Corte di Cassazione – sez. Unite Civili
- con le pronunzie n. 7300 e 7302 del 15.6.1992 ha affermato il principio secondo il quale “ il divieto, ai sensi dell’art. 7,
primo comma, del R.D. 11 febbraio 1929 n. 274, di iscrizione all’albo professionale, nell’ipotesi in cui l’ordinamento dell’ente datore di lavoro non permetta l’esercizio della libera professione, concerne solo i geometri impiegati dello Stato e
degli altri enti pubblici non economici, nei quali si identificano le “altre pubbliche amministrazioni” menzionate, insieme
con lo Stato, da tale disposizione”.
Sulla scorta delle menzionate pronunzie “… i dipendenti degli enti pubblici economici, attesa l’inapplicabilità nei loro
confronti del divieto predetto, possono essere iscritti all’albo professionale dei geometri, …”.
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Attività di categoria
n. 5-6/2006
sindacato italiano geometri
Esecutivo Nazionale
E. L’art. 62 del Regio Decreto n. 2537 del 23 ottobre 1925 (Approvazione del regolamento per le professioni d’ingegnere e di architetto) prevede che “Gli ingegneri ed architetti che siano impiegati di una pubblica amministrazione dello Stato, delle province o dei comuni, e che si trovino iscritti nell’albo degli ingegneri e degli architetti, sono soggetti alla disciplina dell’ordine per quanto riguarda l’eventuale esercizio della libera professione.
I predetti ingegneri ed architetti non possono esercitare la libera professione ove sussista alcuna incompatibilità preveduta da leggi, regolamenti generali o speciali, ovvero da capitolati.
Per l’esercizio della libera professione è in ogni caso necessaria espressa autorizzazione dei capi gerarchici nei modi
stabiliti dagli ordinamenti dell’amministrazione da cui il funzionario dipende.”
L’art. 62 del R. D. n. 2537/1925, in base alla giurisprudenza su di esso formatasi, a differenza di quanto prescrivono gli
ordinamenti di altre professioni intellettuali, consente agli ingegneri ed agli architetti, che siano impiegati dello Stato o di
altre pubbliche amministrazioni, di iscriversi all’albo del loro ordine, benché sia ad essi inibito, in base agli ordinamenti
loro esplicabili, l’esercizio della libera professione (cfr.: Cass. civ., sez. un., 01/12/1987, n. 8897).
F. Il D.P.R. 5.6.2001 n. 328 (Modifiche ed integrazioni della disciplina dei requisiti per l’ammissione all’esame di Stato e delle relative prove per l’esercizio di talune professioni, nonché della disciplina dei relativi ordinamenti.) ha previsto
l’istituzione di sezioni degli albi professionali che individuino ambiti professionali diversi in relazione al diverso grado di
capacità e competenza acquisita mediante il percorso formativo.
L’art. 7 ha espressamente previsto che i titoli universitari conseguiti al termine dei corsi di studio dello stesso livello,
appartenenti alla stessa classe, hanno identico valore legale ai fini dell’ammissione agli esami di Stato, indipendentemente
dallo specifico contenuto di crediti formativi.
Più in particolare, negli albi professionale degli architetti e degli ingegneri sono state istituite la sezione A alla quale si
accede, previo esame di Stato, con il titolo di laurea magistrale, e la sezione B alla quale si accede, sempre previo esame di
Stato, con il titolo di laurea.
Per ciò che attiene l’oggetto dell’odierno parere, ex art. 15 D.P.R. 328/2001 la sezione B dell’Albo degli architetti è
ripartita nei settori Architettura e Pianificazione, per i quali, rispettivamente, spettano i titoli di “architetto iunior” e di
“pianificatore iunior”.
Per l’iscrizione nella sezione B, oltre al superamento dell’esame di stato, ai sensi dell’art. 18 è richiesto il possesso della laurea nelle classi:
a) per il settore “architettura”:
1) classe n. 4 - Scienze dell’architettura e dell’ingegneria edile;
2) classe n. 8 - Ingegneria civile e ambientale;
b) per il settore “pianificazione”:
1) classe n. 7 - Urbanistica e scienze della pianificazione territoriale e ambientale;
2) classe n. 27 - Scienze e tecnologie per l’ambiente e la natura.
Proseguendo nella disamina, l’art. 45 prescrive che agli iscritti nella sezione B dell’albo degli ingegneri spettano il titolo: di “ingegnere civile e ambientale iunior” agli iscritti al settore civile e ambientale; di “ingegnere industriale iunior” a
quelli iscritti al settore industriale; agli iscritti al settore dell’informazione spetta il titolo di “ingegnere dell’informazione
iunior”.
Per l’iscrizione nella sezione B, oltre al superamento dell’esame di stato, ai sensi dell’art. 48 è richiesto il possesso della laurea in una delle seguenti classi:
a) per il settore civile e ambientale:
1) classe 4 - Scienze dell’architettura e dell’ingegneria edile;
2) classe 8 - Ingegneria civile e ambientale;
b) per il settore industriale:
1) classe 10 - Ingegneria industriale;
c) per il settore dell’informazione:
1) classe 9 - Ingegneria dell’informazione;
2) classe 26 - Scienze e tecnologie informatiche.
Infine, in virtù dell’art. 45 D.P.R. 328/2001 agli esami di Stato per la professione di geometra si accede con la laurea
conseguita in una delle seguenti classi:
1) classe n. 4 - Scienze dell’architettura e dell’ingegneria edile;
2) classe n. 7 - Urbanistica e scienze della pianificazione territoriale e ambientale;
3) classe 8 - Ingegneria civile e ambientale.
Com’è agevole notare tutte le classi di laurea per l’accesso alla professione di geometra coincidono con parte delle classi di laurea richieste per l’iscrizione all’albo B degli architetti e, relativamente alle classi 4 e 8, con parte di quelle richieste
per l’iscrizione all’Albo B degli ingegneri.
31
Attività di categoria
n. 5-6/ 2006
sindacato italiano geometri
Esecutivo Nazionale
3. Conclusioni.
A. Dall’esame della normativa di riferimento, ed alla luce della giurisprudenza richiamata, emerge in maniera evidente che
il dipendente di un ente pubblico che abbia conseguito la laurea nelle classi 4 – 7 – 8, previo superamento del relativo esame di
Stato, può iscriversi all’Albo B degli architetti e, più in particolare, nel settore “architettura” relativamente alle classi 4 e 8, e
nel settore “pianificazione” relativamente alla classe 7.
Conseguentemente, all’iscritto al settore “architettura” spetterà il titolo di “architetto iunior”, mentre all’iscritto al settore
“pianificazione” spetterà quello di “pianificatore iunior”.
Analogamente il dipendente di un ente pubblico che abbia conseguito la laurea nelle classi 4 e 8 potrà iscriversi nell’albo B
degli ingegneri con il titolo di “ingegnere civile e ambientale iunior”.
Di contro, al pubblico dipendente che abbia conseguito la laurea nelle classi 4 – 7 – 8 è interdetta l’iscrizione all’Albo dei
geometri in virtù del disposto di cui all’art. 7 del R. D. n. 274 dell’11 febbraio 1929.
La diversa disciplina trae origine dalla differente regola in materia d’iscrizione dei pubblici dipendenti agli Albi degli ingegneri ed architetti ed all’Albo dei geometri.
Infatti, riconosciuto che l’iscrizione all’albo professionale costituisce, per il soggetto in possesso di tutti i requisiti previsti
dalla legge, un diritto soggettivo perfetto, benché sia ad esso inibito, in base agli ordinamenti applicabili, l’esercizio della libera
professione, e che non sussiste alcuna equivalenza tra questo diritto e l’esercizio professionale, nel sistema preesistente all’entrata in vigore della riforma degli studi universitari e del D.P.R. 328/2001 la differente disciplina è stata ritenuta compatibile
rispetto all’art. 3 della Costituzione in ragione delle peculiari esigenze alle quali rispondono le varie professioni liberali, che
non presentano situazioni uniformi.
A fronte di ciò è stata ritenuta giustificata, dal punto di vista costituzionale, una differente disciplina legislativa anche
rispetto al problema in esame, non essendovi disparità di trattamento laddove il legislatore ha disciplinato diversamente situazioni non riconducibili a sostanziale identità (sul punto: Cass. civ., sez. un., 01/12/1987, n. 8897).
B. A diverse conclusioni si deve pervenire con riguardo alla disciplina risultante dal combinato disposto delle norme che
regolano l’iscrizione dei pubblici dipendenti agli Albi di geometri, ingegneri e architetti con quelle del D.P.R. 328/2001.
La diversità così risultante, tale da far si che lo stesso soggetto, in possesso della laurea appartenente alla medesima classe,
ferma restando l’inibizione all’esercizio professionale, non possa iscriversi all’Albo dei geometri, mentre può ambire ad ottenere l’iscrizione all’Albo B degli ingegneri, o degli architetti, appare un’irrazionale disparità di trattamento tra situazioni sostanzialmente identiche.
È palese, infatti, la disparità che viene a determinarsi per un soggetto che, pur trovandosi nelle medesime condizioni, non
può esercitare la possibilità di scelta a seconda che essa ricada sull’Albo B degli ingegneri e architetti o sull’Albo dei geometri.
Questa disparità di trattamento non può essere ragionevolmente giustificata dal differente titolo professionale al quale eventualmente aspira l’avente diritto, sia esso “architetto iunior”, “pianificatore iunior”, “ingegnere civile e ambientale iunior”
ovvero “geometra”.
Alla differente qualifica professionale, infatti, corrisponde l’identico valore del titolo universitario conseguito al termine dei
corsi di studi del medesimo livello, appartenenti alla stessa classe, i quali, in virtù del principio dell’equivalenza ribadito dall’art. 7, Co. 1, D.P.R. 328/2001, hanno identico valore legale ai fini dell’ammissione agli esami di Stato, indipendentemente
dallo specifico contenuto di crediti formativi.
Tantomeno la disparità di trattamento può trovare acconcia giustificazione in presunte diverse competenze professionali che
sarebbero astrattamente attribuibili a quello stesso soggetto che opti per l’iscrizione all’Albo B degli ingegneri e architetti, piuttosto che all’Albo dei geometri, e ciò sulla scorta dell’elencazione contenuta negli articoli 16, Co 5, e 46, Co 3, D.P.R.
328/2001, applicabili rispettivamente agli architetti e pianificatori iunior ed all’ingegnere civile e ambientale iunior.
Difatti, tale disparità di trattamento risulterebbe oltremodo irragionevole in base all’ovvia considerazione che le competenze
conseguono alla formazione acquisita, e non già discendono da una mera denominazione professionale, ancor più se a differenti
denominazioni corrisponde il medesimo titolo universitario.
Inoltre, a ben vedere le competenze elencate dagli articoli 16, Co 5, e 46, Co 3, D.P.R. 328/2001 sono integralmente sovrapponibili a quelle attribuite ai geometri dall’art. 16 del R.D. 274/1929 e dalla legge 144/1949 (Approvazione della tariffa degli
onorari per le prestazioni professionali dei geometri).
Ne consegue, pertanto, la violazione dell’art. 3 della Costituzione repubblicana della disciplina normativa risultante dal
combinato disposto dell’art. 62 del R. D. 2537/1925, dell’art. 7 R.D. 274/1929 e del D.P.R. 328/2001 nella parte in cui prevede
che il dipendente pubblico che abbia conseguito la laurea nelle classi 4 e 8, possa iscriversi nell’albo B degli ingegneri, nella
parte in cui prevede che il dipendente pubblico che abbia conseguito la laurea nelle classi 4 – 7 – 8 possa iscriversi all’Albo B
degli architetti, o nella parte in cui prevede che il dipendente pubblico che abbia conseguito la laurea nelle classi 4 – 7 – 8 non
possa iscriversi all’Albo dei geometri.
C. Per le medesime ragioni già esposte, è evidente la violazione dei principi di uguaglianza delle persone davanti alla legge
32
Attività di categoria
n. 5-6/2006
sindacato italiano geometri
Esecutivo Nazionale
e di non discriminazione previsti dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, dalla Convenzione per la salvaguardia
dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà fondamentali e dagli articoli 20 e 21 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione
Europea nonché dell’art. 2 del Trattato sull’Unione Europea.
Avverso tali violazioni si può ipotizzare il ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo, istituita dalla Convenzione per la
salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà fondamentali, nel rispetto delle condizioni di ricevibilità, che richiedono l’esaurimento di tutte le vie di ricorso interne affinché una controversia possa essere rimessa alla decisione della Corte.
D. I limiti previsti dall’art. 7 R.D. 274/1929 di iscrizione all’albo professionale, nell’ipotesi in cui l’ordinamento dell’ente
datore di lavoro non permetta l’esercizio della libera professione, trovano applicazione esclusivamente per i dipendenti dello
Stato e delle altre amministrazioni pubbliche, con esclusione gli enti pubblici non economici.
Dall’affermazione di questo principio, ribadito dalla Corte di Cassazione – Sez. Unite Civili - con le pronunzie n. 7300 e
7302 del 15.6.1992, ne consegue che i dipendenti degli enti pubblici economici, nonché di quelle aziende cd. privatizzate, benché operino nel settore dei servizi pubblici, possono essere iscritti all’Albo dei geometri stante l’inapplicabilità nei loro confronti del divieto in questione.
Pertanto, ne discende che il geometra dipendente di azienda non appartenente al settore del pubblico impiego, che operi nell’ambito dei servizi pubblici, il quale abbia conseguito la laurea nelle classi 4 – 7 e 8 può essere iscritto all’Albo dei geometri,
non valendo alcun divieto di carattere generale, o speciale.
Alla luce delle superiori argomentazioni, rispondendo ai quesiti che mi ha posto ritengo di poter concludere affermando che:
1. il geometra, che rivesta la qualifica di pubblico dipendente, che abbia conseguito la laurea nella classe 7, prevista dal
D.P.R. 328/2001, previo superamento dell’esame di Stato, non può iscriversi all’Albo dei geometri,
2. il dipendente pubblico che abbia conseguito la laurea nella classe 7 può iscriversi all’Albo B degli architetti – settore
pianificazione – ed assumere il titolo di “pianificatore iunior” sulla scorta di quanto chiaramente disposto dall’art. 15, Co. 5
lett. b), D.P.R. 328/2001;
3. la disciplina normativa, risultante dal combinato disposto delle norme che regolano l’iscrizione dei pubblici dipendenti
agli Albi di geometri, ingegneri e architetti con quelle del D.P.R. 328/2001, presenta un’irrazionale disparità di trattamento tra
situazioni sostanzialmente identiche e, come tale, contrasta con i principi di eguaglianza e di non discriminazione, tutelati dalle
norme del diritto internazionale, comunitario e costituzionale interno;
4. il geometra dipendente di azienda non appartenente al settore del pubblico impiego, che operi nell’ambito dei servizi pubblici, il quale abbia conseguito la laurea nelle classi 4 – 7 e 8 può essere iscritto all’Albo dei geometri, non valendo alcun divieto di carattere generale, o speciale.
Resto a Sua disposizione per ogni chiarimento o integrazione.
Cordiali saluti. Cosenza 31 luglio 06
Gr. Uff. Dr. Geom. Giuseppe Caterini
Docente di Costruzioni rurali e Storia delle tecniche
Consulente tecnico-llegale
Giornalista pubblicista
e p.c.
"
On.le Comitato Esecutivo Nazionale Sindacato Italiano Geometri - Sede
On.le Comitato Regionale Geometri Calabria Sede
On.li Segreterie Provinciali Sindacato Italiano Geometri Loro sedi
On.le Consiglio Direttivo Collegio Provinciale dei Geometri
Via A. Serra n. 42/D - 87100 Cosenza
On.le Consiglio Nazionale Geometri
Via Barberini n. 68 - 00187 Roma
On.le Consiglio d'Amministrazione Cassa Italiana Prev. Ass. Geometri
Lungotevere A. da Brescia n. 4 - 00196 Roma
Cari Colleghi, considerato che la crisi economica e di lavoro nel Mezzogiorno, segnatamente in Calabria, ha raggiunto livelli molto preoccupanti; che io e mia moglie beneficiamo di una decente pensione e i figli sono prevalentemente impegnati nella
docenza universitaria, dopo circa cinquantanni di libera attività, pur rimanendo iscritto e impegnato a titolo del tutto gratuito
nell'attività sindacale e nella formazione universitaria della categoria anche con l'insegnamento, dall'anno corrente sono venuto
nella determinazione (unitamente ai miei figli, con i quali fin dal 1986 sono stato associato) di indirizzare la clientela del nostro
studio a favore dei colleghi più giovani e preparati delle aree depresse della provincia di Cosenza.
Sono convinto che i geometri più di altre professioni, in questo particolare e difficile momento, vieppiù nelle nostre zone,
hanno bisogno di aiuto concreto e i dirigenti i decani e i meno bisognosi — a mio avviso — devono essere i primi a dare il loro
fattivo contributo.
Con i migliori saluti. 4 agosto 2006
Giuseppe Caterini
33
Attività di categoria
n. 5-6/ 2006
comitato regionale geometri di calabria
ACCERTAMENTO CARTOGRAFICO AREE SOTTOPOSTE A VINCOLO
E DI INTERESSE NATURALE E PAESAGGISTICO
Raccomandata fax
0965/880372
0961/489574
0984/393647
0962/965461
0963/591983
ep.c.
Ill.mo Signor Dr Francesco Sulla
Presidente 4A Commissione Consiliare
Territorio Ambiente-Regione Calabria
Sede
Ill.mi Signori Presidenti
Collegi Geometri aderenti
Comitato Regionale Geometri Calabria
Loro Sedi
In adesione alla recente richiesta del presidente del Collegio dei Geometri di Crotone, considerata la vasta superficie della
nostra regione sottoposta a regime vincolistico (aree demaniali, SIC e ZPS, etc);
valutato lo stato di attendibilità della cartografìa regionale esistente, segnatamente nelle aree di interesse naturale e paesaggistico allo stato non agevolmente individuabili;
preso atto delle numerose quotidiane doglianze dei tecnici chiamati ad operare nel settore edilizio e urbanistico per la suddetta
scarsa attendibilità della cartografia;
vista la specifica storica competenza della categoria dei geometri in materia geo-topo-cartografica (ora integrata ed approfondita con la laurea triennale in scienze geo-topo-cartografìche, estimative, territoriali ed edilizie e quella specialistica in scienze e
tecnologie per l'ambiente il territorio); si chiede alla S.V. un incontro istituzionale con una nostra rappresentanza in data da concordare onde definire un protocollo d'intesa e di collaborazione per la migliore e tempestiva risoluzione dell'importante problematica rappresentata.
In attesa di positivo riscontro, si inviano i migliori saluti.
Giuseppe Caterini
SULLA IMPOSSIBILITÀ DI DARE IN OMAGGIO IL DIZIONARIO DELLA CALABRIA
EDITO DA GEO-METRA A ENTI CULTURALI DI NON PUBBLICA RINOMANZA
Gent.mo Dr. Geom. Giuseppe Caterini
Presidente Comitato Reg. Geometri Calabria
via A. Serra n. 42/d - Cosenza
Faccio seguito alla Sua richiesta di chiarimenti facendole presente che ai sensi dell'art. 3 del contratto stipulato 1'11 settembre
2003 con il Prof. Gustavo Valente, avente ad oggetto l'edizione, con responsabilità della cura, del "Dizionario bibliografico biografico geografico e storico della Calabria" all'epoca in forma di manoscritto, prevede che i relativi volumi potranno essere
distribuiti, oltre che agli iscritti ai Collegi dei Geometri di Cosenza, Catanzaro, Crotone e Vibo Valentia, ad enti ed istituzioni culturali calabresi e nazionali, con esplicita esclusione dei Comuni.
A tal fine, nel rispetto del canone ermeneutico dettato dall'art. 1362 del Cod. Civ., ritengo che la clausola sopra ricordata, nella
comune intenzione delle parti contraenti così come emergente dall'intero regolamento negoziale, debba essere interpretata in senso restrittivo, nel senso che con la locuzione "istituzioni culturali calabresi e nazionali" si debba intendere quegli organismi che
abbiano una pubblica e riconosciuta rinomanza nel campo della produzione e diffusione della cultura, quali, ad esempio, atenei,
accademie di antica origine et similia.
È evidente, pertanto, che le richieste di gratuita distribuzione che perverranno dovranno essere attentamente valutate dall’Ente
da lei presieduto, al fine di non incorrere in inadempimenti del contratto che potrebbero esporre l'ente a richieste risarcitorie dell'Autore, o dei suoi danti causa.
L'occasione mi è gradita per inviarle i miei più cordiali saluti.
Cosenza, 20 settembre 2006
avv. Pietro Romano
34
Attività di categoria
n. 5-6/2006
comitato regionale geometri di calabria
UNIVERSITÀ DELLA CALABRIA
I LAUREATI IN SCIENZE GEO-TOPO-CARTOGRAFICHE,
ESTIMATIVE, TERRITORIALI ED EDILIZIE
Sedute del 25 luglio e 24 ottobre 2006
Studente
Indirizzo
Data
Dipartimento / Stage
Relatore
Eco-Ambientale
24.10.2006
Fisica
Prof. Ignazio Guerra
Geo-Topo-Cartografico
24.10.2006
Eco-Ambientale
24.10.2006
Fisica
Prof. Ignazio Guerra
Luigi Curia
Geo-Topo-Cartografico
25.7.2006
Difesa del suolo
Prof. Massimo Veltri
Luca Curia
Geo-Topo-Cartografico
24.10.2006
Pianificazione Territoriale
Prof. Giuseppe Artese
Giuseppe Dodaro
Geo-Topo-Cartografico
24.10.2006
Pianificazione Territoriale
Prof. Giuseppe Artese
Pietro Frustagli
Geo-Topo-Cartografico
24.10.2006
Anas - CZ
Prof. Giuseppe Artese
Eco-Ambientale
24.10.2006
Scienza della terra
Prof. Eugenio Barrese
Giovanni Marchio
Geo-Topo-Cartografico
25.7.2006
Pianificazione Territoriale
Ing. Rosolino Vaiana
Gianluca Pingitore
Eco-Ambientale
25.7.2006
Pianificazione Territoriale
Ing. Rosolino Vaiana
Giorgio Procopio
Geo-Topo-Cartografico
24.10.2006
Fisica
Prof. Ignazio Guerra
Ottavio Procopio
Geo-Topo-Cartografico
24.10.2006
Fisica
Prof. Ignazio Guerra
Raffaele Toteda
Eco-Ambientale
24.10.2006
Pianificazione Territoriale
Prof. Giuseppe Artese
Vincenzo Anania
Saverio Borrelli
Vincenza A. Chiaravalloti
Carla Maione
Pianificazione Territoriale
Prof. Giuseppe Artese
Immatricolazioni Anno Accademico 2006-2007
Tabella 1: Diploma di maturità conseguito
dagli studenti immatricolati
Tabella 3: Provincia di residenza degli
studenti immatricolati
Istituto
Ist. Tecn. Geometri
Ist. Tecn. Industriale
Ist. Tecn. Commerciale
Ist. Prof. servizi comm.
Liceo Classico
Liceo Scientifico
Liceo Magistrale
Maturità professionale
Altra Maturità Tecnica
Altra Maturità
Totale
Provincia
Numero
Catanzaro
13
Cosenza
67
Crotone
7
Reggio Calabria
6
Vibo Valentia
7
Totale
100
Numero
47
9
3
1
3
12
1
1
5
18
100
Perc.
47,0%
9,0%
3,0%
1,0%
3,0%
12,0%
1,0%
1,0%
5,0%
18,0%
100,0%
Tabella 2: Sesso degli studenti immatricolati
Sesso
Numero
Perc.
Maschi
85
85,0%
Femmine
15
15,0%
Totale
100
100,0%
Tabella 4: Voto di Maturità
in 100esimi
Numero
60 - < 70
34
70 - < 80
22
80 - < 90
12
90 - 100
25
Totale
93
in 60esimi
36 - < 40
2
40 - < 50
4
50 - < 60
1
Totale
7
Perc.
13,0%
67,0%
7,0%
6,0%
7,0%
100,0%
%
36,56%
23,66%
12,90%
26,88%
28,57%
57,14%
14,29%
Tabella 5: Anni di conseguimento della
maturità dagli studenti immatricolati
Anno diploma Numero
%
1975
1
1,0%
1979
1
1,0%
1982
2
2,0%
1991
1
1,0%
1997
2
2,0%
2001
2
2,0%
2003
3
3,0%
2004
6
6,0%
2005
10
10,0%
2006
72
72,0%
Totale
100
100,0%
35
Attività di categoria
n. 5-6/ 2006
comitato regionale geometri di calabria
DIRETTIVE C.N. SUL PRATICANTATO - MODIFICHE
«Si comunica che il Consiglio Nazionale ha apportato delle modifiche alle direttive sul praticantato
vigenti dal 5 aprile 2002.
Le modifiche si sono rese necessarie alla luce dei quesiti posti dai vari Collegi, nonchè di nuove leggi
intervenute (ad esempio l’abolizione del servizio di leva). Nello specifico le modifiche riguardano gli artt.
2, 4, 14 e 18.
Art. 2 e 4. - Viene stabilito che l’iscrizione al registro dei praticanti deve avvenire nel luogo di svolgimento del praticantato stesso. in altre parole il tirocinio è consentito ovunque senza vincoli di iscrizione
nel comune di residenza. Il controllo sul praticantato viene quindi affidato al Collegio nella cui circoscrizione il praticante svolde di fatto il praticantato.
Di conseguenza viene modificato l’art. 4 che disciplina le modalità di trasferimento del praticante e
viene eliminato il precedente art. 7 che permetteva lo svolgimento del praticantato esclusivamente nel
comune di residenza o al massimo in uno di quelli confinanti.
Art. 14. - A seguito dell’entrata in vigore della legge che abolisce il servizio di leva obbligatorio, è stato modificato l’art. 14 (ex. art. 15) consentendo a chi svolge il servizio civile di interrompere il praticantato e successivamente di poter effettuare il ricongiungimento.
Art. 18. - Qualora le convenzioni previste dal presente articolo siano stipulate direttamente dal Consiglio Nazionale, ed abbiano finalità tecnico professionali, il periodo di pratica potrà essere riconosciuto ai
fini dello svolgimento del praticantato, per la durata massima di 12 mesi.»
VALORI DI PERICOLOSITÀ SISMICA DEL TERRITORIO NAZIONALE
Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia - Sez. di Milano
Comunicato
L'Ordinanza del Presidente del Consiglio del Ministri del 28 aprite 2006, numero 3519, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell'll maggio 2006, contiene i "criteri generali per l'individuazione delle zone sismiche e per la formazione e l'aggiornamento degli
elenchi delle medesime zone", e assegna alla mappa di pericolosità sismica denominata MPS04, predisposta da INGV e ivi pubblicata, il ruolo di riferimento ufficiale per eventuali aggiornamenti della classificazione sismica de! territorio da parte delle Regioni,
che ne hanno la competenza.
A seguito dell'Ordinanza citata è stato aggiornato il sito web http://zoneslsmiche.mi.ingv.lt/ cui ora si accede previa registrazione, allo scopo di monitorare gli accessi.
Il sito offre, oltre al materiale illustrativo, i valori di pericolosità sismica standard (10% di probabilità di superamento in 50
anni) calcolati su grìglia con passo 0.05° e 0.02°. Tali valori sono presentati mediante mappe e tabelle scaricabili. Il sito consente
anche di consultare le norme tecniche e le mappe di classificazione sismica dal 1984 in poi. E' anche possibile inviare commenti e
quesiti.
In aggiunta, un link permette il collegamento al sito del progetto INGV-DPC SI http://esse1.mi.ingv.it/r nel quale sono disponibili ulteriori dati di pericolosità sismica:
• i valori di pericolosità sismica relativi ad altre 7 probabilità di superamento in 50 anni;
• i valori di accelerazione spettrale relativi a 10 periodi di interesse ingegneristico per 8 probabilità di superamento in 50 anni
(in totale 80 insiemi di valori di pericolosità).
Questi dati sono calcolati su griglia con passo 0.05°; anch'essi sono presentati mediante mappe a scala nazionale e tabelle scaricabili.
A breve gli insiemi di dati saranno visualizzabili e interrogabili mediante Interfaccia WebGis opportunamente realizzata.
Con questa operazione INGV mette a disposizione dell'utenza scientifica, tecnica e amministrativa un insieme di dati aggiornato e qualificato direttamente utilizzabile per scopi di progettazione e di protezione civile. Nell'occasione vogliamo ringraziare
tutti coloro che hanno contribuito alla riuscita di questa operazione.
15 Ottobre 2006
Gian Michele Calvi, Carlo Meletti e Massimiliano Stucchi
36
Attività di categoria
n. 5-6/2006
comitato regionale geometri di calabria
LEGGE 4 AGOSTO 2006 N. 248
Consiglio Nazionale Geometri - Prima informativa
Il Supplemento Ordinario alla “Gazzetta Ufficiale” n. 186 dell’11 agosto 2006 -Serie generale - pubblica la legge 4 agosto 2006 n° 248 ed il testo coordinato del decreto legge 4 luglio 2006 n° 223 con la relativa legge di conversione.
In relazione alle disposizioni introdotte dall’entrata in vigore della Legge 248/06, lo scrivente Consiglio Nazionale intende fornire un primo, specifico contributo che consenta agli Organismi di categoria uniformità interpretativa e di comportamento.
Hanno sicuramente notevole rilevanza i disposti contenuti nell’articolo 2 (disposizioni urgenti per la tutela della concorrenza nel settore dei servizi professionali), nell’articolo 35 (misure di contrasto dell’evasione e dell’elusione fiscale), nell’articolo 36 (recupero di base imponibile) e nell’articolo 37 (disposizioni in tema di accertamento, semplificazione e altre
misure di carattere finanziario) della nuova legge.
Passando ad un esame più specifico dell’articolato si osserva che il comma 1 dell’articolo 2 della legge 4 agosto 2006 n°
248 abroga le disposizioni legislative e regolamentari che prevedevano, con riferimento alle attività libero-professionali ed
intellettuali:
a) l’obbligatorietà delle tariffe professionali fisse o minime ovvero il divieto di pattuire compensi parametrati al raggiungimento degli obiettivi perseguiti; b)il divieto di svolgere pubblicità informativa; - comporta l’eliminazione delle norme
legislative e regolamentari che vietavano la pubblicità; c) il divieto di fornire servizi professionali di tipo interdisciplinare
da parte di società di persone od associazioni tra professionisti
Il comma 12 dell’art. 35 prevede l’obbligo di tenere uno o più conti correnti bancari o postali ai quali far affluire le somme riscosse nell’esercizio dell’attività professionale; impone altresì che i compensi siano riscossi esclusivamente mediante
assegni non trasferibili o bonifici bancari, salvo che per importi unitari inferiori a 100,00 euro. Il limite dei 100,00 euro, per
il primo anno è elevato a 1.000,00 euro e, per il secondo anno, è limitato a 500,00 euro.
La Circolare n° 28E del 04/08/2006 dell’Agenzia delle Entrate precisa che i conti correnti - bancari o postali - non
necessariamente devono essere “dedicati esclusivamente” all’attività professionale, ma possono essere utilizzati anche per
le operazioni non riguardanti l’esercizio della professione.
Il comma 24 dell’art. 36 impone l’obbligo, ai sostituti di imposta, di effettuare la ritenuta d’acconto IRPEF (pari al 20%)
sui compensi relativi a prestazioni di lavoro autonomo, anche non abituale, derivanti da obblighi di fare, non fare o permettere relativi a redditi diversi ai sensi del comma 1, lettera 1) art. 67 TUIR: Tale obbligo vale a partire dal 04/07/2006.
I punti 2 e 3 del comma 27 dell’art. 36 prevedono che le perdite delle società semplici e della associazioni derivanti dall’esercizio di arti e professioni vengono imputate a ciascun socio nella proporzione stabilita dall’art. 5 del DPR n. 917/86.
Tali perdite verranno computate in diminuzione dei relativi redditi conseguiti nei periodi di imposta e, per differenza, nei
successivi periodi.
Il punto 29 del comma 27 dell’art 36 modifica l’art. 54 del TUIR (Testo Unico delle Imposte sui Redditi) di cui al DPR
917/86 specificando che concorrono a formare il reddito i corrispettivi percepiti a seguito di cessione della clientela o di elementi immateriali comunque riferibili all’attività artistica o professionale oltre che le plusvalenze o minusvalenze dei beni
strumentali se tali beni vengono destinati al consumo personale o familiare dell’esercente l’arte o la professione od a finalità
estranee alla professione. E’ previsto che il professionista possa dedurre integralmente tutte le spese sostenute dal committente per proprio conto, purché da quest’ultimo vengano addebitate nella fattura.
Il comma 15 dell’art. 37 introduce la definizione dei “contribuenti minimi in franchigia”. Si tratta di un nuovo regime
IVA destinato a persone fisiche esercenti attività commerciali, agricole e professionali che non effettuano esportazioni e che
realizzano un volume d’affari non superiore a 7.000,00 euro. Questi soggetti, esonerati dal versamento dell’IVA, vengono
individuati attraverso un numero speciale di partita IVA, attribuito direttamente dall’Agenzia delle Entrate. Per i dettagli, in
merito a questo particolare regime, si rinvia alla Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 28/E del 04/08/2006.
Con questa circolare si intendono fornire alcuni spunti di riflessione in ordine alle novità introdotte dalla legge 248/2006.
Ulteriori approfondimenti saranno tempestivamente forniti non appena questo Consiglio sarà in possesso di contributi più
qualificati e specifici da parte di esperti del settore.
Il Presidente
Piero Panunzi
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Attività di categoria
n. 5-6/ 2006
comitato regionale geometri di calabria
DISPOSIZIONI IN MATERIA DI STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE
Garante del contribuente per la Calabria
La figura del Garante, pur in assenza di adeguata pubblicizzazione, cominci a radicarsi nella coscienza dei contribuenti, superando la loro
iniziale ritrosia a rivolgersi ad un Organo che, seppure operante per legge in piena autonomia,’ non appariva indipendente dagli Uffici dell’Amministrazione finanziaria.
È ragionevole ritenere che, ove dovesse concretizzarsi l’auspicata revisione dell’art. 13 della legge 212/2000 mediante un sostanziale
rafforzamento dei poteri del Garante, si potrà meglio perseguire l’obiettivo della piena eguaglianza tra il cittadino-contribuente e l’ente impositore, migliorandone il rapporto fiduciario ed attuando appieno le norme dello Statuto, nel solco dei diritti riconosciuti al cittadino-contribuente dalla Carta Costituzionale.
Si ritiene, opportuno citare alcune problematiche affrontate da questo Garante nel semestre in rassegna:
I. Nei confronti di un professionista, per l’anno d’imposta 1999, un Ufficio locale delle Entrate accertava un reddito determinato in base a
“parametri”, ritenendo di non poter accedere alla richiesta avanzata dallo stesso contribuente di ottenere la determinazione del reddito mediante
l’applicazione dell’apposito studio di settore, in quanto “pur essendoci la quasi congruità tra il reddito calcolato e quello dichiarato, non si verificava la coerenza della resa oraria “ e richiamava in proposito la Circolare n. 25/E del 14/03/2001
Le spiegazioni del contribuente sulla “incoerenza della resa oraria” erano state disattese dall’Ufficio, senza alcuna giustificazione oltre
quella di un asettico richiamo alla circolare summenzionata.
Questo Garante, considerato che tale incoerenza, in concreto, si traduceva in una lievitazione del compenso accertabile con lo studio di settore da lire 1.454.000 a ben lire 22.190.000, per come indicato sull’avviso di accertamento basato sui parametri, ha ritenuto di intervenire sulla
vicenda, rammentando all’Ufficio che gli strumenti induttivi di accertamento dei redditi debbono essere inquadrati all’interno del criterio fissato dall’art. 53 della Costituzione, il quale esclude che il reddito possa essere determinato in maniera automatica ed a prescindere dall’effettiva
capacità contributiva del soggetto sottoposto a verifica, ed invitandolo a voler riesaminare, in autotutela, l’avviso di accertamento emanato,
informando il contribuente e quest’Organo sulle determinazioni che, nella riconosciuta autonomia, avrebbe adottato.
L’intervento di questo Garante non ha trovato l’adesione dell’Ufficio che si è limitato a sottolineare “Il pieno rispetto della legge e della
prassi amministrativa cui l’Ufficio deve uniformarsi, senza indugiare in valutazioni circa la coerenza e logica interna degli atti normativi”
ed affermare che “una tale discrezionalità, basata sul solo “buon senso” si presterebbe ad una pericolosa, in quanto arbitraria, interpretazione delle disposizioni omissis”.
Questo Garante, avendo ritenuto assolutamente insoddisfacente la risposta avuto riguardo alla peculiarità del caso sottoposto, ha investito
della questione la Direzione Regionale.
A seguito di tale ultimo intervento, il contribuente è stato invitato dal competente Ufficio locale a fornire ogni elemento utile per agevolare una definizione bonaria della controversia tributaria.
II. Caso degno di segnalazione è quello concernente la registrazione di una semenza di condanna al risarcimento di danno per fatto costituente reato.
Un Ufficio locale dell’Agenzia delle Entrate, interessato alla registrazione della sentenza in questione, ha preteso che la richiesta di registrazione a debito promanasse dal Cancelliere del Tribunale che tale sentenza aveva emesso.
Il Cancelliere, al contrario, ha ritenuto che la registrazione a debito dovesse essere eseguita d’ufficio, senza alcuna richiesta in tal senso
da parte sua.
Nel contrasto fra le due tesi (quella dell’Ufficio tributario è, per la verità, suffragata dalla Risoluzione Ministeriale n. 350 del 17 novembre 1994) l’Agenzia delle Entrate ha liquidato i tributi di registro ed accessori, notificando il conseguente avviso sia al convenuto, autore del
reato, condannato, sia all’attore danneggiato.
Lo scrivente è dell’opinione che la notifica dell’avviso di liquidazione all’attore non sia stata corretta, e quindi abbia costituito un caso di
prassi amministrativa anomala, alla luce delle considerazioni che seguono.
Va, innanzitutto, osservato che la regola fissata dall’art, 16, comma 1, del D.P.R. n. 131/1986, secondo cui la registrazione è eseguita previo pagamento dell’imposta liquidata dall’Ufficio, trova le limitazioni di cui all’art. 59 del medesimo decreto, laddove sono previsti quattro
casi di “registrazione a debito” cioè “senza il contemporaneo pagamento delle imposte dovute”.
Tra questi, innovando sulla disciplina del precedente art. 57 del D.P.R., n. 634 del 1972, sono state incluse “le sentenze che condannano
al risarcimento del danno prodotto da fatto costituente reato”.
La non conformità a legge dell’indicata prassi è confermata anche dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 414 del 6 luglio 1989, la
quale chiarisce che l’innovazione “si basa” (come si legge negli atti parlamentari) “non su un principio di carattere tributario, bensì su considerazioni etico-morali, in quanto si tende a non gravare il danneggiato dal reato di ulteriori spese”, considerata l’aleatorietà dell’azione di
rivalsa contro il danneggiante”.
In questo caso (prosegue il Giudice Costituzionale), secondo le istruzioni impartite dal Ministero delle Finanze “gli Uffici che riceveranno le
sentenze di cui sopra procederanno alla registrazione a debito con le modalità di cui al successivo art. 60, ma, ai sensi del secondo comma di tale
ultimo articolo, il recupero dell’imposta prenotata potrà essere effettuato soltanto nei confronti della parte obbligata al risarcimento, dovendosi
considerare per questa fattispecie non applicabile il principio della solidarietà di cui al precedente art. 57”.
Questa tesi, che induce ad individuare nella previsione di cui all’art. 59, lett. D) del citato DPR 131 un caso di esclusione dalla solidarietà
tributaria, è condivisa anche da autorevole dottrina (cfr. Giovanni Donnamaria - L’imposta di registro nei testi unici - D.P.R. 26/4/1986, n.
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Attività di categoria
n. 5-6/2006
comitato regionale geometri di calabria
131), onde appare auspicabile, sul punto, un intervento chiarificatore da parte delle strutture centrali dell’Agenzia delle Entrate.
III. Pure meritevole di segnalazione è la questione riguardante la notifica a mezzo posta operata da un Comune in riferimento ad avvisi
d’accertamenti ICI.
Il Comune stesso, pur riconoscendo che gli atti d’accertamento sono pervenuti al contribuente in data 5 gennaio 2001, e quindi oltre il
termine ultimo previsto del 31 dicembre 2000, ha sostenuto che, in ogni caso, gli atti in parola sono da ritenere notificati nei termini in quanto per la verifica del rispetto, da parte del soggetto attivo, del termine di decadenza, si deve fare riferimento alla data di spedizione dell’arto,
che risulta essere stata quella del 29 dicembre 2000.
La tesi del Comune appare palesemente ricavata dall’ordinanza della Corte Costituzionale n. 329 del 29 dicembre 2000 (che ha dichiarato la
manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 16, comma 5, 53, comma 2, e 20, comma 1, del D.Lgs. 31 dicembre
1992, n. 546, recante “Disposizioni sul processo tributario”) e dalla sentenza n. 447 del 26 novembre 2002, della medesima Corte (che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del combinato disposto dell’art. 149 del codice di proceduta civile e dell’art. 4, terzo comma, della legge 20
dicembre 1982, n. 89, nella parte in cui prevede che la notificazione si perfeziona, per il notificante, alla data di ricezione dell’atto da parte del
destinatario anziché a quella, antecedente, di consegna dell’atto all’Ufficiale Giudiziario).
Si tratta, però, di richiamo assolutamente non pertinente, tenuto conto le pronunce della Corte hanno rilevanza soltanto in riferimento alle
norme ivi richiamate e non possono, per estensione analogica, riguardare altra normativa non investita, a quanto risulta, da eccezione di incostituzionalità qual’è quella prevista da D.Lgs 30 dicembre 1992, n. 504, che, all’art. 11, comma 2, espressamente stabilisce che, in materia di
ICI, l’avviso deve essere notificato anche a mezzo posta mediante raccomandata con avviso di ricevimento, a pena di decadenza entro il 31
dicembre … del quinto anno successivo a quello in cui dichiarazione o la denunzia avrebbero dovuto essere presentate ... (fatta salva la proroga disposta con l’art. 30, comma 10, della legge 23/12/1999 n. 488).
Il tenore della disposizione non lascia dubbi, a giudizio di questo Garante, sul fatto che entro il termine previsto da tale ultima disposizione abbia carattere sostanziale, e non processuale, con l’ovvia conseguenza che il provvedimento di accertamento debba entrare nella sfera
cognitiva del contribuente entro detto termine.
IV). L’ultima problematica di rilievo ha investito la questione relativa al termine di notifica delle cartelle esattoriali ih vigenza dell’art. 25
del D.P.R. 29 settembre 973, n. 602, come modificato dall’art. 11 del D.Lgs 26 febbraio 1999, n. 46.
Il detto termine, che contemplava la notifica entro l’ultimo giorno del quarto mese successivo alla data di consegna dei ruoli, è stato ritenuto di natura ordinatoria dal Concessionario interessato, quale termine interno al rapporto fra l’ente impositore e l’ente incaricato della
riscossione, per cui la notifica al contribuente poteva eseguirsi nell’ordinario termine decennale di prescrizione. Il Concessionario in questione, al quale era stata eccepita la tardività della notifica di alcune cartelle esattoriali in quanto poste in essere oltre i quattro mesi sopra citati,
ha richiamato la conforme giurisprudenza di numerose Commissioni Tributarie Provinciali, ma questo Garante ha ritenuto di dover evidenziare come la giurisprudenza di merito non sia assolutamente concorde sull’argomento ed ha sottolineato come alle sentenze delle Commissioni Tributarie Provinciali richiamate dal Concessionario si contrappongano altre di segno opposto, tra le quali anche la Sentenza n. 10 del 7
gennaio 2004 della Suprema Corte di Cassazione, tutte concordi nel dichiarare la perentorietà del termine in questione.
Quanto, poi, all’affermazione secondo cui un termine non è perentorio se non è dichiarato tale dal legislatore, lo scrivente ha richiamato
l’ordinanza n. 107 dell’ 1/04/2003 della Corte Costituzionale dove si legge “che il carattere perentorio di un termine non deve necessariamente risultare esplicitamente dalla norma, potendosi desumere dalla funzione, ricavabile con chiarezza dal testo della legge, che il termine è
chiamato a svolgere”. Ciò significa che non sempre è valido l’assunto secondo cui un termine è perentorio solo se dal legislatore è qualificato
come tale, dovendosi per contro demandare all’interprete giurisprudenziale la natura del termine di volta in volta assunto in giudizio.
I Componenti
Il Presidente
Salvatore Muleo
Costantino Salvatore
Sebastiano Timpano
FRANCESCO GALLINA CI HA LASCIATO
Il 6 settembre scorso, nella sua casa di Cosenza, a 82 anni, si è spento il caro amico Francesco
Gallina nato a Corigliano il 14 marzo 1924. Già costruttore, presidente dell'Ente Scuola Edile di
Cosenza, docente negli istituti tecnici, fondatore e poi vicepresidente del Consiglio dell'Ordine dei
Giornalisti di Calabria nonché redattore di numerosi quotidiani, per molti anni dalla sua istituzione fino alla morte è stato eccellente e valido direttore responsabile de Il Quotidiano.
Dalle straordinarie doti umane e professionali, signore dell'informazione, dopo il giornalismo, i
familiari e la sua cittadina natale aveva nel cuore gli amici.
Tanto è stato e ancora sarà detto e scritto di lui. La Stadia lo ricorda come grande estimatore dei
geometri e come socio fondatore di Geo-Metra, l'associazione culturale on-lus costituita il 25 ottobre 2003, a cui con entusiasmo volle aderire fin dall'inizio, nonostante un suo temporaneo impedimento fisico.
Giuseppe Caterini
39
Attività di categoria
n. 5-6/ 2006
comitato regionale geometri di calabria
RICHIESTA SEMPLIFICAZIONE PROCEDURE
RILASCIO AUTORIZZAZIONE PAESAGGISTICA
Prot. n. 2200/GC
0961/773607
0984/74987
Cosenza, 5.12.2006
Ill.mo Signor
Presidente Giunta Regione Calabria
88100 - Catanzaro
Ill.mo Signor
Soprintendente B.A.P. per la Calabria
87100 - Cosenza
Ill.mi Signori
Presidenti Amministrazioni Provinciali
Catanzaro, Cosenza, Crotone, Reggio C. e Vibo V.
Questa presidenza ha ricevuto da numerosi iscritti le doglianze il cui testo si trascrive integralmente:
«In riferimento al seminario di aggiornamento professionale ad argomento “codice dei beni culturali… e relazione paesaggistica” del 24 ottobre 2006, di sicuro successo per il ns. Collegio, è da rilevare la totale chiusura dei ns. amministratori regionali e provinciali all’eventualità di semplificare gli adempimenti previsti dall’art. 3 del DPCM 12 dicembre 2005, infatti altre
regioni a noi vicine si sono già adoperate in tal senso. Si evidenzia l’esempio della Regione Basilicata che ogni volta sembra
oscurare e mortificare la nostra Calabria con leggi tempestive e snelle volte sia alla tutela dei cittadini sia del territorio.
Ricordiamo la tutela ambientale a Maratea nonché di tutto il patrimonio storico-ambientale dell’intera regione. Si riporta
testualmente la notizia apparsa su Edilizia e Territorio n. 40 del 21.10.2006:
“REGIONE BASILICATA-DIREZIONE REGIONALE PER I BENI CULTURALI E PAESAGGISTICI. ACCORDO PER LA SEMPLIFICAZIONE DELLA
RELAZIONE PAESAGGISTICA PREVISTA DALL’ART. 3 DEL DPCM 12 DICEMBRE 2005.
La Basilicata semplifica le procedure per la presentazione della relazione paesaggistica, il documento previsto dal Codice
Urbani, che correda le domande di autorizzazione paesaggistica. Sfruttando una possibilità concessa dall’art. 3 del Dpcm 12
dicembre 2005 (che ha dato attuazione a quanto previsto dall’art. 146, comma 3 del Codice dei beni culturali e del paesaggio),
la Regione ha infatti siglato un accordo con la Direzione regionale per i Beni culturali e paesaggistici. La relazione completa
(così come prevista dal Dpcm) resta in piedi soltanto per le opere a maggiore impatto, per le quali è necessaria un’analisi
approfondita: realizzazione di nuove strade statali, provinciali e comunali extraurbane; apertura, ampliamento e recupero di
cave; sistemazioni idrauliche e invasi; trasformazioni agrarie e tagli forestali non assimilabili a ordinaria manutenzione o
taglio colturale, opere pubbliche o private di volumetria non inferiore a 3mila mc fuori terra o che possono apportare variazioni consistenti al contesto panoramico. La relazione semplificata (la cui struttura è già prescritta dal Dpcm: è richiesto un minimo di documentazione progettuale e fotografica) sarà applicabile invece per le varianti in corso d’opera (senza variazione
sostanziale del progetto), tagli di alberi isolati o a filari, opere di manutenzione ordinaria e straordinaria, ristrutturazione di
edifici che non abbiano valore storico-artistico, installazione di insegne pubblicitarie, occupazione temporanea di suolo pubblico o privato senza movimento terra (esclusi gli impianti di betonaggio e conglomerati bituminosi), edifici nei centri abitati
con volumetria fino a 1200 mc fuori terra, edifici rurali fino a 900 mc fuori terra, infrastrutture a rete non ricadenti in zone
boscate o alvei fluviali, urbanizzazioni primarie, recinzioni e contenimenti.”
Non si comprende, per quale arcano motivo, i nostri governanti locali invece di snellire le procedure cerchino di ostacolare
e complicare l’operato dei tecnici quasi fossero dei nemici da combattere, trasformando oramai il nostro lavoro in un calvario.
Sarà difficile spiegare ai nostri clienti che per realizzare una recinzione è necessaria la stessa documentazione tecnica di una
mega-struttura alberghiera e, quindi, è auspicabile che la Regione Calabria, sull’esempio di altre Regioni, impartisca precise
indicazioni sulle opere da assoggettare al regime esemplificativo e quelle a procedura normale. Intanto a noi, poveri cristi, non
ci resta altro che pregare. Solo il nostro Collegio, con autorità e fermezza, potrà intercedere, presso la Regione Calabria per
dare una svolta a questa situazione d’inerzia. Questo sfogo è un segno di malessere sentito da tutti i colleghi, geometri e non,
che oggi più che mai avvertono la chiusura, la mancanza di dialogo, la lontananza e l’arretratezza delle istituzioni».
Si chiede pertanto di conoscere con tempestività la determinazione che le SS.LL. intendono adottare nel merito.
Il presidente
Dr Geom. Giuseppe Caterini
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Attività di categoria
n. 3-4/2006
collegio di catanzaro
INIZIATIVE E RIUNIONI
giugno 2006
30
Partecipazione al Seminario in materia di sicurezza promosso dall'AIAS
30
Consiglio Direttivo
luglio
13
Comitato Consulenti tecnici Tribunale di Catanzaro
settembre
4
Inaugurazione sportello catastale decentrato Comunita' Montana Presila Catanzarese
11
Riunione Comune di Catanzaro - problematiche connesse alle emergenze del territorio cittadino
12
Riunione sede Comalca - POR CALABRIA 2000/2006 - Stato attuazione e nuova programmazione
15
Consiglio Direttivo
25
Apertura corso di preparazione agli esami di abilitazione alla libera professione di geometra
ottobre
13
Consiglio Direttivo
18
Chiusura corso di preparazione agli esami di abilitazione alla libera professione di geometra
novembre
10
Consiglio Direttivo
dicembre
1
Incontro Comune di Nocera Torinese - presentazione progetto preliminare Piano Strutturale comunale
1
Comitato Consulenti tecnici Tribunale di Lamezia Terme.
AGGIORNAMENTO ALBO
Iscrizioni
Dario Cardamone nato il 07/04/1981 a Catanzaro residente in Catanzaro, iscritto al n° 2996
Raffaele Pilato nato il 26/01/1974 a Santa Caterina sullo Jonio residente in Santa Caterina sullo Jonio, iscritto al n° 2997
Alessio La Porta nato il 19/05/1982 a Catanzaro residente in Cropani, iscritto al n° 2998
Antonio Cortese nato il 06/05/1982 a Catanzaro residente in Cropani, iscritto al n° 2999
Vito Bertucci nato il 27/07/1981 a Chiaravalle Centrale residente in Montepaone, iscritto al n° 3000
Teresa Valerio nato il 30/09/1976 a Catanzaro residente in Catanzaro, iscritto al n° 3001
Antonio Rattà nato il 14/11/1981 a Catanzaro residente in Soverato, iscritto al n° 3002
Cancellazioni per trasferimento
Salvatore Pullano, nato il15/06/1967, trasferito a Lecco, decorrenza 24/03/2006
Cancellazioni per dimissioni
Vincenzo Panzera, n° 1455, decorrenza 13/10/2006
CORSO PROPEDEUTICO AGLI ESAMI DI ABILITAZIONE ALLA LIBERA PROFESSIONE
25 settembre - 18 ottobre 2006
Un aspetto della sala
Da sin.: Domenico Mazzei e Nicola Santopolo
41
Attività di categoria
n. 5-6/ 2006
collegio di cosenza
CONVENZIONE CON L’UNICAL PER LE ATTIVITÀ DI TIROCINIO PROFESSIONALE
tra il Collegio Provinciale dei Geometri di Cosenza, e l’Università della Calabria per l’attuazione delle attività di tirocinio
previste per i laureati della classe 7 ai fini dell’esame di stato per l’abilitazione all’esercizio della professione.
L’Università della Calabria nella persona del Rettore Prof. Giovanni Latorre, e il Collegio Provinciale dei Geometri di Cosenza
nella persona del suo Presidente Geom. Giuseppe Caterini
preso atto del D.P.R. 328/2001, il quale, secondo il disposto degli artt. 6 e 55, prevede che le attività di tirocinio siano definite
nell’ambito di specifiche convenzioni tra Ordini e Collegi Provinciali e Università;
considerato che dette attività di tirocinio possono essere svolte, in tutto o in parte durante il corso degli studi (art. 6, comma 1);
preso atto del regolamento per le attività di tirocinio universitario emanato dal Consiglio Nazionale Geometri;
convengono e stipulano quanto segue:
Art. 1 - Definizione di tirocinio. Il tirocinio è inteso come un sistema di opportunità per l’apprendimento e lo sviluppo di competenze professionali ed il progressivo inserimento del laureando nella propria categoria professionale.
Tale sistema di opportunità si fonda sul riconoscimento del valore formativo dell’esperienza diretta, assistita dai professionisti esperti
appartenenti alla stessa categoria professionale del tirocinante.
Il tirocinio, in particolare, rende possibile o facilità il conseguimento dei seguenti obiettivi:
a. la comprensione di legami tra teoria e pratica professionale, mediante l’introduzione del tirocinante in contesti lavorativi differenziati;
b. la selezione, ridefinizione e la riorganizzazione delle metodologie proprie della professione, in relazione alle problematiche
tipiche delle attività professionali.
Art. 2 - Caratteristiche del tirocinio. Data la finalità professionalizzante del tirocinio, di esso vanno precisate le seguenti caratteristiche:
a) Durata: in conformità alle disposizioni degli artt. 6 e 55 del D.P.R. 328/2001, il tirocinio ha durata semestrale; tenuto conto che il
tirocinio può essere svolto in tutto o in parte durante il corso di studi, e che l’unità di misura con cui, in base ai nuovi ordinamenti universitari, le attività formative sono quantificate è il Credito Formativo Universitario (1 CFU = 25 ore di impegno individuale), il semestre
predetto dovrà corrispondere ad almeno 15 CFU, da acquisire mediante lo svolgimento di uno stage presso strutture interne o esterne
all’Università ed il superamento di esami relativi ad insegnamenti di discipline strettamente affini all’argomento oggetto dello stage.
b) Collocazione: il tirocinio professionale può essere svolto a partire dal 2° trimestre del II° anno di corso, secondo un’articolazione
dell’orario che garantisca agli studenti una presenza nelle sedi di tirocinio adeguata agli obiettivi formativi prefissati e sia compatibile con
l’organizzazione delle attività didattiche istituzionali.
c) Sedi: il tirocinio può essere svolto in strutture esterne all’università, presso sedi riconosciute da questa di concerto col Collegio Provinciale.
d) Contenuti delle attività di tirocinio: le attività di tirocinio devono essere finalizzate all’acquisizione delle competenze professionali;
come definite dal D.P.R. 328/2001, che risultino comunque congruenti rispetto all’attività professionale futura.
Art. 3 - Requisiti delle sedi di tirocinio. La valutazione dell’idoneità delle strutture pubbliche o private (enti, associazioni, società,
cooperative, studi professionali, ecc.), ad ospitare i tirocinanti, deve avvenire nel rispetto del regolamento emanato dal Consiglio Nazionale Geometri.
Art. 4 - Funzioni del tutor. Il tutor, quale figura professionale interna al Soggetto ospitante le attività di tirocinio, è preposto all’assistenza del tirocinante ed alla supervisione del suo operato. Nello specifico il tutor svolge le seguenti funzioni:
a) Introduzione del tirocinante nel contesto professionale (istituzionale, interpersonale, tecnico-strutturale);
b) Predisposizione, congiuntamente al tirocinante, di una specifica programmazione del tirocinio, con riferimento agli obiettivi, metodi e fasi operative;
c) Controllo e supervisione, mediante adeguata assistenza e costante monitoraggio, dell’operato svolto dal tirocinante;
d) Svolgimento, ove necessario, di una funzione didattica aggiuntiva;
e) Valutazione consuntiva del tirocinio, con riferimento ai risultati formativi conseguiti dal singolo tirocinante.
Art. 5 - Verifica di efficacia e Commissione paritetica. L’efficacia dell’attività di tirocinio è sottoposta periodicamente ad una verifica. Detta verifica viene svolta da un’apposita Commissione paritetica composta da tre rappresentanti dell’Università della Calabria e tre
rappresentanti del Collegio Provinciale di Cosenza.
Art. 6 - Accordi integrativi. La presente convenzione, per quanto non espressamente in essa disciplinato, è integrata dagli accordi
specifici stipulati tra Università e Collegio Provinciale. Tali accordi dovranno risultare conformi alla disciplina contenuta nel Regolamento di tirocinio emanato dal Consiglio Nazionale Geometri, oltre a quella stabilita dalle direttive per i Collegi Provinciali.
Art. 7 - Durata della convenzione. La presente convenzione ha la durata di tre anni dalla data della sua sottoscrizione e si estende tacitamente rinnovata per ulteriori tre anni, salvo esplicita ichiesta di revisione da’una parte di una od entrambe le istituzioni sottoscriventi.
Per l’Università della Calabria
Per il Collegio Provinciale Geometri
Il Rettore
Il Presidente
Giovanni Latorre
Giuseppe Caterini
42
Attività di categoria
n. 5-6/2006
collegio di cosenza
DISPOSIZIONI SUL DIVIETO DI FUMO
Agenzia del Territorio
Roma, 12 luglio 2006
Direzione Centrale degli Affari Generali e Legali
Area Sicurezza e Logistica
Al Collegio Prov. Geometri - Cosenza
Roma
Nel prendere atto di quanto segnalato dal Collegio Provinciale dei Geometri di Cosenza con nota prot. n. 115310/Ge del
28.06.2006, concernente le proteste degli iscritti per gravi disfunzioni riscontrate presso l’Ufficio Provinciale di Cosenza, tra cui “reiterata quotidiana violazione da funzionari et impiegati art. 51 legge n. 3/2003 tutela salute non fumatori”, si precisa quanto segue.
L’art. 32 della Costituzione, al quale si riferiscono tutte le leggi sul divieto di fumare, sancisce la salute come fondamentale diritto
dell’individuo.
La Legge 16 Gennaio 2003, n. 3 art. 51, cui si fa riferimento, impone un generale divieto di fumare nei locali chiusi, pubblici e privati
aperti al pubblico ed ha lo scopo di tutelare i non fumatori dal fumo passivo; uniche eccezioni sono i locali privati non aperti agli utenti e
le aree dei locali pubblici espressamente riservate ai fumatori.
Il Datore di Lavoro, considerato che il principio di fondo delle misure da intraprendere è la tutela della salute del lavoratore, ha il
compito di emanare opportune disposizioni secondo i principi sanciti dall’art. 4 del D.L.vo 19 settembre 1994, n. 626 e s.m.i.; deve, inoltre, adottare le seguenti misure:
- sensibilizzare ed informare il personale dipendente all’osservanza del divieto di fumare;
-designare un numero adeguato di addetti al controllo del rispetto di detto divieto ed alla applicazione delle sanzioni previste;
-far osservare il divieto di fumo in tutti i locali dell’Ufficio;
-dare incarico di apporre i cartelli di divieto di fumo;
Il Dirigente, reggente o il preposto dell’Ufficio, in attuazione della difettiva P.C.M. 14 dicembre 1995 nomina i responsabili (preferibilmente uno per piano) chiamati a far rispettare il divieto di fumo.
I responsabili, una volta nominati, devono vigilare sull’osservanza del divieto e in caso di trasgressione, procedere alla contestazione
e verbalizzazione compilando il modello predisposto.
Si sottolinea che non solo i trasgressori al divieto di fumo, ma anche i dirigenti ed i preposti al controllo che omettono di far rispettare
le disposizioni della legge antifumo, sono soggetti alle sanzioni amministrative di cui all’art. 52, comma 20 della legge 28 dicembre 2001
n. 48.
Poiché la corretta distribuzione della cartellonistica è condizione di legittimità per poter procedere alla contestazione della violazione,
è importante che i cartelli siano affissi in posizioni ben visibili, in particolar modo dove maggiore è l’affluenza dei soggetti.
I Datori di Lavoro, qualora ritengano opportuno e possibile avere nei compendi di propria competenza zone riservate per il fumo (non è
obbligatorio), devono provvedere ad individuare gli spazi necessari secondo le esigenze di ogni singola struttura, di concerto con i dirigenti, reggenti e o preposti, nonché con il responsabile del servizio di prevenzione e protezione.
Ad ogni buon fine, si allega in copia il modello del verbale di accertamento di illecito amministrativo per la violazione del divieto di fumo.
Il Responsabile
Vittorio Fratello
SEMPLIFICAZIONE DELLE PROCEDURE DI PREVENZIONE INCENDI
RELATIVE AI DEPOSITI DI G.P.L. IN SERBATOI FISSI
DI CAPACITÀ COMPLESSIVA NON SUPERIORE A 5 METRI CUBI
D.P.R. 12 aprile 2006, n. 214
Comando Provinciale Vigili del Fuoco
Cosenza
Prot. 8808
Cosenza, 24 luglio 2006
Al Collegio Prov. Geometri - Cosenza
Il D.P.R. in oggetto ha introdotto la nuova procedura ai fini del rilascio del Certificato di Prevenzione Incendi riguardante i depositi di
g.p.l- in serbatoi fissi fino a 5,00 mc.
La semplificazione introdotta si sostanzia nella eliminazione della fase procedimentale del “parere di conformità” di cui al D.P.R.
12.1.98, n. 37 — art. 2 - e nella adozione della sola procedura di richiesta del “Certificato di Prevenzione Incendi”, che, una volta rilasciato, conserva la periodicità stabilita dal D.M. 16.2.82 per l’attività 4B.
Pertanto, ferma restando la osservanza delle norme in materia di installazione richiamata nel D.M. 14.5.2004, si rappresenta che per i
depositi di g.p.l. in serbatoi fissi fino a 5,00 me. dovrà essere attivata la nuova procedura per l’ottenimento del “CRI.”, presentando a questo Comando Provinciale la documentazione indicata all’art. 2 del D.P.R. 12 aprile 2006, n. 214, che per semplificazione si riporta:
a) Istanza da produrre in doppia copia, entrambe in bollo (V. allegato);
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b) Dichiarazione di conformità di cui all’art. 9 della Legge 5 marzo 1990, n. 46, rilasciata ai sensi dell’art. 1, comma 4, del Decreto Legislativo 11 febbraio 1998, n. 32 (V. allegato);
c) Dichiarazione in cui il titolare attesta che sono state rispettate le prescrizioni vigenti in materia di prevenzione incendi e si impegna al
rispetto degli obblighi di cui all’art. 5 del D.P.R. 12 gennaio 1998, n. 37 (in calce all’istanza);
d) Planimetria del deposito, in scala idonea, firmata da un professionista iscritto nel relativo albo professionale e nell’ambito delle specifiche competenze, o dal responsabile tecnico dell’impresa che procede alla installazione del deposito;
e) Attestazione dell’avvenuto pagamento dell’importo dovuto per l’effettuazione del sopralluogo ai sensi degli artt. 1 e 2 della Legge 26
luglio 1965, n. 966 e del D.M. 4.5.98 relativo alla tariffa oraria dovuta per i servizi a pagamento resi dal Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco.
Il Comandante Provinciale
Emilio Occhiuzzi
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SEMINARIO DI AGGIORNAMENTO PROFESSIONALE
“Codice dei beni culturali: integrazioni e criteri di applicazione
Relazione paesaggistica: istruzioni e criteri di applicazione
Verifica attuazione procedure catastali e presentazione atti in via telmatica
Tributi speciali catastali ex art.7 comma 21 D.L 262 del 3.10.2006”
Cosenza, Aula Magna Liceo Scientifico G. Scorza 24 ottobre 2006
Introduzione:
Interventi:
Relatori:
presidente Giuseppe Caterini
ing. Francesco Paolo Cecati, soprintendente del B.A.P. Calabria
ing. Vincenzo Citriniti, direttore dell’Ufficio Prov. Ag. del Territorio di Cosenza
geom. Giancarlo Del Sole, dir. Coord. Rest. Cons. Sopr. B.A.P. Calabria
geom. Piero Ugo Gagliardi, dir. Cons. Rest. Soprintendenza B.A.P. Calabria
geom. Antonio Grembiale, Resp. Area Tecn. Ufficio Reg. Ag. del Territorio
Due aspetti della sala
Introduzione ai lavori di Giuseppe Caterini
Intervento di Francesco P. Cecati
La relazione di Piero Ugo Gagliardi
La relazione di Giancarlo Del Sole
L’intervento di Vincenzo Citriniti
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CODICE DEI BENI CULTURALI: INTEGRAZIONI E CRITERI DI APPLICAZIONE
La relazione del geom. Giancarlo Del Sole*
Sul codice dei beni culturali e del paesaggio voglio portare, a
colleghi e non, il contributo della mia esperienza lavorativa di
ventisette anni di operatore del settore.
L’occasione di cui parlare è, come già detto, il D. L.vo
42/2004 (codice dei beni culturali e del paesaggio) e delle recenti
modifiche introdotte dai D. L.vo 156 e 157 del 2006. Per quanto
mi riguarda mi occuperò in particolare della parte seconda del
codice e cioè dei “beni culturali “ lasciando al mio collega la parte afferente ai beni paesaggistici per la quale sono intervenuti,
come voi sapete, importanti cambiamenti a partire dal maggio e
dal luglio 2006.
L’assetto normativo di cui oggi parliamo ha sostituito nel
2004 il precedente T.U. 490/99 nel quale era confluita la vecchia
legge di tutela del 1939 e precisamente la 1089. Si sono avuti,
quindi, negli ultimi anni due testi dopo 60 anni di inerzia e nonostante, da più parti, sia stata evidenziata la necessità di una normativa al passo con tempi.
Mentre il T.U. 490/99 altro non era che una raccolta ottimizzata delle principali leggi sul patrimonio culturale, il D.Lvo 42
/2004 presenta delle innovazioni rispetto al passato pur restando
nel solco di impostazione della vecchia 1089 del 1939.
Come già detto il D.L.vo 42/2004 è il codice dei beni culturali e del paesaggio e, personalmente, tale definizione mi fa venire
in mente non il significato giuridico, secondo cui un codice altro
non è che una fredda raccolta di norme, ma un riferimento alla
vita comune in cui un codice (volte anche non scritto) rappresenta un comportamento da tenere nei vari rapporti e nelle varie circostanze della vita. Per tale motivo il codice dei beni culturali e
del paesaggio dovrebbe, a mio giudizio, essere interpretato non
come la stretta osservanza di una norma ma come un codice
comportamentale (quasi d’onore) da tenere ogni volta che ci si
trova ad avere a che fare con le testimonianze del passato.
Il bene culturale
Molte volte sentiamo parlare di beni culturali ma in realtà
dietro tale definizione ognuno ha visto, soprattutto in passato, un
interesse proprio indirizzato, a seconda delle occasioni, ad aspetti
più nobili - come lo sviluppo della cultura – ma, anche ad aspetti
meno nobili come occasione per speculazioni. Le leggi vigenti
fino a qualche anno fa privilegiavano l’aspetto materiale del bene
culturale tant’è che la normativa, non riuscendo a cogliere una
definizione più appropriata, lo definiva solo una “cosa”. La disciplina attuale, forte di oltre sessant’anni di evoluzione, ha mantenuta la vecchia definizione ma la ha ampliata a dismisura facendovi rientrare “ogni testimonianza avente valore di civiltà”.
Il D.L.vo, partendo dall’articolo 10, fa un elenco delle cose
che sono da ritenersi beni culturali distinguendo tra quelle appartenenti allo Stato, alle altre Amministrazioni pubbliche e alle persone giuridiche senza fine di lucro - che sono per appartenenza
sottoposte a tutela anche in attesa di espletamento della verifica
dell’interesse culturale- e quelle di proprietà privata per le quali è
necessario procedere ad una verifica e ad una dichiarazione del-
l’interesse. Per le prime, rispetto alla normativa precedente - in
ossequio alla quale gli Enti Pubblici ed affini dovevano presentare un elenco delle cose di loro proprietà che doveva essere verificato dagli organi del M.B.A.C. ma che non ha di fatto mai funzionato poiché gli elenchi dal 1939 non sono mai stati redatti- la
norma attuale prevede che in attesa della verifica, che può essere
attivata dall’Ente proprietario o d’Ufficio, tutti i beni che hanno
più di cinquanta anni e sono di autore non vivente sono soggetti
comunque alla disposizione del codice dei beni culturali con tutti
gli oneri che questo comporta.
Vale a pena far rilevare che la normativa, in ogni caso, tutela
tutti i beni culturali, anche quelli cosiddetti non vincolati che
appartengono ai privati, per i quali in ogni momento e qualora se
ne paventi la necessità, possono essere avviate le procedure di
verifica ed anche inibite azioni che possono metterne in pericolo
la conservazione.
Questo è dovuto a fatto che il valore come bene culturale non
è un’attribuzione che viene fatta con un atto amministrativo ma è
solo un riconoscimento delle qualità intrinseche possedute dalla
cosa stessa che avviene attraverso il procedimento di verifica. Su
tale procedimento si innesta, a mio giudizio, la più importante
modifica apportata alla parte seconda del codice con il D. L.vo
156/2006 (in vigore dal 12-05-2006 e afferente alla parte dei beni
culturali con l’introduzione di nuovi dettami che però hanno una
portata minore rispetto a quelli apportati alla parte afferente i
beni paesaggistici). La precedente disposizione del codice prevedeva, per i beni posseduti dalla Stato e anche per quelli posseduti
da altri Enti territoriali, lo svolgimento del procedimento di verifica che doveva concludersi entro il termine di 120 giorni oltre
quali il bene stesso era ritenuto svicolato da qualsiasi tutela. Tale
norma era stata fatta, soprattutto per permettere all’Amministrazione dello Stato di procedere alla cartolarizzazione per “ fare
cassa” dalla vendita del patrimonio. La norma entrata in vigore
dal 12-05-2006 prevede sempre un termine per l’espletamento
della verifica (120 giorni) ma alla scadenza non si formalizza un
“silenzio assenso “ ma, bensì, un silenzio inadempienza che non
produce, nell’immediatezza, lo svincolo del bene.
Vi sono, poi particolari categorie di beni culturali per le quali,
pur non essendo avviato o intervenuto il procedimento di notifica, esistono comunque dei particolari vincoli per la loro conservazione. E’ il caso dei beni culturali previsti dall’articolo 11 del
codice ed in particolare quelli di cui al comma a): gli affreschi,
gli stemmi, i graffiti, le lapidi, le iscrizioni, i tabernacoli ed altri
elementi decorativi di edifici esposti o non alla pubblica vista, di
cui all’articolo 50, comma 1. Per tali beni, combinando il disposto dell’art. 11, comma a), dell’articolo 50, comma 1 e dell’articolo 169 comma b), anche se non vi sia intervenuta la dichiarazione prevista dall’articolo 13 la rimozione comporta applicazione di un procedimento sanzionatorio e penale. Rientrano nella
disposizione di cui sopra le vestigia della “grande guerra”.
Analizzando più a fondo l’oggetto della tutela di questa categoria di beni culturali e più precisamente la dicitura “ ed altri ele-
*Restauratore conservatore della Soprintendenza ai Beni Ambientali e Paesaggistici
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Attività di categoria
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collegio di cosenza
menti decorativi” ci si rende conto che quasi in ogni lavoro di
semplice ristrutturazione di un edificio avente più di cinquanta
anni è facile imbattersi in una “decorazione” che, da interpretazione letterale, altro non è che ogni elemento finalizzato all’abbellimento. Rientrano, quindi, nelle disposizioni di tutela, per
esempio, tutte le cornici marcapiano e i cornicioni esterni, le cornici di contorno delle finestre, oltre che, ovviamente gli affreschi, vecchie iscrizioni rinvenute, ecc.
Questo aspetto della normativa assume un particolare significato nelle procedure DIA dove il tecnico incaricato, con la sua
firma, assevera il rispetto di tutte e norme vigenti. Intendiamoci i
problemi potrebbero venire fuori in tutti i casi in cui i lavori
comportino una rimozione di una decorazione che, di fatto, si traduce in una demolizione. Per tale motivo, in ogni lavoro che
interessa edifici che presentano particolari caratteristiche sarebbe
opportuno rispettare ciò che ci è pervenuto e questo non solo per
aspetto normativo, ma anche per sensibilità e per il rispetto del
lavoro condotto in passato da sapienti maestranze.
Oltre alle disposizioni tendenti a tutelare direttamente la cosa
di interesse storico artistico, esistono nel codice altre forme di
protezione indirizzate alla tutela dei beni culturali immobili.
Queste sono indirizzate alla salvaguardia delle condizioni di conservazione ma, anche, per evitare che ne siano danneggiate le
condizioni di decoro, di prospettiva, di veduta. Tali misure si
concretizzano nel sottoporre a tutela indiretta un’area, definita
con motivazioni, nella quale può essere limitato il diritto di proprietà: per esempio il diritto ad edificare direttamente connaturato alla proprietà del suolo. Le aree che, a seguito di emanazione
di decreto, regolarmente notificato e trascritto alla Conservatoria
dei Registri immobiliari, risultino ricomprese in una zona di tutela indiretta sono assoggettate ai vincoli imposti e ciò indipendentemente dagli strumenti urbanistici vigenti che, anzi, devono
essere adeguati alle misure di salvaguardia.
Interventi sui beni culturali:
la normativa di riferimento regola le operazioni che possono
essere effettuate sui beni culturali cominciando col trattare le
operazioni che non possono essere effettuate. Rientra in questo
caso la distruzione che non può essere, in alcun modo, autorizzata da chicchessia, neanche dal Ministro in persona.
Seguono poi una serie di altri interventi di natura straordinaria per i quali è necessario ottenere l’autorizzazione direttamente
dal Ministero (demolizione ricostruzione di beni culturali, spostamento, ecc.).
Nella prassi comune ogni intervento da effettuare su beni culturali deve essere autorizzato dal Soprintendente che si esprime
sulla base della presentazione di un progetto. Nel caso specifico
di interventi di autorizzazione per l’edilizia l’autorizzazione,
sempre da rendere sulla base di una specifica progettazione, è
rilasciata o negata entro il termine di 120 giorni trascorsi i quali
l’istante può diffidare l’Amministrazione. Se l’Amministrazione
non provvede entro trenta giorni dalla diffida l’interessato può
adire alla Giustizia Amministrativa. In caso di procedure edilizie
semplificate (Dia) l’interessato deve trasmettere congiuntamente
alla denuncia di attività all’Amministrazione competente, anche
l’autorizzazione rilasciata dal Soprintendente.
In situazioni di urgenza possono essere eseguiti interventi provvisori purché ne sia data comunicazione al Soprintendente e a condizione che a ciò faccia seguito la presentazione di un progetto esecutivo. Il Soprintendente può, in ogni momento, sospendere gli interventi effettuati in assenza ed in difformità della Autorizzazione.
Conservazione
L’articolo 29 del codice al primo comma recita”La conservazione del patrimonio culturale è assicurata mediane una coerente,
coordinata e programmata attività di studio, prevenzione, manutenzione, restauro.” Dopo il primo comma seguono le definizioni
delle varie attività: prevenzione, studio, manutenzione restauro.
Apparentemente le definizioni di cui sopra sembrano di
significato scontato ma, in realtà non lo sono. Al riguardo basti
pensare che la prima definizione normativa di manutenzione e
restauro si ha con il regolamento della legge 109/94 e precisamente il DPR 554/99. Fino a quel momento i termini suddetti
erano stati esplicitati e affinati in atti di indirizzo (come per
esempio le varie carte del restauro succedutesi nel tempo) che,
però, non avevano un valore normativo e non si poteva impedire
che, anche se eccezionalmente e/o per semplice non conoscenza,
qualcuno proponesse interpretazioni particolari.
Le misure necessarie alla conservazione sono proposte, non a
caso, in un ordine che rappresenta anche l’ordine della loro operatività che, partendo dalle operazioni routinarie, quali la prevenzione e la manutenzione, arriva al restauro che, essendo un intervento diretto sul bene, rappresenta l’ultima ratio per evitare danneggiamenti e perdite.
E’ opportuno a questo punto precisare che qualsiasi intervento di conservazione deve essere indirizzato al mantenimento della materia di cui il bene è costituito secondo il principio per cui si
ha un valore fino a quando il bene mantiene la sua integrità fisica
e non solo la sua forma che, teoricamente, può essere riprodotta
all’infinito senza che però acquisti alcun valore artistico e storico
(la copia di un quadro non ha alcun valore rispetto all’originale).
Per tale principio si può parlare di conservazione fino a quando
in un bene si riesce a mantenere la materia originale di cui esso è
costituito. Purtroppo tutta la materia risponde a delle leggi fisico
chimiche che tendono a far si che con il trascorrere del tempo si
abbia un inarrestabile processo di degrado che, prima o poi, porterà alla trasformazione e disgregazione della materia stessa. Tale
processo, per il secondo principio della termodinamica, è inarrestabile e irreversibile e a noi spetta, purtroppo, il solo compito di
far ritardare il più possibile l’evento. Si prospetta, a onor del
vero, il più delle volte una situazione paradossale in cui i rimedi
pensati ed attuati si rivelano molte volte come degli acceleratori
del degrado secondo il vecchio detto che molte volte vuole che
“il rimedio sia peggiore del male”.
Per i motivi suddetti gli interventi sui beni culturali devono
essere ben ponderati ed attuati nel rispetto di quanto sopra prospettato. Vi sono, poi, degli interventi sui beni culturali che si
contrappongono alla tesi sopra detta come nel caso degli scavi
archeologici. Lo scavo, infatti, nella sua opera di rimozione degli
strati archeologici, altro non fa che distruggere una situazione
che non potrà mai più essere ripetuta e studiata. Per tale motivo è
necessario che l’operazione sia condotta sotto la direzione di un
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Attività di categoria
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collegio di cosenza
archeologo e con l’assistenza di disegnatori, fotografi, ecc..
Passando ad un esame dei vari interventi possibili su di un
bene culturale (prevenzione, manutenzione e restauro) emerge
chiaramente che, le prime due, sono fasi che, se attuate e ripetute
nel tempo, consentirebbero di non attuare (o almeno di attuare
saltuariamente) la terza. Tutte le attività di cui sopra, in ogni
caso, presuppongono, la conoscenza del bene culturale a cui si
perviene attraverso lo studio del bene stesso. L’attività di conoscenza, nel caso per esempio di un immobile, non può prescindere da: un accurato rilievo, da un’analisi delle tecniche costruttive,
da una conoscenza dei materiali utilizzati per la costruzione, dalla comparazione del fabbricato con altri coevi della medesima
area e della medesima epoca; da una attenta valutazione dei fenomeni degenerativi presenti (sia di ordine statico, sia dei materiali); dalla esecuzioni di saggi (preferibilmente non distruttivi) atti
ad individuare ogni possibile aspetto.
Prevenzione
Con il concetto di prevenzione si intende un complesso di
attività per limitare le situazioni di rischio a cui è esposto il patrimonio culturale nel suo contesto. E’ intuitivo che la semplice
operazione di rimuovere un quadro da un ambiente in cui piove
lo previene dai danni. Molte volte, altrettanto non può dirsi per
esempio per gli edifici in cui l’attività di prevenzione non può
essere ricondotta ad una semplice operazione. E il caso, per
esempio degli interventi per la prevenzione dal rischio simico
negli edifici di interesse storico artistico (a onor del vero tali
interventi, interessando direttamente il bene appartengono più
alla categoria del restauro che della prevenzione). Per tale attività
gli Uffici del M.B.A.C. hanno condotto negli anni, di concerto
con altre Amministrazioni, studi e applicazioni che hanno portato
ad un indirizzo operativo con la pubblicazione di apposite direttive. Le esperienze condotte nel consolidamento e restauro di beni
colpiti da eventi sismici, che successivamente ai lavori sono stati
nuovamente interessati da sisma, ha messo in luce tutta una serie
di problemi che molte volte sono stati originati dagli interventi
stessi. Il principio fondamentale che deve guidare chi si appresta
a proporre un progetto su di un edifico antico (anche se non sottoposto a tutela) deve basarsi sull’assunto che il ripristino delle
condizioni di origine, di costruzione, dovrebbe consentire al fabbricato di poter affrontare per il futuro lo stesso numero di anni
che ha vissuto in passato. Per tale motivo sono assolutamente
sconsigliabili interventi che stravolgono le impostazioni statiche
originali con l’inserimento di materiali e strutture di eccessiva
rigidezza e, di fatto, irreversibili quale è il cemento armato. Sono
allo stesso modo sconsigliati sulle murature interventi a sandwich con rete metallica che, oltre che di dubbia funzionalità, alterano le condizioni di traspirabilità delle murature con legante a calce e presuppongono la spicconatura degli intonaci originali con
alterazione inaccettabile dei paramenti. Sono altrettanto da evitare perforazioni, armate e non, con iniezione di malte cementizie
dovendo preferire, al loro posto, malte compatibili con quelle in
opera che sono generalmente a base di calce: le eventuali armature da inserire dovranno essere del tipo non ossidabile (vetroresina o altro) Le direttive, a cui si rimanda, propongono inoltre tutta
una serie di tecniche di intervento tradizionali (catene, tiranti,
ecc.) atte a perseguire il miglioramento sismico della struttura.
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Manutenzione
La manutenzione e senza dubbio l’intervento da preferire per
la conservazione di un bene culturale. Essa si attua con un complesso di attività, molto spesso minime, ripetute nel tempo che
mirano alla conservazione dell’integrità materiale del bene. Nel
caso di un edificio la manutenzione deve riguardare tutte quelle
parti esposte a sacrificio come la copertura, i paramenti esterni, gli
infissi ecc. Le opere da effettuare consistono nel mantenimento
delle condizioni di efficienza e, quindi: nel caso di un tetto nella
pulitura e revisione del manto e dei sistemi di raccolta e smaltimento delle acque meteoriche; nel caso di elementi lapidei a vista
ed intonaci in periodiche puliture da polveri e da formazioni organiche con l’uso di biocidi e di appositi lavaggi; nel caso di infissi
nel trattamento con protettivi, ecc.
La prevalenza della funzione della manutenzione sul quella del
restauro è un indirizzo scaturito dagli studi effettuati dall’Istituto
Centrale del Restauro e ciò principalmente ad opera di Urbani e
Brandi. Cesare Brandi, inoltre, ha il merito di aver indirizzato in Italia una teoria del restauro che ci pone ai massimi vertici in materia.
Restauro
Il restauro è un intervento diretto sul bene attraverso un complesso di operazioni finalizzate alla integrità materiale, al recupero
del bene medesimo ed alla trasmissione dei suoi valori culturali.
Dalla definizione di cui sopra si aprono, dopo lo studio e gli
accertamenti per la conoscenza del bene, tutta una serie di prospettive per la conduzione di un restauro che però si possono
riassumere e semplificare in due distinte fasi: una prima fase in
cui si dovrà procedere alla rimozione delle parti incongruenti e/o
dannose e una seconda fase finalizzata alla conservazione in cui
sono ricomprese anche le eventuali opere di integrazione. Detta
in questi termini l’intera operazione sembrerebbe alquanto banale ma in realtà non lo è affatto poiché ogni operazione comporta
delle scelte che devono essere guidate da una filosofia di restauro. Prendiamo il caso di una pulitura di un paramento murario
infestato da piante, muschi e soggetto anche ad inquinamento
Finchè le operazioni di pulitura riguardano la rimozione delle
piante e delle relative radici, ed anche la rimozione dei muschi,
tutti noi potremo essere concordi sulla necessità di procedere a
tali operazioni. Diverso è invece il discorso per quanto attiene
alle incrostazioni da inquinamento per le quali, per esempio è
necessario fare degli impacchi che, se spinti troppo a fondo,
potrebbero far perdere alla superficie quella patina naturale che
contraddistingue le pietre e le malte antiche. La valutazione sul
grado di pulitura, quindi, andrà ponderata non solo per il raggiungimento del valore assoluto (eliminazione totale delle croste)
ma, anche in funzione, del risultato generale. Analogamente in
un edificio si pone molte volte il tema della rimozione di una
aggiunta o di una sovrastruttura. Il tema, in passato, è stato risolto, il più delle volte, con la eliminazione delle aggiunte più
recenti “..riportando l’edificio alle origini”. Tale indirizzo ad
oggi non è più praticabile in quanto presuppone una scelta e una
valutazioni di valori che a nessuno è concesso di avere. Si assistito, in passato, alla demolizione delle fasi barocche di un edificio (magari di grande qualità) per portare alla luce una modesta
fase medioevale con la conseguente perdita di un valore.
Attività di categoria
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collegio di cosenza
RELAZIONE PAESAGGISTICA: ISTRUZIONI E CRITERI DI APPLICAZIONE
La relazione del geom. Piero Ugo Gagliardi*
Un saluto a voi tutti oggi presenti a questo incontro che ci
vede impegnati a trattare un argomento molto attuale e in continua evoluzione quale è il Bene Culturale.
Un grazie va rivolto al nostro caro Presidente del Collegio
dei Geometri Caterini per la sua notoria attenzione e concretezza
alle nuove tematiche in costante crescita, nel promuovere questa
iniziativa, affinché l’intera categoria che rappresenta possa avere
un costante aggiornamento con conseguente ed immediata applicazione nel campo professionale delle ultime norme introdotte
dal D.lvo n°42 del 22 Gennaio 2004 già entrato in vigore il 12
Maggio 2006 (integrazioni al codice contenute nei D.lvo 156 del
2006 e 157 del 2006) e il D.P.C.M. del 12 Dicembre 2005 entrato
in vigore il 31 Luglio 2006 con specifico riferimento ai fondamenti per la redazione della relazione paesaggistica e verifica
della compatibilità paesaggistica.
In questo intervento analizzeremo tutte le fasi necessarie
affinché venga redatta una relazione paesaggistica confacente
alle modalità richieste dalla norma, senza trascurare una breve
introduzione di carattere generale sull’argomento.
Come è noto, in passato, le problematiche emerse sulle continue e inarrestabili trasformazioni autorizzate e non sul territorio
e l’ambiente hanno col tempo provato le coscienze della gente
fino a rappresentare il bisogno collettivo di porre rimedio ad una
cementificazione selvaggia che stava letteralmente divorando e
trasformando vasti territori costieri e dell’entroterra, con il risultato finale, di modificare e cancellare memorie e connotati paesaggistici di notevole pregio. Le leggi relative al condono nel
passato, hanno permesso il mantenimento di manufatti che con la
loro presenza hanno inciso negativamente sull’ambiente ed il
paesaggio, senza prevedere una norma che imponesse l’obbligo
di un intervento di riqualificazione delle medesime aree. La vigilanza da parte degli Enti preposti è stata pressoché inesistente.
Risulta assai difficile nella realtà in cui ci troviamo, ad operare,
applicare e soddisfare a pieno le direttive emanate, che da un lato
ci riservano e ci proiettano verso un elevato salto di qualità e
civiltà nonché uno stimolo e una sfida a fare bene, dall’altro è in
contrapposizione con la nostra cultura del passato che ci ha visti
protagonisti in una dura aggressione del paesaggio mirata a soddisfare i propri interessi trascurando quelli della collettività.
Alcune norme vennero introdotte affinché si potesse attenuare il fenomeno di espansione; fra le maggiori troviamo la legge
1497/39 che ha permesso di porre alcuni vincoli previa emanazione di appositi D.M. su parere della commissione provinciale
sulle bellezze naturali e la Legge 431/85 meglio conosciuta come
decreto Galasso, che permise di ampliare l’elencazione delle aree
protette.
Entrambe le norme però imponevano non un vincolo inibitorio ma tutorio, in quanto si attendeva, così come prescritto dalla
legge, la redazione dei piani paesaggistici in Calabria ancora a
tutt’oggi inesistenti. Allo stato attuale in Calabria la stesura del
P.T. P. ha raggiunto il 44,6% dell’intero territorio interessando
unicamente, ad oggi, le sole aree vincolate. In pratica è stato ela-
borato un piano della sola provincia di Cosenza, ed in particolare
della fascia costiera dello Ionio seguita da quella tirrenica non
adottato poiché impugnato dagli organi territoriali.
A queste norme appena citate va ad aggiungersi la legge delega del Governo che trasferisce alle regioni la titolarità al rilascio
dei nulla osta paesaggistici. Di seguito la regione ha sub delegato
i Comuni e alle Province (L.R. n° 3 del 28 Febbraio 1995 s. m. e
i.) assegnando di fatto ai Comuni la competenza per le zone ricadenti in A, B ed E, ai sensi del D.M. 1444/68 degli strumenti
urbanistici vigenti e demandando per tutte le altre zone l’Amministrazione Provinciale. Necessita inoltre ricordare che con l’articolo n°20 (nulla osta) della L.R.n°10 del 14 Luglio 2003 (norme
in materia di aree protette) gli interventi che ricadono in aree
Parco sono di competenza dell’Ente Parco per il rilascio del nulla
osta paesaggistico.
Con la pubblicazione del testo unico dei Beni Culturali D.lvo
490 /99 si era perfezionato uno strumento giuridico assai efficace
per poi trovare la sua massima espressione e applicazione nel
D.lvo n°42 del 22 Gennaio 2004 e nelle sue ultime modifiche ed
integrazioni, frutto di anni e anni di esperienze maturate.
Infatti il moderno ed attuale Codice dei Beni Culturali D.Lvo
N° 42 del 22 Gennaio 2004 nato, anche sotto forte impulso della
Convenzione Europea del paesaggio (Firenze 20 Ottobre 2000)
stipulata dagli stati membri del Consiglio d’Europa, è entrato in
vigore a livello internazionale il 01 Settembre 2006. Uno dei suoi
obiettivi è indubbiamente l’intento di sancire un’unione più stretta fra i suoi membri, per salvaguardare e promuovere gli ideali e
i principi che sono il loro patrimonio comune. Tra i suoi numerosi intenti troviamo l’istituzione di un nuovo strumento dedicato
esclusivamente alla salvaguardia, alla gestione e alla pianificazione di tutti i paesaggi europei.
C’è inoltre da far rilevare che le disposizioni correttive e integrative del Codice dei Beni Culturali concernente la parte terza
riguardante il paesaggio, non hanno trovato consensi da parte di
ben 16 Regioni, capo fila la Regione Calabria, che hanno espresso le loro valutazioni in un documento “Valutazioni dalle Regioni in merito a… “con un parere negativo ritenendo il testo relativo alla parte terza del Codice Urbani non emendabile.
Vediamo adesso di capire lo spirito della norma e cosa essa si
prefigge analizzando i vari punti.
Cosa si intende per paesaggio:
Il paesaggio viene inteso come un patrimonio culturale dal
quale sono ben visibili le tracce lasciate dall’uomo e dalla natura.
Si è sempre più convinti che il paesaggio sia la manifestazione
del benessere individuale e sociale e che la sua gestione renda
tutti più responsabili affinché il paesaggio rappresenti delle trasformazione future di qualità condivise e godute da tutti.
I contenuti della relazione paesaggistica richiedono per prima
cosa una ricerca sulla genesi del contesto dove insiste l’insediamento proposto, per poter comprendere ed esaminare l’evoluzione e lo sviluppo urbanistico perpetrato sul territorio negli anni;
pertanto necessiterà all’uopo reperire notizie storiche nonché se
*Restauratore conservatore della Soprintendenza ai Beni Ambientali e Paesaggistici
51
Attività di categoria
n. 5-6/ 2006
collegio di cosenza
possibile vecchie rappresentazioni quali, estratti cartografici che consentano di rilevare e quantificare le alterazioni geomorfologiche compiute negli anni -, ortofoto ecc.
Accertamento dei vincoli presenti in quanto potrebbero esserci più vincoli gravanti sulla medesima area (usi civici) (commissariato usi civici di Catanzaro) (elenco aree toponomastica e
anche perimetrazioni cartografiche).
Effettuare idonea rappresentazione fotografica dello stato di
fatto sia panoramica che di dettaglio la quale, permetterà di
riprodurre con riporto grafico lo stato di fatto dei luoghi.
A questo punto si procede a relazionare sullo stato di fatto dei
luoghi, dove potremo trovarci di fronte a svariati contesti, da
quello agricolo, agricolo industrializzato, industrializzato, urbano, periurbano, costiero, costiero urbano, montano ecc. ecc.
descrivendo dettagliatamente quanto risulta essere presente sul
sito e dintorni, dalla viabilità presente descrivendone l’ampiezza,
i materiali, lo stato di conservazione ecc.; i fabbricati esistenti
descrivendone le altezze (facendo una media), la composizione
architettonica (quella prevalente), i colori (quelli predominanti), i
materiali utilizzati e lo stato di conservazione, le aree libere (aree
pubbliche o private) descrivendone lo stato di manutenzione ed
assumere eventuali informazioni circa la loro destinazione futura; la morfologia del terreno descrivendone ed analizzandone
l’alterazione dello stato dei luoghi avvenuta negli anni, a seguito
degli insediamenti presenti, i fiumi, torrenti e i corsi d’acqua
(verificandone il loro inserimento negli elenchi regionali); i
laghi, il verde di arredo (giardini storici parchi urbani, spazi verde di quartiere, verde stradale, piazzali alberati, aiuole spartitraffico), il verde funzionale (sportivo, scolastico, sanitario, cimiteriale, residenziale di quartiere), il verde privato nonché la eventuale presenza di beni culturali quali monumenti sottoposti a
tutela e non. L’eventuale accertamento di aree di interesse culturale e di particolare pregio paesaggistico, limitrofe e/o contermini al sito prescelto all’insediamento dovranno essere evidenziate
a colore su tavola planimetrica di adeguata scala con il riporto
delle distanze rilevate rispetto al sito oggetto dell’intervento.
La ricerca lo studio e la conoscenza dei luoghi rapportati in
un contesto di dettaglio e più ampio ci consente di impostare una
progettazione suggerita dai numerosi elementi riscontrati.
La valutazione degli impatti generati dall’insediamento proposto
deve suggerire al progettista di attenersi il più possibile alle seguenti
regole:
– ridurre al minimo i movimenti terra, sbancamenti e riporti che
possano alterare la morfologia del terreno;
– evitare eccessive modificazioni della vegetazione presente;
– evitare modificazioni dello skyline (profilo) naturale o antropico
dei crinali;
– evitare modificazioni dell’equilibrio idrogeologico della funzionalità ecologica ed idraulica;
– evitare modificazioni dell’apparato percettivo, scenico o panoramico;
– evitare modificazioni dei caratteri tipologici, materici, coloristici, costruttivi dell’insediamento storico sia di tipo urbano e sia di tipo
diffuso agricolo;
– evitare intrusione di elementi estranei incongrui in un sistema
paesaggistico definito;
52
– non prevedere una eccessiva densità di interventi in un’area
ristretta;
– evitare la formazione di superfici che lascino percepire una eccessiva “continuità del costruito “che mal si adatta ad ogni intervento;
– pertanto tutte le scelte progettuali saranno influenzate e
quindi definite nel rispetto delle peculiarità paesaggistiche che il
sito riveste cercando di coniugare il nuovo con l’esistente.
Grande importanza riveste il ruolo degli spazi a verde; infatti
una città diventa vivibile quando più sa coniugare il costruito alla
natura. Le aree destinate a verde urbano assolvono a molteplici
funzioni tra le quali ricordiamo:
– Funzione ambientale – ecologica che contribuisce a mitigare gli effetti di degrado e gli impatti prodotti dalle presenza delle
edificazioni, fra l’altro regolando gli effetti del microclima cittadino attraverso l’aumento dell’evapotraspirazione regimentando
così i picchi termici estivi con una sorta di condizionamento
naturale dell’area.
– Funzione sanitaria riguardo agli ospedali dove può senz’altro favorire la convalescenza dei degenti.
– Funzione protettiva in ragione dell’effetto di protezione e di
tutela del territorio in aree degradate o sensibili (argini di fiumi,
scarpate, zone franose.
– Funzione sociale e ricreativa, basti pensare ai parchi, giardini, viali e piazze alberate luoghi senz’altro frequentati.
Una rete di spazi verdi urbani diffusi sul territorio e collegati
tra essi mediante percorsi pedonali e piste ciclabili protette dal
traffico veicolare costituisce il modello di riferimento per le politiche locali del verde urbano. Il verde periurbano invece è riferito
alle aree agricole e naturali che circondano le città. Il paesaggio
agricolo naturale periurbano riveste un’importanza fondamentale
per la città stessa in quanto è depositario di memoria storica e
può fornire una adeguata alternativa con la creazione di servizi
per la fruizione del tempo libero dei cittadini.
Le tavole di accompagno alla relazione paesaggistica in
aggiunta agli elaborati previsti dalla L.R.3 /95 così come previsto
dal D.P.C.M. del 12 Dicembre 2005 devono rappresentare:
1) Opere preparatorie - Scavo di fondazione riportato su una
planimetria in scala 1:200 riferito al sito prescelto con riporto
della impronta (area totale interessata allo scavo) e della quantità
in mc del movimento terra necessario fino al raggiungimento del
piano di posa delle fondazioni o sottofondazioni.
2) Evidenziare le eventuali presenze di piante – Indicarne la
specie; Indicare a colore su planimetria in scala 1:200 la posizione delle essenze arboree e il numero rilevato allo stato di fatto e
se risulta necessario la rimozione indicarne a colore la nuova
posizione di reimpianto sullo stesso elaborato grafico ovviamente con tonalità di colore differenti (rammentare le particolari
disposizioni per le piante d’ulivo D. Luogotenenziale…/45)
3) Tavole skyline – Riporto sui prospetti dei profili dell’insediamenti limitrofi esistenti o dei crinali ante opera e post opera.
4) Documentazione fotografica - Riprese panoramiche da
diversi punti di facile accesso strade principali e secondarie, di
dettaglio raffiguranti l’intero perimetro del sito oggetto dell’intervento e riprese d’insieme raffiguranti gli edifici contermini al
fine di evidenziarne la consistenza volumetrica, la mappatura dei
colori, dei materiali e delle architetture presenti.
Attività di categoria
n. 5-6/2006
collegio di cosenza
5) Stato dei luoghi – Mediante foto modellazione realistica
redering manuale o computerizzato rapportato ad una adeguata
estensione dell’area oggetto dell’intervento.
6) Aspetti morfologici dello stato di fatto e di progetto - Profili
longitudinali e trasversali del terreno dello stato di fatto e di progetto.
7) Opere complementari - Tavole grafiche debitamente quotate raffiguranti i particolari costruttivi riferite alle recinzioni, cancelli, cartellonistica, corpi illuminanti, percorsi pedonali e carrabili, strutture prefabbricate ad uso deposito, garage, porticati e
quant’altro occorra al completamento dell’intero insediamento.
8) Sistemazione futura aree libere - Planimetria particolareggiata a
colori con riporto delle aree destinate a verde descritto in un piano
botanico.
9) Motivazione della scelta dei materiali - Relazione sulla scelta
dei materiali che si intendono utilizzare.
10) Opere di contenimento e sistemazione idraulico agraria – In
alternativa alle consuete opere in c.a si potranno prevedere la realizzazione di manufatti mediante tecniche di ingegneria naturalistica con
interventi combinati di consolidamento. A tal proposito bisogna ricordare che le finalità degli interventi di I. N. rispondono a requisiti:
- tecnico funzionali, per esempio antierosive e di consolidamento
delle scarpate stradali,
- naturalistiche in quanto ricostruiscono un ecosistema con l’impiego di specie autoctone,
- estetico paesaggistiche di ricucitura al paesaggio naturale circostante,
- economiche in quanto strutture competitive ed alternative a quelle tradizionali. Il ricorso a strutture in c.a. dovranno essere ampiamen-
te motivate e legate ad dimostrate necessità di carattere statico.
11) Studio sul posizionamento (picchettamento) del manufatto sul
sito prescelto, orientando quanto più possibile il lato più corto verso i
punti di maggiore visibilità (viabilità principale) in modo da ridurne la
percezione visiva. Particolare attenzione dovrà essere posta alle altezze, le quali non dovranno essere predominanti sull’esistente anzi sarà
buona regola lasciare inalterato lo skyline dell’esistente in modo da
non sottrarre alla vista le sagome.
12) Fotosimulazione sovrapponibile su supporto fotografico dell’edificio da realizzare.
Ulteriori richiami alla redazione di rappresentazioni grafiche di progetto sono riportate nell’allegato del D.P.C.M. del 12 Dicembre 2005.
La norma inoltre prevede la possibilità di attivare la procedura
semplificata mediante la presentazione di una scheda compilata
già predisposta in tal senso. Ma bisogna dire che le categorie delle
opere a cui fa riferimento la procedura semplificata resta circoscritta a tutti quelli interventi minori quali: cartellonistica stradale
e pubblicitaria, strutture temporanee di grandi dimensioni di durata
inferiore ad una settimana, strutture stagionali collegate all’attività
turistica e campo libero, strutture di copertura non superiori a 10
mq, pannelli solari e fotolvoltaici e impianti di condizionamento.
Comunque in concerto con gli Enti preposti si potranno di seguito
ampliare e ipotizzare di inserire le seguenti categorie riguardanti
opere minori: rimodulazioni prospettiche (finestre, porte, scale
esterne, abbaini), recinzioni per un’altezza complessiva fino a cm.
0.80, messa in opere di cancelli, pavimentazioni fino ad una superficie complessiva pari a mq 30, ecc.ecc.
CORSO DI AGGIORNAMENTO PROFESSIONALE - XXX EDIZIONE
Un aspetto della sala
Una esercitazione
L’immancabile foto ricordo
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Attività di categoria
n. 5-6/ 2006
collegio di cosenza
ESAME DI STATO PER L’ABILITAZIONE
ALL’ESERCIZIO DELLA LIBERA PROFESSIONE DI GEOMETRA
Sessione 2006
Prima prova scrittografica
Un locale rettangolare di 20x30 m e 4.00 m di altezza è situato al piano terreno di una palazzina di civile abitazione.
Trascurando la “pilastratura” e aprendo tutte le finestre o luci necessarie, il candidato progetti una palestra per attività ginniche
maschili e femminili.
La struttura è costituita da:
- reception-ufficio
- spogliatoi e docce distinti tra maschi e femmine
- spogliatoi e docce distinti tra maschi e femmine allenatori
- spazio per le attività ginniche;
- locale visite mediche e pronto soccorso
- deposito attrezzi ripostiglio
- C.T.
Il candidato, assunti a suo piacimento tutti gli elementi ritenuti necessari alla stesura dell’elaborato, scelta la scala di rappresentazione ritenuta idonea disegni la pianta e due prospetti del suo progetto.
Infine il candidato illustri in una breve relazione i criteri adottati per la progettazione; descriva i materiali fonoassorbenti necessari per un idoneo isolamento acustico ed integri la sua proposta progettuale con un particolare degli infissi.
Tempo assegnato per lo svolgimento della prova: 8 ore
Durante la prova è consentita soltanto la consultazione di manuali tecnici e l’uso di strumenti di calcolo non programmabili e
non stampanti.
Seconda prova scrittografica
I vertici A ed E sono il primo e l’ultimo picchetto di una strada in progetto di tipo F, locale extraurbana ai sensi delle “Norme
funzionali e geometriche per la costruzione delle strade” elaborate dal CNR.
Tra di essi si è eseguita la poligonale d’asse ABCDE per il rilievo della quale si è fatta stazione sui vertici B, C e D con un teodolite integrato a graduazione centesimale destrorsa. Si è ottenuto il seguente registro delle misure:
Punto di
stazione
Punto
battuto
Letture
azimutali
(gon)
Letture
zenitali
(gon)
Distanza
inclinata
(m)
Altezza
prisma
(m)
Note
B
A
300,0000
99,5240
46,254
1.60
Primo vertice poligonale
(h=1.50m)
C
54,7320
101,4270
62,372
1,60
Stazione avanti
C
B
289,3250
…
…
1,60
Stazione indietro
(h=1.48m)
D
149,7640
97,1460
39,945
1,60
Stazione avanti
D
C
87,4520
…
…
1,60
Stazione indietro
(h=1.52m)
E
351,1460
98,4190
58,166
1,60
Ultimo vertice poligonale
Assumendo per il primo vertice della poligonale d’asse A coordinate plano-altimetriche di comodo A (0,00; 0,00; 100,00) m, e
sapendo che il primo lato AB della poligonale si trova sul semiasse positivo delle ascisse, si richiedono:
- il disegno di una planimetria in scala opportuna;
- il calcolo delle coordinate plano-altimetriche (X, Y, Q) dei vertici della poligonale d’asse;
- lo studio del raccordo tra il rettifilo AB ed il rettifilo BC con una curva circolare monocentrica avente tangente ti = 18,00 m;
- lo studio del raccordo tra i rettifili BC, CD e DE con un’unica curva circolare monocentrica;
- il calcolo della lunghezza complessiva della strada ed il calcolo dell’area di esproprio, considerando una fascia di rispetto
media di 1,5 m per lato.
Infine, considerando che il terreno necessario alla costruzione della strada debba venire espropriato, si richiedono:
- il danno che subisce il proprietario coltivatore diretto per l’espropriazione parziale di un fondo di 2 ettari coltivato a seminativo;
- l’indennità provvisoria di espropriazione che gli può venire offerta a norma della legge vigente;
- il corrispettivo spettantegli in caso di cessione volontaria;
- l’elenco dei documenti da presentare al Catasto per la redazione del tipo di frazionamento.
Tempo massimo assegnato per lo svolgimento della prova: 8 ore.
È consentito l’impiego di manuali tecnici e di calcolatrici non programmabili.
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Attività di categoria
n. 5-6/2006
collegio di cosenza
ESAME DI STATO PER L’ABILITAZIONE
ALL’ESERCIZIO DELLA LIBERA PROFESSIONE DI GEOMETRA
Sessione 2006
ELENCO DEGLI ABILITATI
Commissione 142
N.
Commissione 143
Luogo
di nascita
Candidato
Data
Votazione
di nascita
compl.
N.
Candidato
Luogo
di nascita
Data
Votazione
di nascita
compl.
1
Altomari Salvatore
Acri
15.1.1983
60/100
1
Marigliano Giuseppe
Cosenza
27.5.1980
60/100
2
Amendola Daniele
Paola
17.4.1981
60/100
2
Massaro Marco
Castrovillari
20.6.1985
65/100
3
Arcuri Antonella
Policoro
7.7.1983
66/100
3
Mezzotoro Fabio
Cariati
26.8.1982
66/100
4
Bafaro Carmelo
Cosenza
9.7.1983
62/100
5
Bartucci Andrea
Namuz
22.11.1980
64/100
4
Molinaro Emilio
Longobardi
6.11.1983
61/100
6
Bellusci Teresa
Cosenza
20.11.1979
68/100
5
Maschini Alessandro
Belvedere M.
26.8.1982
62/100
7
Bruno Giuseppe
Cosenza
12.3.1978
60/100
6
Palazzo Fedele B.
Castrovillari
28.11.1985
60/100
7
Paura Venerino
Cosenza
1.9.1979
65/100
8
Canturi Valentino
Catania
27.12.1979
61/100
9
Capalbo Sergio
Cosenza
23.9.1976
61/100
8
Perrone Luigi
Castrovillari
7.7.1979
66/100
10
Caroprese FRancesco
Belvedere M.
14.12.1970
60/100
9
Piro Eugenio
Cariati
19.4.1984
61/100
Provenzano Luigi
Cosenza
6.9.1975
62/100
11
Cataldi Benito
Cassano Ionio
17.1.1983
61/100
10
12
Ciardullo Giuseppe
Cosenza
13.6.1980
62/100
11
Raimondo Anselmo
Pinerolo
5.11.1960
60/100
13
Cofone Luca Oscar
Cosenza
22.9.1977
62/100
12
Rossano Giulio
Cetraro
8.11.1983
62/100
14
Covelli Gianfranco
Torino
11.5.1983
65/100
13
Salvati Domenico
Castrovillari
28.3.1977
60/100
15
De Cicco Giovanni
Cosenza
18.2.1971
61/100
14
Sancineto Adelaide
Castrovillari
16.12.1984
61/100
16
De Luca Settimio
Paola
28.10.1985
63/100
15
Sangineto Ylenia
Castrovillari
23.5.1984
61/100
17
De Maddis Flaviano
Cosenza
21.12.1977
60/100
16
Santoro Valentino
Paola
20.1.1983
65/100
18
De Marco Angelo
Corigliano C.
25.12.1982
64/100
17
Scuderi William
Villapiana
8.11.1978
61/100
19
Donato Daniele
Paola
10.3.1983
67/100
18
Sdao Marco
Ottawa
12.8.1983
62/100
20
Ferraro Enzo
Belvedere M.
3.9.1980
63/100
21
Fiore Giuseppe
Castrovillari
21.11.1984
64/100
19
Sellaro Giovanni
Cariati
6.1.1982
62/100
22
Franco Aniello
Nocera Inferiore
5.7.1968
62/100
20
Settino Giuseppe
Cosenza
3.12.1983
60/100
23
Fusco Stanislao
Lattarico
3.9.19777
62/100
21
Silvestri Biagio
Praia a Mare
8.5.1981
60/100
22
Siro Antonello
Paola
20.1.1982
74/100
Solforino Gloria
Belvedere M.
2.9.1974
69/100
24
Infusino Salvatore
Rende
31.7.1972
61/100
25
Italiano Maria Pia
Cassano Ionio
19.3.1985
73/100
23
26
Lavorato Leonardo
Cariati
7.11.1982
62/100
24
Sposato Angelo
Corigliano C.
10.8.1984
62/100
27
Lifrieri Enzo Valeriano
Cosenza
8.7.1983
69/100
25
Sturino Alessandro
Cosenza
23.1.1983
61/100
28
Luci Ferdinando
Cosenza
2.9.1981
66/100
26
Suriano Massimiliano
Belmonte C.
28.11.1983
60/100
29
Maiarù Natale
Arnsberg
11.8.1975
60/100
27
Tiano Gianpiero
Brugg
23.11.1973
60/100
Cosenza 30.11.2006
Cosenza 30.11.2006
MASTER 2006 SEMIFINALE MONDIALE 60m A OSTACOLI
Linz - Austria - 15/20.3.2006
Al blocco n. 6 il geom. Riccardo Voltarelli da Crosia (CS) campione d’Italia
55
Attività di categoria
n. 5-6/ 2006
collegio di cosenza
OBBLIGATORIETÀ DI POLIZZE ASSICURATIVE PER LA R.C. PROFESSIONALE
Parere di valutazione delle proposte di Pietro Romano*
Faccio seguito alla Sua richiesta di valutazione delle due proposte di polizze assicurative per la R.C. professionale dei geometri, pubblicate
sul sito del Collegio, la prima delle quali è offerta a tutti gli iscritti sul territorio nazionale dalla AEC Broker, nell’ambito di una convenzione
quadro stipulata con il CNG, e dalla AXA Assicurazioni s.p.a. ai soli iscritti al Collegio Provinciale dei Geometri di Cosenza per il tramite dell’Agenzia n. 7904 di Cosenza, agente generale Sig. Massimiliano Artuso, rappresentandole quanto segue.
A decorrere dall’1.1.2007 entra in vigore l’obbligo per i geometri di dotarsi di una polizza assicurativa per la responsabilità civile professionale, per cui il CNG ha stipulato con la AEC Broker, in rappresentanza di alcuni Lloyd’s of London, una convenzione quadro contenente i
requisiti minimi di copertura richiesti agli iscritti.
Dal canto suo nell’ambito della sua attività istituzionale, il Collegio dei Geometri di Cosenza, previa delibera assembleare adottata all’unanimità, fin dal 16 gennaio 1978 ha stipulato con primarie compagnie assicuratrici succedutesi nel tempo e, da ultimo il 7.7.2004, con la AXAAssicurazioni s.p.a., una polizza cumulativa a favore di tutti gli iscritti all’Albo a copertura della responsabilità civile professionale ed infortuni.
Di conseguenza, quest’ultima compagnia assicuratrice ha presentato un’offerta rivolta a tutti gli iscritti all’Albo del Collegio dei Geometri
di Cosenza a copertura anch’essa della responsabilità civile professionale.
Si impone, pertanto, la necessità di valutare entrambe le proposte offerte agli iscritti, al fine di consentire loro una scelta consapevole e responsabile.
Data questa breve ma necessaria premessa, è opportuno precisare che entrambe le compagnie assicuratrici appartengono a primari gruppi
che operano da moltissimi anni sul mercato assicurativo internazionale, ragion per cui i professionisti sono ampiamente garantiti dalla solidità
patrimoniale dei contraenti.
Per ciò che riguarda l’oggetto dell’assicurazione, e le esclusioni presenti nei moduli contrattuali predisposti, rinvengo una sostanziale equivalenza tra i due prodotti offerti, evidenziando che soltanto quello predisposto con la AEC Broker contiene una clausola di salvaguardia che
sembrerebbe offrire copertura assicurativa anche alle richieste di risarcimento presentate dall’assicurato, nei limiti del massimale di polizza di
€ 2.500.000,00, “… anche nel caso in cui il giudice competente stabilisca che l’Assicurato abbia operato oltre le proprie competenze…”.
Sta di fatto, però, che siffatta clausola, nelle ipotesi di conclamata ed evidente violazione delle norme in materia di competenza professionale, potrebbe dar luogo a censure di nullità per illiceità della causa per violazione di norme imperative, considerata la valenza giuspubblicistica delle disposizioni che disciplinano la materia, disposizioni volte alla tutela di interessi pubblici generali (cfr.: Cass. 4.11.1994, n. 9063).
