xavier gonzález d`ègara

Anuncio
Numero Trentadue | Primavera 2011 - Cahiers d’Art Cataloghi | XXXII
Edizione diretta da Carmine Benincasa
XAVIER
GONZÁLEZ
D’ÈGARA
Catalogo Cahiers d’Art N. 32
Rivista Internazionale d’Arte e Cultura | International Review of Art and Culture
Cahiers d’Art
Edizione diretta da Carmine Benincasa
ALEPH + ALPHA = OMEGA
XAVIER GONZÁLEZ D’ÈGARA
Con la collaborazione di Associazione Culturale Polyhedra
Si ringrazia:
Vittorio Barale, Marilena Barale, Yves Crutzen, Luigi Alberotanza, Lucia Diglio, Piergiorgio Baroldi, Ignacio Martín Cuesta, Raül David Martínez,
Queralt Vallcorba, Mercé Estela, Adrian Fernández Ibañez, Julie Wilkinson, Pia Maria Rivetti di Valcervo, Amb. Steve Elek, Chiara Rivetti di Valcervo,
Piergiorgio Fabbrini, Rita Fabbrini, Alessandro Fabbrini, Evandro d’Onofrio, Stefano Bertazzoli.
Cahiers d’Art International
TRENTADUE
PAGINA
3
Cahiers d’Art
Edizione diretta da Carmine Benincasa
Cahiers d’Art
Rivista Internazionale d’Arte e Cultura
Progetto
di Carmine Benincasa, Carlo Caracciolo (†)
Alberto Cavallari (†), Pia Rivetti di Val Cervo
Direttore responsabile
Carmine Benincasa
Direzione e redazione
Via della Marcigliana, 561, I-00138 Roma
Tel. 06-87122210
Comitato dei garanti
Carter Brown (†), Carlo Caracciolo (†), Pierre
Carniti, Gianfranco Dioguardi, Ernst H. Gombrich
(†), Giuseppe Guarino, Duccio Libonati (†), Thomas
Messer, Nikita Sergeevic Michalkov, Ieoh Ming Pei,
Alfonso Pérez Sánchez, Goffredo Petrassi (†), Mikhail
Piotrowski, Roger Taillibert, Gustavo Villapalos Salas
Comitato direttivo
Fernando Arrabal, Emilio Barbarani, Carmine
Benincasa, Ernesto Bertani, Philippe de Montebello,
Mario Fortunato, Vittorio Gigliotti, Marek Halter,
Kimura Shigenobu, Alain Le Yaouane, Pietro Longo,
Rosa Maria Malet, Alfio Mongelli, Lorenzo Necci (†),
Al Orensanz, Giovanni Palaia, Giangiacomo Paladino,
Bernardino Campello, Carlo Pedretti, Toni Porcella,
Gina Severini (†), Caterina Benincasa, Rodrigo Pérez
García
Hanno collaborato a questo numero
Raül David Martínez, Queralt Vallcorba, Patricia Fort
Piza, Adrián Fernández Ibañez
Traduzioni
Coordinamento per la lingua catalana a cura di
Raül David Martínez. Coordinamento per la lingua
spagnola a cura di Rodrigo Pérez García
Progetto grafico di
Julie Wilkinson, Caterina Benincasa
Foto
Clara Boada per la serie «Lutto bianco»
David Fernández per la serie «Genesi»
([email protected])
Aya Watada per il ritratto d’artista
([email protected])
Stampa
Futura Grafica 70 srl - Roma
Si ringrazia in particolar modo il Sig. Avanzini
www.cahiersdart.com | www.polyhedra.co.cc
Questa monografia è stata edita in occasione
dell’esposizione dell’artista Xavier González d’Ègara
dal titolo «Aleph + Alpha = Omega»
XAVIER GONZÁLEZ D’ÈGARA
Sommario
Lo stupore negli occhi dell’uomo
Matilde Flori
4
«Vida Coetània»
Rodrigo Pérez García
5
La Genesi è l’Atto in cui la parola divina
si fa creazione
Andrea Barale
8
«Solo lo stupore conosce»
Carmine Benincasa
Traduzioni spagnolo, catalano
12
18
Cahiers d’Art International
TRENTADUE
PAGINA
4
Lo stupore negli occhi dell’uomo
Matilde Flori
Socrate: Si addice particolarmente al filosofo questa
tua sensazione: il meravigliarti. Non vi è altro inizio
della filosofia se non questo [1]
che ebbe il dono di guardare il mondo con gli occhi
di un cieco che d’improvviso riacquista il vedere,
tormentoso sogno di ogni grande artista (basti pensare
a Monet), dall’altro per sua libera decisione si scrolla
Nelle sue opere il nostro artista crea, ispirato di dosso la condizione edenica ed accede ad uno
dalla Genesi, rivivendo lo sguardo primordiale sguardo corrotto, mediato come quello dell’adulto
sull’oggettività pura della creazione dell’universo. che pur rimane intriso di stupore, ma sarà adesso uno
All’inizio dell’uomo c’è sempre lo stupore: gli occhi stupore di nuovo timbro.
del bambino si posano meravigliati qua e là, in loro
Uniti dalla comune sensazione di essere immersi
riluce la sete di esperire il mondo, una sete innocente,
in un grandioso progetto divino, greci e giudei si
incontaminata come il primo sorriso di Adamo.
ritrovano fianco a fianco ad ammirare la bellezza e la
In questo Xavier González d’Ègara è filosofo. Lo è bontà del cosmo, in cui tutto è ordine, in cui ad ogni
perché la meraviglia è un sentimento intellettuale, ente è assegnato il proprio posto nella perfezione.
una “commozione viva dello spirito e del cuore, anzi La coscienza profonda che tutto sia bene, poiché
una scossa religiosa” (R. Guardini): il thaumàzein, il pensato e voluto da un intelletto superiore, genera
meravigliarsi è il moto dell’anima che inaugura la il sentimento dell’Altezza e della destinazione etica
filosofia, secondo Platone. Ogni domanda di senso, dell’uomo. Ancora una volta, che lo si chiami Dio
ogni ardito spingersi nell’ignoto, riconosce la sua oppure Taumaturgo (creatore di opere degne di
sede eletta qui, nel thaumàzein, nello stupore che meraviglia), quella che viene alla luce è la dimensione
porta in sé un alito d’infinito. Ed è qui che convergono religiosa del comprendere antico.
