Le composizioni per canto e pianoforte di Giuseppe Verdi

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Alberto Iesuè
Le composizioni per canto e pianoforte di Giuseppe Verdi
Fra le circa trenta liriche da camera composte da Verdi è obiettivamente difficile
reperirne almeno qualcuna che si innalzi con sicurezza al di sopra di un medio livello
qualitativo. In altre parole non possiamo inserire Verdi fra i migliori compositori del
genere. ”Sono composizioni modeste, che prolungano il gusto provinciale della romanza da salotto, già largamente coltivata da Verdi a Busseto in occasione delle locali «accademie», nelle quali si esibivano il «Dilettante S.r Machiavelli Luigi» o la
«Dilettante S.a Tessoni Teresa»1. Messo questo primo paletto resta comunque la
possibilità di analizzare nel complesso ed in dettaglio tali composizioni per portarne
alla luce altri aspetti e particolarità.
Per iniziare ci sembra intanto opportuno selezionare le vere liriche da camera, ovvero quelle per voce con accompagnamento di pianoforte. Di esse pertanto non fa
parte Guarda che bianca luna: “Sulla più celebre anacreontica del Vittorelli, Verdi elaborò nel 1839 un Notturno per soprano, tenore, basso e flauto obbligato. La poesia costituisce una delle rare occasioni felici del Vittorelli ed è il frutto di una sensibilità
che tende a contemperare le forme idilliche dell‟Arcadia con una musicalità elegiaca
di tono preromantico2 [.....] Una delicata suggestione lunare è conseguita da Verdi
mediante un disegno melodico levigato, spesso ammorbidito da vellutate inflessioni
che sfiorano la vaghezza di movenze belliniane:
ESEMPIO MUSICALE 1
All‟effetto, diciamo così, pittoresco collaborano l‟impasto delle tre voci dispari e il
timbro pastoso del flauto che – non è certo coincidenza casuale – figura
nell‟introduzione a Casta diva della Norma”3.
1
M. Mila, La giovinezza di Verdi, ERI, Torino 1978 (2ª ed.), pag. 61.
Guarda che bianca luna!/guarda che notte azzurra!/un‟aura non sussurra,/non tremola uno
stel./L‟usignoletto solo/va dalla siepe a l‟orno,/e sospirando intorno/chiama la sua fedel./Ella che il
sente appena,/già vien di fronda in fronda,/e par che gli risponda:/Non piangere, son qui./Che dolci
affetti, o Irene,/che gemiti son questi!/Ah! Mai tu non sapesti/rispondermi così.
3
V. Terenzio, La musica italiana nell’Ottocento (Storia della musica italiana da Sant’Ambrogio a noi), Bramante Editrice, Milano 1976, pag. 673-674.
2
1
Ugualmente non possono rientrare nelle romanze da camera la scena lirica Io la vidi, per tenore e orchestra, composta da Verdi nel 1833 su testo di Calisto Bassi, né
l‟inno popolare Suona la tromba, per coro maschile a tre voci (TTB) e pianoforte su
parole di Goffredo Mameli, del 1848.
Non conosciamo saggi analitici complessivi sulle liriche di Verdi. Occasionali e rivolti a qualche lirica in particolare sono alcuni interventi che val bene l‟opportunità
di citare.
Nel commentare i versi di Felice Romani per la romanza Il mistero, Raoul Meloncelli osserva come Verdi “interpretando i versi senza movenze convenzionali, nella
bella melodia di ampio respiro, volta a sottolineare i momenti più significativi del testo poetico, sembra quasi preannunciare la splendida scrittura vocale, che sarà una
prerogativa dello stile del grande compositore [.....] ... l‟orientamento di Verdi fu decisamente rivolto al Romanticismo, anche se non poté fare a meno di aderire alle istanze d‟una corrente letteraria che dell‟estetica romantica raccolse spesso soltanto i
caratteri esteriori, perdendo spesso quelle doti di equilibrio che, nonostante tutto, aveva caratterizzato il classicismo...[.....] Va comunque citata la prima romanza su testo di Temistocle Solera, L’esule, in cui l‟effetto drammatico, con un abile gioco di
similitudini, accentua il carattere sentimentalistico del testo...”4.