Dal canto suo la polizza proposta dalla AXA Assicurazioni s.p.a. garantisce anche la responsabilità civile per i danni derivanti dalla proprietà, o dalla conduzione di beni immobili adibiti a studio professionale, nonché quelli conseguenti alla qualità di datore di lavoro, o committente, garanzie tutte che, invece, rientrano tra le esclusioni nel modulo predisposto dal CNG con la AEC Broker.
Inoltre, la sola polizza proposta dall’AXA, con un sovrapremio pari al 10% di quello corrisposto ed uno scoperto del 10% con un minimo di €
2.500,00, offre l’estensione della garanzia anche ai danni arrecati alle opere oggetto di progettazione, direzione lavori e collaudo, nonché a quelle
sulle quali, o nelle quali si eseguono i lavori di costruzione, danni tutti derivanti dalla rovina totale o parziale delle opere, nonché da gravi difetti di
parti di essa che ne compromettano la stabilità. La garanzia in questione è, altresì, estesa anche ai danni prodotti alle opere in occasione di terremoti,
maremoti o altri movimenti tellurici, purché conseguenza di meri errori di calcolo nell’applicazione delle normative antisismiche.
Dall’esame comparato delle due proposte emerge anche che la clausola di retroattività predisposta con la AEC Broker è limitata ad anni 2,
mentre l’estensione fino al 5° anno è soggetta ad un incremento del premio a scaglioni fino al 50%.
La proposta dell’AXA, invece, prevede una retroattività sino al 5° anno senza incrementi di premio, a condizione che le richieste risarcitorie siano state avanzate per la prima volta nel periodo di efficacia dell’assicurazione.
Entrambe le proposte riconoscono, inoltre, una garanzia postuma, ossia oltre la scadenza del periodo assicurativo; la polizza predisposta
con la AEC Broker estende il periodo ai 12 mesi successivi senza alcun sovrapremio, mentre quella dell’AXA lo amplia fino a 10 anni a condizione che venga versato, in un’unica soluzione, un importo pari a due volte il premio corrisposto nell’ultimo periodo di assicurazione.
Il premio, infine, in entrambe le proposte è calcolato sulla base del fatturato dell'assicurato nell'anno fiscale precedente a quello della stipula, per massimali pari ad € 250.000,00 - € 500.000,00 - € 1.000.000,00 - € 1.500.000,00.
A parità di condizioni applicate, la valutazione delle tariffe fa emergere quanto segue:
- la polizza predisposta dal CNG con la AEC Broker prevede per singoli incarichi un valore di opere massimo garantito di € 2.500.000,00,
mentre quella proposta dalla AXA un valore di € 3.500.000,00;
- la polizza predisposta con la AEC Broker prevede una franchigia per sinistro di € 1.500,00, mentre quella dell'AXA di € 750,00;
per le attività riconducibili a quelle previste dal D. Lgs. 626/94 e dal D. Lgs 494/96 la polizza predisposta con la AEC Broker richiede un
incremento di premio pari al 15%, mentre quella proposta dalla AXA, senza incrementi, prevede il limite di 1/3 del massimale con uno scoperto del 10% ed un mini-mo di € 500,00.
Conclusioni
Ribadita la solidità patrimoniale di entrambe le compagnie proponenti, dall'esame comparato delle proposte emerge che quella formulata
dall'AXA Assicurazioni s.p.a. presenta una copertura dai rischi più ampia di quella predisposta dal CNG con la AEC Broker, il tutto a condizioni sostanzialmente equivalenti.
Nel restare a sua disposizione per ogni eventuale chiarimento o integrazione, colgo l'occasione per salutarla cordialmente.
Cosenza, 13 novembre 2006
* Avvocato, consulente legale del Collegio
56
Attività di categoria
n. 5-6/2006
collegio di cosenza
DISFUNZIONI UFFICIO TECNICO ERARIALE
Cosenza, 5.12.2006
Raccomandata fax
0984/481546
06/47775555
e p.c.
0961/509130
”
Direttore Ufficio Provinciale
Agenzia Territorio
Cosenza
Direzione Centrale
Agenzia Territorio
Roma
Direzione Regionale
Agenzia Territorio
Catanzaro
Oggetto: Segnalazione disfunzione Ufficio Territorio Cosenza.
Questa presidenza ha ricevuto da numerosi iscritti vibrate proteste e doglianze, il cui testo si trascrive di seguito integralmente:
“I fogli di mappa cartacea dei comuni con mappa numerica non sono più in visione libera al pubblico, sono infatti chiusi a
chiave nei rispettivi contenitori.
La loro visione è subordinata alla presenza del detentore delle chiavi (ing. Ciancio), il quale non sempre è presente. (Personalmente per due volte consecutive non sono riuscito a visionare una mappa).
Ora, dato che per svariati motivi può essere necessario consultare tale supporto cartaceo, si chiede, per Vostro tramite, se
l’Ufficio può organizzare il servizio in modo che, a richiesta, si possano visionare i fogli senza dover prima preoccuparsi di ricercare chicchessia, ma esibendo solo una semplice richiesta nei modi peraltro già stabiliti dall’Ufficio.”
Si chiede pertanto di adottare i conseguenti necessari tempestivi provvedimenti.
Il presidente
Dr Geom. Giuseppe Caterini
COMUNICAZIONI DELLA PRESIDENZA
TASSE ISCRIZIONE ALBO, REGISTRO DEI PRATICANTI ED ELENCO SPECIALE ANNO 2007
La tassa d'iscrizione all'Albo, al Registro dei Praticanti e all’Elenco Speciale per l'anno 2007 è rimasta invariata rispetto
all'anno precedente. L'importo è pari ad € 150 con riduzioni a € 140 per gli iscritti all'Albo dei Geometri e ad altri Albi, €
130 per gli iscritti al solo Albo dei geometri, €110 per gli iscritti al solo Albo dei geometri con età inferiore a 25 anni.
Tutti gli iscritti all'Albo dovranno, entro il 31 gennaio, far pervenire una dichiarazione sostitutiva redatta ex D.P.R. n.
445/2000 dalla quale si evinca il diritto ad una delle riduzioni sopra indicate. In caso di mancata presentazione della
dichiarazione annuale si applicherà all'iscritto la tassa nella misura massima.
Per gli iscritti al Registro dei Praticanti l’importo è di €. 500 per il biennio con riduzione per gli iscritti di età inferiore a 25 anni. Per i praticanti è prescritto l’obbligo di frequentare il corso propedeutico agli esami di abilitazione organizzato dal Collegio.
Per gli iscritti all’Elenco Speciale la tassa annuale è di €. 75 annuali senza alcuna riduzione.
Per tutti gli iscritti all’Albo, al Registro dei Praticanti e all’Elenco Speciale resta ferma la data del 28-29 febbraio quale
termine di scadenza del pagamento, prevedendo la sanzione di € 5 per ogni mese di ritardo.
Decorso il termine del 31 dicembre dell'anno in corso si procederà nella prima riunione del Consiglio Direttivo alla
sospensione per morosità con contestuale obbligo, per gli iscritti all’Albo, di restituzione del timbro professionale (di
proprietà del Collegio) e con la comunicazione prescritta per legge del provvedimento con raccomandata A.R. a tutti
gli Enti interessati.
Si specifica che al fine d'ottenere la revoca l'iscritto dovrà sanare la propria morosità, oltre alle sanzioni maturate, e
rimborsare le spese di comunicazione (a magistratura, autorità, comuni ed enti vari), ivi comprese quelle riguardanti
la revoca del provvedimento per un importo di quasi € 1.120.
AGGIORNAMENTO DATI PERSONALI
Per i necessari aggiornamenti tutti gli iscritti del Collegio sono obbligati per legge a far pervenire tempestivamente e comunque entro e non oltre 15 giorni dall'eventuale variazione - alla Segreteria ogni variazione dei dati personali
(residenza, domicilio di studio, partita iva, codice fiscale, telefono, indirizzo e-mail ecc.) riportati nell'Albo e/o negli
atti del Collegio nonché i settori professionali di specifica competenza, dichiarati con autocertificazione. La mancata
comunicazione può comportare l'apertura di procedimento, segnatamente se il Collegio fornisce a richiesta di enti o
privati dati non coerenti.
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Attività di categoria
n. 5-6/ 2006
collegio di cosenza
AGGIORNAMENTO ALBO
Iscrizioni
Vincenzo Carbone nato a Lungo il 24.5.1982, residente in Lungro, C.da S. Angelo Vico II n.1, Albo n. 2739
Francesco Cardamone nato a Cosenza il 23.11.1977, residente in Celico, Via E. Berlinguer n.16, Albo n. 2754
Salvatore Ceci nato a Cosenza il 5.4.1979, residente in Spezzano Albanese, Via F.G.Coppola n. 34, Albo n. 2735
Pasquale Cirone nato a Cassano allo Ionio il 3.10.1968, residente in Cassano allo Ionio, Via P.Galluppi , Albo n. 2715
Massimilano Colla nato a Cosenza il 13.7.1975, residente in Aprigliano, C.da San Nicola, albo n. 2740
Francesco Covelli nato a Cosenza il 6.8.1972, residente in Cosenza, Via P.Rossi n. 59, Albo n. 2741
Damiano Covello nato a Acri il 22.11.1981, residente in Acri, Via Duglia n. 498, Albo n. 2712
Domenico Curcio nato a Belmonte Calabro il 18.5.1947, residente in Belmonte Calabro, Via largo Duomo n.14, Albo n. 2714
Andrea de Vuono nato a Cosenza il 7.10.1980, residente in Malvisto, C.da Piana n. 59, Albo n. 2724
Luca Donato nato a Belvedere Marittimo il 20.2.1983, residente in Belvedere Marittimo, C.da Oracchio Alto, Albo n. 2727
Roberto Ferraro nato a Castrovillari l’1.11.1984, residente in Frascineto, Via Alfieri n.21, Albo n. 2726
Mauro Foggia nato a Cariati l’1.11.1984, residente in Cariati, Via A. De Curtis n. 51, Albo n. 2726
Francesco Forastieri nato a Cetraro il 24.10.1982, residente in Scalea, Via Fiume Lao n. 67, Albo n. 2725
Francesco Fucile nato a Cosenza il 4.3.1979, residente in Bisignano, Via Muoio n.24, Albo n. 2744
Cosimo Fusaro nato a Cosenza il 15.9.1977, residente in Acri, Via Crista n. 26, Albo n. 2717
Maria Giugno nata a Cosenza il 30.10.1984, residente in Paterno Calabro, Via G. Giacomo Matteotti n.27, Albo n. 2736
Biagio Guaglianone nato a Belvedere Marittimo il 25.11.1980, residente in Scalea, Via Del Mulino n.986, Albo n. 2728
Massimo Guccione nato a Cosenza il 19.9.1979, residente in Lattarico, Via Triscioli n.3, Albo n. 2737
Daniele Italia nato a Cosenza il 2.6.1976, residente in Rende, Via Svizzera n. 1, Albo n. 2747
Pietro La Vitola nato a Villapiana il 2.11.1973, residente in Villapiana, Via Roma n.1, Albo n. 2743
Vincenzo Le Rose nato a Castrovillari il 31.1.1982, residente in Acquaformosa, Via Spela n. 66, Albo n. 2730
Roberto Lenti nato a Paola il 9.12.1970, residente in San Lucido, C.da Santa Lucia n.98, Albo n. 2718
Massimiliano Lifrieri nato a Cosenza il 8.7.1983, residente in San Donato di Ninea, C.da Picara, Albo n. 2732
Giancarlo Lupinacci nato a Rossano il 4.11.1978, residente in Corigliano Calabro, C.da Busento , Albo n. 2746
Maurizio Marcone nato a Paola il 6.3.1982, residente in Fuscaldo, C.da marri n.44, Albo n. 2713
Antonio Morrone nato a Acri il 5.11.1972, residente in Acri, Via Aldo moro n. 275/2, Albo n. 2720
Raffaele Olivieri nato a Cosenza il 22.4.1974, residente in Cerisano, Via Boschetto n. 19, Albo n. 2742
Mauro Pagano nato a Belvedere Marittimo il 21.7.1984, residente in Scalea, Via A. Manzoni n. 1, Albo n. 2721
Francesco Pranteda nato a Cariati il 3.9.1984, residente in Rossano, Via Cosenza n. 46, Albo n. 2734
Ferdinando Sacco nato a Cosenza il 10.9.1980, residente in Castrolibero, Via G. Puccini n.50, Albo n. 2738
Antonio Sciammarella nato a Cetraro il 4.9.1980, residente in Acquappesa, Via V. Emanuele III, Albo n. 2723
Pietro Staine nato a Cosenza il 1.12.1970, residente in Pedace, Via del Mulino n.27, Albo n. 2716
Domenico Suevo nato a Cosenza il 7.7.1976, residente in Roggiano Gravina n. 117, Albo n. 2711
Giovanni Tenuta nato a Cosenza l’11.8.1983, residente in Marano Marchesato, Via Parini n. 16, Albo n. 2722
Fabiano Trocini nato a Cosenza il 12.11.1981, residente in Rogliano, Loc. Saliano n. 64, Albo n. 2748
Giuseppe Davide truncellito nato a Taranto il 23.10.1982, residente in Rocca Imperiale, Via G. D’Annunzio, Albo n. 2733
Agostino Vommaro nato a Paola il 7.6.1976, residente in Paola, Via Deuda n.1, Albo n. 2719
Annotazioni:
Dottori geometri laureati in Scienze geo-topo-cartografiche, estimative, territoriali ed edilizie
Giuseppe Caterini (Albo n. 663); Ambrogio Frascini (n. 1240); Massimo Mollo (n. 2067); Luciano Niccoli (n. 2008); Luciano Giovanni
Ramundo (n. 1170); Giovanni Sicilia (n. 2052)
Cancellazioni
Angelo Baffa, Camillo Barci, Franco Berardi, Aurelio Cava, Angelo De Vincenti, Barbara Duca, Pietro Florio,Pietro P. Lamberti, Luigi
Lorelli, Giuseppe Lupinacci, Cataldo Maduli, Vincenzo Magno, Francesco Manna, Mario P. Montalto, Benito F. Presta, Giuseppe
Scazziota, Francesco Siciliano, Pietro Silletta, Antonio Stillo, Giovanni Vagnoni, Amerigo Vitelli.
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Attività di categoria
n. 5-6/2006
collegio di cosenza
AGGIORNAMENTO REGISTRO PRATICANTI
Iscrizioni
Francesco Abbruzzese nato a Acri il 9.5.1986, residente in Corigliano Calabro , Via Mortati Costantino, Reg. Prat. n. 2354
Gian Battista Acquaviva nato a Hagen (EE) il 3.7.1985, residente in Corigliano Calabro, Via A. Gramsci n.233, Reg. Prat. n.2385
Carlo Alberto Adornetto nato a Belvedere M. il 4.11.1971, residente in Belvedere M, C.da Castromurro n..265, Reg. Prat. n. 2385
Luigi Alfano nato a Cassano allo Ionio il 12.6.1978, residente in Cassano allo Ionio, Via Saffo n.24, Reg. Prat. n. 2332
Andrea Amato nato a Corigliano Calabro il 5.8.1983, residente in Corigliano Calabro, Via Provinciale, Reg. Prat. n. 2368
Enrico Apollaro nato a Mormanno il 9.4.1978, residente in Mormanno, Via Giuseppe Garibaldi n. 26, Reg. Prat. n. 2296
Carmelo Astorino nato a Soneria Mannelli il 23.1.1984, residente in Scigliano, Via Chiesa n. 25 , Reg. Prat. n. 2382
Salvatore Audia nato a Crotone il 23.2.1978, residente in San Giovanni in Fiore, Via S. Francesco , Reg. Prat. n. 2431
Santo Augello nato a Colosimi il 22.6.1953, residente in Bianchi , Via Palinudo n.241, Reg. Prat. n. 2353
Damiano Baffa nato a San Cosmo Albanese il 19.8.1975, residente in Corigliano C.,Via Don Lorenzo Dilani, Reg. Prat. n. 2417
Francesco Baffa nato a Cosenza il 16.10.1985, residente in San Cosmo Albanese, Via Provinciale n 5, Reg. Prat. n. 2406
Giovanni Barletta nato a Cosenza il 7.11.1985, residente in Castrovillari, Via La Caccia n.9, Reg. Prat. n. 2310
Filippo Barberio nato a Aarau il 16.6.1985, residente in San Giovanni in Fiore, Via Etna n.78, Reg. Prat. n. 2418
Fabio Berni nato a Castrovillari l’1.7.1985, residente in Castrovillari, Via delle Magnolie n.2/e , Reg. Prat. n. 2290
Adelaide Bettolino nato a Castrovillari il 8.5.1986, residente in Morano Calabro, C.da Cutura n.8, Reg. Prat. n. 2348
Ernesto Bianco nato a Belvedere Marittimo il 19.10.2005, residente in Fuscaldo, C.da Moschera Sopra Strada, Reg. Prat. n. 2343
Gaetano Bometre nato a Cosenza il 12.12.1979, residente in Terranova da Sibari, Via Indipendenza n.18, Reg. Prat. n. 2408
Luigi Bria nato a Cosenza il 21.7.1983, residente in Montalto Uffugo, Via Drago n. 14, Reg. Prat. n. 2439
Giuseppe Bruni nato a Cosenza il 22.11.1980, residente in Lago, Via Arte Sacra n. 8, Reg. Prat. n. 2295
Angelo Bruno nato a Tittlingen (EE) il 13.7.1984, residente in San Demetrio Corone, Via Castrista n.14, Reg. Prat. n.2301
Francesco Bruno nato a Belvedere Marittimo il 22.3.1981, residente in Malvito, C.da Vaditari n. 29 , Reg. Prat. n. 2307
Umberto Calidari nato a Lamezia terme il 30.1.1975, residente in San Lucido, via Deuda, reg. Prat. n. 2427
Giuseppe Caporale nato a Cassano allo Ionio il 7.3.1983, residente in Cassano allo Ionio, C.da Piano Scafo , Reg. Prat. n. 2350
Umile Caravone nato a Cosenza il 14.6.1986, residente in Luzzi, C.da Risicoli n.4, Reg. Prat. n. 2434
Giuseppe Caroprese nato a Belvedere M.mo il 20.5.1982, residente in Belvedere M.mo, C.da Castromurro, Reg. Prat. n. 2384
Antonio Caruso nato a Vibo Valentia l’8.4.1977, residente in Paola , Via Carlo Cattaneo n.1, Reg. Prat. n. 2351
Biagio Caruso nato a Rossano il 3.1.1988, residente in Rossano, Via Pigna n. 4, Reg. Prat. n. 2448
Giovanni Casciaro Corigliano Calabro il 30.4.1987, residente in Corigliano calabro, Via C.A. dalla Chiesa n.12, Reg. Prat. n. 2460
Alberto Casella nato a Belvedere M.mo il 23.8.1985, residente in Belvedere Marittimo, C.da San Litterata n.140, Reg. Prat. n.2366
Bonifacio Cerchiara nato a Castrovillari l’1.10.1980 residente in Francavilla M.ma., Via delle Ginestre n.15, Reg. Prat. n. 2396
Andrea Chianello nato a Paola il 22.1.1987, residente in San Lucido, Via Libertini , Reg. Prat. n. 2440
Emilio Chiappetta nato a Cosenza il 30.1.1986, residente in Montalto Uffugo Via Lucchetta n.56, Reg. Prat. n. 2367
Ivan Civitelli nato a Cosenza il 22.10.1984, residente in Fiumefreddo Bruzio, Via degli Angioini n.14, Reg. Prat. n. 2325
Alessando Cofone nato a Corigliano Calabro il 14.5.1987, residente in Corigliano Calabro, C.da Cadornetto n.2, Reg. Prat. n. 2450
Pasquale Cofone nato a Corigliano Calabro il 24.12.1975, residente in Acri, C.da Foresta n.434, Reg. Prat. n.2289
Mirco Contatore nato a Belvedere Marittimo il 16.1.1987, residente in Diamante, Via Riviere n.91, Reg. Prat. n. 2455
Salvatore Cosentino nato a Praia a Mare il 24.12.1975, residente in San Nicola Arcella, Via S. Pertini n.4 , Reg. Prat. n. 2277
Umile Cosenza nato a Cosenza il 9.11.1984, residente in Luzzi, C.da Taverna n.11, Reg. Prat. n. 2442
Vera Crivella nata a Belvedere Marittimo il 4.6.1985, residente in Mottafollone , Via Fratelli Bandiera, Reg. Prat. n. 2292
Marco Crocco nato a Praia a mare il 28.8.1986, residente in Rose, Via Serralonga n.69, Reg. Prat. n.2378
Francesco Crudo nato a Maratea il 23.9.1984, residente in Verbicaro, Via XXIV Maggio n.70, Reg. Prat. n. 2428
Vincenzo D’atri nato a Castrovillari il 22.11.1986, residente in Castrovillari, Via S.S. Medici n.62, Reg. Prat. n. 2438
Luca De Ciancio nato a Cosenza il 10.6.1982, residente in Torano castello, C.da Dominicello n.16, Reg. Prat. n. 2443
Christian De Luca nato a Cosenza. il 21.8.1985, residente in Bisignano., Via Fravitta n.30., Reg. Prat. n. 2346
Pierluigi De Marco nato a Rogliano il 4.7.1985, residente in Acri, Via D. Mauro n.46, Reg. Prat. n. 2267
Maria Luisa De Salvo nata a Cerchiara di Calabria il 22.4.1978, residente in Cerchiara di C., Via Conte Verde, Reg. Prat. n. 2422
Francesco Di Grazia nato a belvedere Marittimo il 2.4.1966, residente in Castrovillari, C.da Lacco, Reg. Prat. n. 2457
Raffaele Di Napoli nato a Castrovillari 25.9.1985, residente in Morano Calabro, Via Don D. De Filippo n.38, Reg. Prat. n. 2352
Isabella Dromion nata a Cosenza il 17.11.1987, residente in Trenta, via F. Cilea n.16, Reg. Prat. n. 2437
Attilio Esposito a Cosenza il 17.12.1983, residente in San Marco Argentano, C/da Pezze n. 48, Reg. Prat. n. 2357
Diego Falcone nato a Cassano Ionio il 15.1.1986 , residente in Cassano Ionio, Via IV Novembre n.143, Reg. Prat. n. 2451
Vincenzo Felice nato a Praia a Mare l’ 11.10.1982, residente in Diamante, C.da Lauro n. 29 , Reg. Prat. n. 2399
Tommaso Felicetti nato a Corigliano Calabro il 21.4.1981, residente in Corigliano C. , Via della Tramontana, Reg. Prat. n. 2369
Francesco Feraco nato a Acri l’11.8.1986, residente in Acri, Via San Giovanni Bosco n.63/2, Reg. Prat. n. 2320
Francesco Ferrari nato a Paola il 16.10.1962, residente in Paola, Via della Quercia, Reg. Prat. n. 2411
Raffaele Ferrari nato a Cosenza il 25.1.1987, residente in Grimaldi, Viale Aldo Moro n. 44, Reg. Prat. n. 2429
Natale Figoli nato a Rossano il 14.4.1985, residente in Rossano., Via P. Malena n.14, Reg. Prat. n. 2355
Giuseppe Filazzola nato a Albidona l’1.6.1969, residente in Albidona., Via G. Carducci n.22, Reg. Prat. n. 2323
Vincenzo Filippelli nato a Cariati il 2.7.1986, residente in Campana, Via Sila n. 145, Reg. Prat. n. 2421
Pietro Fondacaro nato a Praia a Mare il 3.1.1983, residente in Tortora, Via Fratelli Bandiera n. 105, Reg. Prat. n. 2388
Simone Forlano nato a Cosenza il 19.10.1984, residente in Cosenza, Via dei Mille n. 29, Reg. Prat. n. 2339
Danilo Fragomeli nato a Cosenza il 20.10.1985, residente in Castrolibero, Via Napoli n.8, Reg. Prat. n. 2340
Piero Nunzio Fusaro nato a Acri il 29.6.1986, residente in Acri, Via Timpone della Morte, Reg. Prat. n. 2458
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Attività di categoria
n. 5-6/ 2006
collegio di cosenza
Graziano Gabriele nato a Maratea il 8.7.1987,, residente in Tortora, Fraz. Pizinno n.38, Reg. Prat. n. 2436
Luigi Galzarano nato a Cosenza il 16.10.1985, residente in Terranova da Sibari, Via V. Alberiis n.125 , Reg. Prat. n.2303
Alessando Garofano nato a Cosenza il 15.4.1985, residente in Roggiano Gravina, Via A. Vadala’, Reg. Prat. n. 2452
Valentino Gencarelli nato a Acvi il 29.3.1986, residente in Acri, C.da Gioia n.122, Reg. Prat. n. 2409
Angelo Giovinazzo nato a Rossano il 3.11.1981, residente in Rossano , Viale Mediterraneo n. 84, Reg. Prat. n. 2397
Antonio Grieco nato a Ivrea il 28.8.1976, residente in Cariati, Via G. Deledda n. 8, Reg. Prat. n.2294
Luigi Guido nato a Cariati il 22.6.1987, residente in Corigliano Calabro, Via degli Albanese n.3, Reg. Prat. n. 2454
Salvatore Guido nato a Cosenza. il 23.2.1985, residente in Bisignano, Via Giardini n.46, Reg. Prat. n. 2347
Gianpiero Guzzo nato a Cassano allo Ionio il 23.2.1985, residente in Cassano Ionio., Via Gubbio n.10, Reg. Prat. n. 2312
Marco Iannibelli nato a Castrovillari il 6.4.1986, residente in Castrovillari, Via Morano Calabro n.2, Reg. Prat. n. 2331
Fabio Iannuzzi nato a Cassano allo Ionio il10.7.1985, residente in Villapiana, Via Zampini n.11, Reg. Prat. n. 2368
Antonio Iazzolino nato a Sulmona il 27.2.1981, residente in Castrovillari, Via delle Azalee n.8 , Reg. Prat. n. 2311
Giuseppe Imperio nato a Praia a Mare il 18.3.1987, residente in Tortora, Fraz. SS. Quaranta n.22. Reg. Prat. n. 2435
Salvatore Infantino nato a Cosenza il 5.6.1983, residente in Acquappesa, C.da Santa Rosalia n.8, Reg. Prat. n.2315
Paolo Infusino nato a Cosenza il 17.9.1986, residente in Rende, Via dei Giardini n.1/f, Reg. Prat. n. 2335
Nicola Iorio nato a Praia a mare il 2.1.1987, residente in Tortora, Via G. Cunto n.3. reg. Prat. n. 2447
Eugenio Lanuara nato a Cetraro il 9.2.1986, residente in Belvedere Marittimo, C.da Castromurro n. 179/t, Reg. Prat. n. 2374
Domenico Le pera nato a Cosenza il 27.10.1986, residente in Rende, Trav. III C. Carrà n.21, Reg. Prat. n. 2391
Roberto Lesci nato a Schio l’11.12.1982, residente in Trebisacce, alla Via De Amicis n. 13, Reg. Prat. N. 2322
Marco Lia nato a Rossano il 27.10.1986, residente in San Lucido, Via Falcone n. 119, Reg. Prat. n. 2393
Pietro Limongi nato a Praia a Mare il 23.6.1985, residente in Tortora, Fraz. S. Quaranta n.17, Reg. Prat. n. 2365
Antonio Lizzano nato a CoriglianoCalabro il 4.5.1985, residente in Trebisacce, Via Eschilo, Reg. Prat. n. 2414
Giuliano Lopetrone nato a Cosenza il 27.3.1983, residente in Luzzi, C.da san Giuliano n.4, Reg. Prat. n. 2319
Tiziana Madeo nata a Rossano il 22.1.1985, residente in Rossano, C.da amica n. 178, Reg. Prat. 2291
Eugenio Maiorana nato a Praia a mare il 15.1.1979, residente in Praia a Mare, Via dei Ciclamini n. 21, reg. Prat. n. 2433
Cosmo G. Manfredi nato a Corigliano Calabro il 19.3.1983, residente in Corigliano calabro, Via Rossigni n. 9, Reg. Prat. n. 2358
Fiorina Manna nata a Cosenza il 13.1.1985, residente in Castrolibero, Via Milano n. 7, Reg. Prat. n. 2316
Porfidio Mansueto nato a Cosenza il 6.8.1979, residente in Torano Castello, Via S. Sabato n. 12, Reg. Prat. n. 2381
Fabio Marasco nato a Rogliano il 3.6.1987, residente in Rogliano, Via Donnanni n.39, Reg. Prat. n. 2432
Francesco Marino nato a Belvedere Marittimo il 3.4.1984, residente in Grisolia, Via Roma n. 2, Reg. Prat. n. 2328
Roberto Picciola Marino nato a Cosenza il 6.3.1986, residente in Fiumefreddo B., Via Campo n.4, Reg. Prat. n. 2321
Andrea Mascaro nato a Carmagnola – To – il 12.5.1979, residente in San Lucido, Via Libertini Reg. Prat. n. 2387
Domenico Mazzei nato a Castrovillari il 25.1.1985, residente in Francavilla Marittima, Via della Repubblica n.6, Reg. Prat. n. 2314
Luigi Metallo nato a Cosenza il 21.3.1979, residente in Montalto Uffugo, Via Zingonaglie n. 11, Reg. Prat. n.2407
Mario Monitoro nato a Paola il 8.6.1984, residente in Fiumefreddo Bruzio, C.da Lenti n. 53, Reg. Prat. n. 2298
Luca Montalto nato a Cosenza il 21.4.1986, residente in Spezzano della Sila, Via delle Ginestre n.9, Reg. Prat. n. 2401
Vincenzo Montoro nato a Paola il 22.3.1986, residente in Fiumefreddo Bruzio, Via Lenti. Reg. Prat. n. 2400
Salvatore Mundo nato a Castrovillari il 19.7.1984, residente in Albidona, Via Umberto I n. 100, reg. Prat. n.2446
Tiziana Muzzillo nata a Paola il 2.9.1985, residente in Paola, Via Serra della Noce, Reg. Prat. n. 2293
Davide Nazzareno nato a Paola il 11.4.1983, residente in Fiumefreddo Bruzio, C.da Balestrieri n.7, Reg. Prat. n. 2370
Giuseppe Nigro nato a Cosenza il 18.11.1987, residente in Rende, C.da Bianchi n.4, Reg. Prat. n. 2412
Francesco Noceti nato a Castrovillari il 28.12.1979, residente in Castrovillari, Via U. D’Atri n.7, reg. Prat. n. 2445
Giovanni Novellis nato a Rossano il 10.3.1986, residente in Rossano, Via Ticino , Reg. Prat. n. 2318
Francesco Oppedisano nato a Acri il 26.10.1982, residente in Acri, C-.da Destra Miennula n.1, Reg. Prat. n. 2364
Valerio Orefice nato a Cosenza il 25.9.1986, residente in Malvisto, C.da Palombaro n.20, Reg. Prat. n. 2404
Antonio Pace nato a Stigliano – MT- il 14.4.1986, residente in Rocca Imperiale, Via N. Gianniti n. 1, Reg. Prat. n. 2308
Elio Palermo nato a Cetraro il 15.7.1978, residente in Sangineto, Via A. De Gasperi n. 107, reg. Prat. n. 2449
Alessandro Palmieri nato a Castrovillari il 24.10.1984, residente in Castrovillari, Via Pino Loricato n. 25, Reg. Prat. n. 2371
Francesco Pane nato a Castrovillari il 8.10.1984, residente in Altomonte, Via Giacobini Ciro Luigi n.14, Reg. Prat. n. 2459
Maurizio Fabiano Pansini nato a Cosenza il 23.6.1986, residente in Acri, Via Eppo Maria De Simone, Reg. Prat. n. 2324
Sandro Pascuzzo nato a Rogliano il 16.1.1986, residente in Marzi, Via Stazione n.4, Reg. Prat. n. 2336
Angelo Pasqua nato a Acri il, 9.6.1986, residente in Bisognano, C.da Ficomuto n.13, Reg. Prat. n. 2424
Antonio Patera nato a Cassano Ionio il 18.1.1986, residente in Amendolara, Via Bologna, Reg. Prat. n. 2356
Angelo Perri nato a Soneria Mannelli il 18.2.1986, residente in Bianchi, Via Stazione n. 17, Reg. Prat. n. 2441
Tony Perrone nato a Cosenza il 7.2.1981, residente in Rose, C.da Petraro n.74, Reg. Prat. n. 2302
Carmine Petrone nato a Corigliano Calabro il 29.10.1983, residente in Acri, C.da Monsignore n.42, Reg. Prat. n. 2313
Salvatore Pignanelli nato a San Giovanni in Fiore il 24.6.1987, residente in S. Giovanni in Fiore, Via Virgilio, Reg. Prat. n. 2413
Maria Pingitore nata a Cosenza il 2.12.31985, residente in Scagliano, Via Roma n.1/p, Reg. Prat. n. 2403
Antonio Porco nato a Paola il 11.2.1982, residente in Fiumefreddo Bruzio, C.da Gammarisi n.2, Reg. Prat. n. 2327
Antonio Presta nato a Cosenza il 11.2.1982, residente in Cosenza, C.da Cozzo San Lorenzo, Reg. Prat. n. 2304
Cosimo Presta nato a Cassano allo Ionio il 22.7.1983, residente in Amendolara, Via B. Telesio n. 1, Reg. Prat. n. 2345
Francesco S. Provenzano nato a Cosenza il 17/02/1984, residente in Dipingano, Via Cappuccini n. 7, Reg. Prat. n. 2309
Enrico Quintieri nato a Cosenza il 18.4.1985, residente in Rende, Via G. Matteotti n.76, Reg. Prat. n. 2330
Armando V.M. Rabisson nato a Paola il 2.10.1987, residente in Paola, Via Magna Grecia n. 24, Reg. Prat. n. 2405
Giuseppe Riccetti nato a Maratea – PZ- il 13.7.1985, residente in Scalea, Via P. Togliatti n. 6, Reg. Prat. n. 2402
60
Attività di categoria
n. 5-6/2006
collegio di cosenza
Pietro Graziano Ricioppo nato a Belvedere M.mo il 18.12.1985, reidente in Belvedere M.mo, Via vetticello, Reg. Prat. n. 2416
Fabrizio Ritacco nato a Cosenza il 30.10.1977, residente in Cerisano, Via Piazza Zuopi n. 3, Reg. Prat. n. 2392
Cristian Rizzo nato a Paola il 19.2.1983, residente in Falconara Albanese, Via Dragineto Staffa n.3, Reg. Prat. n. 2326
Pilerio Enzo Roma nato a Rossano il 13.9.1986, residente in Rossano, Via Vallone San Marco n.51, Reg. Prat. n. 2361
Pasquale Romio nato a Corigliano Calabro il 4.11.1986, residente in Corigliano Calabro, Via Della Chiesa, Reg. Prat. n. 2333
Antonio Maria Rose nato a Cosenza il 22.12.1983, residente in Bisignano, Via San Francesco, Reg. Prat. n. 2344
Valerio Ruffolo nato a Soneria Mannelli il 29.9.1986, residente in Rossano, Via M. Malpigli n.18, Reg. Prat. n. 2425
Domenico Sacchetti nato a Corigliano Calabro il 27.10.1984, residente in Corigliano Calabro, Piazza Sibari, Reg. Prat. n. 2395
Giorgio Salatino nato a Cosenza il 9.5.1987, residente in Cosenza, Via Miceli n.52, Reg. Prat. n. 2305
Francesco Salerni nato a Cosenza il 5.8.1986, residente in Castrovillari, Via M. Pellegrini n.26, Reg. Prat. 2337
Francesco Salerno nato a Cosenza il 27.6.1986, residente in San Vincenzo La Costa, Via A. Manzoni n.19, Reg. Prat. n. 2341
Antonio Salituro nato a Cosenza il 18.9.1986, residente in Cosenza, Via Milione n.1, Reg. Prat. n. 2317
Andrea Saluce nato a Praia a mare il 28.2.1987, residente in Tortora, Via Fratelli bandiera, Reg. Prat. n. 2410
Leo Salvati nato a Saracena il 18.3.1981, residente in Saracena,Via Giorgio La Pira n. 113, Reg. Prat. n. 2342
Cesare Sapia nato a Rossano il 18.6.1986, residente in Rossano, C.da Piana Vernile n.4, Reg. Prat. n. 2444
Gianluigi Sapiente nato a Corigliano Calabro il 23.3.1984, residente in Corigliano Calabro, Via Tirana n. 128, Reg. Prat. n. 2286
Antonio Giuseppe Scaglione nato a Acri il 1.6.1987, residente in Acri, Via Montagnola n.30, Reg. Prat. n.2453
Sergio Serravalle nato a Cosenza il 27.8.1980, residente in Rose, C.da Stio n.91, Reg. Prat. n. 2359
Fabio Settembrini nato a Cosenza il 9.4.1984, residente in Lattarico, Via Crivello n. 29, Reg. Prat. n. 2363
Rocco Sicilia nato a Cosenza il 20.4.1979, residente in Montalto Uffugo, via dei ciclamini n. 7, Reg. Prat. n. 2329
Vincenzo Signorelli nato a Cosenza il 12.2.1984, residente in Amantea, Via Elisabetta Noto n.55, Reg. Prat. n. 2338
Lorenzo Sirimarco nato a Cosenza il 11.6.1985, residente in S: Caterina Albanese, Via San Pantaleone, Reg. Prat. n. 2362
Giovanni Sorace nato a Cosenza il 16.9.1983, residente in Malvito, C.da Piana n.7, Reg. Prat. n. 2372
Vincenzo Spezzano nato a Acri il 29.8.1985, residente in Acri, C.da Duglia n. 124, Reg. Prat. n. 2306
Michele Spina nato a Cosenza il 24.12.1984, residente in Belsito, Via Sopracasale n. 36, Reg. Prat. n. 2288
Emilio Spizzirri nato a Cosenza il 1.3.1986, residente in Marano Marchesato, Via San Marco n. 25, Reg. Prat. n. 2377
Angelo Sprovieri nato a Cosenza il 18.8.1985, residente in Vaccarizzo Albanese, Via del Calvario n. 1, Reg. Prat. n. 2300
Marco Talarico nato a Cosenza 19.1.1986, residente in Scagliano, Via Olmo n. 8, Reg. Prat. n.2334
Giuseppe Tasso nato a Castrovillari il 7.7.1982, residente in Saracena, Via Giorgio La Pira n. 78, Reg. Prat. n. 2420
Luca Toscano nato a Acri il 17.10.1986, residente in Acri, C.da Cotura n.188 n.6, Reg. Prat. n. 2375
Antonio Tramaglino nato a Castrovillari il 26.9.1986, residente in Spezzano Albanese, Via Albania n. 21, Reg. Prat. n. 2430
Raffaele Tribuzio nato a Belvedere M.mo il 11.11.1987, residente in Belvedere M.mo, C.da castromurro, Reg. Prat. n.2415
Valeria Trocini nata a Rogliano il 25.5.1986, residente in Marzi, Via Pedalata n. 7, Reg. Prat. n. 2389
Giuseppe Tucci nato a Cassano Ionio il 27.7.1985, residente in Amendolara, Via Cuppo n.2, Reg. Prat. n. 2426
Pasquale Tufaro nato a Cassano Jonio il 22.3.1984, residente in Trebisacce, Via Leonida Rapace n.6, Reg. Prat. n. 2360
Battista Turano nato a Corigliano Calabro il 22.5.1986, residente in Acri, C.da Pantalia n.1, Reg. Prat. n. 2379
Vincenzo Valente nato a Rogliano il 8.8.1985, residente in Acri, C.da Serralonga n.21, Reg. Prat. n. 2376
Antonio Valentini nato a Cosenza il 26.6.1987, residente in Rende, Viale dei Giardini n. 5, Reg. Prat. n. 2423
Domenico Veltri nato a Paola il 14.9.1984, residente in Amantea, Via Corieca, Reg. Prat. n. 2456
Fabio Vitale nato a Cariati il 29.9.1985, residente in Rossano, Viale L. De Rosis n.17, Reg. Prat. n. 2373
Alfredo Vommaro nato a Treviglio il 18.2.1987, residente in San Lucido, Via Mulini n.16, Reg. Prat. n. 2419
Andrea Zanfino nato a Cosenza il 10.5.1986, residente in Cosenza, Via Cesare Marini n. 51, Reg. Prat. n. 2383
Emanuele Zucco nato a Lungo il 24.6.1985, residente in Roggiano Gravina, C.da Farneto, Reg. Prat. n. 2299
Cancellazioni
Daniele Amendola, Francesco Barone, Mario Bassolino, Antonio Battaglia, Salvatore Bellizzi, Teresa Bellusci, Anselmo F. Belmonte,
Giovanni Benvenuto, Giovanni Brusca, Stefano Cafarella, Vincenzo Carbone, Francesco Cascando, Maurizio Casella, Benito
Castaldi, Marco Cello, Giuseppe Ciardullo, Luca Cofone, Gianfranco Covelli, Piero De Leo, Angelo De Marco, Antonio De Marco,
Giuseppe De Vita, Giuseppe Dodaro, Daniele Donato, Luca Donato, Alessio D’Onofrio, Enzo Ferraro, Mauro Foggia, Pasquale
Galluzzi, Maria Giugno, Massimo Granirei, Biagio Gaglianone, Leonardo Lavorato, Vincenzo Le Rose, Andrea Lenti, Enzo Lifrieri,
Gennaro Liguori, Fabio Mezzotero, Antonio Morrone, Salvatore Morrone, Vincenzo Morrone, Mauro Pagano, Fedele B. Palazzo,
Venerino Paura, Eugenio Piro, Francesco Pranteda, Luigi Provenzano, Adelmo C. Raimondi, Giulio Rossano, Ylenia Sangineto,
Palma Santoianni, Valentina Santoro, Raffaele Sapia, Gaetano Saporiti, Marco Sdao, Biagio Silvestri, Americo Sinopoli, Sandro
Spataro, Angelo Sposato, Alessandro Sturino, Giovanni Tenuta, Fabiano Tirocini, Giuseppe Truncellito,Giuseppe Tufo, Mariano
Turco, Giancarlo Vaccaro, Nicola Visconti, Giovanni Zicarelli
AGGIORNAMENTO ELENCO SPECIALE DIPENDENTI ENTI PUBBLICI E PRIVATIZZATI
Cancellazioni
Nevone Pasquale Blasi , Luigi Rosario De Caro, Anacleto Giglio, Banedetto Manfredi, Luigi Pulice, Giuseppe Valente, Franco
Valerio.
61
Attività di categoria
n. 5-6/ 2006
collegio di crotone
INCONTRO DEL DIRETTIVO CON L’AGENZIA DEL TERRITORIO
Si porta a conoscenza che nella giornata del 10 novembre u.s. una delegazione del Consiglio Direttivo, rappresentata dai geometri Gennaro
Bagnato, Anselmo Papaleo e Massimo Castagnino, ha incontrato il Direttore dell’Agenzia del Territorio di Crotone ing. Cristiano Costantini.
Durante l’incontro sono state affrontate e dibattute le tematiche più attuali nell’ambito dei servizi curati dall’Ufficio anche alla luce delle novità
legislative in materia ed in considerazione di quelle contenute nella Legge finanziaria che il Parlamento si accinge ad approvare.
Pertanto, considerata l’importanza della materia e la delicatezza dei reciproci ruoli, al fine dì conseguire l’obbiettivo dell’equità fiscale e di
garantire ai cittadini servizi e prestazioni professionali qualitativamente soddisfacenti, è richiesta la collaborazione di tutti gli iscritti attraverso una
responsabile e diligente trattazione degli atti di aggiornamento in armonia con te linee programmatiche dell’Ufficio.
È stata, inoltre, riscontrata la disponibilità dell’Ufficio nel recepire le istanze del Collegio dei Geometri in sintesi delle varie problematiche che
dovessero scaturire durante le attività di sportello, di verifica e di accertamento e ad intensificare l’attività della Commissione Catasto, a cui aderiscono Ordini e Collegi, per facilitare l’interpretazione delle novità introdotte dalle norme in materia.
Il Presidente
Geom. Gennaro Bagnato
INCONGRUENZE CARTOGRAFICHE AREE SOTTOPOSTE A VINCOLO
DI INTERESSE NATURALE E PAESAGGISTICO
Crotone, 10 agosto 2006
Egr. On.le Francesco Sulla
Presidente 4ª Commissione Consiliare
Territorio Ambiente - Regione Calabria - Sede
In considerazione della vastità della superficie sottoposta a regime vincolistico (aree demaniali, Riserva Marina Capo Rizzuto, Area Vrica-Stuni,
aree SIC e ZPS, etc) e alla luce delle attuali vicende che riguardano anche le aree del territorio della Provincia di Crotone di interesse naturale e paesaggistico le cui peculiarità cartografiche (catastali, aerofotogrammetriche, ctc.) non garantiscono durante la fase di gestione la loro univoca individuazione e considerando, inoltre, la necessità di relazionarsi con il carattere vincolistico durante le circostanze di trasformazione edilizia e/o urbanistica ed
al fine di garantirne razionalmente gli usi, codesto Collegio, avendo verificato, attraverso la costante attività professionale dei propri iscritti sul territorio, alcune incongruenze tra il supporto cartografico, redatto all’epoca della istituzione del vincolo, e lo stato fisico dei luoghi, avverte la necessità di
avviare una discussione tecnica le cui finalità portino definitivamente alla individuazione cartografica di tali aree, alla loro materializzazione in loco ed
alla sensibilizzazione delle proprietà interessate ad un approccio di convivenza con la natura del vincolo nello specifico.
Sicuri che in questa fase una situazione di maggiore certezza possa agevolare la discussione in atto, si manifesta la nostra disponibilità in merito
mettendo a disposizione della Istituzione che Ella presiede le competenze che storicamente si riconoscono alla categoria dei geometri.
Deferenti saluti
Il Presidente
Geom. Gennaro Bagnato
CORSO SU EDIFICI IN MURATURA
Progettazione di edifici nuovi e valutazione di edifici esistenti
Crotone dicembre 2006 - gennaio 2007
Programma dei corso
Lunedì 18 Dicembre 2006 (6 ore) La nuova normativa e la nuova classificazione. Requisiti di sicurezza. Danni agli edifici in muratura osservati in
recenti eventi sismici. Meccanismi di danno nei piano e fuori dal piano. Tipi di muratura; laterizio, pietrame, blocchi cls. Requisiti per edifici nuovi.
Murature esistenti: forma, dimensione, tessitura, connessione trasversale, tipo di malta. Strutture orizzontali e di copertura. Volte. L’azione sismica.
Spettri clastici e di progetto per diversi tipi di suolo. Confronto DM96 e Ord. 3274. Ing. Agostino Garetti, Servizio Sismico Nazionale, Dipartimento
Protezione Civile, Roma
Mercoledì 20 Dicembre 2006 (6 ore) Edifici nuovi in muratura. Metodi di analisi: Statica lineare, statica non lineare, dinamica lineare, dinamica
non lineare. Metodo semplificato. Fattore di struttura. Sovraresistenza. Modellazione dulia struttura (Modelli a macroelementi, a telaio equivalente,
POR, POR-FLEX, FEM). Verifiche di sicurezza di edifici nuovi: per presso flessione nel piano, taglio nel piano, presso flessione fuori dal piano.
Cenni sugli edifici in muratura armata. Esempi in aula sulla progettazione di edifici nuovi. Prof. Guido Magenes. Università degli Studi di Pavia
Martedì 17 Gennaio 2007 (6 ore) Edifici esistenti in muratura. La conoscenza dell’edificio: Livelli di conoscenza. Fattori di confidenza. Indagini.
Metodi di analisi e criteri di verifica per la valutazione di edifici esistenti. Meccanismi locali di corpo rigido. Analisi cinematica lineare e non lineare.
Esempi di verifica di meccanismi locali. Dr. Sonia Resemini, Università degli Studi di Genova
Martedì 23 Gennaio 2007 (6 ore) Edifici esistenti in muratura. Esempi in aula sulla valutazione di edifici esistenti. Effetti dei diversi metodi di analisi. Effetti delle vulnerabilità accertate: materiale, spinte, aperture eccessive, ecc. Esempi in aula sul rinforzo di edifici esistenti. Prof Sergio Lagomarsino, Università degli Studi di Genova
Mercoledì 24 Gennaio 2007 (6 ore) Edifici esistenti in muratura. Interventi di riparazione, miglioramento e adeguamento. Classificazione degli
interventi. Benefici conseguibili, svantaggi, efficacia, controlli in corso d’opera. Criteri per la scelta dell’intervento. Le nuove Linee Guida per la
valutazione dei beni monumentali in muratura. Esempi in aula sul rinforzo di edifici esistenti. Ing. Agostino Goretti, Servizio Sismico Nazionale,
Dipartimento Protezione Civile, Roma.
62
Attività di categoria
n. 5-6/2006
collegio di vibo valentia
INIZIATIVE E RIUNIONI
luglio 2006
18
ore 17.00: Osservatorio Economico Provinciale di Vibo Valentia 2006 svoltosi al salone dei convegni dell’Hotel 501 a
Vibo Valentia.
21
Elezioni Consiglio Direttivo per il quadriennio 2006-2010 in prima convocazione.
28
Insediamento nuovo Consiglio Direttivo e distribuzione delle cariche istituzionali.
Seduta Consiliare.
settembre
4
ore 15.00: Corso di aggiornamento e preparazione agli esami di abilitazione per l’esercizio della libera professione di
Geometra – Sessione 2006 rivolto ai Geometri iscritti nel Registro dei Praticanti.
Seduta Consiliare.
8
ore 15.00: Corso di aggiornamento e preparazione agli esami di abilitazione per l’esercizio della libera professione di
Geometra – Sessione 2006 rivolto ai Geometri iscritti nel Registro dei Praticanti.
11
ore 10.30: Riunione tecnica presso la sala consiliare del Comune di Vibo Valentia con la partecipazione della BCC di San
Calogero
ore 15.00: Corso di aggiornamento e preparazione agli esami di abilitazione per l’esercizio della libera professione di
Geometra – Sessione 2006 rivolto ai Geometri iscritti nel Registro dei Praticanti.
Seduta Consiliare.
12
ore 10.30: Riunione «POR Calabria 2000 - 2006» presso la sede Comalca in Germaneto CZ
15
ore 15.00: Corso di aggiornamento e preparazione agli esami di abilitazione per l’esercizio della libera professione di
Geometra – Sessione 2006 rivolto ai Geometri iscritti nel Registro dei Praticanti.
18
ore 15.00: Corso di aggiornamento e preparazione agli esami di abilitazione per l’esercizio della libera professione di
Geometra – Sessione 2006 rivolto ai Geometri iscritti nel Registro dei Praticanti.
19
Seduta Consiliare.
20
Giornata “Geotop”, esercitazione uso pratico della strumentazione per rilievo con GPS.
22
ore 15.00: Corso di aggiornamento e preparazione agli esami di abilitazione per l’esercizio della libera professione di
Geometra – Sessione 2006 rivolto ai Geometri iscritti nel Registro dei Praticanti.
Seduta Consiliare.
25
ore 15.00: Corso di aggiornamento e preparazione agli esami di abilitazione per l’esercizio della libera professione di
Geometra – Sessione 2006 rivolto ai Geometri iscritti nel Registro dei Praticanti.
29
ore 15.00: Corso di aggiornamento e preparazione agli esami di abilitazione per l’esercizio della libera professione di
Geometra – Sessione 2006 rivolto ai Geometri iscritti nel Registro dei Praticanti.
Seduta Consiliare.
ottobre
2
ore 15.00: Corso di aggiornamento e preparazione agli esami di abilitazione per l’esercizio della libera professione di
Geometra – Sessione 2006 rivolto ai Geometri iscritti nel Registro dei Praticanti.
3
ore 10.00: Incontro formativo sulla Legge 248/2006 di conversione e modificazione del cosiddetto Decreto Bersani presso la sede associativa sita in Viale Affaccio IV Trav 6 in Vibo Valentia.
6
ore 15.00: Corso di aggiornamento e preparazione agli esami di abilitazione per l’esercizio della libera professione di
Geometra – Sessione 2006 rivolto ai Geometri iscritti nel Registro dei Praticanti.
9
ore 15.00: Corso di aggiornamento e preparazione agli esami di abilitazione per l’esercizio della libera professione di
Geometra – Sessione 2006 rivolto ai Geometri iscritti nel Registro dei Praticanti.
13
ore 15.00: Corso di aggiornamento e preparazione agli esami di abilitazione per l’esercizio della libera professione di
Geometra – Sessione 2006 rivolto ai Geometri iscritti nel Registro dei Praticanti.
20
Seduta Consiliare.
novembre
7
Consegna libretti di tirocinio ai nuovi Geometri iscritti al Registro dei Praticanti.
10
Seduta Consiliare.
24
ore 9.00: “Costruire in laterizio oggi” presso la sala riunioni di Confindustria a Vibo Valentia, incontro fra gli operatori
del settore in collaborazione con Calcementi Jonici e Fantini Scianatico.
28
Consegna libretti di tirocinio ai nuovi Geometri iscritti al Registro dei Praticanti.
63
Attività di categoria
n. 5-6/ 2006
collegio di vibo valentia
AGGIORNAMENTO ALBO
Iscrizioni
Giuseppe Solano nato a Vibo Valentia il 21.12.1984, residente in Limbadi, Albo N° 356, decorrenza 03.01.2006;
Massimo Giuliani nato a Tropea il 21.03.1984, residente in Vibo Valentia, Albo N° 357, decorrenza 04.01.2006;
Giuseppe Colaci nato a Vibo Valentia il 09.01.1979, residente in Vibo Valentia, Albo N° 358, decorrenza 05.01.2006;
Pasquale De Rito nato a Vibo Valentia il 08.06.1982, residente in Rombiolo, Albo N° 359, decorrenza 16.01.2006;
Francesco Bellissimo nato a Vibo Valentia il 26.10.1977, residente in S. Nicola da Crissa, Albo N° 360, decorrenza 18.01.2006;
Michele Lo Schiavo nato a Vibo Valentia il 01.07.1979, residente in S.Gregorio d’Ippona, Albo N° 361, decorrenza 02.02.2006;
Domenico Carnovale nato a Vibo Valentia il 01.07.1982, residente in Gerocarne, Albo N° 362, decorrenza 28.02.2006;
Filippo Curigliano nato a Vibo Valentia il 28.09.1983, residente in Maierato, Albo N° 363, decorrenza 02.03.2006;
Michele Pannia nato a Vibo Valentia il 10.09.1982, residente in S.Gregorio d’Ippona, Albo N° 364, decorrenza 29.03.2006;
Giuseppe Consoli nato a Vibo Valentia il 17.12.1975, residente in S.Costantino Calabro, Albo N° 365, decorrenza 09.05.2006;
Emanuele Bilotta nato a Lamezia Terme il 04.07.1977, residente in Filadelfia, Albo N° 366, decorrenza 04.05.2006;
Santino, Patric Altieri nato a Vibo Valentia il 19.07.1977, residente in Cessaniti, Albo N° 367, decorrenza 26.05.2006;
Antonio Gallè nato a Vibo Valentia il 05.05.1979, residente in Serra San Bruno, Albo N° 368, decorrenza 03.08.2006.
Geometri optanti per l'iscrizione alla sezione non esercenti la libera professione
Giuseppe Aloe nato a Vibo Valentia il 26.01.1978, residente in Mongiana, Albo N° 332, decorrenza 13.12.2005;
Vincenzo Ferraro nato a Pizzo il 29.06.1935, residente in Pizzo, Albo N° 285, decorrenza 16.06.2006;
Patrizia Iennarella nato a Catanzaro il 23.10.1977, residente in Brognaturo, Albo N° 350, decorrenza 02.10.2006.
Cancellazioni per dimissioni
Pasquale Adelardi nato a Cessaniti il 09.12.1939, residente in Cessaniti, Albo N° 027, decorrenza 14.12.2005;
Francesco Salvatore Donato nato a Pizzoni il 20.05,1940, residente in Vibo Valentia, Albo N° 031, decorrenza 20.12.2005;
Giuseppe Fabiani nato a Vibo Valentia il 13.06.1940, residente in Vibo Valentia Marina, Albo N° 049, decorrenza 14.12.2005;
Alfredo Fusca nato a Cessaniti il 22.02.1939, residente in Ricadi, Albo N° 025, decorrenza 13.12.2005;
Antonino Lascala nato a Filandari il 12.07.1966, residente in Filandari, Albo N° 208, decorrenza 13.12.2005;
Raffaele Mangiardi nato a Catanzaro il 22.08.1976, residente in Brognaturo, Albo N° 271, decorrenza 15.12.2005;
Renato Giannini nato a Vibo Valentia il 04.02.1932, residente in Vibo Valentia, Albo N° 003, decorrenza 30.08.2006.
AGGIORNAMENTO REGISTRO PRATICANTI
Iscrizioni
Antonio Castagella nato a Vibo Valentia il 18.06.1981, residente in Gerocarne, decorrenza 18.04.2005;
Giuseppe Arcella nato a Tropea il 06.08.1986, residente in S.Onofrio, decorrenza 29.07.2005;
Ettore Signoretta nato a Vibo Valentia il 23.01.1979, residente in Ionadi, decorrenza 12.09.2005;
Giuseppe Giuliano nato a Vibo Valentia il 06.05.1986, residente in Spilinga, decorrenza 16.09.2005;
Francesco Pirritano nato a Vibo Valentia il 17.03.1982, residente in Vibo Valentia, decorrenza 20.09.2005;
Giovanni Molinari nato a Brognaturo il 08.06.1985, residente in Brognaturo, decorrenza 22.09.2005;
Raffaele Scardamaglia nato a Vibo Valentia il 01.09.1986, residente in Vibo Valentia, decorrenza 22.09.2005;
Alessandro, Alfonso Leone nato a Crotone il 12.04.1985, residente in Vibo Valentia Marina, decorrenza 23.09.2005;
Giuseppe Antonio Maio nato a Catanzaro il 17.02.1981, residente in Brognaturo, decorrenza 23.09.2005;
Agostino De Leo nato a Tropea il 20.12.1985, residente in Vibo Valentia, decorrenza 27.09.2005;
Maria Consolata Grillo nata a Chiaravalle Centrale il 23.03.1983, residente in Brognaturo, decorrenza 29.09.2005;
David Piperno nato a Vibo Valentia il 27.01.1986, residente in S.Costantino Calabro, decorrenza 29.09.2005;
Antonio Tamburro nato a Vibo Valentia il 16.07.1986, residente in S.Onofrio, decorrenza 29.09.2005;
Giuseppe Ceniti nato a Soriano Calabro il 01.05.1985, residente in Capistrano, decorrenza 06.10.2005;
Carlo Grillo nato a Vibo Valentia il 14.07.1985, residente in Zambrone, decorrenza 06.10.2005;
Luigi Grupillo nato a Cusco (Perù) il 10.08.1984, residente in Serra San Bruno, decorrenza 06.10.2005;
Giovanni Riga nato a Crotone il 05.11.1985, residente in Pizzo, decorrenza 06.10.2005;
Simona Galloro nata a Vibo Valentia il 17.03.1985, residente in S.Nicola da Crissa, decorrenza 07.10.2005;
Matteo Rullo nato a Catanzaro il 12.06.1984, residente in Serra San Bruno, decorrenza 10.10.2005;
Rocco Donato nato a Vibo Valentia il 02.12.1986, residente in Filandari, decorrenza 12.10.2005;
Roberto Angelo Facciolo nato a Vibo Valentia il 03.06.1984, residente in Vibo Valentia, decorrenza 12.10.2005;
Vincenzo Albanese nato a Tropea il 17.05.1984, residente in Briatico, decorrenza 13.10.2005;
Anna Maria Cullari nata a Milano il 20.04.1974, residente in Joppolo, decorrenza 13.10.2005;
64
Attività di categoria
n. 5-6/2006
collegio di vibo valentia
Tommaso Iozzo nato a Gioia Tauro il 21.11.1985, residente in S.Nicola da Crissa, decorrenza 13.10.2005;
Bruno Manduca nato a Tropea il 12.09.1986, residente in Filadelfia, decorrenza 13.10.2005;
Giuseppe Suppa nato a Catanzaro il 18.03.1984, residente in Fabrizia, decorrenza 13.10.2005;
Vincenzo Comerci nato a Tropea il 22.02.1985, residente in Briatico, decorrenza 14.10.2005;
Roberto Barbalaco nato a Vibo Valentia il 27.03.1982, residente in Cessaniti, decorrenza 18.10.2005;
Francesco Ventrici nato a Vibo Valentia il 19.10.1986, residente in San Calogero, decorrenza 18.10.2005;
Raffaele Franzè nato a Vibo Valentia il 02.10.1985, residente in Stefanaconi, decorrenza 19.10.2005;
Cosimo Malvaso nato a Vibo Valentia il 27.03.1983, residente in Serra San Bruno, decorrenza 19.10.2005;
Guido Ventrice nato a Tropea il 03.01.1985, residente in Joppolo, decorrenza 19.10.2005;
Alessandro Albanese nato a Serra San Bruno il 11.09.1986, residente in Serra San Bruno, decorrenza 20.10.2005;
Francesco Stagno nato a Vibo Valentia il 10.03.1979, residente in San Calogero, decorrenza 20.10.2005;
Stefania Aurora Vita nata a Vibo Valentia il 31.01.1986, residente in Ionadi, decorrenza 20.10.2005;
Vincenzo Fazzari nato a Vibo Valentia il 15.03.1981, residente in Tropea, decorrenza 21.10.2005;
Francesco Greco nato a Vibo Valentia il 22.04.1984, residente in Cessaniti, decorrenza 21.10.2005;
Domenico Calogero nato a Vibo Valentia il 08.01.1978, residente in Nicotera, decorrenza 24.10.2005;
Antonino La Bella nato a Vibo Valentia il 06.10.1987, residente in Vibo Valentia, decorrenza 24.10.2005;
Nicolina Callisti nata a Tropea il 12.09.1986, residente in Rombiolo, decorrenza 25.10.2005;
Cristina Mercuri nata a Chiaravalle Centrale il 22.07.1986, residente in Fabrizia, decorrenza 25.10.2005;
Emanuela Cirillo nata a Serra San Bruno il 03.08.1985, residente in Fabrizia, decorrenza 26.10.2005;
Fernanda Greco nata a Chiaravalle Centrale il 30.09.1986, residente in Fabrizia, decorrenza 16.11.2005;
Mario Vallelunga nato a Vibo Valentia il 05.03.1984, residente in Serra San Bruno, decorrenza 05.12.2005;
Bruno Evola nato a Vibo Valentia il 22.09.1985, residente in Cessaniti, decorrenza 09.12.2005;
Lucia Federica Monteleone nata a Vibo Valentia il 07.05.1985, residente in Rombiolo, decorrenza 09.01.2006;
Domenico Prestanicola nato a Vibo Valentia il 04.08.1974, residente in Soriano Calabro, decorrenza 13.01.2006;
Francesco Chiera nato a Catanzaro il 08.10.1982, residente in Brognaturo, decorrenza 14.02.2006;
Salvatore Donato nato a Vibo Valentia il 11.06.1983, residente in Pizzoni, decorrenza 24.02.2006;
Nicola Gentile nato a Vibo Valentia il 08.12.1985, residente in Ionadi, decorrenza 30.03.2006;
Marco Congiustì nato a Vibo Valentia il 04.02.1983, residente in Vibo Valentia, decorrenza 21.04.2006;
Giacomo Filia nato a Vibo Valentia il 01.07.1983, residente in Vibo Valentia Marina, decorrenza 08.05.2006.
Trasferimento da altro Collegio
Andrea Mazzeo nato a Vibo Valentia il 10.08.1981, residente in Zaccanopoli, decorrenza 21.04.2006.
Attività tecnica subordinata
Gregorio Tassone nato a Catanzaro il 10.05.1980, residente in Serra San Bruno, decorrenza 25.10.2005;
Flavio Pietropaolo nato a Vibo Valentia il 08.04.1977, residente in Zungri, decorrenza 20.12..2005;
Mario Carmine Battista nato a Roma il 09.02.1963, residente in S.Nicola da Crissa, decorrenza 30.03.2006;
Maria Gentile nata a Vibo Valentia il 16.09.1978, residente in Ionadi, decorrenza 30.03.2006;
Nicola Gentile nato a Vibo Valentia il 25.02.1974, residente in Ionadi, decorrenza 30.03.2006;
AGGIORNAMENTO ELENCO SPECIALE DIPENDENTI ENTI PUBBLICI E PRIVATIZZATI
Sospensione
Achille Giovanni Sganga nato a Caracas (Venezuela) il 13.10.1962, residente in Vibo Valentia, Albo N° 004, decorrenza
17.11.2006.
Decessi
Mario Occhiato nato a S.Costantino Calabro il 27.03.1970, residente in S.Costantino Calabro, Albo N° 303, decorrenza
18.02.2006.
65
Catasto e topografia
n. 5-6/ 2006
UN TEST DI CONFRONTO FRA
CARTE CATASTALI E CARTOGRAFIA TECNICA
di Giorgio Bezoari e Attilio Selvini
U
no dei problemi più gravi che affligge l’Italia
(peraltro madre di cartografi, topografi e geodeti) è
la dubbia qualità delle mappe catastali che purtroppo ad oggi versano in uno stato ancora lontano dal poter
essere classificata come cartografia di base, sconfinando
invece in una sorta di cartografia tematica che affronta
appunto il tema della proprietà e dei tributi connessi. Il
problema è sentito da decenni e già nel 1945 il CNR aveva
proposto l’intera riorganizzazione del servizio geografico
dello stato proponendo che gli sforzi dei vari enti cartografici (IGM, Catasto, Aeronautica, Marina e Geologico)
venissero uniti sotto un’unica egida per la realizzazione
della Cartografia dello Stato.
Purtroppo abbiamo visto che questo non è successo e i
problemi sono oggi venuti tutti al pettine così come vengono evidenziati nel presente articolo.
Generalità:
Col Decreto Legislativo 112/1998 (dettt Bassanini) vennero conferite ai Comuni le funzioni di conservazione, utilizzazione ed aggiornamento degli atti catastali. Si fa partire da
tale provvedimento il processo di decentramento del Catasto,
processo ulteriormente specificato dal DM. 28/1998 e dal successivo Regolamento dello stesso anno, emanato con D.P.R.
che regola la revisione generale delle zone censuarie, delle
tariffe d’estimo, delle unità immobiliari e delle commissioni
censuarie.
Il D.P.C.M. de 19/12/2000 fissava poi la data del 26 febbraio 2004 come termine massimo per ultimare le operazioni
di decentramento, stabilendo con altro decreto della presidenza del consiglio dei ministri del 21/3/2001 le risorse finanziarie ed il contingente necessari per attuare il processo. Tale termine è stato del tutto inosservato da gran parte dei più di ottomila comuni italiani, per cui si è resa necessaria una proroga
di due anni, che a giudizio degli scriventi sarà parimenti inosservata, per un cumulo di ragioni fra le quali la resistenza del
personale degli ex-UTE a trasferirsi nelle nuove sedi comunali, unita a pari resistenza dei piccoli e medi comuni, del tutto
impreparati ad assumersi un siffatto onere, nonché la difficoltà di realizzare il collegamento informatico fra i comuni ed
il sistema catastale centrale. Solo fra i pochi, il grande Comune di Milano ha posto in atto il decentramento, con la formazione del polo catastale sito in Via Catone 24 e costituito,
così come prevedono i decreti sopra citati, da un front office
con funzioni di interfaccia per l’utente ed attività di sportello
per la consultazione, la certificazione e l’acquisizione di
documenti e pratiche, da un back office con il compito della
gestione degli atti e l’aggiornamento della banca sia informatica che cartacea ed infine da un archivio conservante il solo
materiale cartaceo. Inoltre la città ha nel frattempo provveduto alla redazione di una carta numerica in scala 1:1000 (della
cui commissione di collaudo hanno fatto parte i due presenti
autori) utilizzandola anche come supporto per l’aggiornamen-
66
to degli allegati alla mappa in pari scala, ed innanzi tutto per
la verifica dei molti Punti Fiduciali (PF) in essa presenti:
molti di questi sono risultati affetti da vistosi errori oppure
sono posti in posizioni che li rendono inutilizzabili. Ciò per
trascuratezza evidente di parecchi redattori dei tipi di frazionamento da un lato, per una scelta frettolosa e letteralmente
inopinata (ovvero non pensata) di non meno funzionari dell’Agenzia del Territorio locale dall’altro lato.
Le ragioni del decentramento, a tutt’oggi realizzato da ben
pochi Comuni oltre a Milano, sono da ricercarsi all’interno di
diversi fattori quali le migliori informazioni catastali qualitative e quantitative da fornire all’utente, allineamento degli
archivi catastali con la realtà territoriale (quindi con le carte
tecniche comunali), completamento della revisione degli estimi, con il conseguente recupero dell’evasione fiscale, l’incremento delle entrate statali e comunali (Ici), il miglioramento
dei servizi erogati, la maggior efficienza nelle scelte dello sviluppo del territorio. Le ambizioni sottese da questo cumulo di
provvedimenti, sono state sinora in gran parte disattese e purtroppo lo saranno con buona probabilità almeno nel futuro
prossimo.
L’ostacolo principale ai primi due presupposti sopra indicati sono soprattutto le condizioni del più importante documento catastale, ovvero il complesso degli oltre trecentomila
fogli di mappa. Nonostante gli sforzi dell’Agenzia del Territorio (ed ancor prima, del Dipartimento del Territorio, successore di scarsa durata della vecchia ed autorevole Direzione
Generale del Catasto e dei SS.TT.EE.) i trecentomila fogli
sono in condizioni deplorevoli.
La non ancora ultimata digitalizzazione ed il loro aggiornamento con le varie edizioni del Pregeo (siamo all’ottava versione) e per il catasto dei fabbricati col Docfa, uniti all’arretrato, al mancato completamento della trasformazione da proiezione di Cassini-Soldner a gaussiana e ad altri non minori fattori, hanno in realtà contribuito a fare della cartografia catastale un qualcosa di assai diverso dalla rappresentazione attuale
Figura 1
n. 5-6/2006
Catasto e topografia
(sia pure solo bidimensionale) del territorio. Di ciò dà conto
anche il sito ufficiale della nota “Intesa fra stato, regioni ed
enti locali”: se ne vedano le note relative al catasto, dalle quali
dissentiamo solo allorché vi si dice che la spesa per il rifacimento dell’intera cartografia catastale non è sopportabile; a
questo proposito si veda più oltre in questo stesso articolo.
Si deve poi aggiungere che la pretesa di aggiornare la
attuale cartografia del catasto, partendo dal particolare per
arrivare al generale, ci sembra quanto meno discutibile.
Ciò significa capovolgere una procedura in atto sin dal
Settecento, da quando cioè il governo austriaco si accorse della assurdità di ricavare una carta generale della Lombardia
nella scala di un pollice per 1200 tese (1:86400) assemblando
i 23781 fogli dell’ottimo catasto di Carlo VI, rilevati isolatamente e quindi non inseriti in una adatta rete (per usare il termine oggi corrente, non georeferenziati).
Saggiamente il governo imperiale e regio incaricò allora
gli astronomi di Brera Reggio, Oriani e De Cesaris, di realizzare la triangolazione del territorio interessato, dimensionandola sulla Base di Somma appositamente misurata. Milioni di
tipi di frazionamento approvati dal tempo della nota circolare
2/88 sino ai nostri giorni, attendono infatti ancora di essere trasformati da coordinate più o meno locali a coordinate gaussiane del sistema italiano. Lo saranno mai? E con riferimento a
quale rete di dettaglio, essendo disponibile oggi solo la (ottima) rete primaria IGM95, coi suoi 1236 punti distanti in
media 20 km? Un interessante documento a tale riguardo è
quello di (Di Filippo et alii, 2005): vi si apprende che la Direzione Centrale del Catasto sta sperimentando qua e là, per trovare la via giusta:”...per un nuovo futuro della cartografia
catastale”. Ci auguriamo che tale futuro sia raggiungibile in
tempi accettabili, anche se siamo piuttosto scettici al riguardo.
(Albani & Fonte, 2004)) gli autori, che ne hanno curato la
relazione, dopo averne suggerito il contenuto, hanno messo a
confronto un foglio della mappa catastale, così come viene
oggi fornito, su richiesta, ad un qualunque professionista abilitato, con un foglio in pari scala della carta tecnica comunale,
recentemente realizzata e collaudata. Naturalmente il foglio
fornito dall’Agenzia del Territorio, ufficio di Varese, è in forma cartacea, per cui è stato necessario trasformarlo in formato
digitale .TIFF, per il tramite dello scanner HP DesignJet 420
scegliendo la risoluzione di 400 dpi, corrispondente ad una
griglia con passo di 0,0635 mm. Allo scopo di averne una edizione in forma vettoriale, indispensabile per il confronto con
la carta tecnica digitale del comune interessato, si è sottoposto
il foglio di mappa così ottenuto in forma raster, a trattamento
con software RasterDesign di Autodesk, poi salvato in formato .CAL e quindi vettorializzato con AutoCAD 2004. Si sorvola qui sulle non poche difficoltà incontrate nelle varie parti
dell’operazione, a cominciare dai vari difetti grafici del
foglio, contenente variazioni e correzioni riportate a matita
dai tecnici catastali, per finire col fatto che AutoCAD converte automaticamente le immagini in elementi da soli 72 dpi: la
fig. 1 ne dà una dimostrazione. Va ora specificato che il test in
oggetto riguarda il territorio di un Comune ben noto, Somma
Lombardo (guarda il caso, quello stesso della base settecentesca degli astronomi di Brera), sul quale si trova per più della
metà l’aeroporto intercontinentale di Malpensa: un territorio
quindi non indifferente dal punto di vista urbanistico anche
per via delle profonde trasformazioni della viabilità aeroportuale che lo hanno interessato nell’ultimo decennio, così
come per effetto dell’antropizzazione della brughiera (Selvini
et alii, 1993). La carta tecnica comunale di Somma, realizzata
alla fine del ventesimo secolo e collaudata dai presenti autori,
è di tipo digitale e forma la base del SIT locale; come vedremo
più oltre, il rapido mutamento del territorio ha già, per il vero
in minima parte, reso necessario un primo aggiornamento.
Il foglio di questa carta è stato messo a disposizione dall’amministrazione comunale in formato DWG; di fatto sono
stati impiegati quattro fogli della carta tecnica, allo scopo di
avere la porzione e le dimensioni confrontabili con quelle del
foglio di mappa, essendo (comprensibilmente) il taglio di
questa carta diverso da quello della carta catastale. L’operazione di collegamento delle necessarie parti dei quattro fogli
non è stata difficile, dato il formato digitale e non semplicemente cartaceo del documento: la fig. 2 è ripresa dal quadro
d’unione dalla carta tecnica del Comune e la porzione in grigio scuro mostra la posizione del foglio catastale usato per il
confronto quantitativo e qualitativo.
Figura 2
Il confronto
La cartografia catastale della provincia di Varese, cui
appartiene il Comune di Somma Lombardo, è già in proiezione di Gauss-Boaga; ciononostante vi è una non trascurabile
differenza di posizione ed orientamento (la georeferenziazione cui si è più sopra accennato) rispetto alla carta tecnica
comunale. In altri termini le molte manipolazioni subite dalla
carta catastale (che è in realtà copia delle copie del vecchio e
già rammentato catasto austriaco della Lombardia) non permettono analiticamente la sovrapposizione con una moderna
carta tecnica alla stessa scala, senza pesante adattamento. Ciò
corrisponde, come è noto, ad una rototraslazione a vari para-
La proposta che indicheremo alla fine, ci sembra la più
ragionevole e sensata che oggi si possa sottoporre al mondo
scientifico, in assenza di una Commissione Geodetica (l’Italia
ha il triste primato di esserne priva dalla metà degli anni Settanta, unica in Europa!). Anche se ben sappiamo come tale
proposta travalichi la pur buona volontà della predetta Direzione Centrale, dipendendo totalmente la sua eventuale realizzazione dalla volontà del legislatore, oggi come non mai
“in tutt’altre faccende affaccendato”.
Cogliendo l’occasione di una tesi di laurea in architettura
67
Catasto e topografia
n. 5-6/ 2006
metri, con variazione di scala anche sui due assi: dell’argomento riferito specificamente alle carte catastali si sono occupati molti autori (S. Dequal et alii, 1999; R. Radicioni, A.
Stoppini, 1999). Tutto ciò non è così immediato come sembrerebbe, dovendosi utilizzare punti omologhi delle due carte
dei quali siano note le coordinate (piane) nei relativi sistemi.
Nel caso in esame, si è impiegato il software GCARTO, con
trasformazione affine a sei parametri. Ciò ha richiesto la formazione di due sistemi identici sulle due carte, la scelta dei
punti omologhi (numerosi, così da assicurare la dovuta ridondanza) e la misura delle relative coordinate.
Figura 4
Figura 5
Figura 3
Il riconoscimento dei punti omologhi sulle due carte ha
richiesto molta cura; si è presa visione anche della mappa catastale di impianto, verificando con sopralluoghi l’odierna esistenza di manufatti certamente presenti all’epoca del rilevamento originario della carta, come per esempio la chiesa di S. Rocco e la
parte vecchia del cimitero del capoluogo.
In totale sono state utilizzate 46 coppie di punti: la fig. 3
mostra con due esempi la cura con cui le coppie sono state individuate.
La fig. 4 infine è il diagramma a blocchi del processo di trasformazione affine. In definitiva si sono avuti i seguenti prodotti:
- la carta catastale rototraslata e variata di scala sui due assi,
- il file in formato .txt con gli scarti sui punti omologhi.
Purtroppo gli scarti quadratici medi della carta catastale,
rispetto a quella tecnica ritenuta priva di errore (le tolleranze di
68
Figura 6
n. 5-6/2006
Figura 7
Catasto e topografia
vere sono quelle della carta comunale; le molte omissioni di
edifici e di strade nella mappa sono dovute al mancato accatastamento ed alla redazione a tavolino dei troppi tipi di frazionamento che vanno dall’immediato secondo dopoguerra sino
agli anni Novanta. Va purtroppo sottolineato che il Comune di
Somma Lombardo (del resto così come altri Comuni) non ha
mai redatto i tipi di frazionamento per le opere pubbliche,
dalle strade all’ampliamento del cimitero maggiore del capoluogo, sino alla costruzione del nuovo campo sportivo e della
piscina comunale, così come si vedrà dalle prossime immagini. In modo specifico, mancano in mappa i seguenti elementi:
edifici importanti datati da almeno due decenni o più, come la
menzionata piscina di via Palestro, i complessi residenziali
lungo via Goito e corso della Repubblica, nuovi impianti
Figura 8
Figura 10
Figura 9
quest’ultima come da capitolato e collaudo sono assai basse!)
sono risultati di 2,31 m e di 1,65 m rispettivamente lungo X e
lungo Y. Il grafico di fig.5 rappresenta in nero gli scarti in X, in
grigio quelli in Y; si vedano i forti valori di taluni scarti, del tutto
incompatibili con un possibile uso civile e non puramente fiscale
della carta catastale.
La fig. 6 indica gli scarti sovrapposti: in un caso il vettore
supera i 10 metri! In fase di trasformazione, i punti con gli
scarti maggiori (punti 8, 9, 13, 15, 16, 25, 38) non sono stati
impiegati nel calcolo. L’analisi qualitativa dei risultati del
confronto è decisamente sconfortante: la verifica compiuta
sul territorio ha evidenziato che la geometria e la topologia
Figura 11
industriali in via del Rile e via Goito ed in questa via addirittura la caserma dei Carabinieri, il raddoppio del cimitero del
capoluogo, il campo sportivo. Le figure 7, 8 ed 9 indicano per
69
Catasto e topografia
Figura 12
n. 5-6/ 2006
Figura 13
l’appunto alcuni di questi edifici, dalle dimensioni non certo
trascurabili. Circa le strade, mancano via Carlo Alberto Dalla
Chiesa, via San Fermo, la rotonda della chiesa di San Rocco,
l’altra rotonda fra via del Rile e corso della Repubblica.
Le figure 10 e 11 mostrano, col noto grafico a torta, gli
edifici mancanti sulla mappa il primo, quelli non presenti
sulla carta tecnica che risale a soli sei anni fa il secondo: il
che dimostra la necessità che una carta fungente da database
topografico per un sistema informativo, venga aggiornata in
modo pressoché continuo, se non si vuole che perda rapidamente la sua efficacia.
Si veda adesso la fig. 12; si tratta delle due immagini della stessa mappa, prima e dopo la trasformazione affine a sei
parametri: non è difficile notare sia la rotazione che la traslazione, che intercorrono fra la posizione della mappa originaria e quella della stessa carta georeferenziata nel sistema GBRoma 40.
La figura 13 riguarda invece il best fitting fra carta catastale e carta tecnica; non sono poche le differenze di posizione fra strade ed edifici esistenti su entrambi i documenti.
Le figure 14 e 15 sono altamente significative: sottolineano a due ed a tre dimensioni la preoccupante mancanza di
aggiornamento della mappa catastale; di quella mappa che
dovrebbe servire anche a scopi civili, oltre a quelli fiscali, in
altri termini a dirimere contestazioni su confini incerti, ad
accertare le distanze dai confini degli edifici, a valutare se vi
siano o meno abusi di tipo urbanistico ed edilizio.
Del resto il legislatore già oltre mezzo secolo fa, in un
periodo temporale nel quale pur si praticavano ancora le
commendevoli lustrazioni, aveva stabilito (art. 950 del Codice Civile) che nell’accertamento dei confini si dovesse, in
ordine, tenere conto degli atti notarili e dei loro eventuali
allegati, dei segni del possesso, e solo in mancanza di questi,
di quanto riportato sulla mappa.
Di sicuro però non aveva tenuto conto del drammatico
stato di arretramento di questo documento dello Stato, di uno
Stato che è rapido nell’imposizione di sempre nuovi balzelli
sulla proprietà ma che poco si cura della geometria del territorio.
E pensare che già il decreto reale di Carlo VI del 1718,
sui suggerimenti di Giacomo Marinoni, matematico di Corte,
70
Figura 14
Figura 15
aveva per la prima volta nella storia fatto giustizia delle inique imposte dettate sulla base dei catasti descrittivi od onciari e non invece rigorosamente geometrico-particellari!
Conclusioni
In conclusione si potrebbe correttamente affermare che
trattandosi di uno solo dei trecentomila fogli di mappa, tale
campione potrebbe sembrare assai poco significativo; esso in
realtà trova sostegno in molte altre indagini condotte dagli
autori su mappe del varesotto e del milanese (Poggi & Tenconi, 2004), quindi di territori altamente antropizzati ma non
solo: si tratta di territori nei quali il catasto ha operato e sta
operando anche pesantemente per rabberciare la sua cartografia. Il sostegno nei confronti di questo campione è peraltro rinforzato da molte altre considerazioni dovute ad altri
tecnici e reperibili in molteplici pubblicazioni. La conclusione non può che essere quella già contenuta in altri lavori dei
presenti autori (Selvini, 2003): con un atto di coraggio, si
rifaccia tutta la cartografia catastale, così come altri stati
europei hanno fatto e stanno facendo; le moderne tecniche di
rilevamento, in unione all’utilizzo delle molte carte comunali
di recente realizzazione, permetterebbero di completare questa opera gigantesca in meno di un decennio, a costi sicuramente sopportabili da parte del bilancio dello Stato. Si avrebbe così finalmente una cartografia catastale aggiornamento in
grado di assicurare allo Stato delle entrate perequate e certe
(così come voleva la Legge Messedaglia del 1886). La Carta
che, ancora una volta finalmente, servirebbe da base per dare
al catasto italiano quella valenza probatoria che in quasi un
secolo e mezzo è stata molte volte annunciata ma non mai
realizzata. Si darebbe poi la giusta quantità di ossigeno alle
non poche aziende italiane del rilevamento e della geomatica, oggi costrette per un cumulo di ragioni a ribassi improbabili su altrettanti improbabili bandi e capitolati ripartiti fra
una miriade di Enti Locali. La loro capacità produttiva è già
da oggi sicuramente in grado di realizzare l’opera. Vogliamo
fornire qualche dato quantitativo? Le aziende italiane di fotogrammetria e cartografia sono pressappoco una sessantina; di
queste due terzi sono aderenti ad ANIAF e UNIGEO, associazioni di categoria di tipo anche sindacale, ed hanno sui
relativi siti Internet dati di strumentazione e di produzione
n. 5-6/2006
probanti. Una delle aziende libere è da sola un colosso e dalla fine del secolo ventesimo riprende periodicamente l’intero
territorio italiano a scala adatta per ricavarne ortofoto al diecimila ed a colori (per esempio, l’ortofotocarta della Lombardia è su Internet). Ipotizzando il rilevamento fotogrammetrico al 2000 di 25 milioni di ettari della penisola (la parte
restante è costituita da creste montane e comunque da zone
non antropizzate) il costo globale dell’operazione cartografica, reti comprese, può oggi essere quantificata in un miliardo
di Euro, ovvero in 40 Euro all’ettaro: valore che ci sembra
sicuramente remunerativo soprattutto se confrontato con certi appalti registrati nell’ultimo quinquennio. Senza contare
che potrebbero essere utilizzate molte delle cartografie
comunali di recente formazione, naturalmente dopo attento
esame e dopo la loro traduzione in carta catastale. Le operazioni di tipo fiscale, quali la definizione delle particelle, la
classificazione, il classamento e l’attribuzione dei redditi
sarebbero semplificate dall’esame sia delle molte ortofotocarte in atto, sia dalla stessa fotointerpretazione dei fotogrammi a colori (Bezoari et alii, 1988). Ciò rappresenta
indubbiamente un forte onere aggiuntivo al costo sopra indicato del puro rilevamento cartografico con restituzione
numerica; ma sicuramente ne varrebbe la pena.
Una parte di queste operazioni che costituiscono la formazione di un vero e proprio DB sia a fini fiscali che a fini
giuridici, attestanti la proprietà e non il semplice possesso
dei fondi sia rustici che urbani, potrebbe essere messa a carico dei Comuni che ne trarrebbero vantaggio ai fini delle
imposte locali. Altra parte potrebbe essere addossata ai proprietari, che sarebbero così assicurati, una volta per tutte, sulla entità geometrica e fiscale dei propri beni; qualcosa del
genere venne proposto, nella seconda metà dell’Ottocento,
da Ignazio Porro che suggerì infatti di rilevare a fini sia giuridici che fiscali tutta l’Italia di allora. Egli propose di ripartire la spesa fra lo Stato ed i proprietari: anzi lo Stato avrebbe
dovuto concorrere col solo 10% del totale, mentre il 90%
sarebbe dovuto restare a carico dei proprietari ai quali sarebbero state consegnate le coordinate cartografiche dei punti di
confine dei loro fondi! (Monti, Selvini, 2003).
Rifacendo oggi geometria e aspetto giuridico del sistema
informativo catastale, anche il continuo contenzioso sul ripristino delle linee di confine, purtroppo specifico dell’Italia,
verrebbe così ridotto a dimensioni minime, come del resto è
negli altri paesi dell’UE. La realizzazione di una tale opera
Catasto e topografia
farebbe inoltre giustizia delle molte variazioni reali intervenute negli ultimi trent’anni, a causa delle quali si vedono
vigneti tramutati in incolti, seminativi divenuti aree fabbricabili e via di questo passo; il tutto, come già visto, non censito
per decenni.
Crediamo che con le adatte cautele l’intero lavoro potrebbe essere completato in meno di dieci anni: con facilmente
immaginabile beneficio sia della perequazione delle imposte,
sia del respiro dato alle aziende di rilevamento nonché al
loro indotto e quindi all’economia generale dello Stato.
Bibliografia
Albani, A., Fonte, M. ‘’Esperimento di confronto tra cartografia fotogrammetrica e cartografia catastale...” Tesi di
laurea in architettura, Milano 2005.
Bezoari, G., et alii “Un esperimento di aggiornamento
delle qualità di coltura del catasto Terreni a mezzo della
fotogrammetria aerea”. Rivista del Catasto e dei SS.TT.EE.,
n. l, 1988.
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Pubbl. n.36, 1999.
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del Territorio, n. 2/2005.
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di Milano con riferimento alla conservazione del
Catasto affidata ai comuni”. Tesi di laurea in architettura, Milano 2004.
Radicioni, R., Stoppini, A. “Utilizzo di metodologie geodetiche per il coordinamento della Cartografia catastale con
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Monti, C, Selvini, A. “Ignazio Porro, il precursore dei
modelli digitali del terreno” Rivista dell’agenzia del Territorio, n. 1/2003).
«Geomedia»
71
Catasto e topografia
n. 5-6/ 2006
IL CATASTO: MODIFICAZIONE CONTINUA
di Antonio Grembiale
L
a Circolare n°1/2006 dell’Agenzia del Territorio, emanata il 3 gennaio del 2006, finalizzata alla dichiarazione
in Catasto delle variazioni nello stato di fatto e consistenza degli immobili - in applicazione della Legge 311/2004 -,
sino all’ultimo Provvedimento del Direttore dell’Agenzia del
12 ottobre 2006 pubblicato sulla G.U. del 18.10.2006, sull’accesso gratuito alle banche dati del Catasto, lasciava già intravedere i sostanziali cambiamenti che sarebbero arrivati.
Ed ecco che il 9 marzo 2006, con la Circolare n° 2/2006,
viene introdotta la nuova versione della Procedura Pregeo
“Preeo 9” - propedeutica alla versione 10 - (già in avanzata fase
di sperimentazione) e finalizzata alla trasmissione telematica
ed all’autocontrollo.
Immediatamente dopo l’11 aprile del 2006 è emanata la
Circolare n° 3/2006 che regolamenta - in applicazione della
Legge n° 80/2006 - i nuovi termini per la presentazione di
accatastamenti di unità immobiliari urbane (30 giorni dal
momento in cui sono diventati abitabili o servibili all’uso cui
sono destinati), e via ancora con le altre disposizioni (DL
2/2006 e DL 4/2006) con la previsione del Modello Unico
Digitale per l’edilizia, che comprenderà anche le informazioni
necessarie per le variazioni catastali e di nuova costruzione,
sino al Decreto Legge 262/2006 ed alla Legge Finanziaria del
2007.
Nei grafici successivi, si è tentato per quanto possibile, ed
in attesa dell’approvazione della Legge Finanziaria 2007, di
schematizzare le principali novità che hanno riflesso sull’attività catastale dei Geometri.
D.L. 262 del 3.10.2006
Art.4 comma 2
DICHIARAZIONE DI VARIAZIONI COLTURALI (EX Mod 26)
Decorrenza : 1° gennaio 2007
Interessati: Agricoltori che hanno richiesto aiuti
comunitari
LA PRESENTAZIONE DELLA DENUNCIA DI VARIAZIONE SARA’ EFFETTUATA
DIRETTAMENTE DALL’AGEA CHE NE RILASCIA RICEVUTA EQUIVALENTE A
NOTIFICA.
La variazioni avranno decorrenza dal 1° di gennaio dell’anno di richiesta di aiuto
comunitario.
Interscambio dati
COMUNI/BANCA DATI
CATASTO
Mancata
ottemperanza
INDIVIDUAZIONE DEI FABBRICATI EX
RURALI E QUELLI NON DICHIARATI
MEDIANTE TELERILEVAMENTO,
SOPRALUOGHI E VERIFICHE EFFETTUATI
DALL’AGEA
ISCRIZIONE IN CATASTO A CURA
DELL’AGENZIA DEL TERRITORIO,
ADDEBITANDO GLI ONERI AGLI INTERESSATI,
SECONDO LE TARIFFE STABILITE IN
APPLICAZIONE DELLA LEGGE 311/2004
I fabbricati che hanno perso la
ruralità , per evitare
l’applicazione delle sanzioni,
devono essere dichiarati entro
il 30 giugno del 2007
Gli accertamenti saranno quindi notificati ai soggetti interessati dalla richiesta di accatastamento che dovrà effettuarsi
72
entro 90 giorni dalla notifica.
D.L. 262 del 3.10.2006
Art. 5
UNITA’ GIA’ CENSITE NELLE CATEGORIE E/1 – E2 –E/3 – E/6
ED E/9 ( Fabbricati a destinazione particolare)
Nelle suddette unità immobiliari non possono essere compresi immobili o porzioni di immobili destinati ad uso commerciale, industriale o uffici privati, quando gli stessi immobili
hanno autonomia funzionale e reddituale. Per Gli immobili già
presenti in banca dati deve essere presentata la richiesta di revisione della qualificazione e quindi della rendita.
Disegno di Legge Finanziaria per il 2007
Art.14
DECENTRAMENTO DEL CATASTO AI COMUNI
Decorrenza 1°
Novembre 2007
COMUNI CAPOLUOGO
DI PROVINCIA
COMUNI NON
CAPOLUOGO
TRASFERIMENTO ED ESERCIZIO
DIRETTO DELLE FUNZIONI
CATASTALI ( Servizi di consultazione
delle banche dati catastali, controllo degli
atti di aggiornamento)
TRASFERIMENTO ED ESERCIZIO
IN FORMA ASSOCIATA O
COMUNITA’ MONTANA DELLE
FUNZIONI CATASTALI ( Servizi di
consultazione delle banche dati catastali,
controllo degli atti di aggiornamento)
In alternativa è prevista la stipula di apposite convenzione
tra Comuni e Agenzia del Territorio, per lo svolgimento delle
funzioni demandate ai comuni senza alcun onere per gli stessi.
Da ultimo è stata data la delega al Governo per il Riordino
del Sistema Estimativo del Catasto dei Fabbricati.
L’art. 4 prevede:
Determinazione degli estimi catastali su base
patrimoniale e funzionale del mercato immobiliare
Metodo di valutazione matematico- statistico
Utilizzazione del parametro “metro quadro di superficie catastale” per il
calcolo della consistenza
Ridefinizione delle modalita’ e dei termini di
aggiornamento del sistema di valutazione
Determinazione del
valore patrimoniale
Determinazione di una base reddituale mediante
applicazione di un saggio di redditivita’
Partecipazione dei Comuni alla
definizione del processo estimativo
Si passa quindi alla riforma degli estimi che si baserà sul
valore patrimoniale, dal quale si deriverà la base reddituale
attraverso saggi di redditività.
Cambierà quindi il metodo di rilevazione e descrizione degli
immobili, poiché è modificato il fine (non più solo inventariazione) che è quello di giungere ad una valutazione e perciò con
la scelta di pochi parametri, ma rappresentativi del mercato.
Il progetto di riforma, - già in avanzata fase di sperimentazione - attraverso la definizione di regole trasparenti - avrà
come conseguenza finale l’equità fiscale.
n. 5-6/2006
Catasto e topografia
CLASSAMENTO CATASTALE:
LE NOVITÀ PER GLI IMMOBILI “D” ED “E”
di Franco Guazzone
N
ell’intento di affrontare gli adempimenti sempre più
pressanti, che incombono sull’istituto catastale,
disposti dalle recenti leggi 311 del 30 dicembre
2004, 80 del 9 marzo 2006, 81 dell’11 marzo 2006 e 96 del
20 febbraio 2006, che in parte hanno modificato la normativa originaria risalente alla prima metà del secolo scorso, la
Direzione dell’Agenzia del territorio ha emanato l’articolata
e complessa circolare n. 4 del 16 maggio 2006, che di fatto
integra e reinterpreta le istruzioni di servizio originali, per
dare risposte a esigenze connesse all’evoluzione e allo sviluppo del settore immobiliare.
L’attribuzione della categoria
L’ampia e puntuale trattazione è soprattutto incentrata
sulla ridefinizione dei principi tecnici, civilistici e fiscali,
relativi alla qualificazione degli edifici, operazione prioritaria che riguarda l’attribuzione della categoria catastale ai fabbricati ordinari, speciali e particolari, ma anche rurali, condizionando tutta la filiera delle operazioni tecnico-estimali che
si concludono con la determinazione della rendita catastale,
nell’intento di acquisire all’archivio censuario anche le nuove tipologie di edifici apparsi sul mercato negli ultimi decenni. La circolare, diretta agli uffici dipendenti ma anche ai
professionisti tecnici abilitati a operare negli atti di aggiornamento dell’archivio catastale (ai sensi del D.M. 701 del 19
aprile 1994), ridefinisce la nozione di unità immobiliare quale fabbricato, insieme di fabbricati o porzione dei medesimi,
individuabile nel cespite indipendente secondo l’uso locale,
alla quale deve essere riconosciuto un minimo perimetro funzionale, redditualmente autonomo, concetto più consono a
rappresentare le realtà del mercato, dell’ambito territoriale di
appartenenza.
In particolare, precisa la nota, allorquando dette unità si
identificassero in particolari grandi strutture pubbliche,
potrebbero contenere nel loro perimetro anche aree nelle
quali si svolgono attività diverse, non connesse a quelle istituzionali prevalenti, che dovranno essere acquisite autonomamente all’archivio catastale, senza che ciò possa prevaricare la destinazione preminente dell’unità principale. A titolo
esemplificativo vengono citate le stazioni ferroviarie, nelle
quali sono spesso presenti caffè, ristoranti, tabaccherie,
negozi, rivendite di giornali, oltre ovviamente agli alloggi di
servizio e ai magazzini, ovvero le aree di servizio autostradali, portuali o aeroportuali, dove sono presenti punti di ristoro,
dutyfree, sportelli bancari, ovvero le stazioni di rifornimento
carburanti, dove si trovano officine, stazioni di lavaggio,
mini market e simili.
La discriminante del fine di lucro
Definite le caratteristiche intrinseche delle unità, la circolare precisa che è poi necessario prendere atto delle finalità
funzionali delle medesime, distinguendo quelle a carattere
produttivo, industriale o commerciale, nelle quali si esercita
attività d’impresa con finalità di “lucro”, da quelle in cui si
esplicano attività non lucrative, di servizio pubblico, classificando le prime fra le categorie del gruppo D, mentre le
seconde da acquisire al gruppo B o E (tabella 1). La circolare, poi, indica le specifiche categorie da attribuire a particolari unità immobiliari:
stazioni di distribuzione carburanti (categoria E/3) –
premesso che in detta categoria devono essere censiti anche i
chioschi per bar e le edicole di vendita giornali, insistenti su
suolo pubblico, per quanto riguarda i distributori viene precisato che qualora nel loro perimetro, come più sopra specificato, siano presenti spazi riservati ad altre attività connesse
(quali rivendite di oggettistica, officine, bar, stazioni di
lavaggio ecc.), queste dovranno essere accatastate nelle loro
specifiche categorie, per il principio più sopra affermato;
fiere, spazi espositivi, mostre, compendi commerciali
(categorie E/4) – questa tipologia di immobili è compresa in
recinti chiusi con sovrastanti costruzioni o aree pertinenti in
cui vengono effettuate manifestazioni espositive, nei perimetri delle quali, tuttavia, sono presenti altre unità, dove si svolgono attività diverse non connesse (musei, sale convegno,
ristoranti, ostelli), che ovviamente devono essere distintamente acquisite all’archivio, con la loro propria categoria.
Una particolare attenzione viene poi riservata ai centri
commerciali outlet o ipermercati, i quali pur essendo dotati
di servizi generali comuni, iscrivibili nella suddetta categoria, nel perimetro di competenza comprendono unità commerciali tra loro autonome, che devono essere distintamente
acquisite all’archivio;
ripetitori e impianti similari – questa tipologia di manufatti, costituiti da centraline con antenne, per amplificare e
ritrasmettere segnali radiotelefonici, via etere o via cavo,
sono da censire nel Gruppo D (a nostro avviso D/1, D/7), ma
riteniamo che alle stesse categorie debbano essere acquisite
anche le centraline di estrazione di gas metano, presenti nella
valle Padana, ovvero le vasche per la depurazione delle
acque e il trattamento dei rifiuti;
porti turistici – una speciale peculiarità di immobili, di
recente comparsa sul mercato, è quella dei porti turistici, privi di strutture e impianti idonei all’approdo di vettori per il
trasporto pubblico di merci e persone, ma costituiti da spazi
delimitati entro cui vengono ormeggiati natanti da diporto
privati i quali, secondo la circolare, devono essere iscritti
nella categoria D/8, analogamente a come avviene per gli
autosili e i parcheggi. La circolare peraltro non precisa che
l’accatastamento dei singoli posti barca avviene mediante
l’attribuzione di subalterni a ciascun posto, in quanto la categoria è sempre la D/8.
Nuovo quadro delle categorie
Al fine di acquisire le indicazioni sopra citate, l’Agenzia
del territorio ha già predisposto una versione integrata del
quadro generale delle categorie, con la newsletter del 28 apri-
73
Catasto e topografia
le 2006, dove la definizione delle destinazioni per talune tipologie di fabbricati è stata integrata con più puntuali precisazioni, per fornire agli operatori maggiori elementi nella scelta
della categoria da utilizzare (allegato A). In tale occasione
l’Agenzia ha nuovamente pubblicato le caratteristiche intrinseche relative a ciascuna delle categorie del gruppo A (abitazioni), a suo tempo allegata alla circolare C1/1022 del 4 maggio 1994, ribadendo peraltro che le stesse devono essere correlate alla loro percezione sul mercato locale (allegato B).
Tabella 1
Fabbricati rurali fra normativa catastale e fiscale
Infine, ampio spazio viene dedicato alla normativa che
riguarda l’accatastamento dei fabbricati rurali e gli aspetti
fiscali a essa correlati, che la circolare suddivide in strumentali alla coltivazione agricola e connessi, precisando che i
primi – in presenza dei requisiti previsti dall’art. 9, comma 3
e 3-bis del D.L. 557/1993, del D.P.R. 139/1998, del D.P.R.
917/1986 e dell’art. 2135 cod. civ. – sono da censire nel
gruppo A, se costituite da abitazioni utilizzate dai conduttori
del fondo, che ricordiamo potrebbero essere iscritte A/4, A/3,
A/7, con gli eventuali annessi (rustici, rimesse e tettoie) nelle
categorie C/2, C/6, C/7, mentre quelli strumentali non abitativi dovranno essere tutti censiti nella categoria D/10.
Per quanto riguarda le costruzioni connesse, la circolare
fa riferimento in particolare agli edifici destinati all’attività
di agriturismo la quale, essendo ora regolata dalla legge 96
del 20 febbraio 2006, comporta l’obbligo di controllo dell’esistenza dei requisiti che li caratterizzano, da parte degli uffici dipendenti, per poterli iscrivere nella categoria D/10 e in
particolare che:
– siano annessi a un’azienda agricola, condotta da un
imprenditore agricolo o da una società di persone o capitali
costituita in prevalenza da imprenditori agricoli (art. 2 legge
96/2006);
– vengano esplicate attività di ricezione e ospitalità in
strutture interne dell’azienda;
– risulti prevalente l’attività agricola diretta, rispetto a
quella agrituristica;
– i prodotti somministrati siano in prevalenza quelli propri o derivati da prodotti provenienti dal fondo o provenienti
da aziende agricole della zona;
– i limiti stabiliti dall’ordinamento statale o regionale per
i posti letto siano rispettati.
Di conseguenza, qualora a seguito dei controlli di conformità effettuati sulle denunce catastali presentate dai possessori risultassero mancanti i requisiti e le condizioni richieste
74
n. 5-6/ 2006
dalla legge, i soggetti titolari avranno l’obbligo di presentare
specifica denuncia di variazione, per non incorrere nelle sanzioni previste dalla legge, il che significa accatastare i fabbricati agrituristici nella categoria D/2 o D/8, essendo stata riconosciuta la loro natura commerciale. Su tale disposizione
sorgono però alcune perplessità, in quanto l’abilitazione e la
disciplina amministrativa delle attività agrituristiche sono
state affidate, dagli artt. 6 e 7 della legge 96/2006, alle regioni con delega ai comuni, per cui riteniamo che proprio questi
ultimi, in sede di esame delle dichiarazioni presentate al
catasto e loro inviate in copia, ai sensi dell’art. 34-quinquies,
comma 1, del D.L. 4/2006, convertito dalla legge 80/2006,
dovrebbero essere abilitati a comunicare agli Uffici del Territorio l’eventuale carenza dei requisiti.
Alternativa a tale ipotesi potrebbe essere l’autocertificazione dei possessori, rilasciata agli effetti dell’art. 47 del
D.P.R. 445 del 28 dicembre 2000 (dichiarazione sostitutiva
di atto notorio), poiché è da escludersi la competenza degli
Uffici del Territorio, per quanto attiene per esempio la verifica delle norme igieniche nella confezione dei cibi, quelle
urbanistiche per la regolarità dei fabbricati, la natura e provenienza dei prodotti consumati o degustati, la verifica del
numero dei posti letti e degli ospiti autorizzati, che sono le
condizioni previste dalla legge predetta.
Gli aspetti fiscali connessi all’accatastamento dei fabbricati rurali
Premesso che, in ogni caso, i fabbricati rurali nuovi o
modificati dopo l’11 marzo 1998 devono essere comunque
dichiarati al catasto ai fini inventariali (art. 1 del D.P.R.
139/1998, come modificato dall’art. 1 del D.P.R. 536/1999)
con proposta di rendita, mediante le procedure previste dall’art. 1 del D.M. 701/1994, sotto il profilo fiscale la circolare
precisa che, in presenza dei requisiti di ruralità, di cui all’art.
9, comma 3 e 3-bis, del D.L. 557/1993 e successive modificazioni, la rendita non deve essere considerata ai fini delle
imposte dirette, come precisato dalle circ. n. 96/T/1998, n.
50/T/2000 e n. 109/T/2000, ma neanche per l’ICI, in base a
quanto precisato dalla circ. n. 2037 del 6 febbraio 2001 della
Direzione centrale per la fiscalità locale, Ufficio Fiscalità
Comunale.
Considerazioni conclusive
Nel suo complesso la circolare è condivisibile specie
dove enuncia i principi ispiratori all’operazione di attribuzione della categoria nei suoi limiti perimetrali e il concetto
di cespite indipendente secondo gli usi locali, nonché per
l’evidente intento di flessibilità complessiva nelle varie fasi
degli accertamenti che la stessa ispira, al fine di acquisire
ogni tipologia di fabbricati all’archivio.
Di certo alcune perplessità in merito ai fabbricati agrituristici permangono, ma siamo certi che l’imminente pubblicazione del decreto che regolerà le procedure per la trasmissione telematica ai comuni dei dati relativi alle denunce
catastali presentate a partire dal 1°gennaio scorso, nonché le
modalità di interscambio e segnalazione delle incongruenze
rilevate, come previsto dall’art. 34-quinquies, comma 1, della legge 80/2006, potranno chiarire e sciogliere i dubbi
sopra esposti.
Catasto e topografia
n. 5-6/2006
Allegato A
75
Catasto e topografia
n. 5-6/ 2006
Allegato B
«Consulente Immobiliare»
Oriolo (Cs) “Arnesi di legno a doghe
(da Gerhard Rohlfs, La Calabria Contadina)
76
n. 5-6/2006
Catasto e topografia
CLASSAMENTO U.I.U. CAT. “D” ED “E”
Agenzia del Territorio - Circ. n. 4/2006 del 16 maggio 2006
M
odalità di individuazione e classamento delle unità
immobiliari urbane censibili nei gruppi speciale e
particolare D ed E.
1. Premessa
Le problematiche connesse al classamento degli immobili
a destinazione speciale e particolare, già di primaria rilevanza
per gli aspetti fiscali e di notevole complessità per la specifica caratterizzazione ed evoluzione tipologica e funzionale,
verificatesi nel tempo in questo settore immobiliare, hanno
assunto significativa evidenza anche in relazione all’applicazione delle procedure previste dall’art. 1, comma 336, della
legge n. 311 del 2004.
Detti mutamenti hanno progressivamente affievolito la
rispondenza e l’efficacia del complessivo quadro di riferimento, costituito dall’insieme delle disposizioni ed indirizzi
che dall’epoca di formazione del catasto edilizio urbano hanno disciplinato le modalità di classamento delle unità in esame, favorendo di conseguenza anche comportamenti non
uniformi tra i diversi uffici operativi.
Per i motivi sopra indicati, detta tematica è stata già
oggetto, specie nel corso dell’ultimo decennio, di documenti
di prassi finalizzati a fornire linee guida in merito al classamento di specifiche fattispecie e tipologie edilizie. Ma l’ampiezza e la significatività dei richiamati mutamenti rende
necessario un inquadramento della materia coerente con la
mutata realtà del patrimonio esaminato e l’emanazione di
indirizzi in tema di classamento delle unità immobiliari in
parola, allo scopo di ricostituire un quadro di riferimento
aggiornato, unitario ed idoneo a garantire l’uniformità di
comportamenti degli uffici e dei tecnici professionisti abilitati alla presentazione di atti di aggiornamento in catasto.
Nella presente circolare, in coerenza con la normativa
vigente e l’attuale quadro generale delle categorie, sono
oggetto di approfondimento e di indirizzo le tematiche tecnico-giuridiche, concernenti le modalità di individuazione delle
distinte unità che di norma caratterizzano i compendi immobiliari D ed E, e di attribuzione alle stesse di specifiche e pertinenti categorie catastali. Si precisa, di contro, che non sono
argomento di trattazione della presente circolare i pur rilevanti profili che attengono alla disciplina estimativa di determinazione della rendita catastale.
2. L’unità immobiliare urbana: la corretta individuazione
del minimo perimetro immobiliare funzionalmente e redditualmente autonomo
2.1 I riferimenti normativi
Per le unità iscrivibili nelle categorie dei gruppi D ed E
riveste particolare rilevanza la problematica connessa alla
corretta perimetrazione della singola unità immobiliare. Soccorrono a tal fine i riferimenti normativi desumibili dall’ordinamento catastale. Di fatto, il regio decreto legge 13 aprile
1939, n. 652, con le successive modificazioni e integrazioni,
e la conseguente regolamentazione portata dal decreto del
Presidente della Repubblica 1° dicembre 1949, n. 1142, hanno precisato, oltre allo scopo della formazione del catasto
edilizio urbano ed ai criteri posti a fondamento delle relative
stime, anche la nozione di “unità immobiliare urbana”1.
In particolare, il DPR 1142/49, nel rispetto dei principi
della legge istitutiva, ha meglio precisato la nozione di unità
immobiliare, semplificandone l’applicazione. Di fatto l’espressione generica «ogni parte di immobile» contenuta nell’art. 5 del RDL 652/39 è stata maggiormente precisata utilizzando, all’art. 40 del predetto decreto 1142/49, l’espressione
«ogni fabbricato, porzione di fabbricato, o insieme di fabbricati» che ha esteso la nozione a tutti i casi possibili, atteso
che l’unità immobiliare, come ben noto, può essere costituita
sia da un fabbricato intero (convitto, scuola ecc.), sia da una
porzione di fabbricato (appartamento, negozio, ecc.), sia infine da un insieme di fabbricati (opificio, ospedale costituito da
diversi padiglioni ecc.).
In secondo luogo, la formulazione sopra richiamata ha
introdotto un importante nuovo elemento, cioè quello dell’appartenenza allo stesso proprietario, inteso come ditta
catastale.
In terzo luogo, l’espressione «atta a produrre un reddito
proprio» è stata ulteriormente affinata, in sede regolamentare, con la locuzione «che rappresenta, secondo l’uso locale,
un cespite indipendente», la quale non solo chiarisce che l’unità deve essere idonea a produrre un reddito indipendente, e
quindi avere autonomia funzionale e reddituale, ma collega le
modalità di individuazione dell’unità immobiliare agli usi
locali, come già era stato anticipato dall’Istruzione II per
l’accertamento ed il classamento del 24 maggio 1942.
Per rendersi conto dell’importanza di tali perfezionamenti, si è già rilevato che il legislatore, con la suddetta nozione
di unità immobiliare – che in sintesi identifica un’entità fisica, giuridica ed economica – è riuscito ad abbracciare tutta
l’ampia casistica delle fattispecie immobiliari da accertare
nel catasto edilizio urbano: dai complessi industriali alle
infrastrutture di trasporto, dalle ordinarie unità residenziali,
commerciali e terziarie site nei centri urbani a quelle tipiche
dei luoghi ovvero ubicate nei piccoli centri rurali. La riconducibilità di tutta la variegata casistica appena descritta nell’ambito della nozione di unità immobiliare è stata possibile
grazie al perfezionamento delle nozioni contenute nelle
disposizioni richiamate, che consentono, più puntualmente, di
caratterizzare l’unità immobiliare in base a due requisiti
essenziali:
1. Secondo l’art. 4 del R.D.L. n. 652 del 1939 “Si considerano come immobili urbani i fabbricati e le costruzioni stabili di qualunque materiale costituite, diversi dai fabbricati rurali. Sono considerati come costruzioni stabili anche gli edifici sospesi o galleggianti, stabilmente assicurati al suolo.” Il successivo art. 5 dello
stesso R.D.L. definisce il concetto di unità immobiliare urbana prevedendo che “si considera unità immobiliare urbana, ogni parte di immobile che, nello stato in
cui si trova, è di per sè stessa utile ed atta a produrre un reddito proprio”. La successiva disposizione contenuta nell’art. 40 del DPR n. 1142 del 1949 specifica che
costituisce una distinta unità immobiliare urbana “ogni fabbricato, o porzione di fabbricato od insieme di fabbricati che appartenga allo stesso proprietario e che,
nello stato in cui si trova, rappresenta, secondo l’uso locale, un cespite indipendente”.
77
Catasto e topografia
- l’appartenenza allo stesso proprietario (ditta);
- la configurazione di un cespite indipendente, inteso
come “minimo perimetro immobiliare”, caratterizzato da
autonomia funzionale e reddituale.
Più recentemente la nozione è stata consolidata e meglio
precisata con l’art. 2 del decreto del Ministro delle Finanze 2
gennaio 1998, n. 28, che, al comma 1, ha previsto che “L’unità immobiliare è costituita da una porzione di fabbricato, o
da un fabbricato, o da un insieme di fabbricati ovvero da
un’area, che, nello stato in cui si trova e secondo l’uso locale,
presenta potenzialità di autonomia funzionale e reddituale” e,
al comma 3, che sono da considerare unità immobiliari
“anche le costruzioni ovvero porzioni di esse, ancorate o fisse
al suolo, di qualunque materiale costituite, nonché gli edifici
sospesi o galleggianti, stabilmente assicurati al suolo, purché
risultino verificate le condizioni funzionali e reddituali di cui
al comma 1. Del pari sono considerate unità immobiliari i
manufatti prefabbricati ancorché semplicemente appoggiati al
suolo, quando siano stabili nel tempo e presentino autonomia
funzionale e reddituale.”2
2.2 La rilevanza dei profili civilistici
È da osservare come anche il sistema di pubblicità immobiliare abbia storicamente utilizzato, a fini civilistici, i dati
catastali, prevedendo che, nell’atto pubblico di trasferimento
e/o costituzione di diritti reali e nella relativa nota di trascrizione, l’immobile debba essere individuato con i dati di identificazione catastale3. Tale principio ha trovato puntuale conferma nell’art. 2659 c.c., il quale identifica, tra l’altro, come
contenuto necessario della nota di trascrizione “…l’indicazione della natura dei beni a cui si riferisce il titolo, con le
indicazioni richieste dall’art. 2826 4…”, e cioè l’indicazione
della sua natura, del comune in cui si trova, dei dati di identificazione catastale, nonché, per i fabbricati in corso di costruzione, i dati di identificazione catastale del terreno su cui
insistono.