la Genesi e lo spirito dei Greci, ai quali non poteva
Trasporre in colori e forme l’ambiguità del pensiero
sfuggire la religiosità dell’interrogarsi.
occidentale; diventare Adamo e peccare, appropriarsi
Al contempo la tradizione giudaico-cristiana e quella del suo puerile contemplare l’Essere, e arricchirlo
greca divergono proprio in questo: il thàuma greco di occhi greci, limpidi, fendenti ma pregni di cupa
è una meraviglia piena di angoscioso sgomento: è angoscia; stemperare nella dualità i dualismi
consapevole di sé e della propria portata distruttiva, infanzia/età adulta, innocenza/colpa, ignoranzaraggiunge l’autocoscienza. Il thàuma è uno stupore meraviglia-sgomento/conoscenza; sfumare nella
maturo, adulto, acuto, che ravvisa distintamente le labilità i confini del concetto: tutto ciò è compito
perniciose conseguenze della ignoranza, ma scorge dell’arte. Alla filosofia non resta che cederle il passo,
anche i pericoli nichilistici della conoscenza; è uno fare professione di umiltà di fronte a ciò che le parole
stupore denso d’angustia, che vuole al più presto non hanno forza per dire, né l’intelletto di penetrare.
liberarsi di se medesimo perché avrà in tal modo
attinto alla Sapienza. È un filo teso sopra l’abisso
ai cui estremi stanno Conoscenza e Ignoranza: sotto
di essi troneggia minaccioso il Nulla, eterno spettro
della grecità; agli Elleni era sconosciuto il Dio delle
Scritture.
La meraviglia veterotestamentaria prima del Peccato
è invece la Primavera di Vivaldi, è una voce bianca di
cherubino, pura innocenza, pura fede, pura bellezza.
Lo stupore biblico dipinge la gioia dell’ignoranza,
accarezza la spensieratezza del bambino, si fa ode
all’ingenuità. Lo sguardo del primo uomo cade diretto
sulla creazione, è non-mediato, fresco, spontaneo.
Ma anche l’integrità di questa visione è ben presto
infangata dal Peccato: se da un lato ci fu un uomo
[1] Platone, Teeteto, 155d
Cahiers d’Art International
TRENTADUE
PAGINA
5
«Vida Coetània» [1]
Rodrigo Pérez García
Xavier González d’Ègara si abbandona alle pulsioni
di un mondo convulso e feroce, trasmettendo alle
sue opere, tramite il fuoco e la violenza, la potenza
misteriosa del profumo di una notte così fosca che non
può far altro che condurci all’alba. Le sue creazioni,
oscure morfologie antropiche, strazianti linee del
destino, paesaggi irriconoscibilmente familiari, sono
una esplosione del suo proprio essere, della lotta
della e per l’esistenza, del dialogo intimo della sua
anima con la verità.
Il microcosmo della sua pittura comprende
l’universalità della fisica, il suo linguaggio pittorico
trasmette vibrazioni, cambi di stato, turbolenze
interne ed una forza strutturale paragonabile alla
musica di John Coltrane in ‘A Love Supreme’.
González d’Ègara crea, non secondo la strutturalità
di una norma, ma per l’esaltazione della sua potenza
creativa; immerso nelle sue visioni espande in lucida
improvvisazione i confini dell’uomo e della cultura.
Primo giorno di primavera, 2011
[1] «Vida coetània» è il titolo dell’autobiografia
di Raimondo Lullo edito a Parigi, 1311
Quando la vita usata dell’uomo va lontana
dove - lontano - splende il tempo delle viti
vi è anche il campo sgombro dell’estate
e il bosco appare nel suo volto scuro.
Se la Natura integra l’immagine dei tempi,
se lei rimane e quelli sono labili,
è per sua perfezione. Il cielo alto riluce
per l’uomo come i fiori che incoronano l’albero. [2]
[2] F. Hölderlin, «La veduta»
In: Le liriche, tomo II, Adelphi, Milano,
1977 a cura di Enzo Madruzzato
Le prime tavole della legge
dalla serie «Lutto Bianco»
2010 (coll. privata)
olio su tavola, 100x70 cm
Cahiers d’Art International
TRENTADUE
PAGINA
6
Deserto
dalla serie «Lutto Bianco»
2010 (coll. privata)
olio su tavola, 50x70 cm
Vai cercando la vita, quando un fuoco
divino sgorga dalla terra fonda,
luminoso, e ti getti nelle fiamme
dell’Etna con un brivido di voglia.
Così un orgoglio di regina sciolse
perle nel vino. Ma la tua ricchezza
non dovevi, poeta,
sacrificarla al calice rovente.
Tu mi sei sacro come la potenza
della terra che ti rapiva, audace vittima.
Ed io vorrei seguire nell’abisso
l’Eroe. Ma l’amore mi richiama. [1]
[1] F. Hölderlin, «Empedocle»
In: Le liriche, tomo I, Adelphi,
Milano, 1977, a cura di Enzo Madruzzato
Semente
dalla serie «Lutto Bianco»
2010 (coll. privata)
olio su tavola, 100x70 cm
Cahiers d’Art International
TRENTADUE
PAGINA
7
Santità
dalla serie «Lutto Bianco»
2010 (coll. privata)
olio su tavola, 100x100 cm
Foto a fianco:
Il quarto giorno
dalla serie «Lutto Bianco»
2010 (coll. privata)
olio su tavola, 67x100 cm
Le finestre della purificazione
dalla serie «Lutto Bianco»
2010 (coll. privata)
olio su tavola, 100x100 cm
Genesi del libro
dalla serie «Lutto Bianco»
2010 (coll. privata)
olio su tavola, 100x70 cm
Cahiers d’Art International
TRENTADUE
PAGINA
8
La Genesi è l’Atto in cui la parola divina si fa creazione
Andrea Barale
Pagina a fianco:
Rapporto di parentela
Genesi 2: 22
2010
olio su tavola, 168x168 cm
La Genesi è l’Atto in cui la parola divina si fa
creazione, la manifestazione sensibile in cui riluce
nel profondo il mistero dell’essenziale dinamica
dell’agire creativo. Nel rapporto ermeneutico con
questo corpo si dischiude forse il luogo più radicale
in cui discendere per portare a comprensione i
movimenti di ogni prassi generativa: qui trova infatti
espressione la nascita, il farsi medesimo dell’ordine
immanente all’intero Cosmo.