“In queste liriche Verdi si lascia attrarre ancora dai toni larmoyants e funerei, ma
traducendoli con accenti musicali assai meno eleganti e levigati che in Bellini, anche
se i contenitori formali rimandano agli stessi modelli consolidati. Ma riferirsi ai canti più celebri come il Brindisi o Lo spazzacamino potrebbe indurre in errore: il loro carattere disimpegnato, di allegria popolaresca e un po‟ grossolana, costituisce una sorta
di parentesi, e li pone assai lontano dalle invenzioni verdiane tipicamente teatrali,
mentre le altre liriche – basti per tutti L’esule, una vera aria con recitativo e cabaletta
– sono perlopiù trasferimenti „in camera‟ del canto d‟opera. I loro andamenti melodici hanno assai poco di garbo salottiero o della levigatezza accademica di un Bellini, le
formule di accompagnamento sanno più di partitura orchestrale tradotta che di scrittura pianistica, con l‟adozione di forti ritmi come la polacca e il valzer; sono insomma canti i cui tratti appassionati e „scolpiti‟, la vocalità intensa, con un‟intervallistica
4
R. Meloncelli, Poesie e poeti della romanza da salotto, in AA.VV., La romanza italiana da salotto, a cura di
Francesco Sanvitale, EDT, Torino 2002, pagg. 76-77.
2
ampia e anche con qualche passaggio di virtuosismo, ne potrebbero consentire il riutilizzo all‟interno di una scena teatrale”5.
“... le composizioni vocali da camera di Verdi ... certo non sono capolavori ma meritano comunque di essere conosciute più da vicino anziché essere relegate tra gli inevitabili bis di qualche concerto, come invece è la norma. Qualche brano, poi, è decisamente molto bello: Stornello, ad esempio, ha una struttura ritmico-armonica di
grande fascino e comunicativa. Nell’orror di notte oscura, composto da un Verdi ancora sconosciuto, ha un‟invenzione melodica bellissima; anche La seduzione è un brano
di presa immediata, cosa che non sorprende contenendo essa l‟embrione melodico del
futuro Coro dei Lombardi...”6.
Tragedia, dramma, morte, miseria, sono i contenuti di molte di queste composizioni. Oltre ad apparire direttamente nei titoli – Non t’accostare all’urna, Nell’orror di
notte oscura, Perduta ho la pace ecc. – situazioni di mestizia, dolore, angoscia, appaiono
con melodrammatica frequenza: “Ma compagno ebbi sempre il dolor”, “Deh, vieni
oh morte” (L’esule); “Poi, consunta dal duolo la vita,/Pregò venia al crudele e spirò”,
“Là non sorse una croce, un cipresso,/Non un sasso il suo nome portò” (La seduzione); “...ho in cor mille guai”, “M‟è buio di tomba ov‟egli non è” (Perduta ho la pace);
“Come a me squarcin le viscere/Gl‟insoffribili miei guai” (Deh, pietoso, oh Addolorata); “Cupo è il sepolcro e mutolo” ; “Tutta sol piango i miei guai” (“Chi i bei dì
m’adduce ancora”); “È la vita un mar d‟affanni”.
Diciannove delle 26 composizioni scritte da Verdi per canto e pianoforte nacquero
prima dell‟esplosione della grande stagione creativa operistica, ovvero entro il 1850:
di lì a poco nascono Rigoletto, Traviata e Trovatore. Nulla hanno a che spartire con la
tipica romanza del più melodioso Ottocento italiano. Sono esse quasi una sorta di
preparazione-preludio al futuro melodramma verdiano. È in loro l‟uso della “Scena
ed Aria”, struttura tipica dell‟opera ottocentesca, così come sono fin troppo ricono-
5
C. Orselli, Alla conquista dell’endecasillabo: qualche riflessione su metrica poetica e strutture musicali nella
lirica italiana dell’Ottocento, in La romanza italiana ..., cit., pagg. 123-124.
6
Recensione di Elvio Giudici a Quindici composizioni per canto e pianoforte di Verdi, soprano Margaret
Price, pianista Geoffrey Parsons, CD DG-419621-2, in MUSICA, n. 46, Anno 11, Ottobre 1987, pag.
140.
3
scibili numerosi spunti melodici che Verdi trasferirà (consciamente o inconsciamente) nelle opere più popolari
ESEMPI MUSICALI 2 e 3
(In solitaria stanza - Deh, pietoso, oh Addolorata)
Altrettanto riscontrabile è il frequente uso del tipico accompagnamento tanto ingenuamente a volte criticato
ESEMPI MUSICALI 4 e 5
(More, Elisa, lo stanco poeta – Il tramonto)
Vivente Verdi furono pubblicate 15 liriche, tutte a Milano: sei nel 1838, editore
Canti (Non t’accostare all’urna, More, Elisa, lo stanco poeta, In solitaria stanza, Nell’orror
di notte oscura, Perduta ho la pace, Deh, pietoso, oh Addolorata), due nel 1839, editore
Canti (L’esule, La seduzione), sei nel 1845, editore Lucca (Il tramonto, La zingara, Ad una
stella, Lo spazzacamino, Il mistero, Brindisi), una nel 1847, editore Lucca (Il poveretto).