Inoltre, al fine di corrispondere alle esigenze connesse sia
ad una corretta rappresentazione del territorio, che ad una
puntuale individuazione di ogni porzione immobiliare ordinariamente oggetto di atti traslativi e/o costitutivi di diritti reali,
era stato già in precedenza previsto che il catasto urbano
acquisisse all’inventario anche i fabbricati non produttivi di
reddito, in corso di costruzione, ovvero di definizione, nonché i lastrici solari e le aree urbane (oggi inquadrati nelle
categorie del gruppo F)5.
Infine, con l’emanazione del decreto del Ministro delle
Finanze n. 701 del 1994 e l’adozione della procedura DOCFA, la tradizionale articolazione nelle due fasi di inventaria-
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zione delle unità immobiliari (aspetto civilistico) e di accertamento del relativo reddito (aspetto fiscale) è stata definitivamente superata, in quanto la parte interessata è stata investita
dell’obbligo di proporre il classamento all’atto della dichiarazione di nuova costruzione o di variazione, previa univoca
identificazione del bene immobile dichiarato o variato.
Al riguardo, non appare superfluo evidenziare come detto
processo migliorativo della definizione dell’unità immobiliare, quale “modulo base” del catasto dei fabbricati, negli oltre
cinquant’anni intercorsi dalla sua formulazione, abbia reso la
relativa definizione progressivamente più rispondente alle
finalità civilistiche e fiscali attribuite dal legislatore all’inventario catastale.
2.3 I limiti del criterio connesso alla “localizzazione”
Per quanto concerne gli immobili afferenti alle categorie
dei gruppi D ed E, risulta frequente il caso in cui l’unità
immobiliare coincida con un insieme di fabbricati in stretto
legame funzionale tra di loro e facenti parte di un unico complesso a destinazione produttiva o commerciale.
In particolare, nel caso delle unità immobiliari da classare
nel gruppo E, le istruzioni emanate negli anni immediatamente successivi all’istituzione del NCEU hanno fornito specifiche indicazioni – specie per quanto concerne le infrastrutture
relative ai trasporti pubblici – per l’individuazione del contesto di riferimento, per determinare se un dato immobile faccia o meno parte dell’unità immobiliare oggetto di stima.
È stato cioè implicitamente definito un ulteriore criterio di
qualificazione di carattere “localizzativo” come linea guida
per la perimetrazione della unità immobiliare.
Un esempio particolarmente significativo è costituito dalla massima richiamata nell’appendice A dell’Istruzione II –
Massime relative alla Individuazione delle Unità Immobiliari
– che, al titolo “Costruzioni ferroviarie”, prevede che si
accertino, come unica unità immobiliare, l’insieme degli
immobili ferroviari costituenti ciascuna stazione. In particolare, la stessa previsione fa rientrare nella nozione di stazione
una serie di altri beni6, purché siano interni al “recinto” della
stazione medesima e situati nel tratto limitato dagli scambi
estremi della stazione7.
Al riguardo è opportuno evidenziare come le linee guida,
fornite nel massimario allegato alla citata Istruzione II, fossero da correlare alla constatazione del carattere prevalentemente strumentale dei beni immobili in parola, sebbene gli
stessi presentassero destinazioni non strettamente omogenee
con le infrastrutture destinate al trasporto pubblico.
Di fatto si deve rimarcare come, fino alla prima metà del
secolo XX, negli apparati di stazione le porzioni di immobili
2. Nelle diverse definizioni di unità immobiliare sopra richiamate non si fa alcun riferimento ai materiali utilizzati, né ai sistemi di assemblaggio degli stessi.
Detti materiali potranno quindi essere, per le costruzioni poste sulla terra ferma, di natura lapidea, di acciaio, ovvero di altra natura, e per quelle galleggianti, di
natura lignea o ferrosa. Del pari l’assemblaggio delle componenti costruttive potrà avvenire con la chiodatura, l’imbullonatura, la saldatura, ovvero attraverso malte
e calcestruzzi basati su reazioni chimico-fisiche dei relativi componenti.
3. È noto peraltro come anche la rappresentazione planimetrica dell’unità immobiliare risponde a precise finalità civilistiche, oltre che fiscali.
4. Dettante criteri per l’individuazione dell’immobile oggetto di iscrizione ipotecaria ed innovato dall’art. 2659 c.c., come sostituito dall’art. 13 della legge 27
febbraio 1985, n. 52.
5. L’iscrizione nel catasto edilizio urbano delle aree scoperte e dei lastrici solari fu disposta dall’art. 15 del DPR n. 650 del 1972; mentre le unità collabenti, in
corso di costruzione e di definizione furono introdotte dapprima con la circolare della Direzione Generale del Catasto e dei Servizi Tecnici Erariali n. 2 del 20 gennaio 1984 e successivamente codificate dall’art. 3 del DM 2 gennaio 1998, n. 28
6. Ad esempio fabbricati viaggiatori, locali adibiti ad uffici, alloggi, dormitori, ristoranti, caffè, rivendite di giornali, tabacchi e bar, locali del dopolavoro,
magazzini merci, piani caricatori, cabine, fabbricati isolati per l’alloggio, ecc..
7. In modo similare, nella stessa Appendice A, con riferimento alle autostrade, è stabilito che ogni fabbricato o gruppo di fabbricati costituente ciascuna stazione, sia accertato come unità immobiliare, anche se comprende alloggi, dormitori, rivendite e magazzini.
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Catasto e topografia
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destinate alle attività non strettamente connesse al trasporto
(come bar, rivendite e similari) costituivano in genere fattispecie marginali o comunque scarsamente frequenti e per di
più i diritti reali in capo ai suddetti immobili erano di norma
riconducibili allo Stato. In tale particolare contesto, dunque,
ai fini del classamento, era stata attribuita maggiore rilevanza
ai requisiti di “destinazione prevalente” e di “localizzazione”
rispetto a quelli di autonoma utilizzabilità e redditività, nonché ai criteri oggettivi, quali la destinazione e le altre caratteristiche fisiche, di ogni “cespite indipendente”.
Nel periodo intercorso dall’epoca di formazione del Nuovo Catasto Edilizio Urbano all’attualità, come già precisato
in premessa, sono intervenuti profondi mutamenti di natura
oggettiva e soggettiva nella peculiare tipologia del patrimonio immobiliare in parola. In particolare, per le più rilevanti
infrastrutture relative ai trasporti pubblici, si è assistito ad un
progressivo e radicale processo di parcellizzazione delle attività con cessione a soggetti terzi di rami di attività collaterali
a quello istituzionale, con una crescente attenzione all’utilità
produttiva anche nella gestione dei servizi pubblici.
Detti fenomeni hanno, di fatto, mutato il quadro di riferimento, rendendo quindi necessaria una complessiva rivisitazione dei criteri di individuazione dei beni riconducibili nella
nozione di unità immobiliare, sia essa stazione per trasporti
terrestri, marittima, aeroportuale o portuale, ovvero di diversa
destinazione funzionale.
Al riguardo, si ritiene che il citato criterio localizzativo
necessiti di una rilettura che superi la nozione geografica di
“recinto” e tenga conto della nuova realtà ed in particolare
della destinazione funzionale e delle caratteristiche proprie di
ciascuna unità immobiliare, in conformità a quanto stabilito
dalla normativa catastale.
Più precisamente si ritiene che siano da ricomprendere
nell’unità immobiliare-stazione esclusivamente gli immobili
o loro porzioni strumentali all’attività del trasporto, vale a
dire solo quegli immobili utilizzati a titolo esclusivo dal soggetto giuridico erogante il servizio pubblico per l’esercizio
della propria specifica attività.
L’insieme degli immobili afferenti alla stazione, nel senso
sopra precisato, non può pertanto essere riferito ad un luogo
fisico continuo, ma ad un contesto astratto definito da relazioni strettamente funzionali. Il criterio localizzativo, cioè,
non può costituire il parametro di riferimento essenziale,
allorché nell’ambito del “recinto stazione” siano individuabili
costruzioni o loro porzioni destinate ad attività, per così dire
“non istituzionali”, in quanto non strettamente correlabili al
trasporto.
Di conseguenza gli eventuali esercizi commerciali, immobili a destinazione ricettiva od altro, pur ricompresi nel recinto di una stazione od aeroporto (ad es. dutyfree, centri commerciali, dormitori, ostelli, depositi per le merci, bar, ristoranti, ecc.) devono essere censiti sulla base delle loro caratteristiche intrinseche derivanti dalla loro destinazione oggettiva
e reale e non possono essere inglobati nell’infrastruttura utilizzata per trasporto pubblico, avente classamento nella categoria E/1.
Quanto precisato per le infrastrutture dei trasporti pubblici è chiaramente estensibile, analogicamente, a tutte le altre
categorie caratterizzate da similari articolazioni funzionali.
Sull’argomento si segnala – fra l’altro – il recente orientamento della Corte di Cassazione che, con sentenza n.
15863 del 28.7.2005, riguardante il classamento di unità
immobiliari site in un’area portuale, ha statuito che “… tutti i
manufatti non adibiti a funzioni tipiche di una stazione portuale, ma destinati ad ordinarie utilizzazioni, non potevano
essere collocati … nella categoria E solo perché ubicati nella
zona portuale”.
3. Il classamento: profili generali
È d’obbligo innanzitutto sottolineare l’importanza di un
corretto esame preliminare delle caratteristiche degli immobili in questione, finalizzato, da un lato, a verificare l’assenza
dei requisiti per l’attribuzione di una delle categorie dei gruppi ordinari e, dall’altro, ad attribuire la categoria speciale o
particolare più rispondente alle caratteristiche oggettive dell’immobile.
A tale scopo rileva prioritariamente la loro destinazione
funzionale e produttiva; a parità di destinazione, si dovrà poi
tenere conto delle specifiche caratteristiche tipologiche,
costruttive e dimensionali, che differenziano gli immobili in
esame dalle unità tipo o di riferimento8, rappresentative dei
corrispondenti immobili di categoria ordinaria.
Sul piano operativo è comunque da osservare come, se
per molte tipologie il carattere, speciale o particolare, è di
semplice individuazione, in quanto è strettamente legato alla
destinazione, per molte altre ciò non avviene, poichè la
“caratteristica destinazione” non è sufficiente per determinare
l’ordinarietà o meno dell’unità immobiliare. Ad esempio, è
noto come i depositi ed i laboratori possono essere qualificati
in categoria C/2 (depositi) e C/3 (laboratori artigianali),
oppure nelle categorie D/1 (opifici), D/7 (fabbricati costruiti
o adattati per le speciali esigenze di un’attività industriale) e
D/8 (fabbricati costruiti o adattati per le speciali esigenze di
un’attività commerciale). In questi casi, la scelta della categoria più rispondente alle caratteristiche dell’immobile
dipende, evidentemente, anche dalle altre caratteristiche
sopra menzionate, nonché dalla loro diversa localizzazione
(centro urbano, zona industriale o commerciale appositamente attrezzata). Ma proprio la corretta valutazione di queste
ultime caratteristiche – momento fondamentale del processo
di classamento e di attribuzione della rendita catastale – può
presentare aree di incertezze e criticità, come è dimostrato dal
significativo contenzioso catastale connesso a tali specifici
profili.
3.1. L’individuazione della categoria
Di seguito vengono esplicitati alcuni principi e criteri
connessi all’individuazione della categoria catastale.
3.1.1 Riferimenti al principio dell’ordinarietà
Al fine di pervenire ad un corretto classamento è rilevante
richiamare l’attenzione sul significato che il legislatore – con
riferimento all’articolazione del quadro di qualificazione e
più in generale al sistema tecnico-estimale del catasto fabbricati – ha attribuito rispettivamente alle locuzioni “categoria
speciale o particolare” e “categoria ordinaria”.
Dette locuzioni, peraltro di usuale utilizzo e di chiara
8. Cfr. art. 11, comma 1, del decreto legge 14 marzo 1988, n. 70, convertito con legge 13 maggio 1988, n. 154.
79
Catasto e topografia
accezione nella disciplina estimativa, assumono una più marcata connotazione nell’ambito dei procedimenti di stima massivi, come quello catastale.
In tale contesto, l’aggettivo “ordinario” assume il significato di “normale”, “frequente”, “diffuso”, nel senso che una
determinata tipologia di unità immobiliare risponde a tale
requisito quando è diffusa in una certa zona censuaria, talché è
possibile definire un campione significativo di unità di riferimento e confronto, relativamente alle quali effettuare la stima
per comparazione dell’intero segmento funzionale analizzato,
attraverso il cosiddetto sistema catastale per classi e tariffe.
Di contro, gli aggettivi “speciale” e “particolare” hanno
un significato, per certi versi, opposto a quello di “ordinario”
e qualificano immobili “costruiti per le speciali esigenze di
un’attività industriale o commerciale, e non suscettibili di
una destinazione diversa senza radicali trasformazioni”, nonché “immobili, che per la singolarità delle loro caratteristiche, non sono raggruppabili in classi” omogenee. In questi
casi, come è noto, la singolarità o comunque la scarsa diffusione di una determinata tipologia immobiliare nell’ambito
della zona censuaria, rende impraticabile la suddetta metodologia di stima sintetico-comparativa e quindi necessaria la stima puntuale della medesima unità, spesso attraverso il ricorso a procedimenti estimativi indiretti, quali il costo di riproduzione deprezzato del bene, ovvero la capitalizzazione dei
redditi immobiliari ordinari dallo stesso prodotti.
Sul piano generale, quindi, è del tutto coerente con quanto
rappresentato l’individuazione a livello locale di elementi di
soglia discriminanti, con riferimento particolare a parametri
oggettivi quale quello dimensionale, che giustifichino l’inserimento in una delle categorie ordinarie, ovvero in una di
quelle speciali o particolari. Ma dette soglie, laddove di fatto
rilevate o rilevabili a livello locale, attraverso una dettagliata
analisi del patrimonio immobiliare, devono rappresentare
significativi elementi di discontinuità e di frontiera fra le
unità ordinarie e le rimanenti tipologie.
3.1.2 Considerazioni circa il criterio connesso al cosiddetto “fine di lucro”
Oltre al richiamato principio di ordinarietà, un ulteriore
fattore discriminante, come sottolineato in precedenza, è
costituito dalla specifica finalizzazione dell’immobile ad
“attività industriale o commerciale”, prevista dall’art. 8 del
Regolamento, approvato con DPR 1° dicembre 1949, n. 1142.
Peraltro, già in precedenza il RDL 13 aprile 1939, n. 652,
istitutivo del catasto edilizio urbano, aveva già previsto che gli
opifici, i fabbricati di cui all’art. 28 della legge 8 giugno 1936,
n. 1231, destinati a teatri, cinematografi ed alberghi, nonché
più in generale i fabbricati costruiti per speciali esigenze di
una specifica attività industriale o commerciale (grandi
magazzini, banche, stabilimenti di bagni, ecc.) costituissero un
distinto gruppo di categorie, da denunciare ed accertare con
specifiche modalità rispetto al patrimonio immobiliare “ordinario” (cfr., per quanto attiene i profili interpretativi, la relati-
n. 5-6/ 2006
va circolare esplicativa della Direzione Generale del Catasto e
dei Servizi Tecnici Erariali n. 40 del 20 aprile 1939).
Al riguardo è da osservare come il quadro generale delle
categorie - pubblicato nel 1942 in allegato alle Istruzioni II e
IV della Direzione Generale del Catasto e dei SS.TT.EE - non
appare rigorosamente in linea con le previsioni normative dal
momento che introduce, per alcune categorie dei gruppi B, C,
e D, il concetto del “fine di lucro”.
Detta innovativa locuzione, attesa la natura del provvedimento in cui è inserita, non poteva avere che carattere interpretativo della specifica finalizzazione ad “attività industriale o commerciale”, prevista dalle normative istitutive e regolamentari del catasto edilizio urbano. Nondimeno la stessa ha
influenzato nel tempo l’adozione di prassi, che hanno individuato nell’esistenza o meno di un “fine di lucro”, correlato
spesso alla natura del soggetto, il “criterio” discriminante
anche per il classamento nelle categorie del gruppo D, ovvero
in quelle del gruppo E.
Per le suddette considerazioni e tenuto conto anche delle
circostanze richiamate in premessa, si esprime l’avviso che
detto criterio, specie se correlato alla natura del soggetto intestatario, non possa essere discriminante e determinante per
l’attribuzione della categoria.
Il tecnico, pertanto, indipendentemente dalla natura giuridica dei soggetti proprietari e dagli eventuali interessi pubblici perseguiti, nel condurre l’attività di classamento delle unità
immobiliari del gruppo D, deve fare riferimento essenziale
alle caratteristiche oggettive dell’immobile, che ne determinano la idoneità per le “speciali” esigenze di un’attività
industriale e commerciale. Parimenti, in coerenza con le previsioni normative, il tecnico deve tenere conto soprattutto
della “singolarità delle caratteristiche” delle unità del gruppo E, che ne impediscono oggettivamente il classamento in
una categoria ordinaria o speciale9.
Peraltro, è carattere peculiare dei sistemi catastali il censimento degli immobili solo in funzione delle caratteristiche
oggettive degli stessi e delle loro variazioni nel tempo e non
in relazione a variazioni di natura soggettiva10.
In sintesi si ritiene che le unità immobiliari a destinazione
commerciale in senso lato (cfr. art. 72 del DPR n. 645 del
1958), per le quali non sia possibile impostare la stima diretta
per confronto con le unità di riferimento del gruppo C, debbano essere ricomprese nel gruppo D. Di contro la qualificazione nel gruppo E è propria di quegli immobili con una marcata caratterizzazione tipologico-funzionale, costruttiva e
dimensionale, tale da non permettere l’inserimento in categorie ordinarie o speciali e che esulano da una mera logica di
commercio e di produzione industriale11.
3.1.3 Osservazioni in relazione ad alcune unità immobiliari a destinazione speciale, particolare ed ordinaria: casistica
a) Stazioni di distribuzione carburanti, chioschi
Per quanto esposto nel precedente paragrafo, nelle catego-
9. Cfr. il precedente punto 3.1.1.
10. Per sottolineare le criticità, anche sul piano gestionale, di un diverso indirizzo, in via esemplificativa, si evidenzia come in molti casi gli immobili speciali
o particolari (ad es. impianti di depurazione) sono gestiti in compartecipazione da Enti locali, la cui presenza non può protrarsi per un periodo superiore a due anni
dalla costituzione della società stessa (cfr. art. 115 D. Lgs. 18.08.2000, n. 267 – Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali).
11. Al riguardo è da sottolineare l’orientamento sempre più marcato del legislatore a correlare il sistema catastale ai caratteri tecnico-valutativi oggettivi degli
immobili, lasciando al sistema impositivo la valutazione dei caratteri soggettivi e le eventuali agevolazioni connesse; in coerenza con questi criteri, in via esemplificativa, si cita la disciplina sulla ruralità dei fabbricati (cfr. DL 30 dicembre 1993, n. 557, convertito con modificazioni con la legge 26 febbraio 1994, n. 133; DM
2 gennaio 1998, n. 28; DPR 23 marzo 1998, n. 139).
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n. 5-6/2006
rie del gruppo E vanno certamente classati gli immobili aventi destinazione ricompresa tra quelle di cui al secondo comma
dell’art. 8 del DPR n. 1142 del 1949, vale a dire, oltre alle
stazioni per servizi di trasporto terrestri e di navigazione
interna, marittimi ed aerei, anche le fortificazioni, i fari, i
fabbricati destinati all’esercizio del culto, le costruzioni mortuarie, e simili.
Si rappresenta in proposito che la prassi vigente prevede
di attribuire la categoria E/3, che comprende “costruzioni e
fabbricati per speciali esigenze pubbliche”, anche alle stazioni di servizio per la vendita dei carburanti, in conformità al
dettato letterale del citato art. 8, e ai chioschi per bar ed edicole. È evidente che segnatamente, per le due ultime fattispecie, tale modalità operativa può essere confermata solo in
presenza di costruzioni aventi caratteri “singolari” per tipologia costruttiva (precaria per l’uso di materiali leggeri), nonché per dimensione e diffusione ordinariamente contenuta.
Solo dette costruzioni sono qualificabili propriamente come
chioschi, che sotto il profilo catastale vengono censiti in E/3.
Di contro ogni tipologia sufficientemente diffusa sul territorio, tale da poter costituire un insieme omogeneo di unità
immobiliari raggruppabili in classi, in funzione degli specifici caratteri costruttivi - nonché ogni altro immobile o sua porzione, destinato ad ospitare attività collaterali rispetto all’attività di riferimento principale (distribuzione di carburanti e
vendita giornali) - andrà censito nella categoria appropriata in
base alla destinazione ed alle caratteristiche intrinseche. Tale
ultima circostanza ricorre soprattutto nelle stazioni di distribuzione di carburanti, ove risultano spesso presenti immobili
destinati ad attività commerciali o ricettive, le quali, pertanto,
non possono che avere rilevanza autonoma ai fini del classamento catastale.
b) Fiere, spazi espositivi, mostre, mercati, compendi
commerciali et similia
Come è noto, nella categoria E/4 sono censiti gli immobili
costituiti da speciali “recinti chiusi”, finalizzati ad ospitare
mercati o ad essere utilizzati per posteggio bestiame. Detta
locuzione è tratta dalla citata Istruzione IV, che nulla poteva
prevedere, allora, in merito agli immobili adibiti a fiera campionaria. Al riguardo, è da evidenziare come l’attività fieristica interessi di norma più complessi immobiliari, che raggiungono anche una dimensione comprensoriale. Di fatto i complessi in questione sono in grado di ospitare anche in via permanente sezioni espositive e spazi ricettivi (musei, sale convegni ed attività connesse al ristoro ed all’ospitalità, ecc.),
suscettibili di utilizzo autonomo. Inoltre, si evidenzia come le
costruzioni ospitanti le attività fieristiche siano dotate ordinariamente di molteplici impianti tecnologici, come quelli
antincendio, anti-intrusione e reti di distribuzione di energia e
dati.
In tale contesto, occorre attribuire al nucleo fieristico la
categoria D/8 – Fabbricati costruiti o adattati per le speciali
esigenze di un’attività commerciale e non suscettibili di
destinazione diversa senza radicali trasformazioni – ed a ciascuna porzione individuabile come cespite indipendente la
categoria più appropriata.
Costituisce eccezione a tale indirizzo il caso in cui l’unità
immobiliare destinata a fiera sia costituita soprattutto da aree
scoperte, di volta in volta appositamente attrezzate con strutture e stand amovibili per le esigenze espositive, attrezzate
Catasto e topografia
unicamente con semplici costruzioni destinate a soddisfare le
esigenze primarie (biglietteria, servizi igienici, accoglienza,
etc.). Solo in tale fattispecie, che rappresenta una naturale
evoluzione del concetto di “recinto”, l’unità immobiliare è
censita nel gruppo E ed in particolare nella categoria E/4.
Ai fini dell’individuazione delle unità immobiliari e dell’attribuzione delle corrispondenti categorie, è opportuno
applicare criteri analoghi a quelli adottati per i complessi
commerciali, siti al di fuori dei centri abitati, denominati
“outlet” che, pur essendo caratterizzati da servizi comuni,
presentano unità commerciali autonome e capaci di produrre,
con caratteri di ordinarietà, un reddito proprio.
Al riguardo è opportuno precisare come tra i caratteri
ordinari rilevi anche quello di stabilità dimensionale e distributiva delle unità immobiliari presenti nei compendi commerciali in esame (outlet) ed in quelli assimilabili. Ne discende che, laddove dette unità siano caratterizzate da flessibilità
planimetrica e volumetrica, in ragione di elementi mobili di
partizione di un unico “open space”, che ne definiscono i
perimetri ed i volumi in modo precario, le stesse possono
essere oggetto di una denuncia unitaria con classamento nella
categoria D/8.
c) Ripetitori e impianti similari
Rilevante importanza hanno assunto nel tempo anche le
costruzioni tese ad ospitare impianti industriali mirati alla
trasmissione o all’amplificazione dei segnali destinati alla
trasmissione (via cavo o etere), alla regolazione di parametri
quali la portata e la pressione dei fluidi (liquidi e gassosi),
per l’uso civile o industriale, ovvero al trattamento delle
acque reflue o dei rifiuti solidi. Dette attività ordinariamente
sono tipiche di processi industriali o comunque produttivi e
pertanto la categoria da attribuire agli immobili che le ospitano è da individuare nel gruppo D.
Tra le diverse tipologie dei manufatti in esame ha registrato negli ultimi anni una significativa diffusione sul territorio quella destinata ad ospitare gli impianti per la diffusione
della telefonia mobile, che di norma risultano allocati su
costruzioni già esistenti ovvero su aree di terreno all’uopo
destinate.
Per questi immobili occorre preliminarmente stabilire se,
in relazione alla normativa catastale ed alla specifica fattispecie analizzata, sussiste o meno l’obbligo della dichiarazione
al catasto edilizio urbano.
Al riguardo è da osservare come nella prima fattispecie
(impianti insistenti su costruzioni già censite), i manufatti in
esame sono caratterizzati dalla presenza di una o più antenne
ancorate a muri o sostenute da piccoli tralicci e dai relativi
impianti elettrici ed elettronici.
In questi casi, qualora le apparecchiature elettroniche siano custodite nell’ambito di locali già esistenti, censiti ovvero
censibili (anche come parti comuni dell’edificio), e non venga individuata una specifica area all’uopo destinata, i manufatti non necessitano di essere dichiarati in catasto; diversamente, laddove vengano individuati aree e locali (preesistenti
o di nuova costruzione), destinati proprio ad ospitare le suddette apparecchiature, i manufatti in esame devono essere
dichiarati in forma autonoma ovvero come variazione della
preesistente unità immobiliare o parte comune dell’edificio.
La seconda fattispecie rappresentata, come già evidenziato, è relativa ad un’area di terreno, di solito recintata, all’in-
81
Catasto e topografia
terno della quale è installato su platea di calcestruzzo un traliccio cui sono fissate le antenne; in questo caso le apparecchiature elettroniche a corredo, sono di norma ubicate in
manufatti di dimensioni diverse in pianta ed altezza. In questa fattispecie, qualora sussista un’ordinaria autonoma suscettibilità reddituale, l’obbligo dell’accatastamento dei manufatti risulta previsto dagli artt. 2 e 3 del DM 2 gennaio 1998, n.
28 -Regolamento recante norme in tema di costituzione del
catasto dei fabbricati e modalità di produzione ed adeguamento della nuova cartografia catastale, pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale 24 febbraio 1998, n. 45.
d) Porti turistici
Una notazione particolare richiedono i porti turistici, per i
quali risultano assenti infrastrutture tese ad ospitare vettori
deputati al trasporto pubblico di persone o merci e possano
riscontrarsi condizioni di autonomia funzionale e reddituale.
A detti porti deve essere attribuita la categoria D/8, in quanto
gli stessi sono da equipararsi agli autosilos ed ai parcheggi.
Come già in precedenza evidenziato per altre tipologie, anche
nel caso in esame, qualora siano distinguibili porzioni immobiliari individuabili come unità autonome, ancorché presenti
in un porto deputato al trasporto pubblico di persone o merci,
occorre procedere al censimento di ciascuna di esse nella
categoria pertinente12. Solo nel caso di struttura portuale finalizzata sia al soddisfacimento di attività commerciali, di servizi pubblici o privati, ovvero per l’ormeggio delle imbarcazioni da diporto, che non possa essere articolata in più unità
immobiliari, il classamento è effettuato in relazione alla
destinazione prevalente.
e) Altre tipologie
Per quanto concerne infine l’attribuzione della categoria
più pertinente (ordinaria o speciale) ad immobili aventi particolari destinazioni funzionali, che possono essere compresi
nei gruppi B, C o D, si osserva la necessità che vengano
assunti, come linee guida, i criteri in precedenza richiamati in
coerenza con i principi generali della normativa catastale,
tenendo conto della presenza di eventuali consolidati orientamenti nei processi di classamento delle unità immobiliari a
livello locale. In particolare si fa riferimento alle seguenti
destinazioni:
- le case di cura e gli ospedali (B/2, D/4);
- i fabbricati ed i locali per esercizi sportivi (C/4, D/6);
- le stalle, le scuderie, le rimesse e le autorimesse (C/6,
D/8);
- gli uffici pubblici (B/4, D/8);
- le caserme (B/1, D/8);
- le scuole (B/5, D/8).
Per quanto sopra rappresentato, di norma, viene attribuita
una categoria ordinaria quando vi è rispondenza tra le caratteristiche tipologiche e reddituali degli immobili oggetto di
classamento e quelle delle unità di riferimento del quadro di
qualificazione (in base al quale è stato definito il prospetto
tariffario), tenendo comunque conto dei caratteri che maggiormente contraddistinguono e qualificano a livello locale le
diverse tipologie del patrimonio censito. Di contro il classamento nella categoria speciale è previsto per immobili i cui
n. 5-6/ 2006
caratteri particolari non sono riferibili a nessuna delle categorie presenti, ovvero da istituire, in quanto costruiti per le
speciali esigenze di un’attività industriale o commerciale e
non suscettibili di altra utilizzazione senza radicali trasformazioni.
3.2. I rapporti tra la normativa catastale e quella urbanistico-edilizia
Fra i quesiti pervenuti, particolare rilevanza assumono
quelli che richiedono chiarimenti sulle eventuali connessioni
fra la disciplina catastale e quella urbanistico-edilizia. Come
già in precedenza rappresentato, il classamento delle unità
immobiliari ordinarie è basato esclusivamente sul confronto,
a livello locale, fra le caratteristiche intrinseche ed estrinseche di ciascuna unità oggetto di esame e quelle ordinariamente associate alle tipologie presenti nel quadro di qualificazione, che assumono concreta evidenza nell’universo delle unità
similari (in origine soltanto quelle definite “tipo”) censite in
ciascuna categoria catastale. Pertanto si ritiene doveroso ribadire, in questa sede, la piena autonomia dell’ordinamento
catastale rispetto a quanto dettato dalle norme urbanistiche,
ovvero afferenti a specifici settori ed attività di esercizio13.
Le disposizioni che regolamentano la prassi catastale,
infatti, sono tutte incardinate nella disciplina dettata dall’art.
6 del Regolamento approvato con decreto del Presidente della
Repubblica 1° dicembre 1949, n. 1142, che, in merito alla
qualificazione, dispone quanto segue: “La qualificazione
consiste nel distinguere per ciascuna zona censuaria, con
riferimento alle unità immobiliari urbane in essa esistenti, le
loro varie categorie ossia le specie essenzialmente differenti
per le caratteristiche intrinseche che determinano la destinazione ordinaria e permanente delle unità immobiliari stesse”.
Più in particolare l’Istruzione II della Direzione Generale del
Catasto e dei Servizi Tecnici Erariali del 24 maggio 1942, al
Par. 22, stabilisce che: “Per la destinazione e per le altre qualità intrinseche che determinano la categoria, si avrà riguardo
alle caratteristiche costruttive ed all’uso appropriato dell’unità immobiliare (omissis)”.
La piena autonomia della disciplina catastale è altresì desumibile dal decreto del Ministro delle Finanze 19 aprile 1994, n.
701, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 24 dicembre 1994,
n. 300, nonché dai conseguenti modelli del programma informatico denominato “DOCFA”, utilizzati per le dichiarazioni
delle unità immobiliari, dove non risulta riscontrabile alcun
riferimento a norme diverse da quelle di settore.
3.3. I rapporti tra la normativa catastale e quella fiscale
per alcune specifiche tipologie di immobili
3.3.1 Le abitazioni ed i fabbricati strumentali all’attività
agricola
Come è noto, alle nove categorie afferenti agli immobili a
destinazione speciale, originariamente previste dal quadro di
qualificazione nazionale allegato alle istruzioni II e IV, si è
aggiunta, ai sensi del citato DPR n. 139 del 1998, la categoria
D/10 relativa ai “Fabbricati per funzioni produttive connesse
alle attività agricole”.
12. Cfr. paragrafo 2.3.
13. Un esempio tipico è costituito dalle residenze turistiche alberghiere, che sono generalmente composte da una struttura alberghiera intesa in senso tradizionale e da abitazioni con ingresso del tutto autonomo dalle strade pubbliche; in relazione alle situazioni di fatto, si potrà ragionevolmente attribuire alla prima la categoria D/2 ed alle seconde una delle pertinenti categorie del gruppo A.
82
n. 5-6/2006
In detta categoria – secondo l’art. 1, comma 5, del citato
DPR - devono essere classate “le costruzioni strumentali
all’esercizio dell’attività agricola diverse dalle abitazioni,
comprese quelle destinate ad attività agrituristiche, ……, nel
caso in cui le caratteristiche di destinazione e tipologiche siano tali da non consentire, senza radicali trasformazioni, una
destinazione diversa da quella per la quale furono originariamente costruite”.
La disposizione citata prescrive quindi, per l’attribuzione
della categoria D/10, sia la verifica della strumentalità, sia la
presenza di caratteristiche tali da non consentire senza radicali trasformazioni una destinazione diversa da quella per la
quale l’immobile fu originariamente edificato.
Il Testo unico delle imposte sui redditi, approvato con
DPR 22 dicembre 1986, n. 917, all’art. 32 14, riconosce la
ruralità, ai fini fiscali, alle costruzioni strumentali per le attività agricole, di cui all’art. 42 di seguito richiamato.
In particolare sono riconosciute rurali le costruzioni,
appartenenti al possessore o all’affittuario dei terreni, che
servono:
a) all’abitazione delle persone addette alla coltivazione
della terra, alla custodia dei fondi, del bestiame e degli edifici
rurali e alla vigilanza dei lavoratori agricoli, nonché dei familiari conviventi a loro carico, sempre che le caratteristiche
dell’immobile siano rispondenti alle esigenze delle attività
esercitate;
b) al ricovero degli animali di cui alla lettera b) del comma 2 dell’articolo 3215;
c) alla custodia delle macchine, degli attrezzi e delle scorte occorrenti per la coltivazione;
d) alla protezione delle piante, alla conservazione dei prodotti agricoli e alle attività di manipolazione e trasformazione
di cui alla lett. c) del comma 2 dell’articolo 3216.
L’art. 1, comma 1, del decreto legislativo 18 maggio
2001, n. 228, ha inoltre modificato l’art. 2135 c.c., introducendo tra le attività di competenza dell’imprenditore agricolo
anche quelle “connesse” alla “coltivazione del fondo, silvicoltura, allevamento di animali”, delle quali, peraltro, è fornita una dettagliata esemplificazione.
Il comma 2 dello stesso articolo ha chiarito che la qualifica di “imprenditore agricolo” può essere posseduta anche
dalle cooperative dei medesimi imprenditori ed i loro consorzi, quando utilizzano per lo svolgimento delle attività agricole, “prevalentemente prodotti dei soci, ovvero forniscono prevalentemente ai soci beni e servizi diretti alla cura ed allo
sviluppo del ciclo biologico”.
Le norme citate hanno innovato significativamente la
disciplina del T.U. n. 917 del 1986, in quanto hanno fatto
rientrare nelle costruzioni strumentali all’attività agricola, tra
le altre, anche quelle destinate ad ospitare attività di commercializzazione e valorizzazione dei prodotti agricoli. La strumentalità va, inoltre, correlata anche alle specifiche disposizioni dell’art. 2135 c.c. e, di conseguenza, alla nozione di
Catasto e topografia
imprenditore agricolo specificata dall’art. 2, comma 2, del D.
Lgs. n. 228 del 2001.
Nel caso in esame occorre analizzare se, ordinariamente,
le attività svolte nei complessi in questione siano sicuramente
riconducibili all’attività dell’impresa agricola o, di contro,
possano essere correlate ad attività di tipo industriale o commerciale. In ossequio pertanto ai principi dettati dal testo unico delle imposte dirette, deve valutarsi – a prescindere dalla
natura e caratteristiche, nonché dalla possibilità o meno di
destinarli ad una funzione diversa senza radicali trasformazioni – se gli immobili siano strumentali “per destinazione”
alle attività agricole, cioè se siano utilizzati esclusivamente
per l’esercizio d’impresa da parte del possessore nelle attività
menzionate dall’art. 32 (già 29) del citato testo unico.
È evidente che il combinato disposto dell’art. 32, come
modificato dalle norme citate, e dell’art. 42 del testo unico,
ha sottratto all’Ufficio la pratica possibilità di discernere la
ruralità del fabbricato sulla base delle destinazioni sopra
richiamate, avendo di fatto ricompreso nella dizione di “attività connessa”, caratterizzante la ruralità del fabbricato,
anche quelle più specificamente afferenti alla trasformazione
e commercializzazione dei prodotti agricoli. L’unica reale
discriminante per definire la concreta strumentalità all’attività agricola effettivamente praticata ed, in ultima analisi, la
ruralità del fabbricato, risiede quindi nella compatibilità delle
caratteristiche tipologico-funzionali con l’effettiva produzione del fondo al quale è asservito, circostanza, quest’ultima,
che deve, quindi, costituire oggetto di specifica verifica ai
fini del corretto classamento.
L’attività degli Uffici sarà pertanto finalizzata a verificare
che negli immobili da accertare vengano esercitate prevalentemente le attività di cui all’art. 32 del TUIR, con riferimento
ad una percentuale di prodotti provenienti dal fondo a cui
sono asserviti i fabbricati (o meglio le unità immobiliari)
superiore al 50%.
Qualora venga accertata tale circostanza, gli immobili
devono essere considerati, in linea oggettiva, strumentali
all’attività agricola esercitata sul fondo e pertanto classati in
D/10 (Fabbricati per funzioni produttive connesse alle attività
agricole). Nel caso contrario, il classamento deve essere
effettuato in D/7 o in D/8, laddove sia prevalente, rispettivamente, la funzione di trasformazione industriale dei prodotti
agricoli, ovvero quella di commercializzazione dei suddetti
prodotti.
Si evidenzia, inoltre, quanto previsto dall’art. 3 del decreto del Presidente della Repubblica 23 marzo 1998, n. 139,
secondo cui “Ai fini inventariali, le unità immobiliari già
censite al catasto edilizio urbano non sono oggetto di variazione qualora vengano riconosciute rurali… ”.
Detta disposizione si riferisce specificamente ai fabbricati
riconosciuti rurali ed appare pertanto non riferibile a fabbricati strumentali come sopra definiti (iscrivibili nella categoria
D/10). La norma in esame, pertanto, va “storicamente” letta
14. Rivisitato in modo rilevante, per i profili di interesse dell’Agenzia, dall’art. 2, comma 6, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, come modificato dall’art.
15 del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 99.
15. “Sono considerate attività agricole: a) le attività dirette alla coltivazione del terreno e alla silvicoltura; b) l’allevamento di animali con mangimi ottenibili
per almeno un quarto dal terreno e le attività dirette alla produzione di vegetali tramite l’utilizzo di strutture fisse o mobili, anche provvisorie, se la superficie adibita alla produzione non eccede il doppio di quella del terreno su cui la produzione insiste”.
16. “Le attività di cui al terzo comma dell’art 2135 del codice civile, dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione, ancorché non svolte sul terreno, di prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall’allevamento di animali, omissis”.
83
Catasto e topografia
ed interpretata nell’ottica delle tradizionali modalità di inventariazione degli stessi nel catasto terreni, ovvero nel catasto
urbano, a seconda dell’acquisizione o della perdita dei requisiti di ruralità. In questa ultima fattispecie, venendo meno la
strumentalità del bene all’attività agricola effettivamente praticata, viene meno anche il requisito che caratterizza oggettivamente la destinazione del bene stesso che, pertanto, deve
essere oggetto di dichiarazione in catasto ai sensi dell’art. 20
del R.D.L. n. 652 del 1939.
In definitiva, le condizioni sulle quali si fonda il possesso
o meno del carattere di strumentalità all’attività agricola hanno quindi sia carattere soggettivo17 che oggettivo.
L’applicazione delle agevolazioni fiscali per le costruzioni
che soddisfano i requisiti della ruralità, in quanto strumentali
ai fini dell’attività agricola, sono di competenza degli uffici
preposti all’accertamento dei vari tributi, a richiesta dei quali,
gli Uffici provinciali dell‘Agenzia del territorio forniscono la
consulenza tecnica prevista dai compiti istituzionali per la
verifica della sussistenza o meno dei caratteri oggettivi delle
costruzioni e dei terreni asserviti.
Con questa impostazione, il legislatore ha voluto prevedere la piena autonomia tra il profilo catastale (costituzione dell’inventario completo) e quello fiscale (imposizione o esenzione sulla base delle redditività oggettive, comunque riportate in catasto).
La delicata problematica è stata trattata con le circolari
nn. 109/E del 24 maggio 2000, 50/E del 20 marzo 2000 e
96/T del 9 aprile 1998, emanate dagli ex Dipartimenti delle
Entrate e del Territorio.
In conseguenza di questa scelta si vengono a trovare
iscritti nel catasto dei fabbricati costruzioni (abitazioni ed
annessi agricoli) con rendita attribuita, al pari di tutte le altre
unità immobiliari urbane, ma che sono invece strumentali ai
fini dell’attività agricola e quindi esenti da imposta sui redditi
dei fabbricati.
Riepilogando sinteticamente, si può affermare che le
costruzioni strumentali all’esercizio dell’attività agricola, in
relazione alle specifiche caratteristiche e destinazioni, potranno essere censite o come unità a destinazione abitativa in una
delle pertinenti categorie del gruppo A, ovvero come unità
destinate ad attività produttive agricole, nella citata categoria
D/10, semprechè le caratteristiche di destinazione e tipologiche siano tali da non consentire, senza radicali trasformazioni, una destinazione diversa da quella per la quale furono originariamente costruite. Nel caso contrario, di ordinarietà delle caratteristiche delle costruzioni rurali ad uso produttivo,
queste potranno essere censite nelle categorie ordinarie più
consone (C/2, C/3, C/6, C/7, ecc.)18.
In particolare, rientreranno nella categoria speciale “D/10
- Fabbricati per funzioni produttive connesse alle attività
n. 5-6/ 2006
agricole” quegli immobili per i quali la strumentalità sia
desumibile da criteri oggettivi, direttamente riscontrabili per
l’utilizzo che ne viene fatto, riconducibile prevalentemente
alle attività connesse al settore agricolo di cui all’art. 32 del
testo unico ed esercitate prevalentemente nel fondo al quale
gli immobili sono asserviti.
3.3.2 L’agriturismo
Ai sensi dell’art. 2 della recente legge 20 febbraio 2006,
n. 96, “Per attività agrituristiche si intendono le attività di
ricezione e ospitalità esercitate dagli imprenditori agricoli di
cui all’articolo 2135 del codice civile, anche nella forma di
società di capitali o di persone, oppure associati fra loro,
attraverso l’utilizzazione della propria azienda, in rapporto di
connessione con le attività di coltivazione del fondo, di silvicoltura e di allevamento di animali” (comma 1). Inoltre nello
stesso articolo, al comma 2, viene precisato che: “Possono
essere addetti allo svolgimento dell’attività agrituristica,
l’imprenditore agricolo e i suoi familiari ai sensi dell’art.
230-bis del codice civile, nonché i lavoratori dipendenti a
tempo determinato, indeterminato e parziale19 …”.
In sintesi, i requisiti essenziali, oggettivi e soggettivi, che
configurano e caratterizzano l’attività di agriturismo sono:
- l’esistenza di un’azienda agricola condotta da un
imprenditore agricolo ai sensi dell’art. 2135 c.c.;
- l’espletamento di un’attività di ricezione ed ospitalità in
strutture interne all’azienda suddetta;
- la prevalenza delle attività agricole (dirette o connesse)
rispetto a quella di gestione dell’agriturismo;
- la somministrazione prevalente di prodotti propri o derivati da materie prime direttamente provenienti dal fondo.
L’art. 3 della norma suddetta, recante disposizioni per l’utilizzazione di locali per attività agrituristiche, dispone inoltre, al comma 1, che “Possono essere utilizzati per attività
agrituristiche gli edifici o parte di essi già esistenti nel fondo…. I locali utilizzati ad uso agrituristico sono assimilabili
ad ogni effetto alle abitazioni rurali. (omissis)”.
Da quanto rappresentato ne discende che gli immobili da
classare in D/10, in funzione dell’attività agrituristica in essi
espletata, sulla base del D.P.R. n. 139 del 1998, sono sia quelli aventi caratteri di ruralità, in quanto immobili propriamente
strumentali all’attività agricola (è il caso di locali adibiti ad
un utilizzo ricettivo nella stessa abitazione dell’imprenditore
agricolo), sia eventuali altri immobili ricompresi all’interno
dell’azienda agricola, trasformati o costruiti ex novo, destinati segnatamente alla ricezione ed ospitalità dei clienti nell’ambito dell’attività agrituristica. L’inclusione di tale attività
tra quelle “connesse” al settore agricolo, pertanto, fa sì che
gli immobili in questione possano definirsi, in senso lato,
strumentali.
I controlli che gli Uffici periferici dovranno effettuare per
17. I requisiti di natura soggettiva, diversificati tra immobili a destinazione residenziali e gli altri, sono assicurati di norma dalla presenza gestionale di un soggetto coltivatore diretto ovvero imprenditore agricolo, qualifica che, come detto, può attribuirsi anche ad una cooperativa. Questa ultima comunque deve avere, nell’oggetto sociale, a titolo principale, lo svolgimento di un’attività connessa all’ambito agricolo.
18. Concetto ribadito dalla Circolare n. 96/T del 09 aprile 1998.
19. “Rientrano fra le attività agrituristiche:
a) dare ospitalità in alloggi o in spazi aperti destinati alla sosta di campeggiatori;
b) somministrare pasti e bevande costituiti prevalentemente da prodotti propri e da prodotti di aziende agricole della zona, ivi compresi i prodotti a carattere
alcolico e superalcolico, con preferenza per i prodotti tipici … ;
c) organizzare degustazioni di prodotti aziendali ivi inclusa la mescita di vini … ;
d) organizzare, anche all’esterno dei beni fondiari nella disponibilità dell’impresa, attività ricreative, culturali didattiche, di pratica sportiva, nonché escursionistiche e di ippoturismo, anche per mezzo di convenzioni con gli enti locali, finalizzati alla valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale”.
84
n. 5-6/2006
l’accertamento della sussistenza dei requisiti necessari per il
classamento degli immobili in parola nella categoria D/10,
sulla base delle indicazioni contenute nella normativa statale
e regionale, dovranno avere ad oggetto:
- il riscontro del rapporto di connessione e complementarità fra le attività agrituristiche e quelle di coltivazione del
fondo, silvicoltura, allevamento del bestiame “che devono
comunque rimanere prevalenti”, con riferimento al tempo di
lavoro necessario all’esercizio di dette attività;
- la somministrazione dei pasti e delle bevande che deve
essere costituita “prevalentemente da prodotti propri e da
prodotti di aziende agricole della zona”;
- la localizzazione degli ambienti dedicati all’ospitalità
che deve essere interna all’azienda agricola;
- i limiti stabiliti dall’ordinamento statale o regionale
riguardanti il numero dei posti letto, delle piazzole di sosta
per i campeggiatori, degli spazi dedicati alla refezione.
Va chiarito, inoltre, che si ritengono compatibili con l’attività agrituristica, ed in genere con la ruralità dell’immobile,
la destinazione residenziale, cui è attribuita una delle categorie del gruppo A20, e gli immobili con classamento nelle categorie C/2, C/3, C/6 e C/7.
Non appare superfluo evidenziare che, qualora, vengano
meno i requisiti di ruralità che caratterizzano l’attività agrituristica, presi a riferimento per l’attribuzione della categoria
D/10, i soggetti titolari iscritti in catasto hanno l’obbligo di
presentare specifica dichiarazione di variazione, al fine di
non incorrere nelle sanzioni previste dalla legge.
4. Conclusioni
Come precisato in premessa, con la presente circolare si è
inteso fornire un quadro di riferimento aggiornato ed idoneo
a garantire l’uniforme operatività degli uffici e dei tecnici
professionisti sulle corrette modalità di individuazione e classamento delle unità immobiliari censibili nei gruppi speciali e
particolare D ed E. In particolare sono stati forniti indirizzi
circa la corretta individuazione del “modulo di base” del
catasto edilizio urbano, inteso come “minimo perimetro
immobiliare funzionalmente e redditualmente autonomo”,
nonché criteri operativi per il classamento della unità in esame, in base ai principi generali indicati dalla normativa istitu-
Catasto e topografia
tiva ed attuativa del catasto edilizio urbano, che in sintesi si
identificano:
per le categorie ordinarie, nell’ordinarietà dei caratteri e
nel livello di diffusione sul territorio; circostanze che hanno
permesso – all’epoca della formazione o successivamente –
la creazione di insiemi di immobili, omogenei per i caratteri
intrinseci (categorie) e reddituali (classi);
per le categorie speciali, nella specifica caratterizzazione
tipologica, costruttiva e dimensionale degli immobili (tali da
non permetterne una utilizzazione diversa senza radicali trasformazioni) e nella finalizzazione degli stessi a speciali esigenze industriali e commerciali;
per le categorie particolari, nella “singolarità” delle destinazioni e delle caratteristiche tipologiche, costruttive e
dimensionali degli immobili: circostanza quest’ultima che
non ha permesso in fase di formazione o conservazione, la
creazione di insiemi omogenei per caratteri intrinseci (categorie ordinarie) e tanto meno per redditività (classi).
Con riferimento ai menzionati indirizzi, gli Uffici provinciali sono invitati ad adeguare le procedure di verifica delle
dichiarazioni di nuova costruzione e di variazione, dandone
comunicazioni ai locali Ordini e Collegi professionali.
Si fa presente infine che, allo scopo di agevolare l’operatività degli Uffici, è in corso di elaborazione una raccolta dei
principali indirizzi e massime in tema di individuazione dell’unità immobiliare e di attribuzione della categoria, emanate
sia in fase di formazione che di conservazione del catasto
edilizio urbano. Tale raccolta sarà resa disponibile unitamente ad ulteriori specifici indirizzi operativi.
Al riguardo si ritiene opportuno sollecitare gli Uffici a
rappresentare specifici casi in trattazione, in particolare ove
abbiano rilevanza generale, in modo che la suddetta raccolta
possa essere integrata ed abbracciare nella misura più ampia
possibile l’articolata casistica che il patrimonio edilizio evidenzia nei diversi contesti locali.
Le Direzioni regionali e gli Uffici provinciali, per quanto
di competenza, vorranno verificare ed adeguare i comportamenti organizzativi, al fine di attuare gli indirizzi operativi
emanati con la presente circolare.
Il Direttore dell’Agenzia
Mario Picardi
20. Fanno eccezione le unità immobiliari con classamento nelle categorie A/1 e A/8, ovvero quelle aventi le caratteristiche di lusso previste dal DM 2 agosto
1969, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 218 del 27 agosto 1969 (cfr.: art. 2 DPR 23 marzo 1998, n. 139).
85
Catasto e topografia
n. 5-6/ 2006
TRASCRIVIBILITÀ DEGLI ATTI DI DESTINAZIONE
PER FINI MERITEVOLI DI TUTELA
Agenzia del Territorio - Circ. n. 5/2006 del 7 agosto 2006
A
rt. 2645-ter del codice civile - Trascrivibilità degli
atti di destinazione per fini meritevoli di tutela Modalità di attuazione della pubblicità immobiliare
Premessa
L’art. 39-novies (Termine di efficacia e trascrivibilità
degli atti di destinazione per fini meritevoli di tutela) del
D.L. 30 dicembre 2005, n. 273, aggiunto dalla legge di conversione 23 febbraio 2006, n. 51, ha inserito, dopo l’art.
2645-bis del codice civile, l’art. 2645-ter, avente ad oggetto
la trascrizione di atti di destinazione per la realizzazione di
interessi meritevoli di tutela riferibili a persone con disabilità, a pubbliche amministrazioni, o ad altri enti o persone
fisiche.
La portata innovativa della citata disposizione - entrata
in vigore il 1° marzo 2006 -ha subito innescato un vivace
ed articolato dibattito a livello dottrinario, che ha già fatto
emergere posizioni non del tutto allineate in ordine alla corretta individuazione della natura giuridica della peculiare
fattispecie negoziale correlata all’art. 2645-ter c.c., nonché
dei suoi possibili profili applicativi.
Poiché, peraltro, alcuni Uffici provinciali hanno già
segnalato l’avvenuta presentazione di alcune richieste di
trascrizione di atti ai sensi dell’art. 2645-ter c.c., con la presente Circolare si ritiene opportuno fornire le prime indicazioni, anche di carattere operativo, in ordine alle relative
modalità di attuazione della pubblicità immobiliare, al fine
di garantire uniformità e omogeneità di comportamenti in
tutto il territorio nazionale.
Caratteri generali degli atti di destinazione di cui
all’art. 2645-ter c.c.
L’art. 2645-ter c.c. dispone che “Gli atti in forma pubblica con cui beni immobili o beni mobili iscritti in pubblici
registri sono destinati, per un periodo non superiore a
novanta anni o per la durata della vita della persona fisica
beneficiaria, alla realizzazione di interessi meritevoli di
tutela riferibili a persone con disabilità, a pubbliche amministrazioni, o ad altri enti o persone fisiche ai sensi dell’articolo 1322, secondo comma, possono essere trascritti al
fine di rendere opponibile ai terzi il vincolo di destinazione; per la realizzazione di tali interessi può agire, oltre al
conferente, qualsiasi interessato anche durante la vita del
conferente stesso. I beni conferiti e i loro frutti possono
essere impiegati solo per la realizzazione del fine di destinazione e possono costituire oggetto di esecuzione, salvo
quanto previsto dall’articolo 2915, primo comma, solo per
debiti contratti per tale scopo”.
La disposizione in parola, in sostanza, prevede espressamente la possibilità di trascrivere gli atti in forma pubblica
con cui un soggetto (di seguito qualificato come “conferente”) costituisce, su beni immobili o mobili iscritti in pubblici registri, un vincolo di destinazione finalizzato, per un
periodo di tempo determinato (non superiore a novanta
86
anni) o per la durata della persona fisica beneficiaria, a realizzare interessi meritevoli di tutela ai sensi dell’art. 1322,
secondo comma, c.c., riferibili ai soggetti individuati,
peraltro con ampia formulazione, dalla stessa disposizione
(cc.dd. “beneficiari”).
In estrema sintesi, con gli atti di cui trattasi è possibile
costituire un vincolo di destinazione su di una massa patrimoniale che, pur restando nella titolarità giuridica del “conferente”, assume, per la durata stabilita, la connotazione di
massa patrimoniale “distinta” (separata) rispetto alla restante parte del suo patrimonio, proprio in virtù del vincolo di
destinazione impresso e reso opponibile nei confronti dei
terzi con l’esecuzione della formalità di trascrizione.
La fattispecie negoziale correlata alla disposizione in
parola, se pure assimilabile, quanto agli effetti prodotti (di
tipo vincolativo), ad istituti giuridici già presenti nel nostro
ordinamento – ad esempio, nell’ambito del diritto di famiglia, il fondo patrimoniale (art. 167 e seguenti c.c.), oppure,
nell’ambito del diritto societario, i patrimoni destinati a
specifici affari (art. 2447-bis c.c.) – sembra caratterizzata
da una connotazione del tutto atipica e peculiare; infatti, la
norma che prevede la trascrivibilità della fattispecie negoziale stessa (art. 2645-ter c.c.) – unica disposizione di riferimento per la fattispecie - in realtà non prevede né una
tipizzazione delle possibili finalità cui è preordinato il vincolo di destinazione costituito con gli atti in parola, né specifiche regole preordinate all’amministrazione o alla gestione dei beni oggetto di vincolo.
In effetti, la disposizione in esame contiene un generico
riferimento alla compatibilità degli interessi sottesi alla
costituzione dei vincoli in parola con l’art. 1322 c.c., che,
come è noto, ammette la stipulazione di contratti atipici,
purché “…diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela
secondo l’ordinamento giuridico”.
Il generico riferimento al parametro costituito dagli
“…interessi meritevoli di tutela…ai sensi dell’art. 1322 ,
secondo comma…” - ad avviso di autorevole dottrina potrebbe, quindi, rappresentare il vero punctum dolens
della nuova disposizione, soprattutto in relazione alla ineludibile esigenza di conciliare il parametro della meritevolezza degli interessi cui è preordinata la costituzione del
vincolo di destinazione con l’interesse dei creditori del
“conferente” all’integrità della garanzia patrimoniale
(secondo il principio generale contenuto nell’art. 2740 del
codice civile).
La seconda parte della disposizione in esame prevede
che i beni conferiti - cioè sottoposti al vincolo di destinazione costituito con gli atti in parola - e i loro frutti possono
essere impiegati solo per la realizzazione del fine di destinazione e possono costituire oggetto di esecuzione soltanto
per debiti contratti per tale scopo, purché, in conformità al
disposto di cui all’art. 2915, comma primo, codice civile,
l’atto di disposizione sia stato trascritto anteriormente al
pignoramento.
n. 5-6/2006
Le modalità di attuazione della pubblicità immobiliare
a) Profili generali
Delineati i connotati essenziali degli atti di destinazione
di cui all’art. 2645-ter c.c., occorre ora fornire alcune indicazioni finalizzate a garantire la corretta attuazione della
pubblicità immobiliare degli atti medesimi.
La possibilità di trascrivere gli atti di destinazione in
parola è espressamente prevista dall’art. 2645-ter c.c. e
limitata agli atti di destinazione redatti in forma pubblica (“Gli atti in forma pubblica…possono essere trascritti al fine di rendere opponibile ai terzi il vincolo di
destinazione…”).
La richiamata disposizione, in sostanza, ha introdotto,
per gli atti di cui trattasi, un regime di facoltatività della
trascrizione, ancorato al requisito minimo di forma normativamente stabilito (nella specie l’“atto in forma pubblica”). In relazione a tale ultimo aspetto, quindi, detta previsione normativa porterebbe ad escludere, in deroga a quanto previsto dall’art. 2657 c.c., la trascrivibilità di atti di
destinazione redatti con la forma della scrittura privata
autenticata o accertata giudizialmente.
Quanto ai profili di merito, sembra opportuno ribadire
preliminarmente la circostanza che detti atti di destinazione
producono soltanto effetti di tipo “vincolativo”. Come già
in parte accennato, infatti, i beni oggetto degli atti di destinazione, pur venendo “segregati” rispetto alla restante parte del patrimonio del “conferente” - al fine di garantire la
realizzazione degli interessi meritevoli di tutela cui è preordinato il vincolo - restano comunque nella titolarità giuridica del “conferente” medesimo.
Nell’ambito del particolare meccanismo negoziale delineato dall’art. 2645-ter c.c., quindi, i “beneficiari”, ricoprendo il ruolo di soggetti di riferimento degli interessi
(meritevoli) che il vincolo di destinazione è preordinato a
realizzare, non sono destinatari di effetti traslativi o costitutivi di diritti reali.
b) Profili applicativi
Dal punto di vista prettamente operativo, almeno nella
fase di prima applicazione dell’art. 2645-ter c.c., si ritiene
che la peculiare situazione giuridica generata dagli atti di
destinazione in parola possa essere adeguatamente rappresentata, sul piano della pubblicità immobiliare, con l’esecuzione di una formalità di trascrizione redatta sulla base dei
seguenti criteri:
· Quadro A: in attesa di un eventuale adeguamento delle
codifiche attualmente disponibili, nel campo “Dati relativi
alla convenzione”, va indicato il codice generico “100”,
utilizzando la seguente descrizione: “Atto di destinazione
per fini meritevoli di tutela ai sensi dell’art. 2645-ter c.c.”;
· Quadro C - Soggetti: va utilizzata la sola parte “contro”, con l’indicazione degli estremi anagrafici o dei dati
identificativi del “conferente”, nonché della quota del diritto reale oggetto dell’atto di destinazione;
· Quadro D: in questo quadro, oltre agli aspetti contenutistici essenziali dell’atto di destinazione (a mero titolo
esemplificativo: durata del vincolo, eventuali regole ineren-
Catasto e topografia
ti all’amministrazione e gestione dei beni oggetto di vincolo, cause e modalità di scioglimento del vincolo medesimo),
vanno indicati, analiticamente, i beneficiari degli atti medesimi con i relativi estremi anagrafici, o con tutti i dati identificativi (se trattasi di soggetti impersonali o di enti specificamente determinati), ovvero con i criteri di individuazione (se trattasi di soggetti solo determinabili, riguardando
una categoria di persone).
Va, peraltro, chiarito, che l’art. 2645-ter c.c., pur prevedendo espressamente la trascrivibilità nei pubblici registri
immobiliari del vincolo in parola, non fornisce alcuna indicazione in ordine alle modalità da seguire per garantire
un’adeguata pubblicità anche alle vicende modificativeestintive del vincolo medesimo.
A tale riguardo, peraltro, va evidenziato che il decorso
del periodo vincolativo – con riferimento ad entrambe le
ipotesi normativamente disciplinate (decorso del periodo di
tempo determinato dal “conferente”, non superiore a
novanta anni, o durata della vita della persona fisica beneficiaria) - comporta ex se la cessazione degli effetti giuridici
del vincolo.
Ciononostante, al fine di realizzare una esaustiva
informazione della vicenda estintiva dei vincoli in esame sui registri immobiliari, appare opportuno ipotizzare
l’eseguibilità di una formalità di annotazione a margine
della trascrizione dell’atto di destinazione costitutivo
del vincolo medesimo, da qualificare come annotazione
di “inefficacia”.
La predetta annotazione, che determina l’inefficacia della formalità principale (nel caso di specie trascrizione dell’atto di destinazione), sembra infatti preferibile rispetto
alla formalità di annotazione di cancellazione che comporterebbe, invece, l’estinzione giuridica della formalità principale. Da ciò consegue che nei certificati ipotecari dovrà
essere ricompresa non soltanto la formalità di annotazione
di inefficacia, ma anche la formalità principale (trascrizione
dell’atto di destinazione); e tale circostanza, considerata la
peculiarità dei vincoli in questione, assume senza dubbio
positivo rilievo, consentendo, sul piano pratico, la possibilità di garantire la conoscibilità permanente delle fasi evolutive del periodo vincolativo.
In considerazione della delicatezza della materia, nonché della sua portata innovativa e rilevanza generale si è
ritenuto opportuno acquisire sull’argomento l’autorevole
parere del Ministero della Giustizia che, con nota DAG
Prot. n. 79177 del 24/7/2006, nel concordare con le indicazioni fornite con la presente Circolare - sia sotto il profilo
generale che più strettamente operativo - ha ravvisato la
necessità di apportare alcune integrazioni e modifiche,
peraltro totalmente recepite dal presente testo.
Le Direzioni Regionali sono invitate a vigilare sul puntuale adempimento e sulla corretta applicazione della presente Circolare.
Il Direttore dell’Agenzia
Mario Picardi
87
Catasto e topografia
n. 5-6/ 2006
TIRBUTI SPECIALI CATASTALI
Disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria - D.L. 3.10.2006, n. 262
Disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria.
Omissis
Art. 7.
Disposizioni varie a favore dello sviluppo, dell’efficienza energetica, nonché della sostenibilità ambientale
Omissis
21. Il titolo III della tabella A allegata al decreto-legge 31
luglio 1954, n. 533, convertito, con modificazioni, dalla legge
26 settembre 1954, n. 869, come da ultimo sostituito dall’allegato 2-quinquies alla legge 30 dicembre 2004, n. 311, è sostituito da quello di cui alla tabella allegata al presente decreto.
Omissis
Allegato
(previsto dall’art. 7, c. 21)
N.
1
1.1
1.1.1
1.2
1.2.1
2
2.1
2.2
2.3
2.3.1
3
3.1
3.1.1
TRIBUTI SPECIALI CATASTALI
OGGETTO
Tariffa in Euro
Certificati, copie ed estratti delle risultanze
degli atti e degli elaborati catastali
conservati presso gli uffici:
per ogni certificato, copia o estratto.
16,00
Per i certificati richiesti dai privati per comprovare
la situazione generale reddituale e patrimoniale ai
fini della legislazione sul lavoro, di quella
previdenziale e di quella sulla pubblica istruzione, è
dovuto il diritto fisso di euro 4
Oltre all'importo dovuto ai sensi del precedente
4,00
Il tributo non si applica ai primi quattro elementi ed
alle fattispecie diverse da quelle elencate.
punto 1.1, per ogni quattro elementi unitari
richiesti, o frazioni di quattro, presenti nei
rispettivi elaborati:
- particella, per gli estratti e le copie autentiche
dalle mappe e dagli abbozzi;
- foglio di mappa, per la copia dei quadri di
unione;
- vertice o caposaldo, per le copie di
monografia;
- punto, per il quale si determinano
le coordinate;
- unità immobiliare, per gli estratti storici e
per soggetto;
- unità immobiliare urbana per il rilascio di copia
di planimetrie ed elaborati planimetrici.
Per ogni estratto di mappa rilasciato in formato digitale 16,00
L'estratto è utilizzabile esclusivamente per la
redazione di tipi di aggiornamento geometrico.
Oltre all'importo dovuto ai sensi del precedente
4,00
II tributo non si applica alle prime quattro particelle
punto 1.2, per ogni quattro particelle richieste, o
frazioni di quattro.
Definizione ed introduzione delle volture,
delle dichiarazioni di nuova costruzione e di
variazione,dei tipi mappali, particellari e di
frazionamento, ai fini dell'aggiornamento
delle iscrizioni nei catasti e all'anagrafe
tributaria:
per ogni domanda di voltura;
per ogni unità di nuova costruzione ovvero
derivata da dichiarazione di variazione;
per ogni tipo, fino ad un massimo di 10 particelle
edificate o derivate;
per ogni particella eccedente.
Attestazione di conformità degli estratti di
mappa per tipi di aggiornamento
geometrico:
per ogni estratto di mappa.
Oltre all'importo dovuto ai sensi del precedente
55,00
Nei territori ove vige il sistema del libro fondiario, il
tributo è dovuto per ogni comune cui si riferiscono
le particelle rurali, menzionate nel decreto tavolare.
50,00
65,00
3,00
10,00
4,00
II tributo non si applica alle prime quattro particelle,
punto 3.1, per ogni quattro particelle richieste, o
frazioni di quattro.
L’esenzione dal pagamento dei tributi speciali di cui alla presente tabella viene applicata nei soli casi in cui essa è prevista da
specifiche disposizioni di legge.
L’unita immobiliare è da intendersi, sia la particella dei terreni, sia l'unità immobiliare urbana.
88
Catasto e topografia
n. 5-6/2006
COSTO DEI SERVIZI DELL’AGENZIADELTERRITORIO
listino n. 3 del 4.10.2006
Servizio
Tributo
Diritto
Unita' di misura
773T
DF
CAMPIONE CERTO
1
0,00
0,00
741T
DF
CAMPIONE CERTO
1
0,00
0,00
897T
DF
CAMPIONE CERTO
1
0,00
0,00
674T
DF
CAMPIONE CERTO
1
0,00
0,00
886T
DF
CAMPIONE CERTO
1
0,00
0,00
806T
DF
CAMPIONE CERTO
1
0,00
0,00
812T
DF
CAMPIONE CERTO
1
0,00
0,00
456T
U
PAGINE BOLLO
4
0,00
0,00
DEP01 - DEPOSITO INTERNO UTENTI ESTERNI
886T
DF
DEPOSITO INTERNO
1
0,00
0,00
ONERI - ONERI ERARIALI COMMA 336
806T
DF
Tabella A
1
0,00
0,00
806T
DF
Tabella B
1
0,00
0,00
RB01A - CONSULTAZIONE DA BASE INFORMATIVA
886T
DR
UNITA" IMMOBILIARI
1
0,00
0,00
RB01B - CONSULTAZIONE CARTACEA
886T
DR
GIORNATA
1
0,00
0,00
RB03A - RIPRODUZIONE DI MAPPA DA BASE INFORMATIVA
886T
DR
COPIA
1
0,00
0,00
RB03B - RIPRODUZIONE DI MAPPA CARTACEA
886T
DR
COPIA
1
0,00
0,00
RB04A - CONSULTAZIONE REGIONE T.A.A.
886T
DR
VISURE
1
0,00
0,00
RB05A - PUNTI FIDUCIALI
886T
DR
COPIA
1
0,00
0,00
RB06A - CONSULTAZIONE DA BASE INFORMATIVA PER SOGGETTO
886T
DR
UNITA" IMMOBILIARI
5
0,00
0,00
RB07A - CONSULTAZIONE DA BASE INFORMATIVA ELECHI
886T
DR
UNITA" IMMOBILIARI
10
0,00
0,00
RB08A - CONSULTAZIONE DA B.I. SOGGETTO NAZIONALE
886T
DR
GIORNATA
1
0,00
0,00
RB10A - VISURA PLANIMETRICA
886T
DR
UNITA" IMMOBILIARI
1
0,00
0,00
RC01A - CERTIFICATO DA BASE INFORMATIVA
886T
DF
COPIE
1
16,00
16,00
886T
DP
UNITA" IMMOBILIARI
4
4,00
0,00
456T
U
BOLLO
4
28,00
28,00
886T
DF
COPIE
1
16,00
16,00
886T
DP
UNITA" IMMOBILIARI
4
4,00
0,00
456T
U
PAGINE BOLLO
4
14,62
14,62
886T
DF
COPIE
1
16,00
16,00
886T
DP
SOGGETTO
4
4,00
0,00
456T
U
BOLLO
4
28,00
28,00
886T
DF
COPIE
1
16,00
16,00
886T
DP
UNITA" IMMOBILIARI
4
4,00
0,00
456T
U
BOLLO
4
28,00
28,00
886T
DF
COPIE
1
16,00
16,00
886T
DP
UNITA" IMMOBILIARI
4
4,00
0,00
456T
U
PAGINE BOLLO
4
14,62
14,62
886T
DF
COPIE
1
16,00
16,00
886T
DP
VERTICI
4
4,00
0,00
456T
U
PAGINE BOLLO
4
14,62
14,62
886T
DF
COPIE
1
16,00
16,00
886T
DP
PUNTI
4
4,00
0,00
456T
U
BOLLO
4
28,00
28,00
886T
DF
COPIE
1
16,00
16,00
886T
DP
PUNTI
4
4,00
0,00
456T
U
PAGINE BOLLO
4
14,62
14,62
886T
DF
COPIE
1
16,00
16,00
886T
DP
VERTICI
4
4,00
0,00
456T
U
BOLLO
4
28,00
28,00
886T
DF
COPIE
1
16,00
16,00
886T
DP
VERTICI
4
4,00
0,00
456T
U
PAGINE BOLLO
4
14,62
14,62
886T
DF
COPIE
1
16,00
16,00
886T
DP
UNITA" IMMOBILIARI
4
4,00
0,00
456T
U
BOLLO
4
28,00
28,00
886T
DF
COPIE
1
16,00
16,00
886T
D8
UNITA" IMMOBILIARI
4
4,00
0,00
456T
U
PAGINE BOLLO
4
14,62
14,62
ACCER - SOMME ACCERTATE
RC01B - CERTIFICATO CARTACEO
RC02A - CERTIFICATO DA BASE INFORMATIVA PER SOGGETTO
RC06A - CERTIFICATO STORICO DA BASE INFORMATIVA
RC06B - CERTIFICATO STORICO CARTACEO
RC07B - DETERM.COORD. GRAFICHE PUNTI DA MAPPA ORIGINALE
RC08A - DETERMINAZIONE DI COORDINATE DA MAPPA NUMERIZZATA
RC08B - DETERMINAZIONE COORD.CARTACEE DA COPIONE DI VISURA
RC09A - COPIA DA BASE INFORMATIVA DI MONOGRAFIE
RC09B - COPIA DA BASE CARTACEA DI MONOGRAFIE
RC10A - COPIA DA B.I. DI PLANIMETRIE DI UIU E DI ELABORATI
RC10B - COPIA CARTACEA DI PLAN. DI UIU E DI ELAB. PLAN.
Q.ta'
Tariffa
minima
per misura
Valore
minimo
89
Catasto e topografia
Servizio
Tributo
Diritto
886T
DF
COPIE
1
16,00
16,00
886T
DP
PARTICELLE
4
4,00
0,00
886T
DR
COPIA
1
0,00
0,00
456T
U
BOLLO
4
28,00
28,00
886T
DF
COPIE
1
16,00
16,00
886T
DP
PARTICELLE
4
4,00
0,00
456T
U
PAGINE BOLLO
4
14,62
14,62
886T
DF
COPIE
1
16,00
16,00
886T
DP
PARTICELLE
4
4,00
0,00
456T
U
PAGINE BOLLO
4
14,62
14,62
886T
DF
COPIE
1
10,00
10,00
886T
DP
PARTICELLE
4
4,00
0,00
456T
U
BOLLO
4
28,00
28,00
886T
DF
COPIE
1
16,00
16,00
886T
DP
PARTICELLE
4
4,00
0,00
886T
DR
COPIA
1
0,00
0,00
456T
U
BOLLO
4
28,00
28,00
886T
DF
COPIE
1
16,00
16,00
456T
U
PAGINE BOLLO
4
14,62
14,62
886T
DF
TIPO
1
65,00
65,00
886T
DP
PARTICELLE -10
10
3,00
0,00
456T
U
PAGINE BOLLO
4
0,00
0,00
RC18 - DICHIARAZIONE DI NUOVA COSTRUZIONE E DI VARIAZIONE
886T
DF
UNITA" IMMOBILIARI
1
50,00
50,00
RC19 - DOMANDE DI VOLTURA
886T
DF
VOLTURA
1
55,00
55,00
456T
U
PAGINE BOLLO
4
14,62
14,62
886T
DF
Cons. per unita imm.
1
0,00
0,00
886T
DF
Cons. per soggetto
1
0,00
0,00
886T
DF
Cons. soggetto naz.
1
0,00
0,00
886T
DF
Altro
1
0,00
0,00
886T
DF
Cons. della mappa
1
0,00
0,00
886T
DF
Elenco Immobili
1
0,00
0,00
778T
DF
Altro
1
0,00
0,00
778T
DF
Ispez. cartacea
1
3,00
3,00
778T
DF
Elenco sintetico
1
3,00
3,00
778T
DF
Note
1
4,00
4,00
778T
DF
Elenco soggetti
1
4,00
4,00
778T
DF
Ispez. nomin. naz.
1
20,00
20,00
RC12A - ESTRATTO DI MAPPA AUTOMATICO
RC12B - ESTRATTO DI MAPPA CARTACEO
RC12C - ESTRATTO MAPPA CARTACEO PER TIPO FRAZ-MAPP-PART
RC12D - ATTESTAZIONE DI ESTRATTO DI MAPPA PER TF TM
RC12E - ESTRATTO DI MAPPA PER TF TM CON WEGIS
RC13B - COPIA DI TIPO M,F,P CARTACEO
RC16 - APPROVAZIONE TIPI MAPPALI, DI FRAZ. O PARTICELLARE
REN01 - RENDICONTO RIULIZZAZIONE DATI CATASTALI
REN02 - RENDICONTO RIULIZZAZIONE DATI IPOTECARI
90
n. 5-6/ 2006
Unita' di misura
Q.ta'
Tariffa
minima
per misura
Valore
minimo
778T
DF
Ispez. base infor.
1
6,00
6,00
RFF01 - FILE IMMAGINE RASTER DELLA MAPPA PER PRIVATI
806T
DF
FILE
1
20,00
20,00
RFF02 - FILE DELLO STRATO VETTORIALE DELLA MAPPA-PRIVATI
806T
DF
FILE
1
10,00
10,00
RFF03 - FILE IMMAGINE RASTER DELLA MAPPA PER P.A.
806T
DF
FILE
1
10,00
10,00
RFF04 - FILE DELLO STRATO VETTORIALE DELLA MAPPA PER P.A.
806T
DF
FILE
1
5,00
5,00
RFF05 - FILE DELLO STRATO VETTORIALE AGGIORNAMENTI-PRIVATI
806T
DF
FILE
1
10,00
10,00
RFF06 - FILE DELLO STRATO VETTORIALE AGGIORNAMENTI-P.A.
806T
DF
FILE
1
5,00
5,00
RFF07 - FILE NUMERICO DELLA MAPPA PER PRIVATI
806T
DF
FILE
1
40,00
40,00
RFF08 - FILE NUMERICO DELLA MAPPA PER P.A.
806T
DF
FILE
1
20,00
20,00
RFF09 - FILE NUMERICO DEGLI AGGIORNAMENTI PER PRIVATI
806T
DF
FILE
1
10,00
10,00
RFF10 - FILE NUMERICO DEGLI AGGIORNAMENTI PER P.A.
806T
DF
FILE
1
5,00
5,00
RFF11 - FILE-FORNITURE ESENTI(COLLABORAZIONI,PER LEGGE,ETC
806T
DF
FILE
1
0,00
0,00
RF01 - FOGLIO DI MAPPA CARTA LEGGERA GRANDE PER PRIVATI
812T
U
FOGLIO
1
25,82
25,82
RF02 - FOGLIO DI MAPPA CARTA LEGGERA GRANDE PER ENTI
812T
U
FOGLIO
1
15,49
15,49
RF03 - FOGLIO DI MAPPA CARTA LEGGERA PICCOLA PER PRIVATI
812T
U
FOGLIO
1
20,66
20,66
RF03A - MAPPA CARTA LEGG.PICC.PRIV. EX CATASTO AUSTRIACO
812T
U
FOGLIO
1
12,91
12,91
RF04 - FOGLIO DI MAPPA CARTA LEGGERA PICCOLA PER ENTI
812T
U
FOGLIO
1
10,33
10,33
RF04A - MAPPA CARTA LEGG.PICC.ENTI EX CATASTO AUSTRIACO
812T
U
FOGLIO
1
7,75
7,75
RF05 - FOGLIO DI MAPPA CARTA PESANTE GRANDE PER PRIVATI
812T
U
FOGLIO
1
33,57
33,57
RF06 - FOGLIO DI MAPPA CARTA PESANTE GRANDE PER ENTI
812T
U
FOGLIO
1
18,08
18,08
Catasto e topografia
n. 5-6/2006
Servizio
Tributo
Diritto
Unita' di misura
Q.ta'
minima
per misura
RF07 - FOGLIO DI MAPPA CARTA PESANTE PICCOLA PER PRIVATI
812T
U
FOGLIO
1
25,82
25,82
RF07A - MAPPA CARTA PES.PICC.PRIV. EX CATASTO AUSTRIACO
812T
U
FOGLIO
1
16,78
16,78
RF08 - FOGLIO DI MAPPA CARTA PESANTE PICCOLA PER ENTI
812T
U
FOGLIO
1
12,91
12,91
RF08A - MAPPA CARTA PES.PICC.ENTI EX CATASTO AUSTRIACO
812T
U
FOGLIO
1
9,04
9,04
RIU01 - RIUTILIZZAZIONE COMMERCIALE DATI CATASTALI
886T
DF
TRIBUTI
1
0,00
0,00
RIU02 - RIUTILIZZAZIONE COMMERCIALE DATI IPOTECARI
778T
DF
TASSA
1
0,00
0,00
RS01 - FOGLI MAPPA SU SUPPORTO INFORMATIZZATO PER PRIV
806T
DF
FOGLIO
1
25,82
25,82
806T
DP
PARTICELLA
1
0,15
0,15
806T
DF
FOGLIO
1
25,82
25,82
RS02 - FOGLI DI MAPPA SU SUPPORTO INFORMATIZZATO PER ENTI
Tariffa
Valore
minimo
806T
DP
PARTICELLA
1
0,08
0,08
RS03 - RIMBORSO SPESE PER RILASCIO COPIA ATTI SOGG.ESENTI
806T
U
PAGINE A4
1
0,52
0,52
RS04 - ESTRAZIONE DATI PER ENTI ESTERNI
806T
DP
RECORD
250
1,30
1,30
RS05 - ESTRAZIONE PLANIMETRIE RASTER PER ENTI ESTERNI
806T
DP
PLANIMETRIA
10
1,30
1,30
RS10 - FOGLI DI MAPPA SU SUPPORTO PER COLLABORATORI
806T
DF
FOGLIO
1
25,82
25,82
SA01A - OMESSA,TARDIVA,ERRATA PRES. VOLTURE FINO 3 M
741T
DF
VOLTURA
1
1,88
1,88
SA01B - OMESSA,TARDIVA,ERRATA PRES.VOLTURE FINO A 1A
741T
DF
VOLTURA
1
3,00
3,00
SA01C - OMESSA,TARDIVA,ERR. PRES. VOLTURE art. 16 L.472;97
741T
DF
VOLTURA
1
15,00
15,00
SA02A - OMESSA O TARDIVA DICH.DI N.C. O DEN VAR. ANTE 01-01-2005
741T
DF
UNITA" IMMOBILIARI
1
10,00
10,00
SA02B - OMESSA O TARDIVA DICH.DI N.C. O DEN VAR. POST 01-01-2005
741T
DF
UNITA" IMMOBILIARI
1
258,00
258,00
SA03 - OMES,TARD. DICH. DI N.C.O DEN VAR. ENTRO 16-3-85
741T
DF
UNITA" IMMOBILIARI
1
25,00
25,00
SA04A - OMES.DICH.FABBR. CHE HANNO PERSO REQUISITO DI ESENZ.
ANTE 01/01/2005
741T
DF
UNITA" IMMOBILIARI
1
10,00
10,00
741T
DF
UNITA" IMMOBILIARI
1
258,00
258,00
10,00
SA04B - OMES.DICH.FABBR. CHE HANNO PERSO REQUISITO DI ESENZ.
POST 01/01/2005
SA05 - OMESSA PRESENTAZIONE;ERRATA REDAZIONE PLANIMETRIE
741T
DF
UNITA" IMMOBILIARI
1
10,00
SA06 - OMESSA PRES.NE;ERRATA REDAZIONE TIPO MAPPALE
741T
DF
TIPO MAPPALE
1
4,00
4,00
SA07 - OMESSA PRES.NE/ERRATA REDAZ.NE TIPO FRAZIONAMENTO
741T
DF
TIPO FRAZIONAMENTO
1
15,00
15,00
SA08 - OMESSA DICH.NE AUMENTO REDD. DOM. ED AGRARIO
741T
DF
PARTICELLA
1
258,00
258,00
SA09 - INTERESSI DI MORA
806T
DF
INTERESSI
1
0,00
0,00
SB01 - ISTANZE SOGGETTE ALL"IMPOSTA DI BOLLO
456T
U
PAGINE BOLLO
4
14,62
14,62
SD01 - CASSA DECENTRATA
886T
DF
SERVIZI DECENTRATI
1
0,00
0,00
456T
U
SERVIZI DECENTRATI
1
0,00
0,00
SI01 - INTERESSI MATURATI SU C/C POSTALI
806T
DF
INTERESSI
1
0,00
0,00
SL01 - SANATORIA L.289;02 - ART.15
778T
DF
TASSA
1
0,00
0,00
456T
DF
BOLLO
4
0,00
0,00
886T
DF
TRIBUTI
1
0,00
0,00
674T
DF
SANZIONE
1
0,00
0,00
741T
DF
SANZIONE
1
0,00
0,00
778T
DF
TASSA
1
0,00
0,00
456T
DF
BOLLO
4
0,00
0,00
886T
DF
TRIBUTI
1
0,00
0,00
741T
DF
SANZIONE
1
0,00
0,00
674T
DF
SANZIONE
1
0,00
0,00
SN01 - SPESE DI NOTIFICA PER RACCOMANDATA A;R
806T
U
NOTIFICA
1
3,10
3,10
SN02 - SPESE NOTIFICA NELLA FORMA DEGLI ATTI GIUDIZIARI
806T
U
NOTIFICA
1
5,16
5,16
SV01 - RECUPERO SPESE VOLTURE DI UFFICIO
773T
U
VOLTURA
1
0,00
0,00
TEL01 - CANONE TELEMATICO PER ENTI
806T
DF
CANONE TRIMESTRALE
1
295,75
295,75
TEL02 - CANONE TELEMATICO PER PRIVATI
806T
DF
CANONE TRIMESTRALE
1
591,50
591,50
TEL03 - VISURE TELEMATICHE
886T
DP
VISURE TELEMATICHE
1
0,00
0,00
TEL04 - INTERESSI DI MORA PER RITARDATO PAGAMENTO CANONE
806T
DF
CANONE TRIMESTRALE
1
0,00
0,00
TS01 - CONSULENZA TECNICA INERENTE TRIBUTI A ENTI LOCALI
886T
DF
CONSULENZA
1
5,16
5,16
TS02 - VARIAZIONI CIRCOSCRIZIONALI DEI COMUNI
886T
DP
PARTICELLA
1
0,00
0,00
VM05 - VENDITE MODELLI 51
897T
U
FOGLIO
1
0,50
0,50
VS01 - VERIFICHE STRAORDINARIE
828T
DF
CONSULENZA
1
0,00
0,00
ZZ01 - RETTIFICA DI IMPUTAZIONE
778T
DF
SERVIZI RETTIFICATI
1
0,00
0,00
886T
DF
SERVIZI RETTIFICATI
1
0,00
0,00
741T
DF
SERVIZI RETTIFICATI
1
0,00
0,00
674T
DF
SERVIZI RETTIFICATI
1
0,00
0,00
897T
DF
SERVIZI RETTIFICATI
1
0,00
0,00
806T
DF
SERVIZI RETTIFICATI
1
0,00
0,00
812T
DF
SERVIZI RETTIFICATI
1
0,00
0,00
773T
DF
SERVIZI RETTIFICATI
1
0,00
0,00
456T
U
SERVIZI RETTIFICATI
1
0,00
0,00
SL06 - SANATORIA L.289;02 - ART.16
91
Catasto e topografia
n. 5-6/ 2006
GRATIS LE VISURE CATASTALI
In Gazzetta Ufficiale un provvedimento dell’Agenzia del territorio sul decreto legge 262 del 2006
Regole in vigore dal 3 ottobre. Planimetrie, accessi riservati
di Sandro Zuliani
I
n vigore da ieri le prime disposizioni sulle modalità di esecuzione delle visure catastali, che dal 3 ottobre sono rilasciate
gratuitamente. Sono state emanate dall’Agenzia del territorio
con un provvedimento del 12/10/06, pubblicato nella G.U. n. 243
di ieri. Un provvedimento che dà attuazione, a tempo di record,
alla recentissima disposizione dell’art. 7, comma 22, del dl
262/06, che ha appunto demandato al direttore dell’Agenzia di
stabilire le modalità di esecuzione delle ispezioni catastali.
Vediamo i contenuti principali del provvedimento, che interessa
tutti i cittadini che, a vario titolo, intendono prendere visione
degli atti e degli elaborati relativi al catasto terreni e fabbricati,
cominciando dalle definizioni fornite dall’articolo 1. Sono:
- atti catastali: l’insieme degli atti costituenti il nuovo catasto
terreni e il nuovo catasto edilizio urbano;
- elaborati catastali: le planimetrie delle unità immobiliari urbane, gli elaborati planimetrici degli immobili e i documenti tecnici di ausilio alla predisposizione degli atti di aggiornamento
geometrico;
- visure: le consultazioni dei predetti documenti.
Ai sensi dell’art. 2 le visure rilasciate dall’Agenzia costituiscono l’informazione primaria e originale delle risultanze dei
documenti catastali; le stampe, però, non contengono attestazione di conformità e non costituiscono certificazione.
La consultazione riguarda gli atti e gli elaborati catastali presenti nel sistema informativo o esistenti su supporto cartaceo. In
genere, a chiunque è permessa la visura degli atti e degli elaborati, salvo che per le planimetrie delle unità immobiliari urbane, alle
quali hanno accesso solo il proprietario, il possessore, il titolare di
diritti reali di godimento e chi ha legittimo interesse o possa dimostrare di agire per conto dei predetti soggetti. La visura dei
documenti presenti nel sistema informativo è eseguita con modalità informatiche e può essere rilasciata, a richiesta, una sola stampa; per i documenti cartacei, invece, l’ispezione è consentita a
vista, con «facoltà di estrarne brevi note e appunti». Il sistema
informativo rilascia le seguenti visure: per soggetto, attuale per
immobile, storica per immobile, elenco immobili, porzione della
mappa, planimetrie delle unità immobiliari urbane ed elaborati
planimetrici, libretti delle misure degli atti di aggiornamento,
monografie dei punti fiduciali, elenchi delle coordinate dei punti
fiduciali. Gli atti consultabili a vista sono, invece, gli atti catastali
su supporto cartaceo, quelli di aggiornamento geometrico, le monografie dei punti trigonometrici catastali, i relativi elaborati catastali. Al servizio di visura si accede presentando apposita richiesta
su modello conforme all’allegato al provvedimento, firmata dal
richiedente e recante l’indicazione dei relativi dati, compreso il
codice fiscale. L’erogazione del servizio avviene in base alle
risorse disponibili e potranno essere stabilite limitazioni per tipologia di richiesta e di consultazione. Con successivi provvedimenti, infine, saranno emanate disposizioni per disciplinare le modalità di esecuzione delle visure catastali effettuate per via telematica o presso gli sportelli catastali decentrati. Infine, la notizia positiva, evidenziata dall’Agenzia con un comunicato stampa, è che la
nuova tabella dei tributi speciali catastali, come sostituita dall’allegato al dl 262, non contempla più il rilascio delle visure, per cui
dal 3 ottobre scorso il servizio è gratuito.
«ItaliaOggi»
MODALITÀ DI ESECUZIONE DELLE VISURE CATASTALI
Agenzia del Territorio - Provvedimento 12 ottobre 2006
Il Direttore dell’Agenzia
Visto il testo unico delle leggi sul nuovo catasto, approvato con regio decreto 8 ottobre 1931, n. 1572, e successive
modificazioni;
Visto il regolamento per la conservazione del nuovo
catasto dei terreni, approvato con regio decreto 8 dicembre
1938, n. 2153;
Visto il regio decreto legge 13 aprile 1939, n. 652, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 1939, n.
1249, concernente l’accertamento generale dei fabbricati
urbani, rivalutazione del relativo reddito e formazione del
nuovo catasto edilizio urbano;
Visto il decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 650, concernente perfezionamento e revisione
92
del sistema catastale;
Visto il provvedimento del Direttore dell’Agenzia del
Territorio 28 febbraio 2002, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 65 del 18 marzo 2002, concernente il regolamento
di attuazione degli articoli 2 e 4 della legge 7 agosto 1990,
n. 241, come modificato dalla determinazione del Direttore
dell’Agenzia del Territorio 27 settembre 2004;
Visto il decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, concernente il codice in materia di protezione dei dati personali;
Visto il decreto legge 3 ottobre 2006, n. 262, concernente disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria, ed
in particolare, l’articolo 7, commi 21 e 22;
Considerata la necessità di emanare, ai sensi dell’articolo 7, comma 22, del decreto legge 3 ottobre 2006, n. 262, le
n. 5-6/2006
prime disposizioni volte a disciplinare le modalità di esecuzione delle visure catastali;
Dispone:
Articolo 1
Definizioni
1. Ai fini del presente provvedimento si intende per:
a) Atti Catastali: l’insieme degli atti che, ai sensi della
normativa vigente, costituiscono il Nuovo Catasto Terreni e
il Nuovo Catasto Edilizio Urbano;
b) Elaborati Catastali: planimetrie delle unità immobiliari urbane, elaborati planimetrici degli immobili e documenti tecnici d’ausilio alla predisposizione degli atti di
aggiornamento geometrico;
c) Visure: le consultazioni degli atti e degli elaborati
catastali, con o senza rilascio di stampa.
Articolo 2
Disposizioni generali
1) Le visure rilasciate dall’Agenzia del Territorio costituiscono l’informazione primaria ed originale delle risultanze degli atti e degli elaborati catastali. Le stampe ottenute
non contengono attestazione di conformità e non costituiscono certificazione.
2) Sono consultabili gli atti e gli elaborati catastali presenti nel sistema informativo dell’Agenzia del Territorio o
su supporto cartaceo.
3) La visura degli atti e degli elaborati catastali di cui al
comma 2 è consentita a chiunque, salvo quanto previsto al
comma 4.
4) La visura delle planimetrie delle unità immobiliari
urbane è consentita, in conformità a quanto previsto dalle
disposizioni vigenti, soltanto a richiesta del proprietario,
del possessore, di chi ha diritti reali di godimento sull’unità
immobiliare ed in genere di chi ha legittimo interesse o
possa dimostrare di agire per conto di questi.
5) La visura degli atti e degli elaborati presenti nel sistema informativo è eseguita con modalità informatiche, con
rilascio di una sola stampa a richiesta.
6) La visura degli atti ed elaborati disponibili su supporto cartaceo e non presenti nel sistema informativo è consentita a vista, con facoltà di estrarne brevi note ed appunti.
7) L’utilizzo delle informazioni acquisite è consentito
esclusivamente nel rispetto della normativa vigente.
Articolo 3
Servizi di visura
1. Sono rilasciabili da sistema informativo le visure:
per soggetto;
attuale per immobile;
storica per immobile;
elenco immobili;
porzione della mappa;
planimetrie delle unità immobiliari urbane ed elaborati
planimetrici degli immobili;
Catasto e topografia
libretti delle misure degli atti di aggiornamento geometrico;
monografie dei punti fiduciali;
elenchi delle coordinate dei punti fiduciali.
2. Sono consultabili a vista:
gli atti catastali su supporto cartaceo;
gli atti di aggiornamento geometrico;
le monografie dei punti trigonometrici catastali;
gli elaborati catastali di cui al comma 1, qualora esclusivamente su supporto cartaceo.
Articolo 4
Richiesta del servizio
1) Per accedere al servizio di visura presso gli Uffici
provinciali dell’Agenzia del Territorio l’utente deve presentare apposita richiesta su modello conforme all’allegato
schema.
2) La richiesta, firmata per esteso, deve contenente l’indicazione delle generalità del richiedente ed il relativo
codice fiscale.
Articolo 5
Modalità di erogazione del servizio
1) L’erogazione dei servizi di visura avviene in ragione
delle risorse disponibili, dei soggetti richiedenti, del numero delle richieste e della loro tipologia.
2) Con successive disposizioni dell’Agenzia del Territorio potranno essere stabiliti i limiti per le visure effettuabili
a fronte di ciascuna richiesta e per ciascuna tipologia di
consultazione, allo scopo di assicurare il buon andamento
del servizio.
3) In fase di prima applicazione e nel rispetto dei principi di cui al presente provvedimento, i Direttori degli Uffici
provinciali dell’Agenzia del Territorio, tenuto conto della
sostenibilità delle richieste e dell’adeguatezza delle risorse
disponibili, adottano azioni e misure organizzative, anche
finalizzate a definire il numero massimo di visure per singolo turno dell’utente allo sportello, volte a garantire in
sede locale la migliore erogazione dei servizi. Le misure
adottate saranno portate a conoscenza dell’utenza con idonee forme di pubblicità.
Articolo 6
Disposizioni finali
1) Con successivi provvedimenti del Direttore dell’Agenzia del Territorio saranno emanate specifiche disposizioni relative alle modalità di esecuzione delle visure catastali
effettuate per via telematica ovvero presso gli sportelli
catastali decentrati.
2) Il presente provvedimento sarà pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana ed entra in vigore
il giorno della sua pubblicazione.
Il Direttore dell’Agenzia
Mario Picardi
>>
93
Catasto e topografia
n. 5-6/ 2006
Mod. visura
MODULARIO
T CATASTO
UFFICIO PROVINCIALE DI
DATA
………………………………………..
RICHIESTA DI VISURA CATASTALE
NUMERO
DATI RELATIVI AL RICHIEDENTE(*)
COGNOME
NOME
CODICE
FISCALE
RESIDENZA (INDIRIZZO E NUMERO CIVICO)
CAP
COMUNE
PR.
Visura da sistema informativo (con rilascio di stampa):
1 per soggetto
2 attuale per immobile
3 storica per immobile
4 elenco immobili
5 porzione della mappa
6 planimetria
7 elaborato planimetrico
8 libretto delle misure di atto di aggiornamento geometrico
9 monografia di punto fiduciale
10 elenco coordinate di punti fiduciali
Numero
Consultazione a vista:
11 atto catastale su supporto cartaceo
12 atto di aggiornamento geometrico
13 monografia di punto trigonometrico catastale
14 elaborato catastale nn. 6, 7 e 9, qualora
esclusivamente su supporto cartaceo
Numero
Tipo
Dati da fornire per la ricerca:
Per soggetto (generalità/denominazione ovvero codice fiscale):
Per immobile (identificativi, ovvero indirizzo):
IL RICHIEDENTE (*)
FIRMA (PER ESTESO E LEGGIBILE)
*) Si informa il Richiedente, ai sensi dell’art. 13 del D.Lgs. n. 196 del 30 giugno 2003, che i dati comunicati formano oggetto di trattamento da parte
dell’Agenzia del Territorio, nel rispetto della normativa citata. Il trattamento verrà effettuato per l’evasione della presente richiesta e per gli altri scopi
consentiti dalla legge, anche attraverso l’ausilio di strumenti elettronici, in modo da garantire la sicurezza e la riservatezza dei dati stessi. ll
Richiedente potrà esercitare in qualsiasi momento i diritti di cui all’articolo 7 del D. Lgs. 196/2003.
94
n. 5-6/2006
Catasto e topografia
MODIFICHE AI CONTENUTI
DELLE VISURE E CERTIFICAZIONI CATASTALI
Agenzia del Territorio - Nota prot. n. 76033 del 25.10.2006
S
i rende noto che, per fornire un’informazione più dettagliata dello stato della notifica afferente alla trattazione di un variazione catastale che comporti l’attribuzione o la modifica della rendita delle unità immobiliari
urbane o quella dei redditi delle particelle di terreno, sono
state introdotte le seguenti integrazioni ai documenti in
oggetto.
Nella visura per immobile nel campo “Notifica” sono
riportate le seguenti indicazioni:
·“in corso” nel caso in cui la notifica sia in fase di predisposizione;
·“variazione notificata il YY/YY/YYYY con prot XXXXXX
- vedi visura per soggetto”, nel caso in cui la notifica abbia
raggiunto almeno uno degli intestatari catastali; dove
XXXXXX è il numero di protocollo della notifica e
YY/YY/YYYY è la data di avvenuta notifica per l’intestatario catastale che ha ricevuto per primo la comunicazione.
Nella visura per soggetto, qualora nel campo “Dati Ulte-
riori” sia riportata la scritta “notifica, “nello spazio sottostante al riquadro contenente i dati delle unità immobiliari,
sono riportate con riferimento a ciascuna di esse, le informazioni seguenti:
· Immobile “n” Notifica: “in corso” nel caso in cui la
notifica sia in fase di predisposizione;
· Immobile “n” Notifica: “variazione notificata il
YY/YY/YYYY con prot XXXXXX – in atti dal ZZ/ZZ/ZZZZ”;
dove “n” è il progressivo dell’unità trattata (prima colonna del riquadro), YY/YY/YYYY è la data di avvenuta notifica per il soggetto del quale è eseguita la consultazione,
XXXXXX è il numero di protocollo della notifica e
ZZ/ZZ/ZZZZ la data in cui sono stati aggiornati gli atti catastali con i dati di notifica.
Le informazioni in esame saranno disponibili per le nuove attribuzioni o modifiche di rendite/redditi.
Il Direttore
Carlo Cannafoglia
PRESENTAZIONE E RITIRO PRATICHE CATASTALI
E CERTIFICATI IPOTECARI E CATASTALI.
Agenzia del Territorio - Nota prot. n. 72441 del 11.10.2006
P
ervengono a questa Direzione Centrale notizie che evidenziano un comportamento non omogeneo da parte
degli Uffici periferici, relativamente alla individuazione
del soggetto che provvede alla presentazione e al ritiro delle
pratiche catastali, ed in particolare nei casi in cui tale soggetto
agisce per conto dei tecnici che hanno redatto e sottoscritto
gli atti catastali stessi.
Al riguardo, fermo restando quanto già più volte indicato
in merito alla consultazione e rilascio di planimetrie delle
u.i.u., si riportano di seguito le modalità operative che gli
uffici devono seguire nella accettazione e nella consegna delle diverse tipologie di pratiche.
Dichiarazioni di Catasto edilizio urbano e Catasto terreni
In primo luogo, si rileva che le dichiarazioni prodotte tramite i programmi Docfa e Pregeo devono essere redatte e sottoscritte da tecnici professionisti, iscritti al competente albo, e
devono contenere anche la firma dei soggetti obbligati alla
presentazione, che la norma catastale individua in uno dei
soggetti che ha la titolarità di diritti reali sui beni denunciati,
per le dichiarazioni al Catasto edilizio urbano, e in tutti i soggetti per le dichiarazioni di Catasto terreni.
La presentazione ed il ritiro degli atti tecnici avviene,
come noto, a cura del professionista firmatario degli atti
medesimi anche in considerazione dei fatto che durante la
fase di accettazione potrebbero ravvisarsi delle carenze nella
redazione degli elaborati o essere richiesti chiarimenti, che,
generalmente, possono avvenire attraverso una interazione tra
il soggetto redattore e l’operatore dell’Ufficio addetto al l’accettazione. Per quanto attiene alla verifica della iscrizione
negli Albi professionali si richiamano le disposizioni già emanate e, da ultimo, la nota prot. 24610 dei 4/2/2002.
In ogni caso, può accadere che il tecnico professionista,
che redige l’atto di aggiornamento, non possa svolgere personalmente le operazioni di presentazione e ritiro presso l’Ufficio provinciale e si avvalga, a tale scopo, di un collaboratore
dello stesso studio tecnico o altro soggetto. In tali casi si forniscono le seguenti direttive.
1. Qualora la presentazione avvenga per il tramite di persona diversa dai professionista sottoscrittore dell’atto tecnico
ovvero da uno dei titolari dei diritti sull’immobile dovrà essere allegata delega dello stesso professionista, datata e contenente le generalità della persona delegata, unitamente alla
copia di un documento di identità dei delegante. L’Ufficio
provvederà all’identificazione dei delegato e a trattenere agli
atti tali documenti. L’identificazione dovrà avvenire anche
quando colui che presenta l’atto è uno dei titolari dei diritti
sull’immobile. In tal caso non occorre la delega dei tecnico
redattore.
2. Ai professionisti che si vogliano avvalere in maniera
continuativa di personale del proprio studio tecnico per la
presentazione delle pratiche è data facoltà di presentare
all’Ufficio una delega che consenta ad un soggetto delegato
tale possibilità. In questo caso la delega, datata e sottoscritta
95
Catasto e topografia
dovrà contenere le generalità del delegato e varrà fino ad
eventuale nuova comunicazione o al termine che verrà nella
stessa indicato. La delega redatta in doppia copia sarà consegnata all’Ufficio che ne rilascerà un esemplare datato, protocollato e sottoscritto dal responsabile dei servizio, mentre
l’altro verrà conservato agli atti d’ufficio. Una copia di tale
documento dovrà essere esibita ad ogni presentazione di atto.
Ovviamente anche in questo caso l’Ufficio provvederà al l’identificazione dei soggetto delegato, quando necessario.
3. Anche per il ritiro dei documenti valgono le stesse
disposizioni di cui ai punti 1 e 2 con l’avvertenza che deve
essere sempre esibito l’originale della ricevuta, inerente il servizio richiesto, rilasciata dall’Ufficio. Qualora quest’ultima
fosse stata smarrita, per il ritiro dell’atto deve presentarsi il
tecnico che lo ha redatto e sottoscritto e deve fare una dichiarazione che attesti tale circostanza.
Dichiarazioni di variazioni colturali
Si ricorda che le dichiarazioni di variazioni colturali devono essere sottoscritte da uno del soggetti obbligati alla presentazione della medesima dichiarazione o dagli stessi incaricati
nelle forme di legge. Qualora la presentazione avvenga attraverso un soggetto diverso dal firmatario della denuncia, alla
documentazione deve essere allegata la delega per la consegna della dichiarazione, datata e contenente le generalità dei
delegato nonché fotocopia dei documento dei delegante.
L’Ufficio provvederà all’identificazione dei soggetto che presenta la dichiarazione e a trattenere agli atti tali documenti (in
caso di delega).
Istanze
Qualora la presentazione dell’istanza, riguardante materia
n. 5-6/ 2006
catastale (rettifica per errata acquisizione di atti, per classamento, per revisione della rendita catastale, etc.), avvenga per
il tramite di persona diversa da uno dei titolari dei diritti sull’immobile dovrà essere allegata delega dei soggetto richiedente, datata e contenente le generalità della persona delegata,
unitamente alla copia di un documento di identità dei delegante. L’Ufficio provvederà al l’identificazione dei delegato e
a trattenere agli atti tali documenti.
Certificati catastali e ipotecari
Per la certificazione rilasciata “in differita” l’operatore
dell’Ufficio deve attenersi a quanto impartito dalla scrivente
con comunicazione dei 4 agosto 2006, prot. n. 57922. In tali
casi, qualora il ritiro sia dei certificati catastali che di quelli
ipotecari avvenga attraverso un soggetto diverso da quello
che li ha richiesti, deve essere esibito l’originale della ricevuta di presentazione, unitamente alla delega, datata e contenente le generalità dei delegato e alla copia dei documento di
identità dei soggetto delegante. Qualora la ricevuta fosse stata
smarrita, il ritiro potrà essere effettuato solo dal soggetto che
ha richiesto il servizio che dovrà fare anche una dichiarazione
che attesti tale circostanza.
Considerato l’impatto che le indicazioni sopra richiamate
comportano su tutta l’utenza, codesti uffici sono invitati a
dare ampia diffusione al contenuto della presente comunicazione, interessando le categorie professionali e predisponendo
apposita cartellonistica nelle sedi degli Uffici, per informazione a tutta l’utenza.
Le direzioni regionali avranno cura di verificare l’effettiva
applicazione delle presenti direttive e la loro diffusione.
Il Direttore
Carlo Cannafoglia
INDIRIZZI OPERATIVI SULLE VISURE CATASTALI
Agenzia del Territorio - Nota direttoriale prot. n. 72790 del 12.10.2006 ex D.L. 3.10.2006 n. 262
S
i fa seguito alla nota prot. n. 70310 del 3/10/2006, con
la quale sono stati forniti i primi indirizzi operativi in
merito alle disposizioni di cui al decreto legge n.
262/2006, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana n. 230 del 3/10/2006, che coinvolgono direttamente le competenze di questa Agenzia, per fornire ulteriori chiarimenti applicativi.
Innanzitutto, si rende noto che in data odierna è stato emanato il provvedimento direttoriale disciplinante le odalità di
esecuzione delle visure catastali - previsto dal comma 22 dell’art. 7 della norma in parola - che si allega in copia nelle
more della prevista pubblicazione su Gazzetta Ufficiale, attesa per i prossimi giorni.
Con tale provvedimento è stato chiarito quali atti catastali
possono essere oggetto di consultazione con rilascio di stampa, ovvero a vista.
E’ stato inoltre disposto che, in fase di prima applicazione,
i direttori degli Uffici provinciali sono tenuti ad adottare
96
quelle misure ritenute idonee a regolamentare l’accesso al
servizio, anche al fine di contenere le richieste, oltremodo
gravose, che costituirebbero un onere eccessivo per l’Ufficio,
nonché un ostacolo per la concreta fruibilità del servizio da
parte degli utenti ordinari.
E’ del tutto evidente, infatti, come la portata innovativa
della norma in oggetto, anche con riferimento agli impatti
organizzativi, necessiti della massima sensibilità e tempestività di intervento in relazione alla situazione concretamente
rilevabile in ambito locale.
Si riassumono di seguito le misure previste nel provvedimento, opportunamente integrate con ulteriori precisazioni e
modulistica introdotte con la presente nota:
a) è ammessa la stampa solo per le consultazioni da sistema informativo, per non più di una copia per singola visura
(cfr. art. 2, comma 5);
b) è ammessa la sola visione per gli atti cartacei (inclusi
microfilm) con possibilità di estrarne brevi note od appunti.
n. 5-6/2006
Da notare il concetto di brevità, teso ad evitare la permanenza
degli utenti nei locali dell’Ufficio per periodi di tempo eccessivamente prolungati; la durata massima complessiva della
consultazione deve essere fissata dai direttori degli Uffici con
riferimento alla situazione locale (cfr. art. 2, comma 6, ed art.
5, comma 3);
c) per accedere al servizio di visura occorre la previa compilazione del modello di richiesta allegato al provvedimento,
riportante le generalità, il codice fiscale e la residenza del
richiedente, che deve sottoscrivere per esteso ed in modo leggibile. Ulteriori dati da fornire sono la tipologia e la quantità
dei servizi richiesti, nonché le informazioni per effettuare la
ricerca (cfr. art. 4 e modello allegato). Non è prevista l’identificazione dell’utente che pertanto non è tenuto ad esibire
alcun documento di identità;
d) sulla base delle risorse disponibili e dell’afflusso di
utenti concretamente riscontrato, i direttori degli Uffici devono tarare il numero massimo di interrogazioni per singolo turno dell’utente allo sportello, ovvero la durata massima complessiva in minuti per consultazione richiesta a vista (cfr. art.
5, comma 3). A tal fine gli stessi Direttori degli Uffici potranno decidere, sulla base delle proprie contingenti valutazioni,
di utilizzare un prospetto del tipo allegato, riportante la
“Tabella relativa alle misure di regolamentazione del servizio
di visura”, da affiggere - debitamente compilato - agli sportelli e da portare a conoscenza degli Ordini professionali, favorendo le più idonee ed utili forme di costruttivo confronto
operativo. Resta inteso che raggiunto il massimale stabilito in
termini di numero di visure o di tempo il richiedente dovrà
concludere le operazioni ed eventualmente attendere un nuovo turno. I Direttori regionali verificheranno la corretta applicazione di quanto sopra disposto, anche con riferimento all’esigenza di rendere per quanto possibile uniformi ed omogenei
gli interventi adottati nell’ambito territoriale di competenza;
e) per quanto concerne la gestione operativa del servizio allo
sportello, si precisa che nel modulo di richiesta di visura catastale deve essere riportato - nel campo “Numero” in alto a destra - il
riferimento della ricevuta che viene rilasciata dalla procedura di
cassa a fronte delle visure effettuate, allo stato attuale a costo
zero. Tale ricevuta deve essere firmata dal richiedente e deve
essere spillata al modulo della richiesta. Il documento così ottenuto dovrà essere archiviato dall’Ufficio a dimostrazione di
quanto è stato chiesto e della relativa evasione.
La mancata compilazione della richiesta e/o sottoscrizione
della ricevuta di cassa costituiscono motivi per non erogare il
servizio;
f) è fatta salva la possibilità di adottare specifiche misure
organizzative, ove necessario, quali la predisposizione di
sportelli dedicati per gli utenti ordinari, richiedenti un numero
contenuto di visure, e per i grandi utenti, in genere professionisti o visuristi, che necessitano di tempi maggiori per la consultazione.
Come noto, la norma in oggetto ha sostituito la tabella di
cui al Titolo III della Tabella A allegata al decreto legge 31
luglio 1954, n. 533, convertito con modificazioni dalla legge
26 settembre 1954, n. 869, da ultimo modificata con la legge
30 dicembre 2004, n. 311. La nuova tabella, ha rivisto le tariffe per l’erogazione di taluni servizi, elevando i tributi speciali
previsti per il rilascio di alcuni servizi catastali ed eliminando
Catasto e topografia
quelli concernenti le visure catastali. In particolare:
· il tributo speciale di € 35,00 per la registrazione della
domanda di volture è stato elevato a € 55,00;
· il tributo speciale di € 35,00 per gli accatastamenti delle
nuove costruzioni o delle variazioni è stato elevato ad € 50,00;
· il tributo speciale di € 35,00, per l’approvazione dei tipi
di aggiornamento cartografico, è stato elevato a € 65,00.
In relazione ai necessari tempi tecnici operativi, è stato possibile adeguare la relativa tabella dei tributi presente nel sistema
informativo dell’Agenzia solo a decorrere dal 4/10/2006.
Premesso che sulla materia verrà emanata una specifica
circolare, a seguito della conversione in legge del richiamato
decreto, al fine di analizzare in forma organica e dettagliata i
vari aspetti disciplinati dallo stesso in tema di tributi catastali
e tasse ipotecarie, si è osservato che alcuni Uffici hanno già
provveduto alla iscrizione a campione certo delle differenze
tra la somma versata dai richiedenti i suddetti servizi e la
somma effettivamente dovuta, relativamente alla giornata del
3 ottobre u.s..
Si conferma che tale prassi è corretta.
Analogamente, in riferimento alle modifiche tariffarie apportate dall’art. 7 comma 19 del decreto legge sopraccitato, dovranno essere effettuati i dovuti recuperi per le tasse ipotecarie.
Ovviamente, nel caso in cui, nella giornata del 3 ottobre
u.s., a fronte di servizi di visura catastale, sia stato fatto pagare agli utenti il tributo previsto dalla previgente tabella, gli
stessi potranno presentare istanza di rimborso con le modalità
stabilite con le vigenti disposizioni.
Da ultimo, in relazione ad alcuni specifici quesiti pervenuti alla scrivente, con riferimento alla intervenuta riformulazione del numero d’ordine 7 della tabella delle tasse ipotecarie,
si evidenzia che questa Agenzia, nella citata nota n. 70310 del
3 ottobre u.s., ha inteso disporre che l’elenco dei soggetti presenti nelle formalità di un determinato giorno, in via transitoria - nelle more dell’attivazione del servizio telematico su
base convenzionale destinato ai soli soggetti autorizzati alla
riutilizzazione commerciale dei dati e fino alla definizione
delle relative procedure di autorizzazione - possa essere rilasciato su supporto cartaceo, a tutti coloro che ne facciano
richiesta.
Le Direzioni regionali espleteranno le consuete attività di
controllo e verifica sul corretto andamento delle operazioni di
front-office dei dipendenti Uffici e trasmetteranno alla scrivente Direzione, entro e non oltre il giorno 8 novembre p.v.,
apposite relazioni che evidenzino l'eventuale incremento dell'afflusso agli sportelli dei dipendenti uffici verificatosi nel
mese di ottobre rispetto al mese precedente. In tale relazione
dovranno essere inoltre riportate le quantificazioni delle
soglie massime, in termini di numero di interrogazioni per
singolo turno dell'utente allo sportello nonché di durata complessiva per consultazione a vista, adottate dai Direttori dei
dipendenti Uffici provinciali, al fine di valutare la possibilità
di emanare una disposizione unica a livello nazionale (cfr. art.
5, comma 2 del provvedimento allegato).
Si raccomanda il puntuale adempimento delle disposizioni
impartite.
Il Direttore dell’Agenzia
Mario Picardi
97
Catasto e topografia
n. 5-6/ 2006
LA SOLA STIMA UTE
NON GIUSTIFICA ACCERTAMENTI
La sentenza n. 138 del 29 giugno 2006
della sezione 29ª della Commissione Tributaria del Lazio
di Benito Fuoco
I
n tema di rettifica al valore attribuito a un fabbricato, la stima Ute da sola non basta a legittimare un accertamento da
parte dell’amministrazione finanziaria. Sono le motivazioni
che si ricavano dalla sentenza 138/29/06 depositata in segreteria dalla sezione XXIX della Ctr Lazio il 20 settembre
scorso. Il collegio regionale ha così rivalutato gli obblighi sanciti dalla legge per quanto riguarda la motivazione degli atti,
precisando le caratteristiche che deve contenere la stima Ute
per legittimare la rettifica del valore degli immobili ai fini dell’imposta di registro e della soppressa Invim.