L’esegesi del testo sacro deve però partire dall’assunto
che non è possibile né legittimo accoglierlo come un
dogma impensato, ricercare in esso un’evidenza
univoca di significato; e ciò perchè il suo effettivo
contenuto costitutivo è proprio, come attesta la
ricchissima tradizione critica giudaico-cristiana,
l’infinita interpretabilità. Egualmente, la creazione
che in esso si svolge non può essere ridotta alla
reificazione delle potenze creatrici di un Dio
legislatore, ulteriore alla sua opera, all’imposizione
imperativa di un ordine esteriore che solidifichi una
forma data in statica oggettivizzazione, quasi un
termine, un punto d’arresto del processo creativo. La
creatura, come il testo, non si risolve nell’istituzione
normativa di una struttura chiusa nella ripetizione del
sempre Identico, regno minerale dai percorsi stabiliti
una volta per sempre, condannati a relazioni inerti fra
elementi reciprocamente indifferenti, abbandonati
dalla spinta creativa: un risultato finito che altro non
potrebbe essere che Morte.
creazione per mostrarne l’organicità, radiografando
le sue interne tensioni, i suoi scorrimenti, le sue
pulsioni vitali. Attraverso il suo sguardo pensante
l’intero mondo si scopre inesausto movimento di
nascita, essenzialmente mai compiuto, ma vivente
processo di generazione, di produzione di ciò che
è sempre Nuovo. L’agire vivificante del principio
creatore dunque non si arresta, percorre la creatura, la
sua eterea concretezza ne costituisce la reale Natura:
dal profondo il puro soffio del Pneuma è l’indivisibile
unità di ordini astrali e cellulari nell’esistenza dello
Spirito: il farsi della Vita, che ora si rivela essere
null’altro che la Libertà medesima di una continua
azione creatrice.
L’operare alchemico di González d’Ègara si fa
carico dell’inerte datità degli elementi in vista di
una trasformazione che permetta loro di tornare a
sorgere dal loro più autentico principio: far scorrere
la creazione nella vita, così che la vita della creatura
si liberi in quella intrinseca creatività che ne
costituisce l’essenza. Quest’azione manipolante non
ha nulla d’esteriore, non impone un dominio, ma
collabora, s’immette interiormente nel processo della
creazione. E come ogni pratica alchemica non giunge
esclusivamente a modificare, salvare il materiale
sul quale si esercita, compie piuttosto una profonda
trasformazione nell’anima stessa del praticante.
L’artista tramite il suo creare partecipa del medesimo
processo che sta liberando, e nelle viscere di questa
tensione generativa s’istituisce una nuova comunione,
Ecco perciò imporsi come imprescindibile un
un dialogo, l’armonia di un intimismo sacrale: il tutto
consapevole agire, un operare sul testo-creatura,
è la mutua appartenenza allo sprigionarsi di un atto
eminentemente allegorico, in grado di scomporre,
d’Amore, dolce getto d’erotismo divino in creazione
scompigliare la sua menzognera chiusura nel dato
in cui nulla è escluso. Ed è solo attraverso questo
compiuto, il suo fissarsi in eterno ad un esistenza
inarginabile fluire senza risoluzione che la Genesi,
immobile ed immutabile. L’allegorista deve lavorare
fremendo può invitare al Suo sorriso anche Noi.
senza posa sul corpo visibile di Dio, non rinunciare
ad alcun sforzo o violazione per far emergere in esso
l’Invisibile, l’indicibile Nome di Dio: far emergere
dall’interno del corpo della creatura la forza creatrice
che ne costituisce l’autentica sostanza. Proprio
questo infinito, inesauribile compito di liberazione
della materia creaturale dalla sua estrinseca staticità
motiva dall’interno l’ordine formale dell’azione
creatrice di González d’Ègara: la composizione non
riproduce l’astrattezza inorganica di uno spazio
geometrico, puro calcolo algebrico di relazioni
esteriori, ma con dolce violenza anatomizza la
Cahiers d’Art International
Dalla serie Genesi I
TRENTADUE
PAGINA
9
Cahiers d’Art International
1
4
2
TRENTADUE
PAGINA 10
3
Cahiers d’Art International
TRENTADUE
PAGINA 11
La torre di Babele
Genesi 11: 3, 4, 5
2010, olio su tavola
168x168 cm
Il lavoro
Genesi 3: 23
2010, olio su tavola
168x168 cm
Pagina a fianco:
1. Il peccato originale
Genesi 3: 9, 10, 11
2010, olio su tavola
168x168 cm
2. Olocausti
Genesi 8: 21
2010, olio su tavola
168x168 cm
3. Il secondo giorno
Genesi 1: 6, 7, 8, 9
2010, olio su tavola
168x168 cm
4. Rumore dei passi
Genesi 3: 8
2010, olio su tavola
168x168 cm
Cahiers d’Art International
TRENTADUE
PAGINA 12
«Solo lo stupore conosce»
(Gregorio di Nissa)
Carmine Benincasa
Dalla serie Genesi II
Stiamo per parlare di Xavier González d’Égara, un
giovane pittore, la cui opera nell’ultimo decennio ha
prodotto quadri tra i più alti della pittura europea
degli ultimi decenni. González d’Ègara ha dato
alla pittura l’ampiezza di dimensioni conoscitive e
militanti che le aveva dato Picasso. Coniuga ideale
e reale, Dante e Manzoni. Ha una visione unitaria e
al contempo policentrica. Conosce il mondo naturale
così come il mondo umano. Lega nelle sue opere, con
perfetta fusione, stile narrativo e cosa narrata. Esalta
l’intero universo materiale come se lo guardasse con
spirito panteistico. La sua pittura ritrova le origini
storiche e immanentistiche del Rinascimento con
l’animo protoromantico di un Hegel o Shelling. Nella
sua cultura convivono G. Galilei, T. Campanella,
P. Sarpi, G.B. Vico. Con impeto e passione scruta,
guarda, racconta, prende le distanze o s’immedesima
in ciò che narra. Alla passione coniuga scienza e metodo,
ricapitolando Cartesio, Bacone, Pascal e Locke.