Qualche appunto su altre liriche.
“Chi i bei dì m‟adduce ancora”.
Le 27 misure in 6/8 che costituiscono questa pagina musicale furono dedicate da
Verdi il 6 maggio 1842 alla contessa Sofia de‟ medici di Marignano. La linea melodica
è delicata e accattivante e l‟attenzione è decisamente catturata dal passaggio da mi
minore a mi maggiore. Troppo forzato mi sembra il voler qui rinvenire cellule di
Traviata “Di quell‟amor...”, “Croce e delizia”), mentre più appariscente è un passaggio, se non di memoria, certo di stampo belliniano
ESEMPIO 6
(“Chi i bei dì m’adduce ancora”)
I versi di Goethe furono tradotti in italiano probabilmente da Luigi Balestra.
4
“È la vita un mar d‟affanni”.
Questa breve pagina (12 misure soltanto) fu dedicata da Verdi a Cristina, Chiara e
Barbara Ferretti acché la conservassero nel loro album, costume del tempo, album nel
quale erano anche brani musicali di Rossini, Bellini, Donizetti ecc. Le tre sorelle erano figlie del noto librettista Jacopo Ferretti7, la cui casa a Roma Verdi frequentò per
qualche tempo a partire dall‟ottobre del 1844. l‟autografo firmato da Verdi reca la data del 5 novembre 1844. forse il brano musicale è ricordo della forte simpatia che il
compositore provava per Chiara, ma senza successo.
L’abandonnèe.
Composta per Giuseppina Strepponi, la romanza fu pubblicata la prima volta nel
1849 come supplemento musicale al periodico «La France Musicale», diretto da Léon
Escudier. L‟autore dei versi originali in francese è indicato come M.L.E.
Beaux jours que le coeur invie
Vous ne pouvez revenir
Printemps heureux de la vie
Vous n‟êtes qu‟un souvenir
....................
Sotto queste iniziali potrebbe essere sia Monsieur Lèon Escudier, sia Marie (et) Léon
Escudier. Marie Escudier scrisse per Donizetti i versi di Léonore (“Il faur partir”).
La Fiorara
Voleu che quei do ocieti / I sbisega d‟amor? / Doneghe sti fioreti / E gavarì el so cor,
/ Voleu che un bel baseto / Ve daga il vostro ben? / Doneghe sto fioreto / meteghelo
nel sen. / In mezo de sti fiori / Natura mostra el viso, / Le grazie el Paradiso / Nel
mio giardin ghe ze.
Questi versi furono musicati da Verdi, dopo aver tracciato le righe su un elegante foglietto di carta d‟albergo, in cui, il 23 ottobre 1853 da Parigi, aveva scritto al suocero
7
Frequentatori del salotto di Ferretti furono Bellini, Donizetti, Rossini, Zingarelli, Mercadante, Pacini e anche Massimo d‟Azeglio, Angelo Brofferio e Giuseppe Gioachino Belli. Cristina Ferretti sposò
Ciro, figlio del Belli. Per i rapporti fra Ferretti e Belli cfr.: A, Iesuè, Belli e la musica, in Hortus Musicus, anno III, n. 12, ottobre-dicembre 2002.
5
Barezzi: “Soltanto jeri siamo arrivati /co Giuseppina/ a Parigi, perché abbiamo fatto
lunga permanenza a Lione”.
La musica non è stata ancora rintracciata8.
La preghiera del poeta.
Piccolo pezzo di 20 misure su parole di Nicola Sole. Il canto, contrassegnato da una
dolce linea melodica, è scritto in chiave di basso ed è accompagnato dall‟inizio alla
fine da accordi arpeggiati
ESEMPIO 7
(La preghiera del poeta)
Il Brigidino.
Il brigidino era una coccarda bicolore, bianco e rosso, in uso nel 1848. pare che i milanesi del tempo portassero sul cappello o sul petto un brigidino al quale univano una
foglia d‟edera, in modo da formare un tricolore particolare, tale da non poter essere
condannato dalla polizia austriaca.
La musica fu composta da Verdi nel marzo del 1861 su uno stornello di Francesco
Dall‟Ongaro.
E lo mio damo se n‟è ito a Siena.
M‟ha porto il brigidin di due colori,
Il bianco gli è la fè che c‟incatena,
Il rosso l‟allegria dei nostri cuori.