La Commissione regionale, dopo aver rilevato come l’avviso di accertamento fosse carente dei requisiti minimi di motiva-
zione, ha definitivamente annullato l’accertamento erariale e
confermato la decisione dei primi giudici. «L’organo impositore», osservano i giudici regionali, «si è limitato a osservare di
aver considerato il valore venale dell’immobile senza indicare
quale criterio in concreto fosse stato prescelto per la valutazione, e senza indicare l’atto cui i valori accertati fanno riferimento». Il collegio capitolino dopo aver quindi rilevato
come la stima tecnica, pur eseguita con criterio sintetico-comparativo, non avesse tuttavia specificato quale atto fosse stato
preso a riferimento, ha concluso ritenendo l’accertamento carente di motivazione.
ACCATASTAMENTO FABBRICATI RURALI
La circ. n. 4/2006 dell’Ag. del Territorio interviene sulla regolamentazione degli uffici agricoli.
Le categorie per gli immobili strumentali e gli agriturismo
di Fabrizio G. Poggiani
N
ecessario l’accatastamento nella classe D/10 per gli
immobili strumentali alla produzione agricola e
all’agriturismo, mentre l’accatastamento deve essere
effettuato nelle classi D/7 o D/8 in presenza di attività di trasformazione industriale o di commercializzazione di prodotti agricoli. Con la circolare n. 4/2006 l’Agenzia del territorio
è intervenuta per ridefinire il quadro di riferimento, al di là
delle singole fattispecie degli immobili a destinazione speciale (commerciale e industriale) e sulla base di un’aggiornata rilettura dei principi e delle nozioni concernenti il classamento degli immobili, in presenza di una numerosa varietà
di attività commerciali e industriali esercitate negli immobili
collocati su tutto il territorio nazionale.
Le costruzioni rurali
La circolare al punto 3-3-1 ricorda che, ai sensi del dpr
n. 139/1998, alle nove categorie afferenti gli immobili a
destinazione “speciale” si è aggiunta la categoria D/10 concernente i “fabbricati per funzioni produttive connesse alle
attività agricole”. Il comma 5 dell’art. 1 del decreto indicato
dispone che in questa categoria trovano posto le costruzioni
rurali strumentali all’esercizio dell’attività agricola; diverse
dalle abitazioni, comprese quelle destinate alle attività agrituristiche, fatto salvo il caso in cui le caratteristiche degli
immobili non possono consentire una destinazione diversa
da quella originaria, in assenza di radicali trasformazioni. La
circolare, pertanto, in presenza di fabbricati strumentali
98
all’attività agricola conferma il classamento nella categoria
D/10 anche in relazione alle disposizioni di cui all’art. 42
del Tuir che riconoscono la ruralità alle costruzioni adibite
ad abitazione delle persone addette alla coltivazione della
terra, alla custodia dei fondi, del bestiame, degli edifici rurali e alla vigilanza dei lavoratori agricoli, dei familiari conviventi, al ricovero degli animali, alla custodia delle macchine
e degli attrezzi nonché alla protezione delle piante e alla
conservazione, manipolazione è lavorazione dei prodotti
agricoli.
L’agenzia fa riferimento ai contenuti dell’art. 2135 c.c.
ma in particolare ai comma 1 e 2, del dlgs n. 228/2001 e
indica, fra le attività agricole principali, anche quelle connesse, riconoscendo la qualifica di imprenditore agricolo
anche alle cooperative agricole, quando le stesse utilizzano
prevalentemente prodotti dei soci o forniscono beni o servizi
agli stessi soci. Una volta accertata la strumentalità all’attività agricola esercitata sul fondo, a sensi dell’art. 32 del
Tuir, l’immobile dovrà essere classato in D/10 mentre in
presenza di attività di trasformazione o commercializzazione di prodotti agricoli, il classamento dovrà essere effettuato
utilizzando le categorie D/7 o D/8.
L’agriturismo
Per quanto concerne gli immobili utilizzati per l’esercizio delle attività agrituristiche la circolare conferma, al
paragrafo 3.3.2, e richiamando l’art. 2 della legge n.
n. 5-6/2006
96/2006, che per attività agrituristiche si devono intendere
le attività di ricezione e ospitalità esercitate in qualsiasi forma giuridica dagli imprenditori agricoli, di cui all’art. 2135
c.c., o dai propri familiari e lavoratori dipendenti. Dopo una
breve ricognizione dei requisiti essenziali (esistenza di
azienda agricola, esercizio delle attività di ricezione, prevalenza delle attività agricole principali e somministrazione di
propri prodotti), l’Agenzia conferma l’inserimento degli immobili nella classe D/10, come strumentali all’attività agri-
Catasto e topografia
cola in quanto connessa, pur ritenendo compatibili con il
requisito di ruralità anche l’attribuzione degli stessi a una
categoria del gruppo A (destinazione residenziale) o alle
categorie C/2, C/3, C/6 e C/7. Nel caso di perdita dei requisiti si rende, comunque, necessario presentare la domanda di
variazione in catasto a cura dei soggetti titolari, al fine di
non incorrere in sanzioni.
IL CATASTO NON È BLOCCATO DAL DOCFA
Per la Cassazione la procedura non influisce sull’esercizio temporale del potere amministrativo
La rendita proposta dal contribuente ha valenza ordinatoria
di Sergio Mazzei
Il Docfa non blocca la rendita catastale definitiva.
mulato l’esito del primo giudizio riconoscendo le ragioni
I termini di correzione dell’amministrazione finanziaria dell’appellante. L’oggetto al vaglio dei supremi giudici era
non sono influenzati dalla data di decorrenza della rendita impostato su tre diverse direttrici. La prima riguardava la
proposta con il sistema Docfa.
decadenza del potere di rettifica dell’agenzia fiscale e in parCiò in quanto la rendita proposta dal contribuente ha solo ticolare si discuteva sulla possibile decorrenza dell’esercizio
una valenza ordinatoria e la sua decorrenza non influisce dei poteri di cui all’art. 1 comma terzo del dm 701/1994 a
sull’esercizio temporale del potere amministrativo.
partire dall’attribuzione della rendita catastale provvisoria in
Ai fini della motivazione dell’atto di rettifica, poi, è suffi- base al sistema Docfa. La seconda ineriva al presunto difetto
ciente per l’ente impositore, richiamare l’atto di classamento di motivazione dell’atto di rettifica che non incorporava l’atconosciuto dal contribuente in quanto riportato nella medesi- to di classamento dell’immobile ma si limitava a richiamare
ma procedura Docfa, la quale si caratterizza per l’attiva l’atto dichiarato dalla parti in sede di attivazione del Docfa.
partecipazione delle parti. Infine, ma non meno importante, Infine, il terzo punto che gravava sulla esatta quantificazione
la qualificazione come norma di
della rendita assegnata e se in essa
interpretazione autentica dell’art.
confluissero anche parti mobili delCosa dice la sentenza
1/quinquies del di n. 44/05 convertito - I termini di attribuzione della rendita definitiva da l’impianto che non erano durenella legge n. 88/05 per cui è stato parte dell’Agenzia del territorio non decorrono dalla volmente legate al suolo.
abrogato il comma 540 alla Finanzia- data di attivazione della rendita proposta con il sisteria 2005 che prevedeva come, in rela- ma Docfa. Ciò in quanto l’inizio della rendita prov- Le soluzioni
visoria ha solo una valenza temporale ordinatoria ed
zione alle centrali elettriche, rappreLe decisioni intraprese dal giuessa non influisce sull’esercizio temporale del potesentano parti fisiche rilevanti al fine re amministrativo
dice di ultime cure si sono sviluppate
della rendita catastale anche i mezzi - Ai fini della motivazione dell’atto di rettifica è suf- in maniera omogenea e rilevando l’estrumentali al bene principale ma non ficiente richiamare l’atto di classamento, già cono- sattezza dei rilievi dell’amministralegati durevolmente al suolo.
sciuto dal contribuente in quanto riportato nella zione. In prima battuta è stato afferQuesta regola, vista la natura medesima procedura Docfa
mato come la procedura Docfa, nata
interpretativa della norma, è retroatti- - Il comma 540 alla Finanziaria 2005, abrogato, che col solo intento di agevolare la forva. Sono queste le conclusione cui è disponeva la rilevanza ai fini impositivi degli ele- mazione del catasto e del suo
giunta la Cassazione, sezione 5A civi- menti mobili, funzionalmente collegati ai beni pro- aggiornamento fino a quando l’uffiduttivi, ha natura di norma dì interpretazione autenle, nella sentenza n. 16824 del
cio non provvede alla determinaziotica e pertanto esplica i suoi effetti retroattivamente.
21/7/06.
ne della sua rendita definitiva, vale
come base di decorrenza del potere
Il caso
amministrativo ma solo da un punto di vista ordinatorio e
La diatriba discussa dinanzi alla suprema corte vedeva il non perentorio.
ricorso dell’Agenzia del territorio avverso le rimostranze di
Anzi, la maggior durata della rendita presunta se non
una società che gestisce gli impianti per la produzione di altro agevola il contribuente che nel tempo intercorso si
energia elettrica.
avvale di una rendita minore.
Dopo una prima sentenza di segno positivo per l’amminiPer quanto riguarda il secondo punto, ovvero la mancanza
strazione finanziaria, i giudici di seconde cure hanno rifor- di motivazione della rettifica a causa della mancata produzio-
99
Catasto e topografia
ne dell’Agenzia dell’atto di classamento, la corte lo ha ritenuto in sussistente in quanto è propedeutico anche all’attribuzione della rendita presunta la conoscenza del classamento per cui al parte ne era comunque a conoscenza. Il terzo e ultimo punto afferiva al conteggio delle turbine di una
centrale elettrica nella determinazione della rendita catastale.
Sul punto si era espressa in maniera chiara la Finanziaria
2005 al comma 540 che sanciva la concorrenza ai fini im-
n. 5-6/ 2006
positivi delle parti non specificatamente ancorate al suolo ma
costruite in dipendenza di edifici commerciali e industriali.
La norma, poi abrogata, è stata considerata dalla Cassazione come interpretazione autentica della questione sulla
quale gravavano molti dubbi, e ciò di riflesso ha consentito
l’applicazione retroattiva della stessa anche ai casi pregressi.
RIPARTE IL DECENTRAMENTO CATASTALE
Cogestione tra comuni e territorio. Le novità in Finanziaria
Siglato a palazzo Chigi il protocollo di intesa tra Anci e Governo.
Rinviata la revisione degli estimi
di Francesco Cerisano
I
l decentramento catastale si rimette in moto. La prima pietra
del processo che porterà ai comuni le competenze sulla gestione del catasto è stata gettata ieri a palazzo Chigi. Con un
accordo a tre tra il viceministro all’economia, Vincenzo Visco,
Linda Lanzillotta, ministro degli affari regionali, e il presidente
dell’Anci, Leonardo Domenici, sono state definite le linee operative che porteranno alla definitiva attuazione del dlgs 112/98,
oggetto in questi anni di numerose proroghe, l’ultima delle quali in
scadenza a febbraio 2007. Una cosa è certa: non ci saranno ulteriori slittamenti e nel 2007 la macchina del decentramento partirà.
«Le norme attuative dell’accordo Anci-governo troveranno spazio
già nella Finanziaria che l’esecutivo approverà oggi», anticipa a
ItaliaOggi, Altiero Grandi, sottosegretario all’economia con delega
al catasto. «Con la cogestione tra comuni e governo prenderà il via
un percorso che porterà i comuni capoluogo, in forma singola, e
quelli più piccoli in forma associata, a gestire il catasto». Vediamo
i termini dell’accordo.
Cogestione comuni-territorio.
Il decentramento non estrometterà il ruolo dell’Agenzia del
territorio che manterrà la funzione di gestione unitaria delle banche dati catastali. Ai comuni invece andranno le funzioni di
aggiornamento e certificazione delle informazioni assieme alla
fornitura dei servizi di consultazione. Per attuare le nuove competenze, si legge nel protocollo d’intesa firmato ieri, gli enti locali
dovranno dotarsi di adeguati strumenti organizzativi e informatici
«in linea con la progressiva evoluzione dei processi di aggiornamento delle informazioni catastali sia per la gestione operativa che
per la programmazione delle politiche locali».
Ma un capitolo importante riguarda le risorse, umane e finanziarie, che verranno trasferite ai comuni per consentire di far
fronte alle nuove responsabilità. Ai sensi del dlgs 112/98 questi
aspetti dovranno essere definiti con dpcm da emanarsi entro il 30
giugno 2007. Per il momento dunque, l’intesa Anci-governo (che
avrà una validità di sei mesi e potrà essere tacitamente rinnovata
per altri sei) sancisce solo l’impegno delle parti a stipulare successivi accordi «che definiscano obiettivi, tempi e attività di responsa-
100
bilità dei singoli soggetti coinvolti» in attesa che il nodo risorse
venga sciolto. «Il decentramento dovrà essere cofinanziato dai
diversi soggetti che sono parti dell’operazione (comuni, governo e
agenzia del territorio)», ha proseguito Grandi, «e consentirà agli
enti locali di attuare con maggiore facilità quanto previsto dalla
Finanziaria 2005 (comma 335, ndr) in materia di revisione del
classamento. Anche se, è bene precisarlo, questo avverrà sulla base
degli attuali estimi».
Il sottosegretario all’economia, infatti, ha confermato che per il
momento non c’è nell’agenda del governo un progetto di revisione
degli estimi. «Non vogliamo condizionare il decentramento catastale con una discussione sterile sulla revisione degli estimi che verrà
affrontata dal governo in un secondo momento», ha precisato.
«Esprimiamo viva soddisfazione per un protocollo d’intesa
che i impegna il governo a riavviare il processo di trasferimento
del catasto che i comuni attendono dal lontano 1998, anno del
decreto legislativo n. 112 che ha attribuito la titolarità delle funzioni catastali», ha dichiarato Flavio Zanonato, sindaco di Padova e
delegato Anci per le politiche relative al patrimonio immobiliare
dei comuni. «Se la strada può essere quella di una modifica della
norma contenuta nel decreto 112, ci attendiamo un primo segnale
in tal senso già nella prossima Finanziaria», ha proseguito Zanonato. «Per il momento, da subito, verrà istituito un tavolo operativo
che pianificherà e realizzerà misure concrete finalizzate a rendere
operativo il passaggio del catasto ai comuni».
Protocollo d’intesa sulla valorizzazione del patrimonio immobiliare comunale.
Sempre ieri è stato siglato un protocollo d’intesa in base al
quale comuni e stato lavoreranno assieme per supportare le amministrazioni locali nelle azioni di riqualificazione degli immobili
pubblici situati in aree comunali e intercomunali. «La complessità
della materia» ha commentato Flavio Zanonato, «poneva la necessità di un intervento con giunto: non possiamo che valutare positivamente l’attenzione del governo su questa tematica e attendere
l’attivazione del tavolo operativo».
«ItaliaOggi»
Competenze e Professione
n. 5-6/2006
MODESTE STRUTTURE IN CALCESTRUZZO
DEBOLMENTE ARMATO
Sull’obbligo o meno di applicazione delle norme tecniche per le costruzioni in zona sismica di cui all’art. 3 della legge 2.2.1974, n. 64 e della normativa di cui alla legge 1086/71
di Giuseppe Raso*
1. Generalità
Il problema, così come enunciato nel titolo, si è sicuramente profilato ogni qualvolta simili “modeste” costruzioni sono
state portate all’attenzione degli uffici pubblici per le approvazioni dei relativi progetti o per la trattazione di eventuali “vertenze” relative a distanze, spessori murari, altezze e tipologie
strutturali.
Sul problema delle c.d. “modeste strutture” di cui al titolo
ed in particolare per il loro impiego generalizzato e ripetitivo,
nella fattispecie si trattava di un box prefabbricato in cemento
armato per apparecchiature elettriche, nel 1989 l’ENEL pose
uno specifico quesito al servizio sismico del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici.
Quest’ultimo, con nota n. 121 del 20/03/1989, dopo aver
rilevato che “lo spazio interno è pressoché interamente occupato dalle apparecchiature elettriche che solo periodicamente
vengono manovrate e sottoposte a manutenzione”, ha espresso
parere che tale tipo di struttura non rientra nell’ambito della
normativa antisismica in quanto“…il campo di applicazione
delle citate disposizioni normative è riferito alle costruzioni la
cui sicurezza possa comunque interessare la pubblica incolumità”.
Inoltre, dopo avere evidenziato che nella materia era già
stato espresso specifico parere dalla Prima Sezione dello stesso
Consesso con voto n. 297 del 27/09/1984, ha ribadito che, non
essendo il manufatto in parola “…destinato alla permanenza di
persone e per l’estrema modestia delle dimensioni, lo stesso
non rientra tra le opere soggette alle disposizioni delle leggi
summenzionate”1.
Entrambi i pareri citati sono di estremo interesse in quanto
ribadiscono il principio che la specifica normativa (Leggi
1086/1971 e 64/1974) deve applicarsi esclusivamente alle
costruzioni che nelle zone sismiche possano comunque interessare la pubblica incolumità.
Si tratta ora di stabilire se il suddetto principio è applicabile nel caso di modeste strutture di edilizia cimiteriale e cioè
delle cappelle funerarie così diffuse nei nostri cimiteri per
accogliere i resti mortali di intere famiglie o ceppi parentali.
Intanto procederemo nel seguito ad una sintetica disamina dei
principi fondamentali che caratterizzano le due normative per
arrivare, alla fine, alla concreta applicazione degli stessi.
2. - Riferimenti normativi e principi ispiratori.
2.1. - Principi fondamentali della legge 05/11/1971, n.
1086. concernente “Norme per la disciplina delle opere in
conglomerato cementizio armato normale e precompresso ed
a struttura metallica”.
La disposizione precettiva di carattere generale contenu-
ta nel capo 1, art. 1, comma 1, costituisce il fondamentale
principio ispiratore della legge dove, appunto, questa considera “…opere in conglomerato cementizio armato normale,
quelle composte da un complesso di strutture in conglomerato cementizio ed armature che assolvono ad una funzione
statica”.
Evidenzia, inoltre, che la realizzazione delle opere in
conglomerato cementizio armato normale “…deve avvenire
in modo tale da assicurare la perfetta stabilità e sicurezza
delle strutture, e da evitare qualsiasi pericolo per la pubblica
incolumità” e tanto anche in armonia col principio fondamentale della legge n. 64/1974.
Il successivo articolo 2 precisa che le opere di cui sopra
devono essere progettate e dirette da “…un ingegnere o
architetto o geometra o perito industriale edile iscritti nel
relativo albo, nei limiti delle rispettive competenze”; conseguentemente, a carico di tali professionisti, l’articolo 3 attribuisce precise responsabilità personali.
Per le strutture in cemento armato come individuate nell’art. 1, l’art. 4 della legge prescrive tassativamente che il
costruttore effettui il preventivo deposito del progetto e
degli esecutivi strutturali presso l’Ufficio del Genio Civile2
che ne rilascia opportuna attestazione.
2.2. - Le opere in cemento armato normale disciplinate
dalla legge 1086/71.
In base all’art. 1 della legge, le opere in conglomerato
cementizio armato normale, giusto quanto chiarito anche
da una successiva istruzione ministeriale, sono esclusivamente “…quelle costituite da elementi resistenti interconnessi, compresi quelli di fondazione, che mutuamente concorrono ad assicurare la stabilità globale dell’organismo
portante della costruzione, e che quindi costituiscono un
complesso di strutture», ossia un insieme di membrature
comunque collegate tra loro ed esplicanti una determinata
funzione statica.”
A miglior chiarimento l’autore aggiunge che le opere in
cemento armato normale cui si riferisce la legge sono prevalentemente quelle dotate di struttura portante intelaiata dove
ogni telaio è costituito da una successione verticale ed orizzontale di travi e pilastri interconnessi ed interagenti tra loro
come un reticolo di vari elementi rettangolari. Il calcolo di
verifica dell’intero telaio e dell’insieme dei telai, di regola,
comporta la soluzione di problemi di iperstaticità strutturale
che esulano dalle conoscenze e competenze del tecnico
diplomato.
Alla luce di quanto sopra si può affermare che sono sicuramente escluse dall’applicazione dell’art. 4 le membrature
singole ed a sè stanti, quali possono ritenersi un basso muro
* Dottore, geometra, funzionario dirigente Ufficio 281 - Regione Calabria Ass.LL.PP.
1 - Vedi art. 1, 1° comma della legge.
2 - Vedi art. 1, 2° comma ed articolo 3, ultima parte del 1° comma.
3 - Vedi art. 3, comma 1, prima parte.
101
Competenze e Professione
di recinzione in calcestruzzo, un piccolo pilastro isolato o
una piattabanda semplicemente appoggiata, tutte strutture
aventi funzioni autonome e/o prevalentemente decorative;
rientrano certamente in tale fattispecie anche gli elementi
costruttivi in cemento armato che assolvono una funzione
marginale o di limitata importanza nel contesto statico dell’intera opera.
In quest’ultimo contesto possono senz’altro comprendersi una modesta pensilina di balcone, un aggetto di cornicione o una sporgenza puramente decorativa, tutte opere per le
quali, normalmente, non vengono effettuati calcoli di verifica, sia perché tali elementi interesserebbero procedimenti di
calcolo inerenti a semplici sistemi isostatici e sia perché
trattasi di elementi la cui pratica costruttiva è diventata
patrimonio comune delle maestranze fin dal primo dopoguerra.
2.3. - Principi fondamentali della legge 2/2/1974, n. 64,
concernente “Provvedimenti per le costruzioni con particolari prescrizioni per le zone sismiche”.
I fondamenti ispiratori ed applicativi della normativa per
le costruzioni nelle zone sismiche sono individuabili negli
articoli dall’1 al 16, dalla cui lettura si deducono i seguenti
aspetti:
1)– a differenza della precedente legge 25/11/1962, n.
1684, che forniva direttamente le indicazioni sui materiali,
spessori, distanze e modalità costruttive, la vigente legge
2/2/1974, n. 64, si limita a stabilire le direttive generali di
indirizzo, per i cui dettagli rimanda ad apposite norme successive 3 , mentre è molto esaustiva negli articoli dal 17 al
29, tutti relativi alla vigilanza sulle costruzioni ed alla
repressione delle violazioni;
2) – per le prescrizioni tecniche operative, ai fini della
corretta progettazione ed esecuzione dei lavori, la legge
rimanda a specifiche norme tecniche per le quali introduce il
principio della modificabilità e del periodico aggiornamento
“…ogni qualvolta occorra, in relazione al progredire delle
conoscenze dei fenomeni sismici”4;
3) – le opere disciplinate dalla legge e, quindi, dalle
relative norme tecniche, riguardano “…tutte le costruzioni
la cui sicurezza possa comunque interessare la pubblica
incolumità, da realizzarsi in zone dichiarate sismiche”5;
4) – la tipologia costruttiva degli edifici in zona sismica
è perentoriamente individuata nell’art. 5 della legge e comprende esclusivamente:
a - struttura intelaiata in cemento armato normale o precompresso, acciaio o sistemi combinati dei predetti materiali;
b - struttura a pannelli portanti;
c - struttura in muratura;
d - struttura in legname.
2.4. - Le norme tecniche di attuazione della legge
2/2/1974, n. 64, relative agli edifici con struttura portante
in muratura.
Per tali tipi di strutture portanti si fa riferimento alle norme tecniche per le costruzioni in zone sismiche approvate
n. 5-6/ 2006
con D.M. 16/01/1996 e più precisamente al capo C.5, fermo
restando che già nel capo C.1, lett. a), è contenuta una
importante modifica molto innovativa rispetto alle precedenti norme del 1986: gli edifici con struttura in muratura
possono essere realizzati sia in muratura ordinaria e sia in
muratura armata.
Per la muratura ordinaria le norme raccomandano di
tenere conto che i singoli elementi resistenti (mattoni o
blocchi) devono essere collegati fra di loro tramite malta
cementizia di qualità adeguata, la quale deve, comunque,
assicurare il riempimento e/o il ricoprimento dei giunti orizzontali e di quelli verticali in modo che la struttura presenti
una buona monoliticità e la massima compattezza. Il recente
D.M. 14/09/2005 va oltre e precisa che un edificio in muratura portante deve essere concepito come una struttura tridimensionale dove le singole pareti siano capaci anche di
svolgere efficaci azioni di controventatura dell’insieme; in
pratica la struttura deve comportarsi come un monoblocco:
non a caso il D.M. definisce “scatola muraria” l’insieme dei
muri così concepiti.
Per quanto riguarda, invece, la muratura armata il D.M.
del 1996 evidenzia che si tratta di una tecnica costruttiva
che già di per sè conferisce alle strutture murarie caratteristiche di monoliticità, di resistenza (a compressione ed a trazione), di continuità e di duttilità tali da migliorarne in
modo sostanziale il comportamento sotto l’azione sismica.
A questo fine svolgono sicuramente un ruolo preminente
proprio le armature metalliche che costituiscono l’anima di
tali particolari strutture per le quali le norme consentono
altezze massime superiori a quelle permesse per la muratura
ordinaria.
In ogni caso e per tutti gli edifici in muratura, sia ordinaria che armata, il predetto D.M.6 ha introdotto la possibilità
di realizzare i muri dell’interrato, del seminterrato o della
prima elevazione in calcestruzzo armato con spessore almeno pari a quello del muro soprastante7.
Da quanto sopra detto possiamo tranquillamente dedurre
che una costruzione in muratura, comunque venga realizzata, deve possedere elevata resistenza e presentare un aspetto
di monoliticità e compattezza, nonché di continuità ed omogeneità dell’intera struttura, tutte caratteristiche queste che
consentono all’edificio una buona risposta alle sollecitazioni
sismiche.
3. - Deduzioni, applicazioni e conclusioni.
Nel Capo C.1 delle norme del 1996, relativamente ai
sistemi costruttivi degli edifici, alla lettera c) tra l’altro è
precisato che questi possono essere costruiti con struttura a
pannelli portanti “…intendendosi per tale quella realizzata
in tutto o in parte con pannelli aventi funzione portante, prefabbricati o costruiti in opera. I pannelli possono essere
costituiti da conglomerato cementizio armato o parzialmente
armato o prefabbricati in muratura armata”.
Quando i pannelli portanti siano costruiti in opera, nel
4 - Vedi punto C.5.1 del D.M. 16.1.1996.
5 - La norma è evidentemente riferita ai muri che devono svolgere anche funzioni di contenimento dei terrapieni.
6 - Quindi notevolmente inferiore all’interasse massimo di m. 7 previsto dalle norme per le costruzioni in muratura.
7 - Nei casi delle piccole strutture di cui ci stiamo occupando l’armatura, generalmente, consiste in una rete elettrosaldata, magari di filo Ø 4 mm e maglia cm
20 x 20, disposta a ridosso dei due paramenti murari, con la principale funzione di dare monoliticità e resistenza “scatolare” alla struttura, nonché di favorire l’ancoraggio dei loculi e di eventuali rivestimenti marmorei.
102
n. 5-6/2006
Capo C.7 è precisato che la certificazione di idoneità di
competenza del Consiglio Superiore dei LL. PP. deve essere
richiesta e rilasciata “…esclusivamente se costituiscono un
sistema, intendendosi per tale la realizzazione di particolari
costruttivi essenziali con carattere ripetitivo”; in altri termini un tale certificato occorre solo quando si tratta di una prefabbricazione di elementi da impiegare in più costruzioni.
Naturalmente le norme forniscono opportune istruzioni
per le modalità di collegamento verticale ed orizzontale dei
diversi pannelli il cui assemblaggio deve, comunque, assicurare all’edificio un comportamento o meglio, un effetto di
resistenza “scatolare”.
Nel caso, invece, delle cappelline cimiteriali in calcestruzzo cementizio leggermente armato, realizzate direttamente in sito, si ritiene pure non applicabile l’obbligo del
deposito preliminare di cui all’art. 4 della legge 1086/71, dal
momento che in buona sostanza l’effetto di monoliticità,
compattezza ed omogeneità strutturale viene sicuramente
raggiunto, ed anche per eccesso.
Al proposito occorre richiamare l’art. 76 del DPR
10/09/1990, n. 28, concernente il “Regolamento di Polizia
Mortuaria”, dove, tra l’altro, viene precisato che:
- i loculi possono essere a più piani sovrapposti;
- ogni loculo deve avere uno spazio esterno libero per il
diretto accesso al feretro;
- la struttura del loculo e del manufatto, sia che venga
costruita interamente in opera o che sia costituita da elementi prefabbricati, deve rispondere ai requisiti richiesti per la
resistenza delle strutture edilizie;
- le solette orizzontali devono essere verificate per un
sovraccarico di almeno 250 kg/mq;
- le pareti dei loculi, sia verticali che orizzontali, devono
avere caratteristiche di impermeabilità ai liquidi ed ai gas ed
essere in grado di mantenere nel tempo tali proprietà.
La successiva circolare esplicativa del Ministero della
Sanità, n. 24 del 24/06/1993, ribadisce le prescrizioni fondamentali ed aggiunge che per ciascun nuovo loculo debbono
essere garantite dimensioni interne libere di almeno m. 2,25
per m. 0,75 di larghezza, per m. 0,70 di altezza.
In pratica e da diversi decenni, fondamentalmente per
motivi di opportunità, di facilità costruttiva, di speditezza
esecutiva, di versatilità architettonica e soprattutto di sicura
impermeabilità ai liquidi ed ai gas, è molto diffusa l’abitudine di realizzare le cappelle funerarie “di famiglia” direttamente in opera mediante gettata di calcestruzzo cementizio
leggermente armato dello spessore di una testa.
Simili costruzioni nella tipologia più diffusa presentano
al loro interno una serie di quattro loculi sovrapposti disposti sia a destra che a sinistra dell’ingresso, separati da un
corridoio “di servizio” della larghezza di circa un metro, in
Competenze e Professione
fondo al quale talvolta è presente un piccolo altarino votivo
con a lato eventuali ossarietti individuali.
Una tale architettura, tenendo conto che lo spessore delle
pareti dei loculi, al netto di eventuali rivestimenti, è di una
testa (cm 12), presenta dimensioni esterne minime di circa
metri 3,10 di larghezza per 3,50 di profondità e circa 3,50 di
altezza interna; questa volumetria in questo caso è la stretta
necessaria, ma si sa bene che in tutte le aree cimiteriali gli
spazi disponibili per gli edifici funerari privati sono sempre
risicati e spesso scaturiscono solo da demolizioni di vecchi
edifici tombali.
La caratteristica primaria di questa costruzione è che viene sempre realizzata contemporaneamente a tutte le sue
componenti mediante getti di calcestruzzo cementizio leggermente armato con rete elettrosaldata8.
Quest’ultima non ha una vera e propria funzione portante
data la modesta entità della struttura, ma, unitamente ad una
maestrale vibrazione ha, invece, il fondamentale compito di
contenere il fenomeno della microfessurazione del calcestruzzo e, quindi, di migliorarne la tenuta nei riguardi dei
liquidi e dei gas della putrefazione dei feretri; ne consegue
che le pareti perimetrali presentano collegamenti orizzontali
ad ogni soletta e controventature ad ogni setto verticale.
Viene così raggiunto l’effetto di monoliticità, compattezza, continuità ed omogeneità della struttura nel suo insieme
che, pertanto, si caratterizza per la particolare resistenza
“scatolare” amplificata dalla presenza degli stessi setti verticali dei loculi.
A proposito della debole armatura si evidenzia che, alla
luce di quanto contenuto nel Capo 5.1.11.9 del recente D.M.
14/09/2005, un calcestruzzo si considera a bassa percentuale
di armatura quando questa è presente nelle sezioni rette resistenti, sia orizzontali che verticali, in quantità inferiore allo
0,1 % dell’area della sezione considerata e la quantità media
di acciaio per metro cubo di calcestruzzo è inferiore a 0,3
KN, cioè a 30 kg/mc.
Ne consegue che la nostra “modesta” costruzione funeraria, come sopra dimensionata in linea di massima, non è certamente soggetta agli adempimenti di cui agli articoli 4, 6 e
7 della legge n. 05/11/1971, n. 1086.
Altrettanto può dirsi nei riguardi della normativa antisismica, in quanto tale tipologia di costruzione non è destinata
alla permanenza di persone e non appare direttamente connessa con le generali esigenze di tutela della pubblica incolumità, anche se è localizzata in un ambito cimiteriale; d’altra parte si deve pure tenere presente che le attività costruttive nelle aree cimiteriali vengono anche definite nell’ambito
degli specifici regolamenti comunali.
8 - Vedi punto C.5.3.4. delle norme tecniche 16/01/1996
9 - Questo paragrafo della nuova normativa antisismica si riferisce al “conglomerato cementizio a bassa percentuale di armatura o non armato.
103
Competenze e Professione
n. 5-6/ 2006
APPLICABILITÀ TARIFFE PROFESSIONALI
Parere pro veritate di Pietro Romano*
Gent.mo Dr. Geom. Giuseppe Caterini
Presidente del Collegio dei Geometri di Cosenza - Sede
F
accio seguito alla sua richiesta di parere in ordine all'applicabilità delle Tariffe Professionali nell'ambito dell'affidamento di incarichi di progettazione e direzione di lavori
pubblici alla luce delle innovazioni introdotte dal Decreto legge
del 4 luglio 2006, n. 223, convertito con la Legge 4 agosto
2006, n. 248, ritengo di poterle evidenziare quanto segue.
1. Normativa di riferimento.
Ai sensi dell'art. 17, comma 12 ter, della Legge del 11 febbraio 1994, n. 109 "Il Ministro della giustizia, di concerto con il
Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, determina, con proprio decreto, le tabelle dei corrispettivi delle attività che possono essere espletate dai soggetti di cui al comma 1 del presente
articolo, tenendo conto delle tariffe previste per le categorie
professionali interessate. I corrispettivi sono minimi inderogabili ai sensi dell'ultimo comma dell'articolo unico della legge 4
marzo 1958, n. 143 introdotto dall'articolo unico della legge 5
maggio 1976, n. 340. Ogni patto contrario è nullo. Fino all'emanazione del decreto continua ad applicarsi quanto previsto
nel decreto del Ministro della giustizia del 4 aprile 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 96 del 26 aprile 2001."
Con decreto del Ministro della giustizia del 4 aprile 2001,
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 96 del 26 aprile 2001,
sono stati determinati i corrispettivi per le attività di progettazione e per le altre attività previste dall'art. 17, comma 14-bis, della
legge 11 febbraio 1994, n. 109.
Gli articoli 90, 91 e 92 del Decreto legislativo del 12 aprile
2006, n. 163 (Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e
2004/18/CE.) disciplinano, a decorrere dall'1.7.2006, la progettazione interna ed esterna alle amministrazioni in materia di
lavori pubblici, le procedure di affidamento e i corrispettivi e
incentivi per la progettazione.
In particolare, il comma 2 dell'art. 92 dispone che "2. Il
Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, determina, con proprio decreto, le
tabelle dei corrispettivi delle attività che possono essere espletate dai soggetti di cui al comma 1 dell'articolo 90, tenendo
conto delle tariffe previste per le categorie professionali interessate. I corrispettivi sono minimi inderogabili ai sensi dell'ultimo
comma dell'articolo unico della legge 4 marzo 1958, n. 143
introdotto dall'articolo unico della legge 5 maggio 1976, n. 340.
Ogni patto contrario è nullo."
L'art. 255 del Decreto legislativo del 12 aprile 2006, n. 163
prescrive che "Ogni intervento normativo incidente sul codice, o
sulle materie dallo stesso disciplinate, va attuato mediante
esplicita modifica, integrazione, deroga o sospensione delle
specifiche disposizioni in esso contenute".
Ai sensi dell'art. 2 del Decreto legge del 4 luglio 2006, n.
223 (Disposizioni urgenti per la tutela della concorrenza nel settore dei servizi professionali) si stabilisce che "1. In conformità
al principio comunitario di libera concorrenza ed a quello di
libertà di circolazione delle persone e dei servizi, nonché alfine
* Avvocato e consulente legale del Collegio
104
di assicurare agli utenti un'effettiva facoltà di scelta nell'esercizio dei propri diritti e di comparazione delle prestazioni offerte
sul mercato, dalla data di entrata in vigore del presente decreto
sono abrogate le disposizioni legislative e regolamentari che
prevedono con riferimento alle attività libero professionali e
intellettuali:
a) l'obbligatorietà di tariffe fisse o minime ovvero il divieto
di pattuire compensi parametrati al raggiungimento degli obiettivi perseguiti ...”.
L'art. 40 bis del Decreto legge del 4 luglio 2006, n. 223, riconosce, infine, che "Gli atti ed i contratti, pubblici e privati, emanati, stipulati o comunque posti in essere nello stesso giorno della pubblicazione del presente decreto nella Gazzetta Ufficiale in
applicazione ed osservanza della disciplina normativa previgente non costituiscono in nessun caso ipotesi di violazione della
disciplina recata dal decreto stessa. In tali casi, le disposizioni
del decreto si considerano entrate in vigore il giorno successivo
a quello di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale".
2. Considerazioni conclusive
Appare necessario premettere che l'affidamento degli incarichi di progettazione e direzione di lavori pubblici deve risultare
da un apposito atto redatto per iscritto e sottoscritto dal responsabile del procedimento e dal professionista incaricato e ciò a
pena di nullità (ex plurimis: Tribunale Amministrativo Regionale - CALABRIA - Reggio Calabria Sentenza 08.02.2001, n. 90).
Nel merito del quesito, faccio osservare che sulla scorta della normativa transitoria dell'art. 40 bis del Decreto legge del 4
luglio 2006, n. 223, introdotto dalla legge di conversione, è stato
recepito il principio del tempus regit actum, espressione del più
generale principio di irretroattività delle norme giuridiche,
ragion per cui agli incarichi affidati anteriormente all'entrata in
vigore del decreto cd. Bersani si applica la disciplina normativa
previgente.
Per quanto attiene, invece, gli incarichi che siano stati affidati successivamente al 4 luglio 2006, data di pubblicazione in
G.U. del decreto Bersani, ed ai quali si applichino le norme del
Decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, si applica la disciplina emergente dal combinato disposto dell'art. 2 del D. L.
223/2006 e degli articoli 92 e 255 del Codice degli appalti.
Infatti, l'art. 2 del D. L. 223/2006 non ha previsto l'esplicita
abrogazione dell'art. 92 , comma 2, del D. L.vo 163/2006, nella
parte in cui definisce inderogabili, a pena di nullità, i minimi
tariffari ivi previsti, sebbene l'art. 255 preveda che ogni intervento normativo che abbia incidenza sul Codice deve essere
adottato mediante un provvedimento espresso.
Pertanto, devo ritenere che i minimi tariffari siano ancora
applicabili nell'ambito dei lavori pubblici, sia per quanto riguarda gli incarichi affidati anteriormente all'entrata in vigore del
decreto Bersani, sia per quelli affidati successivamente e per i
quali si applichi l'art. 92 del D. L.vo 163/2006.
Resto a Sua completa disposizione per ogni chiarimento o
integrazione. Cosenza, 20 settembre 2006
n. 5-6/2006
Competenze e Professione
CONCILIAZIONE DELLA CONTROVERSIA,
I NUOVI POTERI DEL CTU
di Paolo Frediani
C
on l’entrata in vigore della legge 80/2005 di riforma
del processo civile, come modificata successivamente da nuovi provvedimenti di legge, finalmente, con
l’art 669-bis - “Consulenza tecnica preventiva ai fini della
composizione della lite”- si è introdotta e riconosciuta
pienamente la facoltà del CTU di tentare la conciliazione
della controversia in amplissimi settori del contenzioso. Pur
contenendo l’istituto un profilo cognitivo che ha riflessi
immediati nell’eventuale successivo giudizio di merito, la
novità maggiore è senza dubbio quella di aver spogliato il
tentativo di conciliazione condotto dal CTU dai limiti previsti dall’art. 198, recependo sia quanto previsto dal lavoro
della commissione Vaccarella, ma anche, nella sostanza, la
prassi ormai consolidata nella pubblica giurisdizione del settore civile di demandare al consulente tecnico di ufficio il
tentativo di conciliazione della controversia, ancorché al di
fuori delle previsioni codicistiche, per far giungere le parti a
un accordo ed estinguere così il procedimento giudiziario.
Esaminiamo i contenuti e i maggiori profili della norma.
L’articolo inserito in sede di conversione dall’art. 2. comma 3, lett. e-bis) n. 6), del D.L. 35 del 14 marzo 2005 convertito, con modificazioni, nella legge 80 del 14 maggio 2005, è
dislocato nella sezione IV (Dei procedimenti di istruzione
preventiva) del capo III (Dei procedimenti cautelari), del
libro IV del codice.
La dislocazione non ha alcun rilievo esplicativo. L’articolo è di nuova stesura ma recepisce, nella sostanza, il contenuto dell’art. 49 della relazione della commissione presieduta
dal prof. Romano Vaccarella, istituita dal Ministro della giustizia con D.L. 23 novembre 2001. Il lavoro della commissione aveva la finalità di procedere a un organico riesame della normativa processuale civile con la volontà anche di favorire meccanismi di deflazione del carico giurisdizionale. L’obiettivo era volto, in particolare, a realizzare la razionalizzazione e l’effettiva accelerazione delle procedure, nonché a
introdurre una disciplina più moderna e funzionale del processo, anche con riguardo all’esecuzione e all’adozione di
forme alternative di definizione delle controversie. L’istituto
contiene sostanzialmente due profili: l’uno di finalità conciliativa, originato dalla volontà di creare uno strumento deflattivo del contenzioso consentendo alle parti di addivenire alla
conciliazione sul nascere della controversia, l’altro con finalità cognitiva.
Per quest’ultimo, pur non volendone trattare con questo
contributo il dettaglio dei contenuti, appare tuttavia opportuno precisare che non ha niente in comune con gli strumenti di
natura cautelare, trattandosi di strumento più affine alla consulenza in corso di causa, pur limitando essa “ai fini dell’accertamento e della relativa determinazione dei crediti derivanti dalla mancata o inesatta esecuzione di obbligazioni contrattuali o da fatto illecito (...)”.
Al consulente infatti non è demandata alcuna cognizione
diretta sulla situazione controversa, cognizione del diritto da
ritenersi solo funzionale alla consulenza preventiva non costituendone l’oggetto, aspetto che invece sarà dedotto dal giudice competente nella successiva controversia di merito. Il consulente, quindi, in definitiva, conserva anche con questo strumento la sua funzione di ausiliario esperto del giudice laddove questi necessiti di conoscenze e competenze specialistiche
che esulino dalle proprie competenze. È tuttavia da porre l’accento come la dizione generica della norma cui si riferisce
l’oggetto della consulenza tecnica preventiva, dall’inadempimento o inesatto adempimento sia di obbligazioni contrattuali
sia di generiche obbligazioni risarcitorie extracontrattuali,
conferisca allo strumento un amplissimo campo applicativo.
La importante funzione conciliativa
Esaurita la brevissima analisi del profilo cognitivo della
norma, concentriamoci su quello conciliativo. La norma prevede che “Il consulente prima di provvedere al deposito della
relazione tenta, ove possibile, la conciliazione delle parti”.
Tale possibilità, se da una parte rimette alla discrezionalità del
CTU lo svolgimento del tentativo, introducendo di fatto la
necessità di una valutazione preventiva del conflitto da parte
dell’esperto che dovrebbe essere svolta valutando attentamente le diverse componenti e livelli della dinamica della lite, dall’altra conferisce ampio riconoscimento a tale
importante attività, che sino a oggi, pur comunque svolta dalla vasta comunità di esperti, si trovava spesso a fare i conti
con la scomoda ristrettezza dei limiti imposti dalla norma dell’art. 198, che imponeva alcune particolari attenzioni in ordine all’efficacia delle modalità e dei risultati dell’esperimento.
Questo riconoscimento, pur limitando la portata dell’attività conciliativa alla tipologia delle controversie indicate nel
comma 1 dell’art. 696-bis cod. proc. civ., va nella direzione di
configurare il CTU come un vero e proprio conciliatore che
assiste le parti in lite, facilitandone la comunicazione, facendone emergere gli interessi che sono alla base del contenzioso
per giungere alla conciliazione della controversia mediante un
accordo che possa essere considerato reciprocamente soddisfacente dalle parti e che abbia i requisiti per estinguere il
conflitto. L’attività di questi, quindi, dovrebbe seguire le fasi
di una conciliazione vera e propria definite nei diversi regolamenti di associazioni ed enti - in particolare quello di Unioncamere italiane - per funzionalità e migliore operatività, e
dove le parti in lite, partecipando direttamente alle sessioni di
lavori, mantengono, grazie anche alle specifiche attività del
conciliatore, un ruolo centrale nel procedimento.
Preparazione e formazione dei consulenti
La novella pone ulteriore importanza su di un aspetto,
niente affatto secondario, circa la preparazione e la formazione dei consulenti in materia di gestione dei conflitti e procedure conciliative. Invero, se si riconosce alla norma la volontà
di conferire piena e concreta efficacia all’esperimento conci-
105
Competenze e Professione
liativo, è da valutare come i consulenti tecnici, ancorché preparati e competenti nei rispettivi settori, possano non garantire una specifica professionalità nelle tecniche di negoziazione
e gestione dei conflitti.
In questo senso è evidente il rischio, tutt’altro che remoto,
di vedere affidate le procedure di conciliazione a soggetti che,
seppur dotati dell’adeguata competenza tecnica e fiducia del
giudice e del sempre necessario buon senso, non abbiamo tuttavia la specifica e indispensabile preparazione nella conduzione e gestione di una procedura di conciliazione. Tale fatto
porterebbe al determinarsi di notevoli problematiche in ordine
alla credibilità sull’efficacia dell’istituto da parte degli operatori e soggetti coinvolti (giudici, avvocati e parti) nel ruolo
del CTU - conciliatore, elemento questo assai pericoloso per
una procedura innovativa che non potrà non generare comprensibili aspettative.
Appare pertanto importante che le categorie professionali
predispongano, per quanto non hanno già in essere, cicli formativi indirizzati e dedicati a formare i professionisti specificamente in tale particolare procedura.
Prassi applicativa
Ritornando alla norma, non può sfuggire la versatilità che
il legislatore ha voluto offrire alla prassi applicativa in relazione alla tutela giurisdizionale dei diritti. La norma prevede
che la consulenza preventiva sia dedicata ai diritti contemplati
nel comma 1, ovvero “diritti di credito nascenti dalla mancata
o inesatta esecuzione di un’obbligazione contrattuale o da fatto illecito”, definizione la cui genericità, come già accennato,
conferirà allo strumento un amplissimo campo di utilizzo.
Pensiamo allora alle numerose controversie in materia di
appalti di lavori e compravendite immobiliari che affollano le
aule dei nostri tribunali e dove assume un rilievo centrale e
primario, nella decisione giurisdizionale, il mezzo istruttorio
della consulenza tecnica.
Assai frequentemente alla consulenza si perviene con il
decorso di qualche anno di giudizio, aggravando la procedura
di spese e oneri e le parti, spesso, di aspettative inutili che
n. 5-6/ 2006
conducono a una maggiore avversarialità tale da, e non accade raramente, moltiplicare gli effetti negativi del conflitto in
nuove cause. Ecco quindi che la consulenza tecnica preventiva può offrire alle parti, in tempi che evidentemente sfuggono
alla durata di un procedimento cognitivo, lo spunto per una
definizione negoziale della controversia oppure la possibilità
di vedere ridimensionate o annullate le proprie pretese facendole quindi astenere dalla promozione di un processo di
cognizione, a quel punto inutile e costoso. Nel caso che la
conciliazione riesca, il consulente deve formare un processo
verbale di conciliazione che viene inserito nel fascicolo di
ufficio a cui il giudice mediante proprio decreto, attraverso un
controllo meramente formale sulla regolarità delle sottoscrizioni e sull’oggetto, attribuisce forma di efficacia esecutiva ai sensi dell’art. 199. In tale senso si rafforzano gli effetti
della conciliazione, non limitati a offrire titolo per una espropriazione, ma anche, ampliando l’ambito della tutela ed eliminando l’ulteriore ricorso al giudice di merito, per una esecuzione in forma specifica o per una iscrizione ipotecaria.
È altresì da cogliersi con favore l’esenzione del processo
verbale di conciliazione dall’imposta di registro. Sempre nel
caso che la conciliazione riesca, le spese per l’attività del consulente dovranno essere regolate nel processo verbale di conciliazione con l’applicazione degli artt. 91 e seguenti cod.
proc. civ. Nell’ipotesi che invece la conciliazione abbia esiti
negativi, il consulente deve provvedere al deposito della relazione peritale.
Sul punto la norma non richiama l’applicazione dell’art.
200 cod. proc. civ. come invece accadeva nel tentativo di conciliazione sino a oggi previsto dall’art. 198 cod. proc. civ., in
materia di documenti e registri contabili; cosicché il CTU non
è tenuto a riportare le dichiarazioni delle parti che il giudice
poteva valutare a norma dell’art. 116 (valutazione delle prove) liberando quindi le parti dal peso non trascurabile che le
proprie dichiarazioni, atteggiamenti o condotte potessero sfociare in decisioni per loro pregiudizievoli nel corso del
procedimento di merito ampliando, pertanto, le reali potenzialità dello strumento conciliativo.
«Consulente Immobiliare»
106
n. 5-6/2006
Competenze e Professione
I CONTROLLI E LE VERIFICHE NECESSARIE
PRIMA DEL ROGITO NOTARILE
di Ermanno Fellet
N
egli atti di compravendita di immobili, prima di arrivare al rogito occorrono verifiche molto importanti
sullo stato di diritto dell’immobile. I controlli sono
infatti necessari e in certi casi addirittura imposti dalla legge
perché certi obblighi e certi debiti “seguono”, per così dire,
l’immobile. Infatti comprando una casa compreremo anche
eventuali obblighi o debiti legati ad essa. È nell’interesse di
chi acquista verificare l’eventuale presenza di problemi o di
spese arretrate. Quali sono le verifiche necessarie? Preliminarmente va ricordato che il notaio è obbligato di norma a
verificare trascrizioni e iscrizioni prima della firma del rogito. Esistono per questo professionisti e società specializzate
nelle informazioni immobiliari, che possono fornire queste
importanti notizie e sullo stato di fatto e di diritto dell’immobile.
Trascrizioni
Trascrizioni di compravendita
La trascrizione della compravendita (il cosiddetto “rogito
precedente” o “atto di provenienza”) è il primo controllo che ci
interessa perché riguarda le informazioni sulla proprietà di un
immobile. Dalla trascrizione si desume infatti la descrizione
dell’immobile con i suoi eventuali “accessori” (cantina, solaio,
garage, ecc.); si sa poi se l’immobile è effettivamente della persona che si presenta come il proprietario, se questa persona è
l’unico proprietario e se possiede l’immobile in comunione o
separazione dei beni.
Servitù
È un obbligo verso qualcosa e non verso qualcuno. Per
esempio, un condominio può essere obbligato a lasciare passare attraverso la sua proprietà le automobili dirette a un altro
condominio che non ha altre vie d’uscita: si dirà che sul primo
condominio “grava una servitù di passaggio”: Le servitù limitano le cose che si possono fare con la proprietà. Nell’esempio
presentato, la servitù impedisce di chiudere ed ostruire il passaggio che serve all’altro condominio.
Usufrutto
Si tratta di un “diritto di godimento” per cui qualcuno
(“usufruttuario”) gode gratuitamente di un bene appartenente a
un’altra persona (“nudo proprietario”) o per il tempo previsto
da un contratto, o per tutta la vita. Ad esempio, un genitore può
intestare ad un figlio la proprietà di un appartamento riservandosi però il diritto di abitarci per il resto della propria vita: in
questo caso, il genitore sarà “usufruttuario” e il figlio sarà
“nudo proprietario”: Se si compra la “nuda proprietà” di una
casa di cui qualcun altro ha l’usufrutto, non sarà possibile usarla fino a che quest’altra persona ne avrà l’usufrutto.
Iscrizioni
Ipoteca
Se l’immobile è stato dato come garanzia per ottenere un
finanziamento, come per esempio un mutuo, allora si dice che è
“ipotecato”: Se vogliamo comprarlo dobbiamo quindi esigere
dal venditore il documento che attesta la cancellazione dell’ipoteca (cioè il pagamento del debito per intero). Questo va fatto sempre entro la data del rogito, mai dopo. Infatti, in caso di
vendita, l’ipoteca viene trasferita assieme all’immobile a chi
compra.
Pignoramento
Un immobile è “pignorato” quando è stato “congelato” per
ordine del Tribunale come garanzia di un pagamento dovuto
dal proprietario. Un immobile pignorato non può essere venduto fino a quando il debito non è stato pagato e il pignoramento
tolto. Se si desidera acquistare comunque l’immobile (per
esempio perché si vuole unificare una proprietà frazionata), è
consigliabile l’assistenza di un legale.
Fallimento
Prima del rogito il notaio verifica che il venditore non sia
stato dichiarato “fallito”. Se questo fosse il caso, la compravendita sarebbe impossibile, a meno di rivolgersi al Tribunale che
sta curando il fallimento, con l’assistenza necessaria di un
avvocato. È consigliabile fare qualche controllo sul venditore
anche per verificare che non sia in dissesto finanziario.
Infatti, nel caso dovesse fallire dopo la vendita, si correrebbe il rischio di incappare nella cosiddetta “revocatoria fallimentare” (i beni venduti nei due anni precedenti rientrano nel patrimonio messo a disposizione dei creditori).
«Geo Info Tec»
107
Competenze e Professione
n. 5-6/ 2006
LE PRESTAZIONI ENERGETICHE
NELL’EDILIZIA RESIDENZIALE
di Oliviero Tronconi
I
l Dlgs. 192 del 19 agosto 2005 contiene molti elementi
che compongono un quadro organico e strutturato per
l’approccio che gli operatori del settore delle costruzioni
(progettisti, edili e impiantistici, costruttori, gestori dell’immobile ovvero società di facility management) dovranno
assumere di fronte alla ormai sempre più stringente necessità di governare le problematiche energetiche.
L’energia è alla base di qualunque possibile ipotesi di sviluppo e capacità competitiva del nostro Paese, ma oggi la
situazione è decisamente grave a causa della forte dipendenza
energetica dell’Italia dall’estero che raggiunge quasi l’85% del
fabbisogno complessivo. Questo fardello determina costi energetici sempre più elevati che ostacolano gravemente sia la formazione di un mercato energetico effettivamente concorrenziale sia la competitività delle imprese, oltre a contribuire negativamente alla bilancia commerciale del Paese. Il D.Lgs.
192/2005 pone le basi per una utilizzazione razionale dell’energia negli edifici, un contesto in cui, ancora oggi, si registra uno
spreco di grandi dimensioni che oltre tutto determina anche
nefaste influenze sull’ambiente nel suo complesso. Entriamo
ora analiticamente nel merito dei contenuti del decreto.
Migliorare le prestazioni energetiche degli edifici
Il D.Lgs. 192/2005 si prefigge di stabilire i criteri, le condizioni e le modalità per migliorare le prestazioni energetiche
degli edifici al fine di favorire lo sviluppo, la valorizzazione e
l’integrazione delle fonti rinnovabili e la diversificazione
energetica di contribuire a conseguire gli obiettivi nazionali di
limitazione delle emissioni di gas a effetto serra posti dal protocollo di Kyoto, di promuovere la competitività dei comparti
più avanzati attraverso lo sviluppo tecnologico.
E in particolare:
a. la metodologia per il calcolo delle prestazioni energetiche integrate dagli edifici;
b. l’applicazione di requisiti minimi in materia di prestazioni energetiche degli edifici;
c. i criteri generali per la certificazione energetica degli
108
edifici;
d. le ispezioni periodiche degli impianti di climatizzazione;
e. i criteri per garantire la qualificazione e l’indipendenza
degli esperti incaricati della certificazione energetica e delle
ispezioni degli impianti;
f. la raccolta delle informazioni e delle esperienze, delle
elaborazioni e degli studi necessari all’orientamento della
politica energetica del settore;
g. la promozione dell’uso razionale dell’energia anche
attraverso l’informazione e la sensibilizzazione degli utenti
finali, la formazione e l’aggiornamento degli operatori del
settore.
Il provvedimento si applica integralmente a tutto l’edificio
nel caso di: ristrutturazione integrale degli elementi edilizi
costituenti l’involucro di edifici esistenti di superficie utile
superiore a 1.000 mq; demolizione e ricostruzione in manutenzione straordinaria di edifici esistenti di superficie utile superiore a 1.000 mq; mentre trova applicazione limitata al solo
ampliamento dell’edificio nel caso che l’ampliamento stesso
risulti volumetricamente superiore al 20% dell’intero edificio
esistente.
Un’applicazione limitata al rispetto di specifici parametri,
livelli prestazionali e prescrizioni, nel caso di interventi su
edifici esistenti, quali: ristrutturazioni totali o parziali e
manutenzione straordinaria dell’involucro edilizio, nuova
installazione di impianti termici in edifici esistenti o ristrutturazione degli stessi impianti, sostituzione di generatori
di calore.
Restano esclusi gli immobili ricadenti nell’ambito della
disciplina della parte seconda e dell’art. 136, comma 1, lett.
b) e c), del Codice dei beni culturali e del paesaggio; i fabbricati industriali, artigianali e agricoli non residenziali quando gli ambienti sono riscaldati per esigenze del processo produttivo o utilizzano reflui energetici del processo produttivo
non altrimenti utilizzabili; i fabbricati isolati con una superficie utile totale inferiore a 50 mq.
Per gli appartamenti di condomini nuovi la certificazione
energetica può essere determinata:
n. 5-6/2006
- sulla base di una certificazione dell’intero edifico;
- sulla base di un altro appartamento rappresentativo dello
stesso condominio e della stessa tipologia.
La certificazione energetica, obbligatoria dall’8 ottobre
2006 (dopo un anno dall’entrata in vigore del decreto) deve
essere allegata all’atto di compravendita e, nel caso di locazione, una copia deve essere consegnata al conduttore; ha una
validità temporale di 10 anni e deve essere aggiornata a ogni
ristrutturazione edilizia e/o dell’impianto che modificano le
prestazioni energetiche dell’edificio. Il certificato, che permette al cittadino di valutare e confrontare i consumi energetici dell’edificio o del suo appartamento, deve indicare, inoltre, gli interventi suggeriti per migliorare le prestazioni energetiche dell’edificio stesso. Per gli edifici pubblici o a uso
pubblico con superficie superiore a 1.000 mq i decreti attuativi avrebbero dovuto essere emanati, da parte del Ministero delle attività produttive, entro il 6 aprile 2006 (120 giorni
dall’entrata in vigore del decreto). Per quanto riguarda i
requisiti della prestazione energetica degli edifici, l’art. 11 del
D.Lgs. 192/2006 precisa che: «Fino alla data di entrata in
vigore del decreti di cui all’art. 4, comma 1, il calcolo della
prestazione energetica degli edifici nella climatizzazione
invernale e, in particolare, il fabbisogno annuo di energia primaria è disciplinato dalla legge 10 del 9 gennaio 1991, come
modificata dal presente decreto, dalle norme attuative e dalle
disposizioni di cui all’allegato I». Nel caso di edifici di nuova
costruzione e nel casi previsti dall’art. 3, comma 2, lett. a) e
b), si procede in sede progettuale alla determinazione del fabbisogno annuo di energia primaria per la climatizzazione
invernale espresso in chilowattora per metro quadrato di
superficie utile dell’edificio (kWh/mq anno) e alla verifica
che lo stesso risulti inferiore ai valori riportati nella tabella 1
al punto 1 dell’allegato C.
Fabbisogno di energia primaria
In conclusione, gli edifici con più di 1.000 mq di superficie utile nel corso di “ristrutturazione integrale” e/o di “demolizione e ricostruzione in manutenzione straordinaria”, in base
alla loro qualità energetica vengono individuati in classi di
consumo dalla A alla G.
L’attestato di certificazione energetica riporterà una scala
di 7 gradini di colore dal verde al rosso che corrispondono
alle diverse classi di consumo: dalla classe A di colore verde
alla classe G di colore rosso caratterizzata da elevati consumi.
L’attestato di certificazione energetica costituirà uno strumento che consentirà agli utenti, ai proprietari, agli operatori del
settore, di valutare e confrontare i consumi e quindi i costi
energetici degli immobili. Uno strumento prezioso sulla via
della utilizzazione razionale delle risorse energetiche.
L’allegato I prosegue specificando che: «Nel caso di sostituzione di generatore di calore, prevista dall’art. 3, comma 2,
lett. c), numero 3, si intendono rispettate tutte le disposizioni
vigenti in tema di uso razionale dell’energia qualora coesistano le seguenti condizioni:
a. i nuovi generatori siano dotati della marcatura di rendimento energetico pari a tre o quattro stelle così come definito
nell’allegato II del D.P.R. 660 del 15 novembre 1996, e certificati conformemente a quanto previsto nel decreto medesimo;
b. la temperatura media del fluido termovettore in corrispondenza delle condizioni di progetto sia non superiore a
Competenze e Professione
60° C;
c. siano presenti dispositivi per la regolazione automatica
della temperatura ambiente nei singoli locali o nelle singole
zone aventi caratteristiche di uso ed esposizioni uniformi, di
cui al precedente comma 12;
d. nel caso di installazioni di potenze nominali del focolare maggiori o uguali a 35 kW, siano installati nuovi generatori
di potenza nominale del focolare non superiore al 10% a quella dei generatori che vengono sostituiti.
In tutti gli altri casi di sostituzione di generatori di calore
vale quanto disposto dall’art. 5, comma 3, del D.P.R. 412 del
26 agosto 1993, con l’integrazione del calcolo del fabbisogno
annuo di energia primaria per la climatizzazione invernale,
espresso per metro quadrato di superficie utile dell’edificio
(kWh/mq anno), conformemente al comma 1 del presente
allegato e alla verifica che lo stesso risulti inferiore ai valori
massimi riportati nella precedente tabella 1 dell’allegato C al
presente decreto».
Altre disposizioni molto importanti, riportate sempre nell’allegato I, sono quelle riferite all’adozione di sistemi automatici di regolazione degli impianti (comma 12): «Per tutti
gli edifici e gli impianti termici nuovi o ristrutturati, è prescritta l’installazione di dispositivi per la regolazione automatica della temperatura ambiente nei singoli locali o nelle singole zone aventi caratteristiche di uso ed esposizioni uniformi
al fine di non determinare sovrariscaldamento per effetto
degli apporti solari e degli apporti gratuiti interni. L’installazione di detti dispositivi è aggiuntiva rispetto ai sistemi di
regolazione di cui all’art. 7, commi 2, 4, 5 e 6 del D.P.R. 412
del 26 agosto 1993, e successive modifiche, e deve comunque
essere tecnicamente compatibile con l’eventuale sistema di
contabilizzazione».
Per ultime, ma non meno importanti, le disposizioni inerenti l’adozione obbligatoria di impianti solari termici per gli
edifici pubblici o di uso pubblico di nuova costruzione ricadenti nelle prescrizioni del D.P.R. 412/ 1993. In questi casi,
l’impianto deve essere progettato o realizzato in modo da
coprire almeno il 50% del consumo annuo di energia termica
richiesta dall’utenza per la produzione di acqua calda sanitaria. L’eventuale impossibilità tecnica di rispettare la presente
disposizione deve essere dettagliatamente motivata dalla relazione tecnica dal professionista incaricato del progetto.
Le criticità del D.Lgs. 192/2005
Emerge la difficoltà di valutare compiutamente il D.Lgs
192/2005 senza l’emanazione di decreti attuativi. Infatti, senza gli strumenti attuativi, il decreto è praticamente una pura
manifestazione di intenti. Alcuni dei punti chiave del provvedimento riprendono indirizzi già contenuti nella legge
10/1991 che non sono mai stati compiutamente definiti da
specifici strumenti attuativi. Per il periodo transitorio il D.
Lgs 192/2005, negli allegati, modifica alcuni punti della legge
10 del D.P.R. 412/1993. L’attuazione del D. Lgs 192/2005 è
delegata alle regioni e alle province autonome di Trento e
Bolzano. Quest’ultimo elemento potrebbe provocare disomogeneità nell’attuazione della norma a livello nazionale.
Riferimenti Normativi
Ministero per lo sviluppo economico, DGERM, circolare 23 maggio 2006 - Chiarimenti e precisazioni riguardanti le
109
Competenze e Professione
modalità applicative del D.Lgs. 192 del 19 agosto 2005, di
attuazione della direttiva 2002/91/CE relativa al rendimento
energetico nell’edilizia.
D.Lgs. 192, 19 agosto 2005 - Attuazione della direttiva
2002/91/CE relativa al rendimento energetico nell’edilizia (G.
U. 222 del 23 settembre 2005).
D.M. infrastrutture e trasporti, 27 luglio 2005 - Norma
concernente il regolamento d’attuazione della legge 10 del 9
gennaio 1991 (art. 4, commi 1 e 2) recante «Norme per l’attuazione del piano energetico nazionale in materia di uso
razionale dell’energia, di risparmio energetico e di sviluppo
delle fonti rinnovabili di energia» (G.U. 178 del 2 agosto
2005).
D.Lgs. 301, 27 dicembre 2002 - Modifiche e integrazioni
al D.P.R. 380 del 6 giugno 2001, recante Testo unico delle
disposizioni legislative e regolamentari in materia di edilizia
(G.U. 16 del 21 gennaio 2003).
D.P.R. 380, 6 giugno 2001 - Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di edilizia (s.o. alla
G.U. 266 del 15 novembre 2001).
D.M. 13 dicembre 1993 - Approvazione dei modelli tipo
n. 5-6/ 2006
per la compilazione della relazione tecnica di cui all’art. 28
della legge 10 del 9 gennaio 1991, attestante la rispondenza
alle prescrizioni in materia di contenimento del consumo
energetico degli edifici (G.U. 297 del 20 dicembre 1993).
D.P.R. 412, 26 agosto 1993 - Regolamento recante norme
per la progettazione, l’installazione, l’esercizio e la manutenzione degli impianti termici degli edifici ai fini del contenimento dei consumi di energia, in attuazione dell’art. 4, comma 4, della legge 10 del 9 gennaio 1991 (s.o. 96 alla G.U. 242
del 14 ottobre 1993).
Legge 10, 9 gennaio 1991 - Norme per l’attuazione del
Piano energetico nazionale in materia di uso nazionale dell’energia, di risparmio energetico e di sviluppo delle fonti rinnovabili di energia (s.o. alla G.U. 13 del 16 gennaio 1991).
Norma UNI En 832 - Edifici residenziali (Valutazione del
fabbisogno di energia).
Norma UNI En 13790 - Altri edifici (Valutazione del fabbisogno di energia).
Norma UNI 10348 - Rendimento impianti termici.
Norma En 13790 - Impianti di climatizzazione attiva.
«Consulente Immobiliare»
GEOMETRI OBBLIGATI ALL’ASSICURAZIONE
Definiti i requisiti per le polizze a tutela dei clienti - Obbligo deontologico dal 2007
di Chiara Conti
G
eometri più competitivi sul mercato, con una polizza
che tutela il cliente e i terzi dai rischi professionali. II
Consiglio nazionale dei geometri ha definito i requisiti
minimi della garanzia fideiussoria per le responsabilità legate
all’esercizio della professione, come previsto dal Codice deontologico di categoria approvato il 7 giugno dello scorso anno.
Con l’articolo 9 delle norme etiche, infatti, ha debuttato
l’obbligo a carico del professionista di prestare adeguata garanzia di risarcimento per i possibili danni provocati al committente (privati o pubbliche amministrazioni) o a terzi, che siano
conseguenza dell’attività professionale.
Il Codice rimetteva però al Consiglio nazionale il compito
di fissare i paletti minimi per la copertura assicurativa, massimali e costi, validi su tutto il territorio nazionale e con possibilità di applicazione in ambito europeo.
“L’assicurazione per la responsabilità civile rappresenta uno
dei cardini del nostro programma che si propone di creare le
condizioni per una maggiore apertura della categoria sul mercato, migliorando ancora la qualità della prestazione offerta al
cliente”, commenta Piero Panunzi, presidente del Cng.
Da qui, dapprima l’introduzione di regole per assicurare
l’attività dal punto di vista deontologico, ora la garanzia
fidejussoria e a breve l’impegno di rendere la formazione
professionale continua obbligatoria e certificata, con la determinazione di standard qualitativi.
110
La polizza copre tutti gli ambiti relativi alla polivalente
competenza del geometra, tra cui spiccano: la direzione e contabilità lavori, il rilevamento topografico, gli adempimenti in
meritò alla sicurezza nei cantieri e quelli tecnico-fiscali e
catastali, stime e valutazioni, la consulenza e la redazione di
piani urbanistici.
L’importo del premio varia in relazione al volume d’affari
fatturato e al massimale (con 4 livelli: 250mila euro, 500mila, 1
milione e 1,5 milioni). In particolare, per un fatturato fino a
20mila euro e massimale pari a 250mila, si dovrà corrispondere
un premio di 226 euro, fino ad arrivare a 1.600 euro per oltre
150mila di reddito e massimale pari a 1,5 milioni. L’assicurazione può essere stipulata da subito, ma l’obbligo deontologico
di copertura assicurativa decorrerà dal 1° gennaio 2007.
Tuttavia, l’apertura del procedimento e l’eventuale ricorso a
sanzioni disciplinari da parte dei Collegi provinciali potranno
scattare solo nel caso in cui il committente al momento della
stipulazione del contratto abbia richiesto la garanzia assicurativa e il professionista sprovvisto della copertura minima si rifiuti di provvedere.
Il Cng, in seguito a una ricerca di mercato, ha già stipulato
una convenzione con i Lloyd di Londra, ma gli oltre 100 mila
iscritti all’Albo sono liberi di scegliere anche un’altra impresa
assicuratrice.
«Il Sole 24 Ore»
n. 5-6/2006
Competenze e Professione
IL CONTRIBUTO INTEGRATIVO
È DEDUCIBILE SOLO IN PARTE
Una risoluzione dette Entrate per gli iscritti alle casse di previdenza.
In precedenza l’integrativo era totalmente indeducibile.
di Stefano M. Perego
C
on risoluzione n. 68 del 18 maggio 2006 l’Agenzia
delle entrate ha risposto a una istanza di interpello
presentata dall’Associazione Cassa nazionale di previdenza e assistenza dei ragionieri e periti commerciali nella
quale veniva richiesto un preventivo parere all’amministrazione sul corretto trattamento fiscale da applicare al contributo integrativo minimo che gli iscritti sono tenuti obbligatoriamente a versare alla Cassa.
Tutte le Casse di previdenza dei diversi ordini professionali (architetti, ingegneri, geometri, notai, medici,
commercialisti, periti ecc.) prevedono il pagamento del contributo soggettivo, del contributo integrativo e anche dell’eventuale contributo di maternità e/o solidarietà, in misura
fissa determinato su un presunto volume d’affari e su un
presunto reddito minimo.
Il contributo soggettivo è un contributo proporzionale al
reddito prodotto, comunque soggetto a un minimo, viene
utilizzato ai fini del calcolo della propria pensione.
Essendo un contributo previdenziale dovuto obbligatoriamente da coloro che esercitano la libera professione e
facoltativamente da coloro che intendono mantenere l’iscrizione alla gestione della forma pensionistica con la Cassa di
appartenenza è ammesso in deduzione dal proprio reddito
imponibile ai fine Irpef nel quadro RP rigo 24 del modello
Unico. Il contributo integrativo non concorre a formare il
reddito professionale, non costituisce base imponibile Irpef
anche se soggetto all’Imposta sul valore aggiunto (Iva) e
nonostante sia riportato nel volume d’affari annuale. Si tratta di una maggiorazione percentuale applicata a tutti i corrispettivi rientranti nel volume di affari, e deve essere versata alla cassa indipendentemente dall’effettiva riscossione. In
generale essendo assistito dal meccanismo della rivalsa e
non concorrendo alla formazione del reddito di lavoro autonomo viene considerato un onere indeducibile nel quadro
RP.
La risoluzione prende in esame il caso in cui un contribuente abbia realizzato un modesto volume d’affari o addirittura un volume d’affari pari a zero.
I professionisti che nell’anno non raggiungono il volume
d’affari minimo teorico, predeterminato dalla propria Cassa,
sono comunque tenuti a versare il contributo integrativo
minimo che sarà, conseguentemente, superiore a quanto il
professionista può addebitare al cliente.
Venendo a mancare in questo caso la possibilità di rivalsa, resta quindi a carico esclusivo del professionista l’onere
del pagamento alla propria Cassa di previdenza del contributo integrativo sicuramente fino alla soglia di quanto
dovuto come minimo. La risoluzione, riconoscendo questa
eventualità, ammette al professionista la possibilità di poter
portare in deduzione dal proprio reddito imponibile ai fini
Irpef quella parte di contributo integrativo rimasta effettivamente a suo carico.
Occorre precisare che non possono usufruire, comunque,
di tale deduzione coloro che hanno optato per il regime
sostitutivo per le nuove iniziative produttive (art. 13, legge
388/2000). Nonostante abbiano maggiori probabilità di trovarsi nella condizione citata in precedenza non possono
comunque fare valere alcun onere detraibile e/o deducibile.
Per coloro che hanno eseguito tale opzione il reddito professionale si determina per differenza tra l’ammontare dei
compensi effettivi e le spese sostenute, secondo le regole
previste per il lavoro autonomo, applicando in luogo dell’Irpef e delle addizionali un’imposta sostitutiva del 10%.
«ItaliaOggi»
111
Condominio
n. 5-6/ 2006
MANUTENZIONE E VERIFICHE DI «VECCHI»
ASCENSORI IN EDIFICI CONDOMINIALI
Sommario: 1. Termini e abbreviazioni; 2. Le vigenti norme sui vecchi ascensori; 3. Responsabilità; 4.
Norme su manutenzione e verifiche dei vecchi ascensori D.P.R. 30 aprile 1999 n. 162; 5. Lettere del proprietario (amministratore di condominio) al manutentore e al verificatore; 6. Alcune osservazioni
di Francesco Terranova
1. Termini e abbreviazioni
Userò appresso per semplicità le seguenti abbreviazioni:
Dir. CE 95, per la Direttiva 95/16/CE del 29 giugno 1995;
DPR 99, per il D.P.R. 30 aprile 1999 n. 162;
DM 05, per il DM. 26 ottobre 2005;
DM 06, per il DM. 16 gennaio 2006.
E userò i seguenti termini:
vecchi ascensori sono gli ascensori installati prima del 25
giugno 1999, data di entrata in vigore del D.P.R. 30 aprile
1999 n. 1621;
proprietario è il proprietario dell’immobile in cui è installato
l’impianto dell’ascensore od il suo legale rappresentante2; il
quale, nel caso di un condominio, ritengo che sia il suo amministratore (fra i «Termini e definizioni» della norma UNI EN
81-80 è compreso il proprietario dell’impianto, quale «Persona fisica o giuridica che ha il potere di disporre dell’impianto
e che ha la responsabilità del suo uso e funzionamento»);
manutentore è la persona munita di certificato di abilitazione
o la ditta specializzata o l’operatore comunitario dotato di
specializzazione equivalente - che devono servirsi di personale abilitato - a cui il proprietario affida la manutenzione di
tutto il sistema dell’ascensore3;
verificatore (termine, questo, proposto da me) è l’ASL
(Azienda Sanitaria Locale) competente per territorio o l’ARPA (Azienda Regionale per la Protezione dell’Ambiente)
quando le disposizioni regionali di attuazione della L. 21 gennaio 1994 n. 61 le attribuiscano tale competenza od uno degli
Organismi di certificazione notificati (Questi Organismi sono
ditte autorizzate, con decreto del Ministero delle attività produttive, ad eseguire le verifiche)4 a cui il proprietario affida la
verifica periodica (biennale) dell’impianto; il verificatore vi
provvede a mezzo di un ingegnere,
ingegnere è il tecnico fornito di laurea in ingegneria incaricato dal verificatore di provvedere alla verifica periodica biennale5; alla quale l’ingegnere procede facendola eseguire dal
manutentore6;
libretto è l’apposito libretto in cui devono essere annotati o
allegati i verbali delle verifiche periodiche e straordinarie
dell’ascensore e gli altri atti relativi alla sua manutenzione ed
alle relative verifiche 7;
1 Come si legge nell’art. 1, comma 2 del D.M. 05.
2 DPR 99, art. 13, c. 1, 1° periodo; art. 15, c. 1, 1° periodo; art. 16, c. 2 e c. 3.
3 DPR 99, art. 15, c. 1, 1° periodo.
4 Sugli Organismi di certificazione, ved. DPR 99, art. 9.
5 DPR 99, art. 13, c. 1, 2° periodo.
6 DPR 99, art. 13, c. 3, 2° periodo.
7 DPR 99, art. 16, c. 1.
8 DPR 99, art. 13, c. 1, 1° periodo.
9 DPR 99, art. 15, c. 1, 1° periodo.
10 DPR 99, art. 15, c. 6.
112
2. Le vigenti norme sui vecchi ascensori
Ai vecchi ascensori si applicano anzitutto le norme del
DPR 99, che sono valide per tutti gli ascensori in servizio permanente negli edifici condominiali (e per i cd. «componenti
di sicurezza» in essi utilizzati).
In particolare poi, per quanto riguarda la loro manutenzione e le loro verifiche si applicano le disposizioni dello
stesso DPR 99 e le recenti disposizioni del DM 05 e DM 06,
con la norma UNI EN 81-80 in essi citata, emanati proprio
per i vecchi ascensori.
3. Responsabilità
Responsabili dell’osservanza della vigente normativa
sugli ascensori sono:
• il proprietario, che deve:
- disporre l’esecuzione di regolari manutenzioni e delle
verifiche periodiche biennali8;
- affidare al manutentore la manutenzione di tutto il sistema dell’ascensore9;
- fornire i mezzi ed aiuti indispensabili per l’esecuzione
delle verifiche periodiche biennali 10;
- provvedere prontamente (a proprie spese) alle riparazioni e sostituzioni segnalate dal manutentore 11;
- assicurare la disponibilità del libretto all’atto di verifiche
e controlli 12;
- esporre nella cabina le prescritte avvertenze e targa13;
• il manutentore, che deve provvedere:
- alla esecuzione di regolari manutenzioni di tutto il sistema dell’ascensore 14;
- alle altre operazioni di manutenzione e verifica 15;
- all’annotazione dei risultati delle verifiche nel libretto 16;
- alla tempestiva segnalazione al proprietario di riparazioni e sostituzioni da effettuare ed alla successiva verifica dell’avvenuta corretta esecuzione 17;
- all’esecuzione delle operazioni relative alle verifiche
periodiche biennali, secondo le disposizioni dell’ingegnere 18;
• il verificatore, che deve curare:
- le verifiche periodiche biennali, alle quali provvede a
mezzo di un ingegnere 19 e le quali vengono eseguite dal
manutentore secondo le disposizioni dell’ingegnere stesso;
- il successivo rilascio al proprietario ed al manutentore
11 DPR 99, art. 13, c. 4 [E sono a carico del proprietario le spese per le verifiche
periodiche 12 (DPR 99, art. 13, c. 6) e straordinarie (DPR 99, art. 14, c. 4)].
12 DPR 99, art. 16, c. 2.
13 DPR 99, art. 16, c. 3.
14 DPR 99, art. 15, c. 1.
15 DPR 99, art. 15, c. 2, 3 e 4, lett. a), b), e).
16 DPR 99, art. 15, c. 4, lett. d).
17 DPR 99, art. 15, c. 5 e 7.
18 DPR 99, art. 13, c. 3, 1° periodo.
19 DPR 99, art. 13, c. 1.
Condominio
n. 5-6/2006
del relativo verbale; e, ove questo sia negativo, la comunicazione dell’esito al competente ufficio comunale 20;
- l’esecuzione delle verifiche straordinarie 21.
4. Norme su manutenzione e verifiche dei vecchi ascensori
D.P.R. 30 aprile 1999 n. 162
Manutenzione
4.1. Manutenzioni regolari (DPR 99, art. 13, c. 1. 1°
periodo, 1a parte).
Questa norma stabilisce l’esecuzione (su disposizione del
proprietario dell’immobile) di regolari manutenzioni dell’impianto (da parte appunto del manutentore) ma non ne
prescrive la periodicità e non spiega in quali operazioni debba consistere una regolare manutenzione.
Considerato però che il manutentore deve provvedere
almeno ogni 6 mesi alle verifiche di paracadute, funi, ecc.22 e
che la verifica periodica dell’impianto a cura del verificatore
deve effettuarsi ogni 2 anni23, mi pare logico ritenere che la
manutenzione regolare debba eseguirsi almeno ogni 3 mesi
[quando si tratta di impianti realizzati da molti anni (p.e., più
di 20 anni fa, tanto per riferirci al «Contesto storico» che si
legge nella «Introduzione» allegata all’art. 1, ed unico, del
DM 06)].
4.2. Verifiche dello stesso manutentore (DPR 99, art. 15,
3° comma).
Il manutentore provvede: a) alla verifica del regolare funzionamento dei dispositivi meccanici, idraulici ed elettrici; b)
alla verifica di funi e catene (e in particolare delle porte dei
piani e delle serrature); c) alle normali operazioni di pulizia e
lubrificazione delle parti dell’impianto. Questa norma dispone che dette verifiche ed operazioni vadano effettuate
periodicamente (secondo le esigenze dell’impianto) ma neanche essa precisa la loro periodicità.
Considerato però l’impegno della lett. c) circa le ordinarie operazioni di pulizia e lubrificazioni e d’altro canto la
periodicità di almeno 6 mesi per le più accurate verifiche del
manutentore prescritte dallo stesso art. 15, 4° comma22, credo ragionevole (per un impianto realizzato da molti anni)
prevedere la stessa periodicità di 3 mesi proposta per la
manutenzione regolare.
Verifiche dello stesso manutentore (DPR 99, art. 15, 4°
comma).
Il manutentore provvede almeno una volta ogni 6 mesi:
a) alla verifica della integrità ed efficienza di paracadute,
limitatore di velocità ed altri dispositivi di sicurezza; b) alla
verifica minuziosa di funi e catene; c) alla verifica dell’isolamento dell’impianto elettrico e dell’efficienza di collegamenti con la terra; d) alla annotazione dei risultati di dette
verifiche nel libretto di cui al DPR 99, art. 16.
20 DPR 99, art. 13, c. 2.
21 DPR 99, art. 14.
22 Ved. appresso, § 4.3
23 Ved. appresso, § 4.4
24 DPR 99, art. 13, c. 3.
25 DPR 99, art. 13, c. 4.
26 DPR 99, art. 14, c. 1
27 DPR 99, art. 14, c. 2.
28 DPR 99, art. 2, c. 1, lett. i).
29 DPR 99, art. 14, c. 3.
Verifiche
4.3- Verifiche periodiche e straordinarie (DPR 99, artt.
13 e 14).
Le verifiche periodiche devono essere effettuate ogni 2
anni a cura del «verificatore», che vi provvede con un tecnico fornito di laurea in ingegneria.
Le operazioni di verifica periodica sono dirette ad accertare se le parti dalle quali dipende la sicurezza di esercizio
dell’impianto sono in condizione di efficienza, se i dispositivi di sicurezza funzionano regolarmente e se è stato ottemperato alle prescrizioni eventualmente impartite in precedenti
verifiche24. (L’ingegnere incaricato della verifica fa eseguire
dal manutentore le suddette operazioni. E il proprietario fornisce i mezzi e gli aiuti necessari per l’esecuzione delle verifiche periodiche25).
Sono previste poi verifiche straordinarie in caso di verifica periodica negativa26 o di incidente di notevole importanza anche senza infortunio27 o quando si apportano modifiche
costruttive28 non rientranti nella manutenzione ordinaria o
straordinaria29.
D.M. 26 ottobre 2005
4.4. Il DM 05 riguarda gli ascensori installati negli edifici
civili prima del 25 giugno 1999 (data di entrata in vigore del
DPR 99) e stabilisce che, in occasione della prima verifica
periodica successiva al 29 novembre 2005 (data della sua
entrata in vigore), il verificatore effettua l’analisi dei rischi
ex norme UNI EN 81-80 e prescrive interventi di adeguamento e relativi termini . I termini sono «entro 6 mesi» dalla
prima verifica periodica o «da 2 a 4 anni» c.s. o «da 4 a 6
anni» c.s., secondo che i rischi accertati abbiano rispettivamente priorità alta o media o bassa31.
4.5 Per le analisi dei rischi e le prescrizioni degli interventi di adeguamento - che dovranno essere effettuate da un ingegnere avente particolari requisiti32 - le relative modalità e criteri saranno definite da un successivo decreto direttoriale33
per la cui adozione il DM 05 stabilisce il termine di 60 giorni
dalla data di entrata in vigore (29.11.05) dello stesso DM 05,
ossia il termine del 28 gennaio 200634.
4.6 Il DM 05 affida poi al proprietario la corretta custodia
del libretto35, nel quale dovranno essere annotati - e documentati con gli atti che verranno allegati allo stesso libretto -, a
cura del manutentore, le operazioni di manutenzione e delle
relative verifiche di cui ali DPR 99, art. 1536; ed, a cura del
verificatore, le operazioni delle verifiche periodiche e straordinarie di cui al DPR, artt. 13 e 1437.
Al libretto dovranno essere allegati anche i risultati delle
analisi dei rischi e le prescrizioni di cui al DM 05, art. 2 38
[quando, dopo l’adozione del decreto direttoriale (di cui al §
4.6), vi si potrà procedere].
30
30 DM 05, art. 2, c. 1.
31 DM 05, art. 2, c. 2.
32 DM 05, art. 3.
33 Decreto del Direttore generale dello sviluppo produttivo e di competitività.
34 DM 05, art. 2, c. 5.
35 DM 05, art. 4, c. 1.
36 DM 05, art. 4, c. 3, 2a parte.
37 DM 05, art. 4, c. 3, 1a parte.
38 DM 05, art. 4, c. 2.
113
Condominio
n. 5-6/ 2006
4.7. Il DM 05 ricorda infine che (anche limitatamente
alle sole operazioni di manutenzione e di verifica) sono
fatte salve le norme vigenti in materia di prevenzione
incendi 39 e le norme in materia edilizia ex D.P.R. 6 giugno 2001 n. 380 40.
5. Lettere del proprietario (amministratore di condominio) al manutentore ed al verificatore
Considerate le responsabilità delle figure interessate,
potrebbe convenire scinderle chiaramente (per quanto
possibile) con l’invio da parte del proprietario di due lettere a manutentore e verificatore, come da fac-simili a
fronte, consigliabili in particolare ad un amministratore
di condominio.
6. Alcune osservazioni
6.1. Il DM 05 consiste in 4 articoli.
L’art. 1 introduce la norma europea UNI EN 81-80 41
la quale fornisce regole per il miglioramento della sicurezza degli ascensori esistenti, che sono, quasi tutte,
regole tecniche che devono essere ben conosciute dal
manutentore e dal verificatore di un ascensore ma certamente non dal proprietario.
Su questa norma UNI vi è stato un imprevisto incidente
di percorso, risoltosi felicemente in 3 mesi: era implicito, nel
DM 05, che alla sua osservanza sarebbero stati tenuti gli
interessati - cioè i manutentori (oltre ai costruttori) ed i verificatori - per i quali perciò sarebbe stato necessario il loro
acquisto; considerando che si tratta di oltre 700.000 ascensori42 e che la norma UNI EN 81-80 è di proprietà esclusiva
dell’UNI43 e costa 64 euro per ciascuna copia42, si arrivava
complessivamente ad una spesa (alias un contributo a favore
dell’UNI) dell’ordine di grandezza di diversi milioni di euro.
Spett
…………………………
(Manutentore)
Via …………………….
Oggetti: Contratto in data … - Ascensori nelle scale …
del Condominio … di via ecc.
MANUTENZIONE E VERIFICHE DEL MANUTENTORE
Con riferimento al contratto sopra indicato, Vi prego di provvedere
in questo mese, per gli impianti di ascensori sopra indicati:
- alla manutenzione regolare (ex D.P.R. 30 aprile 1999 n. 162, art.
13, c. 1);
- alle verifiche di Vostra competenza (ex D.P.R. 99/162, art. 15, c.
3);
comunicandomi per tempo le date da Voi previste per le suddette
operazioni.
Ciò anche al fine di consentire l'annotazione da parte Vostra - ai
sensi dell'art. 15, c. 4, lett. d) del DPR 99/162 e dell'art. 4, c 3 del
DM 26 ottobre 2005 - dei risultati delle suddette verifiche nel
libretto di cui all'art. 16 del DPR 99/162, affidato alla mia custodia
(ex art. 4, c. 1, DM. 26 ottobre 2005).
Distinti saluti.
L'amministratore del condominio
39 DM 05, art. 2, c. 6.
40 DM 05, art. 1, c. 3.
41 Ed. it. 2003 di 55 pagine.
114
Spett
…………………………
(Verificatore)
Via …………………….
Oggetti: Contratto in data … - Ascensori nelle scale …
del Condominio di via … ecc.
VERIFICA PERIODICA BIENNALE
Con riferimento al contratto sopra indicato, Vi prego di provvedere
alla verifica periodica degli ascensori sopra indicati prescritta dal
D.P.R. 30 aprile 1999 n. 162, art. 13 - da effettuare a mezzo di un
ingegnere - nel prossimo mese di … cioè dopo 2 anni dall'ultima
verifica periodica effettuata il … e di comunicarmi per tempo la
data da Voi prevista per la suddetta verifica.
Ciò anche al fine di consentire l'annotazione da parte Vostra - ai
sensi dell'art. 15, c. 4, lett. d) del DPR 99/162 e dell'art. 4, c. 3 del
D.M. 26 ottobre 2005 - dei risultati delle suddette verifiche nel
libretto di cui all'art. 16 del DPR 99/162 affidato alla mia custodia
(ex art. 4, c. 1, D.M. 26 ottobre 2005).
Distinti saluti.
L'amministratore del condominio
In seguito al coro di proteste contro questa disposizione
lo stesso Ministero è poi corso ai ripari emanando un secondo apposito decreto, il DM 06, che nel suo unico art. 1 dispone la pubblicazione nella G.U. della norma UNI EN 81-80,
divenuta così facilmente accessibile a tutti; e, in Allegato,
aggiunge alcune parti della stessa norma UNI.
L’art. 2, nei primi 4 commi, tratta delle analisi dei rischi
(ex norma UNI EN 81-80) e della prescrizione di interventi
per l’adeguamento dell’impianto (e relativi termini), che il
verificatore dovrà effettuare in occasione della prima verifica
periodica eseguita dopo l’entrata in vigore del DM 05 cioè
dopo il 29.11.2005.
L’art. 3 specifica i requisiti che dovrà possedere l’ingegnere che effettuerà l’analisi dei rischi e che formulerà le
prescrizioni degli interventi di cui all’art. 2.
L’art. 4 contiene disposizioni sulla custodia del libretto e
sulle annotazioni da trascrivervi.
Infine, tornando all’art. 2, nel comma 5 il DM 05 preannunzia l’adozione, (entro 60 giorni dalla sua entrata in vigore
cioè entro 60 giorni dal 29.11.2005 ossia) entro il 28 gennaio 2006, di un decreto direttoriale44 che dovrà definire le
modalità di svolgimento delle verifiche ed i criteri generali
delle prescrizioni di adeguamento.
Quest’ultimo decreto però sino ad oggi (maggio 2006),
non ha visto la luce; ed al riguardo non è facile essere ottimisti perché il legislatore italiano - che è aduso da tempo (e
non ne ho ancora capito il motivo), per preannunziare una
norma da emanare, a servirsi di un verbo all’indicativo presente, come se la norma sia già in vigore, anziché al futuro
semplice (ved., p.e., lo stesso DM 05, art. 2, e. 5, dove si legge che «Con successivo decreto del Direttore generale …
adottato entro 60 giorni … sono definite …) - in genere,
come è noto, non mantiene i tempi previsti in leggi e decreti
per la pubblicazione di altre leggi e decreti.
42 Fonte della Confedilizia.
43 Ente nazionale italiano di unificazione.
44 Decreto del direttore generale dello sviluppo produttivo e competitività.
Condominio
n. 5-6/2006
In attesa del giorno - non lontano, ci auguriamo - in cui il
suddetto decreto direttoriale verrà adottato, le nuove norme
del DM 05 e UNI EN 81-80 resteranno intanto di fatto lettera
morta.
Ed è facile immaginare le ambasce (seppur di breve durata) che hanno afflitto i verificatori a cui è capitato di dovere
effettuare - fra il 29 novembre 2005 ed oggi (maggio 2006) la prima verifica periodica senza che il decreto direttoriale
fosse stato emanato e di dovere quindi interpretare l’art. 2
del DM 05 al fine di operare correttamente per detta verifica;
lo stesso dicasi per quelle prime verifiche periodiche che si
eseguiranno da oggi in avanti prima dell’adozione del decreto direttoriale.
Viene logico allora chiedersi se non conveniva - anziché
procedere alla rinfusa, come si è visto - aspettare il decreto
direttoriale e quindi pubblicarlo insieme (od in amalgama)
con il relativo DM (uno solo, perchè si sarebbe evitata la
maldestra manovra della norma UNI con il rattoppo del
secondo DM).
6.2. A questo punto qualcuno potrebbe obiettare che, se si
fosse così operato, non sarebbero state pubblicate le disposizioni dell’art. 4 DM 05 sul libretto dell’impianto.
Ma non credo che dette disposizioni fossero proprio tanto
urgenti.
Nel 1951 veniva pubblicato il Regolamento45 per l’esecuzione della legge sugli ascensori del 194246, il quale disponeva47 che ogni ascensore doveva essere munito di un libretto
di matricola conforme ad un modello allegato allo stesso
Regolamento.
Detto libretto era intestato all’ENPI48 e conteneva i dati
tecnici dell’impianto, i risultati del collaudo, le licenze di
impianto e di esercizio; e veniva rilasciato al proprietario
che doveva custodirlo «nel luogo di installazione» dell’ascensore.
Dopo oltre 50 anni, l’art. 16, comma 1, del D.P.R. 99 stabiliva che i «verbali delle verifiche periodiche e straordinarie
... devono essere annotati o allegati in apposito libretto che,
oltre ai verbali delle verifiche ..., deve contenere copia delle
dichiarazioni di conformità di cui all’art. 6» (dello stesso
DPR 99) e copia di comunicazioni varie (del proprietario e
dell’ufficio comunale); aggiungeva (comma 2) che il proprietario deve assicurare «la disponibilità del libretto all’atto
delle verifiche ...».
Il DM 05 non aggiunge alcunché di particolare importanza circa questo secondo «apposito» libretto: il proprietario
(art. 4, c. 1) è tenuto alla sua corretta custodia, il manutentore {art. 4, c. 3) e il verificatore (art. 4, c. 2 e 3) vi annotano
le operazioni di manutenzione e verifica.
È quindi evidente che, di queste ultime precisazioni, non
vi era alcuna urgenza.
6.3- Nel DPR 99 s’incontra più volte l’espressione «il
proprietario o il suo legale rappresentante»; per la quale mi
sono azzardato ad usare il termine abbreviato di proprietario
ed a ritenere che il suo legale rappresentante, nel caso di un
condominio, sia l’amministratore di questo.
Se tale ipotesi fosse valida la legge, che tratta dell’amministratore di un condominio dovrebbe comprendere precise
disposizioni sui suoi obblighi e responsabilità relativi agli
45 D.P.R. 24 dicembre 1951 n. 1767.
46 L 24 ottobre 1942 n. 1415.
ascensori, compresi quelli che in caso di sua sostituzione con
altro amministratore incombono ad entrambi circa il trasferimento di custodia del libretto.
6.4. La Dir. CE 95 prescrive (All. I, 6.2) che ogni ascensore deve essere accompagnato da una documentazione che
comprende almeno un libretto di istruzioni ed un registro sul
quale si possono annotare le riparazioni e, se del caso, le
verifiche periodiche; mi pare che qualora si aggiungesse il
libretto di immatricolazione iniziale ed un fascicolo contenente tutti gli atti che si formano nel corso della vita dell’ascensore, elencati in un indice cronologico, via via aggiornato, aperto nel suddetto registro, si otterrebbe una documentazione soddisfacente. Tanto più se detto registro (che potrebbe
chiamarsi registro dell’ascensore), formato con pagine
numerate, venisse inizialmente consegnato - a cura dell’ente
che rilascia il libretto di immatricolazione e previa apposizione di sua data, timbro e firma nella prima pagina del registro e con suo timbro e visto in tutte le altre pagine - al proprietario, che apporrebbe la propria firma accanto alla firma
ed ai visti dell’ente (analogamente a come si opera nell’obbligatorio registro di contabilità tenuto negli appalti di lavori
pubblici).
6.5. La Dir. CE 95 stabilisce anche (All. I, 5.1) che ogni
cabina di ascensore deve essere dotata di una targa ben visibile [(io scriverei “ben leggibile”); p.e., nella cabina dell’ascensore dell’edificio in cui abito vi sono due targhe, del
manutentore e del verificatore, poste tanto in alto che una persona anziana di media o bassa statura non ne può leggere le
scritte] nella quale siano chiaramente indicati la portata complessiva in Kg. ed il n° massimo di persone che possono prendervi posto.
Il DPR 99 dice di più (art. 16, c. 3): a cura del proprietario, in ogni cabina devono esporsi le «avvertenze per l’uso»
(ma quali avvertenze? e in quale punto della cabina dovrebbero esporsi?) ed una «targa» (ma non impone che sia visibile né leggibile) con le indicazioni - oltre che della portata e
del n° di persone - del n° di matricola dell’impianto, ed
anche del manutentore e del verificatore (ma vi è l’inconveniente che i nomi di queste due figure possono cambiare nel
tempo; ed allora le targhe vanno sostituite).
6.6. L’art. 13, c. 1, 1a parte DPR 99 prescrive «regolari
manutenzioni» dell’impianto; ma non stabilisce, come sarebbe invece necessario, in quali operazioni ben specificate e
dettagliate esse consistano; e non ne indica con precisione la
periodicità che dovrebbe ovviamente stabilirsi con intervalli
gradatamente più brevi col trascorrere degli anni.
Analoghe considerazioni sono valide per le verifiche
periodiche.
P.e., per un ascensore installato da oltre 20 anni può ritenersi prudente una regolare manutenzione mensile e verifiche periodiche di 6 mesi.
6. 7. L’art. 15, c. 1 DPR 99 dispone che il proprietario
deve affidare la manutenzione dell’ascensore al manutentore,
che può essere una persona munita di certificato di abilitazione o una ditta specializzata od un operatore comunitario
con «specializzazione equivalente», che devono provvedere
a mezzo di personale abilitato.
Il «certificato di abilitazione» è rilasciato dal Prefetto
47 Art. 2, D.P.R. 51/1767.
48 Ente Nazionale per la Prevenzione Infortuni.
115
Condominio
dopo una favorevole prova teorico-pratica (ex artt. 6 a 10
D.P.R. 24.12.1951 n. 1767).
Ciò considerato, mi chiedo (senza entrare nel merito del
«certificato di abilitazione» e supponendo che sia un documento serio e soddisfacente):
1) che cosa si intende esattamente per «specializzazione
equivalente»? (si intende equivalente al certificato di abilitazione?)
2) quali requisiti deve avere il personale a mezzo del quale
il manutentore provvede alla manutenzione, ed il quale deve
essere «abilitato»? In altri termini, il «personale abilitato»
deve essere persona munita anch’essa dello stesso certificato
di abilitazione (o di «specializzazione equivalente») prescritto
per il manutentore? Oppure da chi e con quali modalità e
responsabilità - ed in forza di quale norma - può essere abilitato?
6.8. L’art. 15, c. 3, DPR 99 stabilisce che il manutentore
provvede alle operazioni di cui alle lettere a) e b) (verifica del
regolare funzionamento dei dispositivi meccanici ecc.) e c)
(operazioni normali di pulizia e di lubrificazione); e vi provvede secondo le esigenze dell’impianto, senza alcuna periodicità prefissata.
Ma le esigenze dell’impianto le può conoscere un tecnico
(abilitato) esperto nel campo degli ascensori (che non è di
sicuro, salvo casi eccezionali, il proprietario) ossia lo stesso
manutentore, il quale certamente ha interesse - purché abbia in
coscienza la certezza (o quasi) della sicurezza dell’impianto di fare coincidere la regolare manutenzione con la manutenzione semestrale di cui al comma 4 dello stesso art. 15.
Questo non mi sembra un quadro accettabile; ritengo che
una periodicità della regolare manutenzione ordinaria debba
essere comunque stabilita per legge.
6.9. Secondo un recente studio dell’ANACAM (Associazione nazionale imprese di costruzione e manutenzione ascensori) - la quale sostiene che l’adeguata manutenzione è l’unico modo per allungare la vita media degli impianti - soltanto
il 10% (dieci per cento) degli oltre 700.000 (settecentomila)
ascensori installati in Italia [che sono utilizzati giornalmente
da oltre 35 (trentacinque) milioni di persone] sarebbero in
regola con le norme di legge sulla sicurezza degli impianti.
6.10. Nella Norma UNI EN 81-80 leggo, nella «Introduzione» iniziale (ved. anche l’Allegato al DM 06 - Introduzione, 2° e 3° cpv.) che «è particolarmente importante fornire un
mezzo sicuro di trasporto verticale... per le persone anziane...» e che «è importante fornire le misure di sicurezza rilevanti per il recupero di persone intrappolate».
Vediamo l’Allarme, che è uno degli aspetti di questa esigenza.
Se un ascensore si blocca, chi vi è dentro preme il campanello Allarme. Da questo momento le uniche persone che
possono utilmente intervenire con la massima tempestività
sono la persona (abilitata) che effettua la manutenzione e le
verifiche per conto del manutentore e, in subordinata, l’ingegnere che effettua le verifiche periodiche per conto del
116
n. 5-6/ 2006
verificatore (il quale - a questo proposito - sarebbe una santa cosa se risiedesse vicino al proprietario e al manutentore); persone diverse (p.e., di un condominio) oppure il
proprietario (p.e. l’amministratore di un condominio) che
tentassero di armeggiare con gli strumenti dell’impianto
potrebbero peggiorare la situazione e provocare danni sino
ad una tragedia.
Se le cose stanno così, non riesco ad immaginare altra
soluzione che la seguente, in cui mi riferirò per semplicità
all’ascensore di un condominio.
1) Anzitutto per ogni vecchio o esistente ascensore e per
ogni nuovo ascensore che venga installato, il manutentore ed
il verificatore designano rispettivamente la persona abilitata (ved. precedente Osservazione n. 6.7) A che effettua o
dovrà effettuare tutte le operazioni di manutenzione e di
verifica di competenza del manutentore. E il proprietario
(amministratore di condominio) notificherà al manutentore i
nominativi di tutti i condomini.
2)Della persona abilitata A il manutentore registrerà, nell’apposito libretto del relativo impianto in custodia del proprietario, il nome e cognome ed il/i numero/i di telefono dove
è rintracciabile 24 ore su 24.
Nello stesso giorno il proprietario di quell’ascensore
applicherà ad altezza d’uomo affinché i numeri di telefono
siano agevolmente leggibili, un cartellino come da fac-simile
seguente; e ne distribuirà copia a tutti i condomini (compresi
quelli del piano terra).
Ascensore n° ......................
Persona abilitata per effettuare le operazioni di manutenzione
delle verifiche di competenza del manutentore, 24 ore su 24: sig.
Tizio Bianchi, telefono 0761.5014.984 o 337.2845184
(nome e n. telefonici immaginari)
3) In caso di blocco (o analogo grave incidente) dell’ascensore e di segnale di allarme sarà facile contattare subito la
persona A che avrà l’obbligo di andare immediatamente a
sbloccare l’ascensore.
4) Il compenso (che varia con le fasce di orario) per il suddetto intervento sarà prestabilito e annotato nel cartellino suddetto; e sarà corrisposto alla persona A da chi era rimasto
bloccato nell’ascensore all’atto stesso del suo avvenuto sblocco, restando peraltro salvo il diritto di chi era rimasto bloccato e/o del proprietario di agire anche giudiziariamente contro
il/i responsabile/i del blocco.
5) Se dopo che la persona A - chiamata come si è detto - si
è mossa per dirigersi verso l’immobile da cui è partita la
richiesta di suo intervento, l’ascensore si è sbloccato, alla persona A è dovuto comunque il «diritto di chiamata» (anch’esso
prefissato e annotato nel cartellino).
6) Il compenso o il diritto di chiamata di cui ai punti 4) e
5) - se chi è stato «sbloccato» non li pagherà - saranno
comunque corrisposti entro 5 giorni dal proprietario che
provvederà al recupero o alla loro registrazione fra le spese
condominiali.
«Quaderni di legislazione tecnica»
n. 5-6/2006
Condominio
SUL VINCOLO PERTINENZIALE
TRA CORTILE E APPARTAMENTO
Corte di Cassazione, Sezione seconda civile, Sentenza 2.3.2006, n. 4599
Svolgimento del processo
Con citazione notificata il 22 ed il 23/10/1997, P. E, proprietario della nuda proprietà di metà della quota ideale dello
spiazzo adibito a cortile di circa 100 mq. antistante il fabbricato in ..., conveniva in giudizio … davanti alla pretura di
Napoli (poi Tribunale), sezione distaccata di P., D.M.V. e
C.M.R., i quali, proprietari di appartamenti rispettivamente ai
nn. 40 e 38 della predetta via, vantando un presunto diritto di
uso sul cortile, vi facevano sostare autovetture di parenti ed
amici; ciò premesso, chiedeva declaratoria di insussistenza, in
capo ai convenuti, del diritto di uso del cortile, per intrasmissibilità dello stesso e per non uso.
Si costituivano entrambi i convenuti, i quali replicavano
che il diritto di uso del cortile in contestazione era previsto
nei rispettivi titoli di acquisto e nei titoli dei loro danti causa e
chiedevano, pertanto, il rigetto della domanda.
Interveniva volontariamente nel giudizio F.U., usufruttuaria del bene, aderendo alla domanda proposta dall’attore.
Con sentenza del 17.8.2000, l’adito Tribunale accoglieva
la domanda, dichiarando inesistente il diritto di uso dei convenuti e condannandoli al pagamento delle spese processuali.
Proposto appello da D.M.V., e costituitisi P.F. e F.U. per resistervi, la Corte di Appello di Napoli, con sentenza del 2 luglio
2002, pronunciata nella contumacia di C.M.R., ha rigettato
l’appello, condannando l’appellante alle spese del grado, con
la motivazione che qui di seguito si riassume.
Ha spiegato, innanzitutto, la Corte Territoriale che non
esiste alcun vincolo pertinenziale tra il cortile oggetto di causa e l’abitazione dell’appellante ai sensi della L. n. 765 del
1967, art. 18 (che ha trovato conferma nella - successiva L. n.
122 del 1982), in quanto il vincolo pubblicistico inderogabile
riguardante gli spazi adibiti a parcheggio di cui alla citata norma non può riguardare, come ha chiarito la Suprema Corte, le
costruzioni anteriori all’entrata in vigore della norma stessa;
e, nel caso che ne occupa, deve escludersi il vincolo di pertinenzialità di natura pubblicistica, perché l’edificio risulta
costruito in epoca antecedente all’entrata in vigore della predetta legge.
Deve escludersi, poi, anche il vincolo di pertinenzialità
previsto dall’art. 817 c.c., non essendovi agli atti la prova né
dell’elemento soggettivo né del rapporto funzionale tra cosa
accessoria e cosa principale, che sono richiesti per la configurabilità della natura pertinenziale della prima.
D’altra parte, proprio la previsione del diritto di uso del
cortile negli atti di trasferimento dell’appartamento è la riprova, secondo la Corte, dell’inesistenza del vincolo pertinenziale, che, se esistente, non avrebbe richiesto la creazione di un
apposito diritto di uso del cortile.
Per rispondere, infine, al terzo motivo di appello, la Corte
ha rilevato che la deroga alla incedibilità di siffatto diritto
prevista nell’atto di compravendita per notaio xy del 24-111963, con cui le venditrici D.R. avevano ceduto il diritto di
uso sul cortile in oggetto agli acquirenti D.L., con la specifi-
cazione che esso doveva intendersi a favore degli acquirenti e
del loro aventi causa, non è stata prevista né nell’atto di trasferimento del 26-7-1986 da D.L. a M. V. né in quello
successivo del 16-10-1987 da quest’ultimo a D.M.V, essendosi stabilito in detti atti semplicemente il “trasferimento del
diritto proporzionale di uso, sosta e parcheggio sul piccolo
spazio antistante il fabbricato”;
cosicché, quando con il predetto atto 16-10-1987 M. ha
venduto a D.M. il diritto di uso su detto cortile, non avendo
egli previsto con i suoi danti causa alcuna deroga alla cedibilità di tale diritto, ha violato quanto disposto dall’art. 1024
c.c.
Ricorre per la cassazione della sentenza D.M.V. con un
unico articolato motivo. Resiste con controricorso P.F.
Non ha svolto attività processuale F.U.
Il ricorrente ha depositato memoria.
Motivi della decisione
Il ricorrente denuncia, con un unico motivo:
“Violazione e falsa applicazione di legge (art. 360 c.p.c, n.
3, in relazione agli artt. 817,1024 e 1362 c.c., e ss. nonché
della L. n. 765 del 1967, art. 18). Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione (art. 360 c.p.c, n. 5)”, con riferimento ai seguenti punti:
a) contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte, che non
ha interpretato secondo i canoni ermeneutici i negozi giuridici
di donazione e di vendita relativi ai trasferimenti dell’appartamento ora di proprietà di esso ricorrente, lo spiazzo antistante
l’immobile nel quale è compreso detto appartamento costituisce pertinenza pro quota di questo, ciò ricavandosi chiaramente dalle clausole contenute negli atti predetti, nei quali si
dichiara espressamente che l’appartamento viene, rispettivamente, venduto ed acquistato con tutti i relativi diritti, pertinenze, dipendenze, usi e servitù”, ai sensi degli artt. 817 e
819 c.c. In particolare, con l’atto del 16-10-1987 per notaio
xy, veniva trasferito a D.M.V, tra l’altro, “il diritto proporzionale di uso, di sosta, di parcheggio di veicoli di qualsiasi specie sul piccolo spazio di cortile antistante il fabbricato”.
Si è verificato, pertanto, secondo il ricorrente, “un rapporto pertinenziale tra l’appartamento sito al 1° piano ed una
quota della porzione del cortile, appartenenti entrambi ad un
unico proprietario, il D.L., con espressa deroga all’art. 1024
ce. Sul punto si è formato il giudicato”; e “sta di fatto che le
porzioni immobiliari successivamente acquistate dai coniugi
M. P. e poi dal convenuto D.M. sono «empre rimaste legate
dal rapporto pertinenziale”, per cui, in definitiva, deve ritenersi che “la proprietà dell’appartamento al 1° piano è in rapporto pertinenziale con una piccola quota, in misura proporzionale, dello spazio antistante, con destinazione duratura e
dimostrata dalle scritture citate”. b) Non sussiste la violazione
dell’art. 1024 c.c. per insussistenza di una deroga espressa
come erroneamente ritenuto dal Giudice di appello, risultando
viceversa tale deroga per tabulas, posto che in tutti gli atti
successivi a quello per notaio xy del 24-11-1963, e, quindi,
117
Condominio
n. 5-6/ 2006
anche in quello del 1987 di acquisto dell’appartamento da
parte del D.M., viene manifestata, di volta in volta, l’inequivoca ed espressa volontà di utilizzare la deroga di cui all’art.
1024 c.c., attraverso il trasferimento del diritto sul cortile
antistante i beni immobili.
Il ricorso è infondato.
Secondo la giurisprudenza consolidata di questa Suprema
Corte, ai fini della sussistenza del vincolo pertinenziale tra
bene principale e bene accessorio è necessaria la presenza del
requisito soggettivo dell’appartenenza del bene accessorio e
del bene principale in proprietà al medesimo soggetto, nonché
del requisito oggettivo della contiguità, anche solo di servizio, tra i due beni, ai fini del quale il bene accessorio deve
arrecare una “utilità” al bene principale, e non al proprietario
di esso (sent. 12983/2002, n. 14350/2000 ed altre conformi).
È stato, altresì, affermato e ribadito da questa Corte che
l’accertamento della sussistenza degli elementi soggettivi ed
oggettivi che caratterizzano il rapporto pertinenziale fra due
immobili e consistenti nella volontaria e permanente destinazione di uno dei due beni al servizio dell’altro, comporta un
giudizio di fatto, come tale incensurabile in sede di legittimità, se espresso con motivazione adeguata ed immune da
vizi logici (sent. n. 4772/1977, n. 2989/1974).
Nel caso di specie, la natura pertinenziale dello spiazzo
antistante l’edificio rispetto all’appartamento del ricorrente è
stata esclusa dalla Corte di merito sulla base di valutazioni
compiute in conformità ai principi e criteri sopra richiamati e
con motivazione congrua e aderente ai fatti accertati. È stato
affermato, in particolare, dal Giudice di appello - che ha condiviso sul punto la statuizione del Tribunale - che non vi è la
prova agli atti della esistenza degli elementi che - caratterizzano la natura pertinenziale dello spiazzo in questione, non
riscontrandosi né l’elemento soggettivo né il rapporto funzio-
nale tra il predetto spiazzo e l’appartamento del D.M.; rinvenendosi se mai, sempre secondo la Corte, la prova contraria
nella previsione, negli atti di trasferimento relativi all’appartamento, di un apposito diritto d’uso sul cortile, che non
sarebbe stata necessaria qualora questo fosse stato pertinenza
dell’appartamento. Analoghe considerazioni valgono per il
diritto di uso del cortile che l’odierno ricorrente pretende che
gli sia riconosciuto quale proprietario dell’appartamento.
Posto, invero, che il diritto de quo è di natura personale e trova la sua fonte in un’obbligazione assunta da un soggetto nei
confronti di altro soggetto, che può servirsi della cosa
concessagli in uso secondo lo schema delineato dall’art. 1020
c.c., con conseguente divieto di cessione, ancorché suscettibile di deroga, del diritto stesso (art. 1024 c.c.; sent. n.
3565/1989), non ha errato la Corte nel negare, nella fattispecie sottoposta al suo esame, l’esistenza di tale diritto in capo
al ricorrente, una volta accertato che con l’atto per notaio xy
del 16-10-1987, con cui M.V. ebbe a vendere al D.M., oltre
che l’appartamento, anche il diritto d’uso sul cortile, fu violata, con riferimento alla cessione di questo, la disposizione
dell’art. 1024 ce, non avendo il venditore previsto con i suoi
danti causa alcuna deroga al divieto di cessione di cui alla
citata norma.
Non riscontrandosi, in conclusione, nella sentenza impugnata le violazioni di legge ed i vizi di motivazione denunciati dal ricorrente, il ricorso deve essere rigettato, con conseguente condanna del ricorrente alle spese.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese, che liquida in Euro 2.100,00, di cui Euro 2000,00 per onorari, oltre accessori di legge. Così deciso in Roma, il 13
dicembre 2005. Depositato in Cancelleria il 2 marzo 2006.