Insegue le qualità estetiche del racconto ma vi unisce
libertà e tensioni ideali. La sua pittura è una memoria
che diventa promessa di futuro. I suoi colori hanno
scioltezza e teatralità formale, a cui unisce dinamismo
sintattico, acutezza critica e comunicazione moderna.
Trasforma la pittura in una architettura per una
narrazione storica.
utopia democratica con eccesso di laicità positivista
e questo dà alla sua opera una attualità inquietante
e un sapore di inattualità tematica. González fa della
sua pittura una nazione democratica che vigila sulla
cittadella assediata da un furibondo laicismo e da
una vaga scordinata assenza di religiosa moralità.
Tensione di gravidanza
Genesi 3: 16
2011, olio su tavola
70x70 cm
Dolore del parto
Genesi 3: 16
2011, olio su tavola
70x70 cm
Nudità
Genesi 3:11
2011, olio su tavola
70x70 cm
Figlio di una Spagna oppressa dall’impotenza politica
di Franco, con la serie di opere intitolate «Genesi»,
narra un futuro sociale e politico da costruire. È come
se in González d’Ègara vivessero G. Leopardi e A.
Manzoni, illuminismo e metafisica, C.E. Gadda e E.
Montale, P.P. Pasolini e I. Calvino, un antimoderno
e un razionalista. Il presente della Spagna vive una
Realismo, allegoria, intellettualismo, coscienza
etica, narrazione polemica, aggressività, scene di
teatralità pura, E. Auerbach, T.S. Eliot, W.H. Auden,
si coniugano nella sua coscienza poetica e pittorica.
Energia primordiale e pura inventività formale e
tematica si intrecciano nella sua opera con una
coscienza fortemente personalistica. La sua pittura
recupera la civiltà mitica dell’infanzia e degli ideali,
antropoicizzando la civiltà. La pittura si trasforma in
mitologia autobiografica.
Critica la società, la menzogna, il potere ma si salva
dal pessimismo con una creatività esuberante e
inquieta, fino a fare della sua opera una allegoria
fisico-metafisica alla E. Montale: perché procede
per lampi, epifanie, rivelazioni, illuminazioni alla
A. Rimbaud da fare esplodere da ogni quadro un
simbolo e una metafora. Se a volte drammatizza,
subito dopo sorride; alla libertà espressiva coniuga la
giustizia sociale; alla pluralità regionale la globalità
del messaggio.
Roma, Pasqua 2011
Cahiers d’Art International
TRENTADUE
PAGINA 13
40 giorni di pioggia
Genesi 8:2
2011, olio su tavola
70x70 cm
Bereshit
Genesi 1:1
2011, olio su tavola
70x70 cm
Cahiers d’Art International
1
4
2
TRENTADUE
PAGINA 14
3
Cahiers d’Art International
TRENTADUE
PAGINA 15
Sudore del volto
Genesi 3: 19
2011, olio su tavola
70x70 cm
Albero della conoscenza
Genesi 2: 9
2011, olio su tavola
70x70 cm
Pagina a fianco:
1. Cardo
Genesi 3:18
2011, olio su tavola
70x70 cm
2. Voce
Genesi 3: 8
2011, olio su tavola
70x70 cm
3. Pane
Genesi 3: 19
2011, olio su tavola
70x70 cm
4. Svelamento
Genesi 3: 7, 13
2011, olio su tavola
70x70 cm
Cahiers d’Art International
Formazione della coscienza:
Adamo ed il peccato
Genesi 3: 12
2011, olio su tavola
70x70 cm
Formazione della coscienza:
Adamo esiliato
Genesi 3: 19
2011, olio su tavola
70x70 cm
Pagina a fianco:
Formazione della coscienza:
Adamo/Eva primordiale
Genesi 2: 20
2011, olio su tavola
70x70 cm
TRENTADUE
PAGINA 16
Cahiers d’Art International
TRENTADUE
PAGINA 17
Cahiers d’Art International
TRENTADUE
PAGINA 18
Traduzioni
Spagnolo | Catalano
El estupor en los ojos del hombre
Matilde Flori
L’estupor en els ulls de l’home
Matilde Flori
Sócrates: Es propio del filósofo eso que tu experimentas: la maravilla.
No hay otro inicio de la filosofía que éste [1]
Sòcrates: S’adiu especialment al filòsof, aquesta sensació teva:
meravellar-se. No hi ha altre principi de la filosofia sinó aquest [1]
En sus obras nuestro artista crea, inspirado en el Génesis, reviviendo la
mirada primordial sobre la objetividad pura de la creación del universo. Al
principio del hombre, siempre está el estupor: los ojos del niño se posan
maravillados aquí y allá, en ellos brilla su sed de experimentar el mundo, una
sed inocente, incontaminada como la primera sonrisa de Adán.
El nostre artista, inspirat pel Gènesi, ressuscita en les seves obres la mirada
primordial sobre l’objectivitat pura de la creació de l’univers. El principi de
l’home és sempre l’estupor: els ulls de l’infant miren meravellats aquí i allà,
hi lluu la set d’experimentar el món, una set innocent, no contaminada,
com el primer somriure d’Adam.
En esto Xavier González d’Ègara es filósofo. Lo es porque la maravilla
es un sentimiento intelectual, una «conmoción profunda del espíritu
y del corazón, incluso un choque religioso» (Romano Guardini): el
thaumàzein, el maravillarse es el motor del alma que inaugura la filosofía,
según Platón. Cada petición de sentido, cada atrevido impulso hacia lo
desconocido, reconoce su sede elegida aquí, en el thaumàzein, en el
estupor que trae consigo un soplo de infinito. Es aquí donde convergen
el Génesis y el espíritu de los griegos, a los cuales no podía escapar la
religiosidad del interrogarse.
En això, Xavier González d’Ègara és filòsof. Ho és perquè la meravella
és un sentiment intel·lectual, una “commoció viva de l’esperit i del
cor, gairebé una batzegada religiosa” (R. Guardini): el thaumazein,
l’admiració, és l’impuls de l’ànima que inaugura la filosofia, segons Plató.