Ci metterò una foglia di verbena
Ch‟io stessa alimentai di freschi umori;
E gli dirò che il rosso, il verde, il bianco
Gli stanno bene con la spada al fianco:
E gli dirò che il bianco, il verde, il rosso
Vuol dir che Italia il giogo suo l‟ha scosso.
E gli dirò che il rosso, il bianco, il verde
Gli è un terno che si gioca e non si perde.
Si racconta che lo componesse durante gli intervalli fra una seduta parlamentare e
l‟altra. Verdi era stato eletto deputato per il Collegio di Borgo San Domino il 6 febbraio 1861.
8
Ringrazio calorosamente qui il Professor Pierluigi Petrobelli per questa e per tutte le altre cortesi delucidazioni fornitemi per mezzo dell‟Istituto Nazionale di Studi Verdiani in merito alle composizioni
per canto e pianoforte di Verdi.
6
La prima esecuzione ufficiale del Brigidino fu a Parma il 24 febbraio 1863 durante un
concerto diretto da Giulio Cesare Ferrarini. Ad eseguirlo fu il soprano, e poi mezzosoprano, Isabella Galletti-Gianoli. Poi cadde nel solito dimenticatoio. Fu ripreso ancora a Parma in occasione del quarantennale della morte di Verdi e nel 1963 al festival di Lockenhaus, cantato da Renata Scotto.
“Cupo è il sepolcro e mutolo”.
Il manoscritto autografo, quattro pagine in formato oblungo, reca in fondo: “Al Conte Lodovico Belgioioso. Milano, 9 luglio 1873. G. Verdi”.
Dal Grave al Recitativo al Cantabile largo, Verdi qui abbandona, e del resto il soggetto non lo avrebbe permesso, atmosfere musicali frizzanti e ritmi puntati. Di lì a
quattro anni nascerà Otello e alcune misteriose sonorità paiono preannunciarlo, così
come sono costruite con le tonalità di la bemolle, fa minore e re bemolle. La parte del
canto è scritta in chiave di tenore.
Elenco cronologico delle composizioni per canto e pianoforte
1838 -
Non t’accostare all’urna (Jacopo Vittorelli), More, Elisa, lo stanco poeta (Tom-
maso Bianchi), In solitaria stanza (Jacopo Vittorelli), Nell’orror di notte oscura (Carlo
Angiolini), Perduta ho la pace (da Goethe, traduzione di Luigi Balestra), Deh, pietoso,
oh Addolorata (da Goethe, traduzione di Luigi Balestra)
1839 - L’esule (Temistocle Solera), La seduzione (Luigi Balestra)
1842 - Chi i bei dì m’adduce ancora (da Goethe, probabile traduzione di Luigi Balestra)
1844 - È la vita un mar d’affanni (?)
1845 - Il tramonto (Andrea Maffei), La zingara (Manfredo Maggioni), Ad una stella
(Andrea Maffei), Lo spazzacamino (Manfredo Maggioni), Il mistero (Felice Romani),
Brindisi (Andrea Maffei)
1847 - Il poveretto (Manfredo Maggioni)
1849 - L’abandonnée (Marie e Léon Escudier)
7
1850 - Fiorellin che sorgi appena (Francesco Maria Piave)
1853 - La Fiorara (E. Buvoli)
1858 - La preghiera del poeta (Nicola Sole)
1861 - Il Brigidino (Francesco Dall‟Ongaro)
1869 - Stornello “Tu dici che non m‟ami” (Anonimo)
1873 - Cupo è il sepolcro e mutolo (Anonimo)
1894 - Pietà Signor (Boito)
? - Il tradimento (?)9
9
L‟esistenza di questa composizione, ignota anche all‟Istituto Nazionale di Studi Verdiani, è indicata
in: Giuseppe Verdi, Autobiografia dalle lettere, a cura di A. Oberdorfer, nuova edizione rivista da M.
Conati, B.U.R., Milano 2001. Riportiamo quanto è scritto dal revisore a pag. 495: “Il tradimento, melodia per voce e pianoforte, propr. dell‟ed. Choudens, pubbl. in «Les Annales Politiques et Littéraires»,
12 ottobre 1913, pp. 187-188. L‟inizio melodico di questa sconosciuta romanza verdiana, su testo di ignoto, presenta una forte somiglianza con quello del celebre coro dei Lombardi: «O Signore dal tetto natio»; per i caratteri stilistici è da ritenersi una composizione giovanile, in ogni caso antecedente i Lombardi”.
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