«Italia Casa»
PARCHEGGI PERTINENZIALI
ANCHE IN DEROGA AL PRG
I
l TAR Lombardia (Milano, sez. II, sentenza 5 luglio 2006,
n. 1715) è tornato sul tema dei parcheggi pertinenziali
realizzati ai sensi dell’art. 9, comma 1 della Legge
122/1989 (cd. Legge Tognoli), ribadendo due principi già
affermati in passato dalla giurisprudenza amministrativa
(Consiglio di Stato, sez. V, 3 luglio 1995, n. 1007), e cioè che:
- tale norma va interpretata estensivamente e quindi come
comprensiva della possibilità di realizzare in regime semplificato ed agevolato posti auto, oltre che interrati o al piano terra
dell’edificio, anche seminterrati, purché realizzati entro l’area
di pertinenza dell’immobile;
- la possibilità di derogare gli strumenti urbanistici ed i
regolamenti edilizi vigenti riguarda anche le prescrizioni sulle
118
distanze delle costruzioni dai confini di proprietà.
Ciò in quanto si è in presenza di una disciplina speciale
dettata dalla superiore esigenza di natura pubblica di contrastare la congestione delle strade dal traffico, che prevale quindi sulle disposizioni privatistiche poste a salvaguardia della
proprietà.
Peraltro, questo indirizzo contrasta con un’altra sentenza
del Consiglio di Stato (sez. V, 29 marzo 2006, n. 1608), nella
quale si ritiene non ammissibile la realizzazione di un parcheggio in un’area pertinenziale esterna al fabbricato, posto al
di sopra del piano di campagna invece che nel sottosuolo
come previsto dalla Legge Tognoli.
«Italia Casa»
n. 5-6/2006
Condominio
LOCAZIONI “TURISTICHE” LIBERE
Si rispettano solo le norme del codice civile, lasciando ampia libertà contrattuale alle parti
di Corrado Sforza Fogliarti
L
a normativa sulle locazioni urbane (1. 9.12.1998 n.
431), oltre ai contratti c.d. liberi (di 4 anni più 4) ed
ai contratti regolamentati (agevolati, transitori, per
universitari), disciplina anche i contratti “per finalità turistiche” (finalità che vanno dal riposo, allo svago, all’interesse
culturale). Per gli stessi, due caratteristiche s’impongono
all’analisi: la durata non ha limiti temporali e il canone è
liberamente contrattato e determinato fra proprietario e
inquilino. Anche le clausole contrattuali possono essere stipulate sulla base dell’esclusiva volontà delle parti, nel solo
rispetto della generale normativa prevista dal codice civile,
che lascia ampia libertà contrattuale.
Si tratta, all’evidenza, di un’elasticità che risulta in
pochissimi altri comparti, nel panorama delle locazioni, e
che consente di rispondere con prontezza e facilità alle
mutevoli e svariate esigenze di questo particolare e diffuso
mercato.
Proprio la molteplicità delle situazioni che si presentano
ha indotto la Confedilizia, come organizzazione storica dei
proprietari di casa, a predisporre tre diversi contratti tipo
che vengono incontro a tre differenti situazioni. Il primo
modello concerne la cosiddetta locazione week-end, destina-
ta a soggiorni limitati a brevi periodi: un fine settimana, trequattro giorni, un “ponte”. Il secondo contratto tipo, indicato per brevi vacanze, riguarda locazioni di durata variabile
da sette o dieci giorni fino a un mese. Il terzo, definito per
villeggiatura, è utilizzabile per locazioni che superino il
mese.
Ma perchè queste differenze temporali? Per gli obblighi differenti - che ad esse corrispondono relativamente alla
registrazione o meno del contratto, alla denuncia o meno
della locazione alla P.S. e così via fino alla locazione che
riguardi un immobile storico-artistico, e cioè - come si dice
- “vincolato”: locazione che deve essere denunciata entro 30
giorni anche al Sovrintendente per i beni culturali, a pena di
incorrere in un reato punito - addirittura - financo con la
reclusione. Resta da dire che le Regioni non sono competenti (anche se non tutte lo capiscono) a dettare norme invece, riservate allo Stato - per locazioni che non abbiano
carattere commerciale (case vacanza ecc.). E che per trovare
i moduli per dare o prendere in locazione un alloggio per
turismo, è sufficiente rivolgersi ad una delle sedi territoriali
della Confedilizia.
Acquaformosa (Cs) “Una donna durante la filatura (=tiar) *** con il mandrino = bóšti” (da Gerhard Rohlfs, La Calabria Contadina)
119
Condominio
n. 5-6/ 2006
PRIVACY NEL CONDOMINIO
Nuovo provvedimento generale del Garante
di Ettore Ditta
A
10 anni dall’entrata in vigore della legge 675 del 31
dicembre 1996 e a 6 anni dal precedente provvedimento del 19 maggio 2000, il Garante della privacy
nel febbraio scorso aveva promosso una consultazione pubblica sulle questioni collegate alla protezione dei dati personali dei condomini nell’ambito dei rapporti condominiali.
La consultazione era indirizzata ai singoli e alle associazioni
di condomini, di conduttori e di amministratori condominiali e - sulla base sia dei risultati della consultazione, sia
dei principi enunciati nelle pronunce emanate dal Garante
negli ultimi anni - è stato adesso predisposto un nuovo provvedimento generale datato 18 maggio 2006; provvedimento
che riassume in sé le regole previste dal Codice sulla protezione dei dati personali (D.Lgs. 196 del 30 giugno 2003) e i
principi già enunciati dal Garante nelle numerose decisioni
emesse a partire dal 2000; inoltre, affronta - e risolve - alcune questioni rimaste ancora aperte.
I principi
Il provvedimento generale 18 maggio 2006 esamina inizialmente l’aspetto del trattamento di dati personali nell’ambito dell’amministrazione condominiale. Il Garante - ricordando che in
passato sono pervenuti alcuni quesiti e segnalazioni concernenti
le operazioni di trattamento di dati personali effettuate nell’ambito delle attività connesse all’amministrazione degli edifici in
condominio e che sono pervenute 75 comunicazioni, compresi
anche richieste di chiarimenti, quesiti e osservazioni, da parte di
privati e di associazioni di condomini, amministratori e conduttori a seguito della consultazione pubblica indetta l’8 febbraio
2006 - ha osservato che i profili presi in considerazione nella
maggior parte delle comunicazioni ricevute riguardavano 5
tematiche:
a) la questione della titolarità del trattamento nell’ambito della gestione condominiale;
b) la tipologia dei dati trattati, tra i quali rientrano:
- i dati inerenti il condominio complessivamente inteso quale
ente di gestione;
- i dati personali riferiti ai singoli partecipanti al condominio,
nei limiti delle informazioni personali raccolte e utilizzate per le
finalità riconducibili alla disciplina civilistica;
- il trattamento dei dati relativi a soggetti diversi dai partecipanti al condominio;
c) la circolazione di dati relativi alla gestione condominiale;
d) le problematiche relative alle misure di sicurezza;
e) il trattamento di dati personali, sensibili e giudiziari.
In proposito, il Garante ha precisato che tutte queste problematiche devono comunque essere affrontate sulla base delle
regole di diritto comune e in particolare degli artt. 1117 e seguenti cod. civ.; e, ai sensi dell’art. 154, comma 1, lett. c), del Codice
ha prescritto ai titolari del trattamento l’adozione di una serie di
specifiche misure con lo scopo di rendere conformi alle disposizioni vigenti in materia di protezione dei dati personali i trattamenti effettuati nell’ambito dell’amministrazione condominiale.
Tipologia di informazioni oggetto di trattamento
Il Garante ha osservato che, per fare in modo che il tratta-
120
mento di dati personali effettuato nell’ambito dell’attività di
amministrazione del condominio si svolga rispettando il principio di liceità (previsto all’art. 11 del Codice) in termini generali
possono formare oggetto di trattamento da parte della collettività
condominiale - di solito insieme all’amministratore condominiale (al quale, se nominato, compete il ruolo di responsabile del
trattamento ai sensi degli artt. 4, comma 1, lett. g), e 29 del Codice) - le sole «informazioni personali» che sono pertinenti e
necessarie rispetto allo svolgimento delle attività di gestione e di
amministrazione delle parti comuni e che sono idonee a determinare, secondo le regole previste dall’art. 1117 ss. cod. civ., le
posizioni di dare e avere dei singoli condomini, sia che essi
abbiano la qualità di proprietari, sia che essi abbiano la qualità di
usufruttuari.
Innanzitutto, le informazioni trattate possono riguardare non solo tutta la collettività condominiale considerata unitariamente (come avviene per i dati relativi a consumi collettivi del condominio), ma possono anche riferirsi a ciascun partecipante, individualmente considerato, in
quanto necessarie ai fini dell’amministrazione comune,
come avviene per i dati anagrafici e per gli indirizzi dei
partecipanti, elementi la cui conoscenza reciproca può risultare indispensabile per consentire la convocazione regolare
dell’assemblea sulla base di quanto dispone l’art. 66 disp.
att. cod. civ. e per verificare la validità delle deliberazioni
adottate dall’assemblea stessa, per esempio con riferimento
all’impugnazione esercitata ai sensi dell’art. 1137 cod. civ.
Inoltre, possono formare oggetto di trattamento
anche le quote millesimali attribuite a ciascuno dei condomini e i dati personali necessari a commisurarle o
rilevanti per la determinazione di oneri nell’ambito condominiale perché sulla base delle quote millesimali si calcola
anche la maggioranza necessaria per la regolare costituzione dell’assemblea (cosid-detto «quorum costitutivo») e per
la validità delle deliberazioni adottate (cosiddetto «quorum
deliberativo») secondo il disposto dell’art. 1136 cod. civ.
Tutte queste informazioni personali, riferibili a ciascun
partecipante, possono essere trattate per la finalità di
gestione e amministrazione del condominio, a seconda dei
casi, per effetto di quanto dispone l’art. 24, comma 1, lett.
a), b) o c) del Codice.
In secondo luogo, ciascun condomino ha il diritto di
essere informato per quanto riguarda l’ammontare della
somma dovuta dagli altri condomini, anche al fine di controllare l’esattezza dell’importo dovuto a titolo di contributo
per la manutenzione delle parti comuni e per l’esercizio dei
servizi comuni; per effetto delle regole sul mandato, che trovano applicazione nel rapporto tra i condomini e l’amministratore, quest’ultimo deve informarli degli eventuali mancati pagamenti da parte di qualcuno di loro, nelle usuali forme del rendiconto annuale e, in ogni momento, per effetto
dell’esercizio del potere di vigilanza e controllo spettante a
ciascun partecipante al condominio sull’attività di gestione
delle cose, dei servizi e degli impianti comuni, come è stato
affermato, oltre che da varie sentenze (Cass. n. 8460 del 26
Condominio
n. 5-6/2006
Le regole del trattamento dei dati nel condominio
- Il condominio può trattare solo informazioni personali pertinenti e necessarie per la gestione e per l’amministrazione delle parti comuni. Le
informazioni possono riguardare tutto il condominio (consumi collettivi) oppure i singoli partecipanti (dati anagrafici, indirizzi, quote millesimali).
- I numeri di telefono dei condomini possono essere trattati solo con il consenso degli interessati, con esclusione del caso in cui compaiono
già in elenchi telefonici pubblici.
- Per verificare l’esattezza degli importi dovuti, ciascun condomino può essere informato, al momento del rendiconto annuale oppure su richiesta specifica, delle somme di cui gli altri condomini sono debitori e di eventuali inadempimenti.
- È vietata la diffusione di dati personali mediante l’affissione di avvisi di mora o di solleciti di pagamento negli spazi condominiali aperti al
pubblico; è consentita infatti soltanto l’affissione di avvisi generali, come le convocazioni di assemblea o le comunicazioni urgenti.
- I dati sanitari possono essere trattati solo se sono indispensabili ai fini dell’amministrazione del condominio, come avviene nel caso di danni
a persone anche diverse dai condomini o nel caso di particolari deliberazioni, come quelle che hanno per oggetto l’abbattimento delle barriere architettoniche nell’edificio.
- La comunicazione di dati personali è consentita con il consenso dell’interessato oppure se ricorrono altri presupposti di legge.
- La partecipazione all’assemblea condominiale da parte di estranei è consentita, ma solo con l’assenso dei partecipanti oppure nei casi previsti dalla legge, quali quelli dei tecnici o dei consulenti chiamati a intervenire su problemi che sono stati indicati all’ordine del giorno.
- È legittima la videoregistrazione dell’assemblea, ma solo previo consenso informato dei partecipanti.
- Per prevenire comunicazioni e diffusioni di dati personali illecite l’amministratore deve adottare idonee misure di sicurezza previste dal
Codice della riservatezza.
- L’amministratore può esercitare il diritto di accesso ai dati riferiti al condominio nel suo complesso, come le informazione relative al consumo globale di energia o di acqua.
- Ciascun condomino può sempre accedere ai dati che lo riguardano come tale, rivolgendosi all’amministratore.
agosto 1998 e n. 15159 del novembre 2001), dal provvedimento del Garante 16 luglio 2003. Tutte queste informazioni
possono essere trattate dai condomini, i quali - secondo il
Garante - esercitano un «interesse legittimo» che non viene
superato da quello degli interessati ai quali i dati si riferiscono, ai sensi dell’art. 24, comma 1, lett. g), del Codice. Inoltre, in presenza dei presupposti, tali dati possono essere trattati anche in base all’art. 24, comma 1, lett. f), del Codice.
Al contrario, le informazioni relative alle utenze
telefoniche intestate ai singoli partecipanti possono essere trattate, in quanto non eccedenti rispetto alla finalità di
amministrazione della cosa comune, soltanto in presenza
del consenso dell’interessato (con esclusione del caso in
cui l’eventuale pubblicità sia già stata attribuita a tali informazioni mediante il loro inserimento in pubblici elenchi).
Ciò si spiega in quanto il loro utilizzo può agevolare, specie
in casi particolari di necessità e urgenza (come può avvenire
per prevenire o per limitare eventuali danni a parti individuali o comuni dell’immobile), i contatti tra i condomini
oppure lo svolgimento delle incombenze rimesse
all’amministratore del condominio, come era già stato osservato nel provvedimento del 19 maggio 2000.
Infine, possono formare oggetto di trattamento nell’ambito delle menzionate finalità di amministrazione del
condominio, anche i dati personali di natura sensibile o i
dati giudiziari, nella misura indispensabile al perseguimento
delle medesime finalità. Questa ipotesi può ricorrere, per
esempio, in relazione al trattamento di dati di natura sensibile e giudiziaria dei dipendenti che lavorano per il condominio per i quali, salvo l’obbligo di rendere l’informativa ai
sensi, dell’art. 13 del Codice, trovano applicazione lo
speciale presupposto previsto dall’art. 26, comma 4, lett. d),
del Codice (che riguarda gli obblighi del datore di lavoro) e
le autorizzazioni generali del Garante 1 e 7 del 2005 (che
riguardano il trattamento dei dati sensibili nei rapporti di
lavoro e i dati giudiziari). In ogni caso possono avere luogo
anche altre ipotesi di trattamento di dati sensibili nell’ambito dell’amministrazione condominiale, come può avvenire
per il trattamento di dati sanitari effettuato in relazione a
danni alle persone, anche diverse dai condomini, e per i trattamenti di dati sanitari di uno o più partecipanti connessi
all’adozione di una delibera assembleare avente a oggetto
l’abbattimento delle cosiddette «barriere architettoniche».
Comunicazione e diffusione di dati
Tranne che nel caso in cui sia presente una causa giustificatrice (come il consenso dell’interessato o uno degli altri
presupposti previsti all’art. 24 del Codice), è illecita la
comunicazione a terzi di dati personali riferiti ai partecipanti, comunicazione che può avvenire mettendo a disposizione di terzi dati personali riportati nei prospetti contabili o
nei verbali assembleari oppure consentendo la presenza nell’assemblea (il cui svolgimento può essere videoregistrato,
ma soltanto previo consenso informato dei partecipanti) di
soggetti che non sono legittimati a parteciparvi.
In ogni caso, è ammissibile la partecipazione all’assemblea di soggetti terzi, come tecnici o consulenti, al fine
di trattare gli argomenti all’ordine del giorno per i quali i
condomini ne ritengano necessaria la presenza, come è stato
stabilito con il provvedimento 19 maggio 2000.
Inoltre, può partecipare all’assemblea anche il conduttore di un immobile che si trova nel condominio, purché vi sia l’assenso dei condomini oppure siano presenti
le condizioni previste da specifiche disposizioni normative, come avviene nel caso dell’art. 10 della legge 392 del 27
luglio 1978, sulla disciplina delle locazioni di immobili
urbani, che ammette il conduttore a partecipare all’assemblea condominiale per quanto riguarda le sole decisioni sul
condizionamento e sul riscaldamento dell’aria.
Invece, costituisce un trattamento illecito (perché viola
anche il principio di proporzionalità) la diffusione di dati
personali che ha luogo mediante l’affissione di avvisi di
mora (o di solleciti di pagamento) in spazi condominiali
accessibili al pubblico, perché tali informazioni possono
venire a conoscenza di una serie indeterminata di soggetti
durante tutto il tempo in cui l’avviso è visibile; l’esposizio-
121
Condominio
ne di informazioni in luoghi simili deve contenere solo avvisi di carattere generale utili per una più efficace comunicazione di eventi di interesse comune, come avviene per le
comunicazioni relative allo svolgimento dell’assemblea condominiale o per le comunicazioni urgenti aventi per oggetto
anomalie nel funzionamento degli impianti; invece la trattazione di affari che comporti il trattamento di dati personali
riferiti a condomini individuati specificamente deve essere
sempre rimessa a forme di comunicazione individualizzata
oppure alla discussione nell’assemblea, come è stato affermato anche nel provvedimento 12 dicembre 2001.
Infine, si deve sempre tenere presente che devono essere
adottate, eventualmente anche a cura dell’amministratore
condominiale, idonee misure di sicurezza secondo quanto
disposto dall’art. 31 ss. del Codice, al fine di prevenire
comunicazioni e diffusioni illecite di dati personali.
Diritto d’accesso
Informazioni relative alla gestione condominiale
Nel caso in cui un condomino intenda esercitare il diritto
d’accesso (oppure gli altri diritti previsti dall’art. 7 del
Codice, avvalendosi eventualmente della particolare modalità di tutela prevista dall’art. 145 ss. del Codice, vale a dire
il ricorso o l’interpello preventivo al Garante) per quanto riguarda i dati che si riferiscono direttamente all’intera collettività condominiale (come le informazioni connesse ai contratti stipulati nell’interesse del condominio per la fornitura
di beni e la somministrazione di servizi relativi ai dati sul
consumo e sugli importi di utenze complessivamente intestate al condominio, come stabilito dal provvedimento 13
dicembre 2004), tale facoltà compete al rappresentante del
condominio, che è l’amministratore, qualora sia stato nominato.
Inoltre, è sempre legittima la circolazione tra i partecipanti, in conformità alla disciplina civilistica (e specificamente per effetto delle regole che, rispetto all’attività gestoria dell’amministratore, regolano l’esatta esecuzione del suo
incarico secondo le attribuzioni contenute nell’art. 1130 cod.
civ. con particolare riguardo all’obbligo di rendiconto), delle informazioni riferibili direttamente alla gestione
condominiale che riguardano tutti i condomini considerati nel loro complesso; ed è legittima la loro eventuale
conoscibilità, in presenza dei necessari presupposti, anche in
base ad altre norme presenti nell’ordinamento.
Informazioni personali riferite ai partecipanti
Con riferimento alle informazioni personali che riguardano il singolo condomino, anche se oggetto di trattamento
per finalità di gestione della cosa comune, è sempre salvo il
diritto di ciascun condomino di accedere ai dati che lo
riguardano nelle forme previste dall’art. 7 ss. del Codice.
Questo diritto di accesso può essere esercitato dall’interessato nei confronti del condominio, anche se in effetti deve
essere presentata la relativa istanza all’amministratore.
Il diritto d’accesso e i restanti diritti previsti dall’art. 7
del Codice non sono invece riconosciuti al condomino per
quanto riguarda i dati personali riferibili agli altri condomini
considerati come singoli o all’intera collettività condominiale, la cui conoscibilità è assicurata nei limiti e con le modalità indicate nella parte precedente del provvedimento generale 18 maggio 2006.
122
n. 5-6/ 2006
Ambiti esclusi
Il Garante, infine, ha ricordato che restano estranei
all’ambito di applicazione della disciplina di protezione
dei dati tutti i comportamenti e le forme di comunicazione, riconducibili nell’ambito delle relazioni di
vicinato, che sono posti in essere per finalità esclusivamente personali ai sensi dell’art. 5, comma 3, del Codice.
Resta comunque salva la facoltà degli interessati di presentare ricorso all’Autorità giudiziaria ordinaria per i profili
di rispettiva competenza e in particolare per conseguire il
risarcimento del danno eventualmente subito (come prevede
l’art. 15 del Codice) oppure come nel caso in cui i comportamenti siano suscettibili di integrare fattispecie di reato,
come l’interferenza illecita nella vita privata disciplinata dall’art. 615-bis cod. pen.
Prescrizioni del Garante
Il provvedimento generale del Garante 18 maggio 2006,
dopo avere riassunto nel modo che si è visto finora le regole
relative al trattamento dei dati nei rapporti condominiali, termina con le prescrizioni che i titolari del trattamento di dati
personali nell’ambito dell’attività di amministrazione condominiale devono osservare.
In particolare, i soggetti titolari di un trattamento, ai sensi
dell’art. 154, comma 1, lett. c), del Codice, devono adottare,
nei modi prima indicati, le misure necessarie individuate nel
provvedimento generale stesso per rendere il trattamento
conforme alle disposizioni vigenti, con riguardo:
1) all’individuazione dei dati pertinenti e non eccedenti,
nell’amministrazione condominiale, alle condizioni individuate al punto 2, e consistenti nei dati personali, compresi i
dati sensibili e giudiziari, necessari per l’attività di gestione e
amministrazione delle parti comuni e idonee a determinare le
posizioni di dare e avere dei singoli partecipanti, con particolare riguardo a:
- i dati anagrafici e indirizzi dei partecipanti;
- le quote millesimali attribuite a ciascuno dei condomini
e dati personali necessari a commisurarle;
- i dati personali relativi agli inadempimenti dei singoli
condomini;
- i dati relativi al numero di utenza telefonica del singolo
partecipante;
2) alle modalità di comunicazione dei dati personali dei
partecipanti, come indicate nel punto 3 del provvedimento,
con particolare riguardo a:
- la comunicazione dei dati riportati nei prospetti contabili
oppure nei verbali assembleari o ammettendo in assemblea
soggetti non legittimati a parteciparvi;
- la diffusione di dati personali effettuata mediante l’affissione di avvisi di mora o di solleciti di pagamento in spazi
condominiali accessibili al pubblico.
Per quanto riguarda i casi nei quali il trattamento dei dati
personali nell’ambito dell’amministrazione di condomini può
essere effettuato presso i condomini al fine di perseguire i
menzionati legittimi interessi e senza richiedere il consenso
degli interessati, il provvedimento generale, ai sensi dell’art.
24, comma 1, lett. g), del Codice, ha ricordato che ciò è legittimo nei termini indicati nel punto 2.2 del provvedimento
generale stesso sempre nei limiti e alle condizioni indicate.
«Consulente Immobiliare»
n. 5-6/2006
Condominio
TRATTAMENTO DEI DATI PERSONALI
NELL’AMMINISTRAZIONE CONDOMINIALE
Provvedimento Garante Privacy 18.5.2006 (G.U. n 152 del 3.7.2006)
Il Garante per la protezione dei dati personali
In data odierna, in presenza del prof. Francesco Pizzetti,
presidente, del dott. Giuseppe Chiaravalloti, vice presidente,
del dott. Giuseppe Fortunato e del dott. Mauro Paissan, componenti, e del dott. Giovanni Buttarelli, segretario generale;
Visto il Codice in materia di protezione dei dati personali
(decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196);
Vista la documentazione in atti ed esaminate le osservazioni pervenute a seguito della consultazione pubblica
indetta l’8 febbraio 2006;
Viste le osservazioni formulate dal segretario generale ai
sensi dell’art. 15 del regolamento del Garante n. 1/2000;
Relatore il dott. Giuseppe Fortunato;
Premesso
1. Il trattamento di dati personali nell’ambito dell’amministrazione di condomini.
Sono pervenuti a questa Autorità diversi quesiti e segnalazioni concernenti le operazioni di trattamento di dati personali effettuate nell’ambito delle attività connesse all’amministrazione dei condomini: presentando profili comuni — con
specifico riguardo alla circolazione di informazioni personali
per la gestione della proprietà comune, riferite ai singoli partecipanti al condominio (di seguito, «partecipanti»), o
concernenti l’intera amministrazione condominiale — le
medesime sono suscettibili di trattazione unitaria con il presente provvedimento nel quale si è altresì tenuto conto delle
comunicazioni (settantacinque, comprendenti anche richieste
di chiarimenti, quesiti e osservazioni) pervenute all’Autorità
da privati e da associazioni di categoria a seguito della consultazione pubblica indetta l’8 febbraio 2006.
I profili prevalentemente presi in considerazione nelle
comunicazioni inviate (in larga parte già presenti nelle
segnalazioni e nei quesiti presentati all’Autorità) riguardano:
la questione della titolarità del trattamento nell’ambito
della gestione condominiale;
la tipologia dei dati trattati, tra i quali vengono indicati:
i dati inerenti il condominio complessivamente inteso
quale ente di gestione;
i dati personali riferiti ai singoli partecipanti al condominio, nei limiti delle informazioni personali raccolte ed utilizzate per le finalità riconducibili alla disciplina civilistica;
il trattamento dei dati relativi a soggetti diversi dai partecipanti al condominio;
la circolazione, in varie forme, di dati relativi alla gestione condominiale;
le problematiche afferenti alle misure di sicurezza;
il trattamento di dati personali, sensibili e giudiziari.
Tenendo conto delle osservazioni pervenute nel corso della consultazione pubblica e delle segnalazioni presentate
all’Autorità, ferma restando l’applicabilità delle regole di
diritto comune (in particolare degli articoli 1117 e ss. c.c.), il
Garante, ai sensi dell’art. 154, comma 1, lettera e), del Codi-
ce, al fine di rendere conformi alle disposizioni vigenti in
materia di protezione dei dati personali i trattamenti effettuati nell’ambito dell’amministrazione dei condomini, prescrive
ai titolari del trattamento l’adozione delle misure di seguito
specificamente indicate.
2. Tipologia di informazioni oggetto dì trattamento nell’ambito dell’attività di amministrazione del condominio
e principi di pertinenza e non eccedenza.
Affinché il trattamento di dati personali effettuato nell’ambito dell’attività di amministrazione del condominio si
svolga nell’osservanza del principio di liceità (previsto
all’art. 11 del Codice), in termini generali, possono formare
oggetto di trattamento da parte della compagine condominiale unitariamente considerata — di regola con l’ausilio dell’amministratore di condominio (nell’eventuale veste di
responsabile del trattamento ai sensi degli articoli 4, comma
1, lettera g), e 29 del Codice) — le sole informazioni personali pertinenti e necessarie rispetto allo svolgimento delle
attività di gestione ed amministrazione delle parti comuni ed
idonee a determinare, secondo le regole del codice civile
(articoli 1117 ss. c.c.), le posizioni di dare ed avere dei singoli partecipanti (siano essi proprietari o usufruttuari: cfr. art.
67 disp. att. c.c.).
2.1. Le informazioni trattate possono riguardare non solo
tutta la compagine condominiale unitariamente considerata
(ad esempio, i dati relativi a consumi collettivi del condominio), ma possono altresì riferirsi a ciascun partecipante, individualmente considerato, in quanto necessarie ai fini
dell’amministrazione comune: queste ultime consistono, ad
esempio, nei dati anagrafici e negli indirizzi dei partecipanti,
elementi la cui reciproca conoscenza può risultare indispensabile per consentire la regolare convocazione dell’assemblea (alla luce delle disposizioni contenute nell’art. 66 disp.
att. c.c.), nonché per verificare la validità delle deliberazioni
dalla stessa adottate (ad esempio, ai fini dell’impugnazione
ex art. 1137 c.c.). Del pari, possono formare oggetto di trattamento anche le quote millesimali attribuite a ciascuno dei
condomini e i dati personali necessari a commisurarle o,
comunque, rilevanti per la determinazione di oneri nell’ambito condominiale (art. 68 disp. att. c.c. e art. 1123 c.c.); dalle quote millesimali è dato altresì ricavare il quorum per la
regolare costituzione dell’assemblea (quorum costitutivo) e
per la validità delle deliberazioni adottate (quorum deliberativo), secondo quanto disposto dall’art. 1136 c.c.
Le informazioni personali appena menzionate, riferibili a
ciascun partecipante, possono essere trattate per la finalità di
gestione ed amministrazione del condominio, a seconda dei
casi, ai sensi dell’art. 24, comma 1, lettere a), b) o c) del
Codice.
2.2. Anche per esercitare i controlli in ordine all’esattezza
dell’importo dovuto a titolo di contributo per la manutenzione delle parti comuni e per l’esercizio dei servizi comuni,
123
Condominio
ciascun partecipante può essere informato in ordine all’ammontare della somma dovuta dagli altri; in ragione delle
regole sul mandato, che (per costante giurisprudenza) trovano applicazione per regolare il rapporto tra i partecipanti e
l’amministratore, questi informa i singoli partecipanti degli
eventuali inadempimenti, sia nelle usuali forme del rendiconto annuale (art. 1130 c.c.), come pure, in ogni tempo, a seguito dell’esercizio del potere di vigilanza e controllo spettante
a ciascun partecipante al condominio sull’attività di gestione
delle cose, dei servizi e degli impianti comuni (cfr. Cass., 26
agosto 1998, n. 8460; Cass., 29 novembre 2001, n. 15159; v.
altresì, Provv. Garante 16 luglio 2003).
Tali informazioni potranno essere trattate dai partecipanti, perseguendo gli stessi nell’esercizio della facoltà
menzionata un legittimo interesse non sopravanzato da quello degli interessati cui si riferiscono i dati, ai sensi dell’art.
24, comma 1, lettera g), del Codice. Ricorrendone i presupposti, i dati sopra citati possono altresì essere trattati in base
all’art. 24, comma 1, lettera f) , del Codice.
Solo in presenza del consenso dell’interessato (salva l’eventuale pubblicità già attribuita a tali informazioni grazie
alla loro indicazione in elenchi pubblici), invece, possono
essere trattate, in quanto non eccedenti rispetto alla finalità di
amministrazione della cosa comune, le informazioni relative
alle utenze telefoniche intestate ai singoli partecipanti: il loro
utilizzo, infatti, può agevolare, specie in relazione a casi particolari di necessità ed urgenza (ad esempio al fine di prevenire o limitare eventuali danni a parti individuali o comuni
dell’immobile), i contatti tra i partecipanti come pure lo svolgimento delle incombenze rimesse all’amministratore del
condominio (cfr. Provv. 19 maggio 2000, in Boll. n. 13/2000,
p. 7, doc web n. 42268).
2.4 Possono altresì formare oggetto di trattamento nell’ambito delle menzionate finalità di amministrazione del
condominio, dati personali di natura sensibile o dati giudiziari, nella misura indispensabile al perseguimento delle medesime finalità.
Tale ipotesi può ricorrere, ad esempio, in relazione al trattamento di dati di natura sensibile e giudiziaria del personale
alle dipendenze del condominio in ordine al quale, salvo
l’obbligo di rendere l’informativa ai sensi dell’art. 13 del
Codice, trovano applicazione lo speciale presupposto di cui
all’art. 26, comma 4, lettera d), del Codice (obblighi del
datore di lavoro) e le autorizzazioni generali del Garante nn.
1 e 7 del 2005 (relative al trattamento dei dati sensibili nei
rapporti di lavoro e ai dati giudiziari).
Ulteriori ipotesi di trattamento di dati sensibili nell’ambito dell’amministrazione condominiale possono
comunque configurarsi: si pensi al trattamento di dati sanitari
effettuato in relazione a danni alle persone, anche diverse dai
condomini, e ai trattamenti di dati sanitari di uno o più partecipanti connessi all’adozione di una delibera assembleare
avente ad oggetto l’abbattimento delle ed. «barriere architettoniche».
3. Comunicazione e diffusione di dati relativi ai partecipanti.
3.1.Salva la presenza di una causa giustificatrice (quale il
consenso dell’interessato o uno degli altri presupposti previsti all’art. 24 del Codice), è illecita la comunicazione a terzi
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n. 5-6/ 2006
di dati personali riferiti ai partecipanti: ciò potrebbe avvenire, ad esempio, mettendo a disposizione di terzi dati personali riportati nei prospetti contabili o dei verbali assembleari o,
ancora, con sentendo la presenza in assemblea — il cui svolgimento è suscettibile di videoregistrazione in presenza del
consenso informato dei partecipanti — di soggetti non legittimati a parteciparvi.
Possono comunque partecipare all’assemblea soggetti terzi (ad esempio, tecnici o consulenti) per trattare i punti
all’ordine del giorno per i quali i partecipanti ne ritengano
necessaria la presenza (cfr. Provv. 19 maggio 2000, cit.); con
l’assenso dei partecipanti o sussistendo le condizioni previste da specifiche disposizioni normative (quale ad esempio
l’art. 10 della legge 27 luglio 1978, n. 392, sulla disciplina
delle locazioni di immobili urbani) potrà partecipare all’assemblea il conduttore di un immobile del condominio.
Integra un trattamento illecito (anche in violazione del
principio di proporzionalità) la diffusione di dati personali
effettuata mediante l’affissione di avvisi di mora (o, comunque, di sollecitazioni di pagamento) in spazi condominali
accessibili al pubblico, potendo tali informazioni venire a
conoscenza di una serie indeterminata di soggetti, nell’intervallo di tempo in cui l’avviso risulta visibile. L’esposizione
di dette informazioni in tali luoghi può contenere solo avvisi
di carattere generale utili ad una più efficace comunicazione
di eventi di interesse comune (ad esempio, inerenti allo svolgimento dell’assemblea condominiale o relative a comunicazioni urgenti: si pensi ad anomalie nel funzionamento degli
impianti), rimettendo a forme di comunicazione individualizzata, o alla discussione in assemblea, la trattazione di affari
che importi il trattamento di dati personali riferiti a condomini individuati specificatamente (Provv. 12 dicembre 2001, in
Boll. n. 23/2001, p. 7, doc. web n. 1082529).
Per prevenire illecite comunicazioni e diffusioni di dati
personali devono essere adottate, se del caso anche a cura
dell’amministratore del condominio, idonee misure di sicurezza di cui agli articoli 31 ss. del Codice.
4. Diritto d’accesso e informazioni relative alla complessiva gestione condominiale da parte dei partecipanti.
Ove si intenda esercitare il diritto d’accesso (e gli altri
diritti previsti dall’art. 7 del Codice, avvalendosi eventualmente della particolare modalità di tutela prevista dagli articoli 145 del Codice) in relazione ai dati riferibili direttamente all’intera compagine condominiale (si pensi alle informazioni connesse ai contratti stipulati nell’interesse del
condominio, quali ad esempio quelli relativi alla fornitura di
beni e alla somministrazione di servizi, o in ordine ai dati sul
consumo e sugli importi di utenze complessivamente intestate al condominio: cfr. Provv. 13 dicembre 2004), tale facoltà
compete al rappresentante della compagine condominiale, di
regola l’amministratore.
Come detto al punto 2, resta impregiudicata la circolazione tra i partecipanti, in conformità alla disciplina civilistica
(ed in particolare grazie alle regole che, rispetto all’attività
gestoria dell’amministratore, presiedono all’esatta esecuzione del suo incarico secondo le attribuzioni contenute nell’art.
1130 c.c., con particolare riguardo all’obbligo di rendiconto)
delle informazioni direttamente riferibili direttamente alla
gestione condominiale (e concernenti tutti i partecipanti
Condominio
n. 5-6/2006
complessivamente considerati), come pure la loro eventuale
conoscibilità, sussistendone i presupposti, in base ad altre
norme presenti nell’ordinamento.
5. Diritto d’accesso e informazioni personali riferite ai
parecipanti.
Rispetto alle informazioni personali relative al singolo
partecipante, anche se oggetto di trattamento per finalità di
gestione della cosa comune, resta salvo il diritto del medesimo di accedere ai dati che lo riguardano nelle forme previste
dagli articoli 7 e ss. del Codice. Tale diritto può essere esercitato nei confronti del condominio (inteso come la collettività dei partecipanti), anche presentando la relativa istanza
all’amministratore.
Il diritto d’accesso (e i restanti diritti individuati dal menzionato art. 7) non è riconosciuto al partecipante in ordine ai
dati personali riferibili agli altri condomini singolarmente
intesi o all’intera compagine condominiale (la cui conoscibilità è assicurata nei limiti e con le modalità sopra indicate al
punto 2 del presente provvedimento).
6. Ambiti esclusi.
Sono estranei all’ambito di applicazione della disciplina
di protezione dei dati comportamenti e forme di comunicazione, riconducibili all’alveo delle relazioni di vicinato, posti
in essere per finalità esclusivamente personali (art. 5, comma
3, del Codice).
Resta salva la facoltà degli interessati di ricorrere all’autorità giudiziaria ordinaria per i profili di rispettiva competenza, in particolare per conseguire il risarcimento del danno
eventualmente subito (art. 15 del Codice) o allorché i comportamenti siano suscettibili di integrare fattispecie di reato
(quali, ad esempio, l’interferenza illecita nella vita privata, di
cui all’art. 615-bis c.p.).
Tutto ciò premesso, il Garante:
prescrive, ai sensi dell’art. 154, comma 1, lettera c), del
Codice, ai soggetti titolari di un trattamento di dati personali
nell’ambito dell’attività di amministrazione dei condomini di
adottare, nei termini di cui in motivazione, le misure neces-
sarie indicate nel presente provvedimento al fine di rendere il
trattamento conforme alle disposizioni vigenti, avuto particolare riguardo;
all’individuazione dei dati pertinenti e non eccedenti, nell’amministrazione condominiale, alle condizioni individuate
al punto 2, e consistenti nei dati personali, ivi compresi i dati
sensibili e giudiziari, necessari all’attività di gestione ed
amministrazione delle parti comuni ed idonee a determinare
le posizioni di dare ed avere dei singoli partecipanti, con particolare riguardo a:
dati anagrafici e indirizzi dei partecipanti;
quote millesimali attribuite a ciascuno dei condomini e
dati personali necessari a commisurarle;
dati personali relativi agli inadempimenti dei singoli condomini;
dati relativi al numero di utenza telefonica del singolo
partecipante;
alle modalità di comunicazione dei dati personali dei partecipanti, come indicate al punto 3, con particolare riguardo
alla:
comunicazione dei dati riportati nei prospetti contabili o
nei verbali assembleari o, ammettendo in assemblea soggetti
non legittimati a parteciparvi;
diffusione di dati personali effettuata mediante l’affissione di avvisi di mora (o, comunque, di sollecitazioni di pagamento) in spazi condominali accessibili al pubblico;
individua, ai sensi dell’art. 24, comma 1, lettera g), del
Codice, nei termini di cui in motivazione al punto 2.2., i casi
nei quali il trattamento dei dati personali nell’ambito dell’amministrazione di condomini può essere effettuato presso
i condomini nei limiti e alle condizioni ivi indicate, al fine di
perseguire i menzionati legittimi interessi e senza richiedere
il consenso degli interessati;
dispone infine che il presente provvedimento sia pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.
Roma, 18 maggio 2006
Il presidente Pizzetti
Il relatore Fortunato
Il segretario generale Buttarelli
Decollatura (Cz) “Una slitta per trasportare il letame: a stragula”
(da Gerhard Rohlfs, La Calabria Contadina)
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Consulenza tecnica
n. 5-6/ 2006
CONSULENZA TECNICA D’UFFICIO
Riconfinazione di un fondo con impianto arboreo e valutazione delle migliorie apportate,
della locazione annua nonchè della consistenza e produttività dell’uliveto esistente
di Angelo Cavaliere*
Premessa
Con atto per Notar M. del 18.9.1954, l’Opera Sila (già
ESAC e ora ARSSA) assegnava al signor S.A. un fondo in
Comune di S. A., contrada “L”.
Con la morte dell’assegnatario (10.2.1972) tale unità fondiaria veniva coltivata dalla moglie S. L. C. Il fondo, nel 1976,
veniva occupato, in modo arbitrario e illegittimo, da S.F., figlio
di A., al quale, successivamente, lo stesso fondo veniva assegnato, con provvedimento del Tribunale di Castrovillari. Con
provvedimento definitivo della Corte d’Appello di Catanzaro
del 9.5.1978 il fondo veniva assegnato a S.S.F.. Lo S.F. però
lasciava il fondo solo in seguito a citazione della sorella S. del
2.2.1979 e conseguente sentenza n°10 del 17-19.1.1981 del Tribunale di Castrovillari.
Successivamente S.F. rivendicava, nei confronti dell’ESAC,
le migliorie apportate nella particella 105 del Foglio 5 (che lo
stesso aveva continuato a possedere abusivamente fino al
20.3.1987). Tale particella veniva acquistata da S.S. nel 1983.
Le migliorie, secondo le dichiarazioni di S.F., consistevano
nel decespugliamento e livellamento del terreno a suo tempo
alveo del fiume Esaro, e nella piantagione di n° 32 piante di
ulivo e di n°303 alberi da frutto (mandarini, aranci, pesche,
peri, melograni, noccioline). L’ESAC (ora ARSSA), costituitasi
in giudizio, chiedeva l’intervento in causa della S.S.F., avendo
stipulato atto di compravendita il 30.4.1991 con la stessa, la
quale aveva beneficiato di una detrazione di £. 2.772.000, a
titolo di migliorie realizzate.
All’udienza del 25.9.2000 il G.O.A. nominava consulente
tecnico d’Ufficio il sottoscritto dott. agr. Angelo Cavaliere al
quale, dopo l’accettazione e il giuramento di rito, venivano
posti i seguenti quesiti:
1-(per l’attore) accerti il CTU, sulla scorta degli atti di causa, il valore delle migliorie apportate dall’attore nel fondo rustico riportato alla p.lla 105 del F. 5 Catasto Terreni del Comune
di S.A.;
2-( per l’ARSSA) accerti il CTU se la particella di terreno
indicata sub 1 (p. 105) ricada in tutto o in parte nell’alveo del
fiume o nella zona di rispetto e se su tale quoziente risulti consentita la realizzazione di impianti arborei;
3-accertato il valore del terreno occupato determinarne la
quota valore locativo-anno;
4-( per la convenuta-intervenuta S.S.)voglia il CTU determinare la pregressa e attuale consistenza e produttività dell’uliveto.”
In seguito all’opposizione dell’avv. L. (difensore di S. F.) il
G.O.A. si riservava di decidere in merito a tutti i capitoli della
relazione espletanda. Dopo aver sciolto la riserva con ordinanza del 29.9.2000 il G.O.A. riteneva ammissibili i quesiti proposti dalle parti. All’udienza del 19.2.2001 veniva disposto che il
CTU rispondesse ai quesiti proposti nell’udienza del
25.9.2000, regolarmente ammessi con ordinanza.
* Dottore agronomo, docente emerito di estimo dell’I.T.G. di Castrovillari.
126
In data 5.4.2001, alle ore 9,30, come da avviso raccomandato alle parti e loro rappresentanti legali e tecnici, il sottoscritto
ctu dott. agr. Angelo Cavaliere si è recato presso la proprietà
della signora S.S., in loc. L. del Comune di S.A.. Erano presenti: la signora S.S.; per l’ARSSA il dott. agr. P V.; il signor S. F..
Veniva effettuata una prima sommaria ricognizione dei luoghi e, in particolare, della superficie che doveva corrispondere
alla p. 105 del F. 5, prendendo atto della vegetazione presente e
delle condizioni del terreno.
Non risultando definiti e chiari i confini della particella in
causa si rendeva necessario un rilievo strumentale e, per questo, chiederne autorizzazione al signor Giudice Istruttore. Successivamente, in data 15.6.2001, alle ore 9,00, previo accordo
telefonico con le parti, il sottoscritto si recava sul fondo della
S.S. insieme al collaboratore geom. E.M. per la individuazione
dei punti catastali e di fatto, al fine delle operazioni di rilevamento strumentale. Era presente la signora S.S.. In data
12.7.2001, alle ore 8.00, come convenuto con le parti, il sottoscritto ctu si è recato sul fondo di cui è causa, accompagnato
dal rilevatore topografo geom. L.P.. Insieme al tecnico dell’ARSSA dott. P.V., vengono stabiliti e individuati i punti di
stazione del rilievo e indicata sommariamente la superficie
oggetto della causa. In data 7.8.2001, alle ore 8.00, come da
avviso alle parti, il sottoscritto ctu, con la scorta dei risultati del
rilievo, si è recato sul fondo della S.S. per la definizione dei
confini della part. 105 e per la conta delle piante in essa presenti. Erano presenti: la signora S.S. col figlio B.L.; il dott. P.V.
dell’ARSSA; il geom. L.P., collaboratore rilevatore. Dopo circa
due ore si è presentato il signor S.F. il quale veniva messo al
corrente delle operazioni in atto. Dopo un’ora lo stesso si è
allontanato per riprendere, secondo sua dichiarazione, il lavoro
interrotto presso l’OSAS di C.
La part. 105 veniva resa “visiva” collegando i picchetti dei
rilievi con nastro plastificato di colore bianco-rosso. Venivano
contate le piante esistenti entro il perimetro della particella e
veniva preso atto dell’esistenza di un impianto irriguo a spruzzo alimentato da acqua proveniente da pozzo in proprietà di
S.S.. Successivamente in data 7.9.2001 il sottoscritto ctu convocava le parti alle ore 8.30 sul fondo in questione per portare a
conoscenza delle stesse i risultati del rilievo e degli accertamenti, al fine anche di dare possibilità di verbalizzare eventuali
dichiarazioni per una migliore definizione della causa. All’appuntamento erano presenti: il signor B.L., figlio di S.S., data la
indisponibilità della madre; il dott. P.V., per l’ARSSA. Il signor
B.L., per conto della madre, forniva al sottoscritto ctu n°19
fotografie siglate relative a particolari condizioni del fondo.
Tali fotografie trovano riscontro nella superficie in causa. Il
signor B., inoltre, faceva presente che le piante di clementine,
in vicinanza delle piante di noce e ulivi, risultano meno sviluppate delle altre. Faceva presente altresì:- che le piante di noci
costituiscono impedimento alle colture più produttive di agru-
n. 5-6/2006
mi e ulivi; - che il terreno attualmente libero della part. 105 non
risulta adatto alle colture erbacee ed arboree.
Sono state scattate fotografie per documentare lo stato dei
luoghi e della vegetazione.
Nel corso dei sopralluoghi il sottoscritto ha tentato di far
risolvere bonariamente la vertenza senza riuscirvi.
Tanto dai verbali di sopralluogo che si allegano alla presente relazione costituendone parte integrante.
Sulla base di quanto esposto nei fascicoli in atti; delle
dichiarazioni delle parti; delle risultanze dei sopralluoghi e dei
rilievi topografici effettuati; è stata elaborata la presente relazione la quale, per maggiore chiarezza, viene divisa nei seguenti capitoli: I- Descrizione della particella 105; II- Qualità e
produttività delle piante presenti sulla p. 105; III – Considerazioni sulle colture in atto; IV – Valore delle migliorie apportate
da S.F.; V – Ubicazione della p. 105 rispetto all’alveo del fiume
E.; VI – Valore locativo annuo del terreno occupato da S. F.;
VII – Consistenza e produttività pregressa e attuale dell’uliveto; VIII – Conclusioni
I – Descrizione della part. 105
I,a – Situazione catastale
La p. 105, della estensione di Ha 1.39.80, si presenta di forma allungata irregolare, delimitata ad ovest dalla part. 104; ad
est dalla part. 520; a nord da zona demaniale. Per mq. 7.405 è
impegnata a colture arboree (agrumeto-uliveto); per altri mq.
6.346 è terreno libero da piante arboree; mentre mq. 229 sono
occupate da stradella e incolto.
Su tale superficie esistono n°97 piante di agrumi, n°91
piante di ulivo, n°13 piante di noci, n° 3 piante di fico, n° 4
piante di pesco, n°1 pianta di albicocco (il tutto meglio descritto in seguito).
I,b – Situazione attuale
Nella realtà la superficie in contestazione si discosta da
quella catastale. La forma è di un rettangolo irregolare racchiusa tra i limiti della part. 104 e la recinzione che costeggia la
stradella esistente per una estensione complessiva di mq.
16.191, di cui mq. 8.646 sono impegnati a colture arboree
(agrumi – ulivi) e mq. 7.545 sono liberi da colture. La recinzione è stata realizzata da S.F. nel 1977 per cui l’incorporamento
della superficie risalirebbe a quell’anno. La recinzione, al
momento molto malandata, è costituita da paletti in calcestruzzo e in legno originariamente a n°3 ordini di filo spinato. Sulla
superficie accorpata alla 105 esistono n° 7 piante di ulivo di cui
n°5 produttive e mediamente sviluppate e n°2 deperite e a sviluppo stentato. Con riferimento all’allegato n° 3-5 tali piante
sono individuate tra la linea catastale di confine e la recinzione
a limite della stradella nella parte est.
II – Qualità e produttivita’delle piante presenti sulla part. 105
La superficie è occupata in parte da piante arboree da frutto
quali Ulivo, Clementine, Noci, Fico, Pesco, Albicocco. Più propriamente sono state riscontrate:
Agrumi: n° 95 piante di Clementine e n° 2 piante di limoni;
Ulivi: n° 91 piante di ulivo di cui: N°61 da considerarsi produttive; n°5 dell’età di 2 anni; n°5 poco sviluppate e poco produttive; n°20 deperite e improduttive.
Noci : n° 12 piante bene sviluppate; n°1 tagliata;
Fico: n° 3 piante pochissimo sviluppate e di scarsissima
produzione;
Consulenza tecnica
Pesco: n° 4 piante poco sviluppate con produzione quasi nulla;
Albicocco: n° 1 pianta scarsamente sviluppata e di quasi
nulla produzione.
Esiste un impianto di irrigazione a spruzzo riguardante le
piante di clementine e di ulivo. L’acqua è derivata da un pozzo
di proprietà di S.S., ubicato nella part. 111, nei pressi dell’abitazione, a circa 600 ml., con una portata di circa 8 litri al secondo ( su dichiarazione della proprietaria).
II,a – Produttività delle piante
Considerate le caratteristiche geopedologiche del terreno, lo
sviluppo delle piante, le condizioni ambientali, la presenza dell’irrigazione, si può dedurre una produttività media a pianta per
anno pari a: Clementine: circa 40 Kg.; Ulivo: circa 25 Kg.
Non sono da considerare le produzioni delle piante di noci e
tanto meno quelle degli altri fruttiferi. Le prime sono di impedimento alle colture principali e il loro prodotto non viene raccolto; gli altri fruttiferi sono poco rappresentati, di scarsa produttività e quindi di nessuna rilevanza economica.
III – Considerazioni sulle colture in atto
Il terreno della part. 105 era un tempo interessato dal corso
del fiume Esaro, sia direttamente, come alveo, sia come zona di
rispetto dello stesso. Il fiume si è spostato nel tempo in altro
luogo, costituendo nuovo percorso lasciando, fra l’altro, anche
il terreno indicato catastalmente come p. 105. Sembra, a detta
delle parti in causa, che il limite della p. 104, nella parte sud
della 105, fosse “rinforzato” da gabbioni ( ma di questi non esiste traccia visibile). La parte della superficie attualmente libera
della p. 105 mostra i segni evidenti della remota presenza dl
fiume. Infatti man mano che ci si allontana dalla zona investita
a colture arboree il terreno si presenta con elementi sabbiosi
arrotondati sempre più grossolani. Il terreno attualmente libero
ha una struttura sabbiosa-limosa, con caratteristiche di porosità
sempre più accentuata verso la stradella e sul lato nord. Nella
parte non alberata esiste, attualmente, una piccola porzione di
terreno coltivata ad ortaggi (melenzane, pomodori, peperoni,
meloni, zucchine) e sottesa ad irrigazione. A detta della signora
S.S. tale superficie è stata interessata da terreno di riporto, con
risultato delle colture non del tutto soddisfacenti. Non è stato
possibile estendere la coltivazione di ortaggi ad una maggiore
superficie per le condizioni del terreno poco idonee ed eccessivamente sabbiose. Anche le graminacee (grano-orzo-avena),
sempre a detta della S., non hanno avuto migliore fortuna né
hanno dato risultati soddisfacenti.
Le condizioni pedologiche della superficie attualmente ad
agrumeto e ad uliveto sono da considerarsi soddisfacenti. Sono
terreni recuperati dal fiume, con componente limo-sabbiosa,
mediamente permeabili. Lavorati e concimati si adattano bene
alle colture arboree da frutto, in particolare agrumi e ulivo. Le
piante di clementine allevate a vaso e con sesto di m. 5 x m. 5,
appaiono in generale ben formate e sviluppate. C’è da notare
che le piante di noce sparse nell’agrumeto, per la loro abbondante chioma, adombrano le piante di clementine riducendone
il regolare sviluppo.
Anche alcune piante di ulivo impiantate fra le piante di clementine provocano concorrenzialità nutritive e impediscono il
normale svolgimento delle operazioni colturali.
Le piante di ulivo, in generale, e almeno per la maggior parte, appaiono bene sviluppate e produttive. Le piante di ulivo
impiantate sulla superficie in prossimità della zona libera e
127
Consulenza tecnica
della recinzione, appaiono stentate, poco sviluppate, di nessuna
produttività e in parte appassite.
Queste superfici, anche se irrigate, non riescono a trattenere
l’acqua data la eccessiva permeabilità del terreno.
IV – Valore delle migliorie apportate da S.F.
Premessa. – Le misure di indennizzo per miglioramento
previste dal legislatore sono:
- il “migliorato” ( per possessori in buona fede- enfiteutaaffittuario);
- la minor somma tra lo speso e il migliorato ( per usufruttuario- possessore in mala fede- compratore con patto di riscatto);
- una somma scelta tra il primo costo e il migliorato (per
miglioramenti effettuati da un terzo- addizioni apportate dal
possessore in mala fede).
La dizione “migliorato”, nell’accezione corrente, viene
intesa come “ aumento di valore conseguito dal fondo per effetto del miglioramento”. È comunemente consigliato di valutare
il migliorato come differenza tra il più probabile valore di mercato del bene, nelle condizioni in cui si trovava al momento
della riconsegna, e il valore che, sullo stesso mercato, avrebbe
avuto il bene supposto privo di miglioramenti.
Lo “speso” va inteso come “importo della spesa” che un
imprenditore di capacità tecniche e finanziarie medie avrebbe
sostenuto per effettuare il miglioramento. Partendo anche dalla
considerazione più volte espressa dalla Suprema Magistratura
che speso e migliorato debbono essere grandezze comparabili,
per cui le date di riferimento dei due valori debbono essere
identiche, la valutazione dello speso non significa altro che
valutare il più probabile valore di costo di riproduzione del
miglioramento.
Il “primo costo” è il valore dei materiali e il prezzo della
manodopera (somma delle spese che si debbono sostenere per
la manodopera e i materiali necessari all’effettuazione dell’intervento, non dovendo essere computate le voci di spesa quali
interessi, stipendi, quote, imposte, ecc.).
Valore delle migliorie
Le migliorie apportate nel fondo in oggetto da S.F., almeno
quelle che sono state accertate nel corso dei sopralluoghi, consistono nell’impianto di fruttiferi quali Clementine e Ulivi ( si
tralasciano gli altri fruttiferi sparsi per le scarse produzioni, gli
svantaggi causati dalla loro presenza, perché non significativi
ai fini economici).Essendo un investimento stabile di capitale e
lavoro fatto sul fondo al fine di conseguire un utile economico,
rappresentano miglioramento fondiario (meglio: addizioni o
miglioramenti estrinseci). Il valore di queste migliorie esistenti
al momento della valutazione, va riferito alla data di riferimento della valutazione che, nel caso in esame, è l’attualità. Le
migliorie da considerare nel caso de quo sono date dall’impianto di n° 97 piante di agrumi (n° 95 di clementine e n°2 di limone) e da n° 61 piante di ulivo. Ciò premesso:
a – il valore delle migliorie in base allo “speso” viene
determinato come costo di riproduzione tenendo conto delle
variazioni di prezzo dei beni e dei servizi necessari alla effettuazione delle opere di miglioramento. Da quanto detto in precedenza esiste la seguente situazione migliorativa: n° 97 piante
di agrumi; - n°61 piante di ulivo.
Più propriamente lo speso è dato :
per l’Agrumeto : £. 2.223.725 (ved. Allegato n° 1)
128
n. 5-6/ 2006
per l’Uliveto: £. 1.337.425 (ved. Allegato n° 2)
L’ammontare complessivo dei costi di riproduzione dei
miglioramenti eseguiti ammonta a £. 3.561.150, diconsi lire
tremilionicinquecentosessantunomila150.
I prezzi per il calcolo analitico relativo al costo d’impianto
sono stati rilevati dal Prezziario dell’Assessorato dell’Agricoltura Calabria.
b – Valore delle migliorie in base al migliorato
Su dichiarazione di S.F. esisteva un pozzo alla romana (a
poca profondità) da cui prelevava l’acqua per l’irrigazione.
Attualmente l’irrigazione è assicurata da un sistema a spruzzo
con acqua derivante, attraverso condotta in PVC, da un pozzo
artesiano ubicato nella part. 111 con portata di circa 8 litri al
secondo. È da ritenere, anche sulla scorta delle dichiarazioni di
S.S., che il pozzo di cui parla S.F. e di cui non esiste traccia,
dovesse assicurare ben poca acqua se appena entrata in possesso del fondo S.S. ha provveduto con una tubazione di circa ml.
200 a portare alle piante acqua dal suo pozzo.
Tenendo presente quanto detto, secondo il sottoscritto ctu si
debbono considerare due situazioni:
a – part. 105, con le piante in essa presenti, servita dall’irrigazione a spruzzo e comunque con acqua da pozzo artesiano di
portata soddisfacente;
b – part. 105, con le piante in essa presenti, servita dalla scarsa acqua del pozzo realizzato a pochissima profondità da S.F..
Le due situazioni prefigurano due andamenti colturali con
produzioni qualitativamente e quantitativamente diversificate.
La valutazione viene effettuata con procedimento sintetico
comparativo per valori tipici. Tale scelta è giustificata dalla
presenza di più colture (agrumi e ulivo) ugualmente significative ai fini economici.
Tenendo conto delle condizioni generali dei luoghi e delle condizioni di mercato, si possono stabilire i seguenti valori per coltura:
Agrumeto: £. 55.000.000 ad ettaro; Uliveto : £. 50.000.000
ad ettaro; Seminativo: £. 35.000.000 ad ettaro.
L’incremento di valore sarà dato quindi dalla differenza tra
il valore della superficie investita a coltura e il valore della terra nuda. In particolare:
Tenendo presente la situazione a
Per l’agrumeto:
Piante presenti: n° 97 - sesto m.5.0 x m.5.0 Superficie occupata: n° 97 x mq. 25 = Ha 0.24.25
Valore agrumeto: Ha 0.24.25 x
x £/Ha 55.000.000 =
£. 13.337.500
Valore terra nuda: Ha 0.24.25 x
x £./Ha 35.000.000 =
£. 8.487.500
Incremento di valore:
£. 13.337.500 - £. 8.487.500 =
£. 4.850.000
Per l’uliveto:
Piante presenti: n° 61 - sesto medio m.5.0 x m. 5.0 Superficie occupata: n° 61 x mq.25= Ha 0.15.25
Valore uliveto: Ha 0.15.25 x
x £./Ha 50.000.000 =
£. 7.625.000
Valore terra nuda: Ha 0.15.25 x
x £./Ha 35.000.000 =
£. 5.337.500
Incremento di valore:
£7.625.000 – 5.337.500=
£.2.287.500
Incremento Valore Complessivo
della Particella n°105 :
£. 7.137.500
n. 5-6/2006
Tenendo presente la situazione b
( per tale situazione, per le considerazioni espresse in precedenza, si considera una riduzione della produzione e del valore
almeno del 25%).
Per l’agrumeto
Valore agrumeto:
Ha 0.24.25 x £./Ha 41.250.000 =
£. 10.003.120
Valore terra nuda:
Ha 0.24.25 x £./Ha 35.000.000 =
£. 8.487.500
Incremento valore:
£. 1.515.620
Per l’uliveto
Valore uliveto:
Ha 0.15.25 x £./Ha 37.500.000 =
£. 5.718.750
Valore terra nuda:
Ha 0.15.25 x £./Ha 35.000.000 =
£. 5.337.500
Incremento valore:
£. 381.250
Incremento Valore Complessivo:
£. 1.896.870
V – Ubicazione della part. 105 rispetto all’alveo del fiume
Esaro
Allo stato attuale la superficie in possesso della S.S. è compresa tra la recinzione al limite della stradella e la part. 104
(della stessa S.).
Tale superficie è maggiore di quella riportata in catasto e
comprende n° 2 porzioni di terreno appartenenti di cui una di
proprietà del Comune di S.A. per mq. 1.241 e l’altra di proprietà
del demanio (vecchio alveo del fiume Esaro) per mq. 1.199.
La part. 105, sia all’epoca del possesso di S.F. che attualmente, come risulta in modo chiaro dai rilievi e dalla mappa
catastale, non ingloba alcuna porzione del vecchio alveo.
VI – Valore locativo annuo del terreno occupato
Dai documenti in atti risulta provato che S.F. è entrato in
possesso della part. 105 dal 1976 cedendola alla legittima proprietaria solo nel marzo del 1987, con azione coercitiva.
In tale periodo, secondo le dichiarazioni dei responsabili
dell’ESAC, non ha pagato il fitto così come avrebbe dovuto per
legge. Con riferimento alla normativa di cui alla legge
203/1982, art. 11, e a quando previsto dalle leggi precedenti, il
canone d’affitto viene determinato sulla base del prodotto del
Reddito Dominicale 1937/39 per un coefficiente di adeguamento dei canoni di equo affitto dei fondi rustici determinato dalla
Commissione Tecnica Provinciale.
- Tenuto presente il R.D. della p.105 pari a £. 391.44;
- Considerato il periodo di possesso della suddetta particella
da parte di S.F.( dal 1976/77 al 1986/87);
- Considerati i coefficienti di adeguamento da applicare
(con una maggiorazione del 10% per i non coltivatori diretti);
- Rapportando al saggio legale e ad interesse semplice i
canoni annuali al momento del rilascio (1987), si avrà:
la sommatoria dei canoni per 10 anni pari a £. 506.523,36
per i coltivatori diretti e a £. 548.016 per i non coltivatori
diretti ( vedere calcoli in allegato n° 3).
Consulenza tecnica
VII – Consistenza e produttività (pregressa e attuale) dell’uliveto.
Sulla part. 105, come ricordato in precedenza, insistono n°
91 piante di ulivo di cui solo n°61 da considerarsi produttive.
Tali piante non sono in unico corpo poiché in parte si trovano
addossate all’agrumeto, in prossimità della recinzione a confine con la stradella , con una disposizione spaziale a settonce
non del tutto regolare ( le piante sono ai vertici di un rettangolo
equilatero) con distanze di m.4 x m.4 . In parte invece si trovano più prossime alla superficie libera con sesto di m. 5 x m. 5 e
di m. 6 x m. 6. C’è da notare che la vicinanza delle piante fra di
loro e, in parte, a quelle di Clementine, creano una condizione
di concorrenza nutritiva, un ostacolo, anche se contenuto, allo
sviluppo e alle normali lavorazioni. La produttività, da quanto
rilevato, si può considerare mediamente pari a Kg. 25 per pianta e per anno. Tale produzione risente favorevolmente dell’irrigazione praticata attualmente dalla proprietaria che consente di
“soccorrere” le piante in qualsiasi momento.
Non è dato modo di indicare la produttività pregressa dell’uliveto, ma si può senz’altro affermare che in mancanza o in
difetto di irrigazione, data la pedologia del terreno, la produttività non poteva che essere inferiore.
VIII - Conclusioni
Da quanto sopra esposto si può sintetizzare la risposta ai
quesiti proposti.
1° quesito: determinare il valore delle migliorie apportate
dall’attore sulla part. 105 del F.5.
Risposta: il valore delle migliorie riscontrate e ritenute valide è pari a £. 3.561.150 in base allo “speso”.
In base al “migliorato”:
A- tenendo presente la situazione pregressa: £.1.896.870 ;
B –tenendo presente la situazione attuale: £. 7.137.500.
2° quesito: accerti il ctu se la particella 105 ricade in tutto o
in parte nell’alveo del fiume o nella zona di rispetto.
Risposta: la part. 105 non ricade nell’alveo del fiume e solo
in minima parte nella zona di rispetto.
3° quesito: determini il ctu la quota del valore locativo
annuo del terreno occupato.
Risposta: i valori annui e complessivi sono riportati nell’allegato n° 8).
4° quesito: determinare la pregressa e attuale consistenza e
produttività dell’uliveto.
Risposta: si prefigurano, secondo il ctu, due situazioni: una
attuale con irrigazione razionale e soddisfacente dell’impianto;
una pregressa con irrigazione che si ritiene scarsa. Le due situazioni individuano comportamenti colturali diversi e quindi produttività quali-quantitativa meno buona per la situazione pregressa.
Ringraziando della fiducia accordatagli il sottoscritto resta a
disposizione per eventuali chiarimenti in merito.
>>
129
Consulenza tecnica
n. 5-6/ 2006
Allegato 1
Allegato 2
Impianto Agrumeto - Sesto m. 5.0 x m. 5.0 - Ha 0.24.25
1 Decespugliamento superficie:
Ha 0.24.25 x £./Ha 550.000
£. 133.375
Impianto Uliveto - Sesto m. 5.0 x m. 5.0 - Ha 0.15.25
1 Decespugliamento superficie:
Ha 0.15.25 x £./Ha 550.000
£. 83.875
2 Scasso con mezzi meccanici a cm. 100:
Ha 0.24.25 x £./Ha 1.220.000
£. 295.850
2 Scasso con mezzi meccanici a cm. 100:
Ha 0.15.25 x £./Ha 1.220.000
£. 186.050
£. 145.500
3 Sistemazione superficiale del terreno,
compreso piccoli movimenti di terra:
Ha 0.15.25 x £./Ha 600.000
£. 91.500
£. 145.500
3 Scavo buche con trivella:
Sesto: m. 5.0 x m. 5.0 Ha 0. 24.25
piante n°61 x £./p 1.500
£. 91.500
4 Trasporto, squadratura, messa a dimora
delle piantine, compresa concimazione:
Ha 0.24.25 x £./Ha 1.400.000
£ . 339.500
4 Trasporto, squadratura, messa a dimora
delle piantine, compresa concimazione:
Ha 0.15.25 x £./Ha 1.400.000
£ . 213.500
5 Acquisto piantine di due anni di innesto
n° 97 x £./p. 12.000
Totale
£. 1.164.000
£. 2.223.725
5 Acquisto piantine di due anni di innesto:
n° 61 x £./p. 11.000
Totale
£. 671.000
£. 1.337.425
3 Sistemazione superficiale del terreno,
compreso piccolimovimenti di terra:
Ha 0.24.25 x £./Ha 600.000
3 Scavo buche con trivella:
Sesto: m.5.0 x m.5.0 Ha 0. 24.25
piante n°’97 x £./p 1.500
Allegato 3
Fitto annuo del terreno occupato da S.F. dal 1976/77 al 1986/87
1 Relativo a coltivatore diretto
Reddito Dominicale = 391.44
Anno
RD
Coeff. adeg.
1977/78 391.44 x
75
1978/79
“
75
1979/80
“
75
1980/81
“
75
1981/82
“
75
1982/83
“
130
1983/84
“
130
1984/85
“
130
1985/86
“
140
1986/87
“
140
= £. 29.358,00 x (1+0.05. 10) =
= £. 29.358,00 x (1+0.05. 9) =
= £. 29.358,00 x (1+0.05. 8) =
= £. 29.358,00 x (1+0.05. 7) =
= £. 29.358,00 x (1+0.05. 6) =
= £. 50.887,20 x (1+0.05. 5) =
= £. 50.887,20 x (1+0.05. 4) =
= £. 50.887,20 x (1+0.05. 3) =
= £. 54.801,60 x (1+0.05. 2) =
= £. 54.801,60 x (1+0.05. 1) =
Complessivamente alla fine del 10° anno:
2 Relativamente a non coltivatore diretto ( il coeff. si aumenta di 10 punti)
1977/78 391.44 x
75
= £. 33.272,40 x (1+0.05. 10) =
1978/79
“
75
= £.
“
x (1+0.05. 9) =
1979/80
“
75
= £.
“
x (1+0.05. 8) =
1980/81
“
75
= £.
“
x (1+0.05. 7) =
1981/82
“
75
= £.
“
x (1+0.05. 6) =
1982/83
“
130
= £. 54.801,60 x (1+0.05. 5) =
1983/84
“
130
=
“
x (1+0.05. 4) =
1984/85
“
130
=
“
x (1+0.05. 3) =
1985/86
“
140
= £. 58.716,00 x (1+0.05. 2) =
1986/87
“
140
=
“
x (1+0.05. 1) =
Complessivamente alla fine del 10° anno:
130
£. 44.037,00
£. 42.569,10
£. 41.101,20
£. 39.633,30
£. 38.165,40
£. 63.609,00
£. 61.064,64
£. 58.520,28
£. 60.281,76
£. 57.541,68
£. 506.523,36
£. 49.908.60
£. 48.244,98
£. 46.581,36
£. 44.917,74
£. 43.254,12
£. 68.502,00
£. 65.761,92
£. 63.021,84
£. 60.281,76
£. 57.541,68
£.. 548.016,00
n. 5-6/2006
Edilizia e urbanistica
RICOSTRUZIONE E RISTRUTTURAZIONE
EDILIZIA: QUALI SONO LE DIFFERENZE
Una sentenza distingue fra le due tipologie di intervento edilizio apparentemente affini e da
taluni considerate quivalenti
Consiglio di Giustizia Amministrativa
ne in località Pianoconte, (zona C2 del piano di fabbricazioSezione Giurisdizionale - Sentenza 8 maggio 2006, n. 178
ne).
Fatto
In primo grado la concessione era impugnata dalla signora
1. In data 15 marzo 2000, il Comune di Lipari rilasciò ai N. D.A., proprietaria di immobile limitrofo, che ne deduceva
signori A. R., R. D.A., R. R. e C. R.. la concessione edilizia n. la illegittimità sotto due profili (il primo condiviso dal TAR, il
11 per lavori di demolizione e di ricostruzione di un fabbrica- secondo assorbito):
to destinato a civile abitazione in località Pianoconte (zona
1) l’intervento edilizio non concretava una fedele ricoC2 del piano di fabbricazione).
struzione della originaria struttura, contestualmente demolita;
La concessione era impugnata avanti al Tribunale ammini2) l’opera (in cemento armato) era stata progettata da un
strativo regionale della Sicilia, Sezione staccata di Catania, geometra anziché da un ingegnere.
dalla signora N. D.A., proprietaria di immobile limitrofo, che
Il TAR ha accolto il ricorso, sulla base di una consulenza
deduceva:
tecnica, nella quale si precisava che:
1) violazione e falsa applicazione dell’art. 64 del regola1) il progetto edilizio prevede la demolizione di un edifimento edilizio comunale e
cio esistente per far posto ad
del piano di fabbricazione; Il Giudice amministrativo per la Regione Sicilia ha tracciato - una nuova edificazione con
eccesso di potere, difetto con questa pronuncia di annullamento della sentenza di primo sagoma, superficie e sito
assoluto di motivazione; illo- grado del T.A.R. Sicilia - un indicativo confine di diffe- diversi (non fedeli) rispetto
gicità e v contraddittorietà renziazione fra due tipologie di intervento edilizio appa-rente- a quelli originari ad ecceziomanifesta, travisamento dei mente affini se non addirittura da taluni considerate come equi- ne del volume contenuto nei
fatti, sul rilievo che l’inter- valenti.
parametri preesistenti (il
vento edilizio, non ripropo- In particolare, secondo la pronuncia del collegio siciliano, il nuovo volume è di me.
nendo fedelmente l’origina- discrimine fra le due figure di intervento edilizio c’è, pur se non 653,92 contro i pregressi
ria struttura, concretava una così netto e fermo come parrebbe potersi ritenere:
me. 667,86);
nuova costruzione incompa- - il Consiglio siciliano precisa che la “ricostruzione” deve ricon2) l’area ha le caratteritibile con la normativa di dursi alla possibilità di demolire un fabbricato e, ricostruendolo stiche del lotto intercluso;
zona e in particolare con all’interno del medesimo lotto, procedere alla costruzione dello
3)
l’intervento
non
stesso anche con variazione di sagoma, perimetro e altezze, rispetta le prescrizioni del
l’art. 64 citato;
2) violazione e falsa fermo restando che - ove ci si avvalga di quest’ultimo jus regolamento edilizio comuapplicazione dell’art. 16 del variandi - gli indici volumetrici debbono rimanere i medesimi nale in termini di distanze e
r.d. n. 274 del 1929, dell’art. della costruzione preesistente, senza perciò configurare un edi- indici di fabbricabilità per le
1 del r.d. n. 2229/1939, degli ficio del tutto nuovo;
nuove costruzioni;
artt. 1 e 2 della legge 5 - la ristrutturazione edilizia consiste invece nella fedele ricostru4) il progetto risulta
novembre 1971 n. 1086 e zione del manufatto attraverso l’esecuzione di opere tali da non essere redatto per la parte
dell’art. 57 della legge 2 variare sagoma, perimetro e altezze rispetto alla precedente urbanistico-architettonica da
marzo 1949, n. 144; eccesso conformazione edilizia ma potendo semmai procedere.
geometra e per la parte strutdi potere, difetto assoluto di
turale da ingegnere.
motivazione; illogicità e contraddittorietà manifesta, travisaIn punto di diritto viene in rilievo la normativa regolamenmento dei fatti, in quanto l’opera (in cemento armato) era sta- tare del Comune secondo cui:
ta progettata da un geometra anziché da un ingegnere.
- ricostruzione è l’operazione congiunta della demolizione
2. Il TAR, ritenendo fondata e assorbente la prima censu- di un edificio e successiva edificazione di un fabbricato in
ra, accoglieva il ricorso con sentenza n. 4103, in data 30 luogo del primo, autorizzato con la stessa concessione;
dicembre 2004, che è stata appellata dal signor A. R..
- nelle zone C 2 è ammessa mediante singola concessione
Si è costituita in giudizio la signora N. D.A., che ha svolto la demolizione e ricostruzione di volumi esistenti purché la
puntuali controdeduzioni, senza riproporre il secondo motivo ricostruzione avvenga nel sito originario anche con il ripri(assorbito dal TAR).
stino delle servitù e i diritti reali preesistenti.
Alla pubblica udienza del 4 novembre 2005, l’appello è
Ciò premesso, ai fini del decidere, si tratta di stabilire se i
passato in decisione.
riferimenti “in luogo del primo” e “nel sito originario” vadaDiritto
no intesi nel senso che la ricostruzione deve avvenire nel1. L’appello è da accogliere.
l’ambito dello stesso lotto (inferiore a quello minimo), ma
2. Oggetto del contendere è la concessione edilizia n. 11, non necessariamente nello stesso identico segmento di terreno
in data 15 marzo 2000, rilasciata dal Comune di Lipari ai e con identica sagoma (tesi seguita dal TAR in sede cautelare
signori AR., R. D.A., R. R. e C. R., per lavori di demolizione con ordinanza n. 2153, in data 19 ottobre 2000) ovvero nel
e di ricostruzione di un fabbricato destinato a civile abitazio- senso che la sagoma e il perimetro dell’edificio devono corri-
131
Edilizia e urbanistica
spondere fedelmente a quelli originari (tesi seguita dal TAR,
dopo consulenza tecnica, nella sentenza n. 4103, in data 30
dicembre 2004).
Ad avviso del Collegio sembra preferibile la prima tesi,
considerati da un lato la genericità e la ambiguità dei riferimenti (in particolare al sito originario) e dall’altro lo specifico
riferimento regolamentare alla sola esigenza di rispetto dei
volumi esistenti.
In altre parole, contrariamente a quanto affermato dal
TAR, non sembra che il concetto di ricostruzione sia sovrapponibile a quello di ristrutturazione edilizia, del resto autonomamente definita nel regolamento edilizio e implicante
comunque la fedele ricostruzione del manufatto (perimetro,
sagoma, altezza).
Nella ipotesi di ricostruzione tali elementi sono invece
suscettibili di variazioni, sempre che (tale è il caso di specie)
non incidano in aumento sui pregressi valori volumetrici e
non configurino un edificio interamente nuovo (fattispecie
definita nel regolamento come nuova costruzione).
I residui dubbi trovano soluzione nei sensi su indicati, nella considerazione che, secondo una prassi interpretativa da
ritenersi allo stato consolidata, il Comune in passato ha rila-
n. 5-6/ 2006
sciato circa cinquanta concessioni edilizie affidate a valutazioni identiche a quelle sottostanti alla concessione in vertenza. 3. Per le ragioni che precedono l’appello va accolto e, per
l’effetto, in riforma della sentenza appellata, va respinto il
ricorso n. 3468/2000 proposto dalla signora N. D.A. avanti al
TAR Sicilia, Sezione staccata di Catania.
Sussistono giusti motivi per compensare integralmente tra
le parti le spese dei due gradi di giudizio.
Compensa le spese dei due gradi di giudizio.
P. Q. M.
Il Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione
siciliana in sede giurisdizionale accoglie l’appello e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, respinge il ricorso in
primo grado.
Compensa le spese dei due gradi di giudizio.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità
amministrativa.
Così deciso in Palermo, nella camera di consiglio del 4
novembre 2005 dal Consiglio di giustizia amministrativa per
la Regione siciliana in sede giurisdizionale.
Depositata in segreteria l’8 maggio 2006.
DIA UGUALE PROVVEDIMENTO
Importante pronuncia del Tar che qualifica la denuncia come “titolo abitativo edilizio”
I
l Tar Piemonte con la sentenza n. 1885/2006 è tornato sul
tema della natura della denuncia di inizio attività, questa
volta però qualificandola come vero e proprio “titolo abilitativo edilizio” al pari del permesso di costruire.
Infatti, mentre nelle precedenti sentenze (Tar Piemonte n.
1359/2005 e n. 1367/2005) il tribunale amministrativo aveva
aderito alla tesi che configura la Dia in materia urbanistica
quale mero atto del privato e in quanto tale non soggetta ad
impugnazione né ad annullamento, in quest’ultima pronuncia
ha ritenuto invece ammissibile un ricorso contro la Dia da
parte di un terzo, in considerazione della sua natura provvedimentale.
Secondo i giudici, infatti, alla luce delle modifiche introdotte dapprima con la legge 15/2005 e poi con l’art. 3 del
D.l. 35/2005, si deve ritenere che la Dia in materia urbanistica sia oggi ricompresa nella disciplina generale prevista dall’art. 19 della legge 241/1990 in materia di denuncia di inizio
attività, in quanto la nuova formulazione della norma non
esclude più tale fattispecie dal suo ambito operativo.
Sulla base di ciò, i giudici hanno dedotto che alla Dia
urbanistica sono applicabili anche le previsioni contenute nel
comma 3 del medesimo art. 19 della l. 241/1990, in base alle
quali l’amministrazione competente può sempre assumere
132
determinazioni in via di autotutela, come ad esempio l’annullamento del provvedimento illegittimo.
Proprio l’applicazione alla denuncia di inizio attività
degli istituti di autotutela, secondo i giudici piemontesi,
induce a ritenere che il legislatore abbia voluto in tal modo
risolvere una volta per tutte la questione relativa alla natura
della Dia, qualificandola come titolo abilitativo edilizio, vale
a dire come vero e proprio atto autorizzatorio proveniente
dalla pubblica amministrazione.
Infatti, secondo il Tribunale, è possibile adottare provvedimenti di autotutela da parte della pubblica amministrazione solo laddove si intenda la denuncia di inizio attività quale
provvedimento amministrativo, vale a dire titolo abilitativo
tacito, formatosi a seguito della denuncia da parte del privato e del conseguente comportamento inerte dell’amministrazione.
Si consolida quell’orientamento giurisprudenziale che, in
linea con quanto l’Ance ha da sempre sostenuto, sostiene che
la domanda del privato, in presenza di tutti i requisiti formali
e sostanziali prescritti dalla legge, abbia valore di provvedimento tacito della pubblica amministrazione.
«Italia Casa»
n. 5-6/2006
Edilizia e urbanistica
NUOVI SPAZI PER LA RISTRUTTURAZIONE
CON RICOMPOSIZIONE VOLUMETRICA
di Diego Foderini*
L
a V Sezione del Consiglio di Stato - con la sentenza
n. 2364 del 27 aprile 2006 (a pag. 1692) - contribuisce a definire i limiti della ristrutturazione compiuta
mediante demolizione e ricostruzione del fabbricato originario, ammettendo che nella ricostruzione possano anche essere accorpati i volumi dei fabbricati originari. A tale scopo,
però, occorre che tra gli stessi esista una correlazione tale da
consentirne la considerazione unitaria e che non si determini
alcun incremento volumetrico. La sentenza è riferita alla
normativa precedente all’entrata in vigore del Testo Unico
sull’edilizia e, pertanto, deve essere letta in modo combinato
con le disposizioni oggi vigenti.
La normativa precedente al T.U. edilizia
Il Consiglio di Stato, sent. n. 2364 del 27 aprile 2006, Sez. V,
ha assunto a riferimento la normativa vigente all’atto del rilascio
delle concessioni edilizie, in data precedente all’entrata in vigore
del Testo Unico sull’edilizia.
Le conclusioni raggiunte nella sentenza circa l’ambito di
estensione della ristrutturazione debbono pertanto essere parametrate sulla definizione di tale intervento contenuta nell’art. 31
della legge 457/1978, la quale non prevedeva la ristrutturazione
mediante demolizione e ricostruzione.
L’art. 3, lett. d), del Testo Unico sull’edilizia, invece, riconduce oggi esplicitamente anche l’integrale demolizione e ricostruzione del fabbricato originario alla ristrutturazione edilizia
purché nel rispetto delle condizioni in esso previste.
L’accorpamento di volumi
Nel caso oggetto di decisione gli interessati avevano ottenuto
in momenti diversi più concessioni edilizie con le quali avevano
demolito alcuni fabbricati e ne avevano accorpato i volumi per la
realizzazione di un unico immobile. Il Consiglio di Stato afferma
la riconducibilità dell’operazione alla ristrutturazione edilizia in
quanto i manufatti originari erano tra loro strettamente contigui e
tali quindi da consentirne la considerazione unitaria ai fini della
ristrutturazione del complesso immobiliare che componevano.
Ciò nell’ambito della volumetria originaria e quindi senza determinarne l’aumento. La sentenza, infatti, riconduce l’intervento
alla ristrutturazione dopo avere verificato l’assenza di qualunque
incremento volumetrico, precisando a tal fine che il corretto
metodo di calcolo del volume si base sull’altezza calcolata da terra e sino alla linea di gronda e non all’ultimo piano calpestabile.
Riorganizzazione dei volumi con mutamento della sagoma
La sent. n. 2364/2006 ammette che l’intervento di ristrutturazione mediante demolizione e successiva ricostruzione, in presenza di
una specifica disposizione contenuta negli strumenti urbanistici
comunali che lo consenta, possa non solo comportare la riorganizzazione dei volumi ma anche il mutamento della sagoma.
Questa conclusione è sostenibile solamente se si assume a
riferimento la legge 457/1978, in quanto la disciplina in essa
contenuta non prevedeva né definiva la ristrutturazione mediante
demolizione. La demolizione e successiva fedele ricostruzione,
infatti, era ricondotta a tale categoria dalla giurisprudenza amministrativa. In questo contesto, il Consiglio di Stato ha ritenuto che
le previsioni degli strumenti urbanistici comunali potessero superare i limiti delineati dalla giurisprudenza e che richiedevano il
mantenimento delle superfici, dell’area di sedime, dei volumi e
della sagoma dell’edificio demolito (principi affermati recentemente, con riferimento alla medesima legge 457/1978, dallo
stesso Consiglio di Stato con le sent. n. 3229 del 29 maggio 2006
e n. 4011 del 28 luglio 2005, entrambe della V Sezione).
I limiti nella ricostruzione secondo la disciplina attualmente
vigente
Nella vigenza del Testo Unico, invece, i limiti della ristrutturazione mediante demolizione sono sufficientemente definiti dall’art. 3, lettera d), il quale richiede espressamente il mantenimento della volumetria e della sagoma dell’edificio preesistente
ammettendo le sole innovazioni necessarie per l’adeguamento
alla normativa antisismica. Quanto al mutamento dell’area di
sedime, secondo la ricostruzione del Ministero delle infrastrutture, questo deve ritenersi consentito nei limiti in cui tale mutamento non configuri una variazione essenziale, come definita
dall’art. 32, lett. c), del D.P.R. 380/2001 e nelle leggi regionali di
attuazione (circ. Min. infrastrutture e trasporti n. 4174/316/26 del
7 agosto 2003). Anche qui sono in ogni caso consentiti gli adeguamenti alla normativa antisismica nonché i mutamenti nell’area di sedime derivanti dall’adeguamento alla disciplina urbanistica in materia di allineamenti, distanze e distacchi (circ. Min.
infrastrutture, cit., par. 4.1).
Non superabili dalla normativa locale i limiti previsti nel
D.P.R. 380/2001
Le definizioni contenute nell’art. 3 del D.P.R. 380/2001, e
quindi anche le limitazioni previste per la riconduzione degli
interventi alle diverse categorie previste, per espressa disposizione del medesimo articolo, prevalgono sulle disposizioni degli
strumenti urbanistici generali e dei regolamenti edilizi (art. 3,
comma 2). Nella vigenza del Testo Unico la demolizione del
manufatto finalizzata alla sua ricostruzione con mutamento della
sagoma determinerà pertanto la realizzazione di una nuova opera, con assoggettamento alla normativa relativa, senza alcuna
possibilità di riconduzione alla ristrutturazione edilizia in base
della disciplina locale. Non assumerà a riguardo alcun rilievo
l’entità minore o maggiore delle modifiche apportate alla sagoma (Cons. Stato, sent. n. 3006 del 26 maggio 2006).
Non ammissibile il mutamento della sagoma nella ristrutturazione
La necessità del mantenimento della sagoma dell’organismo
originario depotenzia notevolmente la portata della sent. n.
2364/2006, che afferma in ogni caso un principio ancora oggi
valido e applicabile nei limiti in cui non si ponga in contrasto
con la lettera della disposizione contenuta all’art. 3, lett. d), del
Testo Unico sull’edilizia.
* Segretario e Direttore generale del comune di Foiano della Chiana (Arezzo)
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Edilizia e urbanistica
La sentenza
Urbanistica, procedure; demolizione, ricostruzione; interventi di ristrutturazione con abbattimento e ricostruzione; nuovo fabbricato con caratteristiche diverse da quello preesistente, legittimità
Cons. Stato, n. 2364, 27.4.2006, Sez. V, Pres. Iannotta, Est. Branca
Fatto
Con la sentenza in epigrafe è stato respinto il ricorso proposto dalla signora
An. Ca. per l’annullamento della concessione edilizia n. 5 del 2000 in variante della precedente concessione n. 3 del 1998, anch’essa impugnata, rilasciata dal comune di Ca. al sig. Fr.Si., per la realizzazione di un fabbricato di civile abitazione su terreno adiacente alla proprietà della ricorrente.
Il TAR ha ritenuto che gli addebiti mossi ai provvedimenti impugnati risultavano infondati non ravvisandosi contrasto con la normativa urbanistica
vigente nel predetto comune.
La sig.ra Ca. ha proposto appello sostenendo l’erroneità della sentenza e
chiedendone la riforma.
Il comune di Ca. e il sig. Fr.Si. si sono costituiti in giudizio per resistere al
gravame.
Con sent. n. 2152 del 4 maggio 2005. la Sezione ha disposto un incombente
istruttorio, incaricando il Direttore della Direzione urbanistica, pianificazione, beni ambientali della provincia di Na. a procedere a una consulenza circa:
a. la qualificazione edilizia da attribuire alle opere eseguite sulle particelle
catastali n. 577, 578 e 579 nel comune di Ca., alla stregua delle normative del
piano regolatore generale vigente e del piano di recupero di zona;
b. le caratteristiche volumetriche, di altezza complessiva e di sedime dei
manufatti eseguiti rispetto alle medesime caratteristiche degli immobili insistenti in precedenza sulle stesse particelle;
c. la conformità dei detti manufatti rispetto a quanto assentito con le concessioni edilizie n. 43/1992, n. 3/1998 e n. 5/2000.
Il tecnico incaricato della perizia, arch. Lu.Gr., ha depositato la sua relazione
in data 1 agosto 2005.
L’appellante ha replicato con perizia di parte depositata il 18 novembre 2005.
Alla pubblica udienza del 20 dicembre 2005 la causa è stata trattenuta per la
decisione.
Diritto
I dati di fatto sono ampiamente noti alle parti sicché appare sufficiente una
esposizione estremamente sintetica.
Il comune di Ca. ha rilasciato complessivamente tre concessioni per opere
edilizie da eseguirsi su un’area prospiciente la proprietà della ricorrente in
primo grado, oggi appellante, la quale ha esposto, in quella sede e nell’atto di
appello, che;
1. la prima concessione, n. 43/1993, riguardava la ristrutturazione di due dei
tre corpi di fabbrica esistenti sulla predetta area, distinti in catasto con le particelle n. 577 e 579; che le signore Li., titolari della concessione, hanno proceduto alla completa demolizione dell’immobile di cui alla particella n. 577
e hanno dato l’avvio alla realizzazione di un nuovo edificio mediante la collocazione nel terreno di pali di cemento armato; che i relativi lavori sono stati
sospesi per provvedimenti sindacali;
2. con domanda del giugno 1995, ancora le signore Li. richiedono una variante della precedente concessione e il comune ha accolto la domanda rilasciando la concessione n. 3/1998, con la quale a. si autorizza in sanatoria la demolizione del fabbricato sub particella n. 577, b. si autorizza un nuovo progetto
che, coinvolgendo il manufatto esistente sulla particella n. 579, destinato,
secondo la concessione originaria, ad essere restaurato e reso autonomo con
wc e lavabo, prevede ora un unico edificio composto di piano cantinato, piano rialzato, primo piano e un sottotetto (cd. suppenno) in legno;
3. con domanda del novembre 1999 le titolari della concessione, avendo
acquistato anche il terzo manufatto presente sull’area in particella n. 578, ubicato tra le particelle n. 577 e n. 579, hanno chiesto una nuova concessione in
variante, che il comune ha rilasciato con provv. n. 5/2000; in tale occasione
si è disposta la volturazione del titolo concessorio a favore del sig. Fr.Si.,
attuale appellato, acquirente dei tre immobili; il nuovo progetto ricalca il precedente ma i piani abitabili passano da due a tre.
La contestazione dell’appellante consiste nella denuncia dell’illegittimità dei
due provvedimenti concessori, rispettivamente del 1998 (n. 3/1998) e del
2000 (n. 5/2000) per violazione degli artt. 13 e seguenti della legge 47 del 28
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febbraio 1985, della legge 10 del 28 gennaio 1977 e dell’art. 3 della legge
241 del 7 agosto 1990.
In sintesi si afferma che non poteva essere autorizzata in sanatoria la demolizione totale dell’immobile in particella 577, assumendosi che l’accertamento di conformità di cui all’art. 13 della legge 47/1985 presupporrebbe pur
sempre un insieme di opere esistenti da autorizzare, mentre ciò che più non
esiste non potrebbe essere sanato.
In secondo luogo si denuncia che le opere assentite si pongono in contrasto
con la normativa urbanistica vigente nel comune, che pur ammettendo la
ristrutturazione di edifici preesistenti, vieta incrementi della volumetria superiori al 5%.
Le censure dedotte non possono essere accolte.
Con riguardo alla pretesa illegittimità della demolizione del fabbricato esistente occorre tenere conto che, come emerge anche dalla consulenza tecnica di parte, redatta dall’arch. Fr.Ga., allegata all’atto di appello, secondo la
normativa di PRG, nell’area interessata dalla controversia era consentito
attuare interventi di ristrutturazione edilizia di tipo A, che consistono nella
“sostituzione dell’organismo con altro in parte o in tutto diverso dal precedente anche dal punto di vista del sedime.”
Appare arduo, in presenza di una simile previsione, sostenere l’illegittimità
di un intervento che, nel quadro di una ristrutturazione di tipo A, si è spinto
alla demolizione del fabbricato da ristrutturare.
La evidente conformità del tipo di intervento posto in essere, in deformità
dalla concessione originaria, ma aderente alla normativa urbanistica, consente di ritenere il provvedimento di sanatoria esente dal vizio denunciato.
Né va taciuto che la giurisprudenza amministrativa formatasi sull’applicazione dell’art. 31, comma 1, lett., d) della legge 457 del 5 agosto 1978 ha costantemente affermato la legittimità di provvedimenti autorizzanti la demolizione di un edifico da ristrutturare (Cons. Stato, Sez. IV, n. 5791. 7 settembre
2004 e n. 476, 10 febbraio 2004; Sez. V, n. 4593, 8 agosto 2003).
È poi da aggiungere che la specifica normativa di PRG, sopra richiamata,
consente indubbiamente ambiti di intervento più incisivi di quelli concordemente ammessi dalla giurisprudenza, che è solita vincolare il nuovo edificio
al rispetto delle superfici, dei volumi e della sagoma dell’edificio demolito.
L’art. 3 delle dette NTA, infatti, con riferimento alla ristrutturazione di tipo
A, come quella in discussione, ipotizza espressamente la “sostituzione dell’organismo esistente con un altro di tipo diverso, anche per quanto riguarda l’area di sedime” vietando in questo caso aumenti di volume.
L’eccedenza del volume del nuovo edificio, rispetto alla preesistenza, costituisce il secondo motivo di doglianza.
Si afferma che:
a. il volume dell’immobile demolito era inferiore, dovendosene calcolare
l’altezza da terra al piano dell’ultimo solaio calpestarle (m 8,75) perché la
parte superiore, elevata fino a metri 11,90, non abitabile, non era valutabile;
b. il progetto approvato utilizza anche i volumi dei due fabbricati di cui alle
particelle catastali n. 578 e 579 che rappresentano corpi autonomi e separati
sul piano della utilizzazione concreta rispetto al precedente organismo.
Quanto all’argomento sub a) il Collegio ritiene di dovere tener conto della
valutazione espressa dal consulente d’ufficio, il quale ha affermato che il
metodo corretto di calcolo del volume si basi sull’altezza calcolata da terra,
non all’ultimo piano calpestarle, bensì alla “linea di gronda” (il punto più
basso del tetto), che, nella specie, comporta un incremento del volume dell’organismo preesistente.
Il Collegio ritiene di aderire a tale criterio, traendo argomento dal fatto che,
lo stesso consulente di parte appellante, arch. Fr. Ga., nella memoria di replica depositata il 18 novembre 2005, effettua il calcolo del volume utilizzando
l’altezza alla linea di gronda, pur dissentendo circa la misura di n. 9,70 di
altezza del nuovo edificio, che egli valuta in m 9,85.
A tale ultimo riguardo, poiché l’altezza di m 9,70 è quella riportata sulle tavole di progetto, allegate anche alla perizia del detto consulente di parte, la tesi
del perito di ufficio non può ritenersi validamente contraddetta.
Tale conclusione si estende anche alla contestazione sub b), con la quale si
nega la legittimità della utilizzazione dei volumi dei manufatti esistenti all’interno del cortile sulle particelle n. 578 e n. 579, perché il criterio condurrebbe, attraverso l’accorpamento di unità immobiliari anche distanti tra loro, allo
stravolgimento del concetto di ristrutturazione di un immobile.
n. 5-6/2006
La tesi non può essere seguita perché non collimante con la fattispecie in
esame.
L’esame delle planimetrie permette di verificare che i manufatti di cui alle tre
particelle catastali interessate alla ristrutturazione erano tra loro strettamente
contigui, con mura confinanti in aderenza, quasi come gli appartamenti di
una moderna palazzina, che possono ben essere considerati unitariamente ai
fini della ristrutturazione del complesso immobiliare che venivano a comporre.
Il volume delle due stanze a piano terra era dunque legittimamente utilizzabile nella realizzazione del nuovo e diverso edificio, come consentito dalle
vigenti N.TA.
Nella replica del perito di parte, citata prima, si adombra l’ipotesi che tali
manufatti siano stati computati, dal perito d’ufficio, come se si elevassero
alla stessa altezza del fabbricato principale, ma la tesi non è sorretta da alcun
Edilizia e urbanistica
principio di prova.
In conclusione l’eccedenza volumetrica del nuovo fabbricato rispetto alla
preesistenza, lamentata dall’appellante, è addebitabile in parte ad inesattezza
metodologica nel calcolo dell’altezza, e per altra parte alla mancata considerazione dei volumi dei fabbricati minori, la cui utilizzazione, erroneamente,
è stata ritenuta non legittima. Debbono quindi approvarsi le valutazioni del
consulente d’ufficio che hanno ravvisato una sostanziale coincidenza volumetrica degli immobili in comparazione.
L’appello va dunque rigettato.
Il compenso da corrispondere al consulente tecnico d’ufficio va posto a carico della parte soccombente, ma sussistono valide ragioni per disporre la compensazione del presente grado di giudizio.
«Consulente Immobiliare»
EDILIZIA: È NATO IL CODICE A BARRE
L
o scambio di informazioni tra i differenti soggetti operanti nella filiera delle costruzioni, dal committente al
progettista fino all’impresa ed ai suoi fornitori, è da
sempre sentito come elemento di freno alla vera concorrenzialità del settore e quale generatore di inutili e rilevanti costi
indotti attualmente non meglio ottimizzabili.
Uno stesso elemento, una lavorazione, una fornitura, assumono nei diversi appalti, ma molto spesso anche nello stesso
intervento, nome, descrizione e specifiche differenti a seconda
che facciano riferimento al capitolato (tecnico o prestazionale),
alle tavole grafiche, all’elenco prezzi, fino alle direttive della
Direzione Lavori, del Responsabile del Procedimento, ecc.
Una babele lessicale (e di sostanza) pervade tutti i cantieri,
costringendo gli attori del processo - e soprattutto le imprese di
costruzione- a continui controlli e verifiche perché, ad esempio, dietro il solito getto di calcestruzzo non si nasconda, tra le
righe di descrizioni che sempre più ridondano d’informazioni
(spesso inutili), quella particolare richiesta, l’uso di quel particolare additivo che, non visto, porta il prezzo offerto ad essere
irrisorio e la lavorazione in perdita anziché in utile.
Termini desueti, o regionali se non locali, descrizioni che
non combaciano tra i diversi documenti d’appalto, che si modificano per ogni stazione appaltante, per ogni progettista, ogni
impresa, ogni fornitore seppure riguardanti il medesimo oggetto; tempi impiegati a verificare e riscrivere la medesima lavorazione perché ogni volta differente ma sempre uguale nella
sostanza, oppure ogni volta uguale, all’apparenza, ma differente nella sua essenza; ed allora ecco nascere e ripetersi incomprensioni, riserve, contenziosi, quando va male, incremento
della percentuale di rischio sulla commessa, comunque ed in
ogni caso, quando va bene (per almeno tentare di arginare quest’alea d’incertezza ed i sicuri costi conseguenti).
Sulla scorta di un consolidato sistema di codifica internazionale, UNI ha da qualche giorno proposto in inchiesta pubblica il progetto di norma dal titolo: “Codificazione dei prodotti e dei processi costruttivi in edilizia”, Parte prima, introduttiva, e Parte seconda dedicata al sistema di codificazione per l’edilizia, al cui gruppo di lavoro hanno partecipato, tra gli altri:
Politecnico di Milano, Autorità Lavori Pubblici, Regione
Lombardia, Ance, Centredil, Assimpredil, Aler Milano,
Metropolitana Milanese ed alcune tra le maggiori case software del settore.
Il progetto di norma in questione si occupa, dunque, di
uniformare attraverso un sistema codici unici ogni risorsa,
lavorazione ed elemento della filiera delle costruzioni al fine di
rendere certa ed univoca, appunto, la loro identificazione e, di
seguito, facilitare la trasmissione compiuta delle informazioni,
nel processo e tra i soggetti in esso operanti.
Un unico codice per ciascuna risorsa (lavoro od opera) che
sia questa descritta in un capitolato, o venga rappresentata in
forma grafica o fotografica, o ancora appartenga ad un listino
od un elenco prezzi. Medesime caratteristiche (fisiche o tecniche), stesso nome e stesso codice; differenti, seppur minime,
caratteristiche, diverso nome e codice. Nessuna possibilità di
frapposizione o fraintendimento; lettura immediata del dato,
suo intreccio e correlazione tra i difformi documenti contrattuali, anche in automatico da parte dei sistemi informatizzati;
immediata traduzione, in termini più familiari per il territorio
(e le maestranze), o da altre lingue(appalti comunitari, internazionali, ecc.).
Nasce, per così dire, il codice a barre dell’edilizia, che
riguarderà però non solo i materiali od i semilavorati, ma anche
i soggetti, le lavorazioni, le opere compiute, ecc.
Accompagnano la norma alcune appendici ove ogni risorsa,
lavoro od elemento, come detto, oltreché codificato, è compiutamente descritto in forma di testo.
In particolare, appunto per questa parte descrittiva, si invitano tutti i soggetti interessati: progettisti, imprese, stazioni
appaltanti, università ed istituti di ricerca, ecc., a proporre proprie osservazioni al fine di uniformare al meglio la parte puramente di carattere terminologico della norma in questione.
In ultimo si ricorda che, a breve, riprenderanno i lavori per
la Parte terza della norma, dedicata ai sistemi di misurazione
delle risorse e delle opere, e la Parte quarta dedicata ai criteri
per la quantificazione economica delle lavorazioni.
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Edilizia e urbanistica
n. 5-6/ 2006
POSTO AUTO E UNITÀ IMMOBILIARE:
FINE DEL VINCOLO PERTINENZIALE
di Alberto Celeste
E
t voilà! Con un tratto di penna, il patrio legislatore di
fine 2005 cancella dal nostro ordinamento una norma
del 1967 che, nella sua originaria formulazione, contemplando un dato rapporto tra la superficie delle aree di parcheggio e la cubatura dell’edificio cui esse accedevano, conferiva a
tali aree l’indiscutibile funzione di essere destinate a soddisfare
le imprescindibili esigenze degli abitanti dello stabile.
E lo fa da par suo, essendo la predetta abrogazione (per
incompatibilità) contenuta tra le pieghe della (pertinente) legge
sulla «semplificazione e riassetto normativo per l’anno 2005» pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 280 del 1° dicembre 2005
- laddove, nel (conferente) art. 12, dedicato alle «disposizioni
in materia di atti notarili », in fondo in fondo, al comma 9, si
legge (d’emblée) che, all’art. 41-sexies della l. n. 1150 del
1942, introdotto dall’art. 18 della 1. n. 765 del 1965, e successive modificazioni, è aggiunto, in fine, il seguente comma: «gli
spazi per parcheggi realizzati in forza del comma 1 non sono
gravati da vincoli pertinenziali di sorta né da diritti d’uso a
favore dei proprietari di altre unità immobiliari e sono trasferibili autonomamente da esse».
A ben riflettere, ormai ci stiamo quasi abituando a rinvenire
importanti novità legislative in nascosti capoversi di complicatissime (e corposissime) leggi finanziarie o in improvvisi (e
improvvidi) decreti-legge che difettano del tutto dei requisiti della necessità ed urgenza ex art. 77 Cost.; in argomento, a proposito di collocazioni infelici, era già intervenuta la l. n. 47 del 1985
(ed. sul condono edilizio), che, all’art. 26, che si occupava di
«opere interne», aveva sancito, all’ultimo comma, che gli spazi
di cui all’art. 18 citato costituivano «pertinenze» delle costruzioni, ai sensi e per gli effetti degli artt. 817, 818, e 819 c.c.
Ma procediamo con ordine.
Va registrato che la materia dei parcheggi ha registrato
numerosi interventi da parte del legislatore italiano: a parte la
disciplina codicistica che tratta tale argomento in modo indiretto, è stata, sia pure con un certo ritardo, la legislazione speciale
ad occuparsi a più riprese di tale problema, molto sentito in
tempi recenti, caratterizzati dall’aumento dei veicoli a motore e
del conseguente traffico cittadino con relativo inquinamento
(atmosferico ed acustico).
Infatti, a causa del grande incremento del parco automezzi
circolante e, in particolare, dell’aumentata densità veicolare
all’interno delle maggiori città italiane - per esigenze di lavoro
e di produttività, di svago e di tempo libero - il problema del
parcheggio si è fatto sempre più assillante, sia per la necessità
di fornire una sistemazione alla sosta del traffico automobilistico giornaliero e pendolare, sia anche per rimediare all’intasamento delle vie cittadine connesso con il ricovero delle auto di
proprietà dei residenti.
Si è cercato così con vari strumenti di risolvere il suddetto
problema - reso ancor più grave dall’esiguità delle aree appositamente destinate al posteggio delle macchine - risultando alla
fine una complessa normativa che, in vista della razionalizzazione della mobilità urbana nonché della contemporanea sal-
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vaguardia dell’ambiente e tutela della qualità della vita, si è
venuta via via stratificando, rivisitando strumenti giuridici esistenti, introducendo nuovi istituti, e provocando, nel contempo,
numerose problematiche e dubbi interpretativi, con risultati
pratici non sempre appaganti.
Il problema della mancanza o insufficienza dei parcheggi è
sotto gli occhi di tutti: l’invivibilità delle grandi città è, in parte, dovuta al fatto di non essere certamente sorte o comunque
attrezzate per allocare le crescenti vetture in circolazione - si
pensi all’incrementato parco di veicoli per nucleo familiare,
con la diffusione della seconda, terza o quarta macchina - tanto
che, accanto al potenziamento dei mezzi pubblici (non sempre
attuato) e all’uso alternativo del trasporto sotterraneo (non
sempre possibile), si sono affiancati strumenti talvolta inidonei
a decongestionare il caotico traffico automobilistico ed a evitare l’intasamento delle strade pubbliche (chiusura del centro
storico, blocco totale o parziale della circolazione, targhe alterne, zone a traffico limitato, pedonalizzazione di date aree, parcometri, repressione delle soste selvagge, ecc.).
Posto che l’impiego delle autovetture nel contesto urbano
presuppone necessariamente sia il movimento che la sosta,
purtroppo, a causa di un tardivo intervento legislativo e di una
non adeguata pianificazione urbanistica, oggi la convivenza tra
circolazione e parcheggio è diventata sempre più difficile, con
riduzione delle possibilità di posteggio, senza peraltro soddisfare le esigenze del traffico veicolare.
Con il crescere del fabbisogno, la ricerca degli spazi di parcheggio dalla strada si è trasferita all’interno degli edifici,
creando così un’eccedenza di domanda e, nel contempo, una
valorizzazione di tale bene; ciò ha determinato, da una parte,
l’interesse, da parte dei costruttori, a commercializzare gli
appartamenti del fabbricato da loro edificati senza le aree di
parcheggio cui ad essi accedono, per ricavarne un maggior profitto, e, dall’altra parte, un danno per l’acquirente dell’unità
abitativa, sia sotto il profilo del maggior costo per poter godere
del posto auto, sia sotto il profilo del pregiudizio subito dal
mancato godimento dello stesso per l’indisponibilità ad ulteriori esborsi rispetto all’acquisto dell’appartamento (di qui le
numerose controversie che affollano quotidianamente i nostri
uffici giudiziari).
Orbene, inizialmente, la l. 17 agosto 1942 n. 1150, intitolata «legge urbanistica», non prevedeva norme al riguardo, in
quanto solo la successiva l. 6 agosto 1967 n. 765, la cd. legge
ponte, intervenuta dopo oltre 20 anni, inseriva nell’impianto
originario della prima legge una rilevante disposizione per la
materia de qua: invero, l’art. 17 aggiungeva l’art. 41-sexies,
che imponeva, nelle nuove costruzioni ed anche nelle aree di
pertinenza delle costruzioni stesse, la riserva di appositi spazi
per parcheggi, in misura non inferiore ad 1 mq per ogni 20 mc
di costruzione (il che, in pratica, consentiva il parcheggio di
una 500, e cioè lo spazio di 4 mq a fronte di un appartamento
di 80 mq); la funzione della zona destinata a parcheggio era,
quindi, quella di fornire agli edifici recettività per le vetture dei
n. 5-6/2006
suoi occupanti, in modo da evitare che questi ultimi parcheggiassero in aree pubbliche, provocando l’intasamento delle
strade cittadine.
I primi dubbi interpretativi connessi all’applicazione della
norma erano stati risolti, dopo un contrasto interpretativo sorto
all’interno della Corte di Cassazione, dalle Sezioni Unite che,
con alcune decisioni del 1984, avevano precisato il carattere
imperativo ed inderogabile della norma, nel senso che la disposizione in esame aveva imposto un vincolo permanente di
destinazione a parcheggio di un’area proporzionale alla volumetria dell’edificio, in correlazione agli interessi pubblicistici
da essa perseguiti, ed operava non soltanto nel rapporto tra il
costruttore o proprietario dell’edificio e l’autorità competente
in materia urbanistica - prima in ordine all’attività stessa del
costruttore e, poi, a costruzione ultimata, in ordine ai realizzati
spazi di parcheggio - ma anche nei rapporti privatistici inerenti
a detti spazi, nel senso di imporre la loro destinazione ad uso
diretto delle persone che stabilmente occupavano le costruzioni
o ad esse abitualmente accedevano.
Seguivano, poi, la circolare del Ministero dei lavori pubblici 28 ottobre 1967 n. 3210, «istruzioni per l’applicazione della
l. 6 agosto 1967 n. 765, recante modifiche e integrazioni alla
legge urbanistica 17 agosto 1942 n. 1150», ed il decreto dello
stesso Ministero 2 aprile 1968, «limiti inderogabili di densità
edilizia, di distanza tra i fabbricati e rapporti massimi tra spazi destinati agli insediamenti residenziali e produttivi e spazi
pubblici o riservati alle attività collettive, al verde pubblico o a
parcheggi da osservare ai fini della formazione dei nuovi strumenti urbanistici o della revisione di quelli esistenti, ai sensi
dell’art. 17 della l. 6 agosto 1967 n. 765».
Con il primo provvedimento - v. soprattutto gli artt. 1, 8 e 9
- si precisava il significato degli spazi per parcheggio, stabilendo che dovevano intendersi tali gli spazi necessari tanto alla
sosta quanto alla manovra e all’accesso dei veicoli, e che i parcheggi potevano essere ricavati nella stessa costruzione oppure
in aree esterne oppure promiscuamente, nonché anche in aree
che non formavano parte del lotto, purché fossero asservite
all’edificio con vincolo permanente di destinazione a parcheggio, a mezzo di atto da trascriversi a cura del proprietario.
Con il secondo provvedimento - v. soprattutto gli artt. 3 e 5
- veniva definita la natura, la funzione e le modalità operative
degli standards urbanistici, sia indicando i rapporti massimi tra
gli spazi destinati ad insediamenti residenziali e produttivi e gli
spazi pubblici o riservati alle attività collettive, a verde pubblico ed a parcheggio, sia indicando le quantità minime dei suddetti spazi in rapporto agli insediamenti residenziali delle singole zone territoriali omogenee.
Come sopra anticipato, a distanza di altri 20 anni circa,
all’interno della legge sul ed. condono edilizio, la n. 47 del 28
febbraio 1985, con l’art. 26, ultimo comma, si precisava che gli
spazi di cui all’art. 18 della l. n. 765 del 1967 costituivano
«pertinenze delle costruzioni, ai sensi e per gli effetti degli artt.
817, 818 e 819 c.c.».
Anche qui, le Sezioni Unite sono dovute intervenire nuovamente per dirimere i contrasti insorti circa la validità delle
clausole contrattuali di alienazione di appartamenti costruiti
dopo la l. n. 765 del 1967, senza la contestuale alienazione delle aree di parcheggio asservite all’edificio in virtù dell’art. 18
della stessa legge: con una decisione del 1989, si è affermato
che, poiché l’art. 26 citato non modifica il regime vincolistico,
Edilizia e urbanistica
imposto dall’art. 18, fra unità abitative e spazi di parcheggio,
chiarendone solo l’originaria portata, i contratti di autonoma
disposizione di detti spazi di parcheggio, pur ammissibili, non
possono intaccare il diritto reale d’uso - peraltro, di non agevole inquadramento (n.d.r.) - a favore del titolare dell’unità abitativa.
Seguiva, poi, il decreto del Ministro dell’Interno 1° febbraio 1986, che conteneva una serie di norme di sicurezza
antincendio per la costruzione e l’esercizio di autorimesse e
simili (v. anche, in proposito, la Circolare dello stesso Ministero 1° febbraio 1988 n. 1800, sulle autorimesse a box affacciantesi su spazio a cielo libero), mentre la circolare ministeriale 8 agosto 1986 n. 2575, forniva le disposizioni tecniche relative ai piani urbani di fabbrico.
Sul finire degli anni ‘80, è intervenuta la cd. legge Tognoli,
cioè la n. 122 del 24 marzo 1989, che aveva predisposto un
vasto ed ambizioso programma, anche di investimenti, finalizzato a risolvere i problemi del traffico e della sosta delle macchine, attraverso il graduale decongestionamento dei centri
urbani, nella speranza di migliorarne l’assetto urbanistico e
diminuire, al contempo, l’inquinamento, incentivando - tra l’altro, e per quel che qui interessa - la realizzazione dei parcheggi.
In ordine a quest’ultimo argomento, la legge dettava due
importanti disposizioni.
Con l’art. 2, comma 2, che sostituiva l’art. 41-sexies della l.
n. 1150 del 1942, introdotto dall’art. 18 della cd. legge ponte,
si prescriveva che, nelle nuove costruzioni ed anche nelle aree
di pertinenza delle costruzioni medesime, dovevano essere
riservati appositi spazi per parcheggi, in misura non inferiore
ad 1 mq per ogni 10 mc di costruzione, in pratica raddoppiando
la superficie precedente.
Con l’art. 9, applicabile ai fabbricati già esistenti, si prevedeva, da un lato, che i proprietari di immobili potevano realizzare nel sottosuolo degli stessi, ovvero nei locali siti al piano
terreno dei fabbricati, parcheggi da destinare a pertinenza delle
singole unità immobiliari, anche in deroga agli strumenti
urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti, ed usufruendo di
una maggioranza assembleare semplificata, lasciando fermi,
comunque, i vincoli contemplati dalla legislazione in materia
paesaggistica ed ambientale, e si specificava, dall’altro lato,
che i parcheggi così realizzati non potevano essere ceduti separatamente dall’unità immobiliare alla quale erano legati da vincolo pertinenziale, pena la nullità del relativo atto di cessione.