Cada demanda de sentit, cada incursió agosarada en l’ignot, troba aquí el
seu origen natural: en el thaumazein, en l’admiració que porta en si un alè
d’infinit. I és aquí que convergeixen el Gènesi i l’esperit dels grecs, als quals
no podia escapar la religiositat del fet d’interrogar-se.
Al mismo tiempo la tradición judeo-cristiana y la tradición griega se
diferencian en esto: el thàuma griego es una maravilla llena de temor
ansioso, es consciente de sí misma y de su capacidad destructiva, alcanza
la autoconciencia. El thàuma es un estupor maduro, adulto, agudo, que
identifica claramente las consecuencias perniciosas de la ignorancia,
pero también ve los peligros nihilistas del conocimiento; es un estupor
lleno de angustia, que quiere liberarse de sí mismo ya que entonces
habrá alcanzado la Sabiduría. Es un hilo tendido sobre el abismo en
cuyos extremos están Conocimiento e Ignorancia: debajo de ellos reina
amenazante la Nada, eterno espectro de Grecia; a los helenos les era
desconocido el Dios de las Escrituras.
La maravilla veterotestamentaria antes del Pecado es sin embargo la
Primavera de Vivaldi, es una voz blanca de querubín, pura inocencia,
pura fe, pura belleza. El estupor bíblico pinta la alegría de la ignorancia,
acaricia la despreocupación del niño, se hace oda de la ingenuidad.
La mirada del primer hombre cae directamente en la creación, es nomediada, fresca y espontánea. Pero también la integridad de esta visión
se ve empañada en breve por el Pecado: si por un lado hubo un hombre
con el don de ver el mundo a través de los ojos de un ciego, que de
repente recupera la visión, atormentando sueño de todos los grandes
artistas (basta pensar en Monet), del otro, y por decisión propia, éste se
quita de encima la condición edénica y accede a una mirada corrupta,
indirecta como la del adulto que pese a estar llena de estupor, éste
estupor tiene ahora un nuevo timbre.
Unidos por un sentimiento común de estar inmersos en un grandioso plan
divino, los griegos y los judíos se encuentran lado a lado para admirar la
belleza y la bondad del cosmos, donde todo es orden, en el que a cada
ente le es asignado su lugar en la perfección. La conciencia profunda
de que todo sea bueno, puesto que fue diseñado y construido por un
intelecto superior, genera la sensación de Altura y del destino Ético del
hombre. Una vez más, lo llamamos Dios o Taumaturgo (creador de obras
dignas de admiración), lo que viene a la luz es la dimensión religiosa de
la comprensión de los antiguos.
Transponer en colores y formas la ambigüedad del pensamiento
occidental; convertirse en Adán y pecar, apropiarse de su infantil
contemplar el Ser, y enriquecerla con los ojos de los griegos, limpios,
tajantes pero impregnados de oscura angustia; disolver en la dualidad los
dualismos infancia/edad adulta, inocencia/culpa, ignorancia-maravillaconsternación/conocimiento; difuminar en la labilidad los límites del
concepto: todo eso es la labor del arte. A la filosofía no le queda otra
cosa que hacer que cederle el paso, hacer profesión de humildad frente
a lo que las palabras no tienen fuerza para decir, ni la inteligencia para
penetrar.
[1] Platón, Teeteto, 155d
Però al mateix temps la tradició judeocristiana i la grega divergeixen en
aquest punt: el thauma grec és un estupor ple de temor ansiós, té consciència
de si i de la seva dimensió destructiva, esdevé autoconsciència. El thauma
és una admiració madura, adulta, aguda, que reconeix clarament les
pernicioses conseqüències de la ignorància, però que s’exposa també als
perills nihilistes del coneixement; és una admiració densa d’angoixa, que
vol alliberar-se ràpidament de si mateixa per arribar així a la Saviesa. És
un fil estès sobre l’abisme als extrems de la qual hi ha la Coneixença i la
Ignorància: a sota impera amenaçant el No-res, etern espectre dels grecs,
que desconeixien el Déu de les Escriptures.
L’encís veterotestamentari anterior al Pecat és, en canvi, la Primavera de
Vivaldi, una veu blanca de querubí, pura innocència, pura fe, pura bellesa.
L’estupor bíblic reflecteix la joia de la ignorància, acarona la irreflexió
de l’infant, fa sentir la ingenuïtat. La mirada del primer home cau
directament sobre la creació, no és mediada, és fresca, espontània. Però
també la integritat d’aquesta visió és ràpidament corrompuda pel Pecat: si
d’una banda hi hagué un home que tingué el do de mirar el món amb els
ulls d’un cec que de sobte recupera la visió, somni turmentat de tot gran
artista (n’hi ha prou de pensar en Monet), per l’altra s’allibera per voluntat
pròpia de la condició edènica i accedeix a una mirada corrupta, mediada
com la de l’adult, que roman realment impregnada d’estupor però ara d’un
estupor d’una altra mena.
Units per la sensació comuna de viure immersos en un grandiós projecte
diví, grecs i jueus es troben colze a colze admirant la bellesa i la bondat del
cosmos, on tot és ordre, on cada ent té assignat el seu lloc en la perfecció.
La cosciència profunda que tot esta be ja que ho ha pensat i volgut un
intel·lecte superior genera el sentiment de l’Altesa i del destí ètic de l’home.
Una vegada més, ja s’anomeni Déu o Taumaturg (creador d’obres dignes
de meravella), el que surt a la llum és la dimensió religiosa de l’aprehensió
del coneixement en l’Antiguitat.
Traduir en colors i en formes l’ambigüitat del pensament occidental;
esdevenir Adam i pecar, apropriar-se la pròpia contemplació pueril de
l’Ésser i enriquir-la amb una mirada grega, límpida, colpidora però
carregada d’obscura angoixa; dissoldre en la dualitat els dualismes
infància/edat adulta, innocència/culpa, ignorància-meravella-espant/
coneixement; difuminar en la labilitat els confins del concepte: tot això és
competència de l’art. A la filosofia només li resta cedir-li el pas, fer acte
d’humilitat davant allò que les paraules no tenen prou força per dir, ni la
intel·ligència per penetrar.