In proposito, possono segnalarsi, altresì, 2 decreti ministeriali di attuazione della cd. legge Tognoli portanti la medesima
data del 14 febbraio 1990: il primo sul «regolamento recante
disposizioni in ordine ai criteri di priorità tra gli interventi
proposti nella realizzazione dei parcheggi pubblici ai fini dell’ammissione ai contributi previsti dalla l. 24 marzo 1989 n.
122», ed il secondo sulla «approvazione degli schemi-tipo di
convenzione per l’affidamento in concessione e di gestione di
parcheggi ai sensi della l. 24 marzo 1989 n. 122» (a sua volta
modificato dal successivo d. min. del 15 novembre 1993).
Vanno, inoltre, evidenziate le varie norme che, in tema di
parcheggi, tentavano di soddisfare l’esigenza di tutela dei portatori di handicap - siano essi proprietari di unità immobiliari
all’interno dell’edificio condominiale, siano essi frequentatori
dello stesso per titoli diversi dalla proprietà (conduttori, parenti, assistenti) - tutelando il loro diritto ad utilizzare i beni
comuni ed eliminando gli ostacoli che vi si frapponevano per
137
Edilizia e urbanistica
la loro particolare condizione, specie mediante riserve obbligatorie di posti auto in favore dei veicoli al servizio dei disabili,
in modo da garantire a questi ultimi la comoda utilizzazione
degli spazi connessi agli edifici: la l. 9 gennaio 1989 n. 13, la l.
27 febbraio 1989 n. 62, il d. min. 14 giugno 1989 n. 236, la l.
28 luglio 1989 n. 263, la l. 5 febbraio 1992 n. 104, e il d.p.r. 24
luglio 1996 n. 503.
Di recente, con la l. 15 maggio 1997 n. 127, la cd. legge
Bassanini, erano state introdotte alcune integrazioni alla 1. n.
122 del 1989, e precisamente, si era ampliata la possibilità di
costruire i parcheggi contemplati dall’art. 9 della cd. legge
Tognoli, prevedendo che questi ultimi potevano essere realizzati anche nel sottosuolo di aree esterne rispetto al fabbricato e
che fossero di pertinenza di quest’ultimo, sancendo che i suddetti parcheggi dovessero essere riservati ad uso esclusivo dei
residenti, e si era specificato che il quorum agevolato per la
deliberazione assembleare ex art. 1136 c.c. in tema di parcheggi non poteva trovare applicazione nel caso in cui l’edificanda
zona di parcheggio interessasse proprietà non condominiale (v.
art. 17, comma 90).
Il 1° gennaio 2002 era entrato in vigore il d.p.r. 6 giugno
2001 n. 380 («t. u. sulle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia»), che, nelle disposizioni finali, all’art.
136, prevedeva che, dall’entrata in vigore del predetto t. u.,
erano abrogate - tra le altre - le disposizioni contenute nell’art.
41-quinquies della l. n. 1150 del 1942, ad esclusione dei commi 6, 8 e 9, e quelle dell’art. 26 della l. n. 47 del 1985; all’art.
137, comma 1, si stabiliva che «restano in vigore le seguenti
disposizioni: ... d) l. 24 marzo 1989 n. 122», mentre il comma
3 sostituiva il comma 2 dell’art. 9 di quest’ultima legge, disponendo che «l’esecuzione delle opere e degli interventi previsti
dal comma 1 è soggetta a denuncia di inizio attività».
Da ultimo - come preannunciato all’inizio di queste brevi
note - è intervenuta la l. 28 novembre 2005 n. 246, secondo cui
gli spazi per parcheggi, realizzati in forza del comma 1 dell’art.
41-sexies della l. urb. n. 1150 del 1942 (introdotto dall’art. 18
della l. n. 765 del 1967, e successive modificazioni), non sono
gravati da vincoli pertinenziali di sorta, né da diritti d’uso a
favore dei proprietari di altre unità immobiliari e sono trasferibili autonomamente da esse.
La suddetta norma, tuttavia, non sembra avere natura interpretativa - propende per questa tesi, R. TRIOLA, La nuova disciplina degli spazi di parcheggio, in Immobili & proprietà, n. 2
del 2006 - in quanto, alla luce del consolidato orientamento giurisprudenziale della Corte di Cassazione formatosi in materia
(ribadito da alcuni arresti anche delle Sezioni Unite), non risultano incertezze da risolvere: è infatti, da considerarsi oramai
diritto vivente che, qualora il costruttore, nell’alienare le singole
unità immobiliari di cui è composto l’edificio, si riservi la proprietà degli spazi di parcheggio, sorge su tali spazi un diritto
reale d’uso a favore degli acquirenti delle medesime unità.
Ne consegue che l’art. 12 citato non ha efficacia retroattiva,
per cui non è applicabile a tutte le alienazioni avvenute anteriormente alla sua entrata in vigore e si rivela ininfluente per
138
n. 5-6/ 2006
quanto riguarda il contenzioso pendente; in buona sostanza, per
effetto della nuova disciplina, i diritti reali d’uso, riconosciuti
giudizialmente, non si estinguono, e ciò sia perché, in generale,
le leggi che modificano il modo di acquisto dei diritti reali (o il
contenuto di essi) non possono incidere sulle situazioni giuridiche maturate prima della loro entrata in vigore, sia perché,
ragionando diversamente, si effettuerebbe una sorta di esproprio generalizzato senza indennizzo di dubbia costituzionalità
ex art. 42 Cost.
In pratica, rimane sempre, in capo al costruttore, il vincolo
di destinazione dell’area a parcheggio, cui è subordinata la concessione della licenza edificatoria (ora permesso di costruire),
ma dal 16 dicembre 2005 - stravolgendo la ratio che aveva
ispirato l’art. 41-sexies di cui sopra - non sussiste più alcun
diritto reale a favore degli abitanti del relativo stabile; il
costruttore potrà riservarsi la proprietà delle predette aree, per
poi eventualmente venderle agli stessi abitanti o a terzi non
facenti parte del condominio oppure concederle in locazione
(ferma, però, la relativa destinazione urbanistica), il tutto separatamente dall’immobile con riferimento al quale la loro previsione era indispensabile ai fini del rilascio del provvedimento
concessorio dell’autorità amministrativa; una volta, poi, definitivamente sciolto il legame pertinenziale tra posto auto e appartamento, il proprietario di quest’ultimo - al pari del costruttoreproprietario originario dell’intero edificio - potrà disporne, nei
successivi trasferimenti, senza essere obbligato a vendere al
suo avente causa anche il primo.
Va precisato però che, in difetto di una riserva in tal senso,
la natura pertinenziale degli spazi di parcheggio si possa evincere dalla situazione oggettiva di cui all’art. 818 c.c., in quanto
beni destinati funzionalmente a soddisfare le esigenze degli
abitanti dello stabile, derivandone la loro ricomprensione automatica nel trasferimento dei vari appartamenti; se, poi, l’edificio è in regime di condominio, costituendo parti comuni ai sensi dell’art. 1117, n. 3, c.c., essendo senz’altro beni che servono
all’uso e al godimento comune, in mancanza della predetta
riserva, che opera nel caso di specie come titolo contrario, i
condomini risultano comproprietari (e non meri titolari di un
diritto reale d’uso) degli spazi de quibus, con tutte le conseguenze connesse alla disciplina condominiale di tali beni (se,
invece, sussiste un’apposita riserva o titolo contrario, le reazioni dei condomini ad un mutamento di destinazione del bene
oggetto di proprietà esclusiva andranno inquadrate nell’ambito
di operatività del disposto di cui all’art. 1122 c.c.).
Dunque, si attende con ansia di conoscere l’interpretazione
offerta sul punto dalla giurisprudenza, che non tarderà a venire,
ritenendo plausibile che i difensori dei costruttori - chiamati in
giudizio dagli acquirenti delle unità immobiliari dello stabile
per vedersi riconoscere il diritto reale d’uso sugli spazi di parcheggio, realizzati dai primi ma riservandosi la proprietà e non
oggetto di cessione nell’ambito dei relativi trasferimenti - invocheranno alla prima occasione la retroattività della nuova normativa per rendere esenti i loro clienti da ogni responsabilità.
«Rivista giuridica dell’edilizia»
n. 5-6/2006
Edilizia e urbanistica
L’AUTOLICENZA EDILIZIA
Analisi degli articoli 19 e 20 della l. 241/1990 riformulato dalla legge statale 80 del 2005
di Ivone Cacciavillani
I
l rapido accavallarsi di norme sia statali - specie sul procedimento, con le due leggi n. 15 e n. 80 del 2005 - che
regionali sull’urbanistica - la legge 11 del 2004 e il
carosello di proroghe che l’hanno seguita - hanno creato un
quadro di riferimento normativo molto complesso, che si
vorrebbe dipanare con un’esposizione che parte dalla normativa generale per giungere alla specifica disciplina dell’operare in campo edilizio.
Profonde sono state le innovazioni apportate alla legge
241 del 1990 prima dalla legge 15 del 2005, completata poi
dall’art. 3 del DL 35 del 2005, a sua volta sostituto dalla nuova formulazione ad opera della legge n. 80 sempre del 2005,
con l’introduzione della nuova DIA dell’art. 19, acronimo
che in luogo di denuncia d’inizio di attività sta per dichiarazione e si vedrà che si tratta di riforma di fondamentale
importanza, e con l’introduzione dell’istituto generale del
silenzio-assenso ad opera dell’art. 20.
La disciplina dei due istituti paralleli è risultata strettamente complementare. L’uno, l’art. 19, riguarda il nuovo
regime delle attività “protette”, sostituendo l’originario articolo 19 della legge 241; l’altro, l’art. 20, il silenzio-assenso.
La DIA come denuncia di inizio attività era già stata ripetutamente modificata e riguardava i procedimenti di rilascio
di titoli legittimanti all’esercizio di attività, per il quale fosse
richiesto un controllo amministrativo (“autorizzazioni licenze abilitazioni nulla osta permessi o altro atto di consenso
comunque denominato”), “ad esclusione delle concessioni
edilizie” e dei connessi atti di controllo paesaggistico c/o
storico-artistico.
Il secondo riprende e riformula la disciplina del silenzioassenso. Attualmente le disposizioni in esame unificano tutte
le materie e tutti i procedimenti regolatori dei rapporti tra cittadino e P.A.
1 - Principio ispiratore
L’interpretazione sistematica dell’innovazione presuppone una precisazione di carattere costituzionale, con richiamo
del principio generale di libertà dell’iniziativa economica
privata garantita dal primo comma dell’articolo 41 della
Costituzione.
L’abrogazione del controllo preventivo sull’esercizio delle attività economiche di più rilevante “peso-rischio” sociale
che vanno da quella edilizia, a quella commerciale, a quella
ludica, caccia pesca, a quella imprenditoriale per determinate
materie, da quelle esplodenti a quelle ecologiche, risponde a
principi costituzionali di altrettanta forza e cogenza, quale
quello posto dall’articolo 2, secondo cui “la Repubblica
richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà
politica economica e sociale”.
In questo quadro, ben definibile del solidarismo responsabile, era ampiamente tempo che il cittadino uscisse di tutela/custodia e fosse chiamato a rispondere direttamente a tutto
campo del suo agire in conformità alla legge.
È del resto lo stesso principio che ha portato all’abro-
gazione dei certificati, sostituiti dall’autocertificazione, dove
il dichiarante si assume la responsabilità anche penalmente
sanzionata della veridicità di quanto afferma.
L’autocertificazione delle situazioni giuridicamente rilevanti trova un limite nella privativa statale delle attività
professionali protette nell’ambito dell’articolo 2229 e
seguenti del codice civile, tutelate attraverso Ordini, Collegi
e Albi (una settantina circa). L’esclusione viene fatta derivare
dal fatto che la liberalizzazione dell’accesso ad attività protette (per il cui esercizio è richiesto in controllo preventivo) è
limitato, dal primo inciso del primo comma, all’attività
“imprenditoriale, commerciale o artigianale”.
2 - L’autolicenza
Per effetto della riforma, attualmente tutte le attività
economiche godono della generale libertà affermata in linea
di principio dall’articolo 41.1 della Costituzione, pur restando assoggettate a controllo amministrativo quelle ad alto
rischio sociale; la riforma ridisciplina radicalmente le modalità del controllo.
L’assoggettamento a privativa statale di talune attività,
per il cui esercizio viene richiesto l’intervento di professionista abilitato, trasferisce su quest’ultimo l’onere/legittimazione di dichiararne l’inizio, sul presupposto da lui
accertato e certificato della sua rispondenza al regime stabilitone dalla mano pubblica.
Per questo pare pertanto corretto definire autolicenza il
nuovo istituto, in cui la legittimazione deriva dalla dichiarazione dell’operatore, che peraltro dev’essere corredata “delle
certificazioni e delle attestazioni normativamente richieste”;
per quanto detto, le certificazioni diverse dall’autocertificazione attestanti situazioni o fatti personali sono rilasciate
dagli esercenti attività professionali protette.
È il caso, per limitarsi alla nostra materia, della dichiarazione di conformità del progetto edilizio alla normativa
vigente per l’autolicenza di costruire, esaminata più oltre, o
alla certificazione della natura dei rifiuti da stoccare rilasciata dal professionista chimico. Del resto risponde allo stesso
principio di solidarismo responsabile attribuire all’opera di
chi, per essere iscritto ad un Ordine/Collegio ha superato il
vaglio della capacità tecnica e della probità morale, ruolo
certificatone valido e vincolante anche per la P.A.
Nel precedente assetto, il controllo esercitato dalla P.A.
aveva la funzione di rimuovere l’ostacolo frapposto dalla
legge all’esercizio del diritto d’iniziativa economica, che già
appartiene al soggetto in forza del principio costituzionale: è
il paradigma tradizionale dell’autorizzazione.
Nel nuovo regime la totale responsabilità dell’esercizio
dell’attività viene attribuita a chi l’esercita, restando alla
P.A., che sul piano sostanziale continua ad esercitare le stesse funzioni di cui era e resta titolare secondo la rispettiva
disciplina di materia, la possibilità solo impeditiva del suo
inizio o interdittiva della sua protrazione.
Il controllo attualmente attribuito alla P.A. (quale che ne
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Edilizia e urbanistica
sia l’organo a cui viene attribuito) sulle attività
extraprofessionali protette è soltanto la verifica della loro
non contrarietà, soggettiva o oggettiva, al rispettivo regime
legale (non più della sua conformità), donde la denominazione proposta di autolicenza.
È nella sostanza un nullaosta che s’invera per silenzio
concludente della PA, perché non già di assenso anche tacito
si tratta (e ben si sa che l’atto tacito ha la stessa natura giuridica dell’atto espresso), bensì di ritenuta mancanza di ostacoli legali all’esercizio dell’attività; che resta tutta e solo di chi
si determina ad avviarla.
La nuova denominazione è imposta anche da ragioni
diacroniche, di successione di leggi. Il silenzio-assenso era
già regolato dall’articolo 20, del quale costituiva addirittura
la rubrica, della legge 241, ripetutamente novellato dai DPR
n. 300 del 1992, 407 e 411 del 1994. Esso si manteneva nello
schema dell’autorizzazione rilasciata con atto tacito, previo
controllo preventivo del possesso dei requisiti dell’esercitabilità. L’innovazione non ha funzionato “a monte”, nel passaggio essenziale in cui la legge demandava ad ulteriore
intervento normativo regolamentare l’individuazione delle
attività alle quali il nuovo procedimento (che voleva essere
più snello ed efficace del sistema dell’autorizzazione espressa) avrebbe dovuto applicarsi. L’innovazione attuale generalizza l’istituto, estendendolo a tutte le attività non professionali, rendendolo immediatamente operativo e limitando l’intervento della P.A. al controllo meramente negativo della
mancanza di elementi ostativi. Non si può escludere che questo nuovo intervento, così “liberalizzante”, sia una reazione
stizzita del Legislatore a fronte dell’inanità dei ripetuti conati
semplificativi, intervenuti nel corso degli anni Novanta.
2.1 - Procedimento
L’intento di semplificare al massimo il procedimento di
nullaosta è evidente, oltre che espressamente dichiarato,
costituendo anzi la principale finalità della riforma. Esso è
reso manifesto dall’ultimo inciso del primo comma, che fa
divieto alla P.A. “competente” di chiedere al privato dichiarante “informazioni o certificazioni” contenute in atti già in
suo possesso o da essa “direttamente acquisibili” presso
altra P.A.
a) La dichiarazione d’inizio attività (prima DIA)
Il primo comma dell’articolo sostituisce l’articolo 19 della legge 241, trasformando l’originaria denuncia in dichiarazione d’inizio attività. Il mutamento è di enorme portata: la
denuncia del 1992/1994 comunicava alla P.A. competente la
determinazione del soggetto di dare inizio all’esercizio di
attività protetta; spettava alla P.A. di “verificare d’ufficio la
sussistenza dei presupposti e requisiti di legge”, disponendo,
“se dal caso il divieto di prosecuzione dell’attività”. Era
immediatamente operante: l’attività avrebbe potuto venire
tosto avviata, con la possibilità dell’Amministrazione di vietarne la prosecuzione; l’istituto non venne applicato. L’attuale dichiarazione ritma diversamente l’inizio dell’esercizio,
attribuendo alla P.A. uno spazio (trenta giorni) di verifica
della sua non ostatività, con potere preclusivo del suo avvio.
Sotto questo profilo la denuncia era più operativa
dell’attuale dichiarazione, ma l’intermezzo istruttorio è giustificato dall’estensione dell’istituto del silenzio-nullaosta a
tutte le attività protette, per alcune delle quali l’automatismo
della denuncia avrebbe potuto creare qualche incongruenza;
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n. 5-6/ 2006
e fu forse la preoccupazione di escludere dal self executing
della denuncia le attività bisognevoli di qualche istruttoria la
causa della mancata attuazione dell’istituto del silenzioassenso regolato dalla norme del 1992/1994.
Lo spazio di verifica ora attribuito alla P.A., pur limitato
sia nel tempo (trenta giorni) che nell’ambito (obbligo della
P.A. di acquisizione d’ufficio degli adempimenti mancanti),
consente di precludere anche l’inizio di attività protette, il
cui esercizio si riveli improprio o illegittimo.
Passati i trenta giorni dalla denuncia d’avvio senza che
sia pervenuto al dichiarante alcun atto di interdizione, l’attività può essere iniziata, sempre sotto la totale responsabilità
dell’interessato.
b) La denuncia d’avvio dell’attività (seconda DIA)
Il secondo comma introduce l’istituto della denuncia
dell’effettivo inizio (avvio) dell’attività preannunciata con la
prima DIA. L’atto, la seconda DIA, fa scattare l’ulteriore termine, ancora di trenta giorni, di interdizione della continuazione, ad ulteriore garanzia del pubblico interesse al corretto
esercizio delle attività protette, stabilito del primo comma
per l’avvio. La seconda DIA attiva un secondo spazio di verifica, che sul piano del controllo si salda naturalmente col primo, dal momento che il presupposto dell’interdizione della
protrazione è lo stesso di quello interdittivo dell’inizio;
ambedue possono consistere nell’accertata carenza delle condizioni, modalità e/o fatti legittimanti all’esercizio.
Il terzo comma assoggetta l’interdizione, alla protrazione
ad una condizione la cui portata operativa va coordinata con
le innovazioni procedimentali introdotte dalla legge 15. Non
pare infatti dubitabile che l’atto interdittivo della protrazione
equivalga, se posto in relazione alla denuncia d’inizio, ad un
atto negativo, la cui emanazione dev’essere preceduta dalla
comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento
dell’istanza, prescritta dall’articolo 10 bis della L 241/1990.
L’interessato ha il termine (che per la l. 15 era di dieci giorni) “fissato dall’Amministrazione, in ogni caso non inferiore
a trenta giorni”, per eliminare gli elementi ostativi o per
integrare gli elementi carenti.
Per la seconda parte del terzo comma “è fatto comunque
salvo il potere” di autotutela dell’Amministrazione sul proprio atto di silenzio-nullaosta, ai sensi degli articoli 21 quinquies e nonies dalla legge 241 integrata dalla legge 15.
L’ultimo inciso del terzo comma, sul dovere della P.A. di
acquisire d’ufficio eventuali pareri necessari alle statuizione,
risulta scarsamente coordinato col principio procedimentale
fissato dall’articolo 16 della legge 241, modificato dalla legge 127/1997, che già prevede la possibilità di prescindere dal
parere non tempestivamente espresso. Esso opera soltanto
per la riduzione dei quarantacinque giorni della legge
241/1990 ai trenta del DL e poi della l. 80.
Le disposizioni dell’art. 19 trovano completamento nel
comma 2 bis dell’art. 21, che, nel completare le disposizioni
sanzionatone, precisa che “restano ferme le attribuzioni di
vigilanza, prevenzione e controllo su attività soggette ad atti
di consenso previsti da leggi vigenti”. La precisazione legittima l’intervento dell’Amministrazione titolare della funzione di controllo, interdittivo della prosecuzione di attività
anche dopo la scadenza del termine dalle rispettive DIA.
La disposizione non è priva di contenuto precettivo, perché il decorso del termine dalla seconda DIA avrebbe potuto
n. 5-6/2006
essere inteso come consunzione del relativo potere con conseguente acquisizione, da parte dell’agente d’un titolo
“omissivo”, legittimante alla sua continuazione. Sarebbe stata interpretazione incongrua, o addirittura aberrante, ma non
del tutto implausibile.
La formale previsione della sopravvivenza delle preesistenti funzioni di vigilanza, prevenzione e controllo toglie
ogni dubbio “lassistico”.
3 - Il titolo abilitante a costruire
Non v’è dubbio che la portata più incisiva delle innovazioni sia quella relativa alla materia urbanistica, da un trentennio oggetto d’una tormentata, continua e non sempre coerente evoluzione.
3.1 - Regime precedente
Anche brevi cenni d’inquadramento non possono prescindere da un rilievo di fondo, del “divorzio” delle due materie
(ma, alla luce della sistemazione istituzionale data dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 303 del 2003, al termine
materia nell’ambito della riforma costituzionale del titolo V,
si dovrebbe tornare alla terminologia sandulliana e parlare di
submaterie) urbanistica ed edilizia, col DPR 380 del 2001.
Mentre la legge urbanistica n. 1150 del 1942, seguita
pressoché da tutte le prime leggi regionali, disciplinava
unitariamente le due sub-materie, col DPR 380 del 2001 s’è
avuta la netta separazione dell’edilizia dall’urbanistica; alla
determinazione generalmente le Regioni si sono adeguate,
talune provvedendo ad emanare leggi solo urbanistiche, con
riserva, talora formale talaltra implicita, di separati interventi
sull’edilizia; è il caso del Veneto, che con la “leggina” del
2003 n. 16 ha preso atto della disciplina statale della sola
materia edilizia e con la successiva legge n. 11 del 2004 si è
limitato a disciplinare solo l’urbanistica.
Nell’impostazione del DPR 380 era netta la distinzione
del titolo legittimante al costruire, tra permesso di costruire
(successo alla concessione e questa alla licenza edilizia del
1942) e denuncia inizio attività (DIA), basata sulle dimensioni dell’intervento. L’impostazione non si sottraeva al nominalismo più greve; più che di dettaglio, le disposizioni continuavano ad essere di cesello.
L’articolo 10 del DPR enumera gli “interventi subordinati a permesso di costruire”, avendo cura, alla lettera c) di
definire autenticamente la “ristrutturazione edilizia”, già
definita dal suo stesso articolo 3, a sua volta, ripetitivo della
definizione data dall’articolo 31 della legge 457 del 1978.
Definizioni, limiti, confini, fonti di diatribe infinite, dove più
che i criteri giuridici imperava il doppio decimetro.
Per contrappasso, l’articolo 22 (capo III), sempre del
DPR 380, individua pervia residuale gli interventi soggetti
“solo” a DIA, tracciando anche (al comma 3°) il rapporto di
alternatività opzionale tra permesso di costruire e DIA, con
utilizzazione di istituti tipicamente urbanistici (della “vecchia” urbanistica statale: “qualora siano disciplinati da piani
attuativi comunque denominati”).
Tutto questo ha creato enorme confusione, in relazione
proprio alla divaricazione della disciplina delle due materie;
dalla legislazione urbanistica regionale sono scomparsi molti
degli istituiti: della legge urbanistica statale del 1942 e sono
comparsi istituti nuovi, in particolare tutto il massiccio sviluppo dell’urbanistica contrattata, fondata su accordi di pro-
Edilizia e urbanistica
gramma che spesso innovano lo strumento generale (PRG
comunque diversamente denominato).
Questa è la critica più pesante che va mossa a quel DPR
380/2001: aver continuato, sull’alveo dell’esasperato dettaglio normativo diventato ormai una tabe dell’ordinamento
urbanistico/edilizio, ad utilizzare largamente istituti dell’urbanistica statale, dalla quale non solo aveva dichiarato di
voler prescindere, ma che, per effetto sia della riforma del
titolo V sia dell’innovazione sistematica dallo stesso
introdotta, stava per essere massicciamente abbandonata dalla legislazione urbanistica regionale, fondata su principi ed
istituti: non di rado profondamente diversi da quelli, ai quali
esso continuava incoerentemente a riferirsi.
3.2 - Nuovo regime
La materia urbanistica non è regolata diversamente dalle
altre materie assoggettate al controllo pubblico preventivo.
Anche in questo campo e nel quadro dei principi sopra
esposti (e l’applicazione può essere considerata paradigmatica di tutte le fattispecie in cui opera la nuova disciplina),
risulta evidente che l’atteggiamento silente dell’Amministrazione (Comune) va definito silenzio-nullaosta e nient’affatto
silenzio-assenso, perché esso non è in nessun caso assenso,
né implicito né presunto o presumibile, all’iniziativa del
costruttore, bensì e solo presa d’atto della sua determinazione di costruire e della sua autocertificazione di conformità
del progetto alla normativa vigente, lasciando al costruttore
(nel cui novero si continua a comprendere proprietario committente, impresa costruttrice e progettista e direttore dei
lavori) ogni responsabilità dell’iniziativa. Le sanzioni specifiche per la materia urbanistico-edilizia restano invariate ai
sensi del secondo comma dell’articolo 21 della legge 241.
Ruolo essenziale per l’inverarsi del silenzio-nullaosta è la dichiarazione del progettista legittimato secondo la normativa
vigente (appartenente ad uno dei sei Ordini/Collegi che legittimano alla progettazione) della conformità del progetto urbanistico (strumento attuativo d’iniziativa privata) e/o edilizio (progetto di costruzione) alla strumentazione vigente.
Particolare delicatezza acquista la sanzione anche penale prevista del primo comma dell’articolo 21 della legge 241, col
rinvio all’articolo 483 del codice penale, che punisce la falsità ideologica commessa dal privato in un atto pubblico, che
attribuisce alla certificazione di conformità del progettista
ruolo di atto vincolante, nella sua efficacia certificativa, per
il Comune.
3.3 - Il coordinamento di apporti procedimentali
Problemi di particolare delicatezza comporta l’intervento
urbanistico - edilizio in ordine all’esercizio dei poteri di controllo affidati ad Amministrazioni diverse dal Comune, inerenti agli innumerevoli vincoli esistenti sul territorio, da
quello paesaggistico o storico-artistico, a quello idrogeologico o di servitù pubbliche (idrauliche, militari e simili).
Il paradigma che pare destinato a prevalere deriva dal
coordinamento del complicato gioco di inclusioni/esclusioni
del primo comma dell’articolo in esame, relative “alla tutela
della salute, della pubblica incolumità, del patrimonio culturale e paesaggistico e dell’ambiente”, con le disposizioni
della legge 15, relative alla conferenza di servizi regolata
dagli articoli da 14 a 14 quinquies.
Non pare dubitabile che per interventi urbanistico-edilizi
richiedenti l’apporto di pareri, autorizzazioni o nullaosta di
141
Edilizia e urbanistica
n. 5-6/ 2006
autorità diverse dal Comune, titolare diretto e immediato dalla funzione di controllo dell’uso del territorio, l’interessato
possa chiedere che la sua DIA sia esaminata in conferenza di
servizi ai sensi del comma 4° dell’articolo 14 della legge,
con la possibilità di veder risolti eventuali conflitti con le
modalità previste dall’articolo 14 quater.
Se si pone mente al fatto che tali speciali modalità di
composizione di eventuali dissensi comprende la gestione
dei vincoli relativi alla “tutela ambientale, paesaggisticoterritoriale, del patrimonio storico-artistico, alla tutela della
salute e della pubblica incolumità” (vale a dire relativi alla
stragrande maggioranza dei vincoli incidenti sull’esercizio di
attività urbanistico-edilizia), si avrà che anche le frequentissime controversie relative a quest’attività, da sempre al centro dell’aspro conflitto tra esigenze di speditezza e di adeguatezza della tutela, sono destinate a trovare soluzione in tempi
ragionevoli, incomparabilmente più contenuti di quelli da
sempre sofferti nella tormenta materia.
4. L’innovazione sistematica
Come ripetutamente rilevato, le nuove disposizioni, pur
tra non pochi dubbi di legittimità costituzionale, hanno comportato una vistosa innovazione, che ben potrebbe essere
definita una radicale rivoluzione, del previgente sistema di
legittimazione all’esercizio di attività socialmente rilevanti e
quindi assoggettate al controllo amministrativo.
S’impone la radicale riconsiderazione dello stesso ruolo,
o funzione, della PA in relazione a tale esercizio.
Mentre infatti, nel precedente sistema, l’atto di legittimazione all’esercizio dell’attività soggetta a controllo era sempre (più o meno ma sempre in qualche modo) discrezionale
dell’Autorità competente, attualmente legittimante è la
dichiarazione del privato della volontà di darvi inizio e la
legittimità di quest’ultima dipende soltanto dalla sua rispondenza alla programmazione datale dall’Autorità stessa.
L’interessato deve solo dichiarare che l’attività che intende
avviare ed esercitare, nei limiti dichiarati, è legittima perché rispondente (conforme) alla programmazione datane dall’Ammi-
nistrazione titolare della relativa funzione di controllo.
Si tratta dell’unico elemento oggettivo, al di là dei requisiti
soggettivi richiesti dalla legge; ma appare evidente che tale
rispondenza in tanto potrà esistere in quanto esista un atto di
programmazione dell’attività che l’interessato intende avviare.
Il provvedimento di autorizzazione caso per caso viene
sostituito dalla dichiarazione della sua conformità alla relativa programmazione.
Come dire che non può più esistere alcuna attività soggetta a controllo pubblico, se non esiste un atto di programmazione dei suoi limiti.
Come dire ancora e conseguentemente che, attualmente e
per effetto della riforma, onere primario dell’Amministrazione titolare della funzione di controllo è di approntarne la programmazione, facendosi corretta interprete del pubblico interesse sotteso al suo assoggettamento al controllo; controllo
che è sempre di stretta interpretazione, in quanto lesivo del
principio costituzionalmente garantito della libertà di iniziativa economica privata.
Ecco il ruolo rivoluzionario delle grandi riforme brevemente elencate:
- un ruolo nuovo della PA nel controllo delle attività protette dalla privativa pubblica: essa deve/può solo approntarne
i programmi, senza più poterne determinarne la possibilità e
le modalità attuative con l’autorizzazione rilasciata caso per
caso;
- un nuovo ruolo del professionista abilitato che, con la
sua dichiarazione di conformità, in pratica forma (rilascia) il
titolo legittimante a costruire, assumendosi la piena responsabilità (anche penalmente tutelata) della sua veridicità
tecnica (conformità al Piano).
Un uscire del sistema del piagnisteo alla caccia della
benevolenza del Funzionario e/o dell’Amministratore, per
operare in modo professionalmente corretto e a tutto campo.
Funzionerà?
Dipende dalla coscienza professionale del professionista.
Saracena “Al telaio = u telare”
(da Gerhard Rohlfs, La Calabria Contadina)
142
«Consulente Immobiliare»
Espropriazione
n. 5-6/2006
INDENNITÀ DI ESPROPRIAZIONE DI TERRENI
AGRICOLI AI SENSI DEL T.U. DPR 327/01
Il giusto riferimento è il valore di mercato dei terreni
di Giovanni Turola
I
n base al disposto dell’articolo 16 della L. 865 del
22.10.1971, l’indennità in argomento era commisura a ai
valori tabellari, ossia ai valori agricoli medi annualmente determinati dalle apposite Commissioni Provinciali
Espropri e pubblicati sui Bollettini Ufficiali delle diverse
Regioni. Le Pubbliche Amministrazioni esproprianti si sono
sempre rifatte a tale procedura ancorché l’articolo 14 della
L. 10/77 avesse modificato l’articolo 15 della L. 865/71,
introducendo un conce o che a tutta prima non è stato tenuto
nella dovuta considerazione. Si puntualizzava infatti che
l’indennità di espropriazione si dovesse determinare “sulla
base del valore agricolo con riferimento alle colture effettivamente praticate sul fondo espropriato, anche in relazione
all’esercizio dell’azienda agricola .. .omissis...”, concetto
questo che si prestava ad interpretazioni non univoche.
La successiva giurisprudenza non ha mai chiarito definitivamente quale fosse la portata di tale rettifica dell’articolo
15 citato.
Si era argomentato che la Commissione Provinciale
Espropri (che - si noti - di solito non esegue sopralluoghi)
dovesse tener conto dei pregiudizi derivanti all’azienda agricola per l’ablazione opera a con criteri che avrebbero potuto
coincidere addirittura con quelli dell’articolo 39 della L.
2359/1865, ossia tenendo presente il valore venale o di mercato del terreno.
Occorreva infatti far riferimento non solo alle colture
effettivamente praticate sul suolo, ma anche all’esercizio
dell’azienda agricola, cioè allo stato delle colture, dei frutti
pendenti e di tutti i beni organizzati per la gestione dell’azienda, ossia a tutte quelle entità concretamente incise dall’espro-priazione (vedasi Cassazione 21.07.1992 n. 8797 ed
anche Cassazione Sezione 114.05.1998 n. 4848). Il sistema
tabellare di computo dell’indennità di espropriazione trovò
comunque nuova conferma nell’articolo 5 bis, comma 4 della L. 8.08.1992 n. 359. Le non univoche decisioni della Cassazione in materia di espropriazione dei suoli agricoli possono ora ritenersi superate dal tenore dell’articolo 40 del DPR
327/01 che al comma 1 reca: “nel caso di e proprio di un’area non edificabile, l’indennità è determinata in base al criterio del valore agricolo, tenendo conto delle colture effettivamente praticate sul fondo e del valore dei manufatti edilizi legittimamente realizzati, anche in relazione all’esercizio
dell’azienda agricola, senza valutare la possibile o l’effettiva utilizzazione diversa da quella agricola”.
Come si noterà, la legge non fa riferimento al valore
agricolo medio, ma semplicemente al valore agricolo, che
può essere interpretato come valore di mercato, perché laddove la norma impone la considerazione del valore agricolo
medio, l’ha esplicitamente indicato, come risulta dal comma
2 dello stesso articolo 40: “se l’area non è effettivamente
coltivata, l’indennità è commisurata al valore agricolo
medio, corrispondente al tipo di coltura prevalente nella
zona ed al valore dei manufatti edilizi legittimamente realizzati”. Dal tenore di quanto sopra riportato, si può dedurre
che l’indennità di espropriazione delle aree effettivamente
coltivate è pari a quello di mercato e non ai valori tabellari
pubblicati annualmente (i cd. valori agricoli medi o
V.A.M.). Questi ultimi dovrebbero essere applicati solo per i
terreni non effettivamente coltivati. Si deve rilevare che - di
contro - le indennità aggiuntive previste dall’articolo 45 dello stesso DPR 327/01 per cessione bonaria e per i coltivatori
diretti, devono essere computate in base ai valori agricoli
medi, come statuito dal comma 2: “il corrispettivo dell’accordo di cessione ...omissis...
c) se riguarda un’area non edificabile è calcolato
aumentando del 50% l’importo dovuto ai sensi dell’articolo
40, comma bis (che fa riferimento al Valore Agricolo Medio
N.d.R.).
d) se riguarda un’area non edificabile, coltivata direttamente dal proprietario, è calcolato moltiplicando per
tre l’importo dovuto, ai sensi dell’articolo 40 comma 2 bis”.
L’originario testo della DPR 327/01 è stato rettificato
con il D.Lgs. 27.12.2002 n. 302 in cui si è sancito che le
maggiorazioni che consentono in base all’articolo 45 sono
calcolate sui valori agricoli medi e non sul valore agricolo di
cui al comma 1 dell’articolo 40.
(Nella precedente stesura del DPR 327/01, prima della
rettifica operata con il D.Lgs 302/02, era statuito che l’indennità di espropriazione sarebbe stata pari al 150%del
valore agricolo (e non V.A.M.), in caso di cessione bonaria
da parte di proprietario non coltivatore diretto e al 300%del
valore agricolo, in caso di cessione c.s. da parte di coltivatore diretto). La normativa prima citata e l’esplicito riferimento al valore agricolo medio per quanto concerne il conteggio
delle indennità aggiuntive, conferiscono ulteriore fondamento alla teoria secondo la quale l’indennità espropriativa dei
terreni agricoli coltivati debba essere computata in base al
valore di mercato dei terreni stessi, poiché non sarebbe giustificabile in altro modo la distinzione fra i commi dell’articolo 40 per quanto concerne il computo delle indennità
aggiuntive.
Occorre poi ricordare che normalmente le espropriazioni
relative a terreni agricoli ben difficilmente hanno ad oggetto
interi compendi appoderati, completi di fabbricati rurali,
abitazione del fittavolo o padronale, stalle, magazzini, porticati, etc...
La maggior parte delle espropriazioni riguarda porzioni
di fondi, ossia terreni di pertinenza di un più vasto compendio agricolo, per cui in definitiva nella grandissima maggioranza dei casi si è in presenza di espropriazioni parziali.
Risulta allora applicabile l’articolo 33 del nuovo Testo Unico DPR 327/01 che ricalca la disciplina dell’articolo 40 della L. 2359/1865. Non si può comunque non rilevare come la
relativa formulazione sia molto più vaga rispetto a quella
143
Espropriazione
cristallina della normativa pregressa. L’articolo 40 della legge del 1865 presupponeva l’applicabilità del principio del
valore venale ai sensi dell’articolo 39 della stessa legge, in
termini di differenza fra il giusto prezzo che avrebbe avuto
l’immobile prima dell’espropriazione e quello della porzione residua.
La nuova formulazione che l’articolo 33 conferisce alla
disciplina tiene evidentemente conto dei vari criteri indennitari, per cui non è deducibile con sicurezza se l’indennità
relativa alla porzione espropriata debba essere in alternativa
aumentata della differenza fra il valore “ex ante” e quello
“ex post” della porzione che rimane di proprietà dell’espropriato, ovvero di una somma che tenga conto di tale differenza, ma non sia esattamente pari alla stessa, bensì proporzionale alla medesima in relazione al criterio di computo
dell’indennità applicato.
Va da sé comunque che pregiudizi del tipo di quelli conseguenti alla:
- suddivisione di un fondo accorpato in due o più appezzamenti;
- ablazione di porzione dell’estensione colturale in modo
da rendere eccedente la consistenza dei fabbrica i rurali;
- sovvertimento, ovvero irrazionale modifica del sistema
irriguo;
- creazione di reliqua i difficilmente coltivabili o coltivabili con costi suppletivi notevoli;
n. 5-6/ 2006
- compromissione delle potenzialità di trasformazione
dell’ordinamento colturale del fondo;
costituiscono altrettante ragioni per cui l’indennità di
espropriazione relativa alla sola porzione ablata debba essere adeguatamente incrementata. La nuova formulazione dell’articolo 45 che limita al secondo comma dell’articolo 40 la
possibilità di liquidare le indennità aggiuntive, non consente
di utilizzare tale base implementata per il calcolo della cessione bonaria o per la triplicazione dovuta ove l’espropriazione riguardi un coltivatore diretto: queste ultime restano
computabili solo in base ai valori agricoli medi.
Dovranno infine essere opportunamente considerate e
computate in aggiunta alle indennità prima menzionate,
quelle relative alla compromissione/ablazione di tutti i
manufatti, opere irrigue, essenze di alto fusto, soprassuoli
esistenti sulla porzione espropriata.
Saranno quindi oggetto di apposita separata valutazione
ed aggiunta alle indennità prima elencate, i costi di riproduzione vetusta i relativi a fossi, argini, ponti, passerelle, strade poderali o interpoderali, rete irrigua minore, incastri,
paratoie, derivatori, colatori, arginature, particolari sistemazioni superficiali (ad esempio sistemazioni a marcita),
essenze di alto fusto, recinzioni ed in genere relative a tutte
le opere artificiali che l’uomo ha apportato ed aggiunto al
capitale terra propriamente inteso.
«Noi Geometri»
RISARCIMENTI PER GLI ESPROPRI:
COMPETENTI I TAR
I
risarcimenti per espropri illegittimi, causati da meri
comportamenti della pubblica amministrazione non legati ad atti amministrativi e posti in essere in carenza di
potere, non sono di competenza del giudice amministrativo.
Con la sentenza n. 191 depositata l’11 maggio la Corte
costituzionale ha dichiarato l’illegittimità di una norma del
Testo unico espropri.
Si tratta in particolare dell’articolo 53, comma 1, nella
parte in cui - si legge nella sentenza - devolvendo alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie relative a “i comportamenti delle pubbliche amministrazioni e dei soggetti ad esse equiparati”, non esclude i comportamenti non riconducibili, nemmeno mediatamente,
all’esercizio di un pubblico potere.
La sentenza della Consulta si inserisce nella stessa scia
già tracciata dalla Corte con la decisione n. 204/2004 con la
quale i giudici delle leggi avevano cassato una norma identi-
144
ca del Dlgs 80/1998. Anche la motivazione era analoga: è
conforme alla Costituzione la devoluzione alla giurisdizione
esclusiva del giudice amministrativo delle controversie relative a “comportamenti” (di impossessamento del bene altrui)
ma solo se collegati all’esercizio, pur se illegittimo, di un
pubblico potere.
Al contrario devono essere affidate al giudice ordinario
le questioni legate a risarcimenti per comportamenti posti in
essere in carenza di potere ovvero in via di mero fatto.
In altre parole se l’azione dell’amministrazione è legata a
un atto amministrativo, è frutto cioè dell’esercizio di un
potere allora il giudice resta quello della Pa (Tar e Consiglio
di Stato); quando invece è il frutto di un semplice comportamento (peraltro illegittimo) a decidere deve essere sempre il
giudice civile.
«Italia Casa»
Fisco
n. 5-6/2006
L’IMPOSTA DI SUCCESSIONE
È RETTIFICABILE
La dichiarazione effettuata si può ritrattare per qualsiasi errore
di Massimiliano Tasini
R
ettificabile la dichiarazione di successione, quale
che sia l’errore commesso. L’importante principio è
stato affermato dalla Suprema corte di cassazione
con la sentenza n. 11143 depositata in data 15 maggio 2006.
Il caso di specie
Alcuni eredi ricorrono contro gli avvisi di liquidazione
emessi dall’ufficio di Milano in seno all’Agenzia delle Entrate,
sostenendo che l’ufficio non ha tenuto conto delle dichiarazioni
presentate dai contribuenti successivamente a quelle originarie.
In sostanza, essi avevano provveduto a modificare i valori
dichiarati inizialmente riducendoli ma tale adempimento era
stato posto in essere dopo il termine perentorio di sei mesi statuito dall’art. 31 del dlgs. n. 346/90, sebbene prima della liquidazione delle imposte successorie.
Sia la Ctp di Milano che la Ctr di Milano accoglievano il
ricorso dei contribuenti rilevando la sussistenza di un errore
dichiarativo materiale incidente in modo sostanziale sul calcolo
dell’imposta principale, e altresì di un errore giuridico, perché
la base imponibile andava computata al netto delle passività la
cui deduzione era prevista per legge (il caso di specie riguarda
la determinazione del valore delle quote detenute in una
società); errori, questi, facilmente riscontrabili e riconoscibili
dalla dichiarazione, e come tali emendabili anche oltre i termini
di legge.
A tale conclusione si perviene anche tenuto conto del fatto
che gli eredi avevano presentato la dichiarazione successoria a
pochi mesi dalla scomparsa della madre, in un contesto di totale assenza di pertinenti informazioni e competenza e in mancanza di qualsiasi assistenza professionale.
Le regole del fisco
Nel ricorso per Cassazione, l’ufficio sostiene invece che
eventuali errori di fatto o di diritto potevano essere corretti in
via di ritrattazione solo presentando dichiarazione sostitutiva
con le modalità e nei termini previsti dalla legge, trascorsi i
quali ulteriori denunzie non potevano costituire base per la
determinazione dell’imponibile, che restava dunque quello irretrattabile fissato nella denunzia originaria.
In sostanza, quindi, il ricorso dell’A.f. si fonda sul criterio
dell’inemendabilità tout court della denuncia di successione
una volta che sia consumato il semestre tassativamente previsto
dalla legge per la sua presentazione.
La tesi della cassazione e i suoi risvolti pratici
Secondo i giudici della Cassazione, invece, la tesi del ministero non può essere accolta, poiché, anche nella materia che ci
occupa, trova applicazione il principio, affermato dalla stessa
Corte ma a sezioni unite nella sentenza 14088/2004 depositata
in data 27 luglio 2002, per il quale l’emendabilità, da parte del
contribuente, degli errori, anche non meramente materiali o di
calcolo, contenuti in dichiarazioni o, comunque, in atti dello
stesso contribuente costituenti il presupposto dell’imposizione
fiscale, «... è svincolata dai ristretti termini di legge quale
espressione di un principio generale del sistema tributario, atteso che la dichiarazione non ha valore confessorio ma solo di
scienza e sottostà ai principi costituzionali di capacità contributiva e di buon amministrazione, nonché a quelli di collaborazione e buona fede, che debbono improntare i rapporti tra contribuente e amministrazione finanziaria».
Ne consegue che la dichiarazione di successione, come ogni
altra dichiarazione fiscale, può essere ritrattata e modificata,
anche dopo la scadenza del termine fissate dal legislatore (nella
fattispecie, si tratta dell’art. 31 del dlgs. n. 346/1990), la cui
mancata osservanza potrà, semmai, comportare l’applicazione
delle sanzioni di cui agli artt. 50 e seguenti dello stesso decreto
legislativo, purché prima della notificazione dell’avviso di rettifica e liquidazione delle imposte successorie.
Si tratta, come è evidente, di affermazioni di assoluto rilievo, che estendono il principio della modificabilità della dichiarazione anche all’imposta di successione: un tema di grande
attualità, in vista delle possibili modifiche in cantiere in queste
settimane.
«ItaliaOggi»
145
Fisco
n. 5-6/ 2006
SANZIONI AGLI EREDI:
INTRASMISSIBILITÀ CONDIZIONATA
Il caso
I1 principio di intrasmissibilità delle sanzioni agli eredi di
cui all’art. 8 del processo tributario trova un limite nell’eventuale giudicato. È questa la posizione della Corte di cassazione
adottata con la sentenza 8 maggio 2006 n. 10543.
La fattispecie.
Un contribuente presentava per l’anno 1984 una dichiarazione Iva esponendo un’imposta non versata nei termini.
L’ufficio Iva di Torino, in sede di controllo della dichiarazione, irrogava una soprattassa, con apposito avviso, impugnato dal contribuente innanzi al giudice di primo grado, che però
rigettava il ricorso con sentenza passata in giudicato nel 1991.
Nel frattempo, il contribuente aveva pagato l’Iva, ma non le
sanzioni. Nello stesso contribuente muore e nel febbraio 1996
l’ufficio, tuttora creditore delle soprattasse, emette avviso di
liquidazione a carico degli eredi, che non lo impugnano.
In conseguenza, l’ufficio notifica cartella esattoriale e, successivamente, avviso di mora.
Quest’ultimo atto veniva impugnato da uno degli eredi, che
sosteneva il principio della intrasmissibilità delle sanzioni a
mente dell’art. 8 del dlgs n. 472/1997. Su tale ultima impugnazione, la Commissione tributaria provinciale respingeva il
ricorso, mentre la Commissione tributaria regionale lo accoglieva.
Il giudizio di cassazione.
La Corte tuttavia avalla la tesi del fisco. Viene al riguardo
evidenziato che il provvedimento a carico degli eredi si è reso
definitivo per la mancata impugnazione dell’avviso di liquidazione. Ne consegue l’inapplicabilità del principio del citato art.
8/472, «... dal momento che l’applicazione retroattiva trova un
limite nella eventuale definitività dell’irrogazione della sanzione».
La corte sulla trasmissibilità agli eredi.
La giurisprudenza della Cassazione in passato si è più volte
occupata della questione. Nella sentenza n. 8097 del 22 maggio
2003 è stato ritenuto che la regola della intrasmissibilità delle
sanzioni amministrative agli eredi è applicabile anche ai giudizi
in corso a[la data di entrata in vigore del decreto legislativo di
riforma del sistema sanzionatorio (1 aprile 1998), ai sensi dell’art. 25 del dlgs. n. 472/97. E, fin qui, nulla di nuovo.
La Corte prosegue però affermando che il principio della
intrasmissibilità opera indipendentemente dal fatto che la sanzione sia stata già irrogata con provvedimento definitivo, avendo il legislatore stabilito in modo chiaro e netto che il credito
dell’erario per sanzioni riferibile a persona fisica si estingue
con la morte dell’autore della violazione.
La sentenza non affronta però il problema della presenza di
un eventuale giudicato. Tale ultima questione è stata però
146
affrontata nella sentenza n. 2080 del 23 febbraio 2000, con la
quale la Corte ha stabilito che l’applicazione retroattiva dell’art. 8/472 incontra un limite nella eventuale definitività dell’irrogazione della sanzione.
Dunque, a distanza di sei anni i giudici del palazzaccio confermano l’esistenza di un importante limite alla tutela accordata
dal citato articolo 8.
Giudice tributario competente anche sul beneficio di inventario.
Il giudice tributario è chiamato a pronunciarsi anche sulla
spettanza del beneficio di inventario. È questo il principio statuito dalla Corte di cassazione con la sentenza 15 aprile 2005 n.
7792. In particolare, i giudici affermano che la giurisdizione
tributaria comprende anche l’individuazione del soggetto tenuto al versamento dell’imposta o dei limiti nei quali esso, per la
sua qualità, sia obbligato.
Ne consegue che nell’ipotesi in cui tra i debiti ereditari rientri un debito di imposta e l’erede abbia accettato l’eredità con
beneficio di inventario, spetta alle commissioni tributarie conoscere dell’impugnazione dell’avviso di liquidazione con cui
esso erede adduce l’esistenza di un limite di valore nella propria responsabilità per il debito fiscale ereditato.
Questo, osserva la Corte, anche per non privare il contribuente di una forma di tutela espressamente prevista dal legislatore.
Sulla notifica agli eredi fisco distratto.
Il fisco deve notificare gli atti tributari identificando con
chiarezza gli eredi. Lo ha stabilito la Corte di cassazione con la
sentenza 7 aprile 2006 n. 8272.
In motivazione, la Corte afferma che la notifica di un atto di
accertamento intestato al contribuente deceduto può essere
indirizzata collettivamente e impersonalmente agli eredi nell’ultimo domicilio del defunto, purché però gli stessi non
abbiano reso note le proprie generalità e il proprio domicilio
fiscale, ovvero che l’ufficio non fosse comunque a conoscenza
del decesso.
Nel caso di specie, osserva la Corte, l’atto di appello dell’ufficio avrebbe già dovuto contenere tutti i nominativi delle
parti nei cui confronti l’impugnazione veniva proposta, sebbene domiciliati presso un unico indirizzo. E, osservano i giudici,
l’ufficio ben conosceva le generalità e il domicilio fiscale dei
coeredi, atteso che essi avevano singolarmente firmato il ricorso
avverso gli avvisi di accertamento loro separatamente notificati.
Pertanto, in difetto di costituzione in giudizio sanante da
parte dei coeredi, il giudizio poteva proseguire solo nei confronti di uno degli eredi, che aveva invece provveduto a tale
adempimento.
«ItaliaOggi»
Fisco
n. 5-6/2006
ACCERTAMENTO ICI SOLO SE MOTIVATO
La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso di una società
cui era stato notificato il maggior tributo.
L’avviso è valido se provvisto di congrua giustificazione
di Debora Alberici
I
ci, l’avviso di accertamento è valido solo se congruamente
motivato. Infatti non può fondarsi su una transazione avvenuta fra contribuente e fisco in relazione ad altra imposta.
Lo ha stabilito la Corte di cassazione che, con la sentenza n.
15165 del 30 giugno 2006, ha accolto il ricorso di una società
cui era stata notificata la maggiore Ici con un avviso fondato su
parametri già usati dal fisco per un’altra imposta.
In altri termini, il comune non può motivare un avviso di
accertamento unicamente sulla base di un atto di transazione
intervenuta qualche tempo prima, in relazione ad altro tributo,
fra l’amministrazione finanziaria e il contribuente, senza
aggiungere nulla circa i parametri richiesti dalle norme sull’Ici
(dlgs 504 del 1992).
Infatti l’avviso deve necessariamente contenere le caratteristiche dell’area, la zona di ubicazione, l’indice di edificabilità, la destinazione d’uso consentita e gli oneri necessari ai fini
della costruzione del prezzo di mercato.
Tutto ciò perché, hanno scritto i giudici della sezione tributaria, «l’obbligo motivazionale dell’accertamento deve ritenersi
adempiuto tutte le volte che il contribuente sia stato messo in grado di conoscere la pretesa tributaria nei suoi elementi essenziali e
quindi di contestare efficacemente la misura dell’imposta».
Inoltre tale requisito esige, oltre alla puntualizzazione degli
estremi soggettivi e oggettivi della posizione creditoria dedotta,
anche soltanto l’indicazione di fatti astrattamente giustificativi
di essa, purché consentano di delimitare l’ambito delle ragioni
adducibili dall’ente impositore nell’eventuale successiva fase
contenziosa, restando, poi, affidate al giudizio di impugnazione
dell’atto le questioni riguardanti l’effettivo verificarsi dei fatti
stessi e la loro idoneità a dare sostegno alla pretesa impositiva.
Dunque, l’accertamento è legittimo nei casi in cui specifica
questi estremi del rapporto sostanziale. E tutto perché bisogna
tenere in debito conto l’esigenza del contribuente di conoscere
la pretesa tributaria per poterla efficacemente contrastare.
È quanto avvenuto a una società cui il comune di Caorle
aveva notificato un avviso di accertamento ai fini Ici rettificando il valore venale di un’area edificabile e rivalutando tale
valore sulla base degli indici Istat.
La società aveva subito impugnato l’atto ritenendo l’avviso
immotivato perché privo delle caratteristiche dell’area.
La commissione provinciale aveva accolto il ricorso. Quella
regionale aveva modificato il verdetto. Per questo l’impresa ha
adito i giudici di legittimità che hanno respinto il primo motivo,
a carattere procedurale, concernente la validità della notifica e
accolto i restanti quattro motivi tutti sollevati in relazione alla
insufficiente motivazione dell’accertamento.
PALETTI SULLA DICHIARAZIONE INTEGRATIVA
di Alba Mancini
L
a Cassazione fissa i paletti della dichiarazione integrativa. È legittima quando contiene un adeguamento della
dichiarazione originaria, constatata con processo verbale
della guardia di finanza, e non quando riporta una correzione di
acquisti in aumento o di errori contabili. Con questa interessante sentenza, la n. 15111 del 30 giugno 2006, la Suprema Corte
segna il confine fra un ravvedimento operoso valido e un mero
«rimescolamento delle carte». Respingendo il ricorso di un
contribuente al quale era stato notificato, dopo alcuni accertamenti delle fiamme gialle, un avviso di rettifica ai fini Iva nel
quale si contestava l’omessa annotazione di fatture, i giudici
della sezione tributaria hanno sposato la teoria dell’amministrazione finanziaria sui requisiti del ravvedimento operoso. Questa, in tutti e tre i gradi del giudizio, ha sostenuto che «l’ambito
applicativo del ravvedimento operoso deve intendersi come un
adeguamento della dichiarazione originaria a un volume di
affari maggiore o a un minore totale di acquisti, constatati con
processo verbale e non come una correzione di acquisti in
aumento o di errori contabili quali erano l’errato riporto di cre-
dito». Del tutto valida, secondo il Collegio, la decisione della
commissione tributaria regionale che, pure, aveva ritenuto illegittima la dichiarazione integrativa. Sono dunque illegittime,
hanno messo nero su bianco i giudici, le cosiddette «operazioni
di cosmesi contabile». Non è tutto. «Gli innumerevoli condoni
o sanatorie fiscali, che periodicamente allietano i nostri impuniti evasori», si legge nella sentenza di merito, «tendono all’unico scopo di porre termine alle controversie, incoraggiando
questi ultimi a versare una piccola parte di quanto dovuto,
venendo così incontro alle necessità di pronta cassa del fisco.
Se, al contrario, fosse consentito rimescolare semplicemente le
carte, senza nulla versare nelle esauste casse dell’erario, questo
vedrebbe a frustrare le sue aspettative». L’ambito applicativo
del ravvedimento operoso deve intendersi come adeguamento
della dichiarazione originaria a un volume di affari maggiore o
a un minore totale di acquisti, e non come una correzione indicante fatture di maggiori acquisti. Sulla base di queste considerazioni il ricorso in Cassazione è stato integralmente respinto.
«ItaliaOggi»
147
Fisco
n. 5-6/ 2006
COMPRAVENDITA TRA PRIVATI:
È OBBLIGATORIO SPECIFICARE
I MODI DI PAGAMENTO
di Marcello Claudio Lupetti
I
l Dl 4 luglio 2006, n. 223 (meglio conosciuto come decreto “Bersani”) convertito nella legge 4 agosto 2006, n. 248,
oltre ad avere pesantemente inciso sul regime di tassazione delle compravendite, ha disposto per le vendite di immobili l’obbligo di ricevimento da parte del notaio di una serie di
dichiarazioni, rese nella forma della cosiddetta «dichiarazione
sostitutiva di atto notorio», prevista dal Dpr n. 445/2000 al
fine di combattere il fenomeno dell’evasione fiscale.
L’indicazione analitica delle modalità di pagamento del
prezzo. L’articolo 35, comma 22, del suddetto Dl stabilisce,
innanzitutto, che all’atto della cessione dell’immobile le parti
hanno l’obbligo di rendere apposita dichiarazione sostitutiva
di atto di notorietà recante l’indicazione analitica delle modalità di pagamento del corrispettivo. Questo significa che
occorrerà indicare nel rogito tutti quegli elementi che possano
servire a “rintracciare” il pagamento effettuato.
E così occorrerà innanzitutto precisare se il pagamento è
avvenuto in contanti oppure con assegno o bonifico. È bene al
riguardo precisare che l’attuale normativa antiriciclaggio consente il pagamento in contanti solo se la somma pagata non
ecceda i 12.500 euro, a pena dell’applicazione di una sanzione pecuniaria di importo compreso tra l’1% e il 40% dell’importo versato. In caso di pagamento in contanti bisogna inoltre fare attenzione a che i pagamenti effettuati in precedenza
(ad esempio a titolo di caparra confirmatoria o acconto prezzo, nel caso sia stato stipulato un preliminare di vendita) sommati a quello effettuato a saldo non portino allo sconfinamento del limite dei 12.500 euro.
Riguardo, invece, agli assegni (ad esempio, bancari),
dovendosi effettuare una indicazione “analitica” dello strumento di pagamento adottato, sarà opportuno indicare il soggetto emittente (che sarà la banca in caso di assegno circolare), la banca trattaria, il numero dell’assegno, la data di emissione, l’importo, il soggetto a favore del quale l’assegno è stato emesso e se vi sia la clausola di non trasferibilità (obbligatoria oltre i 12.500 euro).
È bene altresì precisare che l’articolo 35, comma 22, sopra
citato, non riguarda solo i pagamenti effettuati a saldo in sede
di vendita ma anche quelli effettuati anteriormente a titolo di
acconto o di caparra confirmatoria. Ciò vuol dire che nell’atto
occorrerà menzionare anche i pagamenti in precedenza effettuati. Problemi comporta, a questo riguardo, la questione —
peraltro frequente nella pratica — se per i pagamenti effettuati prima del vigore della norma in questione occorra la menzione analitica in atto delle modalità di pagamento del prezzo.
In mancanza di precise indicazioni da parte del Fisco, è più
prudente effettuare questa menzione, anche se la soluzione
negativa pare preferibile, considerato che non si può oggi
addossare al contribuente un simile obbligo per attività compiute nel vigore di un precedente regime normativo.
148
Nel caso in cui, invece, l’acquirente abbia assunto in sede
di rogito l’obbligazione di pagare il prezzo entro un certo termine o in via dilazionata, l’obbligo in questione non sussiste.
La dichiarazione sul mediatore. Sempre con la forma
della “dichiarazione sostitutiva di atto notorio” ciascuna delle
parti ha poi l’obbligo di dichiarare se si sia avvalsa di un
mediatore; nell’ipotesi affermativa, ha l’obbligo di dichiarare
l’ammontare della spesa sostenuta per la mediazione, le analitiche modalità di pagamento della stessa, con l’indicazione
del numero di partita Iva o del codice fiscale dell’agente
immobiliare.
Si noti come la norma si riferisca ai soli agenti immobiliari e non anche ad altri mediatori (quali quelli creditizi), la cui
opera viene peraltro spesso richiesta dalle parti al fine del
reperimento del finanziamento più vantaggioso.
Le sanzioni. In caso di omessa, incompleta o mendace
indicazione dei dati sopra citati si applica la sanzione amministrativa da euro 500 a euro 10.000 e, ai fini dell’imposta di
registro, i beni trasferiti sono assoggettati ad accertamento di
valore ai sensi dell’articolo 52, comma 1, del Dpr 26 aprile
1986 n. 131.
È bene, inoltre, ricordare che in caso di dichiarazioni false
o reticenti si applica la sanzione penale prevista per la falsità
ideologica commessa da privato in atto pubblico, vale a dire
la reclusione fino a due anni, ai sensi dell’articolo 483 del
Codice penale.
La preclusione dell’accertamento di maggior valore
nelle compravendite tra privati. A seguito del decreto “Bersani” mantengono oggi una certa appetibilità le compravendite concluse tra privati (nel senso di «persone fisiche che non
agiscano nell’esercizio di attività commerciali, artistiche o
professionali»), aventi a oggetto case di abitazione, per le
quali è possibile precludere al fisco l’accertamento di maggior valore del bene oggetto di vendita (cioè evitare che l’agenzia delle Entrate possa pretendere la tassazione del trasferimento sulla base non del prezzo dichiarato in atto, ma del
supposto maggior valore del bene ceduto), cosa che non è più
possibile: 1) nelle compravendite tra privati aventi a oggetto
beni diversi dalle abitazioni (ad esempio uffici, negozi o terreni agricoli); 2) nelle compravendite di abitazioni che abbiano quale venditore o acquirente un soggetto diverso da una
persona fisica non esercente un’attività di impresa, arte o professione (si pensi ad esempio ad un’abitazione venduta da un
privato a una società); 3) nelle compravendite poste in essere,
come venditore, da un soggetto Iva (ad esempio le vendite
poste in essere da un’impresa di costruzioni).
Più in particolare l’articolo 35, comma 23-ter, del Dl
223/2006 ha aggiunto all’articolo 52 del Testo unico delle
disposizioni concernenti l’imposta di registro, dopo il comma
5, il comma 5-bis che così recita: «Le disposizioni dei commi
4 e 5 non si applicano relativamente alle cessioni di immobili
Fisco
n. 5-6/2006
e relative pertinenze diverse da quelle disciplinate dall’articolo 1, comma 497, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, e successive modificazioni».
Occorre peraltro precisare che se è vero che per le cessioni
in esame è inibito il potere accertatore del Fisco, è anche vero
che l’articolo 35, comma 22, del Dl 223/2006, sopra citato,
stabilisce che in caso di omessa, incompleta o mendace indicazione delle modalità di pagamento del prezzo o della presenza o meno di un mediatore e delle relative modalità di
pagamento delle provvigioni (e, più in generale dei dati sopra
elencati), ai fini dell’imposta di registro, i beni trasferiti sono
assoggettati ad accertamento di valore.
Possibilità di avvalersi del “prezzo-valore”. Per le sole
compravendite tra privati aventi a oggetto immobili a uso abitativo (e relative pertinenze) è possibile inoltre - ai sensi dell’articolo 1, comma 497, della legge 23 dicembre 2005, n.
266 - richiedere al notaio la tassazione dell’atto sul cosiddetto
“valore catastale” dell’immobile anziché sul prezzo di vendita. Per avvalersi di questa disciplina occorrerà indicare nell’atto l’effettivo corrispettivo pattuito per la cessione.
Questo criterio “agevolato” di determinazione della base
imponibile, tuttavia, viene meno nell’ipotesi in cui le parti
occultino, anche in parte, il corrispettivo effettivamente pattuito e lo dichiarino nell’atto in misura inferiore. In questo
caso, le parti dovranno corrispondere le imposte calcolate sull’intero corrispettivo effettivamente pattuito, con applicazione
della sanzione amministrativa dal cinquanta al cento per cento
della differenza tra l’imposta dovuta e quella già applicata in
base al corrispettivo dichiarato, detratto l’importo della sanzione eventualmente irrogata ai sensi dell’articolo 71, Dpr n.
131 del 1986.
Decorrenza delle nuove norme. Come precisato nella
circolare 28/E del 4 agosto 2005, le disposizioni di cui ai
commi 21 e 22 dell’articolo 35 del Dl 223/2006 trovano
applicazione per gli atti pubblici formati e le scritture private
autenticate a decorrere dal secondo giorno successivo alla
pubblicazione nella «Gazzetta Ufficiale» del decreto, cioè dal
6 luglio 2006, come disposto dal comma 23 dell’articolo 35
del suddetto decreto.
«Il Sole 24Ore»
LE NOVITÀ FISCALI SULLE DONAZIONI
E SUI BENI RICEVUTI IN EREDITÀ
di Angelo Busani
C
on il Dl 3 ottobre 2006, n. 262 è stata reintrodotta la tassazione di donazioni e successioni mortis causa ed è
stato disposto di applicare a questi trasferimenti l’imposta di registro. Lo stesso provvedimento ha incrementato le
imposte ipotecaria e catastale dovute per i trasferimenti immobiliari per donazione e successione a causa di morte e introdotta la tassazione dei trust e dei vincoli di destinazione, parificati
alle donazioni.
Donazioni. Alle donazioni si applica l’imposta di registro e,
nel caso di immobili, le imposte ipotecaria e catastale; le aliquote sono state differenziate come segue.
- Coniuge e parenti in linea retta: non si applica imposta di
registro (ma solo imposta ipotecaria e catastale) nel caso di
donazioni aventi ad oggetto beni immobili. Se si tratta di beni
diversi dagli immobili, al coniuge e ai parenti in linea retta si
applica l’aliquota del 4% con la franchigia di 100mila euro.
- Parenti fino al quarto grado, affini in linea retta e affini in
linea collaterale fino al terzo grado: l’aliquota dell’imposta di
registro è del 2% se la donazione ha ad oggetto beni immobili e
del 6% se la donazione ha ad oggetto beni diversi dagli immobili.
- Altri soggetti: l’aliquota dell’imposta di registro è del 4%
se la donazione ha ad oggetto beni immobili e dell’8% se la
donazione ha ad oggetto beni diversi dagli immobili.
Le imposte ipotecaria e catastale si applicano, di regola, con
le aliquote, rispettivamente, del 3% e dell’1%. Ci sono però
regole particolari se la donazione è disposta a favore del coniuge e dei parenti in linea retta: in questo caso, infatti, se il donatario ha i requisiti per l’acquisto della «prima casa», le imposte
ipotecaria e catastale sono dovute nella misura fissa di 168 euro
cadauna; qualora tuttavia il bene donato abbia un valore superiore a 180mila euro, per la parte di valore eccedente questa
soglia si applicano le aliquote del 3% (per imposta ipotecaria) e
dell’1% (per imposta catastale).
Le successioni a causa di morte. Anche ai trasferimenti
per successione a causa di morte si deve applicare l’imposta di
registro e, nel caso di immobili, le imposte ipotecaria e catastale. Le aliquote sono differenziate per grado di parentela dei
successori (eredi o legatari).
- Coniuge e i parenti in linea retta: non si applica imposta di
registro (ma solo imposta ipotecaria e catastale) nel caso di successione avente ad oggetto beni immobili. Se invece si tratta di
beni diversi dagli immobili, al coniuge e ai parenti in linea retta
si applica l’aliquota del 4% con la franchigia di 100mila euro.
- I parenti fino al quarto grado, gli affini in linea retta e gli
affini in linea collaterale fino al terzo grado: l’aliquota dell’imposta di registro è del 2% se la successione ha ad oggetto
beni immobili e del 6% se la donazione ha ad oggetto beni
diversi dagli immobili.
- Altri soggetti: l’aliquota dell’imposta di registro è del 4%
se ha ad oggetto beni immobili e dell’8% se ha ad oggetto beni
diversi dagli immobili. Le imposte ipotecaria e catastale si
applicano, di regola, con le aliquote, rispettivamente, del 3% e
dell’1%. Anche in questo caso sono previste regole particolari
se la successione è a favore del coniuge e dei parenti in linea
retta; in questo caso, infatti, se la successione concerne l’abitazione «principale» del defunto, le imposte ipotecaria e catastale
149
Fisco
sono dovute nella misura fissa di 168 euro cadauna; qualora,
tuttavia, il bene donato abbia un valore superiore a 250mila
euro, per la parte di valore eccedente questa soglia si applicano
le aliquote del 3% (ipotecaria) e dell’1% (catastale).
I beni oggetto di tassazione in donazione.
L’imposta di registro si applica solo se il trasferimento gratuito ha ad oggetto: immobili (ai quali, tuttavia, se donatari siano il coniuge o i parenti in linea retta, non si applica l’imposta
di registro, ma solo le imposte ipotecaria e catastale), aziende,
azioni e altre quote di partecipazione al capitale sociale, obbligazioni, altri titoli (esclusi quelli del debito pubblico) e anche,
a differenza delle successioni mortis causa, il denaro.
L’imposta di donazione non si applica invece ai crediti, alle
quote di fondo comune di investimento, ai beni mobili in genere e quindi alle automobili, ai natanti, agli aeromobili, ai gioielli, al mobilio.
Successione a causa di morte.
In passato, la tassazione delle successioni concerneva l’intero patrimonio del defunto, comunque fosse composto. La
nuova disciplina, invece, dispone l’applicazione dell’imposta di
registro solo per il trasferimento a causa di morte dei beni
immobili (ai quali, tuttavia, se eredi siano il coniuge o i parenti
in linea retta, non si applica l’imposta di registro, ma solo le
imposte ipotecaria e catastale), aziende, azioni, obbligazioni,
altri titoli e quote sociali. Non sono pertanto oggetto di imposizione i trasferimenti mortis causa dei titoli di Stato, dei crediti
(ad esempio quelli verso la banca per il saldo attivo del conto
corrente), del denaro, dei beni mobili in genere (ad esempio, il
mobilio e i gioielli).
Tra i crediti vanno considerate anche le quote di fondi
comuni di investimento. Non essendo tassati i crediti, non c’è
più il “congelamento” dei conti correnti bancari in attesa della
dimostrazione al debitore (la banca) del pagamento del carico
fiscale dovuto dagli eredi.
Dato che la nuova tassazione delle successioni non concerne più l’intero patrimonio del defunto, ma solo la trasmissione
di determinati beni, dal valore delle attività trasferite non devono più essere scomputate le passività del defunto: pertanto, a
parte il caso della
trasmissione di un
complesso aziendale
(tassato che per
quella parte del valore dell’attivo che
eccede il valore delle
passività dell’imprenditore), non è
più possibile, ad
esempio, come accadeva in passato,
defalcare dal valore
dell’immobile oggetto di successione il
debito derivante dal
mutuo
ipotecario
contratto dal defunto
per acquistarlo.
150
n. 5-6/ 2006
La base imponibile.
Sia per le successioni mortis causa che per le donazioni i
valori cui applicare le nuove aliquote d’imposta, sono i seguenti:
a)per gli immobili valgono le rendite catastali aggiornate
con i noti moltiplicatori (fatta eccezione per le aree edificabili e
per i fabbricati privi di rendita catastale, casi nei quali si deve
far riferimento al valore di mercato del bene);
b) per azioni e titoli quotati si fanno fede i listini di borsa;
c) per le partecipazioni non quotate ci si basa sul valore del
patrimonio netto, non considerando l’avviamento;
d) per le aziende gestite in forma individuale ci si riferisce
al netto patrimoniale senza tassare anche l’avviamento.
Trust e vincoli di destinazione.
Nella reintroduzione della tassazione sui trasferimenti gratuiti, il legislatore non perde l’occasione per dedicare esplicita
attenzione anche ai trust e ai nuovi atti di destinazione (articolo
2645-ter del Codice civile, di recente introduzione) e dispone
che ad essi si applica lo stesso trattamento delle donazioni,
penalizzando quindi fortemente questi istituti.
Il trasferimento della «prima casa».
Una novità di rilievo è costituita dal trasferimento per donazione e successione delle case di abitazione e, in particolare,
della «prima casa» e dell’abitazione principale del defunto.
Per le imposte ipotecaria e catastale si sottolinea che:
a) nella donazione, la titolarità dei requisiti “prima casa” è
rilevante solo per il coniuge e per i parenti in linea retta, tutti gli
altri soggetti pagano in ogni caso la nuova complessiva aliquota
del 4%; ebbene, avere i requisiti «prima casa» consente il pagamento dell’imposta fissa di 168 euro, se il valore imponibile non
oltrepassa la soglia dei 180mila euro; per la parte eccedente si
sconta invece l’imposta ipocatastale con la complessiva aliquota
del 4%;
b) nella successione, la titolarità dei requisiti «prima casa» in
capo agli eredi non è più rilevante per l’abbattimento del carico
fiscale; diventa invece rilevante il concetto di «abitazione principale del defunto» perché, se tale casa è oggetto di successione, l’erede
o il legatario che siano anche coniuge o parenti in linea retta del
defunto scontano solo l’imposta fissa se il valore della casa non
supera i 250mila euro
mentre sono tassati
con la complessiva
aliquota del 4% per il
valore che eccede
questa soglia; tutti gli
altri soggetti diversi
dal coniuge e dai
parenti in linea retta
scontano invece la
nuova aliquota del
4% per cento sull’intero valore dell’abitazione principale del
defunto trasferita per
successione.
«Il Sole 24Ore»
n. 5-6/2006
Fisco
IL TRATTAMENTO FISCALE DEGLI IMMOBILI
ADIBITI AD ATTIVITÀ PROFESSIONALE
di Lorenzo Savorelli
S
i propone di seguito un inquadramento sistematico del
regime fiscale degli immobili adibiti ad attività professionale separando, per chiarezza espositiva e per
riferimento ai diversi ambiti normativi, fra trattamento ai
fini delle imposte dirette (IRPEF) e ai fini IVA
Imposte dirette (IRPEF)
Preliminarmente si osserva che sono beni immobili strumentali quelli effettivamente utilizzati dal professionista per
l’esercizio dell’attività. Non rileva la natura dell’immobile e
quindi la categoria catastale dello stesso: perciò può essere
ritenuto strumentale, se effettivamente utilizzato come tale,
anche un immobile di categoria catastale diversa da quella
A/10 (uffici).
Ai fini della presente trattazione si ritiene opportuno esaminare separatamente la disciplina concernente gli immobili
utilizzati esclusivamente per l’attività da quelli ad uso promiscuo (cioè utilizzati anche per uso personale o familiare).
1) Uso esclusivamente strumentale dell’immobile (articolo 54, comma 2, D.P.R. 917/86 e D.L. 90/90): si distingue a
tale proposito tra immobili in proprietà, immobili utilizzati .
in base ad un contratto di leasing e, infine, immobili utilizzati a mezzo di apposito contratto di locazione. Relativamente
alle prime due fatti specie, per verificare la deducibilità degli
ammortamenti, dei canoni e delle spese inerenti gli immobili
(interessi passivi per mutui ipotecari, spese condominiali,
manutenzioni ordinarie, utenze, ecc.), è necessario fare riferimento alla data di acquisto o di fine costruzione dell’immobile, ovvero alla data di stipula del contratto di leasing.
Va rilevato che in entrambi i casi (immobili in proprietà e
immobili in leasing) le spese di ammodernamento, di ristrutturazione e di manutenzione straordinaria sono deducibili in
quote costanti nell’esercizio in cui sono sostenute e nei 4
successivi, a prescindere dalla data di acquisto dell’immobile
o di stipula del contratto di leasing. (come da prospetti)
Immobili in locazione: sono integralmente deducibili sia i
canoni di locazione che le relative spese, secondo il criterio
di cassa (il costo viene dedotto nell’esercizio in cui viene
sostenuto).
2) Uso promiscuo dell’immobile (articolo 54, comma 3,
D.P.R. 917/86). La deduzione è ammessa a condizione che il
professionista non disponga, nello stesso comune, di un altro
immobile adibito esclusivamente all’esercizio dell’arte o
professione.
Per gli immobili in proprietà o in leasing la deducibilità è
pari al 50% della rendita catastale; non sono invece deducibili le quote di ammortamento o i canoni di leasing.
Per gli immobili in locazione è possibile dedurre il 50%
del canone pagato.
Nella stessa misura del 50% sono deducibili le relative
spese (condominiali, manutenzioni ordinarie, utenze, ecc.),
nonché le spese relative all’ammodernamento, ristrutturazione e manutenzione straordinaria, in quote costanti nell’esercizio in cui sono sostenute e nei 4 successivi.
Imposte indirette (IVA)
Si analizzano ora, qui di seguito, gli aspetti legati alla
possibilità di detrazione dell’IVA da parte del professionista.
1) Uso esclusivamente strumentale dell’immobile:
- Acquisto di immobile in proprietà, in leasing o utilizzato
tramite contratto di locazione: l’IVA addebitata risulta detraibile solamente se il fabbricato non è a destinazione abitativa
(art. 19-bis 1, lettera i DPR 633/1972); tale destinazione ha
rilevanza oggettiva e, quindi, deve trattarsi di unità immobiliari classificate o classificabili in categorie diverse da quelle
da A/1 ad A/11, escluse quelle in A/10 (uffici e studi privati).
In pratica, il professionista che intenda detrarre l’IVA
relativa all’acquisto o locazione (finanziaria e non) dell’immobile, lo stesso dovrà accertarsi che sia catastalmente classificato come categoria A/10.
Nel caso in cui l’immobile sia acquistato, anche in leasing, in comunione o in comproprietà con soggetti non pro-
151
Fisco
fessionisti, la detrazione dell’IVA è consentita limitatamente
alla quota imputabile all’acquisto effettuato nell’esercizio
della professione, nel limite della sua quota di proprietà, (es.
immobile accatastato A/10, adibito integralmente all’esercizio della professione, acquistato in comunione con il coniuge
non professionista: PIVA risulta detraibile nella misura del
50%).
- Spese relative all’immobile: l’IVA addebitata in fattura
(es. fatture utenze telefoniche, energia elettrica, acqua, gas) è
interamente detraibile in quanto l’immobile è utilizzato
esclusivamente per l’attività professionale.
2) Uso promiscuo dell’immobile:
- Acquisto di immobile in proprietà, in leasing o utilizzato
tramite contratto di locazione: valgono le stesse considerazioni effettuate al punto 1), quindi l’IVA pagata per l’acquisto, la locazione (finanziaria e non) dell’abitazione - qualora
adibita in parte anche all’esercizio della professione - non
risulta detraibile. Se l’immobile è accatastato A/10, e lo stesso è utilizzato, in parte, per fini privati o comunque estranei
all’esercizio dell’arte o della professione, l’IVA risulta
detraibile per la sola quota imputabile alle operazioni che
danno diritto alla detrazione e l’ammontare detraibile deve
essere determinato secondo criteri oggettivi, coerenti con la
natura dell’immobile acquistato o detenuto in locazione (articolo 19, comma 4, D.P.R. 633/1972). Ad esempio, se il professionista acquista un immobile accatastato A/10 e dello
stesso ne utilizza una superficie pari al 70% (calcolato, ad
esempio, rapportando i metri quadrati di stanze utilizzate
come studio professionale sul totale dell’immobile, comprese
le parti comuni) a fini privati o comunque estranei all’esercizio della professione, PIVA sarà detraibile nella misura del
30%.
- Spese relative all’immobile: le considerazioni che
seguono valgono per le spese relative all’utilizzo promiscuo
di immobili abitativi e non. Il criterio da seguire per la
detraibilità dell’IVA di tali spese è il medesimo indicato al
paragrafo precedente. Per poter detrarre l’IVA, il professionista deve quindi fare riferimento a criteri oggettivi, coerenti
con la natura dei beni e servizi acquistati. A tale proposito,
l’Amministrazione finanziaria ha ritenuto corretto (Circolare
Agenzia Entrate 24 dicembre 1997, n. 328/E), nel caso della
ripartizione delle spese di riscaldamento di un fabbricato ad
uso promiscuo, il criterio della cubatura dei locali utilizzati
per l’attività professionale rispetto a quella totale dei locali.
Si segnala inoltre che per le utenze (energia elettrica, telefono, ecc.) l’Amministrazione finanziaria (nel corso di Telefisco 1998) ha precisato, sia pure in termini non categorici e
senz’altro opinabili, che la detraibilità dell’IVA è comunque
subordinata all’esistenza di un contratto stipulato a fini
commerciali o professionali, in quanto il contratto ad uso privato (family) esclude “di per sé la detrazione per la scelta
obiettiva fatta all’atto della stipulazione”.
152
n. 5-6/ 2006
In merito alla detraibilità dell’IVA sugli immobili abitativi, si evidenzia peraltro una sentenza della Corte di Giustizia
UE - sentenza nella causa C-25/03 depositata il 21 aprile
2005 - che potrebbe avere futuri riflessi sulla normativa italiana.
Il soggetto interessato è un professionista tedesco che ha
acquistato, in comunione con il coniuge, un terreno sul quale
ha costruito, in comproprietà, un edificio ad uso abitativo; il
marito esercita un’attività professionale utilizzando in modo
esclusivo un locale nell’edificio di proprietà comune.
A fronte di una controversia tra il contribuente e l’Amministrazione finanziaria tedesca, giunta fino al banco della
Corte di Giustizia, quest’ultima ha stabilito che la VI Direttiva Comunitaria IVA consente il diritto alla detrazione dell’imposta a un soggetto che acquistando o facendo costruire
un edificio con finalità abitativa, ne utilizzi parte quale ufficio ai fini dell’esercizio di un’attività d’impresa o di lavoro
autonomo. Inoltre, nel caso in cui l’acquisto dell’immobile
sia effettuato da una comunione tra coniugi che non esercitino insieme un’attività di impresa o di lavoro autonomo, il
diritto alla detrazione deve essere riconosciuto individualmente a ciascun comproprietario, qualora soggetto passivo
d’imposta.
Sul limite della detrazione la Corte fissa il seguente altro
importante principio: al comproprietario di un bene, utilizzato promiscuamente per attività di lavoro autonomo e privata,
spetta il diritto alla detrazione calcolato sul minore importo
tra la percentuale di utilizzo del bene per l’attività di lavoro
autonomo e la quota di comproprietà.
Conclusioni
Da quanto sopra esposto si evince che non vi è affatto
uniformità normativa nel trattamento fiscale degli. immobili
dei professionisti. Ad esempio, se ai fini delle imposte dirette
l’acquisto dell’immobile, accatastato A/10, non permette la
deduzione del relativo costo, ai fini IVA l’imposta assolta
risulta integralmente recuperabile.
Addirittura più problematico appare il confronto del trattamento delle spese relative all’utilizzo degli immobili utilizzati promiscuamente anche per fini privati.
Infatti se ai fini delle imposte dirette esiste un criterio forfetario di deducibilità (50%), in materia di IVA occorre fare
riferimento a criteri oggettivi in relazione alla natura della
spesa, con il rischio concreto che tali criteri, se non adeguatamente supportati, possano venir messi in discussione dall’Amministrazione finanziaria.
L’auspicio è che si pervenga ad un quadro normativo di
riferimento meno ambiguo, fornendo ai professionisti più
certezze, soprattutto per quanto riguarda il trattamento degli
immobili ad uso promiscuo.
«Prospettive Geometri»
Fisco
n. 5-6/2006
RIPRISTINATA L’IMPOSTA DI SUCCESSIONE
CON UN NUOVO NOME
Ritornano in auge imposte che sembravano definitivamente eliminate
di Tiziano Fior
S
ono tornate le imposte di successione e di donazione
anche se cambiano nome rispetto al passato, con buona
pace della franchigia di 500 mila euro sbandierato da
Prodi in campagna elettorale.
Il decreto legge del 3 ottobre 2006 n. 262 collegato alla
Finanziaria 2007 predisposto da Visco prevede che l’imposta
di successione e donazione si applicherà in modo indiscriminato senza eccezione alcuna.
Dal 3 ottobre per gli atti di liberalità e per i trasferimenti
per causa di morte, è dovuta l’imposta di registro e nel caso
di presenza di immobili, sono dovute anche le imposte ipocatastali.
Con riguardo agli obblighi dichiarativi permane quanto
già previgente: gli eredi avranno 12 mesi di tempo per
dichiarare la successione.
Da questa restaurazione sono esentati solo le donazioni e
le successioni a favore del coniuge per il quale non è prevista
l’imposta di registro da pagare.
Questo il contenuto dell’art. 6 del decreto legge che sotto
la titolazione “Disposizioni in materia d’imposte ipotecaria e
catastale e di registro” reintroducono la tassazione di donazione e successioni.
Rispetto al passato quindi, si è preferito non reintrodurre i
vecchi tributi (imposta sulle successioni e tassazioni) ma
assoggettare tali situazioni alle già esistenti imposte di registro e anche ipotecarie e catastali.
Imposta di registro.
Gli eredi entro 12 mesi dall’apertura della successione
dovranno presentare la dichiarazione dei trasferimenti per
causa di morte. Analoga scadenza è prevista anche per il
pagamento dell’imposta di registro dovuta su tali trasferimenti.
Le misure sono variegate in base alla qualifica dell’erede
e ai beni oggetto di successione tra cui sono compresi sia gli
immobili sia le aziende, le azioni e le obbligazioni, le quote
sociali, gli altri titoli e il contante. Il coniuge è l’unico ad
usufruire di un trattamento di favore per le successioni e le
donazioni d’immobili. L’agevolazione si ottiene ereditando o
ricevendo per atto di liberalità altri beni immobili, qualora
questi non superino un valore di 100 mila euro. Nell’ipotesi
di prima casa donata al coniuge, questa sconta imposte di
registro per il valore superiore a 180 mila euro.
Ipotecarie e catastali.
Nel caso di successione del coniuge - per qualsiasi tipo di
immobile - le imposte ipocatastali sono dovute se il valore
supera i 250 mila euro mentre per valori superiori la tassazione si attesta al 3%. Per i soggetti diversi dal coniuge o dai
parenti in linea retta le ipo-catastali sono sempre dovute nella
misura del 3%. Di seguito proviamo a riepilogare la casistica
con alcune tabelle.
«Dimensione Geometra»
153
Fisco
n. 5-6/ 2006
IVA NELL’EDILIZIA DAL 4.7.2006
di Bruno Guarnieri
Vendita costruzioni edili
Iva 4%
Cessione di unità immobiliari abitative non di lusso ex
Dm 2/8/69 (anche se non ultimate) rientranti nel concetto
di “Prima casa” (anche se il fabbricato non rispetta le proporzioni fissate dalla legge Tupini):
purché il venditore sia:
- l’impresa che ha costruito o fatto costruire l’immobile di
civile abitazione (art. 10 n. 8-bis D.P.R. 633/72);
- l’impresa che ha eseguito o fatto eseguire interventi di
recupero ex art. 31 co. 1 lett. c), d), e) Legge. 457/78; (art. 10
n. 8-bis D.P.R. 633/72);
- l’immobile sia un fabbricato o porzione di fabbricato la
cui costruzione od intervento di recupero (es. ristrutturazione
edilizia) è stato ultimato non oltre quattro anni prima della
data di cessione e purché l’acquirente persona fisica privato
dichiari:
- che l’immobile è ubicato nel Comune in cui l’acquirente
ha o intende stabilire entro diciotto mesi dal rogito la propria
residenza (o se diverso, in quello in cui l’acquirente svolge la
propria attività). La dichiarazione di voler stabilire la residenza in quel Comune deve essere resa obbligatoriamente
all’atto di acquisto, ma può essere fatta anche nel contratto
preliminare, con riferimento comunque alla situazione che vi
sarà alla data del rogito;
- di non essere titolare esclusivo o in comunione col
coniuge dei diritti di proprietà, usufrutto, uso e abitazione di
altra casa di abitazione nel territorio del Comune in cui è
situato l’immobile da acquistare;
- di non essere titolare, neppure per quote, anche in regime
di comunione legale su tutto il territorio nazionale dei diritti
di proprietà, usufrutto, uso, abitazione e nuda proprietà su
altra casa di abitazione acquistata dallo stesso soggetto o dal
coniuge con le agevolazioni “prima casa” a partire dalla L.
168/92 (nota II-bis all’art. 1 TAR. parte la del D.P.R. 131/86).
Sono comprese nell’agevolazione le pertinenze (limitatamente a una per ciascuna categoria) classificate C/2, C/6
(garage), C/7 che siano a servizio dell’abitazione. Nel caso in
cui l’acquirente trasferisca l’immobile nei 5 anni successivi
(qualora entro 1 anno non acquisti altro immobile da adibire a
propria abitazione principale) dovrà pagare le imposte in
misura ordinaria + 30% sanzione + interessi di mora. (tab. A
parte II n. 21).
È agevolato anche l’acquisto della sola nuda proprietà o
diritti di godimento del fabbricato, purché sussistano i requisiti di cui sopra.
Cessione di abitazioni rurali purché cedute dal costruttore (anche se non ultimate) (tab. A parte II n. 21-bis) (nel
rispetto delle condizioni di cui all’art. 9 comma 3 lettere c) ed
e) D.L. 557/93) entro quattro anni dalla ultimazione dei lavori.
Iva 10%
Cessione di unità immobiliari abitative non di lusso ex
Dm 2/8/69 non rientranti nel concetto di “Prima Casa”
(cioè qualora non ricorrano le condizioni di cui alla nota IIª-bis
154
all’art. 1 TAR. parte la del D.P.R. 131/86) (anche se il fabbricato non rispetta le proporzioni fissate dalla legge Tupini)
(tab. A parte III n. 127-undecies), purché cedute da:
l’impresa che ha costruito o fatto costruire l’immobile di
civile abitazione (art. 10 n. 8-bis DPR 633/72)
l’impresa che ha eseguito o fatto eseguire interventi di
recupero ex art. 31 co. 1 lett. c), d), e) Legge. 457/78; (art. 10
n. 8-bis D.P.R. 633/72);
c) l’immobile è un fabbricato o porzione di fabbricato la
cui costruzione od intervento di recupero (es. ristrutturazione
edilizia) è stato ultimato non oltre quattro anni prima della
data di cessione.
Cessione di fabbricati diversi dalle abitazioni su cui
sono stati eseguiti interventi di recupero ex art. 31 lett. c),
d), e), l. 457/78 purché ceduti dal costruttore (fabbricati su
cui si è effettuato un restauro, risanamento conservativo,
ristrutturazione edilizia e urbanistica) (interventi pertanto diversi da manutenzione ordinaria e straordinaria) (tab.
A parte III n. 127-qinquiesdecies):
a) entro quattro anni dalla data di ultimazione dei lavori;
b) effettuate nei confronti di cessionari soggetti passivi
d’imposta che svolgono in via esclusiva o prevalente attività
che conferiscono il diritto alla detrazione d’imposta in percentuale pari od inferiore al 25%;
c) effettuate nei confronti di cessionari che non agiscono
nell’esercizio di impresa, arti o professioni;
d) effettuate oltre quattro anni dalla data di ultimazione
dei lavori, non rientranti nei casi sub b) e c) per le quali nel
relativo atto il cedente abbia espressamente manifestato l’opzione per l’imposizione.
Cessione unità immobiliari diverse dalle abitazioni, facenti parte di edifici aventi le caratteristiche fissate dalla
legge Tupini (es. negozi e uffici) purché ceduti dal costruttore (tab. A parte III n. 121-undecies)
a) entro quattro anni dalla data di ultimazione della costruzione o dell’intervento di recupero (es. ristrutturazione);
b) effettuate nei confronti di cessionari soggetti passivi
d’imposta che svolgono in via esclusiva o prevalente attività
che conferiscono il diritto alla detrazione d’imposta in percentuale pari od inferiore al 25%;
c) effettuate nei confronti di cessionari che non agiscono
nell’esercizio di impresa, arti o professioni;
d) effettuate oltre quattro anni dalla data di ultimazione
della costruzione o dell’intervento di recupero, non rientranti
nei casi sub b) e c), per le quali nel relativo atto il cedente
abbia espressamente manifestato l’opzione per l’imposizione.
Cessione di opere di urbanizzazione (tab. A parte III n.
121-quinquies).
Esente Iva
Cessione unità immobiliari abitative, comprese quelle
relative a case di lusso, escluse quelle effettuate quando il
venditore è un soggetto:
- che ha costruito o fatto costruire l’immobile, che ha
eseguito o fatto eseguire interventi di recupero ex art. 31
co. 1 lett. c), d), e) Legge. 457/78 (art. 10 n. 8-bis D.P.R.
n. 5-6/2006
633/72) e cede l’immobile entro quattro anni dall’ultimazione dei lavori.
Cessione di fabbricati o porzioni di fabbricati
strumentali che per le loro caratteristiche non sono suscettibili di diversa utilizzazione senza radicali trasformazioni, Escluse (art. 10 n. 8-ter D.P.R. 633/72):
a) quelle effettuate entro quattro anni dalla data di ultimazione della costruzione o dell’intervento, dalle imprese
costruttrici degli stessi o dalle imprese che vi hanno eseguito
anche tramite imprese appaltataci interventi di cui all’articolo
31, primo comma lettere c), d), ed e) della Legge 5 agosto
1978 n. 457
b) quelle effettuate nei confronti di cessionari soggetti
passivi d’imposta che svolgono in via esclusiva o prevalente
attività che conferiscono il diritto alla detrazione d’imposta in
percentuale pari od inferiore al 25%;
c) quelle effettuate nei confronti di cessionari che non agiscono nell’esercizio di impresa, arti o professioni;
d) effettuate oltre quattro anni dalla data di ultimazione
della costruzione o dell’intervento di recupero, non rientranti
nei casi sub b) e c) per le quali nel relativo atto il cedente
abbia espressamente manifestato l’opzione per l’imposizione.
Cessione di fabbricati o porzioni di fabbricati
strumentali diversi da quelli precedenti (art. 10 n, 8-ter
DPR 633/72) comprendenti:
a) quelle effettuate entro quattro anni dalla data di ultimazione della costruzione o dell’intervento, dalle imprese
costruttrici degli stessi o dalle imprese che vi hanno eseguito
anche tramite imprese appaltatoci interventi di cui all’articolo
31, primo comma lettere c), d), ed e) della Legge 5 agosto
1978 n. 457;
b) quelle effettuate nei confronti di cessionari soggetti
passivi d’imposta che svolgono in via esclusiva o prevalente
attività che conferiscono il diritto alla detrazione d’imposta in
percentuale pari od inferiore al 25%;
c) quelle effettuate nei confronti di cessionari che non agiscono nell’esercizio di impresa, arti o professioni;
d) effettuate oltre quattro anni dalla data di ultimazione
della costruzione o dell’intervento di recupero, non rientranti
nei casi sub b) e c), per le quali nel relativo atto il cedente
abbia espressamente manifestato l’opzione per l’imposizione.
Cessione di case di lusso quando il venditore è:
a) l’impresa che ha costruito o fatto costruire l’immobile
di civile abitazione (art. 10 n. 8-bis D.P.R. 633/72);
b) l’impresa che ha eseguito o fatto eseguire interventi di
recupero ex art. 31 co. l lett. c), d), e) Legge. 457/78; (art. 10
n. 8-bis D.P.R. 633/72);
c) l’immobile sia un fabbricato o porzione di fabbricato la
cui costruzione od intervento di recupero (es. ristrutturazione
edilizia) sia ultimato entro quattro anni della data di cessione.
Iva 20%
Costruzione ex novo
Prestazioni di servizi dipendenti da contratti di appalto
(e relative cessioni di beni diversi da materie prime e...)
relativi alla costruzione di:
A) Immobili aventi le caratteristiche fissate dalla legge
Tupini [art. 13 L. 408/49 e succ. mod.] (sia abitazioni che
negozi e uffici) (tab. A parte II n. 39) e cioè:
siano fabbricati non di lusso (ex D.M. 2/8/69);
la superficie destinata ad abitazioni sia superiore al 50%
Fisco
del totale dei piani fuori terra;
la superficie destinata a negozi non sia superiore al 25%
del totale dei piani fuori terra;
purché commissionati da:
1) soggetti che svolgono l’attività di costruzione di immobili per la successiva rivendita, comprese le cooperative edilizie e loro consorzi
2) privati che la destinano a prima casa (vedi condizioni
indicate nella pagina precedente).
B) Abitazioni rurali (tab. a parte II n. 39) (nel rispetto
delle condizioni di cui all’art. 9, comma 3, lettere c) ed e)
d.l. 557/93);
C) Fabbricati senza le caratteristiche fissate dalla legge
Tupini se il committente è un privato che la destina a Prima Casa (Ris. Min. n. 300329 del 21.05.93 però la validità
di tale risoluzione deve essere verificata);
D) Opere direttamente finalizzate al superamento o
alla eliminazione delle barriere architettoniche (tab. A
parte II n. 41-ter).
Iva 10%
Prestazioni di servizi dipendenti da contratti di appalto (e
relative cessioni di beni diversi da materie prime e relativi
alla costruzione di case non di lusso ex Dm 2/8/69 (anche se
il fabbricato non rispetta le proporzioni fissate dalla legge
Tupini) - (tab. A parte III n. 121-quaterdecies), qualora il
committente sia un privato che non la destina a “Prima Casa”;
Prestazioni di servizi dipendenti da contratti di appalto
relativi alla costruzione di immobili aventi le caratteristiche
fissate dalla legge Tupini qualora il committente sia una
impresa o cooperativa che non svolge attività di costruzione
per la rivendita (tab. A parte III n. 121-quaterdecies) (circ.
2/3/94 I/E);
Prestazioni di servizi dipendenti da contratti di appalto (e
relative cessioni di beni diversi da materie prime e relativi
alla costruzione di opere di urbanizzazione ed edifici assimilati (tab. A parte III n. 127-septies).
Iva 20%
Prestazioni di servizi dipendenti da contratti di appalto (e
relative cessioni di beni diversi da materie prime e relativi
alla costruzione di immobili diversi dai precedenti.
Manutenzione
Iva 20%
Prestazioni di servizi dipendenti da contratti di appalto (e
relative cessioni di beni diversi da materie prime) relativi ad
interventi di recupero ex art. 31 lett. A), B), L. 457/78 (manutenzione ordinaria e straordinaria) (articolo 3, comma 1, lettera b) del D.P.R. 380/01).
Iva 10%
Prestazioni di servizi dipendenti da contratti di appalto (e
relative cessioni di beni diversi da materie prime...) relativi ad
interventi di recupero ex art. 31, lett. B) L. 457/78 (manutenzione straordinaria) SU edifici di edilizia residenziale pubblica (art. 1, comma 11, L. 449/97). (Tab. A parte III n. 121-duodecies D.P.R. 633/72).
Iva 10%
Prestazioni relative ad interventi di recupero ex art. 31,
lett. A), B) L. 457/78 (manutenzione ordinaria e straordinaria)
su fabbricati a prevalente destinazione abitativa privata (art.
7, comma 1, lett. b) L. 488/99 modificato dall’art. 2 co. 6 L.
289/2002, art. 35 co. 35-ter DL 223/06). Con il decreto del
155
Fisco
Ministero delle Finanze 29.12.1999 sono stati individuati i
seguenti beni che costituiscono una parte significativa del
valore delle forniture effettuate nell’ambito delle prestazioni
di cui sopra, ai quali l’aliquota ridotta si applica fino a concorrenza del valore complessivo della prestazione relativa
all’intervento di recupero, al netto del valore dei predetti
beni:
- ascensori e montacarichi;
- infissi esterni ed interni;
- caldaie;
- videocitofoni;
- apparecchiature di condizionamento e riciclo dell’aria;
- sanitari e rubinetterie da bagno;
- impianti di sicurezza.
La disposizione si applica per le prestazioni fatturate dal
1° ottobre 2006 al 31 dicembre 2006.
Interventi di recupero
Iva 10%
Prestazioni di servizi dipendenti da contratti di appalto
(e relative cessioni di beni diversi da materie prime e...)
relativi ad interventi di recupero ex art. 31 lett. C), D), E),
L. 457/78 (restauro, risanamento conservativo, ristrutturazione edilizia e urbanistica) interventi pertanto diversi
da manutenzione ordinaria e straordinaria (tab. A parte III
n. 127-quaterdecies).
Altri casi
Iva 20%
Locazione di immobili strumentali al ricorrere dei
seguenti casi:
qualora il conduttore sia un soggetto non titolato a
portare in detrazione PIVA (es. privato);
qualora il conduttore sia un soggetto titolato a portarla
in detrazione in misura non superiore al 25%;
qualora nei restanti casi il locatore decida di optare per
l’applicazione dell’Iva, il cui esercizio deve risultare dal
contratto.
Note particolari per immobili abitativi
Acquisto, locazione passiva, manutenzione, recupero o
gestione:
L’Iva è indetraibile sempre;
L’Iva è detraibile solo se chi effettua la spesa è:
impresa che ha per oggetto esclusivo o principale dell’attività esercitata la costruzione di immobili di civile abitazione
(art. 19-bis 1 lett. i) D.P.R. 633/72) (vedere anche circolare
182/E dell’ 11/7/96);
soggetti che esercitano attività che danno luogo a locazioni o affitti di immobili esenti di cui al n. 8 dell’articolo 10
D.RR. 633/72, qualora esse comportino la riduzione della percentuale di detrazione in base al pro rata (si verifica nel caso
in cui il contribuente esercita sia attività che danno luogo a
operazioni che conferiscono il diritto alla detrazione sia attività che danno luogo a operazioni esenti) ex art. 19 co. 5 e art.
19-bis.
Locazione a terzi
La locazione è esente Iva sempre (art. 10 n. 8 D.RR.
633/72).
Rivendita
La rivendita è esente Iva sempre (art. 10 n. 8-bis D.RR.
633/72);
La rivendita è soggetta ad Iva solo se:
156
n. 5-6/ 2006
- il venditore è l’impresa che ha costruito o fatto costruire
l’immobile di civile abitazione (art. 10 n. 8-bis D.P.R. 633/72)
oppure;
- il venditore è l’impresa che ha eseguito o fatto eseguire
interventi di recupero ex art. 31 co. 1 lett. c), d), e) Legge.
457/78; (art. 10 n. 8-bis D.P.R. 633/72) e
- l’immobile venduto è un fabbricato o porzione di fabbricato la cui costruzione od intervento di recupero (es. ristrutturazione edilizia) è stato ultimato non oltre quattro anni prima
della data di cessione.
Locazioni: tabella
Immobile
Locatore
Conduttore
IVA
Registro
Abitativo
Soggetto IVA
Chiunque
Esente
2%
Strumentale
Soggetto IVA
Soggetti con detraibilità
fino al 25%
Imponibile (20%)
1%
Strumentale
Soggetto IVA
Soggetto non IVA
(es. consumatore privato)
Imponibile (20%)
1%
Strumentale
Soggetto IVA
con opzione
Altri soggetti
Imponibile (20%)
1%
Strumentale
Soggetto IVA
senza opzione
Altri soggetti
Esente
1%
Cessioni: tabella di riepilogo
Immobile
Cedente
Abitativo
Impresa di costruzione
o di ristrutturazione
che ha ultimato gli
interventi da meno di 4
anni
Abitativo
Altri soggetti IVA
Acquirente
IVA
Registro
Ipotecarie
Catastali
168 euro
168 + 168
euro
3%
prima casa
168 + 168
euro
Imponibile
4% prima casa
Chiunque
Chiunque
10% altre
abitazioni
20% lusso
Esente
7%
2% + 1%
altre abitazioni
Impresa costruttrice o di
ristrutturazione che
Strumentale
ha ultimato gli
interventi da meno di 4
anni
Strumentale
Altri soggetti IVA
Strumentale
Altri soggetti IVA
Strumentale
Strumentale
Altri soggetti IVA
con opzione
Altri soggetti IVA
senza opzione
Chiunque
Imponibile
(20%)
168 euro
3% + 1%
Soggetti con
detraibilità
fino al 25%
Imponibile (20%)
168 euro
3% + 1%
Soggetto non IVA
(es. consumatore Imponibile (20%)
privato)
168 euro
3% + 1%
Altri soggetti
Imponibile (20%)
168 euro
3% + 1%
Altri soggetti
Esente
168 euro
3% + 1%
«Geometra -Informazioni tecniche»
Fisco
n. 5-6/2006
IL DURC ARRIVA PER POSTA ELETTRONICA
Una nota della Cnce illustra il nuovo sistema telematico di gestione.
Si parte a ottobre con le p.a. Contro le false certificazioni, le Casse edili adottano l’e-mail
di Daniele Cirioli
l Durc arriverà on-line. Pubbliche amministrazioni e datori
di lavoro vedranno consegnarsi in via telematica il Documento unico di regolarità contributiva, a condizione di possedere una casella di posta elettronica certificata. La novità è
rappresentata dalla Commissione nazionale paritetica per le
casse edili nella nota protocollo n. 2307/2006 (comunicazione
n. 306/2006), in cui rappresenta l’avvenuta sottoscrizione delle
convenzioni con Postecom e Infocamere. La decisione mira a
ridurre i costi, i tempi di trasmissione e le falsificazione delle
certificazioni.
I
postale (a/r), nonché dalla necessità di ridurre i tempi di trasmissione e per rimediare alle frequenti segnalazioni di falsificazione delle certificazioni di regolarità contributiva. In pratica, le Casse edili (119 enti presenti in ogni provincia sul territorio nazionale) potranno inoltrare in via telematica, attraverso il
canale della posta elettronica certificata, direttamente ai richiedenti il documento unico di regolarità contributiva. Non solo,
ma allo stesso modo (on-line) potranno gestire anche le
comunicazioni e/o le eventuali richieste di documentazione e di
atti.
Il Durc.
Il Durc (Documento unico di regolarità contributiva ai fini
Inps, Inail e delle Casse edili) nasce nella legge n. 266/2002
quale espediente di semplificazione delle attestazioni della
regolarità contributiva da parte delle imprese che partecipano a
gare di appalti pubblici. Successivamente la disciplina è stata
integrata dal dlgs n. 276/2003 (riforma del lavoro) e dal dlgs n.
251/2004 (con le modifiche al dlgs n. 276/2003) che ne ha esteso l’obbligatorietà ai lavori edili privati se soggetti al rilascio di
concessione o alla denuncia di inizio attività (Dia). Il documento, in sostanza, serve alle imprese per la contestuale attestazione della regolarità contributiva nei confronti di Inps, Inail e
Casse edili dove per regolarità contributiva s’intende la correntezza in tutti i pagamenti e adempimenti previdenziali, assistenziali e assicurativi, nonché negli altri obblighi previsti dalla
normativa. Tale correntezza va riferita all’intera situazione
aziendale e rilevata all’epoca (la data) indicata nella richiesta
del Durc ovvero, ove questa manchi, alla data di redazione del
certificato di regolarità. Dal 1° marzo 2006, a seguito dell’entrata in vigore della legge n. 51/2006 (di conversione del di n.
273/2005), il Durc ha validità trimestrale (in precedenza era
mensile).
Le convenzioni.
Per mettere in moto la nuova procedura, la Cnce ha provveduto a sottoscrive il 3 agosto scorso due convenzioni con
Postecom e con Infocamere per l’acquisizione, da parte delle
Casse edili, dei sistemi per la gestione della posta elettronica
certificata (Pec). Le convenzioni, che hanno durata annuale e
prima scadenza al 31 dicembre 2007, resteranno valide fino al
31 dicembre 2006, salvo disdetta anticipata. Per attivare il servizio di Pec, ogni Cassa edile dovrà avere la propria casella per
la spedizione del messaggio di posta elettronica e il proprio Kit
per la firma digitale, che è obbligatorio per l’invio del Durc. A
tal fine, ciascun ente ha la possibilità di scegliere il servizio
presso Postecom o presso Infocamere, per la Cassa edile stessa
e per l’insieme delle imprese iscritte. La scelta dovrà essere
comunicata alla Cnce possibilmente entro il prossimo 8 settembre 2006. Si comincia dalle pubbliche amministrazioni. Perché
la nuova procedura possa effettivamente essere messa in opera,
tuttavia, è necessario anche che l’altro interlocutore sia in possesso di una casella di posta elettronica certificata. In altre
parole, perché il Durc possa essere ricevuto in via telematica, le
pubbliche amministrazioni e i soggetti privati destinatari della
certificazione (le imprese edili, in primo luogo) dovranno essere dotati dello strumento della posta elettronica certificata. Nel
caso delle pubbliche amministrazioni l’avvio della nuova procedura potrebbe avvenire già dal prossimo 1° ottobre 2006,
data a partire dalla quale le p.a. hanno l’obbligo di dotarsi del
nuovo sistema di posta elettronica certificata.
La diffusione telematica del Durc.
L’iniziativa della diffusione in via telematica del Durc, spiega la Cnce, si è resa indispensabile a fronte della notevole crescita dei costi per l’invio del documento tramite raccomandata
La trasmissione telematica
Il Durc
È il documento unico che certifica contestualmente la regolarità contributiva di
un'impresa nei confronti di Inps, Inail e Casse edili
La consegna
Il Durc è rilasciato dalle Casse edili e consegnato - attraverso il canale postale
(raccomandata a/r)
La novità
La consegna della certificazione unica potrà avvenire tramite posta elettronica
certificata
Le condizioni
Per avere la consegna del Durc in via telematica è necessario essere dotati di
casella di posta elettronica certificata
La finalità
Il recapito in via telematica del Durc mira a ridurre i costi, i tempi di consegna
e i fenomeni di falsificazione delle certificazioni
157
Fisco
n. 5-6/ 2006
DURC, NON BASTA PAGARE I CONTRIBUTI
Per la regolarità dell'impresa è necessaria anche la denuncia
La Commissione paritetica casse edili precisa i requisiti per il rilascio della certificazione unica
di Daniele Cirioli
L
’avvenuto versamento dei contributi non basta a far dichiarare regolare un’impresa; serve anche la presentazione della relativa denuncia. E fino a quando la
denuncia non è presentata, l’impresa resta irregolare e, come
tale, impedita al rilascio del Durc (il Documento unico di
regolarità contributiva). È quanto precisa tra l’altro la Commissione nazionale paritetica per le casse edili (Cnce), nella
nota protocollo n. 2304 del 27/7/06 (comunicazione n. 304).
La Bni. La Cnce risponde ad alcuni quesiti delle casse
edili in merito alla gestione della Bni, la banca dati nazionale
delle imprese irregolari operativa dal 1° gennaio 2006 e contenente l’elenco delle imprese non in linea con i versamenti
alle casse edili. La banca dati è stata istituita nell’ambito della
procedura di rilascio del Durc, il documento a servizio delle
imprese per la contestuale attestazione di regolarità contributiva nei confronti di Inps, Inail e casse edili. La convenzione
15/4/04 stabilisce che la Bni opera esclusivamente con riferimento alla regolarità delle imprese nei confronti delle casse
edili e che tale regolarità deve essere verificata dalla cassa
edile competente per il territorio in cui ricade la sede dell’impresa, per l’insieme dei cantieri attivi e degli operai occupati.
La regolarità contributiva. Ai fini del rilascio del Durc,
per regolarità contributiva s’intende la correntezza sia nei
pagamenti e sia negli adempimenti previdenziali, assistenziali
e assicurativi. La correntezza va riferita all’intera situazione
aziendale e deve essere rilevata all’epoca indicata nella
richiesta del Durc; ove questa manchi, il riferimento va fatto
alla data di redazione del certificato di regolarità, purché nei
termini stabiliti per il rilascio o per la formazione del silenzio
assenso. La Cassa edile competente al rilascio del Durc
(anche a nome di Inps e Inail) è tenuta a verificare che l’impresa sia regolare nel suo territorio di competenza e sull’intero territorio nazionale, verifica quest’ultima da condurre sulla
Bni, dove sono segnalate le imprese irregolari.
Se manca denuncia e versamento. La Cnce precisa che,
per verificare la regolarità, le Casse edili devono riscontrare
che l’impresa abbia provveduto a tutti gli adempimenti contributivi. Nei casi di assenza di una denuncia mensile e del relativo versamento alla cassa edile, devono procedere alla segnalazione dell’impresa come irregolare nella Bni e avviare contestualmente la procedura di accertamento sulla mancata presentazione della denuncia, invitando l’impresa a chiarire la
propria posizione entro un periodo massimo di 15 giorni. Se
provvede alla mancata denuncia, l’impresa sarà segnalata alla
Bni come regolare dalla data di effettivo versamento dei contributi inerenti la stessa denuncia. Se, invece, l’impresa non è
obbligata alla contribuzione per il periodo di riferimento, la
cassa edile richiederà una dichiarazione relativa alla sospensione o cessazione dell’attività che sarà sufficiente a
rettificare la posizione di irregolarità attribuita all’impresa
medesima nella Bni (ove la dichiarazione venga resa dopo 15
giorni dalla richiesta, l’impresa sarà regolarizzata dalla data
di presentazione della dichiarazione stessa). Peraltro, aggiunge la Cnce, quest’ultima procedura, nei casi in cui determini
una temporanea situazione di irregolarità dell’impresa, non
può essere imputabile a un errore della cassa edile, in quanto
sulle imprese cade l’obbligo di segnalare la sospensione o la
cessazione della propria attività.
Se c’è il versamento ma manca la denuncia. La Cnce,
inoltre, precisa che l’avvenuto pagamento dei contributi non
basta a far dichiarare regolare un’impresa, ma serve anche la
presentazione della relativa denuncia. Pertanto, in questi casi
(imprese che hanno effettuato i pagamenti contributivi ma
senza presentare le relative denunce), la posizione dell’impresa rimarrà irregolare sulla Bni fino al momento della presentazione della denuncia, poiché l’assenza di quest’ultima impedisce alla cassa edile di acquisire in contabilità le somme da
imputare ai lavoratori e distinte per tipologie contrattualmente
previste.
Ciò significa, in altre parole, che fino alla presentazione
della denuncia omessa, l’impresa non potrà ottenere il rilascio
del Durc.