[1] Plató, Teetet, 155d
Cahiers d’Art International
TRENTADUE
PAGINA 19
«Vida coetània»
Rodrigo Pérez García
«Vida coetània»
Rodrigo Pérez García
Xavier González d’Ègara se abandona a las pulsiones de un mundo
convulso y feróz, transmitiendo a sus obras, mediante el fuego y la
violencia, la potencialidad misteriosa del perfume de una noche tan
oscura que no puede sino invitar al alba. Sus creaciones, con oscuras
morfologías antrópicas, desgarradoras líneas del destino, paisajes
irreconociblemente familiares, se presentan como una explosión de su
propio ser, de la lucha de y por la existencia, del diálogo intimo de su
alma con la verdad.
Xavier González d’Ègara s’abandona a les pulsions d’un món convuls i
feroç transmetent a les seves obres, mitjançant el foc i la violència, la
potencialitat misteriosa del perfum d’una nit tan fosca que no pot sinó
convidar a l’alba. Les seves creacions, amb fosques morfologies antròpiques,
esquinçadores línies del destí, paisatges irrecognosciblement familiars, es
presenten com una explosió del seu propi ser, de la lluita de l’existència, i
per l’existència, del diàleg intim de la seva ànima amb la veritat.
El microcosmos de su pintura abarca la universalidad de la física, en
cuanto su lenguaje pictórico transmite vibraciones, cambios de estado,
turbulencias internas y una fuerza estructural comparable a la música de
Jonh Coltrane en A Love Supreme. Xavier González d’Ègara crea inmerso
por sus propias visiones en la exaltación de su potencia creativa, más
que por la estructuralidad de una norma, expandiendo en una lúcida
improvisación los confines del hombre y de la cultura.
El microcosmos de la seva pintura comprèn la universalitat de la física en
la mesura que el seu llenguatge pictòric transmet vibracions, canvis d’estat,
turbulències internes i una força estructural comparable a la música de
John Coltrane a ‘A Love Supreme’. González d’Ègara crea immers en
l’exaltació de la seva potència creativa per les seves pròpies visions, més que
per l’estructuració d’una norma, expandint en una lúcida improvisació els
confins de l’home i de la cultura.
Primer dia de primavera, 2011
Primer día de primavera, 2011
La Génesis es la Acción en la cual la palabra divina se hace creación
Andrea Barale
La Génesis es la Acción en la cual la palabra divina se hace creación, la
manifestación sensible en la cual reluce, en el profundo, el misterio de la
dinámica esencial del actuar creativo. En la relación hermenéutica con
este cuerpo se desvela, quizás, el lugar más radical en el cual adentrarse
para entender los movimientos de cada praxis generativa: aquí encuentra
de hecho la expresión el nacimiento, el hacerse uno con el orden
inmanente al completo Cosmos.
La exégesis del texto sagrado debe entonces comenzar desde el hecho
de que no es posible ni legítimo afrontarlo como dogma in-pensado,
ni buscar en él una evidencia unívoca de significado; y eso porque su
contenido efectivo constitutivo es, como atestigua la rica tradición
crítica Judeo-Cristiana, la infinita interpretabilidad. Igualmente, la
creación que se desarrolla en él, no se puede reducir a la reificación
de la capacidades creadoras de un Dios legislador, ulterior a su obra, a
la imposición imprescindible de un orden externo que solidifique una
forma dada en estática objetivación, casi un término, un punto final
del proceso creativo. La criatura, como el texto, no se resuelve en la
institución normativa de una estructura cerrada en la repetición de lo
siempre Idéntico, reino mineral de caminos establecidos de una vez por
todas, condenado a relaciones inertes entre los elementos mutuamente
indiferentes, abandonados por el empuje creativo: un resultado final que
no podría ser otro que Muerte.
Eso es por lo que imponerse como inevitable un actuar consciente, un
laborar sobre el texto-criatura, eminentemente alegórico, en posición
de descomponer, mezclar su detestable encierro en el dato cumplido,
su fijarse eternamente a una existencia inmóvil e inmutable. El
alegorista debe trabajar sin parar sobre el cuerpo visible de Dios, no
renunciar a un cierto esfuerzo o violación para hacer emerger en ello
el Invisible, el inexpresable nombre de Dios: hacer emerger del interior
del cuerpo de la criatura la fuerza creadora que constituye la auténtica
sustancia. Esta tarea infinita, inagotable, de liberación de la materia
criatural de su extrínseca estáticidad motiva desde el interior el orden
formal de la acción creadora de González d’Egara: la composición no
reproduce la abstractividad inorgánica de un espacio geométrico, puro
cálculo algebraico de relaciones externas, sino que con dulce violencia
anatomiza la creación para demostrar su organicidad, radiografiando
sus tensiones internas, sus deslizamientos, su pulsiones vitales. Con su
mirada pensante el mundo entero se descubre movimiento inexhausto
del nacimiento, esencialmente nunca terminado, sino vivo proceso de
generación, de producción de eso que es siempre Nuevo. El vivificante
actuar del principio creador no cesa, sino que recorre la criatura; su etérea
concretización constituye su verdadera Naturaleza: desde lo profundo el
La gènesi és l’acte pel qual la paraula divina es fa creació
Andrea Barale
La gènesi és l’acte pel qual la paraula divina es fa creació, la manifestació
sensible per què brilla en les profunditats el misteri de la dinàmica
essencial de l’acció creativa. En la relació hermenèutica amb aquest cos
es desclou potser el lloc més radical on es pot davallar per fer comprensius
els moviments de cada praxi generativa: de fet, és aquí que s’expressa el
naixement, el fet mateix d’integrar-se en l’ordre immanent del cosmos
sencer.
L’exegesi del text sagrat, tanmateix, ha de partir de la premissa que no és
possible ni legítim rebre’l com un dogma impensat, buscar-hi una evidència
unívoca de significat; i això perquè el seu contingut constitutiu efectiu és,
com mostra la rica tradició crítica judeocristiana, d’una interpretació
infinita. De la mateixa manera, la creació que s’hi desenvolupa no pot
ser reduïda a la reïficació de la capacitat creadora d’un Déu legislador,
ulterior a la seva obra, a la imposició imprescindible d’un ordre extern que
solidifiqui una forma donada en objectivació estàtica, gairebé un terme,
un punt final del procés creatiu. La creació, com el text, no es resol en la
institució normativa d’una estructura tancada en la repetició d’allò sempre
Idèntic, regne mineral dels camins establerts d’una vegada per sempre,
condemnat a relacions inertes entre uls elements mútuament indiferents,
abandonats per l’impuls creador: un resultat final que només produiria
Mort.