I chiarimenti
Il Durc
È rilasciato in presenza di regolarità contributiva, dell'impresa ai fini Inps, Inail
e Casse edili
Bni
È la banca dati nazionale contenente l'elenco delle imprese non in regola con gli
adempimenti nei confronti delle Casse edili
Regolarità
Le imprese sono segnalate irregolari sulla Bni e non possono ottenere il Durc:
a) in mancanza della denuncia mensile e del relativo versamento contributivo
alla Cassa edile; b) in presenza del versamento contributo alla Cassa edile ma
in assenza della relativa denuncia
«ItaliaOggi»
158
n. 5-6/2006
Normativa tecnica
PROTEZIONE DEI RISCHI SUL LAVORO
Attuazione della direttiva 2003/18/CE relativa alla protezione dei lavoratori dai rischi
derivanti dall’esposizione all’amianto durante il lavoro (D.Lgs 25 luglio 2006, n. 257 GU n. 211 del 11-9-2006)
Il Presidente della Repubblica
Visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione;
Vista la legge 18 aprile 2005, n. 62, recante disposizioni
per l’adempimento di obblighi derivanti dall’appartenenza
dell’Italia alle Comunità europee. Legge comunitaria 2004;
Vista la direttiva 2003/18/CE del Parlamento europeo e
del Consiglio, del 27 marzo 2003, che modifica la direttiva
83/477/CEE del Consiglio sulla protezione dei lavoratori
contro i rischi connessi con una esposizione all’amianto
durante il lavoro;
Visto il decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626,
recante attuazione della direttiva 89/391/CEE, della direttiva
89/654/CEE, della direttiva 89/655/CEE, della direttiva
89/656/CEE, della direttiva 90/269/CEE, della direttiva
90/270/CEE, della direttiva 90/394/CEE, della direttiva
90/679/CEE, della direttiva 93/88/CEE, della direttiva
95/63/CE, della direttiva 97/42/CE, della direttiva 98/24/CE,
della direttiva 99/38/CE, della direttiva 2001/45/CE e della
direttiva 99/92/CE riguardanti il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro e successive modificazioni;
Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 10 novembre 2005;
Acquisito il parere della Conferenza permanente per i
rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di
Trento e di Bolzano, reso nella seduta del 26 gennaio 2006;
Acquisiti i pareri delle competenti Commissioni 2ª, 11ª,
12ª e 14ª del Senato della Repubblica, nonché delle Commissioni riunite XI e XII e della Commissione XIV della Camera
dei deputati;
Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata
nella riunione del 14 luglio 2006;
Sulla proposta del Ministro per le politiche europee e del
Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto
con i Ministri degli affari esteri, della giustizia, dell’economia e delle finanze, della salute, dello sviluppo economico,
per gli affari regionali e le autonomie locali e per le riforme e
le innovazioni nella pubblica amministrazione;
Emana
il seguente decreto legislativo:
Art. 1.
Modifiche al titolo del decreto legislativo 19 settembre
1994, n. 626, recante attuazione delle direttive 89/391/CEE,
89/654/CEE, 89/655/CEE, 89/656/CEE, 90/269/CEE,
90/270/CEE, 90/394/CEE, 90/679/CEE, 93/88/CEE,
95/63/CE, 97/42/CE, 98/24/CE, 99/38/CE, 99/92/CE,
2001/45/CE e 2003/10/CE riguardanti il miglioramento della
sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro
1. Il titolo del decreto legislativo 19 settembre 1994, n.
626, e successive modificazioni, di seguito denominato:
«decreto legislativo n. 626 del 1994», è sostituito dal seguente: «Attuazione delle direttive 89/391/CEE, 89/654/CEE,
89/655/CEE, 89/656/CEE, 90/269/CEE, 90/270/CEE,
90/394/CEE, 90/679/CEE, 93/88/CEE, 95/63/CE, 97/42/CE,
98/24/CE, 99/38/CE, 99/92/CE, 2001/45/CE, 2003/10/CE e
2003/18/CE riguardanti il miglioramento della sicurezza e
della salute dei lavoratori durante il lavoro.».
Art. 2.
Recepimento della direttiva 2003/18/CE del Parlamento
europeo e del Consiglio, del 27 marzo 2003, che modifica la
direttiva 83/477/CEE del Consiglio sulla protezione dei lavoratori contro i rischi connessi con una esposizione all’amianto durante il lavoro
1. Dopo il titolo VI del decreto legislativo n. 626 del 1994
è inserito il seguente:
Titolo VI-bis
Protezione dei lavoratori contro i rischi connessi
all’esposizione ad amianto
Capo I
Disposizioni generali
Art. 59-bis.
Campo di applicazione
1. Fermo restando quanto previsto dalla legge 27 marzo
1992, n. 257, le norme del presente titolo si applicano alle
rimanenti attività lavorative che possono comportare, per i
lavoratori, il rischio di esposizione ad amianto, quali manutenzione, rimozione dell’amianto o dei materiali contenenti
amianto, smaltimento e trattamento dei relativi rifiuti, nonché bonifica delle aree interessate.
Art. 59-ter.
Definizioni
1. Ai fini del presente titolo il termine amianto designa i
seguenti silicati fibrosi:
a) l’actinolite d’amianto, n. CAS 77536-66-4;
b) la grunerite d’amianto (amosite), n. CAS 12172-73-5;
c) l’antofillite d’amianto, n. CAS 77536-67-5;
d) il crisotilo, n. CAS 12001-29-5;
e) la crocidolite, n. CAS 12001-28-4;
f) la tremolite d’amianto, n. CAS 77536-68-6.
Capo II
Obblighi del datore di lavoro
Art. 59-quater.
Individuazione della presenza di amianto
1. Prima di intraprendere lavori di demolizione o di
manutenzione, il datore di lavoro adotta, anche chiedendo
informazioni ai proprietari dei locali, ogni misura necessaria
volta ad individuare la presenza di materiali a potenziale
contenuto d’amianto.
2. Se vi è il minimo dubbio sulla presenza di amianto in
un materiale o in una costruzione, applica le disposizioni
previste dal presente titolo.
Art. 59-quinquies.
Valutazione del rischio
1. Nella valutazione di cui all’articolo 4, il datore di lavo-
159
Normativa tecnica
ro valuta i rischi dovuti alla polvere proveniente dall’amianto
e dai materiali contenenti amianto, al fine di stabilire la natura e il grado dell’esposizione e le misure preventive e protettive da attuare.
2. Nei casi di esposizioni sporadiche e di debole intensità
e a condizione che risulti chiaramente dalla valutazione dei
rischi di cui al comma 1 che il valore limite di esposizione
all’amianto non è superato nell’aria dell’ambiente di lavoro,
non si applicano gli articoli 59-sexies, 59-quinquiesdecies e
59-sexiesdecies, comma 2, nelle seguenti attività:
a) brevi attività non continuative di manutenzione durante
le quali il lavoro viene effettuato solo su materiali non friabili;
b) rimozione senza deterioramento di materiali non
degradati in cui le fibre di amianto sono fermamente legate
ad una matrice;
c) incapsulamento e confinamento di materiali contenenti
amianto che si trovano in buono stato;
d) sorveglianza e controllo dell’aria e prelievo dei campioni ai fini dell’individuazione della presenza di amianto in
un determinato materiale.
3. Il datore di lavoro effettua nuovamente la valutazione
ogni qualvolta si verifichino modifiche che possono comportare un mutamento significativo dell’esposizione dei lavoratori alla polvere proveniente dall’amianto o dai materiali
contenenti amianto.
4. La Commissione consultiva permanente di cui all’articolo 393 del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, provvede a definire orientamenti pratici per
la determinazione delle esposizioni sporadiche e di debole
intensità, di cui al comma 2.
Art. 59-sexies.
Notifica
1. Prima dell’inizio dei lavori di cui all’articolo 59-bis, il
datore di lavoro presenta una notifica all’organo di vigilanza
competente per territorio.
2. La notifica di cui al comma l comprende almeno una
descrizione sintetica dei seguenti elementi:
a) ubicazione del cantiere;
b) tipi e quantitativi di amianto manipolati;
c) attività e procedimenti applicati;
d) numero di lavoratori interessati;
e) data di inizio dei lavori e relativa durata;
f) misure adottate per limitare l’esposizione dei lavoratori
all’amianto.
3. Il datore di lavoro provvede affinché i lavoratori o i
loro rappresentanti abbiano accesso, a richiesta, alla documentazione oggetto della notifica di cui ai commi 1 e 2.
4. Il datore di lavoro, ogni qualvolta una modifica delle
condizioni di lavoro può comportare un aumento significativo dell’esposizione alla polvere proveniente dall’amianto o
da materiali contenenti amianto, effettua una nuova notifica.
Art. 59-septies.
Misure di prevenzione e protezione
1. In tutte le attività di cui all’articolo 59-bis, l’esposizione dei lavoratori alla polvere proveniente dall’amianto o dai
materiali contenenti amianto nel luogo di lavoro deve essere
ridotta al minimo e, in ogni caso, al di sotto del valore limite
160
n. 5-6/ 2006
fissato nell’articolo 59-decies, in particolare mediante le
seguenti misure:
a) il numero dei lavoratori esposti o che possono essere
esposti alla polvere proveniente dall’amianto o da materiali
contenenti amianto deve essere limitato al numero più basso
possibile;
b) i processi lavorativi devono essere concepiti in modo
da evitare di produrre polvere di amianto o, se ciò non è possibile, da evitare emissione di polvere di amianto nell’aria;
c) tutti i locali e le attrezzature per il trattamento dell’amianto devono poter essere sottoposti a regolare pulizia e
manutenzione;
d) l’amianto o i materiali che rilasciano polvere di amianto o che contengono amianto devono essere stoccati e trasportati in appositi imballaggi chiusi;
e) i rifiuti devono essere raccolti e rimossi dal luogo di
lavoro il più presto possibile in appropriati imballaggi chiusi
su cui sarà apposta un’etichettatura indicante che contengono
amianto.
Detti rifiuti devono essere successivamente trattati ai sensi della vigente normativa in materia di rifiuti pericolosi.
Art. 59-octies.
Misure igieniche
1. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 59-quinquies, comma 2, per tutte le attività di cui all’articolo 59-bis,
il datore di lavoro adotta le misure appropriate affinché:
a) i luoghi in cui si svolgono tali attività siano:
1) chiaramente delimitati e contrassegnati da appositi cartelli;
2) accessibili esclusivamente ai lavoratori che vi debbano
accedere a motivo del loro lavoro o della loro funzione;
3) oggetto del divieto di fumare;
b) siano predisposte aree speciali che consentano ai lavoratori di mangiare e bere senza rischio di contaminazione da
polvere di amianto;
c) siano messi a disposizione dei lavoratori adeguati indumenti di lavoro o adeguati dispositivi di protezione individuale;
d) detti indumenti di lavoro o protettivi restino all’interno
dell’impresa. Essi possono essere trasportati all’esterno solo
per il lavaggio in lavanderie attrezzate per questo tipo di operazioni, in contenitori chiusi, qualora l’impresa stessa non vi
provveda o in caso di utilizzazione di indumenti monouso
per lo smaltimento secondo le vigenti disposizioni;
e) gli indumenti di lavoro o protettivi siano riposti in un
luogo separato da quello destinato agli abiti civili;
f) i lavoratori possano disporre di impianti sanitari adeguati, provvisti di docce, in caso di operazioni in ambienti
polverosi;
g) l’equipaggiamento protettivo sia custodito in locali a
tale scopo destinati e controllato e pulito dopo ogni utilizzazione; siano prese misure per riparare o sostituire l’equipaggiamento difettoso prima di ogni utilizzazione.
Art. 59-nonies.
Controllo dell’esposizione
1. Al fine di garantire il rispetto del valore limite fissato
all’articolo 59-decies e in funzione dei risultati della valutazione iniziale dei rischi, il datore di lavoro effettua periodicamente la misurazione della concentrazione di fibre di amian-
n. 5-6/2006
to nell’aria del luogo di lavoro. I risultati delle misure sono
riportati nel documento di valutazione dei rischi.
2. Il campionamento deve essere rappresentativo dell’esposizione personale del lavoratore alla polvere proveniente
dall’amianto o dai materiali contenenti amianto.
3. I campionamenti sono effettuati previa consultazione
dei lavoratori ovvero dei loro rappresentanti.
4. Il prelievo dei campioni deve essere effettuato da personale in possesso di idonee qualifiche nell’ambito del servizio di cui all’articolo 8. I campioni prelevati sono successivamente analizzati ai sensi del decreto del Ministro della
sanità in data 14 maggio 1996, pubblicato nel supplemento
ordinario n. 178 alla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 251 del 25 ottobre 1996.
5. La durata dei campionamenti deve essere tale da consentire di stabilire un’esposizione rappresentativa, per un
periodo di riferimento di otto ore tramite misurazioni o calcoli ponderati nel tempo.
6. Il conteggio delle fibre di amianto è effettuato di preferenza tramite microscopia a contrasto di fase, applicando il
metodo raccomandato dall’OMS (Organizzazione mondiale
della sanita) nel 1997 o qualsiasi altro metodo che offra
risultati equivalenti.
7. Ai fini della misurazione dell’amianto nell’aria, di cui
al comma 1, si prendono in considerazione unicamente le
fibre che abbiano una lunghezza superiore a cinque micrometri e una larghezza inferiore a tre micrometri e il cui rapporto lunghezza/larghezza sia superiore a 3:1.
Art. 59-decies.
Valore limite
1. Il valore limite di esposizione per l’amianto è fissato a
0,1 fibre per centimetro cubo di aria, misurato come media
ponderata nel tempo di riferimento di otto ore. I datori di lavoro provvedono affinché nessun lavoratore sia esposto a una
concentrazione di amianto nell’aria superiore al valore limite.
2. Quando il valore limite fissato al comma 1 viene superato, il datore di lavoro individua le cause del superamento e
adotta il più presto possibile le misure appropriate per ovviare
alla situazione.
Il lavoro può proseguire nella zona interessata solo se vengono prese misure adeguate per la protezione dei lavoratori
interessati.
3. Per verificare l’efficacia delle misure di cui al comma 2, il
datore di lavoro procede immediatamente ad una nuova determinazione della concentrazione di fibre di amianto nell’aria.
4. In ogni caso, se l’esposizione non può essere ridotta
con altri mezzi e per rispettare il valore limite è necessario
l’uso di un dispositivo di protezione individuale delle vie
respiratorie; tale uso non può essere permanente e la sua
durata, per ogni lavoratore, deve essere limitata al minimo
strettamente necessario.
5. Nell’ipotesi di cui al comma 4, il datore di lavoro, previa consultazione con i lavoratori o i loro rappresentanti,
assicura i periodi di riposo necessari, in funzione dell’impegno fisico e delle condizioni climatiche.
Art. 59-undecies.
Operazioni lavorative particolari
1. Nel caso di determinate operazioni lavorative in cui,
Normativa tecnica
nonostante l’adozione di misure tecniche preventive per limitare la concentrazione di amianto nell’aria, è prevedibile che
l’esposizione dei lavoratori superi il valore limite di cui
all’articolo 59-decies, il datore di lavoro adotta adeguate
misure per la protezione dei lavoratori addetti, ed in particolare le seguenti:
a) fornisce ai lavoratori un adeguato dispositivo di protezione delle vie respiratorie e altri dispositivi di protezione
individuali e ne esige l’uso durante tali lavori;
b) provvede all’affissione di cartelli per segnalare che si
prevede il superamento del valore limite di esposizione;
c) adotta le misure necessarie per impedire la dispersione
della polvere al di fuori dei locali o luoghi di lavoro;
d) consulta i lavoratori o i loro rappresentanti di cui
all’articolo 18 sulle misure da adottare prima di procedere a
tali attività.
Art. 59-duodecies.
Lavori di demolizione o rimozione dell’amianto
1. I lavori di demolizione o di rimozione dell’amianto
possono essere effettuati solo da imprese rispondenti ai
requisiti di cui all’articolo 30, comma 4, del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22.
2. Il datore di lavoro, prima dell’inizio di lavori di demolizione o di rimozione dell’amianto o di materiali contenenti
amianto da edifici, strutture, apparecchi e impianti, nonché
dai mezzi di trasporto, predispone un piano di lavoro.
3. Il piano di cui al comma 2 prevede le misure necessarie
per garantire la sicurezza e la salute dei lavoratori sul luogo
di lavoro e la protezione dell’ambiente esterno.
4. Il piano, in particolare, prevede e contiene informazioni sui seguenti punti:
a) rimozione dell’amianto o dei materiali contenenti
amianto prima dell’applicazione delle tecniche di demolizione, a meno che tale rimozione non possa costituire per i lavoratori un rischio maggiore di quello rappresentato dal fatto
che l’amianto o i materiali contenenti amianto vengano
lasciati sul posto;
b) fornitura ai lavoratori dei dispositivi di protezione
individuale;
c) verifica dell’assenza di rischi dovuti all’esposizione
all’amianto sul luogo di lavoro, al termine dei lavori di
demolizione o di rimozione dell’amianto;
d) adeguate misure per la protezione e la decontaminazione del personale incaricato dei lavori;
e) adeguate misure per la protezione dei terzi e per la raccolta e lo smaltimento dei materiali;
f) adozione, nel caso in cui sia previsto il superamento
dei valori limite di cui all’articolo 59-decies, delle misure di
cui all’articolo 59-undecies, adattandole alle particolari esigenze del lavoro specifico;
g) natura dei lavori e loro durata presumibile;
h) luogo ove i lavori verranno effettuati;
i) tecniche lavorative adottate per la rimozione dell’amianto;
l) caratteristiche delle attrezzature o dispositivi che si
intendono utilizzare per attuare quanto previsto dalla lettera
d) ed e).
5. Copia del piano di lavoro è inviata all’organo di vigilanza, almeno trenta giorni prima dell’inizio dei lavori.
161
Normativa tecnica
6. L’invio della documentazione di cui al comma 5 sostituisce gli adempimenti di cui all’articolo 59-sexies.
7. Il datore di lavoro provvede affinché i lavoratori o i
loro rappresentanti abbiano accesso alla documentazione di
cui al comma 4.
Art. 59-terdecies.
Informazione dei lavoratori
1. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 21, il
datore di lavoro fornisce ai lavoratori, prima che essi siano
adibiti ad attività comportanti esposizione ad amianto, nonché ai loro rappresentanti, informazioni su:
a) i rischi per la salute dovuti all’esposizione alla polvere
proveniente dall’amianto o dai materiali contenenti amianto;
b) le specifiche norme igieniche da osservare, ivi compresa la necessità di non fumare;
c) le modalità di pulitura e di uso degli indumenti protettivi e dei dispositivi di protezione individuale;
d) le misure di precauzione particolari da prendere nel
ridurre al minimo l’esposizione;
e) l’esistenza del valore limite di cui all’articolo 59decies e la necessità del monitoraggio ambientale.
2. Oltre a quanto previsto al comma 1, qualora dai risultati
delle misurazioni della concentrazione di amianto nell’aria
emergano valori superiori al valore limite fissato dall’articolo
59-decies, il datore di lavoro informa il più presto possibile i
lavoratori interessati e i loro rappresentanti del superamento e
delle cause dello stesso e li consulta sulle misure da adottare o,
in caso d’urgenza, li informa delle misure adottate.
Art. 59-quaterdecies.
Formazione dei lavoratori
1. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 22, il
datore di lavoro assicura che tutti i lavoratori esposti o potenzialmente esposti a polveri contenenti amianto ricevano una
formazione sufficiente ed adeguata, ad intervalli regolari.
2. Il contenuto della formazione deve essere facilmente
comprensibile per i lavoratori e deve consentire loro di
acquisire le conoscenze e le competenze necessarie in materia di prevenzione e di sicurezza, in particolare per quanto
riguarda:
a) le proprietà dell’amianto e i suoi effetti sulla salute,
incluso l’effetto sinergico del tabagismo;
b) i tipi di prodotti o materiali che possono contenere
amianto;
c) le operazioni che possono comportare un’esposizione
all’amianto e l’importanza dei controlli preventivi per ridurre
al minimo tale esposizione;
d) le procedure di lavoro sicure, i controlli e le attrezzature di protezione;
e) la funzione, la scelta, la selezione, i limiti e la corretta utilizzazione dei dispositivi di protezione delle vie respiratorie;
f) le procedure di emergenza;
g) le procedure di decontaminazione;
h) l’eliminazione dei rifiuti;
i) la necessità della sorveglianza medica.
3. Possono essere addetti alla rimozione e smaltimento
dell’amianto e alla bonifica delle aree interessate i lavoratori
che abbiano frequentato i corsi di formazione professionale
162
n. 5-6/ 2006
di cui all’articolo 10, comma 2, lettera h), della legge 27
marzo 1992, n. 257.
Art. 59-quinquiesdecies.
Sorveglianza sanitaria
1. Fermo restando l’articolo 59-quinquies, comma 2, i
lavoratori esposti ad amianto sono sottoposti alla sorveglianza sanitaria di cui all’articolo 16.
2. La sorveglianza sanitaria viene effettuata:
a) prima di adibire il lavoratore alla mansione che comporta esposizione;
b) periodicamente, almeno una volta ogni tre anni o con
periodicità fissata dal medico competente con adeguata motivazione riportata nella cartella sanitaria, in funzione della
valutazione del rischio e dei risultati della sorveglianza
medica;
c) all’atto della cessazione dell’attività comportante esposizione, per tutto il tempo ritenuto opportuno dal medico
competente;
d) all’atto della cessazione del rapporto di lavoro ove
coincidente con la cessazione dell’esposizione all’amianto.
In tale occasione il medico competente deve fornire al lavoratore le eventuali indicazioni relative alle prescrizioni mediche da osservare ed all’opportunità di sottoporsi a successivi
accertamenti.
3. Gli accertamenti sanitari devono comprendere almeno
l’anamnesi individuale, l’esame clinico generale ed in particolare del torace, nonché esami della funzione respiratoria.
4. Il medico competente, sulla base dell’evoluzione delle
conoscenze scientifiche e dello stato di salute del lavoratore,
valuta l’opportunità di effettuare altri esami quali la citologia
dell’espettorato, l’esame radiografico del torace o la tomodensitometria.
Art. 59-sexiesdecies.
Registro di esposizione e cartelle sanitarie e di rischio
1. Il medico competente, per ciascuno dei lavoratori di
cui all’articolo 59-quinquiesdecies, provvede ad istituire e
aggiornare una cartella sanitaria e di rischio, secondo quanto
previsto dall’articolo 17, comma 1, lettera d). Il datore di
lavoro, per il tramite del servizio di prevenzione e protezione, comunica al medico competente i valori di esposizione
individuali, al fine del loro inserimento nella cartella sanitaria e di rischio.
2. Oltre a quanto previsto al comma 1, il datore di lavoro,
iscrive i lavoratori esposti nel registro di cui all’articolo 70,
comma 1.
3. Il datore di lavoro, su richiesta, fornisce agli organi di vigilanza e all’ISPESL copia dei documenti di cui ai commi 1 e 2.
4. Il datore di lavoro, in caso di cessione del rapporto di
lavoro, trasmette all’ISPESL la cartella sanitaria e di rischio
del lavoratore interessato, unitamente alle annotazioni individuali contenute nel registro di cui al comma 2.
5. L’ISPESL provvede a conservare i documenti di cui al
comma 4 per un periodo di quaranta anni dalla cessazione
dell’esposizione.
Art. 59-septiesdecies.
Mesoteliomi
1. Nei casi accertati di mesotelioma asbesto-correlati, tro-
n. 5-6/2006
vano applicazione le disposizioni contenute nell’articolo 71,
con la costituzione di un apposito registro nazionale presso
l’ISPESL.».
Art. 3.
Sanzioni
1. All’articolo 89 del decreto legislativo 19 settembre
1994, n. 626, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 1, dopo le parole: «49-quinquies, commi 1 e
6;» sono inserite le seguenti: «59-quinquies, commi 1 e 3;»;
b) al comma 2, lettera a), dopo le parole: «56, comma 2;
58;» sono inserite le seguenti: «59-sexies, commi 1, 2 e 4;
59-septies;
59-nonies, comma 1; 59-decies; 59-undecies; 59-duodecies, commi da 1 a 4; 59-terdecies; 59-quaterdecies; 59-quinquiesdecies, commi 1, 2 e 3; 59-sexiesdecies, commi 1,
secondo periodo, e 2;»;
c) al comma 2, lettera b), dopo le parole: «56, comma 1;
57;»
sono inserite le seguenti: «59-quater, comma 1; 59octies;»;
d) al comma 2, dopo la lettera b-bis), è aggiunta la
seguente:
«b-ter) con l’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda da
euro 250 a euro 1.000 per la violazione degli articoli 59sexies, comma 3, e 59-duodecies, commi 5 e 7.»;
e) al comma 3, dopo le parole: «11;» sono inserite le
seguenti:
«59-nonies, comma 3; 59-sexiesdecies, commi 3 e 4;».
Art. 4.
Clausola di cedevolezza
1. In relazione a quanto disposto dall’articolo 117, quinto
comma, della Costituzione le norme del titolo VI-bis del
decreto legislativo n. 626 del 1994, e successive modificazioni, introdotte dall’articolo 2, afferenti a materie di competenza legislativa delle regioni e delle province autonome di
Trento e di Bolzano, che non abbiano ancora provveduto al
recepimento della direttiva 2003/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 marzo 2003, si applicano fino alla
Avvertenza:
Il testo delle note qui pubblicato è stato redatto dall’amministrazione competente
per materia, ai sensi dell’art. 10, commi 2 e 3 del testo unico delle disposizioni
sulla promulgazione delle leggi, sull’emanazione dei decreti del Presidente della
Repubblica e sulle pubblicazioni ufficiali della Repubblica italiana, approvato con
D.P.R. 28 dicembre 1985, n. 1092, al solo fine di facilitare la lettura delle disposizioni di legge modificate o alle quali è operato il rinvio. Restano invariati il valore e l’efficacia degli atti legislativi qui trascritti.
Per le direttive CEE vengono forniti gli estremi di pubblicazione nella Gazzetta
Ufficiale delle Comunità europee (GUCE).
Note alle premesse:
- L’art. 76 della Costituzione regola la delega al Governo dell’esercizio della funzione legislativa e stabilisce che essa non può avvenire se non con determinazione di principi e criteri direttivi e soltanto per tempo limitato e per oggetti definiti.
- L’art. 87, comma quinto, della Costituzione conferisce al Presidente della
Repubblica il potere di promulgare le leggi e di emanare i decreti aventi valore di
legge e i regolamenti.
- La legge 18 aprile 2005, n. 62, recante «Disposizioni per l’adempimento di
obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee. Legge
comunitaria 2004» è pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 27 aprile 2005, n. 96,
Normativa tecnica
data di entrata in vigore della normativa di attuazione di ciascuna regione e provincia autonoma, nel rispetto dei vincoli
derivanti dall’ordinamento comunitario e dei principi fondamentali desumibili dal medesimo titolo.
Art. 5.
Abrogazioni
1. A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente
decreto sono abrogate le disposizioni di cui al Capo III del
decreto legislativo 15 agosto 1991, n. 277.
Art. 6.
Invarianza degli oneri
1. All’attuazione degli articoli dal 59-bis al 59-septiesdecies del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, come
modificato dal presente decreto, le Amministrazioni pubbliche provvedono nell’ambito degli ordinari stanziamenti di
bilancio e con le dotazioni umane, strumentali e finanziarie
disponibili a legislazione vigente, senza
nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà
inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della
Repubblica italiana. È fatto obbligo a chiunque spetti di
osservarlo e di farlo osservare.
Dato a Roma, addì 25 luglio 2006
Napolitano
Prodi, Presidente del Consiglio dei Ministri; Bonino,
Ministro per le politiche europee; Damiano, Ministro del
lavoro e della previdenza sociale; D’Alema, Ministro degli
affari esteri; Mastella, Ministro della giustizia; Padoa
Schioppa, Ministro dell’economia e delle finanze; Turco,
Ministro della salute; Bersani, Ministro dello sviluppo economico; Lanzillotta, Ministro per gli affari regionali e le
autonomie locali; Nicolais, Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione
Visto, il Guardasigilli: Mastella
supplemento ordinario.
- Il decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, recante «Attuazione delle direttive 89/391/CEE, 89/654/CEE, 89/655/CEE, 89/656/CEE, 90/269/CEE,
90/270/CEE, 90/394/CEE, 90/679/CEE, 93/88/CEE, 95/63/CE, 97/42/CE,
98/24/CE, 99/38/CE, 99/92/CE, 2001/45/CE e 2003/10/CE riguardanti il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro», modificato da ultimo dal decreto legislativo 10 aprile 2006, n. 195, è pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale 12 novembre 1994, n. 265, supplemento ordinario.
- La direttiva 2003/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 marzo
2003, che modifica la direttiva 83/477/CEE del Consiglio sulla protezione dei
lavoratori contro i rischi connessi con un’esposizione all’amianto durante il lavoro, è pubblicata nella G.U.U.E. 15 aprile 2003, n. L 97.
- La direttiva 83/477/CEE del Consiglio, del 19 settembre 1983, sulla protezione
dei lavoratori contro i rischi connessi con un’esposizione all’amianto durante il
lavoro, è pubblicata nella G.U.C.E. 24 settembre 1983, n. L 263.
- La direttiva 89/391/CEE del Consiglio, del 12 giugno 1989, concernente l’attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro è pubblicata nella G.U.C.E. 29 giugno 1989, n.
L 183.
- La direttiva 89/654/CEE del Consiglio, del 30 novembre 1989, relativa alle pre-
163
Normativa tecnica
scrizioni minime di sicurezza e di salute per i luoghi di lavoro, è pubblicata nella
G.U.C.E 30 dicembre 1989, n. L 393.
- La direttiva 89/655/CEE del Consiglio, del 30 novembre 1989, relativa ai requisiti minimi di sicurezza e di salute per l’uso delle attrezzature di lavoro da parte
dei lavoratori durante il lavoro, è pubblicata nella G.U.C.E. 30 dicembre 1989, n.
L 393.
- La direttiva 89/656/CEE del Consiglio, del 30 novembre 1989, relativa alle prescrizioni minime in materia di sicurezza e salute per l’uso da parte dei lavoratori
di attrezzature di protezione individuale durante il lavoro, è pubblicata nella
G.U.C.E. 30 dicembre 1989, n. L 393.
- La direttiva 90/269/CEE del Consiglio, del 29 maggio 1990, relativa alle prescrizioni minime di sicurezza e di salute concernenti la movimentazione manuale di
carichi che comporta tra l’altro rischi dorso-lombari per i lavoratori, è pubblicata
nella G.U.C.E. 21 giugno 1990, n. L 156.
- La direttiva 90/270/CEE del Consiglio, del 29 maggio 1990, relativa alle prescrizioni minime in materia di sicurezza e di salute per le attività lavorative svolte su
attrezzature munite di videoterminali è pubblicata nella G.U.C.E. 21 giugno 1990,
n. L 156.
- La direttiva 90/394/CEE del Consiglio, del 28 giugno 1990, sulla protezione dei
lavoratori contro i rischi derivanti da un’esposizione ad agenti cancerogeni durante il lavoro è pubblicata nella G.U.C.E. 26 luglio 1990, n. L 196.
- La direttiva 90/679/CEE del Consiglio, del 26 novembre 1990, relativa alla protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da un’esposizione ad agenti biologici durante il lavoro è pubblicata nella G.U.C.E. 31 dicembre 1990, n. L 374.
- La direttiva 93/88/CEE del Consiglio del 12 ottobre 1993 che modifica la direttiva 90/679/CEE relativa alla protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da
un’esposizione ad agenti biologici durante il lavoro, è pubblicata nella G.U.C.E.
29 dicembre 1993, n. L 268.
- La direttiva 95/63/CE del Consiglio, del 5 dicembre 1995, che modifica la direttiva 89/655/CEE relativa ai requisiti minimi di sicurezza e di salute per l’uso delle
attrezzature di lavoro da parte dei lavoratori durante il lavoro, è pubblicata nella
G.U.C.E. 30 dicembre 1995, n. L 335.
- La direttiva 97/42/CE del Consiglio del 27 giugno 1997 che modifica per la
prima volta la direttiva 90/394/CEE sulla protezione dei lavoratori contro i rischi
derivanti da un’esposizione ad agenti cancerogeni durante il lavoro, è pubblicata
nella G.U.C.E. 8 luglio 1997, n. L 179.
- La direttiva 98/24/CE del Consiglio del 7 aprile 1998 sulla protezione della salute e della sicurezza dei lavoratori contro i rischi derivanti da agenti chimici durante il lavoro, è pubblicata nella G.U.C.E. 5 maggio 1998, n. L 131.
- La direttiva 99/38/CE del Consiglio del 29 aprile 1999 che modifica per la
seconda volta la direttiva 90/394/CEE sulla protezione dei lavoratori contro i
rischi derivanti da un’esposizione ad agenti cancerogeni durante il lavoro, estendendola agli agenti mutageni, è pubblicata nella G.U.C.E. 1° giugno 1999, n. L
138.
- La direttiva 2001/45/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 giugno
2001, che modifica la direttiva 89/655/CEE del Consiglio relativa ai requisiti
minimi di sicurezza e di salute per l’uso delle attrezzature di lavoro da parte dei
lavoratori durante il lavoro, è pubblicata nella G.U.C.E. 19 luglio 2001, n. L 195.
- La direttiva 99/92/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre
1999, relativa alle prescrizioni minime per il miglioramento della tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori che possono essere esposti al rischio di atmosfere esplosive, è pubblicata nella G.U.C.E. 28 gennaio 2000, n. L 23.
Note all’art. 1:
- Per il decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626 e le direttive 89/391/CEE,
89/654/CEE, 89/655/CEE, 89/656/CEE, 90/269/CEE, 90/270/CEE, 90/394/CEE,
90/679/CEE, 93/88/CEE 95/63/CE, 97/42/CE, 98/24/CE, 99/38/CE, 2001/45/CE,
99/92/CE e 2003/18/CE si veda in nota alle premesse.
- La direttiva 2001/45/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 giugno
2001, che modifica la direttiva 89/655/CEE del Consiglio relativa ai requisiti
minimi di sicurezza e di salute per l’uso delle attrezzature di lavoro da parte dei
lavoratori durante il lavoro, è pubblicata nella G.U.C.E. 19 luglio 2001, n. L 195.
- La direttiva 2003/10/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 febbraio
2003, sulle prescrizioni minime di sicurezza e di salute relative all’esposizione dei
lavoratori ai rischi derivanti dagli agenti fisici (rumore), è pubblicata nella
G.U.U.E. 15 febbraio 2003, n. L 42.
- La direttiva 2003/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 marzo
2003, che modifica la direttiva 83/477/CEE del Consiglio sulla protezione dei
lavoratori contro i rischi connessi con un’esposizione all’amianto durante il lavoro, è pubblicata nella G.U.U.E 15 aprile 2003, n. L 97.
164
n. 5-6/ 2006
Note all’art. 2:
- Per la direttiva 2003/18/CE si veda in nota all’art. 1.
- Per la direttiva 83/477/CEE e per il decreto legislativo 19 settembre 1994, n.
626, si veda in nota alle premesse.
- La legge 27 marzo 1992, n. 257, recante «Norme relative alla cessazione dell’impiego dell’amianto», è pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 13 aprile 1992, n.
87, supplemento ordinario.
Nota all’art. 3:
- Il testo vigente dell’art. 89 del citato decreto legislativo 19 settembre 1994, n.
626, come modificato dal
presente decreto legislativo, è il seguente:
«Art. 89 (Contravvenzioni commesse dai datori di lavoro e dai dirigenti). - 1. Il
datore di lavoro è punito con l’arresto da tre a sei mesi o con l’ammenda da lire
tre milioni a otto milioni per la violazione degli articoli 4 commi 2, 4, lettera a),
6, 7 e 11, primo periodo;
49-quinquies, commi 1 e 6; 59-quinquies, commi 1 e 3; 63, commi 1, 4 e 5; 69,
comma 5, lettera a); 78, commi 3 e 5; 86, comma 2-ter.
2. Il datore di lavoro ed il dirigente sono puniti:
a) con l’arresto da tre a sei mesi o con l’ammenda da lire tre milioni a lire otto
milioni per la violazione degli articoli 4, comma 5, lettere b), d), e), h), l), n) e q);
7, comma 2; 12, commi 1, lettere d) ed e) e 4; 15, comma 1; 22, commi da 1 a 5;
30, commi 3, 4, 5 e 6; 31, commi 3 e 4; 32; 35, commi 1, 2, 4, 4-bis, 4-ter, 4-quater e 5; 36, comma 8-ter, 36-bis, commi 5, 6; 36-ter; 36-quater, commi 5 e 6; 36quinquies, comma 2, 38; 41; 43, commi 3, 4, lettere a), b), d) e g) e 5; 48; 49,
comma 2; 49-quinquies, commi 2, 3 e 7; 49-sexies, comma 2; 49-septies, comma
1; 49-octies; 49-nonies; 49-decies, commi 1, 2 e 4; 49-undecies, comma 3, secondo periodo; 52, comma 2; 54; 55, commi 1, 3 e 4; 56, comma 2; 58; 59-sexies,
commi 1, 2 e 4; 59-septies; 59-nonies, comma 1; 59-decies; 59-undecies; 59-duodecies, commi da 1 a 4; 59-terdecies; 59-quaterdecies; 59-quinquiesdecies,
commi 1, 2 e 3, 59-sexiesdecies, commi 1, secondo periodo, e 2; 72-quater,
commi da 1 a 3, 6 e 7; 72-sexies; 72-septies; 72-novies, commi 1, 3, 4 e 5; 72decies, comma 7; 62; 63, comma 3; 64; 65, comma 1; 66, comma 2; 67, commi 1
e 2; 68; 69, commi 1, 2 e 5, lettera b); 77, comma 1; 78, comma 2; 79; 80, comma
1; 81, commi 2 e 3; 82; 83; 85, comma 2; 86, commi 1 e 2, 88-quater, comma 2;
88-sexies; 88-septies, comma 2; 88-octies, commi 1 e 2; 88-undecies;
b) con l’arresto da due a quattro mesi o con l’ammenda da lire un milione a lire
cinque milioni per la violazione degli articoli 4, commi 4, lettere b) e c), 5, lettere c), f), g), i), m) e p); 7, commi 1 e 3; 9, comma 2; 10; 12, comma 1, lettere a),
b) e c); 21; 37; 43, comma 4, lettere c), e) ed f); 49, comma 1; 56, comma 1; 57;
59-quater, comma 1; 59-octies; 72-octies, commi 1, 2 e 3, 72-decies, commi 1, 2,
3, e 5; 66, commi 1 e 4; 67, comma 3; 70, comma 1; 76, commi 1, 2 e 3; 77,
comma 4; 84, comma 2; 85, commi 1 e 4; 87, commi 1 e 2;
b-bis) con l’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda da euro 258 a euro 1.032 per
la violazione degli articoli 36-bis, commi 1, 2, 3, 4 e 7, 36-ter, 36-quater, commi
1, 3 e 4, 36-quinquies, comma 1.
b-ter) con l’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda da euro 250 a euro 1.000 per
la violazione degli articoli 59-sexies, comma 3, e 59-duodecies, commi 5 e 7;
3. Il datore di lavoro ed il dirigente sono puniti con la sanzione amministrativa
pecuniaria da lire un milione a lire sei milioni per la violazione degli articoli 4,
commi 5, lettera o), e 8; 8, comma 11; 11; 59-nonies, comma 3; 59-sexiesdecies,
commi 3 e 4; 70, commi 3, 4, 5, 6 e 8; 87, commi 3 e 4.».
Nota all’art. 4:
- L’art. 117, quinto comma, della Costituzione, dispone:
«Le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, nelle materie di loro
competenza, partecipano alle decisioni dirette alla formazione degli atti normativi comunitari e provvedono all’attuazione e all’esecuzione degli accordi internazionali e degli atti dell’Unione europea, nel rispetto delle norme di procedura stabilite da legge dello Stato, che disciplina le modalità di esercizio del potere sostitutivo in caso di inadempienza.».
Nota all’art. 5:
- Il capo III del decreto legislativo 15 agosto 1991, n. 277, recante Attuazione delle
direttive n. 80/1107/CEE, n. 82/605/CEE, n. 83/477/CEE, n. 86/188/CEE e n.
88/642/CEE, in materia di protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da
esposizione ad agenti chimici, fisici e biologici durante il lavoro, a norma dell’art.
7 della legge 30 luglio 1990, n. 212, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 27 agosto 1991, n. 200, supplemento ordinario, abrogato dal presente decreto, recava:
«Protezione dei lavoratori contro i rischi connessi all’esposizione ad amianto
durante il lavoro.».
Normativa tecnica
n. 5-6/2006
NORME REGOLAMENTARI E PROCEDURE
TECNICO-AMMINISTRATIVE DELL’AMMINISTRAZIONE
PROVINCIALE DI COSENZAPER ILRILASCIO DI AUTORIZZAZIONE
PAESISTICO-AMBIENTALE
Capo I
Autorizzazioni paesistiche ordinarie in sanatoria
Art. 1
Elenco generale degli atti ed elaborati tecnici essenziali al
fine della presentazione dei progetti per la richiesta dell’autorizzazione paesistico - ambientale ai sensi dell’art. 159
decreto legislativo n. 42/04 (ex art. 151 del titolo II del
decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490 recante “Testo
unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali e ambientali a norma dell’articolo 1 della legge 8 ottobre 1997, n. 352” (ex all’art. 7 della legge 1497/39).
1) Domanda in carta da bollo da 14,62 Euro contenente i
dati essenziali del richiedente, l’indirizzo e n° telefonico dello
stesso, la titolarità alla presentazione della domanda (ovvero
“i proprietari, possessori o detentori …” di cui all’art. 159 del
citato D. Lgs. 42/04), il nominativo del progettista incaricato
e relativo recapito e la sintetica descrizione dell’intervento
per il quale si richiede l’autorizzazione, l’elenco dei documenti allegati, la data, la firma del richiedente e copia della
ricevuta del versamento di cui al successivo punto 2). (Ved.
Allegato n.2)
La domanda deve essere indirizzata a: Provincia di Cosenza - Assessorato territorio e sviluppo - Settore ufficio del piano - Piazza 15 marzo - 87100 Cosenza e consegnata completa
degli allegati richiesti all’Ufficio Protocollo presso la Sede
centrale di Piazza 15 Marzo, oppure spedita via posta.
2) Spese istruttorie, al cui pagamento è subordinato il rilascio del provvedimento nella seguente misura, in relazione
ai seguenti interventi edilizi, sia per l’iter ordinario che per la
procedura in Conferenza dei Servizi:
Classe
Euro
INTERVENTI EDILIZI
50,00
Opere di manutenzione ordinaria e straordinaria; Recinzioni Terreno; Tettoie; Garage;
Ristrutturazione di elementi edilizi accessori.
2
75,00
Condoni; Progetti di Varianti; Ampliamento fabbricati fino a 300 mc (v. x p.); Sopraelevazione
fabbricati fino a 300 mc (v. x p.); Ristrutturazione edilizia fino a 300 mc (v. x p.); Lidi balneari e
piccole attrezzature turistiche.
Nuovi fabbricati fino a 600 mc (v. x p.); Ampliamento fabbricati oltre 300 mc (v. x p.);
Sopraelevazione fabbricati oltre 300 mc (v. x p.); Ristrutturazione edilizia oltre 300 mc (v. x p.);
3
100,00
Nuovi fabbricati tra 600 mc e 10.000 mc (v. x p.); Reti elettriche e telefoniche fino a 20 Km.
Antenne cabine stazioni radio base;
4
200,00
Piani di Lottizzazione; P.P.A.; Opere di Urbanizzazione primaria e secondaria; Nuovi fabbricati
oltre a 10.000 mc (v. x p.); Reti elettriche e telefoniche oltre a 20 Km; Cavidotti; Impianti eolici;
Impianti energetici e termici.
1
Il versamento a beneficio della Provincia di Cosenza
dovrà essere effettuato sul C/C Postale n. 10555894, intestato
a Provincia di Cosenza – Servizio Tesoreria – Ufficio del Piano – servizio N.O. Paesistici, con la seguente casuale: “Spese
istruttorie per rilascio Autorizzazioni paesistico – ambientali”.
Sono esenti dal pagamento delle su indicate tariffe i
Comuni e le Comunità Montane.
3) Dichiarazione di conformità agli strumenti urbanistici
vigenti, di data non anteriore a mesi 3 dalla data di presenta-
zione della domanda di autorizzazione, rilasciata dal Comune
competente nonché alle altre disposizioni normative specifiche qualora si tratti ad esempio della realizzazione di strade,
impianti ecc.
4) Dichiarazione di inesistenza di vincoli inibitori di cui
all’art. 159 comma 5 del D. Lgs. 42/04, e del Piano di Assetto
Idrogeologico – Regione Calabria (Delibera Giunta Regionale
n. 900 del 31.10.2001 e delibera Consiglio regionale n. 115
del 28.12.2001), da rilasciarsi a cura del Comune interessato.
5) Dichiarazione del tipo di vincolo che ricade sull’area
oggetto di intervento e per il quale si richiede Autorizzazione
Paesistica - Ambientale, da rilasciarsi a cura del Comune interessato.
6) Copia del provvedimento di autorizzazione paesisticoambientale e dei relativi elaborati allegati, già rilasciato dalla
competente autorità, nel caso di richiesta interventi da realizzare in variante rispetto al progetto in precedenza autorizzato.
7) Solo per gli interventi oggetto di condono, oltre agli atti
di cui ai precedenti articoli, n. 4 copie dei seguenti documenti:
a. Domanda di condono con ricevute oblazione pagata.
b. Dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà attestante
l’epoca dell’abuso.
Art. 2
Elaborati tecnici rappresentativi dell’intervento
Nota introduttiva: Tutti gli elaborati tecnici di seguito
indicati, siano essi relazioni, fascicoli ovvero tavole grafiche,
devono riportare sul frontespizio un cartiglio contenente le
informazioni essenziali per l’identificazione del progetto, da
predisporsi sulla base dello schema allegato (Ved. Allegato n.
1) alle presenti istruzioni e devono essere debitamente datati e
firmati dal progettista e dal richiedente.
1) n.° 4 copie progetti esecutivi comprendenti gli elaborati
specificati nei successivi artt. 3 e 4.
2) n.° 4 copie Relazione Paesaggistica per come previsto
dall’art. 1 del DPCM del 12.12.2005 G.U. n. 25 del
31.01.2006 in quanto applicabile.
3) n.° 4 copie di un unico elaborato in forma di tavola
comprendente:
- stralcio delle Sezioni IGM 1:25.000 con evidenziato il
sito di intervento ovvero del tracciato qualora si tratti di strade od impianti a sviluppo longitudinale;
- stralcio aerofotogrammetrico in scala 1:5000 con indicazione della collocazione dell’area di intervento rispetto ai
centri abitati, localizzazione di tutti i fabbricati esistenti o in
costruzione,
- planimetria generale scala 1:500, debitamente quotate,
estesa almeno ad un raggio di 200 metri circostante con
l’indicazione dei fabbricati esistenti e delle relative altezze
viabilità, piazze, ecc.
- estratto cartografico dello strumento urbanistico vigente
nel Comune, con evidente perimetrazione in rosso del sito di
intervento ovvero del tracciato qualora si tratti di strade od
165
Normativa tecnica
n. 5-6/ 2006
impianti, con allegate le Norme Tecniche di Attuazione, relative alla zona di intervento.
- estratto di planimetria catastale con evidente perimetrazione in rosso del sito di intervento ovvero del tracciato qualora si tratti di strade od impianti;
Nel caso in cui il vincolo paesaggistico è conseguenza di:
a) un corso d’acqua pubblico, ai sensi del comma 1 - lett.
c) dell’art. 142 del D. Lgs. 42/04, localizzarlo nella planimetria catastale, indicarne il toponimo e la distanza dal sito di
intervento;
b) un bosco ovvero delle altre fattispecie, ai sensi del
comma 1 delle lett. a), b), d), f), g) ed h) dell’art. 142 del D.
Lgs. 42/04, specificare la tipologia del vincolo paesaggistico
tra quelle sopra indicate, nonché il toponimo della località.
4) n.° 4 copie di apposito fascicolo contenente la documentazione fotografica a colori, dell’ambito territoriale, dell’area o del fabbricato (tutte le fronti) oggetto di intervento
riferita allo stato di fatto della zona e/o dell’immobile, rilevabile al momento dell’istanza (foto di dettaglio e almeno due
con visuale panoramica sulle quali siano chiaramente indicati
a tratteggio i limiti dell’area soggetta all’intervento e con una
freccia l’esatta collocazione delle opere, nel formato minimo
13x18 montate su cartoncino 21x29,7 - non sono ammesse
copie fotostatiche in bianco e nero né istantanee autosviluppanti), il tutto corredato da una planimetria in scala adeguata
con l’indicazione dei punti di ripresa fotografica.
3) n.° 4 copie degli elaborati di progetto, debitamente quotati in ogni parte (in pianta ed in sezione), costituiti da:
a - planimetria quotata in scala 1:200 relativa all’area o al
fabbricato oggetto di intervento con rappresentazione dell’assetto progettato e delle relative sistemazioni esterne del terreno con specificazione dei materiali e degli arredi da porre in
opera nonché delle essenze da mettere a dimora;
b - sezioni quotate in scala 1:200 dell’opera e del terreno
di pertinenza con visualizzazione delle opere d’arte relative
alla sistemazione dell’area e del riassetto vegetazionale previsto, estesa ad elementi esistenti, nonché del profilo del terreno
precedente allo stesso intervento;
c - pianta del piano terra in scala 1:100;
d - piante di tutti i piani e della copertura in scala 1:100;
e - almeno due sezioni (trasversale e longitudinale) in scala 1:100 dell’edificio e del terreno circostante da estendersi
per non meno di 10 mt. dalla costruzione;
f - tutti i prospetti in scala 1:100 con rappresentazione delle sistemazioni del terreno previste ai lati degli stessi nonché
dei materiali di finitura e di rivestimento esterno e dove risulti
definito il rapporto con la vegetazione esistente da conservare
e con quella da porre a dimora;
4) n.° 4 copie degli elaborati di raffronto tra esistente e
progetto necessari per meglio evidenziare il raffronto fra stato
attuale e futuro, oltre quanto previsto dal comma 3 art. 146
DPR 42/04.
Art. 3
Progetti per edifici esistenti o per nuovi fabbricati
1) n.° 4 copie della “Relazione tecnica dei materiali, delle
finiture e delle sistemazioni esterne” con esauriente descrizione degli stessi elementi specie per quanto attiene: intonaci,
coloriture, eventuali decorazioni, manti di copertura, gronde e
pluviali, stipiti, davanzali, mezzanini, piane di protezione,
infissi esterni, zoccoli e rivestimenti murari, pavimentazioni,
ringhiere, cancelli e recinzioni, sistemazioni esterne con alberature, siepi arbusti e relative essenze, ecc., nonché specificazione delle modalità tecniche di esecuzione dell’intervento
(es. demolizioni parziali, ricostruzioni, scuci-cuci, ecc.) e di
messa in opera dei rivestimenti e delle finiture esterne.
2) n.° 4 copie degli elaborati di rilievo dello stato attuale
debitamente quotati in ogni parte (in pianta ed in sezione)
costituiti da:
a - planimetria quotata in scala 1:200 relativa all’area o
alla costruzione oggetto di intervento con rappresentazione
dell’assetto della vegetazione presente (indicare il tipo di
essenze), delle eventuali sistemazioni esterne esistenti e tracciamento delle opere di edificazione da eseguire;
b - sezioni longitudinali e trasversali quotate in scala
1:200 del terreno estese ad elementi esistenti (reperibili topograficamente, di quota certa, quali strade e fabbricati esistenti);
c - pianta del piano terra in scala 1:100 con rappresentazione dell’area circostante;
d - piante di tutti i piani e della copertura in scala 1:100;
e - almeno due sezioni (trasversale e longitudinale) in scala 1:100 dell’edificio e del terreno circostante da estendersi
per non meno di 10 mt. dalla costruzione;
f - tutti i prospetti in scala 1:100 con indicazione dei materiali di finitura e rivestimento esterno.
Art. 4
Progetti per strade, impianti a sviluppo longitudinale e
sistemazioni di aree
1) n.° 4 copie della “relazione tecnica dei materiali, delle
finiture e delle sistemazioni esterne” con esauriente descrizione degli stessi elementi specie per quanto attiene: intonaci,
coloriture, eventuali decorazioni, manti di copertura, gronde e
pluviali, stipiti, davanzali, mezzanini, piane di protezione,
infissi esterni, zoccoli e rivestimenti murari, pavimentazioni,
ringhiere, cancelli e recinzioni, sistemazioni esterne con alberature, siepi arbusti e relative essenze, ecc., nonché specificazione delle modalità tecniche di esecuzione dell’intervento
(es. demolizioni parziali, ricostruzioni, scuci-cuci, ecc.) e di
messa in opera dei rivestimenti e delle finiture esterne.
2) n.° 4 copie degli elaborati di rilievo dello stato attuale
costituiti da :
a - piano quotato, in scala adeguata, dell’area interessata
dalle opere con indicazione delle curve di livello, dei manufatti e dei tracciati stradali eventualmente esistenti e l’individuazione delle alberature presenti (specificare essenze) nonché con sovrapposizione del massimo ingombro delle opere
da eseguire;
b - sezioni significative del terreno corrispondenti ai punti
ove sono presenti manufatti o tracciati stradali esistenti, ovvero situazioni planoaltimetriche di particolare rilevanza o corrispondenti ai punti caratteristici dell’opera;
3) n.° 4 copie degli elaborati di progetto costituiti da :
a - piano quotato in scala adeguata con curve di livello ove
siano indicati il tracciato, le opere d’arte complementari e di
arredo ovvero tutte le sistemazioni di terreno previste;
b - sezioni trasversali significative quotate, sufficientemente estese ed in numero adeguato alla debita rappresentazione delle opere o delle sistemazioni d’area previste;
166
n. 5-6/2006
c - profilo longitudinale del tracciato stradale con indicazione delle quote altimetriche generali (s.l.m.) e relative, delle
distanze parziali, progressive e totali e delle pendenze;
d - sezioni tipo con i materiali e particolari costruttivi.
4) n.° 4 copie degli elaborati di raffronto tra esistente e
progetto necessari per meglio evidenziare il raffronto fra stato
attuale e futuro, oltre quanto previsto dal comma 3 art. 146
DPR 42/04.
Capo II
Istruttoria rilascio autorizzazioni paesistico-ambientali
Art. 5
Procedure
1) In applicazione della Legge 241/90 e succ. mod. e int.
ni sulla trasparenza amministrativa, la Provincia provvederà
ad inviare al richiedente apposita comunicazione personale di
“avvio del procedimento”ed il nominativo del Responsabile
del Procedimento, nei tempi e modi previsti dalla Legge.
2) È istituito il Registro di Settore per le annotazioni dei
termini temporali di espletamento dell’iter burocratico di rilascio delle autorizzazioni Paesaggistiche, che sarà tenuto ed
aggiornato dal Dirigente Responsabile dell’Ufficio del Piano,
il quale è tenuto ad annotare la data di acquisizione delle
istanze all’Ufficio e tutte le altre date significative ai fini dell’iter di istruzione della pratica. Tutti i termini della procedura
decorrono dalla data di annotazione sul registro.
3) Alla prima comunicazione, di cui al comma 1, potrà far
seguito l’eventuale “richiesta di integrazione” che dovrà essere inoltrata dal RUP entro e non oltre 30 giorni dalla data di
avvenuta annotazione dell’istanza sul Registro di Settore istituito con il precedente comma 2; la documentazione integrativa dovrà pervenire all’Ufficio del Piano entro e non oltre 60
giorni dalla richiesta, pena l’archiviazione della pratica. Ai
sensi dell’art. 146 comma 6 del DPR 42/2004, si intende che
il termine resta sospeso per richiesta integrazione per una sola
volta, dalla data della richiesta di integrazione fino alla ricezione della documentazione.
Entro il termine massimo per l’istruttoria fissato in 60
giorni a decorrere dalla data di ricevimento da parte della Provincia di tutta la documentazione completa di cui ai punti precedenti, la Provincia completerà l’istruttoria della pratica e
qualora la stessa sia meritevole di approvazione il relativo
provvedimento sarà trasmesso alla competente Soprintendenza e all’Assessorato Regionale Beni Ambientali, secondo
quanto prescritto dal 2° comma dell’art. 159 Decreto Legislativo n. 42/04 e dell’art. 5 comma 2 della Legge Regionale
3/95.
Nel caso di parere negativo, verrà notificato il relativo
provvedimento alla Ditta interessata e al sindaco del Comune
competente, nel rispetto della procedura dell’art. 10bis della
L. 241/90.
La Ditta provvederà a ritirare n. 3 copie degli elaborati
progettuali.
Capo III
Conferenze dei servizi
Art. 6
Convocazione e procedure
1) Convocazione in carta semplice contenente i dati essen-
Normativa tecnica
ziali del richiedente, l’indirizzo e n° telefonico dello stesso, la
titolarità alla presentazione della domanda (ovvero “i proprietari, possessori o detentori …” di cui all’art. 151 del citato
D.Lgs. 490/1999), il nominativo del progettista incaricato e
relativo recapito e la sintetica descrizione dell’intervento per
il quale si richiede l’autorizzazione, l’elenco dei documenti
allegati, la data, la firma del richiedente e copia della ricevuta
del versamento di cui al successivo punto 2).
La domanda di convocazione deve essere indirizzata a:
Provincia di Cosenza - Assessorato Territorio e Sviluppo Settore Ufficio del Piano Piazza 15 marzo - 87100 Cosenza e
consegnata completa degli allegati richiesti all’Ufficio Protocollo presso la Sede centrale di Piazza 15 Marzo, oppure spedita via posta e dovrà pervenire almeno 10 giorni prima della
data di convocazione.
2) Al momento della richiesta è necessario versare a beneficio della Provincia di Cosenza € 50,00 (diconsi Euro cinquanta/00) per ogni seduta, oltre spese istruttoria di cui al
comma 2 art. 1 del presente regolamento, sul C/C Postale
n.………… , intestato a Provincia di Cosenza – Servizio
Tesoreria – Ufficio del Piano – Servizio N.O. Paesistici, con
la seguente casuale: Spese istruttorie per rilascio Autorizzazioni paesistico – ambientali e per partecipazione conferenza
dei servizi.
3) Gli atti e gli elaborati tecnici elencati nel capo I artt. 2 –
3 – 4 del presente regolamento, in un’unica copia, essenziali
al fine della istruzione dei progetti per la partecipazione alla
conferenza dei servizi per il rilascio dell’autorizzazione paesistico - ambientale di cui all’art. 159 Decreto Legislativo
n.42/04, dovranno pervenire alla Provincia di Cosenza nei
tempi e modi previsti dalla Legge n.241/90 e sue modifiche e
integrazioni.
Capo IV
Aggiornamenti
Art. 7
Norma transitoria
1) Qualora leggi statali e regionali successive all’approvazione del presente regolamento dovessero modificare e/o integrare quelle in esso richiamate, in ossequio delle quali si sono
stabilite le norme e le procedure, le stesse ne determineranno
il contestuale adeguamento.
2) Le tariffe del presente regolamento di cui al Capo I art.
1 comma 2, verranno aggiornate in base ai dati ISTAT con
cadenza biennale ed entreranno in vigore dopo l’approvazione
del Consiglio Provinciale.
Capo V
Norma transitoria
Art. 8
Norma transitoria
1) Le tariffe di cui al Capo I art. 1 comma 2, entreranno in
vigore dalla data di pubblicazione della Delibera di Consiglio
Provinciale di approvazione del presente regolamento: “Norme Regolamentari e Procedure Tecnico-Amministrative per il
rilascio di Autorizzazione Paesistico-Ambientale della Provincia di Cosenza”.
>>
167
Normativa tecnica
168
n. 5-6/ 2006
Sicurezza sul lavoro
n. 5-6/2006
MOLAZZA E BETONIERA: MACCHINE
SEMPRE PIÙ PRESENTI NEI CANTIERI EDILI
di Salvatore Esposito*
L
a molazza e la betoniera sono due macchine che vengono
utilizzate nei cantieri edili, la prima, per la preparazione
meccanica delle malte per le quali è richiesta una determinata granulometria; la seconda, per la miscelazione e la preparazione
del calcestruzzo.
Se immesse sul mercato prima del 21 settembre 1996 devono
rispondere, ai sensi del D.P.R. n. 459/1996 (conosciuto come
Decreto macchine), alle prescrizioni di sicurezza previste dal D.P.R.
547/55.
Successivamente con l’entrata in vigore del D.Lgs. 359/99 è
stato ulteriormente specificato che le macchine alle quali sono state
apportate adeguamenti, senza che siano state modificate le modalità
di utilizzo e le prestazioni previste dal costruttore, non rientrano
nell’applicazione dell’art. 1, comma 3, del D.P.R. n°459/96, per cui
detti adeguamenti non comportano immissione nel mercato.
Le macchine immesse nel mercato dopo il 21 Settembre 1996,
devono avere la marcatura CE sistemata in posizione visibile e leggibile per tutto il periodo di durata delle stesse, nonché accompagnate da un proprio libretto d’uso e d’istruzione rilasciato dal fabbricante. In tale libretto vengono riportate le corrette modalità di
utilizzo, le norme necessarie per effettuare la manutenzione ordinaria e straordinaria, la qualifica del personale preposto alle operazioni di manutenzione; le indicazioni sui componenti e impianto elettrico della macchina, nonché informazioni necessarie sulla rete di
alimentazione al fine di garantirne la sicurezza dell’operatore
addetto.
Le due macchine vengono trattate separatamente, per l’uso cui
sono destinate, unitamente per le norme di sicurezza alle quale
devono essere rispondenti e per gli infortuni che si possono verificare.
Molazza
La molazza viene utilizzata nei cantieri
edili per la formazione di calce e materiali
comparabili.
Tale macchina è costituita da un telaio
portante sul quale, nella parte superiore, è
installata una vasca di miscelazione nella
quale ruotano due mole, mentre nella parte
inferiore del telaio è installato il motore.
Essa è dotata di quattro supporti fissi
che ne consentono la stabilità; due ruote e
un punto di presa servono per il sollevamento ed il movimento della stessa all’interno del cantiere e successivamente per il
trasporto.
La molazza deve essere installata in un
luogo che non sia di passaggio al fine di
non intralciare il lavoro dell’operatore
addetto. Infatti, adiacente la molazza viene
posizionato il materiale necessario per la
preparazione della malta. Lo stesso operatore deve avere uno spazio sufficiente sia per il caricamento della molazza che per lo scarico della malta. La prima operazione da eseguire per la collocazione
della molazza è quella di trovare un sito stabile, successivamente la
macchina deve essere sollevata bloccandone i supporti. A tal proposito si fa rilevare che sotto i supporti possono essere installate piastre di legno o sistemi equivalenti per abbattere le vibrazioni prodotte dalla macchina durante il funzionamento. Il funzionamento di
questa macchina è molto semplice, l’operatore provvede a caricare
la vasca con gli inerti, i leganti e acqua, nella giusta proporzione a
seconda del tipo di malta da utilizzare. Al termine del ciclo di lavoro, si provvede all’apertura della vasca di scarico per fare uscire la
malta. Al termine della giornata lavorativa il lavoratore addetto alla
molazza provvede alla pulizia della stessa, a volte, con getto d’acqua.
Per quanto attiene alla normativa vigente in materia di sicurezza, relativa alla molazza, si riporta il Capo VII del D.P.R. 27 Aprile
55, n° 547 che recita all’art. 127 “ Le molazze e le macchine simili
devono essere circondate da un riparo atto ad evitare possibili offese dagli organi lavoratori in moto. Le aperture di scarico della vasca
debbono essere costruite o protette in modo da impedire che le
mani dei lavoratori possano venire in contatto con gli organi mobili
della macchina”. (Foto 1-a)
Molto spesso, per motivi logistici la molazza viene posizionata
nel raggio d’azione dei mezzi di sollevamento. Tale scelta non è
sicuramente idonea per l’operatore addetto alla molazza, per cui
“quando nelle immediate vicinanze dei ponteggi o del posto di caricamento e sollevamento dei materiali vengono impastati calcestruzzi e malte od eseguite altre operazioni a carattere continuativo si
deve costruire un solido impalcato sovrastante, ad altezza non maggiore di 3 metri da terra, a protezione contro la caduta di materiali” (art. 9 D.P.R.
164/56). (Foto 1 – b)
È importante che l’operatore addetto,
per quanto riguarda la manutenzione della
macchina, si attenga scrupolosamente a
quanto riportato nel libretto d’istruzione e
d’uso che viene rilasciato al momento dell’acquisto.
La molazza, come è stato già detto,
essendo una macchina semplice, non
richiede particolari operazioni di manutenzione. Comunque è necessario che l’addetto, prima di iniziare le operazioni di manutenzione, si accerti dello scollegamento
dell’alimentazione elettrica.
Foto 1: Molazza
a) riparo atto ad evitare offese dagli organi in
movimento;
b) impalcato a protezione di caduta di materiale
dall’alto.
Betoniera
La betoniera è una macchina molto utilizzata nei cantieri edili per la produzione
di calcestruzzo. Vi sono due tipi di betonie-
* Tecnico della prevenzione dell’ambiente e luoghi di lavoro - A.S.1 Paola –CS –
169
Sicurezza sul lavoro
ra: quella a “inversione di marcia” e quella a “ bicchiere “; nella prima, il carico è semi-automatico per cui una pala raschiante deposita
il materiale, necessario alla produzione del calcestruzzo, nella benna che lo immette, per rovesciamento, nel bicchiere; nella seconda,
n. 5-6/ 2006
betoniera, non costituisce protezione (art. 55 D.P.R. 547/55).
È opportuno che anche il volante di comando ribaltamento del
bicchiere per la fuoriuscita del calcestruzzo, deve avere i raggi protetti da apposito disco; infatti “Gli elementi delle macchine, quando
costituiscono un pericolo, devono essere protetti o segregati o provvisti di dispositivi di sicurezza” (art. 41 D.P.R. 547/55). (Foto 3 c - d)
Altro organo da coprire è il pedale di sgancio del volante che
“deve essere protetto, al di sopra ed ai lati, da una custodia, oppu-
Foto 2: Molazza
a) priva di riparo atto ad evitare offese dagli organi lavoratori in
moto;
b) cavi per terra potenziale pericolo per i lavoratori addetti.
il caricamento avviene manualmente. La betoniera a “bicchiere” è
Foto 3: Betoniera con marcatura CE
quella più utilizzata nei cantieri edili e può essere equipaggiata sia
a)
comandi;
b)
Protezione pedale; c) protezione volante; d) protecon motore a elettrico che a scoppio; quest’ultima soluzione viene
zione
cremagliera.
preferita soprattutto quando vi è difficoltà di utilizzare l’energia
elettrica. In questi casi l’avviamento della macchina avviene tramite corda a strappo.
re essere muniti di altro dispositivo, che, consentendo una agevole
Il funzionamento della macchina è molto semplice; infatti la manovra, eviti ogni possibilità di azionamento accidentale del
rotazione del bicchiere, nel quale si compie la miscelazione e la pedale” (art. 78 D.P.R. 547/55). (Foto 3 - b)
preparazione del calcestruzzo, avviene tramite una puleggia e una
corona messe in movimento dal motore. Per svuotare il “bicchiere” L’impianto e componenti elettrici
è necessario sbloccare il volante con il pedale e ruotarlo fino al
L’impianto elettrico rappresenta uno dei punti critici , spesso
rovesciamento del calcestruzzo nel contenitore sottostante, utilizza- causa di infortuni mortali, sia per la molazza che per la betoniera,
to per il trasporto dello stesso. L’installazione della macchina deve poiché entrambe operano in luoghi umidi o bagnati . Le macchine,
avvenire su un terreno stabile ed in posizione
provviste di spina che si collega con la presa
che non possa essere da intralcio sia al pasdell’impianto di alimentazione, devono essere
saggio di persone che di mezzi. Per ottenere
allacciate ad una rete dotata di un quadro con
una migliore stabilità della betoniera è consiinterruttore automatico differenziale avente
gliabile mettere dei cunei sotto le ruote. La
soglia d’intervento da 30mA (Foto 5). Spesso
betoniera , spesso opera in luoghi umidi o
si verifica che per lavori di breve tempo, le
bagnati per cui è necessario posizionare nelmacchine vengono allacciate direttamente al
l’area di azionamento dei comandi, una pedaDistributore (Foto 6); nella fattispecie per gli
na in legno. La betoniera, così come innanzi
addetti alle macchine possono verificarsi gradetto per la molazza, se viene a trovarsi vicivi infortuni, spesso mortali. Il cavo di alimenno nel raggio di azione di mezzi di sollevatazione spesso viene legato su pali di legno e
menti o adiacenti a ponteggi, deve essere prola parte restante, gettato in modo caotico per
tetta da un impalcato di sicurezza sovrastante
terra, costituisce intralcio sia per i lavoratori in
ad un’altezza non superiore a 3 m. da terra.
transito che per gli addetti alle macchine. Esso
Le misure di sicurezza della betoniera
deve essere sostenuto da una fune portante,
sono relative, oltre ai componenti elettrici,
avere un idoneo rivestimento isolante, deve
Foto 4:
agli organi di trasmissione quali ingranaggi ,
essere del tipo HO7RN-F (cavo flessibile e
Betoniera priva di marchio CE, protezioni
cinghie e organi di trasmissione del motore di sicurezza mancanti:
resistente all’acqua e all’abrasione) o equivache devono essere protetti con idonei carter, b) pedale; c) volante; d) cremagliera.
lente e deve scendere in modo perpendicolare
ogni qualvolta possono costituire pericolo. A
e adiacente al quadro elettrico della macchina.
tale uopo si fa rilevare che lo sportello del vano motore (elettrico o
Infatti l’art. 283 DPR 547/55 sancisce che “I conduttori elettrici
a scoppio) posizionato nell’armadietto adiacente il “bicchiere” della flessibili impiegati per derivazioni provvisorie o per l’alimentazio-
170
n. 5-6/2006
ne di apparecchi o macchine portatili o mobili, devono avere anche
un idoneo rivestimento isolante atto a resistere anche all’usura meccanica. Nell’impiego degli stessi conduttori si deve tenere cura che
essi non intralcino i passaggi”.
Altri componenti elettrici importanti nelle betoniere e molazze,
sono le prese a spina. Si è più volte sottolineato che per quanto
attiene i componenti elettrici è necessario che gli stessi abbiano un
grado di protezione in relazione all’uso cui sono destinati. Il grado
di protezione meccanica, indicato con il simbolo I.P. (indice di protezione) è sempre seguito da due cifre dove la prima, indica il grado
di protezione contro i contatti accidentali con corpi solidi e le penetrazioni di polvere; la seconda, il grado di protezione contro i liquidi. Aumentando il valore della cifra migliora il grado di protezione
del componente.
Le prese a spina devono essere a norma CEI con grado di protezione non inferiore a IP 55 e possono essere installate sia all’interno
che all’esterno del quadro elettrico. A fine giornata lavorativa molto
spesso, sia le molazze che le betoniere vengono pulite utilizzando,
in tali operazioni, anche getti d’acqua.
Quando si effettuano tali lavori è necessario che le prese a spina
abbiano un grado di protezione IP 67. Comunque, tutti gli organi e
componenti elettrici delle suddette macchine, sono protetti in funzione dell’ambiente di utilizzo al fine di avere una idonea protezione dall’acqua e dalle polveri.
Nelle prese a spina assume un ruolo importante anche il pressacavo, infatti, la non efficienza dello stesso può far sì che il conduttore, sottoposto a sollecitazione, può distaccarsi dal morsetto e
andare in contatto con il conduttore di fase. Nella fattispecie, se la
parte metallica della betoniera o della molazza, non sono collegate
a terra, le stesse vanno in tensione con grave pericolo per gli operatori addetti. Per tale motivo è necessario che le macchine siano collegate ad un impianto di terra con valore di resistenza atta a garantire comunque una tensione di contatto non superiore a 25V.
È opportuno non dimenticare che con l’entrata in vigore del
D.P.R. 462/2001 la messa in esercizio degli impianti elettrici di terra e dei dispositivi di protezione contro le scariche atmosferiche,
non può essere effettuata se non provvisti di dichiarazione di
conformità rilasciata dall’installatore.
La molazza e la betoniera sono munite di un dispositivo per
l’avviamento della lavorazione, di uno per l’arresto in condizioni di
sicurezza e di uno di emergenza; detti comandi devono essere facilmente individuabili e a facile portata del lavoratore.
In caso di pericolo, azionando il dispositivo di emergenza (fungo
rosso) (Foto 3 a), tutti gli organi in movimento della macchina devono fermarsi nel più breve tempo possibile senza creare rischi supplementari. Lo sblocco del dispositivo che ha permesso l’arresto della
macchina, non deve immediatamente riavviare gli organi lavoratrici
della stessa, ma consentirne soltanto la rimessa in funzione.
È necessario che sia la molazza che la betoniera, (soprattutto
quelle immesse sul mercato prima del settembre del 96) siano dotate di relè di minima tensione, atto ad impedire, in caso di interruzione dell’erogazione dell’energia elettrica, la rimessa in moto degli
organi lavoratori, al ripristino della corrente.
Anche la molazza e la betoniera, come le altre macchine o
apparecchi elettrici, “devono portare l’indicazione della tensione,
dell’intensità e del tipo di corrente e delle altre eventuali caratteristiche costruttive necessarie per l’uso” (art. 269 D.P.R. 547/55).
Infortuni
Al fine di evitare infortuni sul lavoro, le macchine devono essere posizionate in modo stabile per impedirne eventuali ribaltamenti.
Sicurezza sul lavoro
Foto 5: Idoneo quadro elettrico da cantiere da utilizzare per
l’alimentazione della molazza e della betoniera
Gli operatori addetti, devono indossare idoneo abbigliamento, atteso che durante tale lavoro utilizzano acqua, calce, cemento ecc. (art.
385 D.P.R. 547/55), nonché gli altri D.P.I. relativi a:
a) protezione delle mani (art. 383 D.P.R. 547/55);
Foto 6: Energia elettrica da cantiere prelevata direttamente dal
Distributore
b) protezione dei piedi (art. 384 D.P.R. 547/55);
c) protezione dell’udito. Per quanto attiene all’uso di idonee
cuffie o tappi auricolari, “ il datore di lavoro fornisce i D.P.I. dell’udito a tutti i lavoratori la cui esposizione quotidiana personale può
verosimilmente superare 85 dBA” (art. 43 D.Lgs. 277/91). Molti
infortuni si verificano a causa della poca formazione e informazione del personale addetto all’utilizzo delle macchine. Per tale motivo
non bisogna dimenticare che i lavoratori, devono essere informati
su ogni attrezzatura di lavoro messa a loro disposizione e ricevere
un’adeguata formazione e addestramento. Infatti, uno dei doveri del
datore di lavoro è quello di provvedere” affinché per ogni attrezza-
171
Sicurezza sul lavoro
tura di lavoro a disposizione, i lavoratori incaricati dispongano di
ogni informazione e di ogni istruzione d’uso necessaria in rapporto
alla sicurezza e relativa: a) alle condizioni di impiego delle attrezzature anche sulla base delle conclusioni eventualmente tratte dalle
esperienze acquisite nella fase di utilizzazione delle attrezzature di
lavoro; b) alle situazioni anormali prevedibili “, inoltre “a informare
i lavoratori sui rischi cui sono esposti durante l’uso delle attrezzature di lavoro ...” (art. 37 D.Lgs. 626/94 e ss.mm . a questo articolo
sono state apportate delle aggiunte dall’art. 5 D.Lgs. 4 Agosto 1999
n. 359). Per quanto riguarda la formazione e l’addestramento , il
datore di lavoro deve assicurarsi che “... i lavoratori incaricati dell’uso delle attrezzature che richiedono conoscenza e responsabilità
particolari (riparazione, manutenzione…), ricevano un addestramento adeguato e specifico che li metta in grado di usare tali attrezzature in modo idoneo e sicuro anche in relazione ai rischi causati
ad altre persone” (art. 38 D.Lgs. 626/94 e ss.mm.). Dall’esperienza
personale e da quanto emerso da indagini effettuate sull’utilizzo
della molazza e betoniera, è risultato che la maggior parte degli
infortuni verificatisi ,sono da addebitare alle precarie condizioni dei
componenti o dell’impianto elettrico.
Specialmente nelle macchine immesse sul mercato prima del
21 Settembre 96 e non adeguate , nonostante il D.Lgs. 359/99, è
possibile trovare la molazza o la betoniera sprovvista di relè di
minima tensione. La sua mancanza ha provocato e provoca infortuni agli arti superiori soprattutto ai lavoratori addetti alla molazza.
Infatti quando la macchina si ferma per interruzione dell’erogazione dell’energia elettrica, il lavoratore utilizza questa “ pausa” per
prendere la malta , dalla parte superiore della vasca , o spesso per
pulire la macchina , inconscio del pericolo che possono comportare
tali operazioni. Al ripristino della corrente elettrica gli organi lavoratori della macchina si rimettono in moto procurando gravi lesioni
al lavoratore. La presenza del relè di minima tensione evita la
rimessa in moto degli organi lavoratori perché, dopo il suo intervento è necessario eseguire la chiusura manuale dell’interruttore
per la successiva riattivazione della macchina. L’impianto elettrico
non realizzato secondo quanto stabilito dalla Norma CEI 64.8 integrata dalla Guida CEI 64-17 può essere causa di infortuni, quasi
sempre mortali. Nella fattispecie l’impianto elettrico mette a rischio
i lavoratori sia dai contatti diretti ( dovuti alla non idonea segregazione di cavi, prese, spine ecc.), che da quelli indiretti ( possibili da
evitare con un idoneo impianto di terra). Al fine di evitare possibili
infortuni, gli addetti a queste macchine, durante le operazioni d’uso
e manutenzione, devono attenersi scrupolosamente a quanto riportato sul libretto o accertarsi almeno che la macchina:
- sia allacciata ad una rete provvista di interruttore automatico
differenziale con soglia d’intervento da 30 mA;
- sia collegata elettricamente a terra non sia collegata alla rete di
alimentazione con l’utilizzo di prolunghe;
- molazza sia sempre provvista di riparo atto ad evitare possibili
offese da parte degli organi lavoratori in moto;
- non sia collegata alla rete di alimentazione durante le operazioni di manutenzione;
- betoniera abbia la cremagliera protetta da idoneo carter;
Le penalità modificate dal D.Lgs. 758/94
I reati in materia di sicurezza e igiene del lavoro sono puniti con
la pena alternativa dell’arresto o dell’ammenda.
Le penalità relative alle violazioni di cui al presente articolo si
172
n. 5-6/ 2006
applicano, ai datori di lavoro e dirigenti:
- artt. 41; 78 ;127; 269; 283; 383; 384 e 385; D.P.R. 547/55,
arresto fino a 3 mesi o ammenda da .................. € 258 a € 1.033
- art. 9, D.P.R. 164/56, arresto fino a 3 mesi o ammenda da
.............................................................................€ 258 a € 1.033
- art. 55 D.P.R. 547/55, arresto da 2 a 4 mesi o ammenda da
.............................................................................€ 516 a € 2.582
- art. 37 D.Lgs. 626/94 e ss.mm., arresto da 2 a 4 mesi o
ammenda da ....... ................................................€ 516 a € 2.582
- art. 38 D.Lgs. 626/94 e ss.mm., arresto da 3 a 6 mesi o
ammenda da ....... .............................................€ 1.549 a € 4.132
- art. 43 D.Lgs. 277/91, arresto da 3 a 6 mesi o ammenda da
........................................................................€ 5.165 a € 25.823
Conclusioni
In molti cantieri edili non è difficile trovare betoniere o molazze
come quelle delle foto 2 e 4.
Ciò è dovuto al fatto che molti datori di lavoro non conoscono
ancora il D.P.R. 459/1996 (direttiva macchine) e il successivo
D.Lgs. 359/99. Quest’ultimo decreto ha dato loro la possibilità di
adeguare le macchine immesse nel mercato prima del 21 Settembre
1996 alle norme di sicurezza di cui al D.P.R. 547/55. Infatti, a queste macchine possono essere apportate le migliorie necessarie per
metterle in sicurezza a condizione che gli interventi effettuati non
comportino modifiche delle prestazioni previste dal costruttore.
Proprio la non rispondenza delle macchine, degli impianti e dei
componenti elettrici, alle norme vigenti, sono le cause principali
degli infortuni sul lavoro. Se le macchine sono provviste di marcature CE o adeguate ala normativa di cui al D.P.R. 547/55 gli infortuni che si possono verificare durante il loro utilizzo sono certamente minimi.
Purtroppo dobbiamo ancora registrare che è la mancanza della
formazione e dell’informazione alla base delle violazioni delle norme
in materia di sicurezza sul lavoro, per cui nella fattispecie, non possiamo ancora parlare di cultura della prevenzione. In questi ultimi
mesi, partecipando a corsi di formazione per datori di lavoro e lavoratori, ho potuto constatare l’attenzione che gli stessi pongono ai problemi della sicurezza. Le persone che avevo di fronte erano tutte
provviste di attestato di formazione rilasciato da vari enti, ma erano
prive di quella vera formazione ed informazione necessaria ad affrontare i problemi quotidiani della prevenzione. In questi ultimi mesi,
partecipando a corsi di formazione per datori di lavoro e lavoratori,
ho potuto constatare l'attenzione che gli stessi pongono ai problemi
della sicurezza. Le persone che avevo di fronte erano tutte provviste
di attestato di formazione rilasciato da vari enti, ma erano prive di
quella vera formazione ed informazione necessaria ad affrontare i
problemi quotidiani della sicurezza nei luoghi di lavoro.
E' inutile che si parla, parla, parla … è necessario usare un linguaggio comprensibile a tutti e far vedere in modo pratico, quali
sono e dove si nascondono i pericoli quotidiani. Per far ciò è necessario utilizzare materiale didattico idoneo e un linguaggio semplice.
A questo punto è d'obbligo correggere il tiro e non parlare solamente di formazione …, forse è meglio che si cominci a parlare di
come fare formazione …, ma non è giusto forse formare prima i
Formatori?
n. 5-6/2006
Sicurezza sul lavoro
APPROVAZIONE REGOLA TECNICA
DI PREVENZIONE INCENDI PER UFFICI
Ministero dell’Interno - Circolare n. P694/4122/sott. 66/A del 19 giugno 2006
D
.M. 22 febbraio 2006 recante «Approvazione della
regola tecnica di prevenzione incendi per la progettazione, la costruzione e l’esercizio di edifici e/o locali
destinati ad uffici». Chiarimenti ed indirizzi applicativi.
Con il decreto ministeriale 22 febbraio 2006, pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale n. 51 del 2 marzo 2006, è stata emanata la
regola tecnica di prevenzione incendi per la progettazione, la
costruzione e l’esercizio di edifici e/o locali destinati ad uffici.
Detta disposizione, entrata in vigore dal 1° aprile 2006, si aggiunge a quelle già emanate per altri settori dell’edilizia civile (scuole,
alberghi, ospedali, ecc.) e ne ricalca lo schema costituito da un
articolato e da un allegato tecnico.
Considerata la particolare rilevanza del provvedimento, la cui
applicazione è obbligatoria, salvo alcune eccezioni, per gli edifici
e locali destinati ad uffici, pubblici e privati, con oltre 25 persone
presenti, quindi ben al di sotto della soglia prevista per la assoggettabilità ai controlli finalizzati al rilascio del certificato di prevenzione incendi, si ritiene utile fornire alcuni chiarimenti e indicazioni per una corretta ed uniforme applicazione del provvedimento sul territorio nazionale.
L’articolo 1, inerente l’oggetto e il campo di applicazione, stabilisce che le norme contenute nei Titoli II e III si applicano agli
edifici di seguito indicati i cui progetti siano presentati ai Comandi provinciali dei Vigili del Fuoco per le approvazioni previste
dalle vigenti disposizioni, dopo l’entrata in vigore del decreto:
- edifici e/o locali destinati ad uffici di nuova costruzione;
- edifici e/o locali esistenti in cui si insediano uffici di nuova
realizzazione, in conseguenza quindi di un cambio di destinazione
d’uso;
- edifici e/o locali esistenti già adibiti ad ufficio alla data di
entrata in vigore del decreto in caso siano oggetto di interventi
che comportino modifiche sostanziali.
Pertanto, i progetti presentati ai Comandi provinciali in data
antecedente all’entrata in vigore del decreto e non ancora esaminati, dovranno essere valutati sulla base dei criteri generali di prevenzione incendi. Per analogia gli uffici che non superano i 500
addetti, sono da considerarsi esistenti qualora al 1° aprile 2006
risulti già presentata la richiesta del titolo abilitativo ai fini edilizi
(permesso di costruire, denuncia di inizio attività).
Un elemento innovativo, rispetto ad analoghe regole tecniche
pregresse, è rappresentato dalla possibilità, introdotta dall’art. 5,
per le attività non soggette al rilascio del certificato di prevenzione incendi, quelle cioè che non superano la soglia dei 500 addetti,
di poter usufruire dello strumento della deroga se non è possibile
l’integrale rispetto della normativa in analogia a quanto già avviene per le attività soggette. Viene quindi introdotto un forte elemento di flessibilità che potrà essere gestito direttamente dai
Comandi provinciali con un indubbio beneficio in termini di
applicabilità della normativa e semplificazione del procedimento
di approvazione.
Passando all’esame di alcuni punti dell’allegato tecnico, si
evidenzia che una particolarità del provvedimento è la classificazione basata sul numero delle presenze, perno attorno al quale
ruota l’insieme delle misure tecniche che caratterizzano la protezione degli uffici dall’incendio. I requisiti di protezione che deve
possedere l’attività vengono infatti stabiliti in base al numero di
persone che si presume siano contemporaneamente presenti
all’interno dell’edificio facendo riferimento allo standard stabilito
per gli uffici che superano le 500 presenze.
Al riguardo si sottolinea come l’estensore della regola tecnica
abbia ritenuto utile distinguere il parametro adottato per determinare l’assoggettabilità degli uffici ad un obbligo di tipo amministrativo, quale è appunto la richiesta del certificato di prevenzione
incendi, ossia il solo numero di addetti, da quello a cui riferire
invece l’applicazione di specifiche misure di sicurezza, vale a dire
il numero complessivo di persone presenti. Tale impostazione
appare logica se si ha riguardo al fatto che i fattori di rischio nelle
attività di che trattasi sono legati, più che al numero di lavoratori,
per i quali la vigente legislazione prevede già una serie di tutele
anche nei confronti dei pericoli di incendio, proprio alla presenza
di persone di vario genere tra cui vi possono essere persone anziane, disabili, bambini, ecc. che vengono a trovarsi in un luogo
estraneo senza disporre di alcuna informazione significativa in
termini di sicurezza antincendio.
In merito all’applicazione del punto 4, comma 1, lettera a)
dell’allegato, si chiarisce che più uffici non soggetti ai controlli di
prevenzione incendi, ubicati nel medesimo edificio, possono considerarsi attività pertinenti, in virtù della medesima destinazione
d’uso, quand’anche facenti capo a titolarità diverse.
Si chiarisce, altresì, che la disposizione di cui al punto 6.9,
comma 4, sottende l’obiettivo di evitare che i vani degli impianti
di sollevamento fungano da via privilegiata per la propagazione
dei prodotti di combustione, come avverrebbe in presenza di vani
aperti, e che pertanto non necessita prevedere la protezione del
vano corsa qualora i suddetti impianti siano inseriti nell’ambito di
scale di tipo protetto e/o a prova di fumo.
Per quanto concerne i caveau degli istituti bancari, stante la
specificità di utilizzo e le caratteristiche intrinseche di protezione,
si sottolinea che non possono essere assimilati a locali destinati ad
archivi e depositi e che quindi non debbono osservare le disposizioni stabilite per tali locali dal punto 8.3. Inoltre, più locali adiacenti adibiti ad archivio e deposito, compartimentati tra loro, debbono essere considerati separatamente ai fini della determinazione della superficie in pianta e della conseguente applicazione delle misure di sicurezza di cui al punto 8.3 in quanto la presenza di
elementi e strutture di separazione resistenti al fuoco garantisce
già il necessario frazionamento del rischio di incendio.
Infine, si fa presente che l’obbligo per i piani interrati di
disporre di almeno due vie di uscita alternative, stabilito dal punto
15, comma 2, lettera b), non si applica nel caso in cui i locali ubicati ai piani interrati siano adibiti ad usi accessori (archivi, depositi, locali tecnici, servizi igienici, ecc.) che non prevedono la presenza di postazioni di lavoro fisse, fatto salvo ovviamente il
rispetto della lunghezza delle vie di esodo.
Il Vice Capo dipartimento vicario
Capo del CNVVF
Mazzini
173
Sicurezza sul lavoro
n. 5-6/ 2006
OBBLIGHI DEL DATORE DI LAVORO
SULL’IMPIEGO DEI PONTEGGI
Contenuti minimi del Piano di montaggio, uso e smontaggio (Pi.M.U.S.)
M.L.P.S. - Div. VI prot. n.15/vi/5047 - Circ. n. 25 del 13 settembre 2006
L
’art. 36-quater del D.Lgs. n. 626/94, così come introdotto
dal D.Lgs. n. 235/03, prevede, tra l’altro che “Il datore di
lavoro provvede a redigere a mezzo di persona competente un piano di montaggio, uso e smontaggio, in funzione della
complessità del ponteggio scelto. Tale piano può assumere la
forma di un piano di applicazione generalizzata integrato da
istruzioni e progetti particolareggiati per gli schemi speciali
costituenti il ponteggio, ed è messo a disposizione del preposto
addetto alla sorveglianza e dei lavoratori interessati”.
Al fine di consentire ai datori di lavoro di poter redigere
un documento coerente con i principi ispiratori del D. Lgs. n.
626/94 e del D. Lgs. n. 494/96 – basati su elementi che siano
concretamente finalizzati all’innalzamento del livello di sicurezza durante l’esecuzione di lavori temporanei in quota con
l’impiego di ponteggi –, questo Ministero, su conforme parere
del Coordinamento Tecnico delle Regioni e P. A., ritiene
opportuno fornire alcune indicazioni, riportate in allegato, a
cui fare riferimento per la redazione del PiMUS previsto dal
citato art. 36-quater del D. Lgs. n. 626/94.
In tale allegato, in ossequio al dettato di legge, le indicazioni sono finalizzate, prioritariamente, ad approfondire:
· descrizione delle regole da applicare durante le operazioni di montaggio, trasformazione e smontaggio del ponteggio
che si sostanziano in indicazioni generali, ovvero “piano di
applicazione generalizzata” (vedi capitolo 6 dell’autorizzazione ministeriale ex art. 30 del DPR n. 164/56);
· descrizione delle regole da applicare durante le operazioni di montaggio, trasformazione e smontaggio del ponteggio
che si sostanziano in indicazioni puntuali, ovvero “istruzioni
e progetti particolareggiati per gli schemi speciali costituenti
il ponteggio”;
· descrizione delle regole da applicare durante l’uso del
ponteggio.
Il Direttore Generale
Dott.ssa Lea Battistoni
Allegato
Contenuti minimi del Pi.M.U.S.
1. Dati identificativi del luogo di lavoro;
2. Identificazione del datore di lavoro che procederà alle
operazioni di montaggio e/o trasformazione e/o smontaggio
del ponteggio;
3. Identificazione della squadra di lavoratori, compreso il
preposto, addetti alle operazioni di montaggio e/o trasformazione e/o smontaggio del ponteggio;
4. Identificazione del ponteggio;
174
5. Disegno esecutivo del ponteggio;
6. Progetto del ponteggio, quando previsto;
7. Indicazioni generali per le operazioni di montaggio e/o
trasformazione e/o smontaggio del ponteggio (“piano di
applicazione generalizzata”):
· planimetria delle zone destinate allo stoccaggio e al montaggio del ponteggio, evidenziando, inoltre: delimitazione,
viabilità, segnaletica, ecc.,
· modalità di verifica e controllo del piano di appoggio del
ponteggio (portata della superficie, omogeneità, ripartizione
del carico, elementi di appoggio, ecc.),
· modalità di tracciamento del ponteggio, impostazione
della prima campata, controllo della verticalità, livello/bolla
del primo impalcato, distanza tra ponteggio (filo impalcato di
servizio) e opera servita, ecc.,
· descrizione dei DPI utilizzati nelle operazioni di montaggio e/o trasformazione e/o smontaggio del ponteggio e loro
modalità di uso, con esplicito riferimento all’eventuale sistema di arresto caduta utilizzato ed ai relativi punti di ancoraggio,
· descrizione delle attrezzature adoperate nelle operazioni
di montaggio e/o trasformazione e/o smontaggio del ponteggio e loro modalità di installazione ed uso,
· misure di sicurezza da adottare in presenza, nelle vicinanze del ponteggio, di linee elettriche aeree nude in tensione, di cui all’art. 11 del DPR n. 164/56,
· tipo e modalità di realizzazione degli ancoraggi,
· misure di sicurezza da adottare in caso di cambiamento
delle condizioni meteorologiche (neve, vento, ghiaccio, pioggia) pregiudizievoli alla sicurezza del ponteggio e dei lavoratori,
· misure di sicurezza da adottare contro la caduta di materiali e oggetti;
8. Illustrazione delle modalità di montaggio, trasformazione e smontaggio, riportando le necessarie sequenze “passo
dopo passo”, nonché descrizione delle regole puntuali/specifiche da applicare durante le suddette operazioni di montaggio e/o trasformazione e/o smontaggio (“istruzioni e progetti
particolareggiati”), con l’ausilio di elaborati esplicativi contenenti le corrette istruzioni, privilegiando gli elaborati grafici
costituiti da schemi, disegni e foto;
9. Descrizione delle regole da applicare durante l’uso del
ponteggio;
10. Indicazioni delle verifiche da effettuare sul ponteggio
prima del montaggio e durante l’uso (vedasi ad es.la circolare
del MLPS n. 46/2000).
n. 5-6/2006
Tecnica delle costruzioni
“CAVALLERIZZO” DI CERZETO: DISSESTO
IDROGEOLOGICO E POLITICA DEL TERRITORIO
Cronaca di una frana annunciata da secoli: un caso emblematico di inerzia delle istituzioni
di Orestano Baldino
L
e cattive condizioni meteorologiche protratte con piogge
e nevicate che, interessarono gran parte dell’intero territorio dell’Italia meridionale durante i mesi di gennaio e
febbraio dell’anno 2005, furono le principali cause del risveglio di una frana ormai in agguato da secoli. All’alba del 7 marzo inizia a crollare parte dell’abitato di Cavallerizzo, frazione
del Comune di Cerzeto (CS) comunità di origine albanese fondata nel XV secolo. Gli oltre 300 abitanti si salvano grazie
all’allarme che nella notte dà un abitante (Domenico, detto
Burithi). Pochi minuti dopo, la terra inizia a scivolare giù spaccandosi; la strada Provinciale Appennina costruita agli inizi
del secolo scorso sempre più smembrata con screpolature
profonde, ne impedì ogni passaggio. Le case in gran parte
costruite in pietrame con
legante in calce ed argilla si
sbriciolano, mentre le viscere
della terra sputavano fango,
l’acqua sommergeva ogni
cosa, la terra si apriva e la
vecchia strada continua a rotolare verso il basso sino al crollo completo. Unico aspetto
positivo della tragedia è che
non vi sono stati né morti, né
feriti.
Le immagini di quella
catastrofe naturale sono dopo
qualche ora trasmesse dalle
televisioni di tutto il mondo,
mostrando una terra instabile
che vendicava tutte le continue violenze e le azioni antropiche
che l’uomo quotidianamente consuma.
Gli abitanti furono fatti alloggiare in case sfitte collocate a
Cerzeto, San Giacomo e Mongrassano.
La notte seguente l’evento calamitoso, una nevicata provocò ancora paura e tensione sulla popolazione appena fatta
evacuare.
L’entità della frana è stata devastante, si creò un’incisione
profonda decine di metri e larga qualche centinaio. Ciò è
dovuto alla caratterizzazione geotecnica del terreno di tipo
argilloso, avente uno strato sicuramente assai elevato, composto maggiormente da detriti di riporto, provenienti della
disgregazione ed erosione della roccia madre posta a monte,
che ne ha influenzato notevolmente gli equilibri sulla stabilità
dell’intero pendio. Dovuta all’eccezionale ondata di pioggia,
dal momento in cui vi era una scarsa permeabilità del terreno
ha altresì causato, per la natura del sito e per la mancata presenza di canalizzazioni superficiali e sotterranee, un’eccessiva presenza di acqua nel terreno. Altro fattore negativo è, senza dubbio, quello legato alla pressione esercitata della stessa
acqua che ne ha favorito la rottura della stabilità del pendio.
Di conseguenza, lo scheletro solido, costituente il terreno, si è
sciolto, formando una lava fluida che inondò il torrente Turboli, posto diverse centinaia di metri più a valle (così denominato per essere le sue acque sempre torbide, proprio per il
trasporto di particelle sciolte). Nella parte più concava della
frana si formò un laghetto d’acqua, che conteneva quella
quantità d’acqua di troppo, che interagendo appunto con il
terreno, provocò il collasso della frana.
Varnes, uno tra i maggiori studiosi italiani nel campo del
dissesto idrogeologico, secondo le sue classificazioni, la frana
è del tipo “scorrimento traslazionale” (slides). Rientrano,
infatti, in questa tipologia quei movimenti di terreno che hanno una superficie generalmente inclinata nella stessa direzione del pendio, la cui superficie è una zona di discontinuità o comunque di elevata
debolezza meccanica rappresentata da una frattura.
La frana, pur non provocando perdite umane ha
determinato enormi alterazioni ambientali e morfologici.
Come confermato dagli studiosi del CNR, dal punto di
vista geo-morfologico l’area
è attraversata da una faglia
argillosa lunga almeno 50
Km che interessa un vasto
territorio regionale che si
estende tra i comuni di San
Marco Argentano sino a quello di San Fili. In gran parte di
questi territori, difatti, si denunciano continue situazioni di
instabilità anche nelle annate di media piovosità. Il movimento franoso è stato pure favorito dal disboscamento del
pendio perché privo di qualsiasi copertura vegetale. La presenza del manto vegetale nei terreni sciolti e argillosi riduce
notevolmente le portate e la velocità dei deflussi idrici superficiali, svolgendo un’azione di forte contrasto rispetto all’erosione dei suoli a rischio frana. Anche il fogliame e la biomassa, depositati al suolo, contribuiscono a rallentare la velocità
di caduta delle gocce di acqua e quindi, il trasporto di materiale terroso da monte verso valle, senza trascurare l’azione
svolta delle piante, le cui radici contribuiscono a ridurre il
fenomeno della straripazione.
Nell’occasione bisogna sottolineare l’immediato intervento della macchina della solidarietà composta dalla Protezione
Civile e dai tanti volontari, ma soprattutto lo straordinario
impegno degli uomini dei gruppi speciali del corpo dei Vigili del Fuoco di Cosenza, che correndo non pochi rischi hanno
straordinariamente contribuito ha recuperare cose e oggetti
cari, all’improvviso lasciate nella notte tra le abitazioni tra-
175
Tecnica delle costruzioni
scinate dalla frana. Certamente non hanno potuto recuperare
l’identità, la disgregazione della comunità che ne ha creato
l’angoscia maggiore.
Lo stato d’emergenza fu dichiarato con (Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri) dell’11 marzo 2005,
“Dichiarazione dello stato di emergenza nel territorio del
comune di Cerzeto, provincia di Cosenza, interessato da gravissimi dissesti idrogeologici, con conseguenti diffusi movimenti franosi”, pubblicato sulla GU n. 67 del 22 marzo 2005.
Di Cavallerizzo scrive anche Gustavo Valente, nel “Dizionario della Calabria”, Edizioni Geo-Metra volume II, riportando le seguenti notizie: Frazione del comune di Cerzeto. Il
territorio si estende da 250 a 978 metri sul livello del mare; il
centro è a 470 metri, alle radici del monte Sant’Elia, al margine di una rupe. Fondato da una colonia di profughi albanesi accolta negli Stati del Principe di Bisognano sul finire del
XV secolo, fu chiamato dapprima S. Giorgio, con probabile
riferimento al Santo che uccide il drago, o meglio all’eroe
albanese, S. Giorgio di S. Marco, Cavalato con più chiaro
riferimento all’eques di S. Giorgio, Cavallerizza, Cavallerizzo di Cerzeto. L’evolversi ed il mutamento del primitivo nome
potrebbe anche riferirsi alla presenza sul posto di un cavallerizzo del Principe di Bisognano Nicolò Berardino Sanseverino, uno dei due più grandi allevatori di cavalli in Italia,
assieme al Duca di Mantova. Feudo particolare, successivamente, di Pietrantonio Selvaggi, di S. Marco, poi di Francesco Antonio de Belveris, o Baviera, ed infine della famiglia
Dattilo, di Cosenza. L’ordinamento amministrativo disposto
dai francesi per legge 19.I.1807 lo considerava Luogo, ossia
Università, e lo comprendeva nel cosiddetto governo di S.
Marco. Il successivo riordino, avvenuto per decreto 1.V.1811,
faceva di Cavallerizzo un Comune, assegnandogli i villaggi, o
frazioni di Cerzeto e di S. Giacomo. Con la sistemazione
amministrativa del Regno, data dal Borbone per legge
1.V.1816, unitamente a S. Giacomo, Cavallerizzo diveniva
frazione di Cerzeto elevato anche a capoluogo di circondario.
Durante il periodo borbonico Cavallerizzo era un centro
molto rinomato per i suoi costumi sontuosi, la bellezza delle
donne e la vivacità della vita sociale. I costumi venivano considerati tra i più belli del Regno e paragonati a quelli siciliani (Sciacca, Augusta) e calabresi, come Pizzo. In una collezione di piatti in ceramica della regia fabbrica di Capodimonte, uno di essi raffigura una donna di Cavallerizzo.
Vi si parla l’albanese nella cui lingua è detta Kalvarici,
Keijveirici.
Già il catasto onciario del 1753 segnala che tra i due centri (Cerzeto e Cavallerizzo) si estendeva il “Prato di Cavallerizzo”, una zona pianeggiante ricoperta di “cerze”, disboscato
e sottoposta totalmente a coltura, che vi si coltivavano ortaggi, fichi, vigne, e il grano, l’unico terreno in cui ciò era possibile. I terreni a valle erano degli acquitrini malarici di proprietà di famiglie feudali, così come proprietà feudale era la
Montagna Magna.
Tornando alla cronaca del dissesto idrogeologico che ha
colpito il piccolo centro arberëshë e della sua grave situazione, si era a conoscenza sin dai tempi della sua formazione e
bene si può dire che tutto ciò era da sempre un fatto storicamente noto. Infatti, è ben noto che sin dal momento della formazione vi sono stati altri eventi franosi di elevato rischio:
nel 1635 una terribile frana aveva invaso il paese e stava per
176
n. 5-6/ 2006
ingoiarlo senza creare danni alcuno, ottantacinque anni dopo,
nel 1720, altra terribile frana fece tremare gli abitanti; nel
1827 ricorreva il dì delle Ceneri, altra frana di maggiore
intensità provocò una tremenda ferita che divise l’abitato di
Cavallerizzo da quello di Cerzeto. Ancora oggi ben si evidenzia la “corona” di stacco della frana con le case rimaste
appena qualche metro dal precipizio, non escludendo che
alcune di esse furono trascinate via. Nel febbraio del 1941 si
registra un’altra frana, sul versante nord/est sotto l’abitato di
Mongrassano, in località “Laida” (Llahjidi).
Il consiglio comunale di allora però impose l’inedificabilità assoluta nella frazione, proponendo il trasferimento del
centro abitato, ma la decisione non fu accolta dagli abitanti.
Gli interventi di bonifica del territorio e di risanamento
ambientale eseguiti negli anni 50, attraverso rimboschimenti,
costruzione di briglie, sistemazione degli alvei di torrenti e di
qualche impluvio, si sono rilevati molto efficaci, consentendo
così per decenni di far “riposare” la frana. La tradizionale coltivazione della terra, proprio per essere in stretto rapporto con
la sistemazione idraulica degli appezzamenti, avrebbe dato un
buon contribuito al controllo dell’intera area oggetto del dissesto, infatti, la cura dell’aspetto idraulico un tempo era ben
impresso nelle abitudini e nella cultura dei contadini. La mancata manutenzione di dette opere, conseguentemente all’abbandono dell’agricoltura, hanno creato notevoli problemi di
convogliamento delle acque meteoriche, consentendo infiltrazioni e straripamenti in modo sparso.
In un primo momento, si attribuì la causa del movimento
franoso agli abusi edilizi realizzatisi negli anni ‘60 e ‘70, ma
in realtà si è trattato solo di interventi di ristrutturazione e di
lievi sopraelevazioni per esigenze di tipo igienico sanitarie,
con un aumento del carico sul terreno di poca rilevanza. Le
nuove costruzioni sono state veramente poche e, non hanno
certamente potuto influire più di tanto. Qualche anno fa, proprio a ridosso dell’attuale frana è stato abbattuto l’edifico
costruito dall’allora IACP (Istituto Autonomo Case Popolari); lo stesso era circondato da altri fabbricati ora trascinati
via dalla frana, il cui abbattimento non ha limitato i danni.
Nello stesso tempo, invece, l’unico intervento possibile ed
urgente era quello di strutturare il versante in cui poggia l’intero abitato, attraverso l’esecuzione di opere di sistemazione
idraulico-forestali e drenaggi.
A poco tempo dell’accaduto, diremmo che non è la sola
edilizia la principale imputata, bensì il mancato intervento di
manutenzione del territorio, riguardante la pulitura delle
cunette stradali, la regimazione delle acque a monte, quindi la
gestione attiva del territorio. I vecchi cunicoli di raccolta
acque in mattoni voltati, costruiti all’inizio del secolo scorso
sono stati abbattuti ed otturati, fenomeno purtroppo diffuso in
tutti i centri calabresi. Negli ultimi anni l’acqua piovana e
sorgiva si inabissava nel terreno, formando sotto il centro abitato un vero e proprio lago ipogeo. Purtroppo della situazione
così preoccupante, appare ancora più assurdo denunciare che
nell’abitato mancava persino la condotta della acque bianche;
la rete fognaria era obsoleta; quella idrica era un colabrodo.
Alcuni sostengono che si rilevava uno smisurato consumo di
acqua potabile superiore a ben quattro volte quella mediamente consumata nel comune capoluogo. Dal momento in cui
vi era la conoscenza di questi fenomeni non si sono mai
avviati interventi vitali per la messa in sicurezza dell’abitato.
n. 5-6/2006
Nel 2000, l’Amministrazione Comunale incaricava il
CNR per uno studio sulla frana e per la progettazione ed il
controllo di un sistema di drenaggio. Gli studi riguardarono il
monitoraggio del movimento franoso, con tecniche di misura
continue e discontinue. Sotto la direzione del responsabile,
dott. Rizzo, sono state compiute misurazioni mensili sui
livelli di falda e sulle deformazioni delle canne inclinometriche, eseguendo l’analisi morfostrutturale e geomorfologica
dell’area. Visti i risultati allarmanti da “sos” furono informate
tutte le autorità preposte compreso la Commissione Grandi
Rischi di Roma, ma tutto ciò senza ottener alcun risultato. Gli
studi e il monitoraggio dell’area dovettero concludersi a breve, per la mancanza di fondi.
Il disastro di oggi, pur avendo
origini antiche, attraverso una
politica accorta del territorio,
mediante il finanziamento per
la realizzazione di opere di
drenaggio come proposto
dagli esperti, avrebbe causato
danni molto minori. La frana
di Cavallerizzo era inserita
tra i fenomeni di maggiore
rischio della regione, ma non
ha trovato un uguale trattamento in sede di distribuzione dei fondi.
La ricostruzione dell’abitato sullo stesso sito è stata sin
dall’inizio esclusa. Il nuovo sito per la ricostruzione è stato
individuato in località Pianette che dista un chilometro dall’abitato di Cerzeto. A distanza di un anno e mezzo ormai, per
fattori legati alla lentezza della macchina burocratica e da
altri di natura espropriativa, la ricostruzione non ha ancora
avuti gli effetti attesi.
Rimane ancora oggi, inspiegabilmente esclusa la bonifica
del sito e la riqualificazione ambientale di tutta l’area di frana
e di quella circostante, viene lasciata così una voragine aperta
pronta ad altri smottamenti. La frana, purtroppo, ha causato
l’interruzione dei collegamenti con i comuni viciniori, e per
di più si è sottovalutato ancora una volta il danno ambientale,
con forti ripercussioni alla già povera economia della zona.
Sulla vicenda è stata ovviamente aperta un’inchiesta da
parte della Magistratura per accertarne cause e responsabilità.
I consulenti tecnici nominati dalla procura, per quanto si è letto nell’articolo pubblicato su “Gazzetta del Sud” del 14 settembre scorso, hanno concluso le loro indagini, asserendo che
il disastro era evitabile.
Ormai è stato più volte rimarcato che il rischio idrogeologico è tra quelli più capillarmente diffuso in tutto il territorio
nazionale, capace di svolgere azioni devastanti su territorio
antropizzato. L’uomo sembra esserne la principale causa,
infatti le sue mancanze sono individuabili in: a) abbandono
delle aree montane; b) l’assenza delle attività di opere di
bonifica e della regimazione delle acque; c) speculazione
urbanistica in aree a rischio inondazione hanno nel tempo
creato uno scenario ad alto rischio idrogeologico impensabile.
Secondo il Ministero dell’Ambiente degli 8.100 comuni italiani, 1.173 sono a rischio molto elevato; 2.498 a rischio elevato. Soltanto nell’ultimo decennio il territorio nazionale è
stato interessato da oltre 12.500 frane e più di 1.000 piene.
Tecnica delle costruzioni
In Calabria oltre al 40% dei comuni è classificato a rischio
idrogeologico. Tra le frane storicamente più rilevanti verificatesi ad ambito nazionale si ricordano la grande frana di Ancona del 1982; l’alluvione del 27 luglio 1987 in Valtellina; il
nubifragio in Versilia del 21 giugno 1996; Sarno del 5 maggio
1998; la frana di Cervinara del 15 dicembre 1999, la recentissima alluvione di Vibo Valentia del 3 luglio scorso e tante
altre.
L’Italia è un paese geologicamente giovane caratterizzato
da una situazione morfologica e climatica particolare che,
unita alla presenza di terreni erodibili, determina una notevole
propensione all’erosione diffusa e al conseguente dissesto
idrogeologico. Il sistema normativo è disciplinato dalle
Leggi nn. 183/89 e 267/1998
concernenti il riassetto della
difesa del suolo e del Piano
di Stralcio per l’Assetto Idrogeologico. Bisogna d’ora in
poi cambiare la politica del
territorio: la manutenzione, il
rispetto del territorio e la
riqualificazione ambientale,
divengono strumenti fondamentali per ridurre il grado di
dissesto idrogeologico, per di
più creano positive ricadute
anche in termini occupazionali. Occorre pertanto tenere sotto
controllo i fattori dove l’uomo può intervenire e questi riguardano molti aspetti (naturali, antropici, geologici, ecc.).
Concludendo, è necessario pertanto recuperare quella cultura di rispetto e tutela del territorio, che nelle ultime generazioni è venuta a mancare. È quindi indispensabile:
- ridurre al minimo gli interventi strutturali nella parte
superiore dei bacini;
- migliorare le sistemazioni idraulico-forastali;
- creazione drenaggi e semplici scoline nei fondi, ormai
soppresse a seguito della completa meccanizzazione agricola;
- riqualificare l’ambiente nelle aree in erosione con opere
di ingegneria naturalistica;
- rigenerare i terreni di montagna collina e pianura con
l’aumento della biodiversità, tramite fitocenosi arboree arbustive, ridare quindi un ruolo alla vegetazione per la difesa del
suolo;
- rivegetazione dei versanti e degli alvei dei corsi d’acqua;
- vietare tutte le azioni che turbano gli equilibri naturali
dei versante che costituiscono le cause dei fenomeni franosi;
- lottare contro la desertificazione;
- attuare la legge sulla montagna impiegando risorse occupazionali.
In merito a ciò, sarebbe auspicabile anche un segnale forte
della politica degli investimenti comunitari, specificatamente
nei programmi d’investimento 2007-2013. La CEE, infatti,
dovrebbe designare un’esordiente misura “dissesto idrogeologico e riqualificazione ambientale”, attraverso la quale ogni
ente territoriale potesse trarne utile.
Le esclusive immagini fotografiche sono state concesse
dal sig. Gianfranco Bellusci.
177
Tecnica delle costruzioni
n. 5-6/ 2006
SARÀ TUTTA UN’ALTRA CASA
Palazzi che interagiscono con l'ambiente. Abitazioni flessibili, da trasportare altrove.
Il futuro dell'architettura è nelle idee e nei nuovi materiali rivoluzionari
di Alessandra Mammì
G
li architetti sono ottimisti. Sempre. Obbligatoriamente, modulando colori e toni, mutando la sua pelle da opaca a traspaanzi, come dice Rem Koolhaas: "Non posso immaginare rente. E da allora a Yokohama ci si sveglia guardando la torre,
un architetto che lavori senza ottimismo". E a pensarci non perché bella, ma perché parla e in virtù del numero di anelli
bene è lapalissiano, perché costruire è atto di fiducia nel futuro e e tipo di colori dice l'ora e se è il caso di uscire con l'ombrello. Se
nel mondo. Persino adesso con un mondo caotico e un futuro questo è un esperimento del 1986, immaginiamo cosa vorrà dire
non molto promettente, gli architetti già vedono la rivoluzione vivere in città nel 2030. Ovvero quando tutte le meraviglie tecfutura fatta di edifici intelligenti, sensibili, slanciati verso l'alto nologiche che la scienza ha già pronte diventeranno i nuovi matda strutture invisibili, ricoperti da superfici che, come pelli di toni del nostro abitare. Grattacieli trasformati in notiziari con
camaleonti, cambieranno colori e trasmetteranno messaggi. Una display che corrono di piano in piano. Superfici trasparenti ma
città a misura d'uomo informatizzato, leggera come l'immagine attraversate da nano-tubi per portare sulle pelle dell'edificio tutti
su un plasma contro le megalopoli infinite, tutte favelas, slums, gli impianti (termici, elettrici e informatici) oggi sottoterra. Pareti
baraccopoli annunciate dai sociologi o i cataclismi d'ogni genere a cristalli liquidi o mosaici pulsanti di led, per decorare salotti o
e natura previsti dagli ecologi. Ma gli architetti sono talmente pranzi, resuscitando in forma virtuale la vecchia carta da parati.
ottimisti che quand'anche avessero torto e la distopia vincesse Intere case intelligenti foderate con pelli mediatiche da governasull'utopia, sono già preparati ottimisticamente al peggio. Studia- re tramite cellulare per accendere un forno dall'ufficio o veder
no gradevoli moduli abitativi per fronteggiare ogni apocalisse: comparire sui muri della camera da letto il web-giornale della
casette galleggianti e trasparenti a prova d'inondazione (viste nel mattina. Vivremo fra materiali che sembrano pietre, ma pietre
Padiglione Usa della Biennale Architettura dedicato a Katrina) o non sono, perché trasformati atomicamente come Ogm minerali,
trulli antisismici per zone terrein modo da poter costruire
motate fatti di sacchi di terra
monumentali cose ellittiche,
disposti su perimetri circolari
curve o permeabili all'aria.
(progetto dell'iraniano Nader
Avremo cemento opalescente
Khalili che gli ha fatto vincere
ma forte come calcestruzzo,
l'Aga Khan Award 2004). È l'ivernici da esterno che come sindea geniale di Shigeru Ban per
tetica clorofilla ripuliscono lo
mettere ordine nelle favelas grasmog delle megalopoli e sopratzie ai Pts (Paper Tube Structututto, sempre più e ovunque:
res): enormi tubi di cartone che,
vetro. Tanto vetro atomicamencome bambù, si trasformano in
te e tecnologicamente modificafacciate, colonne, tetti e quindi
to, forte come una muratura,
confortevoli ed economiche
trasparente come l'aria, intellicase o chiese. All'inizio gli congente e reattivo perché si avveri
testarono la scarsa affidabilità
l'utopia dei pionieri delle prime
del materiale, pura carta riciclaarchitetture in ferro da Eiffel a
ta, ma non ci volle molto tra
Paxton e una delle profezie di
vernici e sigillanti di ultima
Walter Benjamin che già nei
Idea Store, la bibblioteca dell’architetto David Adjaye a Londra
generazione a rendere water"Passages" parigini parlò di
proof e ignifugo quel materiale nato povero.
"glauco chiarore abissale" intuendo il potere della luce diffusa e
Perché gli architetti sono amici degli scienziati, gente sempre costante nel confondere la percezione del tempo e dello spazio in
ottimista come loro. Gente che non vede un domani fatto di un continuo fluire l'un nell'altro, annullando confini dimensionali
ghiacci sciolti e periferie allucinate, ma città trasparenti e legge- e ribaltando i rapporti di interno-esterno.
re, edifici sensibili che reagiscono con un fremito ai cambiati di
Questa sarà la città ai tempi di Internet. Una città a misura di
luce e di atmosfera, giganti buoni tutti in vetro, metropoli lattigi- noi abitanti-viandanti del Terzo millennio. La definizione felice è
nose come tante Atlandidi riemerse dagli oceani. E lo "spazio spiegata in uno dei saggi che l'architetto Massimiliano Giberti
subacqueo" teorizzato da Toyo Ito che regala la percezione di scrive per l'ottima rivista "Materia" strumento fondamentale per
fluttuare in un mondo protetto e di nuovo armonioso. Fu lui a chiunque sia interessato agli scenari che qui si dibattono. Dunque
costruire nel lontano 1986 il primo esempio concreto del sogno: Giberti spiega come dalle piante della case si legge la società
la Torre dei Venti a Yokohama. Che era una torre di cemento degli uomini. Racconta ad esempio che il corridoio nasce alla
armato, muta e ottusa prima che lui la trasformasse in un oggetto fine del '500 in Inghilterra come specchio della distinzione in
di luce, tra lastre riflettenti in acrilico e computer installati ai suoi classi di quella società e disimpegno per dividere i percorsi di
piedi. Così che in base all'orario, ai rumori della piazza, al la signori e servitù. Oppure come la casa borghese trasformi il convelocità del vento, al calare o crescere delle temperature la torre cetto di spazio in quello di attività e come il sorgere nell'Ottocenpotesse rispondere accendendo e spegnendo anelli luminosi, to di camere da letto e pranzo vada di pari passo con la rivoluzio-
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n. 5-6/2006
Tecnica delle costruzioni
remo a spingere la personalizzazione del nostro abitare? E
dove ci porterà l'incosciente
"L'idea mi è venuta in un momento particolare: ero al mare, delle nuvole passavano spinte da
ottimismo dei progettisti? Gli
un vento rapidissimo. Mi è tornato in mente uno dei miei vecchi sogni: costruire un'architettura che non fosse cristallizzata in alcuna forma". Così funziona la mente di un architetto, vede
scenari che si aprono sfiorano
la cosa più immateriale dell'universo e immagina di fermarla per sempre in un edificio. Se poi
la fanta architettura. Eppure è
è geniale, come in questo caso, Massimiliano Fuksas trova anche gli strumenti per trasformatutto vero. Come sono veri i
re il sogno in realtà: qui il Centro Congressi dell'Eur che i romani, prima ancora di vederlo, già chiamano Lot-Ek2 architetti italiani che
"la nuvola". E per spiegare il processo creativo che dalla spiaggia porta alla costruzione di un monumentavivono a Manhattan molto
le trasparente cirro, dal 2 dicembre al 28 febbraio, Fuksas sarà protagonista al Museo Maxxi di Roma di una
concentrati nello studiare un
mostra dal titolo "Un sessantesimo di secondo". Sarà come "vedere un film all'inverso. Partire dall'opera realizzata e far vedere a ritroso tutte le fasi precedenti, il percorso dell'idea che si materializza in un sessante- habitat che parte "dai prodotti
simo di secondo", spiega Doriana Fuksas compagna di lavoro e di vita dell'architetto che tanta fatica ha cura- e sotto prodotti della cultura
to e messo in scena. E non è facile, perché Fuksas è un uomo voracemente creativo. Fin dai suoi parigini tecno logica per farli interagianni Ottanta, quando ancora non era entrato nella rosa delle archi-star mondiali e dipingeva i suoi sogni in re con il corpo umano", parole
acrilico su rotoli infiniti (anche 20 metri) di plastiche da imballaggio. Dipinti potenti e bellissimi, visioni di loro. Il che, tra le altre cose,
città a venire, immagini di periferie dalla forza sironiana e fortemente ancorate alla grande forma italiana. ha generato l'MDUHarbor:
Quella che nella mostra vedremo già tradotta in edifici attraverso disegni, maquette, modellini artigianali in approdo per unità abitative
gesso o carta, video che illustrano tutto il processo dalla matita al computer e le foto delle opere realizzate
mobili. Partendo dal presupdal PalaFuksas di Torino alle Twin Towers a Vienna, dal Peace Center a Jaffa i n Israele alla nuova Fiera di
posto che viandanti informaMilano o i futuristici edifici a bolla per la Grappa Nardini.
tizzati siamo e sempre più lo
ne industriale che porta il lavoro altrove, mentre la città tra la fol- saremo, Lot-Ek2 hanno inventato una casa da portarsi dietro nel
la anonima e cafè society diventa luogo principe dell'immagina- nostro tecnologico vagabondare. Casa che troverà asilo in edifici
rio attraversato da frettolose e misteriosi passanti che colpiscono griglia da collocare in punti strategici del globo, nel cuore o ai conocchi e cuore di Baudelaire. E raccontando piante, materiali ed fini delle megalopoli prossime venture. "Saranno colonie abitative
edifici Giberti arriva a noi, anzi ai futuri noi, "abitanti- viandanti" simili ai pixel di un'immagine digitale, tessiture provvisorie generasenza luoghi né orari, né famiglie tradizionali o abitudini colletti- te dalla presenza o assenza delle MDU in luoghi della intelaiatura",
ve, ma solo esigenze personali e la richiesta di un habitat a misu- ancora parole loro. E gli MDU somigliano a container molto ben
ra del desiderio: home cinema, home fitness, spazi per lavoro fatti, dove gli ambienti scorrono come cassetti. Si chiudono durante
telematico, bagni intelligenti, smart kitchen: tutte robe difficili da il viaggio, poi giunti a destinazione basta spingere o tirare ed ecco
collocare nei rigidi impianti degli appartamenti novecenteschi. che ricompaiono bagni, cucine e camere da letto. Dicono i LotEcco allora come i nuovi materiali ci permettono già di gettare le Ek2: "Abbiamo osservato tanti individui o coppie che si spostano
basi della nuova casa. Anzi una "Ipercasa" a cui attualmente sta nel mondo. Un numero crescente di persone che domani potrà avelavorando a Melbourne una società di nome Crowd. Immaginate re la propria residenza privata a Londra o a New York, grazie a una
macro condomini dove sia possibile organizzare l'appartamento casa che viaggia con loro con tutte le loro cose già pronte". E qui si
su misura, spostando grazie a binari pareti leggerissime che nulla ricongiunge il cerchio fra apocalittici e ottimisti, perché grazie
hanno da invidiare alla insonorizzazione e resistenza di muri por- all'instancabile ingegno della mente architettonica siamo pronti al
tanti. Una casa che è praticamente l'estensione di noi stessi, "non peggio. E se arriva un'alluvione, un terremoto, un cataclisma o un'ala casa per tutti, ma la casa per ciascuno" dove diventiamo inte- pocalisse la nostra Arca-container l'abbiamo già.
rattivi con il progettista che
generosamente ha già predi- Fra schiume e fibre ottiche di Cristina Gagliardi*
sposto anche all'interno pareti Materiali compositi avanzati Sono una combinazione tridimensionale di almeno due materiali tra loro chirotanti, spazi dinamici o par- micamente differenti con un'interfaccia di separazione. La combinazione vanta proprietà chimico-fisiche
ticipating walls: cosa già spe- non riscontrabili nei singoli materiali che la compongono. Strutturali, resistenti all'impatto, leggeri, caricarimentata da Helmuth Richter ti con fibre naturali, fibre di vetro, carbonio, aramidiche, con resistenza alle sollecitazioni, all'urto, all'usua Vienna o Steven Holl in 28 ra, all'ossidazione e alle alte/basse temperature. Calcestruzzi innovativi LiTraCon, Light Trasmitting
residenze a Fukuoka, dove Concrete, un conglomerato che può fungere da conduttore della luce. L'aggiunta di fasci di fibre ottiche
possiamo anche far scompari- nella composizione tradizionale del calcestruzzo permette ai pannelli di LiTraCon di trasportare fedelmenre gli angoli se ci punge te, e in tempo reale, una punteggiatura fittissima di pixel luce e colore, attraversando muri spessi fino a 20
metri. Attualmente in fase sperimentale.
vaghezza di abitare in un
Schiume metaliche Costituiscono una nuova classe di materiali per applicazioni strutturali in diversi campi
ambiente più morbido. Parola
dell'ingegneria e risultano molto promettenti in virtù delle loro caratteristiche di basso peso specifico, effid'ordine su cui i fratelli bou- ciente dissipazione energetica ed elevata resistenza agli urti. I designer ne hanno intravisto le potenzialità
houlle due fantasiosi bretoni, per applicazioni che ne sfruttino la riflettività, la capacità di filtrare la luce.
di natura vagamente situazio- Materiali naturali Biodegradabili, compostabili, aromatizzati, riciclabili,
ni, hanno inventato il mattone biocompatibili, ottenuti da materie prime naturali quali patata, amido di
tessile con cui costruire flessi- mais, canna da zucchero, canapa. Materiali termoformabili, iniettabili,
bili muraglie grazie a un polimeri, tessuti non tessuti.
sandwich di tessuto imbottito
*docente in Scienza e Tecnologia dei Materiali
Prima Facoltà di Architettura Ludovico Quaroni
di schiuma, fonoassorbente e
componibile all'infinito in tutti
«L’espresso»
i possibili colori. Dove andremo a finire? Fino a che punto riusciL'architetto che ferma le nuvole
In mostra l'arte flessibile di Massimiliano Fuksas
179
Tecnica delle costruzioni
n. 5-6/ 2006
INSETTI E BIODEGRADAZIONE DEL LEGNO
di Enzo Capizzi
T
ra gli insetti si annovera un numero elevato di specie,
circa un milione solo quelle note, che vanno a costituire un numero spropositato di individui, tanto che si può
affermare che essi rappresentano, dopo i microbi, la forma
dominante di vita sulla Terra.
Gli insetti comprendono specie utili all’uomo o direttamente per i loro prodotti, ad esempio le api con le cere, o
indirettamente per l’attività che svolgono, come gli antagonisti naturali utilizzati nella lotta biologica o i pronubi fondamentali per l’impollinazione.
Ma la gran parte degli insetti noti alle persone consiste in
specie dannose che interferiscono o con l’uomo stesso, ad
esempio le zanzare, le blatte, i pidocchi,… o con le sue attività produttive, come ad esempio gli insetti che attaccano le
derrate immagazzinate.
Quindi, è un dato di fatto che il rapporto che gli insetti
instaurano con l’uomo li ha portati ad essere identificati come
utili, dannosi o indifferenti.
È importante sottolineare, però, che lo stesso insetto può
essere considerato in modo diverso a seconda delle situazioni
in cui esplica la propria attività: se nel bosco gli insetti che si
cibano del legno vengono ritenuti utili dal punto di vista ecologico, cioè come un importante elemento di degradazione
della sostanza organica, gli stessi sono considerati dannosi
quando la loro attività viene esplicata su legno in opera o su
manufatti lignei di cui l’uomo si serve.
Questi insetti, che trovano nel legno e nei suoi derivati la
sostanza nutritiva, sono detti xilofagi.
L’attività degli insetti xilofagi, insieme a quella dei funghi, è causa della biodegradazione del legno.
I due fattori che influenzano la biodegradazione di una
struttura o di un manufatto ligneo sono le condizioni ambientali in cui vengono a trovarsi durante il loro periodo di servizio e la durabilità della specie legnosa di cui sono costituiti.
Le condizioni ambientali influenzano sia il tipo di organismo (fungo o insetto) capace di attaccare la specie legnosa,
sia la velocità con cui questo riesce a degradarla.
L’umidità è il principale fattore di rischio perché consente
lo sviluppo di tutti quegli agenti biotici che possono causare
danni. In ambienti in cui l’umidità del legno varia tra 7 e
15%, questo potrà essere infestato da insetti, mentre la pre-
Sviluppo in ambiente di insetti e muffe in funzione di temperatura
e umidità relativa (da A.Gelosi e L.Süss, Insetti ed acari, modif.)
180
senza di funghi, il più delle volte legata a fonti accidentali di
umidità (ad esempio la presenza di infiltrazioni), è probabile
averla quando il valore di umidità del legno è superiore al
20%.
La temperatura, in sinergia con l’umidità, regola lo sviluppo di microrganismi e insetti.
Le radiazioni luminose a bassa lunghezza d’onda determinano il degrado delle parti organiche costituenti i materiali.
Inoltre, specie per quanto riguarda il legno in
opera, anche la presenza
di polvere contribuisce
in maniera spesso determinante alla degradazione, in quanto veicolo
e rifugio di microrganismi e di altri agenti biotici.
Per quanto riguarda
la durabilità, l’alburno e
il durame, parti di cui è Sezione di tronco (A.Battisti, 2001)
composta ogni specie
legnosa, presentano comportamenti diversi: l’alburno non è
durabile, quindi viene facilmente attaccato e degradato sia da
funghi che da insetti; il durame offre una certa resistenza ai
funghi, a seconda della specie legnosa, mentre è generalmente
resistente agli insetti.
Bisogna però evidenziare che anche il durame può essere
attaccato dagli insetti specie se ha subito in precedenza un
attacco fungino.
Il danno causato al legno dall’azione di funghi e/o di
insetti, oltre che essere di natura estetica, comporta anche la
diminuzione delle prestazioni meccaniche degli elementi
strutturali attaccati.
L’attività di biodegradamento è sempre caratterizzata da
specifiche tracce la cui lettura permette di capire il tipo di
attacco e la gravità del danno, nonché il rischio di ulteriore
degrado. Un’attenta diagnosi rende possibile decidere quale
sia il trattamento più idoneo per la risoluzione del problema.
Infatti per poter mettere in atto delle valide misure di difesa delle strutture lignee è necessario individuare gli agenti
della degradazione e conoscere le condizioni che ne favoriscono lo sviluppo.
Gli insetti xilofagi appartengono a poche famiglie e vengono raggruppati in quelli che iniziano l’attacco su legno vivo
o appena abbattuto e quelli che si insediano nel legno in opera.
Ad essi si aggiungono altre specie che, pur non essendo
xilofaghe, utilizzano il legno per la costruzione del nido.
Insetti che iniziano l’attacco su legno vivo o appena abbattuto
Il taglio di un albero genera un repentino cambiamento
dello status della foresta che viene immediatamente percepito
dagli insetti xilofagi presenti.
Questi attaccano il legno già nella fase di allestimento e
n. 5-6/2006
trasporto dei tronchi: infatti una prolungata fase di deposito in
foresta è sempre caratterizzata da un’intensa colonizzazione
che, in alcuni casi, continua a svilupparsi anche per più anni
ed anche dopo le fasi di stagionatura e di lavorazione, fino ad
arrivare nelle nostre case, tanto che l’attacco può manifestarsi
quando il legname è già in opera.
Gli insetti che possono insediarsi nel legno vivo appartengono ad alcune famiglie di
Coleotteri
(Buprestidi,
Cerambicidi,
Scotilidi,
Bostrichidi), alla famiglia dei
Cossidi (Lepidotteri) e a
quella dei Siricidi (Imenotteri). Le larve di questi xilofagi
sono responsabili dello scavo
nel legno di gallerie anche di
notevoli dimensioni.
Tra i Cossidi va ricordato
Cossus cossus, detto anche
“rodilegno rosso”, un lepidottero la cui larva, di colore rossobruno e lunga a maturità 8-10
cm, durante lo sviluppo vive a spese del legno, scavando gallerie più o meno grandi dalle quali fuoriesce un liquido rossastro misto a rosura.
Il ciclo di sviluppo dura due anni completi durante i quali
le larve provocano un danno al tronco così consistente da pregiudicarne le caratteristiche
tecnologiche.
Il più diffuso Siricide è
Urocerus gigas, detto anche
“vespa del legno” per la sua
tipica colorazione a fasce
gialle e nere. È un insetto di
grandi dimensioni (circa 30
mm) che infesta il legno in
foresta ma che, in virtù del
suo lungo ciclo biologico
(circa 3 anni), arriva allo sfarfallamento quando questo è già stato messo in opera. La larva
scava lunghe gallerie che raggiungono 5-6 mm di diametro,
stipate di un rosume fortemente compattato. I danni in genere
non sono gravi in quanto l’insetto non può deporre le uova sul
legno dal quale è sfarfallato.
La migliore prevenzione dagli attacchi di questi insetti
consiste nell’allontanare velocemente dal bosco il legname.
Altra importante precauzione è il procedere all’immediato
scortecciamento del tronco così da limitare la possibilità di
penetrazione degli insetti e influenzare negativamente il loro
sviluppo alterando l’umidità del substrato.
Insetti che si insediano nel legno in opera
Gli insetti che possono insediarsi nel legno in opera appartengono ad alcune famiglie di Coleotteri, detti del “legno secco”, e di Isotteri (Termiti).
I Coleotteri sono insetti che durante il loro ciclo biologico,
inteso come il periodo che intercorre tra la deposizione dell’uovo e lo sviluppo dell’adulto, subiscono una metamorfosi
completa.
Dall’uovo deposto sulla superficie del legno, o nei piccoli
cretti, si schiude una larva che penetra nel legno scavando
Tecnica delle costruzioni
gallerie e nutrendosi dei costituenti la parete cellulare (cellulosa, emicellulosa) e delle sostanze di riserva (zuccheri, amido, sostanze azotate, sali minerali).
Le gallerie seguono la fibratura del legno, con un diametro
variabile da 1,5 a 10 mm a seconda della specie di insetto, e
sono stipate di materiale di rifiuto, il noto “rosume”.
Dopo uno o più anni la larva subisce una metamorfosi in
pupa e successivamente in insetto perfetto, l’adulto, che fuoriesce dal legno lasciando sulla superficie un foro, detto “foro
di sfarfallamento”, di forma e dimensioni caratteristiche per
ogni specie.
Gli adulti sfarfallano generalmente in primavera-estate e
muoiono dopo poche settimane dalla loro uscita dal legno,
spesso senza essere notati da alcuno. Non provocano danni
diretti ma, dopo l’accoppiamento, le femmine che si spostano,
volando o camminando, alla ricerca di legni adatti alla deposizione, possono essere causa di reinfestazione a carico dello
stesso legno dal quale sono fuoriuscite o di altro legno posto
nelle vicinanze.
II danno al legno, opera dell’insetto durante lo stadio di
larva, è costituito dalle gallerie scavate al suo interno fino a
formare un fitto intreccio. Tali gallerie non sono mai visibili
sulla superficie.
I Coleotteri che attaccano il
legno in opera appartengono alle
famiglie dei Lictidi, degli Anobidi, dei Curculionidi e dei Cerambicidi.
Le specie dei Lictidi più
comuni sono Lictus brunneus e
Lictus linearis.
I Lictidi si presentano appiattiti ed allungati, di piccole
dimensioni (3-5 mm). Le larve
sono di colore chiaro e di forma
arcuata, hanno generalmente un
ciclo annuale durante il quale scavano gallerie nell’alburno. Il
loro rosume è sottile e soffice. I Lictidi attaccano i legni teneri e rappresentano un serio problema per i danni che possono
provocare al legno, ridotto in finissima polvere.
Le specie di Anobidi più comuni sono Anobium punctatum
detto “tarlo dei mobili”, Xestobium rufovillosum detto “orologio della morte”, Oligomerus ptilinoides, Ptlinus pectinicornis, Ernobius mollis, Stegobium paniceum, Anobium pertinax
e Nicobium castaneum detto “tarlo delle biblioteche”.
Gli Anobidi sono di piccole dimensioni (3-9 mm a seconda del genere), presentano colore brunastro e forma cilindrica
e sono coperti da una fine pubescenza. Le larve, bianche e di
forma arcuata, vivono nel legno per più di 2 anni, scavando
un fitto intreccio di gallerie del diametro di 1-2 mm, piene di
un resume non compatto, granuloso, nel quale, sono visibili
181
Tecnica delle costruzioni
gli escrementi di forma ellissoidale o lenticolare a seconda
della specie. Gli Anobidi possono infestare anche legni molto
antichi, i danni di tipo strutturale non sono mai gravi, mentre
possono causare un gravissimo
danno estetico.
Le specie dei Curculionidi più
comuni sono Amaurorhinus
bewickianus, Hexarthrum exiguum, Pentarthrum huttoni, Pselactus spadix e Caulotrupodes
aeneopiceus.
I Curculionidi sono Coleotteri con la testa allungata, detti
appunto “punteruoli” per il loro caratteristico apparato boccale. Gli adulti sono di piccole dimensioni (2-4 mm) e non sono
capaci di volare. Attaccano preferibilmente legno umido già
attaccato da funghi. Possono presentare più cicli in un anno e
le larve scavano gallerie in tutte le direzioni riducendo il
legno in una massa di rosume polverulento. Possono causare
gravissimi danni, specialmente nelle testate delle travi annegate nella muratura.
Le specie dei Cerambicidi più
comuni sono Hylotrupes bajulus, Trichoferus
holosericeus,
Obrium
cantharium, Hesperorophanes cinereus e Stromatium unicolor.
Hylotrupes bajulus, detto “capricorno delle case”, è un insetto di grandi dimensioni (10-20 mm) dalla livrea
nera. La larva bianca, cilindrica, vive
nel legno per un lungo periodo, generalmente 3-4 anni, ma può raggiungere
anche 10 anni di età in condizioni ambientali avverse; a maturità ha una lunghezza di 22 mm.
Le gallerie arrivano a 10 mm di diametro, stipate di rosume piuttosto compatto nel quale sono ben riconoscibili gli
escrementi a forma cilindrica.
I danni al legno sono sempre notevoli a causa della lunghezza del ciclo biologico dell’insetto, delle dimensioni delle
gallerie e per il fatto che più generazioni possono susseguirsi
nello stesso manufatto.
L’attacco è circoscritto alla zona dell’alburno ma nelle
specie a durame indifferenziato (Abeti) le gallerie possono
interessare tutta la sezione della trave. I danni più importanti
si riscontrano nelle strutture durante i primi 40-50 anni dalla
messa in opera e la loro intensità diminuisce con il tempo.
Pertanto legni in opera da secoli non sono più sede di un
attacco in atto e i danni riscontrati risalgono certo a periodi
precedenti: in tal caso il rosume presente nelle gallerie ha una
caratteristica colorazione giallo-bruna.
Gli Isotteri, la famiglia che riunisce le specie delle Termiti, sono insetti sociali che vivono in comunità numerose costituite da più caste con individui fertili, destinati alla funzione
riproduttiva (reali e reali di sostituzione), ed individui sterili
(operai), deputati a tutte le altre mansioni necessarie alla vita
comunitaria, come la ricerca del cibo, la nutrizione dei conspecifici, la costruzione del nido, ed ancora alla difesa della
colonia (soldati).
In Italia sono presenti le specie Reticulitermes lucifugus
(termiti sotterranee o termiti del terreno), Kalotermes flavicollis e Cryptotermes brevis (termiti del legno secco).
182
n. 5-6/ 2006
La Reticulitermes lucifugus è la specie più diffusa e dannosa, costruisce il suo nido nel terreno anche a notevole
distanza dal legno attaccato. Gli operai si muovono alla ricerca del cibo
(materiale organico e soprattutto cellulosa) spostandosi all’interno del
legno o di cunicoli scavati nei materiali friabili o costruiti sulle superfici
esposte impastando terra, detriti
legnosi, escrementi e saliva. Questo
comportamento è dovuto al fatto che
la Reticulitermes rifugge la luce e l’aria libera.
Gli operai non rimangono nel legno che hanno infestato
ma ritornano al nido, dove nutrono i conspecifici e i riproduttori per rigurgito boccale (trofallassi) e per prelievo anale.
Le altre due specie, Kalotermes flavicollis e Cryptotermes
brevis, sono meno diffuse e meno dannose. Localizzano il
loro nido nel legno che hanno infestato, dove rimangono scavando ampie gallerie stipate di escrementi di forma prismatica a sezione esagonale. Gli escrementi vengono espulsi all’esterno attraverso fori praticati sulla superficie del legno. Questi fori vengono poi rapidamente sigillati, motivo per cui non
è possibile notarli.
Tutte le termiti durante la loro attività rimangono confinate all’interno delle gallerie e, pertanto, non sono visibili: la
loro presenza si rende evidente solo quando gli adulti alati (re
e regine) sciamano per fondare una nuova colonia.
I danni al legno sono sempre molto gravi: spesso un attacco da temiti porta a cedimenti e crolli improvvisi della struttura infestata.
Insetti che utilizzano il
legno per la costruzione
del nido
Gli insetti non xilofagi
che utilizzano il legno per
la costruzione del nido
appartengono ad alcune
famiglie di Imenotteri:
una specie delle Apidi
(Imenotteri solitari) e
alcune specie dei Formicidi (Imenotteri sociali).
Tra gli Imenotteri solitari, la Xylocopa violacea, detta
“ape legnaiola”, di grandi dimensioni (20-30 mm di lunghezza) di colore nero lucente con ali blu-violacee, scava il legno
creando delle gallerie di diametro fino a 12-15 mm, prive di
rosume e caratterizzate dalla presenza di cellette divise da
barriere. In ogni cella viene collocato
il “pane” -una miscela di polline, nettare e prodotti ghiandolari- su cui
verrà deposto l’uovo. Alla schiusa dell’uovo, la larva che ne fuoriesce troverà nel “pane” il proprio nutrimento
fino al momento di diventare adulto ed
uscire dalla stessa galleria scavata dalla madre.
I danni, anche se limitati ad una
breve porzione della trave, possono
n. 5-6/2006
essere gravi; l’unico segno visibile dall’esterno è il grosso
foro utilizzato dall’adulto per entrare nel legno, posizionato,
di solito, nelle porzioni di travi aggettanti all’esterno delle
murature.
Le specie di Imenotteri sociali che utilizzano il legno per
costruire il proprio nido sono la Camponotus herculeanus e la
Camponotus ligniperda, dette “formiche carpentiere”, e la
Crematogaster scutellaris, detta “formica acrobata” o “formica dalla testa rossa”. Queste attaccano il legno senza nutrirsene ed espellendo al di fuori i resti, così da avere delle gallerie
vuote e con pareti perfettamente levigate. Il danno causato
può essere anche notevole, fino a determinare una diminuzione delle caratteristiche meccaniche del legno.
La loro presenza si nota per l’individuazione degli adulti e
dai granelli di materiale eliminato dalle gallerie.
Il riconoscimento della specie attraverso il danno
L’identificazione certa della specie richiede l’analisi di un
individuo, un insetto in uno dei suoi vari stadi vitali, ma esistono alcuni semplici osservazioni che possono portare all’identificazione sulla base dello studio dei segni tipici della
presenza o del passaggio.
Un primo dato si ricava analizzando l’ambiente in cui si
trova il manufatto.
Ad esempio un’infestazione di formiche generalmente
avviene su legni in esterno, mentre un’infestazione termitica
può caratterizzare anche legni all’interno di edifici.
Molto importanti sono le condizioni microclimatiche in
quanto l’umidità favorisce l’insediamento di alcune specie
(es. Nicobium castaneum), mentre altre ne vengono limitate
(es. Oligomerus ptilinoides).
Un secondo dato ci viene fornito dalle caratteristiche del
legno attaccato. Ogni tipo di materiale è preferito da una
gamma più o meno ampia di insetti (es. Stegobium paniceum
preferisce il legno tenero), come ogni specie legnosa è appetita da questo o quell’insetto (es. il legno di conifera è attaccato
da Hylotrupes bajulus e non da Trichoferus holosericeus,
mentre per il legno di latifoglia avviene il contrario).
Anche l’età del legno ci fornisce delle indicazioni: Cerambicidi e Lictidi hanno necessità di amido, quindi attaccano
legni poco stagionati o stagionati artificialmente, al contrario
degli Anobidi che possono attaccare anche legno più antico.
L’osservazione delle caratteristiche del danno rivela
altre importanti informazioni: la forma, i margini, il diametro
e la distribuzione dei fori presenti nel legno, le dimensioni, le
condizioni di pulizia e l’andamento delle gallerie, danno indicazioni precise sugli insetti responsabili dell’attacco.
Inoltre si può prendere in considerazione il prodotto più
semplice dell’azione degli insetti ossia il rosume che, sotto
forma di piccoli coni posti alla base o sulla superfìcie di un
legno, è indice di attacco in corso.
Le larve, infatti, con i loro movimenti possono spostare il
rosume prodotto espellendolo all’esterno attraverso i fori di
sfarfallamento già presenti sul legno.
Con l’osservazione del rosume, visiva con una semplice
lente di ingrandimento e tattile tra le dita, è possibile avere
informazioni precise sul tipo di insetto (es. gli Anobidi producono un rosume granuloso, mentre Cerambicidi e Lictidi producono un rosume farinoso, compattato per i primi e soffice
per i secondi).
Tecnica delle costruzioni
Tab. 1 Caratteristiche dei fori di sfarfallamento
La presenza di gallerie di apparenza terrosa localizzate
sulle murature e sul legno stesso è il solo indizio che mette in
evidenza un attacco da termiti sotterranee.
Il legno non presenta alcun segno evidente di attacco sulla
superficie; nell’interno le gallerie, che si sviluppano lungo la
foratura del legno, sono prive di rosume e tappezzate da
incrostazioni di colore bruno, costituite da rosume e detriti
terrosi (il cosiddetto “legno di sostituzione”).
Metodologie di salvaguardia
Quando ci troviamo di fronte a strutture lignee attaccate
da insetti che possono aver causato un danno più o meno
apprezzabile, è probabile dover ricorrere ad un trattamento
per fermare la biodegradazione in atto, ma solo l’attento esame del materiale porta a decidere sulla reale necessità di
intervenire.
L’ispezione viene effettuata macroscopicamente (visivamente) con l’ausilio di semplici strumenti. Occorre verificare
la consistenza del legno, sia in superficie che nelle parti interne, e con una lente di ingrandimento vanno osservati i fori di
sfarfallamento e il rosume, così da poter dedurre sia la specie
di insetto che ha causato il danno, sia se l’attacco è ancora
attivo o meno. Altre importanti indicazioni si ricavano misurando il contenuto di umidità del legno. Infine, mediante l’utilizzo di apposite apparecchiature è possibile valutare la consistenza del legno, soprattutto nelle zone non a vista e non
accessibili.
L’esame deve essere esteso a tutta la struttura lignea e su
tutta la lunghezza degli elementi, ponendo particolare attenzione alle parti ricoperte da malta e intonaci. Lo scopo è di
determinare non solo il tipo di attacco a carico del legno ma
anche se l’attacco è attivo o pregresso come pure la sua localizzazione, estensione e profondità nell’elemento ligneo interessato dall’infestazione.
Naturalmente, prima di procedere ad un trattamento, è
necessario verificare che la resistenza residua dell’elemento
strutturale sia ancora sufficiente.
II trattamento da effettuare deve essere mirato alla specie
di insetto che ha prodotto il danno e non è sempre detto che
un trattamento sia necessario. Abbiamo visto che ogni specie
di insetto lascia nel legno tracce del suo attacco e attraverso
queste è possibile identificarla e quindi valutarne la pericolosità nei confronti della struttura legnosa.
In presenza di un attacco da Siricidi non è necessario
effettuare trattamenti, infatti, quando si notano i fori di sfarfallamento gli insetti sono già fuoriusciti e in ragione della
183
Tecnica delle costruzioni
loro biologia non vi è presenza di larve di seconda generazione.
Di fronte ad un attacco da Cerambicidi non sempre un
trattamento è necessario. Se l’attacco si riscontra su travi in
opera da periodi di tempo superiori al secolo è inutile effettuare un trattamento in quanto queste non possono essere più
sede di un attacco attivo. Su travi più recenti, viceversa, l’attacco può essere ancora attivo (presenza di rosume chiaro,
fori di sfarfallamento a margine netto) ed in questo caso è
necessario intervenire con un trattamento.
In presenza di un attacco da Anobidi il trattamento deve
essere effettuato dopo aver accertato la presenza di un attacco
in corso: rosume chiaro e sotto forma di piccoli cumuli alla
base del manufatto, fori di sfarfallamento a margine netto e
chiaro. Un attacco attivo può riscontrarsi anche su strutture
molto vecchie.
Se la struttura risulta attaccata da Curculionidi, essendo la
loro presenza legata alla contestuale presenza di funghi, prima di procedere al trattamento è necessario eliminare il substrato fungino e le cause ambientali che ne hanno determinato
l’instaurarsi.
Di fronte ad un attacco da Lictidi, dopo aver verificato che
l’infestazione è attiva, è necessario procedere ad un trattamento.
In presenza di un attacco da Termiti, sia del legno secco
che sotterranee, è sempre necessario un trattamento.
Se la struttura lignea ospita specie sistematesi per la
costruzione del nido, nel caso della Xylocopa violacea è sufficiente provvedere ad una pulizia e al seguente utilizzo di un
biocida ad effetto residuale, nel caso di Camponotus herculeanus, Camponotus ligniperda o Crematogaster scutellaris è necessario effettuare un trattamento ed individuare l’esatta posizione del nido così da eliminare la regina.
Accertata la necessità di un trattamento, occorre scegliere
la metodologia di intervento più opportuna. Infatti il tipo di
trattamento varia in funzione di quale sia l’insetto infestante.
Le tipologie di intervento possono essere di tipo fisico o di
tipo chimico. Tra i primi ricordiamo le onde elettromagnetiche, il calore, le atmosfere modificate, tra i secondi l’utilizzo
di biocidi liquidi e di biocidi gassosi. Inoltre negli ultimi anni
si stanno imponendo trattamenti basati sull’impiego di esche
a feromoni o di IGR (regolatori di crescita). In ogni caso bisogna sempre tener presente: che gli insetti, e soprattutto le larve, responsabili della degradazione, sono protetti da una barriera più o meno spessa costituita dallo spessore del legno;
che i biocidi non riescono a penetrare nel legno se non per
qualche millimetro e che la loro efficacia è limitata nel tempo
per processi di degradazione della sostanza attiva. Inoltre
occorre ricordare che le strutture spesso sono decorate e che
c’è il rischio che il trattamento causi un danno maggiore di
quello già arrecato degli insetti.
Onde elettromagnetiche. Nelle loro varie tipologie (legate
alla lunghezza, alla frequenza, ecc.), sono caratterizzate dall’essere un elemento di trasporto di energia senza trasporto di
materia. Il loro potere biocida è legato all’aumento della temperatura causato dall’energia trasportata: gli agenti biotici vengono sottoposti a un’azione di disidratamento a loro letale.
Il limite degli interventi con le onde elettromagnetiche si
può identificare nel fenomeno della diffrazione che le onde
subiscono nell’attraversare il legno (incertezza che tutto il
184
n. 5-6/ 2006
volume da trattare sia raggiunto in maniera uniforme) e nella
diversa risposta dovuta alla eterogeneità dei vari materiali che
normalmente costituiscono un manufatto (abbinamenti di specie legnose con diversi valori di umidità, presenza di metallo,
ecc.) che potrebbero essere causa di inconvenienti alla struttura anche gravi (sovrapposizioni, crepature, bruciature, ecc.).
Calore. Si tratta di interventi basati sull’aumento indotto
della temperatura dei manufatti fino al punto di sfruttare l’incapacità degli agenti biotici di sopportare temperature elevate.
Generalmente l’esposizione a temperature superiori a 40°C
protratte per 24 h porta alla morte della maggioranza degli
insetti, mentre a 60°C sono sufficienti 30 secondi.
Il limite dell’applicazione del calore è su come raggiungere e mantenere nel tempo le temperature necessarie su superfici ampie e in spessori notevoli quali possono essere, ad
esempio, quelli di un soffitto ligneo.
Atmosfere modificate. È una metodologia basata sulla
creazione di un ambiente confinato, dove è collocato il manufatto, in cui la concentrazione dell’ossigeno viene diminuita
in favore di azoto o di anidride carbonica. In questa situazione di stress gli organismi vengono eliminati per anossia.
Requisito indispensabile per la riuscita dei trattamenti è il
mantenimento della bassa concentrazione di ossigeno (anche
al di sotto dell’1%) per un tempo di esposizione piuttosto lungo (da 15 a 30 giorni, a temperatura di almeno 20°C).
Il limite di tale tecnica è legato alla difficoltà di creare un
ambiente a tenuta, nel quale siano garantiti i valori necessari
dei parametri “concentrazione O2“ e “temperatura” per tutto
il periodo di esposizione, in volumetrie grandi e in situazioni
estreme quali possono essere, ad esempio, quelle di una scaffalatura lignea a muro, dove il rischio di perdite verso l’esterno è molto alto.
Spennellatura ed iniezioni con biocidi liquidi. Si tratta
di trattamenti che impiegano prodotti chimici di sintesi tossici
per gli organismi infestanti. I biocidi allo stato liquido possono essere considerati ad azione principalmente preventiva e
solo limitatamente curativa, infatti non garantiscono l’eliminazione di un attacco entomatico, soprattutto in presenza di
quelle specie xilofaghe dal ciclo biologico piuttosto lungo.
Ciò è dovuto al fatto che la loro applicazione, sia per spennellatura che per iniezione, non garantisce il raggiungimento
uniforme di tutte le parti del manufatto, finendo per lasciare
quasi al caso la riuscita del trattamento.
Fumigazioni con gas tossici. Consistono in trattamenti
che impiegano sostanze chimiche di sintesi ad alta tossicità
che, sfruttando le leggi dello stato gassoso, penetrano profondamente nei manufatti da bonificare raggiungendo tutti gli
stadi degli organismi bersaglio.
Il bromuro di metile (CH 3 Br) è sempre stato utilizzato
anche per la disinfestazione di strutture e manufatti lignei,
alcuni dei quali hanno un importante valore storico e culturale. Infatti il BM è stata un’arma molto efficace nella lotta contro gli insetti xilofagi che danneggiano le strutture portanti
delle costruzioni, gli infissi e gli arredi. Dal 1 settembre 2006
non è più possibile utilizzarlo in quanto depletore dell’ozono
e quindi bandito dal Protocollo di Montreal.
L’acido cianidrico (HCN) è un gas utilizzato in passato
per il trattamento di strutture infestate da insetti xilofagi.
Oltre ad essere altamente tossico e praticamente non disponibile in Italia, è estremamente infiammabile ed esplosivo e può
n. 5-6/2006
essere causa di modificazioni irreversibili di alcuni elementi
chimici dei metalli.
Il difloruro di solforile (SO2F2), già ampiamente utilizzato negli Stati Uniti contro le termiti del legno secco ed altri
insetti xilofagi, potrebbe essere il naturale sostituto del bromuro di metile. La società proprietaria della molecola sta portando a termine l’iter di registrazione europea secondo la
Direttiva 98/8/CEE, ma deve ancora inoltrare domanda di
registrazione in Italia come biocida. Impossibile quindi per
ora utilizzarlo.
Per mera informazione citiamo la fosfina (PH3), altro gas
disinfestante, altamente infiammabile in presenza di acqua,
non idoneo a questo campo di impiego in quanto corrosivo
nei confronti di alcuni metalli.
Esche attrattive. Sono sostanze chimiche di sintesi che
riproducendo i feromoni sessuali degli insetti creano degli
scompensi negli individui adulti eliminando o riducendo la
seconda generazione. Oltre a non risolvere il problema delle
larve, soprattutto nel caso di xilofagi dal ciclo biologico lungo, ad essi è legata l’incognita di una reale sperimentazione
sul campo.
Regolatori di crescita. Sono prodotti che interferiscono
con lo sviluppo degli insetti infestanti, agendo sul processo di
metamorfosi. Un sistema vincente è quello contro le Termiti
del terreno (Sistema SentriTech della Dow AgroSciences) che
sfrutta un antichitizzante a base di Esaflumuron che impedisce la formazione della chitina per cui gli individui muoiono
al momento della muta. L’Esaflumuron è rilasciato mediante
esche alimentari sigillate, legnose o cartacee, che vengono
visitate spontaneamente dalle Termiti e permettono di colpire
in modo mirato la specie bersaglio evitando di disperdere nell’ambiente dosi massicce di prodotti chimici. L’impiego di
tale ormone porta alla distruzione dell’intera colonia termitica
sfruttando il comportamento sociale delle Termiti e la trofallassi: l’Esaflumuron cosi non agisce solo sugli individui che
raggiungono direttamente l’esca e vi si nutrono, ma viene da
essi diffuso all’interno della colonia.
Conclusioni
Un progetto complessivo di intervento deve basarsi su una
conoscenza completa sia della struttura da salvaguardare che
dell’infestante che sta lentamente, ma impassibilmente, compiendo il suo ruolo di biodegradatore della sostanza organica
morta.
Quindi la valutazione delle condizioni ambientali e
microambientali in cui si trovano gli elementi lignei, l’identificazione della specie legnosa di cui sono composti, della loro
storia costruttiva e dell’epoca di collocazione, la conoscenza
della specie responsabile dei danni, della sua biologia e del suo
comportamento, diventano un passaggio fondamentale nella
salvaguardia delle strutture e dei manufatti lignei.
Ma il vero salto di qualità sta nella prevenzione: dal bosco
al manufatto finito è indispensabile attuare tutte le procedure
necessarie a limitare l’insediarsi di specie xilofaghe nel legname, mentre per il legno già in opera sono necessarie azioni di
Tecnica delle costruzioni
condizionamento dei fattori abiotici (temperatura, umidità,
luce, polvere, stato fisico delle superfici, aerazione) che rendono possibili e favoriscono attacchi degli insetti xilofagi.
Una grande professionalità degli operatori contro l’irresistibile attività di tanti piccoli scavatori.
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Dove non specificato, le immagini sono tratte da pubblicazioni tecniche della Degesch.
185
Tecnica delle costruzioni
n. 5-6/ 2006
RESISTENZA A TAGLIO DEI SOLAI MISTI
di Vincenzo Dipaola, Giovanni Donatone, Alfredo Sollazzo e Francesco Trentadue
A
ttraverso indagini sperimentali su prototipi si mostra
che la presenza dei laterizi ha una considerevole
influenza nell’innalzare la resistenza a taglio dei
solai misti a travetti sia precompressi che tralicciati.
L’influenza dei laterizi sul comportamento statico-deformativo del solaio misto fu avvertita dagli studiosi sin dai primi
decenni del XX secolo, nel corso dei quali questo sistema
costruttivo, tipico della tradizione edilizia del nostro Paese, si
affermò prepotentemente in Italia, soppiantando quasi completamente gli orizzontamenti in ferro e quelli a soletta piena in
cemento armato.
Poco per volta si riconobbe, infatti, che le pignatte, inserite
dapprima come elemento di alleggerimento, capaci di conferire
una buona protezione alla struttura in cemento armato nei confronti dell’incendio, efficaci ai fini dell’isolamento acustico e
utili in fase di realizzazione del solaio per la semplificazione
delle casserature rispetto a quelle necessarie nella soletta nervata, avevano in molti casi anche un’influenza non trascurabile nel limitare
le frecce aumentando la rigidezza e
nel ridurre lo stato tensionale nel conglomerato e nell’acciaio. Non sono
stati pochi i ricercatori che nel corso
degli anni si sono occupati a vario
titolo di queste problematiche. Tra
loro vi sono anche alcuni degli scriventi che, negli anni ‘90, hanno fornito dei contributi prevalentemente sperimentali per evidenziare in quali casi
la collaborazione tra i due materiali
possa ritenersi significativa sotto sollecitazioni sia di flessione che di
taglio.
Le prove cui ci si riferisce nel presente articolo si riallacciano a questi
presupposti e si inquadrano nell’ambito di una convenzione stipulata nel
2003 tra il “Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale”
del Politecnico di Bari e la “Laterservice S.r.l.”. Esse trattano
del comportamento sperimentale a taglio, fino a rottura, di pannelli di solaio muniti o meno di blocchi di laterizio e si intrecciano, nello sviluppo di un preciso programma di ricerca, con
altre prove riguardanti più specificatamente il comportamento a
flessione.
Su queste ultime si riferirà non appena si saranno completate le sperimentazioni ancora in corso: nel seguito sarà necessario tuttavia qualche riferimento ad esse per l’avvenuta utilizzazione di alcuni prototipi in entrambe le indagini.
Le prove a taglio sono state effettuate in due riprese ed hanno lo scopo di stabilire se, e in quale misura, la presenza dei
blocchi di laterizio nei solai in cemento armato, normale o precompresso, giovi ai fini di migliorare il comportamento statico
di un orizzontamento, sia in esercizio, sia, soprattutto, nei confronti dello stato limite di rottura.
186
La prima serie di prove
In questa serie di prove, avente carattere preliminare, sono
stati utilizzati alcuni dei pannelli che, semplicemente appoggiati nelle sezioni di estremità, erano stati precedentemente provati a flessione. La fig. 1 riporta sinteticamente le caratteristiche
degli elementi presi in esame, provati utilizzando lo schema di
trave semplicemente appoggiata, soggetta a due carichi concentrati e simmetrici. Le pignatte adoperate sono blocchi normali
SCS20 (cat. A) o blocchi rinforzati R38H20 (cat. B) di produzione corrente. I primi sono stati messi in opera a giunti allineati o sfalsati; quelli rinforzati sono stati utilizzati solo a giunti allineati.
I pannelli provati a flessione non sono stati portati a rottura:
le prove sono state spinte, infatti, fino a raggiungere o a superare di poco il carico massimo di esercizio. Cinque dei prototipi,
con o senza blocchi di laterizio, sono stati perciò recuperati e
provati a rottura per taglio utilizzando lo schema statico di fig.
2, fortemente asimmetrico, in modo da accentuare la sol-
Fig. 1
Fig. 2
n. 5-6/2006
lecitazione tagliante in vicinanza dell’appoggio A. I pannelli
provati sono descritti nella tabella 1 e contrassegnati con i
numeri da 1 a 5.
Circa lo schema adottato, si osserva che il carico è stato
applicato in una sezione distante 62,5 cm dall’appoggio, pari a
2,5 volte l’altezza complessiva del solaio (25 cm), in accordo
con quanto consigliato in sede europea dal documento tecnico,
ancora peraltro in fase di elaborazione, al punto 4.2 dell’Annesso H.
L’appoggio, inoltre, è stato posizionato al disotto dei travetti precompressi (fig. 2) per coinvolgere le pignatte nella rottura
a taglio, simulando l’innesto dei travetti in trave alta. Ciò in
virtù di quanto rilevato nel corso di precedenti indagini sperimentali nelle quali l’appoggio è stato posto al disotto della
fascia piena: in questa situazione la rottura si è innescata in corrispondenza dell’estremità dei travetti precompressi ed è proseguita nella stessa fascia piena.
Tecnica delle costruzioni
Fig. 5
Nelle figg. 3 e 4 di cui sopra sono riportate le immagini all’atto del collasso di due dei cinque pannelli.
In fig. 5 sono indicati i legami carico-deformazioni misurati
dagli estensimetri elettrici disposti, come si è già detto, secondo
le isostatiche di trazione. I diagrammi si riferiscono ai valori
rilevati nell’ambito dei carichi di esercizio. Al di là di questi
ultimi, fino alla rottura, l’evoluzione del quadro fessurativo ha
reso inattendibili le ulteriori rilevazioni. Dal diagramma si rile-
Fig. 3
Tabella 1
Fig. 4
Per rilevare le deformazioni sono stati adoperati degli
estensimetri elettrici, due per ciascun pannello, applicati sulla
faccia verticale longitudinale, tra l’appoggio ed il punto di
applicazione del carico concentrato, inclinati a 45° (secondo le
isostatiche di trazione), ad una distanza di 15,5 cm l’uno
dall’altro, così come risulta dalle foto delle figg. 3 e 4. Il carico
è stato fatto crescere gradualmente da zero fino al valore di collasso e contemporaneamente è stato monitorato il comportamento deformativo nelle sezioni di applicazione degli estensimetri elettrici.
va il benefico contributo offerto dalla presenza dei blocchi,
consistente nella riduzione delle deformazioni e quindi delle
tensioni nel conglomerato.
Nella tabella 1 già citata sono riassunti i valori del taglio
agente all’atto della crisi nella sezione maggiormente sollecitata. Nel determinarne l’entità si è tenuto conto del carico, del
peso proprio della traversa usata per trasmetterlo, di quelli del
martinetto, della cella di carico e del pannello, diverso quest’ul
timo a seconda della presenza o meno dei laterizi e della loro
tipologia.
Si osserva che i pannelli 1 e 4, privi di laterizi, si sono rotti
a taglio, mentre gli altri, muniti di laterizi, hanno raggiunto la
rottura per flessione.
Il taglio massimo all’atto della crisi è stato mediamente alquanto superiore per i secondi rispetto ai primi. Ma è rilevante
osservare che, per i pannelli con laterizi, la rottura per taglio si
sarebbe avuta sotto un valore di quest’ultimo certamente più
elevato se non fosse prima intervenuta la rottura per flessione.
La presenza dei blocchi, cioè, migliora il comportamento a
taglio dei pannelli in fase di rottura: e ciò verrà confermato
anche dalle prove della seconda serie.
187
Tecnica delle costruzioni
n. 5-6/ 2006
Fig. 6
Fig. 7
188
n. 5-6/2006
Tecnica delle costruzioni
La seconda serie di prove
Si è ritenuto, a seguito di quanto descritto, di approfondire
maggiormente l’argomento operando su ulteriori elementi
appositamente realizzati, di tipo semiprefabbricato con impiego
di travetti in c.a.p. e di travetti tralicciati in c.a. ordinario.
Sono stati perciò confezionati dodici pannelli, sei con travetti precompressi e sei con travetti tralicciati. Per ciascuna
serie di prototipi, tre sono stati realizzati usando blocchi di laterizio ordinari (cat. A) e tre senza blocchi.
Le dimensioni dei prototipi sono quelle indicate nelle figg.
6 e 7, rispettivamente riferite a pannelli con travetti, in c.a.p. e
con travetti tralicciati.
Fig. 9
Fig. 8
Fig. 10
Tutti sono stati realizzati con tre travetti e, ove presenti, con
due file di pignatte di cat. A a giunti allineati, ciascuna delle
quali costituita da sei blocchi aventi dimensioni 25x38x20 cm
(fig. 8). Il travetto precompresso prevede l’aggiunta di 2)16
esterni mentre quello tralicciato è costituito da un fondello in
laterizio riempito di calcestruzzo con 2)5+1)7 di confezionamento e 2)16 aggiuntivi.
Nei prototipi a travetti precompressi questi ultimi si prolungano nei cordoli per 20 cm onde assicurare, in assenza di armatura fuoriuscente, un corretto ancoraggio; nei tipi a travetti
tralicciati, in cui è prevista un’armatura lenta fuoriuscente, il
prolungamento è di soli 5 cm.
Prove di compressione su cubetti prelevati dai getti hanno
permesso di valutare la resistenza a compressione cilindrica caratteristica del calcestruzzo fck = 25 MPa.
I pannelli con travetti precompressi e pignatte sono stati
identificati facendo seguire il numero d’ordine (da 1 a 3) dalle
lettere “P” (precompresso) e “C” (con laterizi); analogamente i
pannelli con travetti tralicciati sono stati identificati sostituendo
la lettera “P” con “T” (traliccio).
L’identificazione dei prototipi privi di laterizi si è ottenuta
per entrambe le categorie sostituendo la lettera “C” con “S”
(senza laterizi).
Il carico è stato ottenuto tramite un martinetto della portata
massima di 50 t, alimentato da una pompa oleodinamica, e trasmesso al pannello di prova tramite una traversa in acciaio
(HE220B) pesante complessivamente 120 daN.
Anche per queste prove il carico è stato applicato in una se-
zione trasversale del pannello distante 62.5 cm dall’appoggio
più vicino.
Nelle figg. 9 e 10 è rappresentato lo schema di carico relativo alle due serie di prove, rispettivamente su pannelli con travetti precompressi e su pannelli con travetti tralicciati. Ciascun
pannello è stato sottoposto ad un carico monotonamente crescente, partendo da un valore nullo fino alla rottura. A differenza di quanto si è verificato nelle prove relative ai pannelli lunghi, per alcuni dei quali la rottura è avvenuta a flessione e per
altri a taglio, nel caso dei pannelli tozzi, di cui qui si sta riferendo, la rottura è sempre avvenuta inequivocabilmente a
taglio. Ciò anche in quanto la rottura a flessione è stata volontariamente evitata ponendo in opera un’elevata armatura atta a
resistere alla sollecitazione flettente.
La tabella 2 è riepilogativa dei risultati sperimentali ottenuti. In essa sono indicati:
- nella prima colonna la sigla del pannello;
- nella seconda colonna il peso proprio “q” del prototipo per
unità di lunghezza;
- nella terza colonna la somma dei pesi della traversa di carico (Ptr), del martinetto (Pm) e della cella di carico (Pcc);
- nella quarta colonna il carico esercitato dal martinetto all’atto della crisi per taglio (Pu);
- nella quinta colonna il taglio massimo presente all’atto
della crisi (Va) calcolato tenendo conto di tutti i contributi suddetti;
- nella sesta colonna il taglio medio di rottura.
189
Tecnica delle costruzioni
Il dato principale che risulta dalla tabella è che, sia nei solai
a travetti precompressi, sia in quelli tralicciati, il carico medio
di rottura a taglio si incrementa sensibilmente nel passaggio dai
pannelli privi di pignatte a quelli che ne sono dotati.
n. 5-6/ 2006
Confronti teorici
A corredo di quanto esposto appare interessante qualche
confronto tra i risultati sperimentali conseguiti e le resistenze a
taglio desumibili per via teorica impiegando le formule consigliate dalla normativa tecnica. Ci si è riferiti all’Eurocodice 2
(UNI EN 1992-1-1) che, al punto 6.2.2, fornisce il valore di
progetto della resistenza a taglio VRd,c per elementi che non
richiedono armature a taglio, mediante la formula (6.2a), da
riferire sia ai pannelli con travetti in c.a.p. (fig. 14), sia a quelli
con travetti tralicciati (fig. 15).
In essa si esclude, per i primi, il contributo della precompressione in quanto estesa al solo travetto prefabbricato e non
all’intera nervatura e, per i secondi, quello del traliccio metallico a causa della insufficiente altezza di quest’ultimo, non adeguatamente ancorato in zona compressa. Si ritiene perciò che la
principale funzione del traliccio sia quella di assicurare il
monolitismo del solaio come verrà precisato successivamente.
Tabella 2
Gli incrementi percentuali infatti sono pari nei due casi rispettivamente a:
Fig. 12
e risultano perciò nell’ordine del 20,5% e del 24,1%. Ciò
conferma in maniera anche più convincente quanto rilevato a
seguito della prima serie di prove di cui si è riferito in precedenza.
La fig. 11 mostra uno dei pannelli nel corso di una prova.
Le figg. 12 e 13 mettono in evidenza la crisi per taglio raggiunta da alcuni pannelli.
Fig. 13
Fig. 11
190
Fig. 14
Tecnica delle costruzioni
n. 5-6/2006
A tale risultato si arriva assumendo, nel caso in esame,
e conseguentemente
Fig. 15
Si ha pertanto in entrambi i casi la seguente espressione
della resistenza di progetto a taglio:
in cui vanno assunti i valori comuni fck= 25 MPa e Jc =1,5.
Con riferimento ai pannelli a travetti precompressi, la fig. 14
riassume alcune delle grandezze geometriche necessarie per
utilizzare la (1) espresse in millimetri. Risultano inoltre:
Così operando si ottengono valori medi dei tagli resistenti
teorici pari a 8285 daN e 8610 daN, rispettivamente per i pannelli con travetti precompressi e tralicciati. La persistente
discrepanza tra questi ultimi valori medi teorici e quelli sperimentali può essere giustificata osservando che, nel caso dei
pannelli con travetti in c.a.p. (fig. 12), l’elemento inferiore precompresso incrementa la portanza del meccanismo resistente
“a pettine” sviluppando un notevole effetto “spinotto” non considerato nella (1). Per quanto riguarda i pannelli con travetti
tralicciati la fig. 13 mostra chiaramente che il traliccio metallico è stato interessato dalla superficie di rottura e che certamente ha contribuito alla resistenza a taglio. Anche in questo caso,
però, tale contributo non è tenuto in conto nella (1).
Un’ulteriore verifica, prevista dall’Eurocodice 2 Parte 1-1,
al punto 6.2.5, riguarda la tensione tangenziale all’interfaccia
tra il calcestruzzo gettato in opera e l’elemento prefabbricato.
Tale controllo può riguardarsi come una “verifica del monolitismo” del pannello.
La verifica richiede che:
essendo:
A conti fatti si ricava:
Per i travetti tralicciati si ha ancora Asl = 2)16 = 402 mm2
ed inoltre, con i dati di fig. 15:
Risulta così:
Entrambi i valori ottenuti appaiono molto contenuti nei
confronti dei risultati sperimentali medi misurati che sono pari
a 17035 daN e 15349 daN, rispettivamente per travetti precompressi e tralicciati in assenza di laterizi. In presenza dei laterizi tali valori si innalzano ulteriormente diventando pari a
20534 daN e 19054 daN (tab. 2) nei due casi in parola.
Allo scopo di eseguire un confronto più significativo, si
osserva che i valori teorici di VRd,c sono dipendenti dalla resistenza caratteristica a compressione fck (frattile 5%) del calcestruzzo e dal coefficiente parziale di sicurezza del materiale
Jc= 1,5.
Di fatto una stima accettabile dei valori medi del taglio resistente, corrispondenti ai valori (2) e (3), si può ottenere amplificando gli stessi per il coefficiente
il valore di progetto della tensione tangenziale all’interfaccia;
VRdi = cfctd + Ufyd (PsinD + cosD)
la resistenza di progetto, in cui, in particolare:
VEd
è la forza di taglio trasversale;
bi
è la larghezza dell’interfaccia;
E
è il rapporto tra la forza longitudinale nell’ultimo getto di calcestruzzo e la forza longitudinale globale in zona compressa o tesa
(E=1);
c, P
sono fattori dipendenti dalla scabrezza dell’interfaccia (c = 0,35 e P= 0,6 per superficie
liscia);
U = As
con As area dell’armatura che attraversa l’inAi
terfaccia, ed Ai area del giunto;
D
è l’inclinazione sull’orizzontale dell’armatura che attraversa il giunto.
Ponendo nella (4) il segno di uguaglianza, si ottiene
l’espressione del taglio resistente all’interfaccia:
VEd,max = [cfctd + Ufyd (PsinD + cosD)] zbi
(5)
Comune ad entrambe le tipologie di pannelli è il valore della resistenza a trazione di progetto del calcestruzzo:
fctd = fctk,0.05 / Jc = 1,8 / 1,5 = 1,2 MPa,
avendo assunto fck = 25 MPa.
Per i pannelli con travetti in c.a.p. risulta inoltre (fig. 16):
bi = 200 mm; d = 215,6 mm; z = 0,9 d = 194,04 mm; U = 0
e conseguentemente la (5) fornisce:
Passando al valore medio della resistenza a trazione
191
Tecnica delle costruzioni
fctm = Jc fctd /0,7, come già in precedenza descritto, al
taglio resistente di calcolo si può far corrispondere il taglio
resistente medio allo scorrimento pari a 10478 daN
(=4890x1,5/0,7). Per i pannelli solaio con travetti tralicciati
invece, trascurando il contributo delle barre compresse e assumendo (fig. 17):
bi = 90mm; d = 230mm; z = 0,9 d = 207 mm
s = 200 mm (passo del traliccio metallico);
As = 2)5 = 40 mm2 (armatura tesa che attraversa l’interfaccia);
n. 5-6/ 2006
La seconda serie di prove, condotta su elementi molto
armati a flessione per far sì che la rottura avvenisse comunque
a taglio, ha confermato quanto ottenuto nella prima serie: la
presenza dei laterizi ha determinato un incremento medio del
carico di crisi pari al 20,5% e al 24,1% rispettivamente nei casi
di travetti precompressi e tralicciati.
D = 45°; P = 0.6
risulta:
Fig. 17
Anche in questo caso, passando al valore medio della resistenza unitaria a trazione fctm del conglomerato e assumendo
per l’acciaio la resistenza caratteristica fyk, si ottiene il valore
11012 daN.
Fig. 16
Un’ultima osservazione scaturisce dall’analisi delle modalità di collasso dei pannelli. Dalle figg. 12 e 13, relative alle
situazioni di crisi, si rileva che, mentre per i pannelli tralicciati
ad armatura lenta si manifesta la classica superficie di rottura
per taglio (meccanismo resistente “a pettine”), nel caso dei
pannelli solaio con travetti in c.a.p. la superficie di rottura si
propaga orizzontalmente al livello della corda minore del travetto precompresso. Ciò suggerisce l’esigenza di specifiche
verifiche di resistenza in corrispondenza di questa corda più
debole, come proposto dal prEN 15037-1 [5] attualmente in
fase sperimentale.
Conclusioni
Le prove hanno mostrato in maniera chiara che i laterizi
hanno la capacità di elevare considerevolmente il carico di rottura a taglio di pannelli di solaio, sia a travetti precompressi
che tralicciati. Ciò vale anche se si adoperano pignatte normali
anziché rinforzate. Già la prima serie di prove, a carattere preliminare, condotte su travi snelle a travetti precompressi, aveva
provato quanto sopra: infatti i pannelli muniti di pignatte avevano avuto un comportamento più rigido nel corso delle prove
e soprattutto avevano superato il carico di crisi per taglio manifestatosi per i pannelli privi di laterizi, pervenendo a una rottura per flessione sotto carico maggiore.
192
Tutto ciò conferma come i laterizi producano un effetto
benefico sul comportamento statico dei solai misti ai fini dell'assorbimento dello sforzo di taglio. Questo risultato non può
non far sorgere delle perplessità in merito al fatto che le recentissime "Norme tecniche per le costruzioni" [6] ridimensionino
drasticamente, al punto 5.1.9, il contributo delle pignatte ai fini
della resistenza del solaio rispetto a quanto prescritto al punto 7
del D.M. 9/1/96 [3] e da quelli ad esso precedenti. Il confronto
condotto tra i valori teorici della resistenza di calcolo a taglio
valutata sulla base di quanto proposto dall'Eurocodice 2 Parte
1-1 [2] e i valori conseguiti pervia sperimentale mostra che i
primi sono molto più bassi dei secondi, questi ultimi sia in
assenza che in presenza dei laterizi. Si ritiene che ciò sia dovuto alla particolare prudenza con cui si valuta la resistenza a
taglio trascurando il contributo della precompressione e quello
dell'armatura d'anima, rispettivamente nei due casi di solaio a
travetti precompressi e tralicciati. La complessità dei meccanismi di rottura a taglio dei solai a travetti prefabbricati, ampiamente utilizzati nella pratica costruttiva, suggerisce la necessità
di un'estesa sperimentazione per raggiungere una più soddisfacente modellazione dei meccanismi stessi.
Bibliografia
[1] G. Donatone, A. Sollazzo, Collaborazione calcestruzzolaterizio nelle sezioni di solaio soggette a momenti negativi,
"Costruire in Laterizio", n. 26, marzo-aprile 1992.
[2] UNI EN 1992-1-1 Eurocodice 2, Design of concrete
structures. Part 1.1: General rules and rules for buildings,
novembre 2005.
[3] D.M. 9/1/1996, Norme tecniche per il calcolo, l'esecuzione ed il collaudo delle strutture in cemento armato, normale
e precompresso e per le strutture metalliche, Supplemento
Ordinario alla G.U. n. 29 del 5/2/1996, Serie generale.
[4] G. Donatone, A. Sollazzo, Sulle condizioni di vincolo
dei solai latero-cementizi a travetti precompressi, "Costruire in
Laterizio", n. 50-51, marzo-giugno 1996.
[5] prEN 15037-1, Precast concreteproducts - Beam-andblockfloor systems - Part.1: Beams, ottobre 2005.
[6] Decreto 14/9/2005, Norme tecniche per le costruzioni,
Supplemento Ordinario alla G.U n. 222 del 23/09/2005, Serie
generale.
«Costruire in laterizio»
n. 5-6/2006
Tecnica delle costruzioni
LA SOSTENIBILITÀ NEGLI INTERVENTI
DI RECUPERO EDILIZIO
di Beatrice Spirandelli
N
onostante la situazione del patrimonio edilizio esistente in Italia richieda una radicale opera di recupero sia in termini strutturali che in termini energetici,
si continua a costruire ex novo consumando ancora territorio
ed ulteriori risorse. Ciò a fronte di bilanci economici che
escludono completamente i costi ambientali, i quali farebbero invece propendere per interventi di riqualificazione
dell’esistente sia in termini di igiene ambientale che di consumi energetici.
La maggior parte degli interventi edilizi in Italia sono
dedicati alla manutenzione straordinaria ma ancora di più al
rinnovo del patrimonio edilizio esistente; si tratta di circa il
60% che si stima aumenteranno all’80% a partire dal 2020.
Questo perché ad oggi almeno il 40% degli edifici italiani ha
più di 50 anni e, visto il livello di qualità edilizia con cui si
è costruito negli ultimi decenni, non ci si poteva aspettare
che un aumento di questo dato.
A dimostrazione di ciò il CENSIS ha recentemente stimato che in Italia nel 1999 c’erano ben 3.575.000 edifici a
rischio di crollo, tra i quali ben il 63,5% a causa di difetti di
costruzione e solo il rimanente 36,5% per vetustà.
Di fronte a questi dati continuiamo a progettare e
costruire nuove espansioni residenziali di qualità spesso
dubbia, probabilmente anche perché i progetti di nuove
costruzioni consentono una gamma praticamente infinita di
soluzioni tecniche percorribili, mentre nel mondo del recupero edilizio i numerosi vincoli richiedono un maggiore
sforzo progettuale.
Le nuove costruzioni consumano ogni anno circa cinque
milioni di ettari di terreno e ciò implica problemi di permeabilità dei suoli e di alterazione del regime idrogeologico
del pianeta, oltre che problemi di emissioni di C0 2 legati
alla attività edilizia.
Eppure l’ottimizzazione dell’impiego dei corpi di fabbrica esistenti risulta il sistema più economico ed ambientalmente sostenibile per migliorare la qualità media del patrimonio edilizio.
Un recente studio pubblicato sulla rivista “Science”
sostiene che il valore economico in termini di bilancio costi
e benefici di un ecosistema intatto è pari a circa 100 volte il
valore di un analogo terreno convertito per uso edilizio o per
altre funzioni.
Dinnanzi a queste poche considerazioni si capisce come
sarebbe meglio che l’edilizia si occupasse quasi esclusivamente del recupero del patrimonio esistente, operando investimenti in termini di qualità degli interventi in modo da
ridurre il più possibile la necessità di azioni future e quindi
anche il consumo di risorse. Investire in qualità edilizia
significa scegliere materiali di qualità e tecniche costruttive
adatte, oltre che progettare gli interventi in modo da ridurre
i consumi energetici degli edifici garantendo nel contempo il
massimo comfort agli occupanti.
Recuperare o ricostruire?
Ma non ci hanno insegnato che spesso risulta più conveniente demolire e ricostruire che recuperare?
Anche questa è una questione di punti di vista: questo
“consiglio” è valido soltanto in alcuni casi e comunque nel
bilancio economico non tiene conto delle esternalità negative
che le operazioni di demolizione e ricostruzione scaricano letteralmente verso l’ambiente naturale.
Tab. 1 - Patrimonio residenziale degradato per epoca di costruzione
Demolire significa perdere l’energia ed i materiali impiegati nella costruzione ed impiegarne altrettanti per assolvere
alle stesse funzioni, mentre il recupero provoca minori danni
ambientali e permette di mantenere anche un patrimonio culturale esistente a cui oggi spesso non attribuiamo il valore
storico che meriterebbe, con numerose implicazioni anche dal
punto di vista sociale.
Ristrutturare significa impiegare una maggiore quantità di
materiale e produrre una quantità notevolmente inferiore di
rifiuti difficilmente smaltibili.
L’impatto ambientale del settore edilizio è elevato fin dal
momento della produzione dei singoli componenti: circa il
40% dei materiali utilizzati ogni anno dall’economia mondiale, pari a tre miliardi di tonnellate di materie prime, viene trasformata per le costruzioni; per la produzione l’energia usata
è spesso non rinnovabile e ciò peggiora la situazione in termi-
Fig. 1 - Il patrimonio esistente appartenente alla edilizia diffusa ha
un valore storico sia in termini edilizi che culturali che spesso non
viene riconosciuto come tale, soprattutto se ci si trova davanti a
manufatti in fase di degrado avanzato.
193
Tecnica delle costruzioni
Tab. 2 - Nell’esempio di risanamento energetico di una casa
bifamiliare si può notare l’efficacia dei vari tipi di isolamento.
ni di emissioni inquinanti.
Il problema è ben più evidente considerando il maggiore
prodotto delle operazioni di demolizione, circa 20.000 tonnellate annue di rifiuti in Italia, di cui l’80% interrato in discarica.
Se i costi di discarica fossero comprensivi anche dei reali
costi ambientali, probabilmente si comincerebbe a pensare a
demolire di meno, a non sostituire componenti che ancora
presentano elevate qualità ed efficienza ed a riciclare e recuperare elementi provenienti da costruzioni precedenti.
La riqualificazione energetica dell’involucro
Uno dei problemi maggiori dello stock edilizio esistente è
Fig. 2 - Un edificio risalente agli anni ‘70, di proprietà dell’Istituto
per l’edilizia sociale del comune di Bolzano, sta per essere risanato
con l’obiettivo di passare da un fabbisogno termico annuo di 155
kWh/m2anno a 69 kWh/m2anno tramite una maggiore compattezza delle planimetrie, una coibentazione a cappotto dell’involucro
esterno ed un miglioramento dell’isolamento della copertura e del
primo solaio della cantina, oltre che l’adozione di nuovi serramenti
con vetrate termoisolanti (Uw 1,3 W/m2K) e cassonetti per avvolgibili isolati.
194
n. 5-6/ 2006
la questione dei consumi energetici, che sono direttamente
correlati alla qualità edilizia dei manufatti.
Essendo buona parte delle unità abitative esistenti in Italia
state costruite dopo gli anni ‘60, in corrispondenza di un
boom edilizio che ha visto la quantità vincere sulla qualità del
costruito, i dati del consumo annuo di energia per il solo
riscaldamento sono ridicoli se confrontati con le recenti prescrizioni di legge. Il settore edilizio continua a consumare il
45% della domanda energetica nazionale, con un aumento
relativo di circa il 2% annuo, che si esprime soprattutto nel
funzionamento di impianti di riscaldamento e condizionamento inefficienti ulteriormente penalizzati da isolamenti insufficienti e componenti finestrati di scarsa qualità.
Questo sia perché la maggior parte del nostro patrimonio
edilizio è ormai vetusto e sia perché negli interventi degli
ultimi 15 anni le azioni di razionalizzazione dei consumi
energetici sono state spese solo sulla carta e consegnate ai
comuni in forma di relazioni spesso “fantasma”, mentre nella
maggior parte dei casi in cantiere si economizzava sui materiali da costruzione.
Mentre l’Unione Europea si sta impegnando in questa
direzione attraverso l’istituzione dell’«attestato di certificazione energetica» con il tentativo di “informare” in questo
senso il mercato immobiliare in modo da rendere i dati di
consumo degli edifici conformi ai requisiti richiesti dal mercato stesso, l’Italia vara un decreto legislativo di attuazione
che esclude l’obbligo dello stesso certificato per gli edifici
esistenti, che come si è visto sono la maggior parte.
La stessa, inoltre, introduce interventi meno prescrittivi
per gli interventi di manutenzione straordinaria e di ristrutturazione di ridotta entità, nonostante il fatto che proprio queste
categorie, anche alla luce dell’andamento del mercato edilizio, siano quelle che potrebbero dare i migliori risultati in termini di razionalizzazione dei consumi energetici di un edificio.
Dopo una migliore distribuzione interna in funzione dell’esposizione, l’isolamento dell’involucro è infatti la seconda
risorsa da giocare in tema di risparmio energetico, da sfruttare
anche nel caso si abbia inizialmente intenzione di sostituire
unicamente la caldaia; questo in modo da evitare di “buttare
dalla finestra” l’energia risparmiata in termini di maggiore
efficienza.
La maniera migliore per operare questa scelta è senz’altro
applicare il sistema a cappotto all’involucro opaco, che presenta i seguenti vantaggi:
- un miglioramento significativo delle condizioni di
comfort;
- non viene sottratta superficie abitabile all’interno;
- un contestuale miglioramento dell’estetica dell’edificio;
- un’ottima protezione dall’umidità e dal fenomeno dei
ponti termici;
- il costo delle bollette per il riscaldamento può essere
dimezzato, con tempi ridotti per l’ammortamento dell’investimento (3-5 anni) e rendimenti finanziari a 10 anni
pari a circa il 10%;
- l’operazione può essere fatta senza sgomberare l’edificio;
- la produzione di CO2 legata alla gestione dell’edificio
viene notevolmente ridotta.
Nel caso non fosse possibile questo tipo di isolamento,
n. 5-6/2006
come ad esempio negli edifici tutelati per motivo storici - artistici, la strada è quella dell’isolamento interno, che però
richiede in media uno spessore di 10 cm per muratura che
verrà sottratto allo spazio abitabile e deve essere progettato
con attenzione per evitare pericolosi ponti termici; questo tipo
di soluzione però non è efficace per risolvere i problemi di
surriscaldamento estivo.
Bisogna poi isolare ulteriormente la copertura, prevedendo uno strato esterno di ventilazione per ridurre la necessità di
raffresca mento estivo, e per quando possibile tagliare le
dispersioni delle strutture controterra.
In ogni caso maggiore è la differenza ottenuta rispetto al
valore della trasmittanza originaria dell’involucro, e migliore
sarà la convenienza economica dell’intervento.
Ciò vale anche nel caso della sostituzione dei serramenti,
che deve essere condotta parallelamente all’isolamento dell’involucro.
I vecchi telai sono solitamente responsabili delle dispersioni per infiltrazione d’aria e per di più poco efficaci in ter-
Fig. 3 - La riconversione di un tipico edificio industriale prefabbricato in Austria risalente agli anni ‘70, ad opera degli architetti
Poppe & Prehal, ha fruttato una riduzione dei consumi energetici da
271,6 kWh/m2anno a 37 kWh/m2anno, ottenuti rivestendo la precedente struttura in calcestruzzo armato ed eternit con spessori
consistenti di cellulosa (160 mm le pareti e 250 il tetto), serramenti
con vetri isolanti, un impianto di collettori solari in facciata che alimentano il 22% del riscaldamento ed un sistema di integrazione a
pompa di calore.
mini di isolamento acustico, ma sono le parti vetrate quelle
che rappresentano il fattore determinante per le prestazioni
energetiche dell’involucro, in quanto risultano essere quelle
maggiormente attraversate dal flusso di calore.
Esistono in commercio serramenti a doppi o tripli vetri, tra
i quali a parità di spessore è bene preferire i secondi.
È invece quasi una scelta obbligata, anche dalle nuove
normative in termini di risparmio energetico almeno per
quanto riguarda il Nord Italia, quella dei vetrocamera bassoemissivi, ovvero forniti di una specifica pellicola che ne
migliora notevolmente le prestazioni di isolamento termico,
senza modificarne sostanzialmente le prestazioni di trasmissione della luce.
La soluzione ottimale in termini di costi e benefici, al
Nord Italia, sembra essere un vetrocamera bassoemissivo
4/10/4 con interposto gas kripton.
In termini di tempi di ammortamento si deve tenere conto
Tecnica delle costruzioni
Tab. 3 - Si dimostrano i notevoli risparmi conseguibili in un impianto centralizzato con l’adozione di valvole termostatiche e di sistemi
di contabilizzazione condominiale, soprattutto con la messa a regime dell’impianto.
che per questi elementi essi variano in media tra i 10 ed i 20
anni, ampiamente al di sotto del tempo di durata del serramento (>40 anni).
Qualunque sia il serramento scelto, per non vanificare le
prestazioni del prodotti e per assicurarsi dall’assenza di ponti
termici è indispensabile che la struttura (eventuale cassonetto
compreso) venga montata in modo corretto, ovvero in parte
coperta dal cappotto della muratura in modo da non esporre
all’esterno l’intersezione tra quest’ultima ed il serramento.
Una impiantistica efficiente
Un ulteriore passo è senz’altro la razionalizzazione degli
impianti in termini di efficienza, cominciando con la sostituzione del generatore di calore, anche perché la maggior parte
del patrimonio edilizio presenta apparecchi vecchi più di 1015 anni che implicano anche problemi di sicurezza.
Il nuovo decreto 192 rende obbligatorio installare caldaie
a condensazione (3 o 4 stelle), che risultano funzionare al
meglio con terminali a bassa temperatura.
Nel caso ci si trovi di fronte alla ristrutturazione di un edificio con più unità immobiliari, è opportuno orientarsi verso
impianti centralizzati con contabilizzatore di consumi per
ogni unità abitativa, in modo da offrire ad ogni utente la possibilità di regolare a suo piacimento orari e temperature, pagare per quello che effettivamente consuma e mantenere i
numerosi vantaggi di un impianto centralizzato, tra cui la
sicurezza e minori problemi di manutenzione.
Un intervento più radicale suggerirebbe di sostituire il
generatore tradizionale con un sistema geotermico a pompa di
calore, che sfrutta la temperatura costante del sottosuolo inserendo una sonda tra i 50 ed i 250 metri di profondità per
riscaldare o raffrescare il fluido vettore dell’impianto di climatizzazione fino a 40°C, dimenticando i problemi di manutenzione tipici dei generatori e le richieste particolari da parte
delle autorità di vigilanza.
Il sistema opera però con corpi scaldanti funzionanti a
temperatura ridotta, che agiscono per irraggiamento.
Il bilancio costi benefici gioca in ogni caso a favore
dell’adozione di sistemi radianti al posto dei tradizionali
radiatori, che se ben dimensionati presentano generalmente
un miglioramento del rendimento anche nel caso di generatori
di calore tradizionali e quindi minori costi di esercizio, oltre
che un risparmio nella realizzazione con buoni tempi di
ammortamento.
195
Tecnica delle costruzioni
Essi inoltre, se corredati di un’unità deumidificante,
possono provvedere in modo soddisfacente anche al raffrescamento estivo degli ambienti, una spesa sempre più rilevante
nell’ambito della gestione degli edifici, sia in termini energetici che economici.
Nel caso si vogliano mantenere i tradizionali radiatori, si
ricorda che la nuova normativa in tema energetico impone
una temperatura massima del fluido vettore di 60°C e l’adozione di valvole termostatiche su tutti i radiatori, in modo che
si regoli automaticamente la temperatura del fluido vettore e
quindi la temperatura ambiente dei singoli locali e si eviti così
un inutile spreco di combustibile.
Per quanto concerne l’utilizzo di fonti energetiche rinnovabili, anche in fase di ristrutturazione è possibile prevedere
l’installazione di pannelli solari termici o fotovoltaici in
copertura o sulle facciate dell’edificio, a patto che vi sia spazio sufficiente sulla esposizione ottimale e che non vi siano
elementi al contorno che ombreggino gli impianti in alcune
ore del giorno.
I pannelli fotovoltaici, utili per la produzione di energia
elettrica, sono molto più onerosi dal punto di vista finanziario
ma non richiedono un adeguamento di tipo impiantistico,
visto che ci si limita alla sovrapposizione dei moduli alla
copertura ed alla realizzazione di un quadro elettrico di collegamento alla rete; in certi casi i pannelli stessi possono però
costituire anche la nuova copertura dell’edificio.
La produzione di acqua calda tramite pannelli solari termici risulta senz’altro più economica in termini di impianto e di
tempi di ammortamento dello stesso, ma richiede un maggiore adeguamento degli impianti idraulici (ed eventualmente
termici), oltre ad una manutenzione più puntuale ed accurata.
Rimanendo in tema di impianto idrico, è possibile con una
spesa ridotta predisporre alcuni semplici accorgimenti tecnici
per il risparmio dell’acqua potabile, quali acceleratori di flusso o frangigetto e miscelatori termostatici da applicare ai singoli rubinetti, che da soli consentono un risparmio idrico fino
al 50%. La stessa quota è ottenibile anche utilizzando cassette
WC a doppio scarico ed a consumo ridotto.
Gli impianti di recupero di acqua piovana per usi non
potabili risultano convenienti in fase di ristrutturazione spesso
soltanto per la predisposizione di un impianto di irrigazione,
se la copertura offre una superficie sufficiente a raccogliere il
fabbisogno idrico.
Il “risanamento”
La ristrutturazione di un immobile non è soltanto una
occasione per migliorare il comfort termoigrometrico al suo
interno riducendo l’impatto ambientale dei consumi energeti-
196
n. 5-6/ 2006
ci, ma dà anche la possibilità di mantenere (o restituire, a
seconda dei casi) un buon livello di igiene ambientale e di
garantire la salubrità degli occupanti.
Ciò significa fare attenzione alle qualità biologiche nella
scelta dei prodotti edilizi, privilegiando quelli a base naturale.
Il discorso vale innanzitutto per i prodotti isolanti che
risulteranno così traspiranti e quindi aiuteranno a prevenire
problemi di umidità e muffe all’interno dei locali.
Per non vanificare queste caratteristiche, e per garantire
ulteriormente la salute degli occupanti, è opportuno scegliere
con cura anche i rivestimenti e le finiture delle diverse superfici, verificando l’origine delle materie prime e/o la
provenienza dei prodotti e preferendo quelli garantiti da un
certificato emesso da enti riconosciuti (in Italia esistono prodotti certificati per l’edilizia bioecologica garantiti da ANAB
ed ICEA).
La scelta di questo tipo di materiali è cruciale in termini di
igiene ambientale sia perché sono quelli che risultano più a
diretto contatto con gli occupanti, sia perché sono gli elementi
edilizi in genere più a rischio in termini di presenza di
microinquinanti, che a lungo andare risultano nocivi per gli
abitanti stessi a causa delle sostanze organiche volatili
(VOC).
Bibliografia
AA.VV. “Gli impianti nell’edilizia eco-sostenibile e biocompatibile”, Bologna 13 novembre 2005. Aicarr (Associazione italiana condizionamento dell’aria, riscaldamento e
refrigerazione)
A. Paolella, R. Minucci (a cura di). “Cambiamenti climatici ed edilizia. uso dei laterizi per il recupero dell’efficienza
energetica”, ANDIL e WWF, 2003
M. Sala “Recupero edilizio e bioclimatica”, Sistemi editoriali - Esselibri, Napoli, 2001 P. F. Smith “Ecorefurbishment.
a guide to saving and producine energy in the home”, Architectural press - Elsevier, Oxford, 2004
Note
La tabella 1 è fonte CENSIS su dati ISTAT, la tabella 2 è
tratta dal Centro Tutela Consumatori Utenti, la tabella 3 deriva dai dati della ASM di Brescia.
La foto 1 è dell’autrice, la 2 è di Rene Riller ed è tratta
dalla pubblicazione Ottimizzazione energetica delle ristrutturazioni dell’Istituto per l’edilizia sociale del comune di Bolzano dalla documentazione tecnica Renson, la foto 3 è dello
studio Poppe & Prehal.
«Muratura Oggi»
n. 5-6/2006
Tecnica delle costruzioni
TEMPI E COSTI DEI MATERIALI
PER SINGOLE LAVORAZIONI EDILI
di Vincenzo Gieri
L
e categorie delle opere prese in considerazione in
questo articolo sono: murature; pietre da taglio; solai,
soffitti e controsoffitti. Per ognuna di queste, segue la
descrizione della lavorazione; la quantità e il costo dei materiali; il tempo d’esecuzione e il relativo costo della manodopera; la percentuale della manodopera per singola lavorazione e il costo totale della lavorazione. Tempi e costi
dei materiali si riferiscono sempre all’unità di misura della
lavorazione (per esempio: 1 mc di muratura, 1 mq di solaio,
1 mq di pavimento ecc.).
un quarto d’ora = 15 minuti = 15/60 = 0,2500;
mezz’ora = 30 minuti = 30/60 = 0,5000;
tre quarti d’ora = 45 minuti = 45/60 = 0,7500;
1 ora = 60 minuti = 60/60 = 1,0000;
1 ora e un quarto = 75 minuti = 75/60 = 1,2500;
1 ora e mezza = 90 minuti = 90/60 = 1,5000;
2 ore = 120 minuti = 120/60 = 2,0000; e così via.
Il simbolo dell’unità di misura della manodopera, cioè l’ora, viene indicato convenzionalmente con la lettera “h”.
Sia in fase di preventivo sia in fase esecutiva questi dati
sono molto importanti in quanto, applicandoli alle quantità
desunte dal computo metrico, si può ottenere:
- il costo totale dell’intera costruzione;
- il costo totale dei soli materiali occorrenti per l’esecuzione
dell’intera opera;
- il costo totale della sola manodopera occorrente per l’esecuzione dell’intera opera;
- la durata e quindi il numero delle giornate lavorative
necessarie per l’esecuzione dell’intera opera;
- uno studio più dettagliato e quindi un calendario giornaliero particolareggiato.
(Si precisa che tutti i costi, sia dei materiali sia della manodopera, sono considerati esclusi di spese generali e utile d’impresa).
Nelle pagine seguenti il costo della manodopera è stato considerato 18,60 euro, ricavato dalla media del costo medio
ponderato delle varie città d’Italia. Per ottenere il costo medio
ponderato si tiene conto della squadra tipo (per esempio: 1 operaio specializzato di 4° livello + 1 operaio specializzato + 2
operai qualificati + 3 manovali). La somma del costo orario
della suddetta squadra diviso per il numero degli operai (7 in
questo caso) mi dà il costo medio ponderato della manodopera
da applicare.
Esempio di alcuni calcoli
Supponiamo che, moltiplicando le quantità delle singole
opere desunte dal computo metrico per i tempi d’esecuzione, si
ottengano 10 mila ore; possiamo determinare il costo totale della manodopera: 10 mila ore x il costo medio ponderato della
manodopera (18,60 euro) = 186 mila euro.
Se per la costruzione consideriamo una squadra tipo composta da 1 operaio specializzato di 4° livello (capo squadra), 1
operaio specializzato, 2 operai qualificati e 3 manovali, per un
totale quindi di 7 operai, e calcoliamo una giornata lavorativa
di 8 ore, possiamo calcolare il numero delle giornate lavorative
che occorrono per l’intera costruzione:
10 ore/7 operai x 8 ore giornaliere = 179 giorni lavorativi.
Per motivi aritmetici i tempi della manodopera per l’esecuzione di una lavorazione vengono convenzionalmente così
espressi:
1 minuto = 1/60 = 0,0167;
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Tecnica delle costruzioni
«Consulente Immobiliare»
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n. 5-6/ 2006
LA REALIZZAZIONE DI FONDAZIONI
IN PRESENZA DI ACQUA:
IL METODO PROGETTUALE CORRETTO
Il metodo progettuale delle opere provvisionali
Esaminiamo in questo articolo le tematiche che riguardano l’esecuzione di interrati anche in presenza di falda e
proponiamo, in sintesi, un “metodo” razionale ed efficiente
che permette di individuare correttamente gli elementi da
progettare e da prevedere quali opere provvisionali per la
costruzione del manufatto. Tali tecnologie specialistiche
andranno peraltro progettate da personale specializzato in
grado di a-nalizzare tutti gli elementi con correnti alla specifica realizzazione nel territorio caratterizzato dalle analisi
geotecniche preventive effettuate.
Riteniamo interessante che anche il progettista, responsabile del progetto generale, si preoccupi di questi aspetti, in
quanto è importante che il professionista possa inquadrare
con metodo le tipologie operative, comprendendo in primis
quali problematiche si debbano affrontare e quali soluzioni
adottate. Ciò, a cascata, faciliterà il lavoro di tutti.
È da sottolineare che sono sicuramente importanti le risposte tecnologiche specialistiche, ma è soprattutto basilare
sapere porre le domande in modo completo e congruente,
avendo perfetta coscienza di “quello che è realizzabile”.
Come altrettanto fondamentale è la capacità di analisi finale
della qualità della risposta ottenuta, in coerenza con l’applicabilità del metodo. Saper porre le domande corrette allo
specialista di settore è importante tanto quanto la consulenza stessa. Per la saggezza popolare, confermata, saper
domandare è avere già il 50% della risposta.
Il progetto esecutivo: indagini per valutazione delle falde
acquifere
Come è noto, nessuna diagnosi è imprescindibile dall’anamnesi, dalla conoscenza cioè del contesto in cui si opera,
indispensabile per lo sviluppo dei progetti risolutivi. Dai
rilievi idrogeologici, effettuati ad hoc o reperiti, si possono
ricavare informazioni utili per analizzare la presenza
dell’eventuale acquifero, onde valutarne la quota rispetto al
piano campagna ed in riferimento all’opera che si deve realizzare.
Estrema attenzione va riposta, a questo proposito, nella
valutazione della quota di falda di progetto, che influenzerà
le scelte dell’impermeabilizzazione e la definizione dei carichi idraulici da trasmettere allo strutturista. Con la specializzazione del settore, infatti, si assiste spesso anche alla parcellizzazione delle informazioni, con il conseguente rischio
che non tutti i dati di partenza siano forniti ad ogni specialista, ponendolo nella condizione di lavorare su un sottoinsieme di informazioni incomplete e talvolta fuorviami ai fini
delle sollecitazioni.
Se il geologo deve ricevere chiare informazioni per esaminare e fornire dati conformi all’opera da realizzare, della
quale spesso non viene messo a conoscenza in tutte le sue
esigenze, cosi anche lo strutturista deve poter disporre di tutti
i dati rilevanti per il suo operato. Non bastano quindi le sole
202
volumetrie dell’opera e portanza del terreno, ma diventa
sicuramente indispensabile conoscere anche l’eventualità di
presenza di carichi idraulici permanenti o temporanei. Tali
carichi permeano le opere provvisionali, già affidate a
specialista esterno in grado di considerare i terreni sia in fase
drenata che satura, interessando “il loro contenuto” ovvero il
costruendo edificio. La variabilità dell’acquifero e le quote
di falda sono dati importanti per la definizione dei carichi di
sottospinta idraulica per la struttura fondazionale ed anche ai
fini delle spinte orizzontali residue sui muri perimetrali. Tali
strutture riceveranno sollecitazioni da direzioni diametralmente opposte a quelle usuali: dall’alto al basso (classici pesi
propri) e dall’interno verso l’esterno (spinte dei solai). Tutta
questa importanza di elaborare la più precisa conoscenza dell’acquifero sottostante deriva da una semplicissima considerazione: la spinta idraulica è un carico molto elevato. Una
“spanna” d’acqua (25 cm) corrisponde a un carico di 250
kg/mq che gravano dal basso verso l’alto sulla platea di base
della struttura. Un solo metro di altezza d’acqua genera ben
1000 kg/mq e con luci libere di inflessione di almeno 5-6
metri si sviluppano momenti flettenti decisamente importanti
che devono essere noti a chi sta progettando la struttura.
Il progetto esecutivo: le opere fondazionali
Di importante rilevanza è progettare una struttura chiusa
in presenza di falda o di ristagni d’acqua (dovuti a terreni a
bassa permeabilità), che possono creare sifonamenti sotto il
perimetro dell’edificio, ripresentandosi come flusso dal basso verso l’alto in zone centrali.
In queste condizioni, la presenza di una platea, ovvero di
un solaio rovescio, a chiusura della base dell’edificio resta
l’unica scelta percorribile, qualsivoglia sia il sistema impermeabilizzante poi adottato. Da sfatare, poi, anche un altro
luogo comune relativo all’uso di fondazioni “a plinti” o
“continue” in ambiti interrati: i vespai/drenaggi sottostanti i
pavimenti non risolvono da soli i problemi d’acqua, tuttavia
possono funzionare, ma a condizione di essere in grado di
veicolare velocemente l’acqua, anche semplicemente quella
piovana, verso l’esterno e il “basso”. Queste situazioni sono
riscontrabili di solito in strutture poste a mezza costa in
montagna/collina, oppure in vicinanza di grossi avvallamenti
in pianura, oppure se il terreno sottostante è di tipo ghiaioso
per molti metri di spessore ed in assenza di falda.
Anche eventi meteorici di lunga durata con terreno poco
permeabile possono creare falde temporanee di notevole
entità, da trattare, per il tempo di permanenza dell’acqua,
con le stesse modalità con cui si tratta la falda permanente.
In aree agricole con irrigazioni di grossa entità e periodicità
nell’anno, si possono formare falde sospese che provocano
frequentemente fastidi ai primi interrati di edifici residenziali ed industriali.
In sintesi, dopo queste poche, semplici, considerazioni
sugli acquiferi e sull’idrologia locale, risulta evidente l’im-
n. 5-6/2006
portanza di definire, in sede progettuale, un livello massimo
della falda per la vita utile dell’opera, ovvero, il massimo
livello che l’acqua potrebbe raggiungere per un periodo di
anni a venire, paragonabile al tempo di fruibilità del bene.
Queste scelte progettuali toccano molteplici aspetti deontologici e comportamentali nei rapporti con la committenza e la
società, tali da rispecchiare quella serietà professionale che
dovrebbe portarci a progettare per il futuro prevedendo, da
tecnici competenti, “il meglio” per le esigenze del nostro
committente.
Il progetto esecutivo: definire la quota del manto impermeabile
Definita la quota della falda di progetto, conosciamo il livello massimo raggiungibile dall’acqua in pressione, rimane
ora da considerare anche l’influsso dell’acqua meteorica nella fase di percolazione lungo i verticali dell’interrato ed
ammesso che riesca poi a disperdersi nel terreno.
Per definire la quota del manto impermeabilizzante si
devono considerare entrambi gli aspetti: falda e percolazione. Infatti l’impermeabilizzazione è ovviamente una barriera
che evita l’ingresso di tutta l’acqua esterna.
Spesso, dopo aver risolto i problemi dell’acqua in pressione, ci si accontenta del concetto di allontanamento delle
acque derivante dalla comune percezione che abbiamo per
tetti e coperture. Stante il fatto che anche per questi casi, si
devono curare pendenze e scarichi in aggiunta alla tenuta
della copertura dobbiamo sottolineare come l’ambito interrato sia, per definizione, un sistema confinato, con campi di
allontanamento e resistenza al passaggio dell’acqua dipendenti da molti fattori, spesso difficilmente controllabili.
Queste considerazioni ci portano a dover considerare il
manto impermeabile per gli interrati come una sorta di pelle
protettiva che deve evitare non solo la permeazione dell’acqua verso gli interrati, ma anche il suo contatto con il cemento armato. L’acqua è il miglior solvente in natura e trasporta
ormai frequentemente aggressivi chimici sia negli eventi meteorici (piogge acide...) che nei suoi flussi nel terreno
(sostanze chimiche derivanti da impianti industriali, uso
agricolo ...) con conseguente possibilità di degrado della parte esterna delle strutture. Le strutture interrate soffrono
anch’esse di questi problemi pur risultando meno visibili
rispetto a quelle in elevazione e conseguentemente non essendo facilmente percepite come deteriorabili/deteriorate.
L’impermeabilizzazione protettiva, resistente, duratura
ed autosigillante
Il manto impermeabile deve, ovviamente, isolare la struttura dall’esterno, posizionandosi, quindi, prima dei getti orizzontali, tra quelli verticali ed il terreno o l’opera provvisionale. Nella realizzazione di impermeabilizzazioni interrate, per
definizione non più ispezionabili, il manto protettivo deve
presentare caratteristiche congruenti con la vita utile dell’opera ed avere proprietà che ne massimizzino l’affidabilità.
L’impermeabilizzazione, infatti, viene posata in un ambito
certamente difficile, in presenza di fango, ferri d’armatura,
chiodi... In cantiere, le miglior soluzioni teoriche possono
risultare dei veri e propri fallimenti, mentre, piuttosto, funzionano egregiamente sistemi nati dall’attività di cantiere ed
ingegnerizzati in molti anni di applicazioni concrete, svilup-
Tecnica delle costruzioni
pati grazie al quotidiano confronto con gli aspetti pratici, a
volte “banali”, evidenziandone gli aspetti funzionali e di
risultato. Un manto impermeabile pre-getto deve essere calpestarle, avere caratteristiche meccaniche di resistenza a trazione ed urto congrui con le operazioni normalmente e
quotidianamente effettuate sopra di esso da tutte le maestranze ivi preposte. Stiamo parlando di muratori che lavorano
con martelli e chiodi, di ferraioli che utilizzano barre d’acciaio e fil di ferro, di carpentieri che maneggiano assi di
legno e casseri... La resistenza di un manto deve comprendere quindi la sua pedonabilità, la capacità, cioè, di resistere
alla presenza di ferri e chiodi che, se calpestati, possono
infiggersi nel manto stesso, causandone il mancato funzionamento. Ottenere in queste condizioni la tenuta idraulica,
nel caso di impermeabilizzazioni interrate, è un problema di
grande difficoltà già rilevato negli ultimi cinquantanni, non
essendo i manti applicati ispezionabili successivamente,
quindi meno che meno riparabili a posteriori. Tali aspetti, per
contro, hanno tributato il successo dei sistemi Volteco a base
bentonitica che, sfruttando il principio della bentonite di
sodio naturale e la sua enorme espandibilità (dal secco fino a
30 volte in volume) rendono queste impermeabilizzazioni
durabili ed affidabili nel tempo. La bentonite di sodio è un
tipo di argilla che ha durabilità prevedibile ben superiore alle
opere dell’umano ingegno, trattandosi di un tipo di terreno e
non di un prodotto artificiale di sintesi, come evidenziato
anche nelle referenze Volteco in Italia, la cui storia data esperienze dal 1976 ai giorni nostri. La sua capacità igroscopica è
tale da recuperare vuoti e cavità al suo intorno sigillando la
superficie esterna dei getti in cemento armato e tutti i suoi
piccoli danneggiamenti. Viene infatti fissata sotto forma di
teli e pannelli direttamente al magrone con chiodatura, in
quanto, anche a degrado del ferro del chiodo, si avrà in automatico l’espansione del gel bentonitico con occlusione di
qualsiasi vuoto lasciato e conseguente tenuta idraulica del
manto. Piccoli fori o tagli sono cosi recuperati senza che
nemmeno il posatore se ne renda conto. Altri danneggiamenti
di carattere maggiore possono avvenire a causa di errori di
posa o imputabili ad eventi posteriori (danni da macchinari
in cantiere ...), ma risultano gestibili sfruttando altre peculiarità del sistema. Il manto impermeabile bentonitico, infatti,
non ha trasmigrazione interfacciale, ovvero in caso di
danneggiamento non permette il passaggio di acqua tra
impermeabilizzazione e struttura, come normalmente avviene con qualsiasi membrana o guaina di tipo tradizionale.
Questo fattore consente l’individuazione puntuale del problema (che non si trasferisce ad ogni porosità o discontinuità del
getto) ed il conseguente intervento con sigillature localizzate
o iniezioni espansive di riparazione a posteriori. Questi fattori, comuni ai sistemi proposti da Volteco nell’interrato, hanno
reso garantibile e assicurabile un lavoro che normalmente costituisce oltre il 50% dei casi giudiziari in edilizia.
La sigillatura dei giunti: conciliare necessità strutturali e
salvaguardia dalle infiltrazioni
Oltre alla superficie della struttura devono essere individuati anche tutti i tipi di giunti presenti per tipologia e
funzionamento, con conseguenti problematiche relative
all’impermeabilizzazione: si deve progettare l’insieme della
soluzione con un sistema studiato appositamente. Parlando,
203
Tecnica delle costruzioni
infatti, di giunti, vengono immediatamente alla mente i
giunti di movimento appositamente progettati dai tecnici per
consentire movimenti ed assestamenti ai nuovi edifici.
Lasciare volumi aperti per consentire il movimento e dover
sigillare il capillare per evitare la permeazione dell’acqua
sono in effetti elementi contrastanti, che mal si sposano, se
non ben studiati fin dall’inizio del progetto.
I giunti strutturali consentono, normalmente, il movimento/assestamento delle strutture, evitando di trasferire
taglio o momento flettente. Sono anche normalmente usati
per consentire il ritiro dei getti in opera, infatti, giunti tipicamente aperti e tali devono rimanere. Per sigillarli si sono studiati, in passato, vari metodi con bande in materiale plastico
o gommoso, con varie limitazioni d’uso (nell’installazione) e
di risultato. Effettivamente, affidarsi a sigillanti rigidi in presenza di giunti è una contraddizione in termini, mentre l’uso
di gomme o neoprene in profilati a lunghezza industriale
(non fatti apposta per quel giunto su misura) lasciano aperto,
letteralmente, il problema della loro sigillatura/incollaggio
longitudinale. Altro problema classico è quello del distacco
tra materiali differenti (pvc o gomma con calcestruzzo),
anche con l’impiego di collanti (per altro non utilizzati
normalmente).
Per risolvere in modo pratico (da cantiere) e duraturo ;
problematiche di tali tipologie, Volteco propone, da trent’anni, dei giunti di gomma idrofila che assommano le caratteristiche di deformabilità insite nel tipo di giunto richiesto con
la capacità di mantenere sigillata la struttura. Utilizzando sostanze idroespansive si evita il problema del contatto
getto/giunto demandando al solo collante, posto in trazione
al momento in cui la struttura si muove: il giunto idroespansivo mantiene la sua pressione sul supporto restandovi adeso
in modo elastico e continuo. I giunti strutturali non possono
essere evitati in moltissime strutture: se non previsti proget-
n. 5-6/ 2006
tualmente, sarà la fisica a fare il resto e la struttura si fessurerà per scaricare le sovratensioni generate in maniera casuale e pervia all’acqua esterna.
I giunti strutturali e di “assestamento” controllato
Talvolta, oltre ai giunti strutturali, è opportuno prevedere
anche dei giunti di assestamento, specie per strutture gettate
in opera con lunghezza notevole. Se non preventivate in termini di interruzione di getto o di giunto preformato si rileveranno, infatti, le classiche fessurazioni casuali con rischi di
permeazioni esterne. Per ovviare a tali situazioni esiste un
sistema di giunti che fungono da preformatori di giunto, realizzati con casseri a perdere, resi autosigillanti con cordoli
bentonitici. Tale sistema consente di effettuare getti anche di
grosse dimensioni inserendo i casseri a perdere autosigillanti,
che fungeranno da “fusibili strutturali” in grado di ingenerare
una fessurazione rettilinea (segue il manufatto) e chiusa al
passaggio dell’acqua. Parlando di giunti si devono poi individuare anche i giunti di costruzione, o riprese di getto, da presidiare non certo con oggetti rigidi (lamierini, plastiche ...)
come si tentava di fare molti anni or sono, con l’unico effetto
di allungare la via d’acqua senza fermarla, ma con sistemi in
grado di recuperare anche lo spazio lasciato dalla sedimentazione dei getti (inerti grossolani) e dal relativo ritiro in fase
plastica.
In tal senso gli “storici” giunti bentonitici, idroespansivi e
autosigillanti proposti, da oltre trent’anni da Volteco, estrudendosi in pressione nei nidi di ghiaia delle riprese di getto,
bloccano integralmente ogni via all’acqua.
Va da sé, infine, che tutti i giunti citati devono essere
“concorrenti”, ovvero devono collegarsi in modo da creare
un sistema senza soluzione di continuità nel sigillare i blocchi costruttivi come vere e proprie guarnizioni delimitanti gli
elementi del nostro involucro edilizio.
«Volteco Building Technology»
Canolo (Rc) “Un pagliaio (in montagna) coperto con foglie di felce: u frùyu di pàgga” (da Gerhard Rohlfs, La Calabria Contadina)
204
n. 5-6/2006
Tecnica delle costruzioni
DISSESTI STATICI NELLE COSTRUZIONI
EDILIZIE ANCHE IN ZONA SISMICA
di Davide Sabaini
L
e strutture edilizie sono continuamente affette da problemi nelle costruzioni di vario tipo. Sia che si tratti di edifici antichi, che di fabbricazione recente, spesso si
mostrano problemi di natura strutturale e non che creano inconvenienti ai proprietari, agli inquilini ed anche ai vicini. La diagnosi, basata sulle conoscenze tecniche della casistica, è solo la
prima fase necessaria all’intervento tecnico. Sono opportune
approfondite analisi per risolvere alla radice il dissesto e poter
progettare un consolidamento definitivo. Diversamente si
faranno spendere solo soldi inutili a chi sulla casa, o su qualunque altro tipo di costruzione, investe le proprie risorse economiche.
Manifestazione del dissesto: la lesione
Un qualunque dissesto può essere preso in considerazione
solo quando presenti sintomi evidenti: una qualunque struttura
che non mostri sintomi visibili e analizzabili tecnicamente non
può essere considerata un dissesto. In particolare si può affermare che una generica struttura è dissestata se presenta delle
configurazioni diverse rispetto a quella iniziale. Le lesioni
murarie sono però inizialmente compatibili con la continuità
della massa che, prima di rompersi, subisce delle deformazioni.
Le fessurazioni, quindi, sono fenomeni che si presentano nelle
fasi deformative più progredite. L’apparizione delle fessurazioni segue, in modo diverso a seconda del carattere del
perturbamento. Talvolta infatti l’apparizione delle fessurazioni
è immediata pur trattandosi di dissesti di lieve entità (es. cedimenti fondali), in altri casi, invece, le fessurazioni appaiono
negli ultimi stadi (es. schiacciamento di un muro) quando
ormai la necessità dei provvedimenti non ammette indugi. I
fenomeni fessurativi assumono, dunque, aspetti caratteristici e
mutevoli al variare delle cause determinanti e della natura dell’ambiente e delle strutture.
In taluni casi si può rendere necessario studiare il progredire delle lesioni nel tempo per conoscere le caratteristiche della
loro evoluzione al fine di un giusto inquadramento del quadro
fessurativo per l’analisi del dissesto.
Possono identificarsi quattro forme di progressione del
moto fessurativo:
• progressione nulla: il moto non è più in essere e la struttura, attraverso il cedimento ha trovato la sua posizione di quiete
o di nuovo equilibrio definitivo;
• progressione ritardata: caratterizzata da manifestazioni
sempre più attenuate nel tempo e che tendono ad estinguersi
per lo stabilirsi di una situazione che volge alla progressione
nulla di equilibrio definitivo;
• progressione accelerata: caratterizzata all’accentuarsi, nel
tempo, delle manifestazioni di fatiscenza che inducono la struttura verso stati di equilibrio sempre più precari e talvolta verso
il collasso;
• progressione costante: caratterizzata dall’uniforme sviluppo, nel tempo, delle manifestazioni di fatiscenza che possono
trasformarsi o in moti di progressione ritardata o in moti di progressione accelerata.
Nell’esame delle lesioni è necessario, in primo luogo,
distinguere le fessurazioni delle murature con quelle dell’intonaco che le riveste, distinguere le fessurazioni recenti da quelle
non recenti e discernere le fessurazioni dovute a contrazioni
superficiali dell’intonaco da quelle dovute a deficienze statiche.
Nei muri vetusti le fessurazioni dell’intonaco di solito possono avere ampiezza più limitata che nella massa muraria. In
taluni casi, soprattutto quando l’intonaco raggiunge spessori
notevoli per successive sovrapposizioni, si può verificare che
mentre il muro risulta integro, l’intonaco presenta un vario quadro fessurativo. Nello studio dei dissesti è, perciò, necessario
rimuovere limitate regioni di intonaco nel ventre ed in vicinanza delle cuspidi delle fessurazioni lasciando intatti i restanti
tronchi e le cuspidi stesse, per rendere più evidente il confronto
tra le fessurazioni superficiali e quelle profonde.
È facile riconoscere le fessurazioni nuove da quelle vecchie. Le nuove presentano una frattura fresca, chiara, quasi
brillante, priva di polvere e cigli taglienti ben contornate; le
vecchie presentano fratture annerite dal tempo, polverose, cigli
arrotondati e non di rado frammenti di ragnatele. Negli accertamenti dubbi è sufficiente estirpare dei frammenti di materiale
dalla parte di uno dei cigli della lesione e confrontare la superficie di frattura fresca appena strappata dalla sua sede con il
resto della lesione. Talvolta si incontrano nell’intonaco delle
fessurazioni reticolari a maglie più o meno ampie, nei cui vertici concorrono rami prevalentemente rettilinei, trattasi in questo
caso di lesioni non di origine statica, ma derivanti da contrazioni dell’intonaco. Ogni manifestazione di fatiscenza è connessa
al dissesto da relazioni di stretta interdipendenza. Così,
mediante lo studio delle lesioni e dell’intero quadro fessurativo, si può arrivare alla determinazione delle cause perturbatrici
e, di conseguenza, allo studio ed all’applicazione dei necessari
rimedi di primo intervento o di natura, definitiva.
Cause e tipologie di dissesto
In una struttura costruita si viene a determinare un dissesto
se si presentano una o più cause di seguito indicate:
• il collegamento tra il sistema ed i piani di fondazione viene a modificarsi;
• i collegamenti ed i vincoli non sono rispondenti alle azioni
esercitate dal peso proprio e per effetto dei sovraccarichi accidentali (tale fatto è un errore di progettazione.)
• sopravvengono carichi accidentali non prevedibili quali
terremoti, esplosioni, vibrazioni straordinarie etc...;
• i materiali costituenti le strutture dei fabbricati modificano
le loro caratteristiche.
In linea generale si possono elencare le principali cause in:
• variazioni termiche ed igrometriche
• cedimenti fondali
• cedimenti delle strutture murarie
• vibrazioni
• insufficienze statiche e costruttive
Il dissesto che si produce per l’effetto di una causa, si pre-
205
Tecnica delle costruzioni
senta in forma diversa a seconda del tipo di edificio che ne è
interessato.
Distingueremo due grandi categorie di fabbricati:
- fabbricati in muratura;
- fabbricati in cemento armato.
La differenza di comportamento di questi fabbricati dipende sostanzialmente dal fatto che mentre l’edificio in muratura è
realizzato da considerevoli volumi che assorbono gli sforzi e
convogliano le risultanti alle fondazioni, attraverso ampie
sezioni compresse, l’edificio in cemento armato si presenta
come una struttura in cui limitati volumi compressi e tesi sono
capaci di assorbire grandi sforzi attraverso sezioni molto limitate. Per quanto detto, se sottoposti alla stessa causa perturbativa, l’edificio in muratura si comporta come un volume continuo resistente, mentre l’edificio in cemento armato si comporta
come una struttura a nodi ed aste con collegamenti irrigiditi. Il
rimedio può essere meno costoso e più immediato nella struttura portante in muratura, dove l’intervento riguarda la massa
muraria e, quindi, zone estese.
Nell’ossatura in cemento armato le lesioni sono spesso
molto difficili da contrastare perchè il consolidamento deve
avvenire in elementi di modeste dimensioni, rispetto al volume lordo dell’edificio. Inoltre la struttura è molto rigida ed un
corpo unico nel quale sono piuttosto delicate le aggiunte e le
modifiche.
Dissesti per cedimenti fondali
Il piano di fondazione ad esempio a causa di una infiltrazione d’acqua o per cedimento del mantello di una grotta sottostante, perde le sue qualità portanti, cioè a parità di sforzi trasmessi dall’edificio assume deformazioni eccessive e comunque non di progetto. Cioè si verifica un cedimento localizzato
dei volumi di terreno destinati ad assorbire gli sforzi trasmessi
dalle fondazioni. Nulla succederebbe se il cedimento fosse
equamente distribuito su tutto il piano di fondazione: l’edificio
si abbasserebbe piano piano fino a trovare terreni più compatti.
Nessuna lesione, ovviamente, apparirebbe nell’edificio che
sarebbe sottoposto ad una traslazione verticale uniforme. Apparirebbero invece lesioni di distacco tra l’edificio e le pertinenze
non strutturali non sottoposte alla stessa traslazione (cortili,
marciapiedi, etc).
Questo caso purtroppo è estremamente raro nella realtà in
quanto nella maggior parte dei casi la fondazione è sempre parzialmente interessata dal cedimento e trasmette tale stato al
sovrastante edificio nel quale si verificano lesioni in corrispondenza delle linee di contatto tra i parametri murari poggianti sulla parte di fondazione intatta e quelli poggianti sulla
parte di fondazione interessata dal cedimento.
La forma delle lesioni, ovvero il quadro fessurativo causato
da dissesti di questo tipo, varia in funzione dei seguenti parametri:
• ubicazione del cedimento centrale o periferico
• entità delle superfici piene e finestrate
• tipo di fondazione continua o discontinua
Cedimento centrale
Per un edificio ideale, privo cioè di aperture finestrate, il
quadro fessurativo si presenta in due forme principali in funzione del rapporto tra l’ampiezza del dissesto (L) e l’altezza
dell’edificio (H), sinteticamente rappresentabili come appresso:
quadro fessurativo di tipo parabolico con presenza, in taluni
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n. 5-6/ 2006
casi di lesioni verticali estreme. L’asse della parabola è posizionato in corrispondenza della zona centrale del dissesto, la base
è generalmente ampia quanto il cedimento, mentre l’altezza
della parabola, indipendentemente dall’altezza dell’edificio, è
funzione dell’entità del dissesto e della qualità della costruzione;
• quadro fessurativo con lesioni verticali sempre posizionate al limite del cedimento nella parte alta dell’edificio, quando
però si ha un rapporto L > 3H compaiono alla base dell’edificio
anche lesioni verticali al centro del cedimento. L’edificio reale
si discosta dal modello prima trattato perché le superfici murarie prese
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