Per això s’imposa de forma imprescindible una actuació conscient,
una intervenció en el text-creació eminentment al·legòrica, susceptible
de descompondre, de desestabilitzar el seu fals tancament en la dada
acomplerta, la seva fixació eterna a una existència immòbil i immutable.
L’al·legorista ha de treballar sense descans sobre el cos visible de Déu, no
renunciar a cap esforç ni violació per fer-hi sorgir l’invisibile, l’inexpressable
nom de Déu: fer sorgir de l’interior del cos de la creació la força creadora
que en constitueix l’autèntica substància. Justament aquesta tasca infinita,
inesgotable, d’alliberament de la matèria creacional del seu extrínsec
estaticisme motiva des de l’interior l’ordre formal de l’acció creadora de
González d’Égara: la composició no reprodueix l’abstracció inorgànica
d’un espai geomètric, pur càlcul algebraic de relacions externes, sinó que
amb dolça violència anatomitza la creació per mostrar-ne l’organicitat,
radiografiant les seves tensions internes, les seves derives, les seves pulsions
vitals. A través de la seva mirada reflexiva, el món sencer es descobreix com
un moviment inexhaust de naixement, mai acomplert per essència car és
un procés viu de generació, de producció del que és sempre Nou. L’actuació
vivificant del principi creador no s’atura,doncs, recorre la creació, la seva
etèria concreció en constitueix la seva veritable Naturalesa: des de les
profunditats, el pur alè del Pneuma és la unitat indivisible d’ordres astrals
i cel·lulars en l’existència de l’Espirit, la Vida fent-se, que es revela ara
com la Llibertat mateixa d’una acció creadora contínua.
Cahiers d’Art International
TRENTADUE
PAGINA 20
puro soplo del Pneuma es la unidad indivisible de órdenes astrales y
celulares en la existencia del Espíritu: el hacerse de la Vida se revela ser
nada más que la Libertad misma de una acción creadora continua.
El obrar alquímico de González d’Ègara se hace cargo de la inerte
realidad de los elementos, en vista de una transformación que permita
que vuelvan a resurgir de su principio más auténtico: hacer para discurrir
la creación en la vida, de tal manera que la vida de la criatura se libere
en esa creatividad intrínseca que constituye su esencia. Esta acción
manipulante no tiene nada de externo, no impone un dominio, sino que
colabora, se introduce internamente en el curso de la creación. Y como
cada práctica alquímica no alcanza exclusivamente a modificar o salvar
el material en el cual uno labora, sino que conlleva una transformación
profunda en el alma misma del laborante. El artista transmite su crear,
participa del mismo proceso que está liberando, y en las vísceras de
esta tensión generativa instaura una nueva comunión, un diálogo, la
armonía de un intimismo sacro: el todo es la mutua pertenencia al
desprisionamiento de un acto de amor, dulce gesto del erotismo divino en
la creación en la cual nada se excluye. Y es sólo con éste insondable fluir
sin resolución, que la Génesis, vibrante, puede invitarnos a Su sonrisa
también a Nosotros.
“Sólo el estupor conoce” (Gregorio de Niza)
Carmine Benincasa
Nos complace hablar de Xavier González d’Égara, un joven pintor, cuya
obra en el último decenio comprende piezas que pueden ser consideradas
entre las más elevadas de la pintura europea de las últimas décadas.
González d’Ègara ha dado a la pintura la amplitud de dimensiones
cognoscitivas y militantes como ya hizo Picasso. Conjuga ideal y
real, Dante y Manzoni. Tiene una visión unitaria y al mismo tiempo
policéntrica. Conoce el mundo real así como el humano.
Con perfecta fusión úne en sus obras el estilo narrativo y la cosa narrada.
Exalta el entero universo material como si lo mirase con un espíritu
panteístico. En su pintura se reencuentran los orígenes históricos e
inmanentisticos del Renacimiento con el ánimo protoromántico de un
Hegel o Shelling. En su cultura conviven Gailei, T.Campanella, P. Scarpi,
Giambattista Vico. Con ímpetu y pasión escruta, observa, cuenta, toma
distancia o se identifica con lo que narra. A la pasión une ciencia y
método, recapitulando a Descartes, Bacon, Pascal y Locke. Persigue
las calidades estéticas del relato, a las cuales sin embargo une libertad,
tensiones ideales. Su pintura es una memoria que se convierte en promesa
de futuro. Sus colores tienen soltura y teatralidad formal, a las cuales
une dinamismo sintáctico, agudeza crítica y comunicación moderna.
Transforma la pintura en una arquitectura para una narración histórica.
Hijo de una España oprimida por la impotencia política de Franco,
González narra con la serie de obras titulada “Génesis” un futuro social
y político para construir. Es como si en él viviesen Leopardi y Manzoni,
Ilustración y metafísica, Gadda y Montale, Pasolini y Calvino, un
antimoderno y un racionalista. La España de hoy vive una utopía
democrática con un exceso de laicismo positivista y eso da a su obra una
actualidad inquietante y un sabor de in-actualidad temática. González hace
de su pintura una nación democrática que vigila una ci udadela sitiada por
un furioso laicismo y por una vaga ausencia de religiosa moralidad.
Realismo, alegoría, intelectualismo, conciencia ética, narración polémica,
agresividad, escenas de teatralidad pura, E. Auerbach, T.S. Eliot, W.H.
Auden, se conjugan en su conciencia poética y pictórica. Energía
primordial y pura inventiva formal y temática se entrelazan en su obra
con una conciencia profundamente personalista. Su pintura recupera la
cultura mítica de la infancia y de los ideales, antropizando la cultura. La
pintura se transforma en mitología autobiográfica.
Critica la sociedad, la mentira, el poder pero se salva del pesimismo con
una creatividad exorbitante e inquieta, hasta el punto en el cual hace de
su obra una alegoría físico-metafísica a la E. Montale: porque procede
por relámpagos, epifanías, revelaciones, iluminaciones a la Rimbaud,
para hacer explotar en cada cuadro un símbolo y una metáfora. Si a
veces dramatiza, inmediatamente después sonríe; a la libertad expresiva
conjuga la justicia social, a la pluralidad regional la globalidad del
mensaje.
Roma, Pascua 2011
La intervenció alquímica de Gonzalez d’Égara es fa càrrec de la
documentalitat inert dels elements amb vista a una transformació que els
permeti ressorgir del seu principi més autèntic: insuflar la creació en la vida,
de tal manera que la vida de la criatura s’alliberi en aquesta creativitat
intrínseca que en constitueix l’essència. Aquesta acció manipuladora no
té res d’extern, no imposa un domini, sinó que col·labora, s’introdueix
internament en el procés de la creació. I com tota pràctica alquímica
no aconsegueix únicament modificar o salvar el material sobre el qual
s’exercita, sinó que acompleix més aviat una transformació profunda en
l’ànima mateixa de l’exercitant. L’artista transmet el seu crear, és partícep
del mateix procés que està alliberant, i en les vísceres d’aquesta tensió
generativa s’instaura una nova comunió, un diàleg, l’harmonia d’una
intimitat sagrada: tot pertany mútuament a l’efusió d’un acte d’amor, dolç
gest de l’erotisme diví en plena creació del qual res no és exclòs. I és només
per aquest insondable fluir sense solució de continuïtat que la Gènesi,
vibrant, pot convidar-nos fins i tot a Nosaltres al seu somriure.
«Només l’estupor coneix» (Gregori de Nissa)
Carmine Benincasa
Hem de parlar aquí de Xavier Gonzalez d’Égara, un jove pintor l’obra del
qual ha donat en els últims anys alguns dels quadres més interessants de
la pintura europea dels darrers decennis. González d’Ègara ha donat a la
pintura l’amplitud de les dimensions cognoscitiva i militant que li havia
donat Picasso. Conjuga l’ideal i el real, Dante i Manzoni. Té una visió
unitària i alhora policèntrica. Coneix tant el món natural com el món
humà. Uneix en les seves obres, amb una fusió perfecta, estil narratiu i
cosa narrada. Exalta l’univers material sencer com si el mirés amb esperit
panteista. La seva pintura retroba els orígens històrics i immanents del
Renaixement amb l’ànim protoromàntic d’un Hegel o d’un Schelling. En
la seva cultura conviuen Galilei, Campanella, Sarpi, Vico. Indaga, mira,
conta, es manté a distància o s’endinsa en allò que narra amb ímpetu
i passió. Conjuga la passió amb la ciència i el mètode tot recapitulant
Descartes, Bacon, Pascal i Locke. Persegueix les qualitats estètiques de
la narració però hi afegeix la llibertat, tensions ideals. La seva pintura és
una memòria que esdevé promesa de futur. Els seus colors són fluids i plens
de teatralitat formal, i hi uneix dinamisme sintàctic, agudesa crítica i
comunicació moderna. Transforma la pintura en una forma d’arquitectura
per a una narració històrica.
Fill d’una Espanya oprimida per la impotència política de Franco, narra un
futur social i polític en construcció amb una sèrie d’obres titulades “Gènesi”.
És com si en González d’Ègara visquessin Leopardi i Manzoni, il·lustració
i metafísica, Gadda i Montale, Pasolini i Calvino, un antimodern i un
racionalista. Espanya viu avui una utopia democràtica amb un excés de
laïcisme positivista i això dóna a la seva obra una actualitat inquietant i
un regust de temàtica ultrapassada. González fa de la seva pintura una
nació democràtica que vetlla per la ciutadella assetjada per un laïcisme
furibund i una vaga absència de religiosa moralitat.
Realisme, al·legoria, intel·lectualisme, cosciència ètica, narració polèmica,
agressivitat, escenes de teatralitat pura, Auerbach, T.S. Eliot, W.H. Auden,
es conjuguen en la seva consciència poètica i pictòrica. Energia primordial
i pura invenció formal i temàtica s’entrellacen en la seva obra amb una
consciència profundament personalista. La seva pintura recupera la
civilitat mítica de la infantesa i dels ideals, antropitzant la cultura. La
pintura es trasforma en mitologia autobiogràfica.
Critica la societat, la mentida, el poder, però se salva del pessimisme amb
una creativitat exuberant i inquieta fins a fer de la seva obra una al·legoria
fisicometafísica a la Montale: perquè són llamps, epifanies, revelacions,
il·luminacions a la Rimbaud que fan explotar en cada quadre un símbol i
una metàfora. Si de vegades dramatitza, somriu de seguida a continuació;
conjuga la llibertat d’expressió amb la justícia social, la pluralitat regional
i la globalitat del missatge.
Roma, Pasqua 2011
«A dins dels punys,
les mans obertes»
«Dentro ai pugni,
le mani aperte»
poesia di Ramon Bosch Boada
L’artista Xavier González d’Ègara
In occasione della pubblicazione di questo catalogo
voglio qui manifestare la mia profonda gratitudine
a tutti coloro che mi sono stati accanto lungo il mio
cammino di pittore, in modo particolare ringrazio gli
amici che hanno reso meno triste la mia solitudine
concedendo alla mia anima di poter esprimere
sempre il mio affetto. Alcuni mi sono stati accanto
economicamente, altri con i loro preziosi consigli,
accogliendo con comprensione il mio difficile
carattere. Ringrazio soprattutto coloro che mi sono
stati vicino con la certezza di avermi dato poco a
livello personale. La pittura è libertà, e nessuno può
riconoscere in essa se non ciò che gli appartiene.
Devo dire che più mi dedico alla pittura più sento che
questo spirito di sacrificio verso di essa mi fa sentire
che tutte le cose mi appartengono. Parlo della luce.
Non ho nemici, ed è per questo che non trascrivo i
nomi di coloro che mi sono stati particolarmente
accanto. Sono consapevole che la pittura è sempre
incompiuta e mai la potremmo possedere. Nel mondo
dell’arte non si sta ma si è. L’arte è vita. Una cosa è
vivere dell’arte, altro è vivere nell’arte.
Xavier González Arnau
Descargar